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Autore: Keeper of Memories    17/03/2021    2 recensioni
[Possibili spoiler]
Raccolta di Oneshot su vari personaggi di Genshin Impact, alcune richieste altre scritte in una manciata di ore, seguendo l'ispirazione.
The world is full of lost ballads just waiting to be rediscovered!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Genere: fluff, slice of life, hurt/comfort
Tipo di coppia: shonen-ai
Personaggi: Venti, Xiao
Avvertimenti: Spoiler!




 
He longs for a day to come when he will wear the mask and dance - not to conquer demons but to the tune of that flute admist a sea of flowers.
 
Xiao cadde sulle ginocchia, lo sguardo vacuo posato sui corpi accanto a lui. C’era puzza di morte ora, in quell’isolotto nella palude di Dihua, dopo ore e ore di prolungata battaglia. Tuttavia, non era la stanchezza fisica a debilitarlo, né quell’odore ributtante di cadaveri a cui ormai era fin troppo abituato. Puntò a terra la lancia ancora macchiata di sangue e si tolse la maschera da Yaksha appena in tempo, prima di cadere prono al suolo.
Le anime frammentate di antichi Dei malvagi, che con il loro odio avevano trasformato le creature che aveva appena eliminato in demoni, avvolsero la sua, attratte dal suo potere come una falena dalla luce. Boccheggiò, mentre l’ira di chi ha passato millenni in gabbia lo soffocava, tentando di reprimere il suo io e farlo diventare un burattino. Xiao si rannicchiò, le mani strette al petto, mentre usava ogni briciola del suo potere per recidere la connessione con quelle anime estranee e violente.
Eppure, anche quando riuscì nel suo intento e le anime disperse non ci furono più, quando Xiao si rimise in ginocchio e riprese coscienza del proprio corpo, il suo primo istinto fu quello di uccidere. Le mani tremavano mentre allungava il braccio verso la sua lancia, gli occhi saettarono alla ricerca di una preda nei dintorni.
Tuttavia, quando il vento gli accarezzò il viso portando la melodia di un flauto alle sue orecchie, Xiao trovò un’inaspettata pace.
Pace.
Una parola che non gli era affatto familiare, non ricordava nemmeno quando era stata l’ultima volta che si era sentito così. Demoni sorgevano continuamente da quella terra e non gli era mai importato sacrificare la sua di pace per quella altrui. Uccidere era qualcosa che sapeva fare bene e accettare tutto quel karma negativo era un fardello che aveva imparato a portare con fredda tranquillità.
Eppure, quella melodia che parlava di enormi distese verdi dove delicati fiori bianchi ondeggiavano cullati dal vento gli facevano venire voglia di danzare, non la danza mortale che eseguiva per sconfiggere i nemici, ma una più spensierata e leggera, fatta di passi sospinti dal vento.
Non seppe dire quanto tempo era passato, ma quando finalmente riuscì a sollevare il viso da terra vide chiaramente davanti a sé la fonte di quella musica. Un ragazzino sedeva su una roccia non lontano da lì, uno dei bardi di Mondstadt a giudicare dagli abiti vistosi, sebbene dubitasse che un mortale fosse in grado produrre della musica in grado di acquietare l’ira degli Dèi.
Non appena lo vide rimettersi seduto, il bardo ripose il flauto che stava suonando e gli si avvicinò, un sorriso raggiante stampato in volto tanto brillante quanto i luminosi occhi color acquamarina che osservavano incuriositi Xiao.
«Non mi serviva aiuto» lo anticipò.
«Ma io non ti stavo aiutando» rispose, scuotendo la testa «Stavo andando a trovare un vecchio amico, e passavo di qui. Ma se la mia musica ti ha alleggerito l’animo anche solo per un po', allora ne sono felice.»
«Allora ti auguro buon viaggio, bardo.»
Il ragazzino piegò appena la testa a lato, facendo ondeggiare le due trecce scure che gli ricadevano ai lati del volto. Rimase a guardarlo per qualche istante prima di allungare una mano nella sua direzione.
«Come ti ho già detto non ho bisogno d’aiuto» ribadì Xiao, afferrando l’asta della lancia, già pronto ad alzarsi in piedi per meglio sottolineare le sue parole. Una folata di vento lo investì, abbastanza forte da fargli chiudere gli occhi e quasi perdere l’equilibrio data la sua posizione precaria, ma priva di alcuna violenza.
Accadde tutto molto in fretta. Sentì le braccia di qualcuno attorno alla vita, insolitamente minute per la forza che esercitavano nel sorreggerlo, e la terra mancargli sotto i piedi. Quando riaprì gli occhi, Xiao si ritrovò a mezz’aria, tra le braccia del bardo dalla cui schiena spuntavano due splendide ali bianche piumate. Lo Yaksha faticò a nascondere lo stupore.
«Allora ti porterò a casa» ridacchiò, librandosi in cielo con ancora Xiao tra le braccia «Dove abiti?»
«Rimettimi a terra.»
«Uh-uh. Appena mi dirai dove si trova la tua casa.»
«Non ho una casa...»
«Va bene! Andremo dal mio caro amico Morax, te ne troverà sicuramente una.»
«Morax? NO. Non serve.»
Xiao detestava farsi vedere da chiunque in quello stato, stanco e ricoperto di ferite. A maggior ragione se quel qualcuno era Morax, il suo protettore, colui che lo aveva liberato dalla schiavitù molto tempo prima. Lui stesso gli aveva dato quel nome, “Xiao”, un nome che racchiude il suo essere e il suo scopo. Non a caso Xiao significa “demone”; dopotutto chi meglio di lui, che per millenni aveva ucciso a comando con inaudita ferocia, un demone a tutti gli effetti, poteva essere più adatto a cacciare altri demoni?
«Oookay! Dove ti porto... uhm... come hai detto che ti chiami?»
«Wangshu Inn.»
«Come hai detto?»
«Portami in cima al Wangshu Inn. A volte sto lì.»
«E Wangshu Inn sia! Tieniti forte!»
Il bardo salì rapidamente di quota, finché gli alberi e i corsi d’acqua sotto di loro non si fecero piccoli piccoli, tanto che il Wangshu Inn stesso, che si stagliava contro l’orizzonte in tutta la sua verticalità, non sembrò più poi così maestoso.
«Yahoo!» gridò, prima di scendere in picchiata verso la loro destinazione, l’aria notturna che sferzava il viso di entrambi. Solo quando atterrarono sul balcone dell’ultimo piano, Xiao si accorse della presa spasmodica che stava avendo sul corpicino del bardo e di come per tutta la turbolenta discesa avesse trattenuto il fiato.
«Chi sei?» chiese Xiao, allontanandolo con uno spintone.
«Il mio nome è Venti!» rispose, esibendosi in un plateale inchino, come se avesse appena concluso una performance davanti a un pubblico «Tuttavia, Barbatos è il nome con cui gli umani si rivolgono a me.»
«Il Dio della città di Mondstadt… si spiegano molte cose» rispose Xiao, sedendo a terra, tra una pianta di bonsai e il piccolo altare delle offerte degli Yaksha «Vi ringrazio, Barbatos. Se permettete, vorrei riposare ora.»
«Posso tornare?»
«No.»
«Sembrava ti piacesse la mia musica… Posso tornare e suonare ancora, se vuoi.»
«Non è necessario.»
«Forse, o forse no… ma cos’ha il tuo nome, che è così segreto?»
«Mi chiamo Xiao» rispose, dopo essersi lasciato andare in un lungo e stanco sospiro.
«Xiao! Tornerò tra qualche giorno con delle nuove canzoni. Ci vediamo!» disse, saltando sul parapetto ligneo, impedendo allo Yaksha di ribattere in qualunque modo.
 

«Sono tornato!» annunciò Venti, planando sul balcone in cima al Wangshu Inn. Xiao, che si stava tranquillamente gustando del tofu alle mandorle dopo l’ennesima caccia alle forze maligne, rimase immobile come una statua, con ancora il boccone sospeso a mezz’aria tra le bacchette di legno.
«Ho scoperto delle nuove ballate, vuoi sentirle?» continuò, facendo comparire un’arpa tra le mani.
«Vi avevo detto che non era necessario, Barbatos» disse infine Xiao, cercando di contenere l’irritazione, sfortunatamente amplificata dal pezzo di tofu che aveva deciso di scivolare dalla sua presa.
«Non serve essere così formali! Ti ho promesso che sarei tornato e l’ho fatto» rispose con noncuranza, pizzicando appena le corde dell’arpa.
«Non ho bisogno della musica. Non sono un mortale» ribadì, cercando di lanciare al Dio l’occhiata più torva di cui era capace. Sfortunatamente, non sortì alcun effetto.
«Tutti hanno bisogno di un po' di musica! Perfino tu, Xiao» disse, con il sorriso più luminoso che Xiao avesse mai visto stampato sul suo volto.
«Solo una canzone, per favore.» Xiao si arrese, sperando che assecondandolo sarebbe riuscito a farlo andare via.
Venti non se lo fece ripetere e, accompagnato dalla sua arpa, prese a cantare con voce cristallina. La canzone che intonò era molto diversa da quella che Xiao aveva sentito giorni prima, seppur altrettanto bella: parlava di Liyue, di alte e impervie montagne rocciose che cadono a strapiombo sul mare, della brezza del porto, della vita che anima la città. Xiao rimase ad ascoltarlo in silenzio, pensieroso, trovando a chiedersi invece perché una divinità dovrebbe prendere l’aspetto di un fragile ragazzino mortale e mischiarsi agli umani, mentre osservava i lineamenti delicati e fanciulleschi di Venti.
«Il mio desiderio era quello di portarti pace, eppure sento solo dubbi invadere il tuo animo» osservò Venti a canzone terminata, scuotendo Xiao da un fiume di pensieri su mortali e Dei.
«Sto benissimo.»
Senza aggiungere altro, il bardo si sedette a gambe incrociate davanti a lui, piantò su Xiao i suoi limpidi occhi verdi e rimase in silenzio, in attesa.
«Gli umani sicuramente beneficeranno molto più di me di questa musica, anche se non ne comprendo il motivo. Non trattenerti oltre.»
Venti sbuffò. «Va bene! Ma tornerò.»
«Perché?»
«Perché cosa?»
«Perché prendersi il disturbo di arrivare fin qui, solo per suonare una canzone a qualcuno che non apprezza la tua musica?»
Nonostante quella domanda fosse una chiara provocazione, il bardo non smise mai di sorridergli. «Sai come sono diventato uno dei Sette?»
Xiao rimase qualche attimo in silenzio, prima di rispondere. «Sconfiggendo gli altri dèi.»
La risata cristallina di Venti riempì le orecchie di Xiao. «Temo tu mi stia confondendo con Morax.»
«Non è questo che è successo durante la Guerra?»
«Affatto. Gli umani di Mondstadt hanno scacciato Decarabian, il Dio della Tempesta, con le loro forze.»
Xiao rimase a lungo a fissare il suo interlocutore, incredulo.
«Questo spiega perché ti additino tutti come il più debole dei Sette, ma non perché tu abbia deciso di importunarmi» disse infine, distogliendo lo sguardo.
«Forse sono veramente il più debole… ma sottovaluti questo, cacciatore di demoni. Non sono le spade o le lance le mie armi, ma la capacità di leggere ciò che si nasconde qui» rispose Venti, sporgendosi verso di lui e posandogli la mano sul petto «Puoi mentire a te stesso, ma non a me, Xiao.»
Sebbene l’espressione sul viso del Dio fosse immutata, Xiao non poté non notare il cambio nel tono della voce, ora più seria, sicura quasi. Lo Yaksha non disse nulla, inclinò la testa di lato, gli occhi ridotti a due fessure mentre studiava le parole del suo interlocutore.
«Ho raccolto una flebile preghiera, l’unica voce udibile in una tempesta di muto dolore. L’ho dispersa nel vento, portata ad altre anime silenziose e sofferenti, alimentato il fuoco nei loro cuori finché con le loro stesse mani non hanno spezzato le loro catene» continuò Venti, la voce ridotta a un sussurro mentre un velo di tristezza copriva quei luminosi occhi acquamarina.
Xiao finalmente comprese. Posò le mani sulle spalle del bardo e senza esercitare troppa forza, lo allontanò. «Se ami così tanto gli umani, perché vieni qui? Qualunque cosa tu abbia trovato in fondo al mio cuore, non è più un peso da molto tempo.»
Venti sorrise, le ombre nel suo sguardo ormai andate. «Te lo racconterò la prossima volta!»
Xiao rimase interdetto dalle parole del Dio. Lo afferrò per il polso e lo attirò a sé, prima che potesse alzarsi.
«Dicendomelo ora, eviti un altro viaggio» disse con tono serio, ma ancora una volta insufficienti a convincere il bardo a desistere.
«Un altro buon motivo per non dirtelo! Eheh.»
Una poderosa folata di vento colpì Xiao in pieno volto, costringendolo a mollare la presa su Venti, che in pochi istanti si librò in aria.
«Ci vediamo!» urlò, prima di lanciarsi dal parapetto come al loro precedente incontro. Un “yahoo!” echeggiò nella palude di Dihua.
 

«Eccomi qui Xiao! Ho la tua risposta.»
Xiao rimase per un lungo attimo ad osservare Venti sul balcone del Wangshu Inn, inondato dalla luce del tramonto. Tra le braccia il bardo reggeva una grossa quantità di quegli stessi fiori bianchi che lo Yaksha aveva visto la prima volta che lo aveva sentito suonare.
«Cosa sono?» chiese, a metà tra il dubbioso e lo stupito.
«Cecilie, i miei fiori preferiti. Crescono solo sulle colline più ventose di Mondstad.»
«In che modo queste cecilie dovrebbero rispondere a quella domanda?»
«So quale fardello porti sulle tue spalle, cacciatore di demoni. Sento il peso della solitudine, i sensi di colpa soffocarti. Non mi è possibile condividere il tuo compito, ma permettimi di alleggerirti da questo peso almeno per qualche minuto»
«Non voglio pietà, nemmeno quella di uno dei Sette» rispose gelido Xiao, gli occhi ridotti a due fessure.
«Non è pietà la mia, solo il mio modo di ringraziarti» rispose Venti allargando le braccia. Le cecilie che teneva strette a sé fluttuarono, una danza quasi ipnotica guidata dalle note del flauto che il bardo aveva iniziato a suonare.
Xiao chiuse gli occhi per qualche istante, lasciandosi cullare da quella canzone mentre la stessa sensazione di pace di molte sere prima lentamente riaffiorava. Quando li riaprì, non era più allo Wangshu Inn, ma su un colle baciato dal vento, in un mare di cecilie danzanti: il suo piccolo e insignificante sogno che diventava realtà.
Si guardò intorno meravigliato, mentre il vento gli scompigliava i capelli scuri e il suo cuore si faceva più leggero. Si sedette a terra, tra le cecilie profumate, i petali morbidi sotto il suo tocco. Per una volta, si sentì felice.
«Beh, non c’era qualcosa che volevi fare?» Venti era seduto accanto a lui, con l’immancabile sorriso stampato in volto.
Xiao lo fissò a lungo, indeciso se assecondare il suo cuore o limitarsi a godere di quella pace finché gli era possibile.
Per tutta risposta, il bardo si alzò e gli porse la mano. «Andiamo, dai!»
Lo Yaksha prese la mano, lasciando che Venti lo aiutasse a rimettersi in piedi. «Grazie.»
«Aspetta a ringraziarmi! La parte divertente non è ancora iniziata» rispose il bardo, accennando alla sua lancia, conficcata nel terreno a pochi passi da loro. «Fai ciò che meglio sai fare. Io ti accompagnerò.»
Venti lasciò la sua mano, mentre in quella libera apparve il suo flauto. Xiao si avvicinò alla sua lancia e la rimosse dal terreno, prendendosi qualche istante per saggiarne il peso tra le mani.
«È proprio la mia lancia» osservò lo Yaksha, il volto increspato da un lieve sorriso.
Per una volta, Venti non disse nulla, limitandosi a un cenno del capo, prima di portare il flauto alle labbra e riprendere quella stessa melodia, dal punto in cui l’aveva interrotta.
Xiao si mise in posizione di guardia, descrivendo un ampio fendente con la lancia in un unico, fluido movimento. Seguendo il ritmo della canzone, la fece roteare, passandola rapidamente da una mano all’altra ed esibendosi in una serie di affondi che sferzarono l’aria con precisa e inaspettata eleganza.
Xiao non seppe per quanto tempo quello spettacolo proseguì, si era limitato a riprodurre la solita sequenza di movimenti che sempre aveva fatto in battaglia, semplicemente eseguita con movimenti più ampi e fluidi per renderla più simile a una danza. La differenza fondamentale però, non era tanto nei movimenti quanto nel suo cuore, che gioiva ad ogni affondo, ebbro di quella ventata di libertà, leggero come non gli sembrava fosse mai stato.
Quando Xiao si fermò, anche la musica s’interruppe, lasciando il posto all’emozionato applauso di Venti.
«Woah! Bravo!» disse il bardo, mentre lo Yaksha si esibì in un breve inchino.
«Grazie, Venti» disse Xiao, il sorriso che non accennava ad andarsene.
«No Xiao. Grazie a te» rispose, sfiorandogli appena la guancia con la punta delle dita.
Xiao sbatté le palpebre un paio di volte, impreparato a quel contatto improvviso, tanto che si accorse appena, quando Venti allontanò la mano dal suo viso, che non si trovavano più tra le cecilie, ma al Wangshu Inn.
«Tornerò a trovarti!» disse il bardo, pronto a un altro salto oltre il parapetto.
Deciso a impedirglielo, Xiao lo bloccò in un abbraccio che, dopo alcuni istanti intrisi di stupore, venne ricambiato con entusiasmo.
«Grazie. Non lo dimenticherò» sussurrò lo Yaksha, così che solo Venti potesse sentirlo.
« Tornerò presto, ma anche quando non potrò essere con te, farò in modo che tu possa ricordare questo giorno» rispose, allontanando Xiao quel tanto che basta per poterlo guardare negli occhi «Ci divertiremo, vedrai!»
«Ti aspetterò» disse lo Yaksha, mentre con molta delicatezza sfiorava la guancia del bardo con la punta delle dita, la pelle morbida come i petali delle cecilie.
Per entrambi fu strano sciogliersi da quell'abbraccio, come se ci fosse qualcosa di sbagliato in quel gesto, fuori posto quasi. Si salutarono controvoglia, nessun "yahoo" entusiasta, nessun sospiro di sollievo.
 
Eppure, nei giorni a venire, quando il peso della solitudine tornava a gravare nel cuore dello Yaksha e i pensieri negativi minacciavano di schiacciarlo, sul suo altare, accanto al tofu alle mandorle trovava sempre una cecilia, come un momento di gioia uscito dai suoi ricordi.
 
 






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Note conclusive: eccomi con la seconda oneshot di questa raccolta! Non è stato facile, ma volevo fare qualcosa di più articolato e profondo rispetto alla storia precedente. Avrete notato che, in alcuni punti, Venti parla in maniera molto differente: questo perché ognuno dei Sette ha (secondo la wiki) una “facciata”, una maschera che usano per mischiarsi agli umani (Venti e Zhongli) e nascondere la personalità del Dio (Barbatos e Morax). Per cui il cambio di registro è totalmente voluto! (se sapessi scrivere in rima, avrei fatto parlare Barbatos così, come nel manga… purtroppo ho i miei limiti, sigh.)
   
 
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