Capitolo 9: Don’t believe in
accidents
Well anything can happen
There's a feel in the air around you
Commanding parts of me
I never ever knew
I want your love
Of flesh and blood
Hey you!
This was really meant to be
It's for sure our destiny
Making lovers out of friends
I don't believe in accidents!
(“Don’t believe in accidents” – Roxette)
Aethelred era rimasto
stupito dal fatto che, nonostante tutto quello che aveva combinato, Ivar fosse
stato tranquillamente riaccolto a Kattegat e persino nella dimora reale. Bjorn
e Ubbe l’avevano guardato storto per i primi due o tre giorni, poi però Bjorn
aveva pensato a curarsi e guarire completamente, Ubbe ai preparativi per la
partenza fin troppe volte rimandata… e Ivar era stato ripreso in famiglia come se non se ne fosse mai
andato o quasi.
In realtà il Principe
non avrebbe dovuto stupirsi troppo, i vichinghi facevano così con tutti,
sempre. Lo stesso Harald era stato più volte riaccolto amichevolmente da Bjorn
nonostante lo avesse tradito e avesse cercato di ucciderlo, e poi comunque
nessuno si fidava granché di Ivar neanche prima, per cui alla fine cambiava ben
poco!
Quello che davvero
interessava Bjorn e gli altri, in quel periodo, era l’elezione del Re di tutti
i Norreni che si sarebbe dovuta svolgere entro poco tempo, un paio di settimane
al massimo. E proprio di quello stavano parlando nella Sala Grande, tutti
riuniti, compresi Harald e Erik, esattamente come una bella famiglia allargata ante litteram. C’era
perfino Lagertha che aveva deciso di restare a Kattegat per curare le ferite di
Bjorn e sarebbe ritornata al suo villaggio solo dopo che il figlio fosse
perfettamente guarito.
Insomma, era un clima
surreale per Aethelred, ma perfettamente normale per i vichinghi!
Bjorn era piuttosto
nervoso. Aveva pensato, infatti, che i Re, le Regine e gli Jarl della Norvegia
sarebbero venuti a Kattegat per votare per lui e, in effetti, era questo che
avevano in mente quando erano accorsi per combattere contro l’invasione dei
Rus’. Purtroppo, però, il fatto che Bjorn fosse stato ferito da Ivar in
battaglia aveva influito negativamente sul loro giudizio: i governanti
vichinghi erano convinti che Bjorn La Corazza fosse invincibile e immortale e
proprio per questo lo avrebbero volentieri eletto Re di tutti i Norreni. Vederlo
cadere colpito dalla spada di Ivar li aveva indotti a ripensarci e a
considerare altri candidati. E Bjorn era rimasto particolarmente male scoprendo
che Harald era uno di quei candidati... sì, il solito Harald che fingeva di
stare dalla sua parte e poi lo fregava alle spalle ogni volta che poteva!
“Ti sei preso gioco
di me anche stavolta” esclamò Bjorn, guardando storto Harald. “Avevi detto che
mi avresti appoggiato, che volevi che diventassi Re dei Norreni!”
“Che ho fatto di
male? Mi sono solo candidato, lo hanno fatto anche Re Hakon e Thorkell l’Alto.
Questo non significa niente, ho comunque intenzione di votare per te e magari
nessuno considererà la mia candidatura” protestò Harald.
“Allora, già che ci
siamo, quasi quasi mi candido anch’io” disse Ivar con noncuranza.
Gli occhi di tutti i
presenti si puntarono su di lui come se avesse appena appiccato un incendio
nella dimora reale.
“Che avete da
guardare? A quanto pare chiunque si può candidare, no? E anch’io sono un figlio
di Ragnar Lothbrok!” insisté Ivar.
“Dunque è vero, sei
tornato a Kattegat per farti eleggere Re dei Norreni, il resto erano le tue
solite bugie” commentò Ubbe, disgustato. “Sei sempre il solito, Ivar, avrei
dovuto aspettarmelo.”
“Ma perché te la
prendi tanto? Ho detto che vorrei candidarmi anch’io, non ho detto che mi
eleggeranno” si difese Ivar, divertito.
“Sono certo che
saprai ingannare e tramare per farti eleggere” insinuò Ubbe, severo.
“Per quanto Ivar
sappia tramare, questa volta non potrà avere la meglio, stai tranquillo, Ubbe”
lo rassicurò Bjorn. “Hanno dei dubbi sulla mia elezione soltanto perché mi
hanno visto ferito in battaglia e pensi che eleggerebbero uno storpio come Re
di tutti i Norreni?”
Ivar, per nulla
offeso, si mise a ridacchiare, avendo evidentemente già raggiunto il suo vero
scopo. Chi, al contrario, si arrabbiò parecchio fu Aethelred.
“Insomma, la volete
smettere di definire in quel modo Ivar? E’ una parola odiosa!” reagì.
Fu la volta di
Aethelred di essere fissato da tutti con occhi vuoti.
“Ma di che parli?
Ivar è uno storpio, non è mica
un’offesa” gli rispose Hvitserk, sorpreso. “Lui stesso si definisce in quel
modo.”
“Certo che è
un’offesa, detta così” insisté Aethelred. “Lo definite con una parola come se
lui non fosse nient’altro. E’ vero, ha una malattia alle ossa che gli impedisce
di camminare, ma lui non è la sua
malattia e anzi ha cercato di combatterla e di superarla in modo ammirevole,
riuscendo adesso a fare praticamente tutto quello che fate voi!”
Beh, a quanto pareva
Aethelred era in grande anticipo sui tempi e sul politicamente corretto, ci mancava soltanto che definisse Ivar un diversamente abile e poi ci sarebbe
stato tutto… ma, forse, c’era qualche altro motivo, sotto sotto, che lo aveva
spinto a ergersi a paladino degli emarginati!
E Bjorn parve pensare
proprio quello.
Dopo la sua sparata
sull’eventuale candidatura a Re dei Norreni, Ivar, evidentemente già
soddisfatto per aver rovinato la giornata a tutti quanti, si alzò e,
appoggiandosi alla sua stampella, lasciò la Sala Grande per tornare nella sua
stanza. Bjorn ne approfittò per avvicinarsi a Aethelred e parlargli a bassa
voce.
“Visto che sembri
così comprensivo con Ivar, perché non lo segui e non gli chiedi cosa vuole fare
veramente? Vorrei davvero capire se intende sul serio candidarsi anche lui
oppure se lo ha detto solo per provocarci, come fa spesso” propose.
Il Principe annuì e
seguì Ivar. A dirla tutta si sentiva stranamente scombussolato all’idea di
parlare da solo con lui, ma pensava di fare la cosa giusta per Bjorn e per Kattegat…
anche se, in realtà, l’intento di Bjorn era soprattutto quello di verificare quanto Aethelred fosse comprensivo con
Ivar e che cosa potesse significare per tutti loro. Insomma, Ivar non era la
persona più affidabile della Terra e, se avesse avuto Aethelred vicino, magari
le cose sarebbero migliorate. Il Principe non aveva forse fatto un ottimo
lavoro nel riportare Hvitserk in questo mondo, usando anche il pugno di ferro
pur di ripulirlo? Certo, Ivar non era Hvitserk, ma Bjorn riponeva sempre maggior
fiducia in Aethelred.
E, in effetti, già
dopo il loro primo incontro pareva proprio che Ivar fosse rimasto colpito dal
giovane Sassone e dai suoi modi gentili…
Titubante, Aethelred
entrò nella stanza di Ivar e lo trovò seduto sul letto.
“Ivar, posso
disturbarti?” gli domandò timidamente. “Ecco… Bjorn voleva che io ti parlassi e…”
Ivar lo accolse con
un gran sorriso.
“Non mi disturbi
affatto, anzi mi fa piacere parlare con te. Non mi interessa poi tanto quello
che vuole Bjorn, ma sono contento che tu sia venuto perché volevo chiederti una
cosa” lo interruppe il vichingo, mandando ancora più in confusione il Principe!
“Bene, allora… che
cosa volevi chiedermi?” fece Aethelred. Si sentiva piuttosto imbarazzato e non
sapeva perché, per darsi un certo contegno cominciò a guardarsi intorno per la
stanza e poi, trovata una sedia, andò a prenderla e la mise davanti ad Ivar per
poi sedersi di fronte a lui.
“Sei comodo ora?” gli
chiese Ivar, in tono ironico.
“Io… in realtà
pensavo solo che fosse meglio così” rispose il Principe, “visto che dobbiamo
parlare preferisco che stiamo comodi entrambi, non mi sembrava gentile
guardarti dall’alto in basso, ecco, adesso mi sembra più…”
Era un gesto di
delicatezza che, se fatto da chiunque altro, avrebbe innervosito Ivar che non
voleva la compassione di nessuno. Ma si rese subito conto che Aethelred non lo aveva
fatto per compassione, era proprio il suo modo di fare, voleva mettersi alla sua altezza e non farlo sentire
diverso. Dimostrava una sensibilità spontanea che nessuno aveva mai neanche
lontanamente usato con lui…
“E’ stato buffo
sentirti rimproverare i miei fratelli per avermi chiamato storpio” disse Ivar, andando subito dritto al punto. “Insomma,
forse non ci hai fatto caso, ma io sono effettivamente uno storpio e non capisco perché la cosa ti infastidisca tanto!”
Il turbamento di
Aethelred, se possibile, aumentò ancora, ma aveva la risposta pronta.
“Perché odio che
qualcuno sia etichettato come fanno con te” replicò. “Certo, lo so che hai
questa malattia alle ossa, ma tu non sei
la tua malattia, tu hai una malattia
e devo ammettere che… ecco, beh… devo ammettere che ammiro quanto hai lottato
per combatterla. Hai dimostrato una grandissima forza d’animo e coraggio, non
ti sei lasciato abbattere, al contrario hai fatto di tutto pur di poterti
muovere come gli altri. L’idea di questa specie di armatura che ti permette di
stare in piedi, camminare e perfino combattere è… è geniale. L’avessi avuto io
un briciolo della tua forza e determinazione…”
Aethelred si
interruppe all’improvviso, come temendo di aver parlato fin troppo, ma Ivar lo
fissava intensamente, sembrava volerlo sondare con lo sguardo e la sua
espressione era curiosa e interessata.
“Anche tu sei un tipo
piuttosto deciso, da quello che ho saputo da Hvitserk” disse.
Il Principe scosse il
capo.
“Non sono stato
sempre così, mi sento più sicuro da quando ho conosciuto i vichinghi e sono
diventato loro amico, questo mi ha dato sicurezza, prima io ero… ero… insomma,
non penso che ti interessi la storia della mia vita” tagliò corto. “Cosa volevi
chiedermi, piuttosto?”
Ivar aveva già saputo
da lui ciò che gli interessava, ossia perché avesse preso le sue difese davanti
agli altri vichinghi. E questo gli aveva procurato una soddisfazione mai
provata prima, un senso di calore e di accettazione per lui del tutto nuovo.
“La storia della tua
vita mi interessa parecchio, invece” dichiarò, cogliendo Aethelred alla
sprovvista e facendolo arrossire. Ivar era sempre stato molto bravo a capire le
persone, ma quel Principe lo incuriosiva, voleva rendersi conto se era così
gentile e amichevole con lui spontaneamente o per qualche secondo fine, come
avevano sempre fatto tutti gli altri. Il ricordo di Freydis prima e di Katia
poi erano ancora fin troppo vividi in lui: entrambe lo avevano adulato, gli
avevano fatto credere di amarlo e ammirarlo, lo avevano sedotto… ma solo perché
volevano usarlo per i loro scopi. I suoi fratelli, poi, non avevano mai
nascosto di considerarlo un folle e un malvagio… oltre che, appunto, uno
storpio che non voleva arrendersi alla sua condizione. Perfino Hvitserk, il
fratello che gli era più vicino, si era comportato in modo ambiguo con lui,
prima lo aveva seguito, poi si era pentito, lo aveva tradito, adesso era di
nuovo amichevole… C’era da perderci la testa a stargli dietro!
Al contrario quel
Principe Sassone pareva così spontaneo e trasparente nelle sue intenzioni…
“Non è poi così
interessante, anzi. La mia famiglia non mi ha mai considerato davvero, solo mio
padre mi voleva bene, ma lui non c’era mai, era sempre a combattere qualche guerra…
mia madre e mio nonno vedevano solo Alfred, per loro contava soltanto lui… e la
cosa davvero buffa è che a me sembrava perfino giusto così” si ritrovò a
confessare Aethelred, senza sapere perché mai stesse raccontando cose così
personali proprio a Ivar, che fino a qualche settimana prima era considerato da
tutti il nemico pubblico numero uno!
“Pensavi che Alfred
fosse migliore di te, allora?”
“Quando è diventato
Re, in effetti, mi sono reso conto che sì, era migliore di me, era più saggio e
di mente più aperta” ammise il Principe. “Ero deluso e arrabbiato, ma capivo
anche che sarebbe stato meglio per il Wessex. Invece, quando eravamo bambini,
pensavo che fosse giusto che tutti si occupassero di Alfred e non di me, perché
lui era fragile, aveva spesso delle crisi che lo facevano svenire e lo tenevano
privo di sensi per giorni… Io ero sano e forte e mi sembrava normale che la mia
famiglia si preoccupasse per lui e non per me.”
Le parole di
Aethelred andarono a toccare un punto molto, molto sensibile nel cuore di Ivar
che si rese conto ancora di più di quanto quel ragazzo fosse dolce, buono e
fondamentalmente corretto.
Di quanto fosse una
persona speciale e generosa, una persona che faceva bene al cuore avere vicino.
Hvitserk era stato
proprio uno sciocco a farselo scappare! Ancora una volta aveva dimostrato
quanto fosse incostante nei suoi sentimenti, mentre lui… se fosse capitato a
lui uno come Aethelred…
Rendendosi conto che
i suoi pensieri stavano prendendo una strana piega, Ivar si riprese e continuò
il discorso come se nulla fosse.
“Per te, quindi, era
normale che i tuoi genitori e il Re tuo nonno si occupassero di Alfred e non di
te… perché lui era di salute cagionevole?” domandò, sempre più incuriosito.
“Certo. Alfred aveva
bisogno di loro, mentre io potevo cavarmela anche da solo. Mi faceva male,
naturalmente, ma cercavo di capirlo meglio che potevo” ribadì il Principe.
Un sorriso amaro
sfiorò le labbra di Ivar.
“Forse avresti dovuto
spiegarlo ai miei, di fratelli. Loro mi detestavano proprio perché nostra madre
si occupava solo di me. Potrei dire che i problemi tra noi sono cominciati
allora, anche se poi ammetto di averci messo del mio per peggiorarli!” disse,
sarcastico.
“Non posso negarlo,
tu hai fatto del tuo peggio per provocare i tuoi fratelli” ribatté Aethelred,
che comunque non gliele mandava a dire. “Però anche loro non si sono comportati
bene quando eravate bambini. Forse avrebbero dovuto provare anche solo per un
giorno cosa significasse… avere quello che hai tu. Non credo proprio che
avrebbero voluto scambiarsi con te.”
“Non lo credo nemmeno
io, ma immagino che non ci abbiano mai pensato. Non tutti sanno essere
sensibili come te, sai?” commentò Ivar, fissando insistentemente il Principe,
che si sentì arrossire ancora una volta.
“Ma io non… ecco…
comunque ero venuto qui per chiederti una cosa da parte di Bjorn” Aethelred era
davvero molto imbarazzato e cercò di cambiare subito discorso.
Ivar, tuttavia, era
soddisfatto. Aveva saputo quello che gli interessava sapere e ora poteva dire
di aver compreso bene il giovane Sassone.
E quello che aveva compreso
gli era piaciuto assai!
“Scommetto che vuole
sapere se davvero mi candiderò come Re dei Norreni” indovinò Ivar.
“Eh… sì, era questo”
fece il Principe, ancora una volta spiazzato. “Vuoi farlo davvero?”
“Non mi interessa
veramente diventare Re dei Norreni, non adesso, perlomeno, ma che questo resti
tra noi, che ne dici?” replicò Ivar, con uno sguardo d’intesa a Aethelred. “Però
voglio candidarmi, sì, tanto per dimostrare che anch’io posso farlo e per fare
un dispetto a Bjorn. Tanto, poi, lo so che nessuno voterà per me, ma non m’importa,
è una questione di principio.”
“Perché tu hai il
diritto di candidarti tanto quanto chiunque altro” comprese Aethelred.
“Esattamente” sorrise
Ivar. “Vedi che mi capisci? Ora però non lo dirai a Bjorn, non è vero? Io sono
stato sincero con te.”
“Dirò a Bjorn che
pensi effettivamente di candidarti, ma non sta a me rivelare le tue motivazioni”
ribatté Aethelred.
Ivar lo prese per un
braccio, avvicinandolo pericolosamente a sé e guardandolo fisso negli occhi.
“Sei un ragazzo
sveglio e sei anche più forte e deciso di quanto tu non pensi” gli disse piano.
“Mi piacerebbe averti dalla mia parte e… e Hvitserk è un cretino.”
“Cosa… cosa c’entra
adesso Hvitserk?” trasalì Aethelred, sentendosi assurdamente tremare a quel
tocco e sotto lo sguardo penetrante del vichingo.
“Niente, non c’entra
niente” rispose Ivar, senza lasciarlo andare ancora per un po’.
Sembrarono
trascorrere istanti infiniti mentre i due rimanevano in quella posizione, gli
occhi incatenati, il braccio di Aethelred nella stretta di Ivar e i volti così
vicini che avrebbero potuto baciarsi… Poi Ivar lasciò libero il Principe e
sorrise.
“Credo che mi troverò
bene a Kattegat, adesso” disse, “e che, almeno per un po’, non avrò voglia di creare
problemi.”
“Meglio così, allora”
ribatté Aethelred, cercando in qualche modo di ricomporsi. Non era successo
niente, eppure si sentiva come se Ivar lo avesse vivisezionato. “Sono contento che tu sia tornato e che, in qualche
modo, ti stia riavvicinando ai tuoi fratelli. Non sei affatto il mostro che mi
avevano dipinto e… e credo che tu possa dimostrare quanto vali veramente senza
bisogno di azioni sconsiderate.”
Ivar si mise a
ridere.
“Oh, ma a me
piacciono le azioni sconsiderate!” esclamò, divertito.
“Allora dovrò tenerti
d’occhio e impedirti di compierle” replicò Aethelred. Ora che non era più troppo vicino ad Ivar aveva ritrovato le
sue risposte pronte e pungenti.
E anche questa era
una cosa che ad Ivar piaceva, qualcuno che gli tenesse testa, che non lo
temesse né lo adulasse. Qualcuno che fosse sincero e autentico con lui.
“La vuoi sempre tu l’ultima
parola, non è così?” lo provocò.
“Sì, certo” rispose
Aethelred, stando al gioco.
“E allora tienitela!”
“Grazie” sorrise il Principe.
Quando Aethelred
lasciò la stanza di Ivar, tutto sembrava essere rimasto identico a prima, ma
non era così. Qualcosa era accaduto, in quella camera. Vaghi accenni, pensieri,
emozioni. Il principio di qualcosa destinato a incendiarsi e a cambiare la vita
di molti e perfino il futuro di Kattegat. Non era un caso che Aethelred fosse
andato a vivere con i vichinghi, non era un caso che Ivar avesse deciso di
tornare nella sua città…
La tempesta era
arrivata, ma invece di devastazione e dolore avrebbe portato un nuovo inizio,
una nuova vita.
Fine capitolo nono