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Autore: Flami151    11/04/2021    4 recensioni
Nessuno è fatto di sola luce o oscurità. In ognuno di noi alberga lo Spleen, un senso di noia, di disperazione, di male di vivere; e l’Ideale, la forza che ci spinge a sognare, lottare e amare.
Lo scopriranno insieme Hermione e Draco quando si troveranno a stringere un’inattesa alleanza, per svelare il mistero dietro la sparizione di Narcissa Malfoy.
Ancora una volta, sarà l'Amore a tenere le fila: amore per la vita, amore per la famiglia e amore di sé, spesso sottovalutato.
Dal testo:
«Narcissa, hai paura?» Le sussurrò Lord Voldemort.
Si era ripromessa che non si sarebbe lasciata piegare, che non avrebbe mai abbassato la testa se avesse dovuto difendere la sua famiglia. Ma il Signore Oscuro aveva ragione: lei aveva paura, talmente paura da non riuscire più a parlare.
«Eppure, non mi sembrava che avessi paura il giorno in cui mi hai pregato di risparmiare Draco dal Marchio Nero. Sapevi quali sarebbero state le conseguenze e ti sei fatta avanti comunque. Non dirmi che te ne sei pentita».
Lei scosse la testa. Non avrebbe mai rinnegato la sua scelta.
«Bene».
Genere: Avventura, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Narcissa Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO XII


5 Gennaio 1997:
 
Questi giorni trascorsi da sola ad Hogwarts sono stati catartici. Ho riposato, studiato, passeggiato sotto la neve e ho visitato più di una volta le cucine fuori orario. In pratica è stato come ricaricare le batterie.
Sapevo che senza Ron nei paraggi sarei riuscita a distendere un po’ i nervi, ma non pensavo che avrei beneficiato anche dell’assenza di Harry e Ginny. Riflettendoci però ha perfettamente senso, perché ho iniziato a sentirmi fuori posto da molto prima che Lavanda piombasse nelle nostre vite. Quel terribile senso di smarrimento, di alienazione, quel peso che mi grava sul petto ogni volta che vedo Ron e Lavanda stretti per mano, è lo stesso che ho provato sul treno per Hogwarts all’inizio dell’anno.
 
La sensazione di essere un’estranea.
 
È la stessa sensazione che provo ogni volta che Harry e Ginny parlano ininterrottamente di Quidditch pur sapendo che non ci capisco niente. La stessa che ho provato quando Ron non ha voluto portarmi in volo sulla scopa. Ed è anche il motivo per cui non sono riuscita ad aprirmi con loro riguardo l’attentato.
 
Con Malfoy invece è diverso. Con lui non ho mai avuto bisogno di sentirmi accettata o capita, non ho mai temuto il suo giudizio. Sapevo già cosa pensava di me, in sei anni non ne ha mai fatto mistero, quindi non mi sono mai preoccupata di sembrare troppo folle, troppo rabbiosa o troppo codarda. Sono stata me stessa e, contro ogni previsione, lui non mi ha mai giudicata. E adesso ho capito il perché: perché anche lui è solo, un estraneo in mezzo ai suoi stessi compagni, ed ogni tanto anche lui ha bisogno di gettare via la maschera.
 
In realtà non abbiamo più avuto nessun contatto dalla sera della Vigilia. Lui ha di nuovo smesso di farsi vedere in giro. Mi chiedo cosa faccia tutto il giorno.
 
Comunque sia, questi giorni da sola sono stati liberatori, ma è il momento di tornare alla realtà: Harry, Ron e Ginny rientreranno da un momento all’altro. È stata una mano santa che il Ministero quest’anno abbia predisposto un collegamento alla Metropolvere per far rientrare gli studenti a scuola in sicurezza, così non dovrò giustificare la mia assenza sul treno.
 
Parlando del diavolo… Di fronte al quadro della Signora Grassa, tre volti conosciuti stanno cercando di fare il loro ingresso in Sala Comune.
 
«Harry! Ginny!» Esclamo io ignorando volutamente Ron.
 
«Hermione!» Ginny mi corre incontro, abbracciandomi. «Come sono andate le vacanze?»
 
«Oh, bene. Niente di speciale. Voi avete passato un buon Natale?» Chiedo cercando di glissare sulla sua domanda scomoda.
 
«Altroché». Risponde subito Ron. Adesso ha voglia di fare conversazione? «Pieno di avvenimenti, Rufus Scrim…»
 
«Astinenza!» Lo interrompo volutamente io urlando la parola d’ordine. La Signora Grassa si sposta pigramente di lato, rivelando il buco dietro il ritratto. Mentre passiamo la sentiamo ridere tra sé e sé.
 
«Cosa le è successo?» chiede Harry.
 
«Sembra che abbia esagerato durante le feste. Lei e la sua amica Violet hanno finito tutto il vino del quadro dei monaci in fondo al corridoio di Incantesimi. O almeno… così ho sentito dire». Che imbecille! Non riesco proprio a stare zitta se conosco la risposta ad una domanda.
 
La Torre di Grifondoro si è ripopolata: tutti gli studenti rientrati dalle vacanze si sono riversati in Sala Comune, insieme ai loro bagagli e agli animali da compagnia.
 
Cercando di sovrastare il baccano, Harry mi grida. «Ho un mucchio di cose da dirti, sediamoci!»
 
Ma non facciamo in tempo a muoverci verso un tavolo libero che l’ormai nota voce stridula di Lavanda ci raggiunge. «RonRon!» La bionda si butta tra le sue braccia. Solo adesso mi accorgo dell’enorme catena d’oro che porta al collo, dalle maglie della collana pendono le parole Amore Mio. Disgustoso.
 
Anche Harry sembra a disagio, ma ho il sospetto che dipenda da Ginny, che senza troppi complimenti ci ha lasciati per andare a salutare Dean.
 
«Allora, Harry, cosa mi devi dire?» La calma e la pace ritrovata durante questi giorni di festa si sono dissolti in un batter d’occhio.
 
«Tra un minuto te lo racconto». Dice Harry lanciando un’ultima occhiata a Ginny e Dean. «Senti Hermione, non potresti cercare di riappacificarti con Ron?»
 
«No, non posso».
 
«Pensavo che forse, sai, dopo Natale…»
 
«È stata la Signora Grassa a bersi una tinozza di vino vecchio di cinquecento anni, Harry, non io». E con questo, chiudo il l’argomento.
 
«E va bene. Allora arrivo subito al punto». Dice lui facendosi più vicino e abbassando la voce. «Ricordi quando Malfoy ha fatto irruzione alla festa di Natale di Lumacorno chiedendo di Piton?» Annuisco, certo che mi ricordo. «Ecco, li ho seguiti sotto il Mantello dell’Invisibilità. Non sono riuscito ad ascoltare l’intera conversazione, ma quel che è certo è che Malfoy era preoccupato, anzi, terrorizzato. Sembra che sua madre non abbia voluto farlo rientrare a casa per le feste, ha passato il Natale qui ad Hogwarts».
 
Io alzo gli occhi al cielo. Non solo perché non mi sta dicendo niente che io non sappia già, ma perché non capisco che gliene importi ad Harry di dove ha trascorso le vacanze Malfoy.
 
«Non fare quella faccia Hermione e stammi a sentire. Piton ha fatto accenno ad una certa situazione al Malfoy Manor. Di qualunque cosa si tratti, è il motivo per cui Draco non è potuto rientrare. Ma c’è dell’altro, Piton ha anche detto che avrebbe fatto visita a Narcissa Malfoy durante le feste, ma quando ne ho parlato con gli altri membri dell’Ordine, nessuno di loro ne sapeva niente: a quanto dicono, Piton si sarebbe dovuto trovare ad Hogwarts quei giorni. Capisci dove voglio andare a parare?»
 
«Sinceramente no».
 
«È chiaro: al Manor sta succedendo qualcosa di grosso, qualcosa che ha richiesto l’intervento di Piton, il quale ha dovuto assentarsi da Hogwarts nonostante le direttive dell’Ordine della Fenice». Forse a questo punto Harry si aspetta una mia epifania, ma davvero non capisco dove voglia andare a parare. «È ovvio, no? I Mangiamorte si sono radunati a casa di Malfoy! Forse anche Voldemort si trova lì con loro!»
 
Che idiozia. «Harry, non hai pensato che forse la “situazione” alla quale si riferiva Piton fosse l’assenza di Lucius Malfoy? In fondo è Natale e lui è ad Azkaban…» azzardo io ripensando alla confidenza di Malfoy nella Stanza delle Necessità.
 
«Da quando provi compassione per i Malfoy?» Chiede Harry indignato.
 
«Non è compassione, Harry. Dico solo che mi sembra più che naturale che la signora Malfoy non sia in vena di festeggiamenti. E se Piton si è allontanato da Hogwarts, stai pur certo che Silente ne è a conoscenza».
 
Harry è spazientito, ho il sospetto che la sua teoria non sia andata a genio nemmeno agli altri dell’Ordine. «Sì, sì, va bene. Ma non è finita qui. Piton era fuori di sé dalla rabbia: ha detto a Malfoy che sta attirando troppa attenzione su di sé, che deve fare più cautela, che troppe persone si sono accorte dei suoi comportamenti sospetti. Sembra che neanche gli altri Serpeverde sappiano cosa faccia Malfoy quando scompare per ore, per Piton era talmente importante saperlo che ha tentato di leggergli la mente».
 
Il mio cuore accelera improvvisamente. E se Piton mi avesse vista nei ricordi di Malfoy? «E…?»
 
«Non ci è riuscito. Malfoy ha preso lezioni di Occlumanzia da Bellatrix».
 
«Bellatrix Lestrange?» Non faccio in tempo a sentirmi sollevata che questa nuova informazione mi colpisce in pieno.
 
«Sì. A quanto pare Malfoy ha degli importanti segreti di famiglia da custodire. Forse addirittura per conto di Voldemort stesso. Secondo Piton è proprio a causa di una sua decisione che Malfoy è così strano quest’anno».
 
«Sei sicuro che uno dei due abbia davvero fatto il nome di Voldemort? E soprattutto, di che decisione stava parlando?»
 
«No, nessuno dei due lo ha detto esplicitamente, ma sono certo parlassero di lui. Era inequivocabile. In quanto alla decisione non lo so, Piton non ha aggiunto altro. Ma Hermione, questo potrebbe confermare i sospetti che abbiamo dall’inizio dell’anno: Malfoy potrebbe essere diventato un Mangiamorte!»
 
Il solo pensiero mi fa accapponare la pelle. No, davvero è assurdo. «Harry scusa ma fino ad un attimo fa non sostenevi che Malfoy non potesse tornare a casa a causa della presenza dei Mangiamorte al Manor? Se fosse uno di loro, che problema ci sarebbe?»
 
Lui sembra rifletterci un attimo. «Senti, io non ho tutte le risposte, ma la faccenda è sospetta, non puoi negarlo».
 
Guardo gli occhi verdi del mio migliore amico, sicuri e determinati, e non posso fare a meno di ripensare all’immagine di Malfoy dietro l’obiettivo, ai suoi occhi grigi e al suo sguardo… malinconico.
Non riesco a credere che la persona con cui ho condiviso quel pasto nella Stanza delle Necessità sia un Mangiamorte, un servo di Voldemort. Ma se è vero che ha preso lezioni di Occlumanzia con Bellatrix, l’assassina di Sirius…
 
«Sì, è sospetta».

 

6 Gennaio 1997:
 
In Sala Comune oggi c’è più baccano del solito, non sono più abituato ad avere tanta gente intorno.
 
«Draco! Vieni un po’ a vedere!» Pansy mi fa cenno di avvicinarmi alla bacheca degli annunci appesa accanto all’ingresso del dormitorio, ma io fingo di non sentirla: sono furioso con lei per essere andata da Piton a riferirgli i fatti miei.
 
«Dai Draco non fare lo stronzo! Vieni a dare un’occhiata». Questa volta è Blaise a parlare. A questo punto inizio ad essere curioso, così mi avvicino alla bacheca.

 
LEZIONI DI MATERIALIZZAZIONE
Se hai diciassette anni, o li compirai entro il 31 agosto, sei idoneo per un corso di dodici settimane di lezioni di Materializzazione tenuto da un Istruttore del Ministero della Magia.
Se desideri partecipare sei pregato di apporre qui sotto la tua firma.
Iscrizione: 12 galeoni.
 
Quasi me ne stavo dimenticando, in effetti ogni anno questo stesso annuncio appare dopo le vacanze Natalizie. Quasi ogni anno. L’anno scorso quella megera della Umbridge aveva sospeso il corso: chi ha voluto sostenere l’esame ha dovuto sborsare il doppio per prendere lezioni private a casa durante l’estate. Che donna orribile. Il suo unico pregio era quello di odiare Potter quasi quanto me.
 
Non appena la folla di studenti del sesto e settimo anno si disperde, aggiungo la mia firma al foglio di partecipazione.
 
«Prima delle lezioni io, Tiger, Blaise e Goyle andiamo a farci una passeggiata all’aperto. Vieni con noi?» Sembra davvero che Pansy non capisca quando non è benvoluta. O forse finge di non capirlo. Comunque sia Piton mi ha chiesto di vederci per la prima lezione di Pozioni Avanzate, quindi non potrei comunque andare con loro.
 
«No, ho da fare».
 
Lei abbassa lo sguardo, mortificata. Forse vuole aggiungere qualcosa, ma Blaise le passa la mano intorno alle spalle e la spinge delicatamente verso l’uscita, ma non prima di lanciarmi un’occhiataccia alla “ma che ti prende?
 
Io esco poco dopo di loro, raggiungendo l’ufficio di Piton poco distante dal nostro dormitorio. Busso. La voce melliflua dell’insegnate di Pozioni mi invita ad entrare.
 
«Sei in ritardo Draco».
 
«Mi dispiace, mi sono attardato per iscrivermi al corso di Materializzazione».
 
«Non mi interessano le tue giustificazioni. Ora siediti».
 
Ma che cazzo. In sei anni come suo studente, credo di averlo sentito rivolgersi così solo ai Grifondoro. Mi siedo su una delle poltrone accanto alla sua scrivania. La federa in velluto mi solletica la nuca.
 
«Non lì. Siediti su quello sgabello». Dice indicandomi quella che ha tutta l’aria di essere la sedia più scomoda dell’ufficio.
 
Ora davvero mi ha stufato. «Guardi che non sono obbligato a stare qui. Non è una punizione, né una lezione obbligatoria».
 
«E invece sei obbligato eccome. Ora smettila di fare il poppante e fai come ti dico». Qualcosa nello sguardo di Piton mi convince a non replicare. Così mi alzo e mi trascino verso lo sgabello che, in effetti, è scomodo proprio come sembra.
Il professore di Pozioni inizia a passeggiare avanti e indietro, tenendo le braccia incrociate dietro la schiena. Questa suspence mi uccide, l’ultima volta che io e Piton abbiamo parlato, ha detto che mi avrebbe fatto avere notizie su mia madre. Adesso non so come interpretare il suo silenzio.
 
«Come sta mamma?» La domanda mi scappa, non riesco proprio a trattenermi.
 
Piton si ferma solo un istante, poi si volta verso di me. «Prima di rispondere alla tua domanda, vorrei che tu riflettessi su una cosa: secondo te perché Narcissa mi ha chiesto di tenerti d’occhio?»
 
Ecco una domanda alla quale non so rispondere. Me lo sono chiesto spesso questi giorni, senza essere in grado di trovare una spiegazione. Tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto per te. Questo mi ha detto l’ultima volta che ci siamo parlati. Sono passati sei mesi e ancora non sono riuscito a capirne il significato. Scrollo le spalle.
 
Piton mi guarda con disappunto. «Visto che fingi di non capire ti darò una mano io: il modo in cui hai reagito alla decisione che tua madre ed il Signore Oscuro hanno preso per te è stato spaventosamente puerile; una vera e propria dimostrazione di immaturità. Narcissa temeva che una volta arrivato ad Hogwarts avresti fatto qualcosa di stupido per dare prova del tuo valore».
 
«Tipo cosa?»
 
«Tipo andare a raccontare ai tuoi compagni Serpeverde di essere diventato un Mangiamorte». Resto di sasso. Non posso credere che Pansy gli abbia detto anche questo. No, sicuramente deve averglielo letto nella mente.
 
«Non ho mai detto niente del genere».
 
«No. Ma lo hai lasciato intendere, non è forse così?»
 
Sì, è così. Da quando papà è stato rinchiuso ad Azkaban mi sono ritrovato ad affrontare la dura realtà: tutta la mia forza, la mia sicurezza, si reggevano solo sull’influenza di mio padre e sulla sua ricchezza. Dopo il suo arresto, dopo che mi è stato negato il Marchio Nero, mi sono sentito una nullità. Per questo ho fatto credere a Tiger, Goyle e agli altri Serpeverde di svolgere degli incarichi per il Signore Oscuro: perché mi faceva sentire importante. Credo che sia la stressa ragione per cui desideravo diventare un Mangiamorte.
Ora però le cose sono cambiate. La morte degli Scrivenshaft ha messo tutto sotto una nuova luce. E adesso gli sguardi ammirati e ossequiosi dei miei compagni mi mettono a disagio. Sono intrappolato nella mia stessa bugia.
 
«Draco». Mi scuoto, non so per quanto tempo sono rimasto in silenzio. «Devi smetterla di dire certe cose in giro. Stai attirando troppa attenzione su di te. Hai capito?» Annuisco, sempre in silenzio.
 
Piton sembra essersi tranquillizzato. Si sposta lentamente verso la sua scrivania, da uno dei cassetti estrae un pacchetto. «Narcissa sta bene. Come ti avevo detto, è molto impegnata e voleva che tu passassi delle vacanze serene e senza pensieri. Però ha ricevuto il tuo regalo e ti manda questo».
 
Mi porge il pacchetto, incartato magistralmente e chiuso con un sigillo in ceralacca raffigurante il blasone dei Malfoy. Io lo osservo con sospetto: mamma non si fa sentire per quasi sei mesi, mi costringe a passare il Natale da solo ad Hogwarts liquidandomi senza mezzi termini e ora mi fa recapitare un regalo da Piton senza neanche un biglietto? Non è da lei. Nulla di tutto questo è da lei.
Mi accorgo che Piton mi sta osservando, come se volesse studiare la mia reazione. Fingo di sorridere con naturalezza. «Di che si tratta?»
 
«Non lo so. Quando me lo ha consegnato, era già incartato».
 
Mi rigiro tra le mani il pacchetto e dentro di me si fa strada un’irrazionale ma limpida certezza: Piton sta mentendo.

 
 
13 Gennaio 1997:
 
Le lezioni sono ricominciate e così la mia terribilmente noiosa routine. Niente è cambiato rispetto a prima: Ron e Lavanda si muovono sempre in coppia, Ginny passa quasi tutto il suo tempo a giocare a Quidditch, studiare per i G.U.F.O. e a litigare con Dean, mentre Harry è tenuto impegnato da Silente.
 
Il giorno dopo il loro ritorno ad Hogwarts, Harry è stato convocato nell’ufficio del preside. Ci ha raccontato di aver guardato insieme a Silente due importanti ricordi: il primo era appartenuto ad Orfin Gaunt, zio di Tom Riddle, incastrato dal futuro Lord Voldemort per l’omicidio del padre, mentre il secondo era di Lumacorno. Secondo Silente, quel ricordo contiene la chiave per comprendere la vera natura di Voldemort, il segreto per poterlo sconfiggere. A quanto pare, durante gli anni di scuola, Tom Riddle ha chiesto al Professor Lumacorno delle informazioni in merito a certi Horcrux. Nel ricordo che ha visto Harry, Lumacorno si è categoricamente rifiutato di parlargliene, ma secondo Silente è un falso, una memoria manomessa per paura che il suo reale contenuto venga rivelato.
Adesso Harry ha un compito da svolgere: recuperare il ricordo originale.
 
Io a riguardo posso fare ben poco: a detta di Silente, solo Harry ha le capacità di convincere Lumacorno a consegnare il vero ricordo. Tutto ciò che ho provato a fare è stato cercare di documentarmi sugli Horcrux in biblioteca, ma nessun libro che ho consultato sembrerebbe farne accenno.
 
E così ho ripreso la mia terribilmente noiosa routine, trascorrendo quasi tutto il mio tempo da sola. Ormai sono passati più di due mesi dall’ultima volta che io e Ron abbiamo parlato e durante tutto questo tempo ho sentito i miei amici più distanti che mai. Gli unici ricordi davvero piacevoli che ho sono quelli del tempo trascorso con Malfoy.
 
Ma se quello che ha detto Harry è vero… se Malfoy sta collaborando con i Mangiamorte…
La cosa più ragionevole da fare sarebbe lasciar perdere la Serpe e continuare con la mia terribilmente noiosa routine. Eppure c’è qualcosa di così eversivo, di così irrazionale nei miei incontri con Malfoy da renderli irresistibili.
 
Questo è quello a cui penso durante la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, guardando di sottecchi prima Lavanda, che sotto al banco fa di nascosto il solletico a Ron, poi Harry, che copre il libro del Principe Mezzosangue dietro al manuale di Magia Difensiva Pratica ed infine Malfoy, che si rigira tra le mani l’elegante astuccio di una penna.
 
«Granger visto che hai tanto tempo per guardanti intorno, devo supporre che tu possieda già la completa padronanza dell’Incantesimo di Dispersione. Perché non ce lo mostri?» Il Professor Piton mi osserva con aria seria.
 
Mi alzo in piedi mentre avvampo per l’imbarazzo. Sento una risatina provenire dal gruppetto dei Serpeverde, che si scambia occhiate complici mentre mi osserva percorrere l’intera aula fino a raggiungere la cattedra.
 
«Malfoy, vieni anche tu, così forse ti passerà la voglia di ridere durante le mie lezioni».
 
L’aula cade nel completo silenzio mentre io e Malfoy ci fronteggiamo, ci inchiniamo e ci mettiamo in guardia. Non perdo tempo, faccio scattare la bacchetta mentre mentalmente recito Everte Statum. Il Serpeverde vola all’indietro, cadendo rovinosamente sulla schiena. Qualcuno ride.
 
«Davvero deludente…» Commenta impassibile Piton. «Dieci punti in meno a tutti e due. Se continuerete a non ascoltare, la prossima volta saranno venti».
 
Torno al mio posto, per niente soddisfatta della vittoria. L’intera classe china nuovamente la testa sul libro mentre Piton riprende la lezione. Io però non riesco ad ascoltarlo, tutto ciò che sento è la voce di Malfoy che rivolto a Tiger e Goyle sussurra «È frustrata perché la Brown fa le seghe a Weasley sotto al banco».
 
Nessuno dice niente ma vedo chiaramente tutti, Tassorosso e Corvonero compresi, sorridere sotto ai baffi.

 
 
14 Gennaio 1997:
 
Dopo le lezioni vado a sedermi sotto il porticato del Cortile della Torre dell’Orologio. A quest’ora è un posto tranquillo, la torre scherma i raggi solari, stendendo un velo d’ombra sull’intero chiostro. Solitamente gli studenti preferiscono rifugiarsi al caldo dentro al castello, o in un posto in cui batta il sole. Io invece ho sempre amato il freddo.
 
Ero seduto proprio qui la sera in cui la Granger mi ha avvicinato per chiedermi un sorso di Stravecchio. Assurdo. Ancora mi sembra surreale. Sorrido ripensando a Gazza che scappa alla vista dello Schiopodo trasfigurato dalla Grifondoro.
 
La mia beatitudine però ha vita breve. Due studenti hanno fatto irruzione nel cortile urlandosi contro, si direbbero matricole del primo anno: un ragazzino biondo con indosso la divisa rosso-oro ed uno castano con la sciarpa verde-argento. Si puntano contro le bacchette come a volersi sfidare a duello. Sembrano me e Potter con le divise invertite.
Resto incuriosito a godermi la scena.
 
«Mucus Ad Nauseam!» Urla il Grifondoro colpendo in pieno il suo sfidante, a cui inizia a colare il naso. «Pensi ancora che Henriette vorrà uscire con un moccioloso come te?» E così si battono per una ragazza. No, non sono affatto come me e Potter.
 
Il Serpeverde moro non si lascia intimidire e scaglia una Fattura Allungante. Le braccia del biondino iniziano a crescere fino a toccare terra, facendogli perdere la bacchetta. Direi che è il momento di intervenire.
 
«Stupidi ragazzini si può sapere che state facendo?» Mi avvicino sfoderando la mia spilla da prefetto.
 
I due sembrano accorgersi solo ora della mia presenza. Il Serpeverde si copre il naso, mentre il Grifondoro tenta di nascondere le braccia da scimpanzè dietro la schiena. «Niente!» Gridano all’unisono.
 
«Niente un corno. Dieci punti in meno a Grifondoro».
 
«Cosa?» Chiede il biondo esterrefatto. «E perché a lui niente?»
 
«Perché tu hai colpito per primo». E perché ci godo da morire a punire i Grifondoro.
 
«Non mi sembra affatto giusto». Questa volta è una voce femminile a parlare. La Granger ha fatto il suo ingresso nel cortile ed io non me ne sono neanche accorto. Chissà da quanto tempo è qui. «Dieci punti in meno anche ai Serpeverde. E ora andate dritti in infermeria».
 
Io e la Granger rimaniamo soli. È come se, dal giorno della foto, io stessi attendendo il nostro prossimo incontro. Mi viene quasi da sorridere, ma la Mezzosangue ha messo su uno spaventoso sguardo assassino che mi convince a desistere.
 
«Il tuo abuso di potere è disgustoso, non meriti di indossare la spilla da Prefetto». Mi dice inviperita.
 
«Abuso di potere? Guarda che quel Grifondoro se l’è cercata: ha usato una Maledizione Caccolosa in un duello d’onore! Una mossa così patetica meritava di essere punita». Replico io sogghignando.
 
«Si incredibile». Dice lei cercando di andarsene ma, senza alcun motivo, io la trattengo per un braccio. «Si può sapere che vuoi?» Mi chiede divincolandosi dalla mia stretta.
 
Che voglio? Bella domanda. Non so perché l’ho trattenuta. «Che ti prende Granger? Sei più acida del solito».
 
«Potrei farti la stessa domanda».
 
Ho bisogno di una manciata di secondi, ma finalmente capisco a cosa si riferisce. «Ce l’hai con me per la battuta di ieri?»
 
«Battuta? E quella per te sarebbe una battuta? Era solo un insulto. Una volgarità gratuita per nulla divertente». Questo dimostra che ci ho preso in pieno.
 
«In realtà gli altri Serpeverde ci hanno riso un sacco».
 
Questa volta il volto della Granger diventa paonazzo, poi sembra ricomporsi e sorride maliziosa. «Prima mi prendi in giro davanti ai tuoi scagnozzi e adesso ti accanisci contro un Grifondoro del primo anno. Deve bruciarti proprio la sconfitta, vero?»
 
«Sconfitta? Hai solo avuto un colpo di fortuna. Se fosse stato un vero duello non avresti avuto alcuna possibilità». La provoco io.
 
Lei sfodera la bacchetta, ancora con quel sorriso maligno stampato in faccia. «Mi stai forse sfidando?»
 
«Eccome. Ma non qui. Andiamo nella Stanza delle Necessità».

 
 
Io la Granger siamo uno di fronte all’altra sopra una lunga pedana che ricorda in tutto e per tutto quella usata da Gilderoy Allock al Club dei Duellanti al secondo anno. Entrambi puntiamo la bacchetta dritta davanti a noi e ci studiamo con attenzione prima di sfoderare la nostra prima mossa.
 
Come durante la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, la Granger attacca per prima, muovendo la bacchetta con velocità e precisione. Io questa volta però sono preparato e blocco la sua offensiva con un Incantesimo Specchio, rispedendo il colpo al mittente. La Grifondoro indietreggia nel tentativo di parare.
Colgo l’occasione per attaccare con una Fattura Orcovolante: decine di mostruosi esserini simili a insetti si liberano dalla mia bacchetta, avvolgendo la Granger dalla testa ai piedi. Lei muove la bacchetta, ben attenta a non aprire la bocca, e lancia un Incendio non verbale per liberarsi di loro.
Torniamo a guardarci negli occhi e la vedo sorridere. Sorrido anche io, ma la mia distrazione è punita con un Incantesimo Reducto che distrugge il legno sotto i miei piedi facendomi cadere dentro la pedana. Alzo lo sguardo verso l’alto e vedo la Granger sporgersi sul buco che ha creato nel pavimento, puntandomi la bacchetta dritta in faccia. A questo punto qualsiasi incantesimo io faccia sono certo che lo parerà e contrattaccherà. Sono finito. A meno che…
Lancio in Incantesimo Ventoso che alza la gonna della Grifondoro, scoprendole le mutandine sotto le calze velate. Lei strabuzza gli occhi e molla la bacchetta per coprirsi il più velocemente possibile. Ecco la mia occasione.
 
«Everte Statum!» La Granger viene sbalzata via di molti metri, cadendo a terra proprio come sono caduto io ieri a lezione. Mi tiro fuori dal buco nella pedana e raccolgo la bacchetta della Granger, aspettando che si alzi di nuovo da terra. «E abbiamo un vincitore!» Esulto alzando entrambe le nostre bacchette in aria e sparando contemporaneamente delle scintille dorate.
 
«Bravo, bravo, davvero scenico. Peccato che hai barato». Mi risponde lei colpita nell’orgoglio.
 
«Barato? Non mi sembra di ricordare alcuna regola a riguardo». Mi stringo il mento tra il pollice e l’indice fingendo di concentrarmi. «Vediamo… Abbiamo detto niente Maledizioni senza Perdono, niente Schiantesimi che possano lasciarci privi di senso… No, non abbiamo detto niente riguardo agli smutandamenti. Deve bruciarti proprio la sconfitta, vero?»
 
«Pervertito». Dice lei riprendendosi la sua bacchetta.
 
«Rilassati, non ho neanche guardato». Mento io.
 
Lei sembra sollevata, tanto che allunga la mano verso di me. «Congratulazioni. Mi sono davvero divertita». Dice sparando anche lei delle scintille dorate e sorridendo. Questa volta però il suo sorriso non è provocatorio, ma sincero e spensierato.
 
Le stringo la mano. Anche io mi sono divertito, come non facevo da tanto, tantissimo tempo. Per questo, senza rifletterci, le chiedo. «Vuoi la rivincita?»
 
«Puoi scommetterci». E con quelle due parole stringiamo un accordo. Ci rivedremo ancora.
 
Lei sta per uscire dalla Stanza delle Necessità ma io la fermo: ho un’ultima cosa da fare.
Recupero dal mio zaino un astuccio in pelle nera, contenente una penna di pavone, sicuramente uno di quelli del Malfoy Manor. Le penne di pavone sono rare e dalla fattura elegante. Indugio solo un secondo, poi glielo porgo.
 
Inizialmente sembra non capire. Prende l’astuccio e lo apre, restando a bocca aperta. «Ma è bellissima…» La vedo passare titubante il polpastrello lungo il rachide della penna, estasiata.
 
«È tua».
 
Lei alza gli occhi dalla penna per puntarli su di me, incredula. «Non posso accettare». Dice riporgendomi indietro l’astuccio.
 
«È il regalo di Natale da parte di mia madre. Non credo che l’avrei mai ricevuto se non mi avessi convinto a spedirle quella foto. Quindi diciamo che è più tuo che mio».
 
«No Malfoy, davvero, è troppo. Sarebbe praticamente un furto».
 
«Se non la prendi tu la darò via. Non la voglio comunque». È la verità. Dopo qualche giorno di considerazioni ho capito una cosa: a casa mia sta sicuramente succedendo qualcosa e di qualsiasi cosa si tratti io devo restarne fuori. Questa penna non fa altro che ricordarmelo, ogni volta che la guardo penso al giardino di casa mia e mi chiedo cosa si celi dietro le mura del Manor, la dimora del Signore Oscuro. Se la consegno alla Granger, sono certo che ne avrà cura.
 
«Grazie». E dall’emozione che emana la sua voce, capisco di aver fatto la scelta giusta.

 
 
17 Gennaio 1997:
 
Narcissa era stata portata da sua sorella Bellatrix al cospetto dell’Oscuro Signore. Il suo corpo, tremante, era avvolto in un’elegante vestaglia di raso: la donna era stata svegliata da un lungo sonno durato quasi due giorni.
Bellatrix Lestrange la sosteneva con un braccio, mentre il Signore Oscuro camminava verso di lei, osservandola e studiandola con attenzione. Narcissa poteva sentire i suoi occhi scarlatti puntati sul suo corpo, la sua mano bianca e fredda sfiorarle il visto e il suo respiro scaldarle il collo. Lui non le era mai stato così vicino e la donna, d’istinto, si ritrasse.
 
«Narcissa, mia cara, hai paura?» Le sussurrò Lord Voldemort all’orecchio.
 
Lei non rispose. Aveva promesso a sé stessa, a suo figlio Draco, che non si sarebbe mai lasciata piegare, che non avrebbe mai abbassato la testa se avesse dovuto difendere la sua famiglia. Ma il Signore Oscuro aveva ragione: lei aveva paura, talmente paura da non riuscire più a parlare.
 
«Eppure non mi sembrava che avessi paura il giorno in cui mi hai pregato di risparmiare Draco dal Marchio Nero. Sapevi quali sarebbero state le conseguenze e ti sei fatta avanti comunque. Non dirmi che te ne sei pentita».
 
Lei scosse la testa. Mai. Non avrebbe mai rinnegato la sua scelta.
 
«Bene». Commentò il Signore Oscuro soddisfatto. «Ora spogliati».
 
Narcissa si irrigidì e sentì la presa di sua sorella Bellatrix farsi più salda: per la prima volta nella vita, anche lei aveva paura. Però non disse niente, si limitò a stringerla più forte.
 
«Bellatrix andiamo, lasciala, sono certo che riuscirà a reggersi in piedi anche da sola».
 
Narcissa sentì le mani della donna abbandonarla e dovette contare solo sulle proprie forze per non cadere. Una lacrima le solcò il volto.
 
«Mi hai sentito Narcissa? Ho detto di spogliarti». La voce di Lord Voldemort era calma ma seria, non avrebbe ceduto ad alcun compromesso.
 
Così Narcissa prese un respiro, portò le mani alla vita e si slacciò la cintura della vestaglia, che fece scivolare lungo le spalle fino a terra. Rimase coperta solo dalla sua sottoveste, mostrando la pelle diafana e le cicatrici che il Signore Oscuro le aveva inferto.
In quel momento, al massimo della sua vulnerabilità, Narcissa capì che sarebbe sopravvissuta a tutto. Che niente avrebbe potuto impedirle di proteggere l’unica persona che aveva mai amato. Quella consapevolezza spazzò via tutte le sue paure. Smise di tremare e alzò lo sguardo: se il Signore Oscuro voleva umiliarla, l’avrebbe fatto guardandola negli occhi.
Il volto di Lord Voldemort, la dimora di quella che un tempo era stata la sua anima, ora era solo il guscio di uno spirito malvagio e privo di sentimenti. Stava sorridendo, un sorriso mostruoso e senza emozioni, che fece inorridire Narcissa.
 
«Vedi Bellatrix? L’avevo detto che sarebbe riuscita a reggersi con le sue forze». Queste furono le parole che pronunciò Lord Voldemort prima di puntarle contro la bacchetta e tranciarle una gamba.

 

Note dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
Come state? Come avete trascorso queste tre settimane? A me è mancato tanto non pubblicare, ma sono felice di essermi presa questo tempo, perché ora ho una scaletta pronta per tutti i prossimi capitoli e non rischio di scivolare in qualche grossolano buco di trama (il mio incubo peggiore).
 
Lo so, molti di voi erano in pensiero per Narcissa ed io in questo capitolo mi sono accanita su di lei più del solito, mi dispiace tanto. Sappiate che ci tengo molto al suo personaggio, la considero una protagonista alla pari di Hermione e Draco, quindi non potrei mai limitarmi a renderla un fantoccio nelle mani di Voldemort senza uno scopo... Portate pazienza e datemi fiducia, perché anche lei avrà il suo importante ruolo! Intanto spero che lo scontro tra Hermione e Draco vi abbia fatto sorridere e vi sia piaciuto!
 
Ringrazio chi in questo periodo ha aggiunto la mia storia tra le seguite/preferite/da ricordare e che ha lasciato una recensione, spero vogliate farmi sapere che ne pensate anche di questo capitolo!
Intanto io vi abbraccio e vi aspetto domenica prossima!
Flami151
  
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