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Autore: Mercurionos    15/03/2021    0 recensioni
ULTIMO CAPITOLO: Alba e Cenere:
E lì, nell’ombra silenziosa e fredda,
sotto lo scampanellio della pioggia,
Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle,
e la vide.
L'Impero Galattico di Freezer, tirannico dittatore di tutto ciò che esiste: un periodo oscuro e inenarrato. Il rinnovato nucleo dell'impero attende tre guerrieri saiyan, gli ultimi della propria specie, predestinati a mostrare il proprio valore all'Universo. A partire dagli ultimi giorni del Pianeta Vegeta, fino a quel fatidico 3 Novembre, e oltre, nel massimo rispetto del magnifico Manga di Akira Toriyama.
Parte di "Dragon Ball: Sottozero", la vita dell'eroe che non abbiamo visto crescere.
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Capitolo 20 – Piano per lo Scombussolamento dei Saiyan, Parte 4 – Anno 2, 11 Germinale
 
Mirk cercò nel buio tra le stelle parole adatte a scusarsi con l’amica. Certo, non le era chiaro cosa avesse fatto per alterare la saiyan, ma qualcosa doveva pur aver fatto. La luna era sempre più vicina. Macchie verdi spiccavano tra le lande sabbiose, incorniciate in un vasto e gelido oceano. Il mondo non riuscì a suggerirle altra soluzione se non il silenzio. Ora che non poteva rimediare ai propri errori, non c’era altra soluzione se non tacere e portare avanti la missione.
 
Per Pump, però, la pressione fu troppa da sopportare. Il suo ki esplose fiammeggiante: scagliò dietro di sé il sedile di morbido tessuto, sradicandolo dall’ancoraggio al pavimento della nave, dalle lastre d’acciaio ora divelte. La saiyan piombò sull’altra ragazza con la foga di una belva, denti digrignati, artigli pronti a spillare il primo sangue. L’altra non fece in tempo, Pump le era già sopra, rapida come una meteora. Martellò sul suo collo, spezzandole la schiena. Mirk non riuscì a bloccarla e si accasciò sul cruscotto, portando con sé la cloche. La navetta cominciò a spiraleggiare verso il pianeta.
 
L’attacco non era finito, non era ancora abbastanza. Il dolore di una saiyan non conosce limiti quando comprende di essere troppo debole. Destra, sinistra, poi di nuovo daccapo, voleva staccarle il collo a suon di colpi tuonanti. Nulla fermava il suo impeto. Una sirena: la navicella era entrata nell’atmosfera della luna. Il vascello spaziale cominciò a tremare, più e più ancora imburrascato dalle masse d’aria. Pump alzò la testa, giusto in tempo per vedere il terreno. La piccola capsula d’acciaio si sciolse in un assordante mare di fiamme e petali d’inferno si sparsero tutt’attorno, la foresta vergine divampò nel suo ultimo giorno, e quel che un tempo era solitaria polvere nello spazio tornò ad essere grigia cenere.
 
“Mi hai sentito?”
La nebbia si diradò dalla mente della saiyan. Momentaneamente distratta, l’espressione di amaro sconforto abbandonò il suo volto: “Eh? No, cos’hai detto?”
Il tono rotto della voce di Mirk non si addiceva affatto ad un soldato. La ragazza era visibilmente tesa, quanto non era mai stata durante una missione, nemmeno durante gli esami di Scienze Strategiche i suoi occhi si lasciavano sfuggire un’aria tanto irrequieta.
 
“Io voglio restarti amica.”
Pump, la sua ira confusa vennero soverchiate da un immenso, genuino stupore. Le intenzioni di Mirk erano oneste, limpide e sincere. Si sentì riportata indietro nel tempo, di anni. Forse qualche volta in compagnia di Radish, sul pianeta che avevano chiamato casa, avevano sentito la gente comune parlare in quel modo. Capitava, seppur raramente, di incontrare persone che qualcuno avrebbe definito senza problema ‘normale’, gente che pensava a vivere tranquillamente, gente che non aveva bisogno di nascondere i propri desideri e le proprie aspirazioni nel timore di risultare inopportuna nel clima del grande Impero.
 
“Non ho mai avuto degli ‘amici’, o come vuoi chiamarli.”
“Nemmeno io.”
Per un attimo i loro occhi si incontrarono. Sguardi diversi condividevano la medesima amarezza.
“Ti suonerà strano – ridacchiò Mirk – ma mi piace considerarti un’amica, non solo una compagna. Per quanto mi possa fare piacere essere una tua collega, naturalmente!”
“Fa piacere anche a me.”
Diamine. Se lo era lasciato sfuggire di bocca.
Il dolce riso si allargò sulle guance di Mirk, con un soffio ilare: “Beh, mi fa piacere.”
“Già.”
“E…”
“E?”
“Se vuoi raccontarmi delle tue preoccupazioni, puoi farlo. Non mi dai fastidio.”
Pump non volle far nulla, ma il suo subconscio ancora una volta ebbe la meglio sulle sue azioni, e non tardò a rispondere all’invito: “A te piace Vegeta?”
 
“No!”
“No?”
“No! Ti ha dato di volta il cervello?”
“Sarà, ma se quello sulla tua guancia non è sangue, allora è il rossetto di qualcuno.”
Vegeta portò la mano al volto così in fretta che per poco non si staccò di netto il capo dal collo. Produsse un suono così chiaro, limpido e forte che lo sentirono pure nelle navette vicine. Sì, attraverso il vuoto siderale.
 
Il principe si esaminò isterico il guanto: “Non c’è nulla, qui!”
“Ah, sì? Devo aver visto male, allora.”
“C-che cosa vuoi ottenere con questi… Giochetti rincretiniti, si può sapere?”
Col capo chinato, tale da non poter essere visto da Vegeta, Radish sfoggiava il più crudele, sadico e compiaciuto ghigno che mai aveva solcato le sue labbra. Un terrificante, beffardo e terribile riso degno della più diabolica mente criminale. Poche erano le gioie che un soldato come Radish si sarebbe potuto godere, in quel confuso periodo storico: avrebbe potuto ricevere una promozione, e quindi un bel aumento; altrimenti il caso lo avrebbe portato su un pianeta disabitato, permettendogli di spacciarsi come uno sterminatore di popoli, un vero eroe, incarnazione dell’ideale imperiale; oppure ancora avrebbe potuto incappare in una qualche edizione perduta di ‘Puff-Puff, Fu-Fu-Fu’, il periodico per veri gentiluomini, che con il passare degli anni aveva acquisito una nomea a dir poco leggendaria nell’ambiente militare. Ma nulla di tutto ciò poteva soverchiare l’immensa e malefica gioia provata da Radish in quel momento, la consapevolezza di avere in pugno Vegeta. E ora che finalmente teneva stretti tra le mani tutti quei fili, era giunto il momento di far ballare il principe.
 
“Non voglio ottenere nulla, Vegeta. Mi incuriosiva soltanto scoprire quanto fosse profondo il tuo legame con Mirk, tutto qua.”
Supernova. No, non l’attacco strapazza-pianeti di Freezer, il meccanismo fisico stellare. Quello era il colore del volto di Vegeta. E Radish ne assaporava ogni atomo con gli occhi.
“Ma q-quale legame!? Non farti venire strane idee.”
“Sta di fatto che passi parecchio tempo con lei, ben più che con noi. Sei o non sei il principe dei saiyan, ultimo della nostra stirpe?”
“Eccome che lo sono, proprio per questo passo tutto quel tempo a bat- A COMbattere con Mirk!”
 
“Ah, quindi è perché non siamo degni di misurarci con il nostro principe!”
“Hai detto bene! Non voglio certo lasciarmi ammorbare dalla vostra incompetenza.”
“E dire che stamattina ce le siamo date di santa ragione. Mi hai pure fatto i complimenti, è un miracolo che non abbia cominciato a nevicare zucchero filato.”
“Quello non significa niente, ho soltanto approfittato dell’aria fresca del mattino.”
“Dovevi farti bello per Mirk?”
“Non ho bisogno di fa- E smettila di dire fesserie, Radish! Sai perfettamente che sono allergico alle storie comiche. E non ti azzardare a tirar fuori chissà quale ‘levatura morale’ che l’autore vuole conferire alle stupidaggini che stai dicendo!”
“Come il fatto che sogni il signor Nappa che fa il bagno?”
 
“Sì.”
Senza filtri, senza arzigogolati giri di parole, Mirk aveva dato la propria risposta. Non che fosse necessario, non che fosse difficile da comprendere, non che fosse un’informazione nuova per Pump. Ma la saiyan accettò il suono di quelle parole come l’incidere della lama di un pugnale. Si rintanò su sé stessa, addentando le ginocchia. Il suo orgoglio le proibiva sentimenti simili. Invidia, affetto, cameratismo: nulla di tutto ciò era importante per i saiyan, i guerrieri più forti dell’universo, incomparabili a tutte le altre razze, tanto che venivano abbandonati in fasce su pianeti lontani avrebbero potuto sottomettere paese dopo paese, per poi tornare a casa come eroi e conquistatori.
 
Anche se… la maggior parte dei bimbi d’infiltrazione…
La probabilità che uno di questi neonati guerrieri tornasse a casa era a dir poco inesistente. Solo i più deboli tra i saiyan dotati di un discreto potenziale di combattimento venivano inviati in solitaria su pianeti lontani, solitamente occupati da specie poco sviluppate e fisicamente poco prestanti. Nonostante questo, erano stati annoverati casi estremamente limitati di bambini tanto abili, o fortunati, da esser riusciti a tornare sul pianeta Vegeta.


 
Proprio come il signor Bardack.
Pump ricordava a stento il volto di quell’uomo. Già prima che lei nascesse, il nome del padre di Radish era conosciuto da tutta la classe guerriera: Bardack era stato forte e serio, ma inaspettatamente gentile, caratteristica più unica che rara tra i saiyan. Certe volte si sentivano storie di come avesse salvato qualche scapestrata squadra di guerrieri, che fossero stati compagni suoi o perfetti sconosciuti non importava. Le sue imprese venivano lodate da molti, in particolare dai guerrieri più deboli, ma non senza una certa diffidenza: i saiyan non trovavano alcuno scopo per la gentilezza e la fraternità, specie sul campo di battaglia. Chi un giorno avesse necessitato dell’intervento di altri guerrieri, sarebbe stato lasciato a morire l’indomani.


 
Toma e Seripa, i genitori di Pump, erano compagni di squadra come tanti altri. E la bambina che nacque dalla loro unione non fu altro che il risultato della loro debole affinità. Se la razza saiyan non si era estinta naturalmente, era proprio grazie a questi frequenti quanto insipidi legami temporanei. E talvolta, molto raramente, nasceva un rapporto più particolare.
Non ne ho mai parlato con Radish… E dire che i suoi genitori vivevano insieme, come se si… come se ci fosse qualcosa di più, tra di loro.
Pump allontanò in fretta quei pensieri confusi. Non ne aveva ancora compreso il perché, ma li considerava inopportuni.
 
Radish, a differenza del padre, non era stato inviato su altri pianeti, bensì allenato dai guerrieri più forti di Vegeta (il pianeta, s’intende): già da bambino era stato riconosciuto come uno dei combattenti migliori del pianeta. Quei pochi bambini che mostravano simili segni di abilità venivano sottratti dalla vita popolana e cresciuti come nobili, l’élite saiyan. E sopra a tutti loro c’era Vegeta (il principe, stavolta): non sapeva ancora parlare, ma, prima ancora di essere reclutato da Freezer, era stato acclamato come guerriero più forte di tutti i tempi. Il compianto colonnello Paragas aveva pure tentato di falsificare il livello di combattimento di suo figlio per rubare il primato al principe!
Chi me l’aveva raccontata questa? Il signor Nappa?
 
E poi c’erano tutti gli altri combattenti. Coloro che venivano considerati degni del titolo di guerriero, per quanto incommensurabili alla forza dell’élite, non meritavano di essere inviati su un pianeta lontano, incontro a un destino incerto, ma venivano cresciuti e preparati ad una vita di lotte e successi. E tra loro c’era la figlia di due guerrieri di infima categoria, scampata per puro miracolo alla distruzione della propria patria.
 
Inadatta a primeggiare, si era unita ai guerrieri più promettenti della propria specie, ora sull’orlo dell’estinzione. Aveva passato anni interi in compagnia di uno dei saiyan più forti, ed era riuscita ad avvicinarsi al suo livello, a potersi confrontare con lui.
 
Ma… Forse non ho fatto bene. Non dovrei essere forte come Radish. Lui dovrebbe poter combattere con Vegeta, o almeno con il signor Nappa. Forse gli ho impedito di diventare un vero guerriero e ora è debole per colpa mia. Perché non mi comporto come una saiyan vera.
 
È colpa mia.
 
E adesso… voglio fare la stessa cosa con Vegeta.


 
“Pump, non vieni?”
Ancora rintanata su sé stessa, affondata in quel sedile troppo grande per lei, la ragazza si risvegliò dal pensieroso torpore. Stringeva le tibie con forza, quasi a volersi incidere la pelle, e solo allora si accorse del lieve dolore. Il vento freddo accarezzava le foglie della bassa torbiera, rubando loro l’odore di muschio e resina. La navicella era atterrata, forse già da un paio di minuti.
 
Uscì. Faceva freddo, nonostante il sole splendesse allo zenit. Il cielo ghiacciato copriva un mondo stinto, piatto, chiazzato di qualche solitario manipolo di arbusti. China in terra, Mirk aspettava giocherellando con i bulbi rossastri di un giovane cespuglio.
“Senti.”
Mirk si voltò verso la compagna: Pump guardava in terra, sfuggendo al suo sguardo. Ma non era l’unica ad essere irrequieta e confusa a causa del discorso che, lentamente, stavano tentando di affrontare.
“…Dimmi.”
 
“Se vuoi restarmi amica-
Mirk si lasciò sfuggire un singulto di genuino terrore. Strinse denti e mani. Un semplice discorso tra commilitoni, evento di per sé già abbastanza inusuale per la guerriera più promettente del N.I.S.B.A., forse di tutto l’Esercito Imperale, avrebbe potuto ledere la saldezza della sua quotidianità. I pasti consumati assieme, le disperate sessioni di studio, anche i più banali e vuoti momenti trascorsi in compagnia: non lo notò, ma il timore di perdere quegli sporadici attimi di felicità affliggeva anche la saiyan che aveva di fronte.
-devi portare in vacanza anche me.”
 
Mirk attese un attimo, rielaborando ciò che aveva appena sentito, poi scoppiò a ridere. Evidentemente aveva sopravvalutato il rancore che Pump sembrava mostrare nei suoi confronti.
“Non ridere!” ancora una volta, Pump ricacciò dentro di sé le parole che avrebbe voluto dire, e proseguì quella dolorosa sceneggiata: “Non è giusto che porti Vegeta a vedere il mondo lasciandomi qui da sola.” Tentò di restare composta, di sembrare sincera. Deglutì a fatica, convinta di quanto i propri desideri fossero riprovevoli, il suo silenzio a sigillo dei suoi pensieri e garanzia della tranquillità dei suoi compagni.
 
Mirk si ricompose sogghignando: “Va bene, va bene. Hai ragione, dovrei portare anche te da qualche parte. Ti porterò alle terme, allora!” Si avvicinò a Pump, e le pose con energica foga una mano sulla spalla: “Grazie.”
 
Lei le sorrise, rinchiudendo tutto il dolore che stava provando nelle profondità del suo animo.
Perché era una saiyan, avrebbe dovuto resistere.
 
Note dell’Autore:
Non sono straordinariamente convinto dello stile che ho seguito con questa parte. Sarà forse che ho scritto tutto mentre seguivo una lezione noiosissima? Mah.
Come sempre, mi piacerebbe sentire la vostra opinione in merito. Di certo riuscirete a notare molti più errori di me!
 
Quello che mi premeva maggiormente era di mettere su carta la particolare angoscia di Pump. Spero di esserci riuscito, anche se limitatamente.
 
Vi ringrazio di aver letto fin qui! Non perdetevi il seguito, assolutamente.

ULTERIORE AVVISO: io metto le mani avanti visto che l'idea di una Brench femmina me l'ha rubata il Maestro Toriyama, e questo e altro glielo concedo. Ma a Toyotaro non concedo nulla, col cavolo: vi faccio quindi lo spoiler che avrei ipotizzato l'esistenza di un terzo drago per un motivo che ai lettori più accaniti del manga sarà ben chiaro, cioè "come fa Vegeta a sapere delle sfere?". Ci ho pensato prima io, Toyotaro, ormai cinque anni fa. Vai a quel paese. Il mio drago era pure più carino. E ne usa sette, di sfere, che cavolo!

Le immagini presenti in questo capitolo sono tutte dell'immenso Dragon Garow Lee, disegnatore sublime, del calibro di Fenyo, e autore di "Vita da Yamcha" che DOVETE COMPRARE ADESSO
   
 
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