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Autore: cin75    28/03/2021    4 recensioni
Dalla storia:
Nell’appartamento di Jared, il ragazzo, era ancora fermo al centro della soggiorno, con lo sguardo fisso sulla porta di casa chiusa. I suoi occhi vedevano ancora la sagoma di Jensen, la sua mente continuava a gridargli “Muoviti, lui non è più su quella porta!E’ andato..., devi respirare di nuovo. Devi muoverti di nuovo!”
Non seppe quanto tempo passò, ma ad un certo punto diede retta a quella voce interna e quasi con fatica, raggiunse il divano. Si sedette, poggiò la testa sul cuscino dello schienale.
Completamente vuoto, completamente svuotato. Decisamente confuso.
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins, Richard Speight Jr.
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nell’appartamento di Jared, il ragazzo, era ancora fermo al centro della soggiorno, con lo sguardo fisso sulla porta di casa chiusa. I suoi occhi vedevano ancora la sagoma di Jensen, la sua mente continuava a gridargli “Muoviti, lui non è più su quella porta!E’ andato..., devi respirare di nuovo. Devi muoverti di nuovo!
Non seppe quanto tempo passò, ma ad un certo punto diede retta a quella voce interna e quasi con fatica, raggiunse il divano. Si sedette, poggiò la testa sul cuscino dello schienale.
Completamente vuoto, completamente svuotato. Decisamente confuso.
Senza motivo il suo sguardo si posò sul cellulare poco distante da lui. Sbuffò quando si rese conto che erano passate ore. Erano circa le otto di mattina. Lo afferrò e digitò dalle chiamate rapide, il numero di Misha.
Ehi, ragazzone? Come mai a quest’ora?”
Jared , sapeva di non avere forza nemmeno nella voce e cercò di schiarirsela tossendo appena.
“Sì...ecco...”
Wow!! che voce. Cosa c’è? Ti sei fatto beccare dall’influenza?!”
Jared colse la palla al balzo per creare la sua scusa.
“Sì...sì...credo di essermi beccato qualcosa. Sentì...credo che per qualche giorno me ne starò a casa. Ci sono problemi per te?!” e tossì, mentendo.
Assolutamente. Riguardati.”
“Grazie, amico.”
Hai bisogno di qualcosa?!”
“No, no, no...ho tutto grazie!” e poi un flash gli balenò nella mente. “Misha...senti!!”
Cosa?!”
“Sai che io...io e Alex...si, insomma...”
Sputa il rospo!”
“Ascolta è possibile che forse...io ..insomma...forse anche lui...cioè potrei averglielo passato!” inventò dato che ormai Jensen si era sbarbato, tagliato e tinto i capelli, tolto le lenti...insomma era tornato ad essere Jensen e di certo non si sarebbe presentato a lavoro. “Quindi ...è probabile che nemmeno lui venga!”
Ok, chiaro!! E’ tutto ok! Riposa, ora!”
“D’accordo, grazie!”, e quando mise giù con Misha , mandò un messaggio al numero di Jensen, o meglio di Alex.
Non chiamare Misha. L’ho fatto io e gli ho detto che sei malato e non andrai a lavoro.” e inviò.
Decisamente freddo. Semplicemente delle parole messe insieme in una frase.

Nell’altro appartamento, quello stesso messaggio venne letto.
Decisamente freddo. Semplicemente delle parole messe insieme in una frase.

In quei giorni di completa clausura, Jared girava nel suo appartamento, che poi era ancora quello che aveva condiviso con Jensen. Aveva provato a venderlo ma quando aveva ricevuto un’offerta e il fatto di doverlo lasciare era diventata una cosa concreta, gli mancò il coraggio. Chiese scusa, pagò anche una penale per il mancato affare, e decise di rimanere lì. In quello che ancora considerava il loro appartamento.
Era da tempo che girovagando per casa, guardando oggetti o posti, o la semplice poltrona, o la custodia di un film o di un cd, i ricordi di lui e Jensen insieme non gli si palesavano davanti. Erano belli, erano dolci, erano malinconici, erano tristi.
Poi una sera, sentì bussare alla porta.
Circa mezzora prima aveva parlato con Misha che si era offerto con insistenza di portargli qualcosa di caldo anche se il ragazzo aveva gentilmente rifiutato.
Andò alla porta, sicuro che fosse l’amico e mentre apriva.
“Ti voglio bene, Misha...ma non la voglio la tua assurda zuppa curatutto della nonna russa!!, quindi….” ma il resto gli rimase in gola.
Non c’era Misha alla porta.
Ma Jensen.
Bagnato fradicio dato che era ormai quasi un’ora che pioveva a dirotto.
I due restarono come congelati a fissarsi. Mille parole da dire. In nessuno dei due il coraggio di dirle. Poi fu Jared a spezzare quel silenzio.
“Che ci fai qui?!” chiese senza sembrare troppo duro.
Jensen deglutì.
“Non potevo chiamare Misha per chiedere di te, così io...io andavo al tuo...insomma, io...” balbettò asciugandosi con una mano il viso grondante pioggia.
“Hai sorvegliato il mio studio.” asserì e Jensen annuì solo col capo, in imbarazzo, cercando di mantenere un certo contegno dato che i vestiti bagnati cominciavano a freddarsi addosso.
“Sì!” ammise con un filo di voce e poi come se si fosse reso conto che non aveva niente di cui vergognarsi, inspirò profondamente, si strofinò i capelli come a volerli tamponare e fissò gli occhi verdi in quelli più chiari del ragazzo che gli stava di fronte. “Non potevo fare altro che venire qui e vedere se stavi bene.”
“Sto bene. Mi sono preso solo qualche giorno e tu puoi ben capire perché!” fece Jared.
“Sì..sì..certo. Ok!” e poi si guardò in giro, sperando fortemente in un invito, ma come quella sera che andò via sperando nel richiamo di Jared, anche questa sera...niente. “D’accordo. Non ti disturbo oltre. Buonanotte Jared!” e si avviò veloce verso l’ascensore.
“Buonanotte Jensen.” sussurrò Jared ma non chiuse la porta di casa.
Si girò verso il suo appartamento. Fissò la poltrona dove Jensen si sedeva per guardare i suoi assurdi documentari di storia per poter riportare al massimo della gloria un mobile o una stanza o un qualsiasi decoro. Guardò il divano dove per infinite notti si tenevano abbracciati magari dopo aver fatto l’amore. Spostò lo sguardo alla cucina dove il più delle volte quello che cucinavano finiva nella spazzatura perché nessuno dei due era un gran cuoco. Senza rendersene conto si ritrovò a fissare la porta della camera da letto dove quell’amore che provavano l’uno per l’altro raggiungeva vette altissime.
“Che sto facendo!?” disse talmente piano che forse nemmeno lo disse sul serio, forse fu solo un pensiero. “Lui è vivo!! lui è vivo e io...io sto qui a fare il ritroso, l’offeso. Lui è vivo, abbiamo la possibilità di parlare , chiarire, ricominciare se Dio vuole e io me ne sto qui a fissare poltrone e divani vuoti. Che sto facendo? Che sto facendo???!” e questa volta lo disse decisamente a voce alta. Afferrò le chiavi di casa e andò verso l’ascensore, ma Jensen stava già scendendo. Allora decise di fare le scale. Le scese di corsa, a volte saltando più gradini alla volta. Tre piani. Doveva correre o si sarebbe ritrovato a dover rincorrere Jensen per strada e data la situazione di Jensen, dato che il vicinato era ancora “attivo” voleva evitare di attirare l’attenzione su di loro.
Corse veloce giù per le scale e finalmente arrivò al piano terra e fece appena in tempo a raggiungere le porte dell’ascensore prima che queste si aprissero.
“Ma che...” sobbalzò Jensen vedendoselo di fronte, accaldato e affannato.
Jared poggiò entrambe le mani sull’apertura meccanica per evitare che le porte si chiudessero di nuovo.
Jensen rimase basito nel vedere il ragazzo. Si sporse appena per vedere se c’era gente, se c’era un qualche motivo per giustificare quell’azione.
“Jared , ma….”
Jared respirò affondo per riprendere fiato, almeno quanto poteva. Deglutì.
“Te ne sei andato, l’altra sera. E sei andato via anche stasera!” disse solo, fissandolo quasi con aria di rimprovero.
Jensen, tirò indietro le spalle, ma non come gesto di superbia , ma solo per riuscire a respirare meglio. Cercando di aprire la cassa toracica il più possibile così da dare più spazio possibile al suo cuore che batteva talmente veloce che sembrava non avesse più spazio per pompare.
Guardò dolcemente Jared.
“Non mi hai fermato, l’altra sera. E non lo hai fatto nemmeno stasera!” rispose senza ammonimento nel tono di voce.
Jared stava per controbattere ma si fermò. Si fermò perché Jensen aveva ragione.
“Lo sto facendo adesso!” asserì deciso.
Jensen sorrise impercettibilmente. “E io non sto andando via!” rispose.
In quel momento si accostò il nuovo inquilino che molto probabilmente voleva usare l’ascensore.
“Ehm...ragazzi….sono fradicio.. e io vorrei..” azzardò dato che Jared aveva ancora le mani messe in modo da bloccare l’ascensore.
“Prendi le scale Rob!” fece Jared senza guardarlo, senza spostare lo sguardo da Jensen che non spostava lo sguardo da Jared.
“Ma sto al quarto piano e ...”
Jared alzò gli occhi al cielo, spazientito da quell’interruzione e si voltò verso l’uomo che abitava in quel palazzo da meno di un anno. Quindi non conosceva Jensen. “Rob?...sai..stai mettendo su peso….ti conviene prendere le scale, amico! Ti farebbe bene!!” fece, fulminandolo con lo sguardo.
Il povero Rob, imbarazzato, si guardò la maglietta un po’ stretta sul giro vita. “Ma io...”
“Prendi quelle cazzo di scale, Rob!!” sbottò alla fine.
“Che palle!!” sbuffò l’inquilino capendo che non ci sarebbe stato verso di averla vinta e andò verso le scale. Conosceva abbastanza Jared da sapere che se il ragazzo si era comportato così, era una cosa seria, perché , mai, in quell’anno di vicinato, una sola parola sgarbata era mai stata usata dal giovane nei confronti di nessuno degli inquilini del palazzo.
Jared, tornò a fissare Jensen che dopo pochi momenti, si spostò così che anche Jared potesse entrare in ascensore.
Il più giovane lo fece e schiacciò il pulsante del terzo piano.
Occhi negli occhi.
Nessuna parola.
Non ancora.

Quando arrivarono al piano e le porte si aprirono , uscirono insieme e Jared fece strada. Aprì la porta e fece entrare l’altro, che una volta dentro, restò fermo al centro del soggiorno.
Jared dopo aver chiuso la porta, tornò a fissarlo e solo allora tornò di nuovo a notare che Jensen era completamente bagnato e tremava appena.
“Ti prendo qualcosa di asciutto. Sei fradicio. Va’ in bagno ad asciugarti. Ti porto tutto di là!” fece con un’insolita indifferenza.
“Mi basta un asciugamano, non ti preoccup...”
“Non mi serve che ti ammali. Va’ di là!” e lo precedette per andargli a prendere qualcosa di asciutto.
Jensen tacque. Non voleva rovinare quel piccolo primo passo che avevano fatto. Jared lo aveva richiamato. E se assecondarlo era il secondo passo, lo avrebbe fatto. Avrebbe fatto di tutto.

Jared, in camera da letto, nel suo armadio, frugò in un angolo. In una scatola che teneva ben nascosta. Tirò fuori una maglietta e dei pantaloni di tuta.
Si accostò alla porta del bagno, sentì che Jensen stava usando l’asciugacapelli. Bussò e gli disse che gli aveva lasciato i vestiti sulla piccola panca accanto alla porta e poi andò via, verso la cucina.
Jensen lo sentì e poco dopo essersi asciugato, aprì la porta e prese i vestiti.
Ciò che non si sarebbe mai aspettato è che avrebbe riconosciuto quegli indumenti. Pensava che Jared gli avrebbe dato qualcosa di suo invece…
Invece erano i suoi. La maglietta era una maglietta con l’immagine del Texas che Jared gli aveva regalato e che lui usava spesso per dormire. Lo stesso per quei pantaloni.
Jared aveva tenuto i suoi vestiti. Chissà cosa altro , di suo, aveva tenuto, credendo che quelle cose gli avrebbero fatto sentire meno la mancanza.
Un groppo in gola gli impedì di respirare. Gli occhi iniziarono a bruciare e per qualche momento tutto divenne sfocato.
Si passò velocemente la mano sugli occhi e poi se l’asciugò sul telo di spugna.
“ok...ok..ok...” sussurrò cercando di ritornare lucido.
Si vestì, riordinò il bagno e infilò i suoi abiti nell’asciugatrice.

Quando raggiunse di nuovo il soggiorno, Jared stava accanto al piano cottura intendo a preparare del caffè. Jensen si schiarì solo un po’ la voce per annunciarsi e quando il più giovane si voltò verso di lui, Jensen lo vide deglutire nervosamente.
“Mi vanno ancora bene!” cercò di spezzare quel disagio.
Jared lo intuì. E cercò di non farsi prendere dall’emozione nel rivedere quei vestiti indossati dal legittimo proprietario.
Arricciò appena le labbra. Fissandolo. “A quanto pare non è solo Rob ad aver messo su peso!” lo provocò.
Jensen strabuzzò gli occhi, fissandosi immediatamente lì dove la maglietta stringeva appena. Braccia e torace, solo accennato sul girovita.
Fulminò il più giovane con lo sguardo. “Rob non ha mesi di riabilitazione alle spalle. Ma solo mesi di ciambelle e divano, immagino!” si giustificò rassettandosi i vestiti che indossava.
Jared sorrise anche se un secondo dopo si ritrovò a pensare a ciò che Jensen aveva detto senza alcun rancore nei suoi confronti: “Mesi di riabilitazione alle spalle...”
Jensen aveva avuto dei danni alla schiena e di sicuro la riabilitazione che aveva dovuto sopportare alla colonna vertebrale, alle braccia o forse all’intero busto, doveva essere stata davvero pesante.
Ecco il perché del suo fisico decisamente diverso. Più irrobustito, non appesantito.
Ma vedendo che il biondo non era offeso, gli indicò la tazza di caffè sul bancone della cucina.
E mentre Jensen lo raggiungeva, lui girò dall’altro lato per andare verso il divano.
Jensen bevve e quel calore fu corroborante per tutto il fisico, perfino per la mente.
“Grazie...mi ci voleva! Stavo gelando.” disse senza rendersene conto.
Jared non disse niente.
Jensen a volte lo vedeva fissarlo, a volte lo vedeva distogliere lo sguardo.
Era frustrante anche se non poteva non considerare lo stato d’animo del più giovane.
“Jared….”
“Mmmhh...” ricevette solo, in risposta.
“Mi hai fermato. Sono qui. Ma stare così...in silenzio...non ci servirà a nulla. Ma posso capire e se vuoi, se hai bisogno ancora di tempo, io posso andare via. Lo capisco. Te lo giuro. Non te ne farò nessuna colpa.” lo rassicurò e non ricevendo risposta, sospirò. Annuì alla situazione silenziosa. Poggiò la tazza mezza piena sul bancone. “Ok!, tranquillo. Recupero i miei vestiti dall’asciugatrice e vado via. Tu...puoi chiamarmi quando e quanto puoi!” e così dicendo andò verso il bagno, ma dovette per forza di cose passare nel soggiorno, accanto a Jared.

Nella mente di Jared, in quel momento, mentre Jensen gli passava accanto, mille pensieri. Mille dubbi. E mille e mille domande. E poi, improvvisa, una solo una certezza: Jensen era vivo. Jensen era di nuovo con lui. E forse, solo forse, per loro c’era una, se pur minima , possibilità di trovare una sorta di riscatto a quello che il destino aveva avuto in serbo per loro.
Agì d’istinto.
Mentre Jensen stava per andate verso il corridoio, la sua mano scattò al polso del biondo, fermandolo.
Jensen si bloccò sul posto e guardò il giovane.
“Cosa….” cercò di chiedere, mentre vedeva Jared spaesato e sentiva la sua voce che, tremante, continuava a ripetere: “che sto facendo, che sto facendo, che sto facendo...”
“Jared?!” lo richiamò cercando di destarlo da quella sorta di impasse, quando, all’improvviso, l’altra mano di Jared, si poggiò, cauta e meravigliosamente gentile sul suo viso.
Esattamente l’immagine speculare di quel pomeriggio a teatro, quando fu Alex ad accarezzargli il viso.
Jensen trasalì, emozionato, da quel contatto inaspettato e si ritrovò a balbettare un timoroso: “Io...forse non dovrei….”
“Ssh!!” lo fermò Jared esattamente come Alex aveva fermato lui ed esattamente come Alex, lo rassicurò: “Va’ tutto bene!” e a Jensen non servì altro.

 

   
 
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