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Autore: Old Fashioned    08/04/2021    10 recensioni
Prima guerra mondiale. A un giovane e ardimentoso pilota tedesco viene assegnata una strana missione: dovrà atterrare con il suo aereo dietro le linee nemiche e lì caricare a bordo una persona, poi rientrare alla base. Tutto semplice, all'apparenza, peccato che la persona che dovrà caricare, una pericolosa spia tedesca, sia inseguita dal suo arcinemico: una spia inglese di pari livello, disposta a tutto pur di catturare il rivale.
Questa storia è stata scritta per Crazy_person, come modesto ringraziamento per tutte le bellissime recensioni che mi ha sempre lasciato.
Genere: Angst, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gente mia,
eccomi qui con un altro po’ di mappazzone, si spera sempre per il vostro sollazzo.
Come ogni volta ringrazio tutti coloro che sono passati per di qui e magari mi hanno letto o messo in qualche lista. Un ringraziamento speciale va ovviamente a chi è stato così gentile da lasciarmi un commento.
Ma bando alle ciance: vi lascio in compagnia del tenente von Knobelsdorff e dei suoi guai^^







Von Knobelsdorff tentò per l’ennesima volta di sciogliere le mani intorpidite, ma le corde che aveva intorno ai polsi sembravano stringersi di più a ogni movimento.
Era in una specie di cabina, legato a una sedia, davanti a una scrivania vuota. L’unico finestrino era così piccolo che a stento ci avrebbe potuto infilare la testa, ed era chiuso da due sbarre a croce.
Della robusta porta metallica aveva sentito scattare la serratura.
Per un po' il treno era rimasto fermo sui binari, probabilmente perché gli inglesi stavano ancora cercando il Werwolf, poi era ripartito.
Da un bel po' di tempo non udiva altro che il monotono sferragliare delle ruote.
Dovevano essere passate molte ore, perché la luce esterna ormai stava calando. La sete e la forzata immobilità lo tormentavano già da un po'.
Si voltò verso la porta, oltre la quale non si percepiva alcuna presenza, poi per l’ennesima volta esaminò il luogo in cui era rinchiuso, traendone conclusioni sconfortanti.
Si chiese cosa sarebbe successo. Quel tizio – forse era quello che l’agente tedesco chiamava the Bishop? – l’avrebbe probabilmente interrogato. Con che metodi? Dubitava che la faccenda si sarebbe risolta con una semplice chiacchierata.
Se il Werwolf non aveva avuto scrupoli nemmeno di fronte all’omicidio per portare a termine la missione, dubitava che l’inglese ne avrebbe avuti di più.
Pensò che probabilmente sarebbe morto, poi pensò al discorso che aveva fatto tempo addietro col suo collega, prima di decollare per un volo di guerra: Un soldato non deve preoccuparsi della morte, perché essa lo accompagna continuamente. L’unica cosa a cui deve pensare è servire la Patria.
Si disse che le belle frasi avevano un senso solo se poi si era pronti a fare in pratica ciò che si dichiarava a parole. Del resto, come pilota rischiava a ogni missione di bruciare vivo o di schiantarsi al suolo. Quanto peggio poteva essere la morte che lo attendeva?
Il rumore della serratura che scattava lo distolse bruscamente dalle sue angosciose meditazioni. La porta si aprì adagio e a passi misurati entrò nella stanza l’uomo in borghese, seguito da due graduati.
Andò alla scrivania, l’aggirò e vi si sedette, quindi posò le mani sul piano del mobile, una sull’altra, con studiata calma.
Sollevò a quel punto lo sguardo su di lui, osservandolo come un entomologo che si trova davanti un coleottero dai colori particolarmente strani.
Il tenente aggrottò le sopracciglia e ringhiò: “Nome, grado e numero di matricola, non le dirò altro.”
L’uomo fece una risatina. “Il suo nome e il suo grado non mi interessano minimamente,” rispose, “e del suo numero di matricola non saprei davvero che farmene.” Fece una breve pausa, che utilizzò per scuotere la testa come di fronte a un atteggiamento terribilmente stupido e fuori luogo, poi soggiunse: “Scoprirà presto, a sue spese temo, che io non sono la Croce Rossa.”
Il tenente rimase a fissarlo in silenzio.
L’altro modificò la posizione delle mani, passando sopra quella che era sotto e stendendo le braccia come per stirarsi, poi disse: “Mi sembra di notare che lei è come tutti i suoi connazionali: ottuso e rigido. Onde per cui, visto che in qualche modo dovrò pur attirare la sua attenzione quando le rivolgo le domande, penso che la chiamerò Fritz.” Fece una pausa, forse aspettandosi una reazione che però von Knobelsdorff si guardò bene dal mostrare, infine chiese: “Che ne dice, Fritz, le piace l’idea?”
Il giovane non rispose.
Chi tace acconsente,” concluse allora l’altro dopo un po’, “non è vero, piccolo Fritz?”
Mi chiami pure come vuole,” rispose a quel punto von Knobelsdorff, “anche Gretchen, se le fa piacere. Questo non mi convincerà certo a collaborare con lei.”
Accetto il suo suggerimento, Gretchen,” replicò ironico l’inglese, “trovo che il grazioso diminutivo le si addica. Le garantisco comunque che non sarà con i nomignoli che la convincerò a collaborare, per usare parole sue.”
So che cosa farà,” disse il tenente. Già immaginava un fosco repertorio di sevizie, che peraltro sarebbero state perfettamente inutili, dal momento che nemmeno le più atroci torture possono far confessare ciò che non si sa.
L'inglese fece una risatina e rispose: “Davvero lo sa? Ne dubito.” Si alzò in piedi, poi gli si avvicinò e prese a girargli lentamente intorno.
Il tenente si irrigidì. Ogni volta che l’uomo entrava nel suo campo visivo sembrava assorto nel decidere come avrebbe cominciato a interrogarlo, quindi ogni volta che gli passava alle spalle, egli si aspettava una percossa che però non arrivava mai.
Alla fine l'inglese gli si fermò dietro la schiena. “Vediamo se indovino,” disse. “Date le mani lisce, la proprietà di linguaggio e la conoscenza delle lingue straniere, lei è un ufficiale e un aristocratico. Fa senz’altro parte di un’arma nobile, quindi la cavalleria, ed è un giovanotto ardimentoso, che vuole dar prova del suo coraggio, motivo per cui è diventato aviatore. Sogna di guadagnarsi molte decorazioni, magari anche un bel Pour le Mérite. Quanti abbattimenti le mancano per diventare un Asso?”
Non sono affari suoi,” rispose il tenente.
L’altro emise un sospiro. “Non mi sta rendendo le cose molto facili, Gretchen.”
Non è mia intenzione farlo.”
La voce dell’uomo prese un tono di costernato stupore: “Perché?”
Perché sono un ufficiale tedesco, non collaboro con le spie nemiche.”
Oh, già. Ma certo.” L'inglese si spostò di fronte a lui. “In effetti, lei è uno degli ufficiali che non è sul nostro libro paga. Ma in fondo è un pesce piccolo, a cosa potrebbe servirci?” Scosse la testa. “Anche il suo amichetto, vede, non ha avuto esitazioni a lasciarla indietro, appena non ha avuto più bisogno di lei.”
Non è il mio amichetto,” ringhiò subito von Knobelsdorff.
Ah no, Gretchen? Eppure nell’ambiente è ben noto: il Werwolf se li sceglie sempre piacenti, i collaboratori.” Si strinse nelle spalle. “Chissà poi perché.”
Il tenente gli rivolse uno sguardo di sfida e replicò: “Lei crederebbe a quello che le dice un agente tedesco, signore?”
Si aspetta che risponda di no?”
Se rispondesse di sì farebbe la figura dello stupido.”
L'uomo fece una risatina. “E lei non è stupido, vero?”
Non più di un altro.”
A me pare che lo sia molto di più, invece. Si è fatto abbindolare da quell'avventuriero da strapazzo come una specie di sciacquetta di periferia, e perso com'è nella sua storia romantica non si è nemmeno accorto che il Werwolf l'ha usata e gettata via.”
Il tenente cercò di ergersi quanto più poteva per fronteggiarlo. L'avrebbe volentieri colpito con una testata, ma l'altro si manteneva a distanza di sicurezza. Si accontentò di dire: “Faccia pure lo spiritoso, lei, con le sue battute a doppio senso. Mentre perde tempo a punzecchiare me, il suo avversario sta scappando chissà dove. Chi è allora lo stupido fra noi?”
L'uomo fece un passo indietro e rimase a fissarlo come se lo stesse vedendo per la prima volta. Annuì grave, poi disse: “Credevo che avremmo potuto trovare un modo per andare d'accordo, ragazzo mio, ma lei decisamente mi vuole vedere al mio peggio. Chissà, forse le piacciono gli uomini forti e rudi, dico bene?”
Se così fosse, lei non sarebbe sicuramente di mio interesse.”
L'uomo sospirò come il genitore che dopo aver offerto al figlio degenere innumerevoli occasioni per emendarsi, lo vede persistere caparbiamente nel suo errore. Si sfilò dalla cintura un oggetto che sulle prime al tenente parve una cinghia nera, fatta di cuoio intrecciato. Nonostante si fosse ripromesso di rimanere impassibile di fronte a qualsiasi minaccia, non poté fare a meno di irrigidirsi.
Paura, Gretchen?” lo canzonò allora l'inglese.
No.”
Eppure dovrebbe. Sa che cos'è questa?”
No.”
L'uomo gli fece penzolare l'oggetto davanti agli occhi. Von Knobelsdorff si accorse che si trattava di una frusta flessibile, lunga quanto una normale cintura, grossa circa un dito, a sezione cilindrica. La punta sembrava rinforzata da qualcosa di pesante.
È una nagajka,” gli fece sapere l'inglese. “I cosacchi dicono che con tre colpi ben assestati di questa si può uccidere un uomo.” Fece una studiata pausa, quindi in tono quasi confidenziale, come a ricercare una collaborazione che lui chissà perché si ostinava a non voler concedere, soggiunse: “Io l'ho vista usare e le dirò: non stento a crederci.”
Cercando di mantenere un tono indifferente, von Knobelsdorff chiese: “Vuole uccidermi?”
Dopo. Per ora mi serve vivo.”
Non mi sembra un grande incentivo alla collaborazione.”
L'altro si piegò a fissarlo negli occhi. “Davvero? Si può morire molto in fretta o molto lentamente, Gretchen. Molto, molto lentamente.”
E secondo lei dovrei tradire la mia Patria per evitare qualche ora di sofferenza, sapendo che comunque morirò?”
L'inglese annuì. “Lo troverei assennato da parte sua.”
Beh, sa cosa le dico? Fanculo.”
L'altro arretrò con l'aria di aver appena ricevuto uno schiaffo. Posò lo scudiscio sul piano della scrivania, quindi rispose: “Vedo che non si smentisce: oltre a essere rigido e ottuso, è anche rozzo come tutti i suoi connazionali.” Si rivolse ai due uomini che erano entrati con lui, e che per tutto il tempo erano rimasti in piedi ai lati della porta, e in inglese disse: “Questo individuo è una pericolosa spia dell'Impero Tedesco. Voglio che lo leghiate per i polsi al gancio che c'è sul soffitto, ma state molto attenti: è pericoloso.”
Poi uscì.

I due si avvicinarono cauti. “Non fare scherzi,” lo ammonì uno di essi.
Si fermarono a qualche passo di distanza, si scambiarono un'occhiata, poi l'altro disse: “Questo qui è quello che è salito sul treno vestito da prete.”
Da prete?”
Lo sanno tutti. Jackson, della terza compagnia, ce l'aveva seduto proprio di fronte.”
E non si è accorto di niente?”
Ma figurati. Questo qui è una spia, potrebbe fregare chiunque.”
Von Knobelsdorff, immobile, lo sguardo fisso davanti a sé, faceva del suo meglio per mantenere l'espressione neutra, sebbene la tentazione di cercare il famoso gancio sul soffitto fosse disperatamente forte. Ai margini del campo visivo aveva l'inquietante frusta cosacca, negligentemente abbandonata sul piano della scrivania.
Cercò di immaginare che effetto avrebbe fatto ricevere un colpo con quella. Sarebbe riuscito a resistere? Quanti ne avrebbe tollerati?
Sollevò lo sguardo sui due soldati, che immediatamente arretrarono come di fronte a un cobra che gonfia il collo.
Non fare scherzi,” ripeté uno di essi.
L'altro soldato uscì dalla stanza e vi rientrò subito dopo con in mano un pezzo di corda. “Fagli il cappio,” suggerì, porgendola al commilitone, “questo è il tipo che appena lo sleghi ti salta addosso e cerca di farti fuori.”
Di nuovo si scambiarono uno sguardo, poi fissarono lui. Von Knobelsdorff rimase impassibile.
Uno dei soldati gli si avvicinò, mantenendosi comunque a distanza di sicurezza. “Mi capisci?” chiese, scandendo adagio le parole.
Il tenente si limitò a fissarlo in silenzio.
L'inglese aspettò qualche secondo, poi proseguì: “Non fare il furbo. Se fai il furbo, noi ti facciamo male.”
Si spostò alle sue spalle, gli passò la corda intorno al collo e la tese quel tanto da fargliela sentire.
L'altro soldato cominciò ad armeggiare con i lacci che lo legavano alla sedia.
Il tenente fece un rapido ragionamento: gli inglesi erano due uomini robusti, ma avevano chiaramente paura di lui. Avrebbe potuto in qualche modo sorprenderli e tentare la fuga?
Rimase immobile, facendo del suo meglio per dare l'idea di essere esausto, o comunque non intenzionato alla ribellione.
Ora alzati,” disse uno dei due.
Von Knobelsdorff si decise in un attimo: tese i muscoli del collo per contrastare la stretta della corda, quindi cercò di scrollarsi di dosso l'uomo che lo stava trattenendo. La mossa fu così repentina che esso rovinò al suolo con un'imprecazione, ma istintivamente strinse la presa sulla corda, trascinandosi dietro anche lui.
Si trovarono avvinghiati sul pavimento. L'altro soldato si unì alla mischia, buttandoglisi addosso con tutto il suo peso.
La corda cominciò a tendersi.
L'ufficiale si divincolò per quanto poteva, irrigidì al massimo i muscoli del collo, ma presto si trovò con i polmoni in fiamme e un velo nero che gli oscurava la vista. Ogni tanto riusciva a liberarsi appena dalla stretta e ad inalare un'ansiosa boccata d'aria, ma subito dopo il laccio riprendeva a soffocarlo.
Portò d'istinto le mani al collo, ma il canapo gli aveva letteralmente scavato un solco sulla pelle delicata della gola e nel tentativo frenetico di afferrarlo riuscì solo a graffiarsi a sangue.
Ormai i rumori sembravano giungergli attraverso l'acqua, le voci concitate dei due uomini erano eco distorte e incomprensibili.
Si divincolò ancora con la forza della disperazione, si torse, di nuovo cercò di afferrare la corda, ma i suoi movimenti erano sempre più convulsi e imprecisi. Annaspò in cerca di aria e quasi si stupì quando udì il rantolo stentato che ormai gli usciva dalla gola.
Sentì una voce irosa, comprese che qualcuno stava imprecando. Una botta contro le costole gli fece capire che gli era arrivato un calcio, anche se curiosamente non sentiva alcun dolore.

Che figlio di puttana,” disse uno dei due soldati, ansando pesantemente. Si rialzò in piedi e diede uno sguardo sprezzante al prigioniero, che giaceva esanime sul pavimento. “Questo stronzo sembrava un moccioso, e invece...”
L'altro, la corda ancora in mano, rispose: “È un agente segreto. Fa finta di essere un moccioso, per fregarci, ma appena ti distrai salta su come un gatto.”
Figlio di puttana,” ripeté l'altro. “Eravamo anche stati gentili.” La voce aveva uno sdegnato tono di costernazione. “L'avevamo trattato correttamente. E lui, invece...”
Questi qua sono tutti bastardi, pugnalerebbero alle spalle la loro stessa madre, se fosse utile per la missione. Aiutami a legarlo, non vorrei che tornasse l'altro e ci trovasse ancora qui.”
Sì, meglio sbrigarsi.”

§

Quando riprese i sensi, von Knobelsdorff penzolava appeso per i polsi a un gancio del soffitto, ondeggiando appena a seconda dei movimenti del treno.
Cercò di guardarsi intorno, ma la testa piegata all'indietro limitava il suo campo visivo a una porzione di soffitto e al bordo superiore del finestrino.
Studiò il gancio a cui era sospeso, chiedendosi se sarebbe riuscito a sfilare da esso la corda che lo teneva sospeso.
Prima che potesse elaborare ulteriori piani, la porta alle sue spalle si aprì. Si fece udire la voce dell'agente inglese: “Mi dicono che non ha avuto un comportamento molto edificante.”
Il tenente udì i suoi passi misurati avvicinarsi. Nella posizione in cui si trovava non riusciva a vederlo, ma indovinava comunque la sua presenza dietro la schiena.
Non replicò.
L'uomo si spostò davanti a lui, raccolse la nagajka dalla scrivania e la fece sibilare in aria, poi prese a girargli lentamente intorno.
Von Knobesldorff poteva immaginare che lo stesse fissando, magari indeciso su dove assestargli il primo colpo. A parte camminare, però, l'uomo non faceva nulla.
Io ho avuto pazienza con lei,” disse l'inglese, sempre girandogli lentamente intorno, “non ho reagito alle sue puerili provocazioni, considerandole frutto dell'inesperienza e forse anche di qualità intellettive non proprio eccellenti, per usare un eufemismo.” Tacque, si fermò di nuovo alle sue spalle.
Von Knobelsdorff tese i muscoli aspettandosi la prima scudisciata, ma di nuovo non accadde nulla.
L'altro si limitò a emettere un sospiro e a dire: “Ora lei risponderà alle mie domande, per favore. Se lo farà spontaneamente, eviterò di usare metodi persuasivi.”
Il tenente cercò di voltarsi verso di lui, ma dovette rinunciare. “E se rifiutassi di parlare?” gli chiese.
Non glielo consiglio. Scoprirebbe che non tutti gli inglesi sono sportivi come si sente dire in giro.”
A quelle parole fecero seguito lunghi secondi di silenzio, rotti solo dal vago sferragliare delle ruote in movimento. Alla fine, il tenente disse: “Non mi importa se lei sarà sportivo o no, signore. Sono un ufficiale tedesco, e il mio dovere è servire la Patria. Non intendo rispondere a nessuna delle domande che mi porrà, quindi si regoli di conseguenza.”
Passò altro tempo. Tutto era silenzio, l'uomo sembrava dissolto nel nulla.
Poi arrivò il primo colpo.
Nonostante si fosse proposto di affrontare il supplizio con spartana nobiltà, von Knobelsdorff non riuscì a trattenere un gemito di dolore. La nagajika gli aveva assestato una violenta frustata e al tempo stesso una sassata, nel punto in cui la sua estremità appesantita dal piombo gli aveva colpito le costole. La correggia di cuoio si era lasciata dietro una striscia che sembrava percorsa da metallo incandescente.
Il secondo colpo fu più forte del primo, il terzo fu talmente brutale che gli mozzò il respiro e gli fece comparire farfalle luminose davanti agli occhi.
Mugolò stringendo le dita sulle corde mentre lottava per trattenere le lacrime: quel dolore lancinante travalicava ogni altro mai provato prima. Tutto quello che aveva mai subito nello sport, durante le esercitazioni o nei pochi casi in cui si era ferito in qualche modo, al confronto scompariva.
L’uomo continuò a colpirlo con la stessa violenza, ma alternando con diabolica astuzia percosse relativamente più lievi e percosse più forti, in maniera del tutto imprevedibile. Anche la cadenza delle sferzate era irregolare, il che non gli permetteva di tendere i muscoli al momento giusto per cercare di ammortizzare almeno in parte i colpi.
Cercò per quanto poteva di mostrarsi impassibile, ma la sofferenza era tale che gli impediva persino di pensare lucidamente. L’unica cosa che occupava con prepotenza la sua mente erano le atroci fitte che gli si irradiavano in tutto il corpo ogni volta che quell’orribile strumento lo colpiva.
Scivolò in uno stato di semincoscienza, mentre una pesante sensazione di torpore lo invadeva, rendendolo sempre meno in grado di percepire ciò che stava succedendo.

Si fece udire la voce ironica dell’uomo: “Non mi perderà mica i sensi, vero, Gretchen?” Poi, dopo una pausa, in tono canzonatorio: “Un ufficiale tedesco, che serve la Patria. Suvvia, si dia un contegno.”
Il tenente sbatté gli occhi, incapace di stabilire quanto tempo fosse passato e cosa fosse successo. Doveva essere svenuto, comunque.
I polsi ormai non li sentiva più. Appeso in quel modo, faceva sempre più fatica a respirare, perché i muscoli del torace erano stirati verso l'alto e non riuscivano a far espandere le costole. Gli tornò in mente che alla fine, a prescindere dai chiodi che tanto gli facevano impressione nei crocifissi, era in realtà il soffocamento la causa di morte per chi subiva quel supplizio.
Percepiva qualcosa scorrergli sulla schiena e si chiese se fosse sangue o sudore. Non avrebbe saputo dirlo con precisione, perché sentiva così tanto dolore ovunque che paradossalmente era come non sentirne affatto.
Si soffermò per qualche secondo a meditare su quella stranezza.
Sentì un paio di colpetti sulla guancia.
Gretchen?” lo richiamò alla realtà la voce ironica dell'inglese.
Non... mi chiamo Gretchen,” rispose von Knobelsdorff a fatica.
Ecco, bravo. Cominci a dirmi come si chiama, allora, ragazzo mio. Presentarsi è sempre il primo passo per avviare una proficua conversazione.”
Il tenente rimase in silenzio. Udì dopo un po' lo sfrigolare di un fiammifero, poi l'aria viziata della cabina fu ulteriormente appesantita dall'odore del tabacco.
L'uomo riprese a camminare lentamente. “Il suo nome,” ripeté dopo un po'. “Non è difficile. Scommetto che anche un mangiacrauti ottuso come lei sa rispondere a questa domanda.”
Fritz.”
Ci fu un lungo silenzio, poi l'uomo disse: “Lei non vuole collaborare.” La voce era più che delusa, suonava addirittura costernata.
Subito dopo, von Knobelsdorff percepì un bruciore lancinante all'addome. Sussultò e gemette mentre il dolore dell'ustione gli si irradiava nel corpo come un'onda tellurica.
Mi ha fatto sprecare il sigaro,” lo rampognò l'uomo.
Di nuovo si udì sfrigolare un fiammifero.
Il giovane strinse i denti obbligandosi a un'impassibilità che era sempre più difficile da mantenere. Cos'avrebbe fatto quel tizio? Gli avrebbe spento addosso un altro sigaro? Avrebbe recuperato quella diabolica frusta cosacca? Avrebbe fatto di peggio?
Il suo nome, prego.”
Fritz.”
Giovanotto, sto perdendo la pazienza.”
Fritz!”
Qualcos'altro lo colpì. Sembrava un oggetto duro, come un bastone. La violenza della percossa lo fece oscillare come un pesce appeso all'amo.
Fritz,” ripeté con un filo di voce.

Lo stufato ha il sapore delle buone vecchie cose di una volta. Potrebbe dire che è come quello della nonna, se sua nonna non fosse una rigida contessa prussiana che probabilmente non ha mai toccato una pentola in vita sua.
Sa di buono, comunque, è caldo e fragrante.
Anche il vino è buono. Alla luce fioca della candela prende un colore di rubino cupo, ha un profumo che evoca il sole e i meli in fiore.
Siede a un tavolino un po' traballante, accanto a una piccola finestra. Se guarda fuori, vede un susseguirsi di tetti dalle tegole rosse, sotto un cielo in cui i colori caldi del tramonto si stanno lentamente spegnendo.
Di fronte a lui siede l'agente segreto. La luce morente conferisce ai suoi occhi una profondità cupa. La vaga sfumatura azzurra che ogni tanto vi coglie è sparita e le iridi sono di un grigio metallico.
Abbandona il bicchiere, spinge la mano nella sua direzione, l'uomo la copre con la propria.
Egli avvampa, sente il cuore balzargli nel petto. In un angolo della sua mente c'è qualcosa a proposito di imbarazzo e vergogna, ma è come se si trattasse di vecchi oggetti polverosi, abbandonati in soffitta perché ormai inutili.
La realtà è che quel contatto gli piace, lo fa stare bene.
Ripensa alla donna dabbasso, a quello che l'agente le ha detto per convincerla a dar loro la camera, e di colpo non ricorda più perché quelle parole l'avessero tanto offeso.

§

The Bishop si sedette contrariato alla scrivania e rivolse uno sguardo sprezzante al giovanotto tedesco, che giaceva immobile sul pavimento al centro della piccola stanza.
Sulle prime, certo, aveva fatto il gradasso. Gli aveva dato le risposte taglienti da scolaretto impertinente, aveva stretto i denti e aveva cercato di mostrargli con il più grande impegno di che pasta fossero fatti gli ufficiali del Kaiser.
Bravino, nulla da dire. Per essere un principiante inesperto si era comportato fin troppo bene.
Poi a un certo punto doveva aver ceduto, ma quel dannato Werwolf era stato ancora una volta più astuto del previsto, e il giovanotto non sapeva assolutamente nulla.
Avrebbe potuto torturarlo per giorni, ma sapeva già che la risposta a ogni sua domanda sarebbe stata quella che da un certo punto in poi il tedesco gli aveva ripetuto fino allo sfinimento: non lo so.
Si chiese perché il Werwolf avesse speso parte delle sue preziose energie per trascinarsi dietro quell'inutile individuo.
Non era un agente segreto, non era un personaggio importante. Non era niente, in definitiva.
Si sporse di nuovo a osservarlo: eppure qualcosa doveva avere. Qualcosa che spingeva anche un diavolo come il Werwolf a rischiare la riuscita della missione più importante della sua carriera per non abbandonarlo.
Sorrise fra sé e sé. Non sapeva cosa fosse, anche se forse lo intuiva, ma di certo non avrebbe sprecato l'insperato vantaggio.




   
 
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