Il
ritorno di Papillon
*
Capitolo 3
*
Il
mozzicone di sigaretta bruciava tra le sue dita, e il fumo che saliva,
avvolgeva il suo volto quasi a renderlo misterioso.
Lila
Rossi aveva abbassato il finestrino quel tanto che basava per togliere
l’eccesso di tabacco ormai incenerito.
Inspirò
un’ultima boccata di quel veleno e poi buttò via il filtro facendolo
capitombolare tra le unghie laccate di rosso, fino a finire la sua folle corsa
dentro un bombino dalle grate aperte.
Guardò
il suo orologio da polso d’oro, quando la berlina grigia di Gabriel Agreste
varcò il cancello per ritornare a casa.
Lei
d’istinto si era abbassata appena aveva visto i fari avvicinarsi, per non
essere vista.
Le
19.26.
Scese
dalla macchina ed aprì infine la portiera all’altro passeggero, la signora
Nathalie, ormai diventata un membro a tutti gli effetti di quella famiglia da
qualche anno.
Marito
e moglie salirono i gradini della residenza a braccetto, mentre il gorilla
riprendeva la strada di casa.
Lila,
prese la sua penna di Swarovski e annotò qualcosa sul taccuino, di seguito agli
altri appunti presi alla rinfusa.
*
Ore
6.00 la governante prende servizio.
Ore
7.45 gli Agreste escono di casa.
Ore
9.00 stesura del bucato in giardino con relativa porta aperta.
Ore
10.39 la governante esce per la spesa.
Ore
11.47 rientra con il bottino.
Ore
14.09 la governante ritira il bucato asciutto e pulisce il plateatico
Ore17.12
la signora esce. FINE TURNO???
Ore
19.26 gli Agreste rincasano.
*
Rimase
ancora un po' nascosta sul sedile anteriore della macchina, sempre con quel
foulard in testa e dopo aver annotato l’ultima cosa, gettò con noncuranza il
block notes, la penna e anche il foulard sul sedile del passeggero.
Infilò
la chiave sulla serratura e la girò per accendere la macchina, per poi sfrecciare
a gran velocità per le strade di Parigi.
*
Ore
22.42 si spengono le luci nella camera da letto.
*
Gabriel
Agreste osservava quella scena da dietro una tenda e dalla serranda semi
abbassata.
La
macchina appostata a qualche metro da casa sua, lo aveva insospettito,
soprattutto perché il posto che aveva scelto, non era nemmeno un parcheggio.
Nathalie
rientrata in camera dopo un bagno caldo e rilassante, notò che suo marito non
era ancora sotto le coperte, ma sembrava osservare il nulla con un cipiglio
serio e preoccupato.
“Tutto
bene?” Quella domanda lo destò.
“Si,
si. Mi ero fermato a guardare la luna piena.” Le disse la prima cosa che gli
era venuto in mente.
Nathalie
si chiuse un po’ di più sulla vestaglia rossa di seta e lo raggiunse per
ammirare anche lei quella bellezza notturna.
“Peccato
sia stata coperta ora dalle nuvole” Sbuffò e si mise a letto, non era il
momento di fare domande a cui non avrebbe avuto risposta.
Sapeva
comunque che quella sarebbe stata una notte lunga.
Lui
non avrebbe chiuso occhio per quel sospetto che gli attanagliava il cuore, lei,
perché suo marito le stava nascondendo qualcosa.
*
La
domenica seguente, Marinette e Adrien
avevano accompagnato i nipoti da nonno Gabriel e nonna Nathalie, nonostante la
donna non fosse la nonna biologica dei bambini, loro la chiamavano così, e ad
Adrien, la cosa non dispiaceva affatto, dopotutto faceva sempre parte della
famiglia, nulla a togliere alla compianta Emilie, scomparsa prematuramente, ma
che il biondo non mancava di raccontare ai propri figli di quanto sua madre,
fosse stata una donna straordinaria.
Marinette
e Adrien, avevano quel pomeriggio in programma un treno per Londra, che li
avrebbe tenuti lontani da Parigi per un paio di giorni, giusto il tempo di
controllare che nella sede distaccata londinese, tutto filasse liscio e che la
produzione dei nuovi abiti, con relativo bilancio, fosse in ordine.
Ci
sarebbe potuto andare tranquillamente Gabriel, ma era meglio che i due ragazzi,
iniziassero a camminare con le proprie gambe, anche perché l’anno prossimo,
Monsieur Agreste, se sarebbe ritirato, e la maison più famosa di Parigi,
sarebbe passata a loro.
Quella
sagoma all’apparenza invisibile, osservava i due coniugi Agreste, mentre
salutavano Gabriel e gli affidavano i nipoti.
Marinette
si era abbassata al livello del più piccolo e dopo averlo stretto in un
abbraccio, gli aveva anche dato un tenero bacio sulla guancia.
“Fate
i bravi con i nonni” Si era raccomandata, mentre li salutava uno ad uno.
“Grazie
per esserti offerto di badare a loro mentre saremo via” Continuò Adrien verso
suo padre.
Gabriel
gli sorrise “E’ un piacere trascorrere del tempo con loro”.
“Avremo
potuto chiedere ai miei genitori…la sfilata si avvicina e c’è ancora tanto
lavoro da fare.”
“Lo
sai che posso lavorare da casa, e poi è solo per un paio di giorni, non sarà la
fine del mondo”.
Hugo,
il più piccolo era stufo di tutto quel cicaleccio “Nonno giochiamo ancora a
Lady Bug e Chat Noir che sconfiggono Papillon?”
Gabriel
deglutì rumorosamente e volse lo sguardo verso Marinette e Adrien, che a sua
volta si guardarono con aria interrogativa.
Da
quando lo stilista si prestava a certi giochi?
“Siii!
Io sono Lady Bug” Emma prese dal suo zaino uno yo-yo giocattolo che aveva
personalizzato con il colore rosso ed attaccato dei cerchietti neri.
Lo
lanciò sbadatamente in testa al fratello più grande, che si massaggiò la parte
lesa.
“Ahio!
Sta più attenta, Emma”.
“Io
ovviamente sono Chat Noir” Disse Hugo toccandosi il cerchietto con le orecchie
di gatto. “Tu nonno sei Papillon!”
A
quella richiesta del piccolo Agreste, Gabriel iniziò a sudare freddo e la
sagoma trasparente iniziò a ridersela sotto i baffi.
Sapeva
benissimo chi era o per meglio dire chi fosse stato in passato Gabriel Agreste,
non che ne fosse certa o che avesse qualche prova a riguardo, ma qualcosa di
strano quell’uomo la nascondeva.
“Louis
tu fai quello che viene akumizzato” Hugo si rivolse al fratello più grande, che
incrociò le braccia al petto in segno di disappunto.
“Sempre
io!” Aveva protestato.
Quella
conversazione stava diventando un po’ troppo imbarazzante, e l’orario della
partenza si avvicinava sempre di più.
Il
gorilla li attendeva alla macchina.
“Allora
noi andiamo!” Disse Adrien, che ricevette un abbraccio di gruppo dai suoi
figli.
“Quando
torni papà…giochiamo anche noi così, tu farai Chat Noir, però” Le aveva detto
la piccola Emma.
“Certo”
Annuì con il capo, per poi avvicinarsi a lei e sussurrarle all’orecchio che
porta sempre con se il kwami nero di nome Plagg che le aveva disegnato.
“Ti
voglio bene, papà”
*
Dopo
che i loro genitori avevano lasciato la residenza, i tre bambini, seguiti dal
nonno, entrarono in casa, c’era un gioco che li attendeva, un gioco che tutti e
quattro amavano fare.
Ovvero
rivivere le avventure di Lady Bug e Chat Noir, eroi acclamati di Parigi, che
nessuno vedeva da anni.
“Ma
nonno, Lady Bug e Chat Noir dove sono finiti?” Chiese curiosa Emma.
“Hanno
avuto bambini?” Continuò Hugo con gli occhi luccicanti.
“E
Papillon che fine ha fatto?” Emma pose un’altra domanda senza che la prima
venisse soddisfatta.
“Ma
che cosa volete che ne sappia lui!” Rispose Louis un po’ infastidito
sprofondando sul divano di pelle bianca con il libro di storia tra le mani.
Gabriel
non badò al nipote più grande ormai in fase preadolescenziale.
“Vedete
bambini” Fece segno ai due più piccoli di sedersi accanto a lui “…Lady Bug e
Chat Noir, una volta sconfitto Papillon, hanno continuato la loro attività di
super eroi, poi non si sono più visti. Non so dirvi se hanno avuto bambini o no”.
“Mamma
e papà dicono che vivono in un’isola deserta e mangiano solo frutta”.
Louis
si spostò dal viso il libro che stava leggendo “Non essere ridicolo Hugo,
nessuno può mangiare solo frutta, morirebbe per il troppo zucchero”.
“Sei
noioso Louis” Grugnì la sorella.
“Tu
sei noiosa che credi a queste fandonie. Lady Bug e Chat Noir non stanno insieme
e non hanno figli, forse non sono mai esistiti”.
Hugo
si mise a piangere “N-non è vero. S-s-sei un bu-bugiardo”.
“Se
sono un bugiardo, mi vuoi dire perché non li abbiamo mai visti?”
“Mamma
e papà dicono che non abitano qui.”
“O
forse perché non sono mai esistiti, è il frutto della fantasia di qualcuno,
oppure a qualcuno piaceva vestirsi da coccinella e gatto nero a Carnevale”.
“Stai
esagerando, Louis. Vai in camera tua!” A Gabriel faceva male vederli litigare,
gli sarebbe piaciuto dirgli la verità, non proprio tutta, ma magari che i super
eroi idolatrati e ammirati in passato, erano proprio i loro genitori.
Ma
se non lo avevano fatto Marinette e Adrien, non era il caso di lanciare una
simile bomba.
“Bene!”
Il più grande pestò i piedi ed andò a chiudersi in quella che una volta era la
stanza da letto di suo padre.
*
Gabriel
abbracciò il nipote più piccolo ancora scosso dalle parole del fratello.
“Non
intendeva ferirti” Ma avrebbe voluto dire di portare pazienza che erano gli
ormoni che lo facevano parlare in quel modo.
“E’
cattivo!” Tirò sul col naso dopo essersi passato sotto di esso, il dorso della
mano.
“Forza,
andiamo a giocare!” Gabriel si alzò in piedi per distrarre i due più piccoli, a
cui bastarono quelle parole per far tornare di nuovo il buon umore.
Hugo
cercò lo zainetto vicino il divano, ma probabilmente lo aveva dimenticato fuori
nella fretta.
“Vado
a cercare la mia sacca nonno, forse è fuori!”
“Va
bene”.
Uscì
di casa e trovò l’oggetto rosso che cercava proprio infondo la scalinata, e
senza pensarci, iniziò a scenderle, per poi fermarsi impietrito, quando lo
zaino iniziò a fluttuare in aria ed avvicinarsi sempre di più a lui.
“E’
tuo?” Chiese una voce che lo costrinse a guardarsi attorno.
“C-chi
sei?” Balbettò ancora più impaurito.
“Sono
un’amica dei tuoi genitori e di tuo nonno.”
“Come
ti chiami?”
“Non
ha importanza” Si passò una mano sul volto e si mostrò per qualche secondo.
“Come
hai fatto?”
“Uhm…diciamo
che conosco qualche trucco di magia”
“Anch’io,
voglio” Disse entusiasta il piccolo.
“Va
bene!” Gli soffiò qualcosa sulla faccia e Hugo chiuse d’istinto gli occhi,
quando li riaprì, era come ipnotizzato, come se stesse aspettando degli ordini.
L’entità
gli prese la mano e lo condusse giù dalla scalinata, insieme percorsero il
vialetto ed aprì il cancello.
“Ora,
attraversa la strada!” Gli ordinò quando vide una macchina che stava arrivando.
*
Tutto
il tuo mondo si può fermare in un solo istante, se non fai niente per impedire
una tragedia.
Ti
basta che il tuo istinto ti faccia muovere velocemente la gambe, per evitare
alla fine di versare lacrime e di pentirti di non aver avuto il coraggio di
agire, se avessi usato il cervello.
“Hugo!!!”
Aveva urlato Gabriel correndo verso di lui e fermandolo appena in tempo, prima
che la macchina lo investisse.
“Nonno?”
Era quasi sorpreso di vederlo.
“Ma
che ti è preso? Perché hai aperto il cancello e sei uscito?” Gabriel era
sconvolto, sarebbe potuta accadere una disgrazia, e a farne le spese sarebbe
stato proprio il suo nipote più piccolo.
Hugo
sembrava come in trans e come se non fosse consapevole di cosa stesse facendo o
del perché si trovasse lì.
“E’
stata quella strana signora ad aprire il cancello”.
Lo
stilista aveva inarcato un sopracciglio “Quale strana signora?” Si guardò
attorno in cerca di qualcuno di sospetto, ma le uniche persone che gli erano
attorno, sembravano gente per bene e preoccupate per l’accaduto.
“Noi
non abbiamo visto nessuno” Rispose un testimone “…l’unico che ho visto era il
bambino, però sembrava come ipnotizzato”.
“Vuole
che chiami un’ambulanza?” Aveva chiesto un altro passante.
Gabriel
scosse la testa “Non è necessario, grazie.”
E
dopo aver ringraziato i presenti per essersi fermati, prese suo nipote e lo
portò in casa, dove i suoi fratelli lo aspettavano in ansia.
*
Gabriel
aveva lasciato i bambini in sala a fare merenda, mentre lui si dirigeva verso
il suo studio, in cerca di consigli da Nooro.
Lo
custodiva al solito posto, dietro il quadro di Emilie nel suo studio, dentro la
cassaforte.
La
porta era stranamente semi aperta, la spinse un po’ di più per entrare e ci
trovò Nathalie svenuta sul pavimento, davanti il quadro e quella cassaforte
aperta.
Vuota.
*
continua