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Autore: VaniaMajor    15/04/2021    7 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Author’s note: Vi chiedo scusa per la lunga attesa, ma queste settimane sono state segnate da momenti tristi che hanno rallentato molto le mie attività. Finalmente, però, Sesshomaru e Anna stanno per incontrarsi! Andrà tutto bene?...
 
CAPITOLO 13
COINCIDENZE DOLOROSE
 
Sesshomaru piombò su Ojohi dall’alto, mentre coloro che viaggiavano con lui erano ancora a una certa distanza. Ormai era giorno fatto, il sole stava perdendo contatto con l’orizzonte e nella luce chiara del primo mattino ai suoi occhi si presentò un massacro. L’avamposto dei monaci era in fiamme. Gli spartani rifugi in legno erano quasi tutti bruciati o crollati e la parte settentrionale dell’agglomerato era pavimentata da corpi inerti e sangue, che aveva annerito il terreno. La scia di morte testimoniava il percorso di coloro che avevano attaccato i monaci di En e si erano poi spinti all’interno di Ojohi. Lo avevano attraversato quasi tutto, prima di doversi fermare.
Sesshomaru capì subito che le due sagome armate, in posizione di stallo, non erano demoni. Solo un imbecille avrebbe mandato yokai a confrontarsi contro i monaci più potenti di En. No, Naraku aveva molti difetti ma non era uno stupido. Aveva spedito due guerrieri, qualcuno di così abile da rendere vana la preparazione fisica di gente che di preferenza lottava usando i poteri spirituali. Qualcuno che puzzava di morte e di qualcos’altro che faceva fremere di disgusto il petto di Sesshomaru, dove la sua Hoshisaki riposava. I due portatori di distruzione, però, alla fine erano stati fermati. Qualcuno era riuscito a creare una barriera di energia che, a quanto pareva, risultava efficace anche contro le armi fisiche. Una sfera azzurra e luminosa circondava, celandole, alcune persone.
Sesshomaru piombò come una meteora sulle teste dei due scagnozzi di Naraku. Uno dei due fece in tempo a vederlo e compì un rapido movimento col braccio. L’occhio sovrumano di Sesshomaru si accorse subito del prolungarsi della lama in mano all’uomo, riuscì a prevederne il movimento saettante e caotico. Si spostò in aria quel tanto che bastava da evitarla, sentendo a malapena il grido di sorpresa di Jaken. Toccò terra a pochi passi dai due invasori, costringendoli a farsi velocemente indietro, mentre il piccolo yokai rospo perdeva la presa sulla sua coda e cadeva faccia a terra in modo poco dignitoso.
«Per la miseria…ha evitato la mia Jakotsuto!» sbottò uno dei due, un giovane dall’aria ambigua con una mano appoggiata sul cuore in tumulto.
«Mi sa che abbiamo perso un po’ troppo tempo in divertimenti, Jakotsu» disse l’altro, che brandiva un’alabarda dalle dimensioni gigantesche.
«Chi siete? O meglio, cosa siete? – chiese Sesshomaru, scrocchiando le nocche delle lunghe dita, senza nemmeno degnare di un’occhiata chi stava dietro la barriera di energia e che ora pronunciava il suo nome con note di speranza – Anche se siete stati uomini, puzzate di morte».
«Naso fino! Ebbene sì, siamo morti…o lo siamo stati. Qualcuno ha ritenuto di darci un’altra possibilità» rispose il tizio con l’alabarda, che sembrava pronto a dare battaglia. In quel momento, Inuyasha e gli altri uscirono dal folto e il tipo chiamato Jakotsu diede un colpo col dorso della mano sulla spalla del compagno.
«Comincia a esserci troppa gente, Bankotsu. La festa, per adesso, è finita» gli disse, facendo poi per correre via.
«Voi non andrete da nessuna parte» mormorò Sesshomaru, scattando in avanti.
«Lo dici tu, amico!» esclamò il tizio con l’alabarda, colpendo il terreno con un fendente poderoso che sollevò terra e sassi come per un’esplosione, celando sé e il compagno alla vista di Sesshomaru per qualche istante. Inuyasha, nel frattempo, aveva fatto scendere Kagome, ancora un po’ scossa per la corsa.
«Voi occupatevi di quella gente, io vado a dare una mano a Sesshomaru!» esclamò, senza nemmeno aspettare l’assenso del monaco e della Cacciatrice. Partì dietro ai fuggitivi, che avevano approfittato del diversivo per correre verso il folto con gambe fin troppo leste. Miroku scese dalla groppa di Kirara.
«Il Principe ha ragione, occupiamoci dei sopravvissuti e controlliamo che abbiano ancora Junan» disse, avviandosi verso la barriera di energia. Sango lo imitò, affiancandosi a Kagome.
«Kirara, Shippo, state attenti che non salti fuori qualche altro nemico alle nostre spalle» raccomandò, prima di lasciarli indietro. Miroku alzò il bastone in segno di saluto, vedendo a malapena le sagome di chi si era rifugiato dietro la barriera. C’era una persona in piedi che la teneva ancora attiva. Quel potere era molto particolare e aveva caratteristiche che Miroku non riusciva a ricondurre ad alcuna scuola a lui conosciuta. Quando si accorse che una debolezza malata si faceva strada in lui man mano che si avvicinava alla luce azzurra, si affrettò a fermarsi.
«Potete lasciar andare la barriera. Siete fra amici! – disse, stendendo una mano dietro di sé per evitare che Sango e Kagome venissero coinvolte dagli strani effetti di quella protezione – Siamo combattenti di Sesshomaru-sama e viaggiamo con lui. Non avete più niente da temere».
Qualcuno dietro la barriera bisbigliò un assenso e la cortina di luce azzurra cadde, rivelando i pochi superstiti del campo di Ojohi. Una ventina di monaci e quattro miko, tutti feriti in qualche modo, erano assiepati dietro alla persona che li aveva protetti. Si trattava di una giovane donna dai capelli di un brillante color oro che potevano appartenere solo a uno yokai. Gli occhi esperti di Miroku notarono subito gli smarriti occhi azzurri, la fiamma tatuata sulla fronte, gli artigli appuntiti all’estremità delle dita. Quella doveva essere la neko-yokai che possedeva Junan.
«Grazie, Junan-sama – mormorò infatti uno dei monaci, sfiorandole un braccio in segno di riconoscenza, per poi andare incontro a Miroku – Siete giunti appena in tempo. Naraku ha mandato contro di noi due non-morti dalla forza spropositata, contro cui i nostri esorcismi e magie non potevano nulla. Ci hanno attaccato di sorpresa».
«Ci dispiace non essere arrivati in tempo per evitare questo massacro.» si scusò Miroku, con un breve inchino, ma i suoi occhi non lasciarono la figura della neko-youkai. Aveva una forma umana davvero attraente, ma c’era in lei qualcosa che lo lasciava perplesso.
«Siamo quantomeno riusciti a proteggere Junan. Per meglio dire, lei ha protetto noi» disse il monaco, voltandosi poi per un breve inchino.
«Vi aiuteremo a dare degna sepoltura ai defunti» assicurò Sango, che purtroppo si era già trovata in situazioni del genere, venendo avanti assieme a Kagome.
«Siete gentile, Cacciatrice, ma credo che Sesshomaru-sama…»
Fu interrotto da un ansito alle sue spalle, un suono in cui si mescolavano troppi sentimenti per poterli discernere. Solo Miroku si accorse del cambiamento sul viso della neko-youkai alla vista di Kagome. I suoi occhi azzurri si spalancarono in un’espressione di stupore e gioia quasi infantile, poi la donna corse verso di loro, le braccia protese. Per reazione, sia Miroku che Sango si interposero tra gli artigli della neko-yokai e la giovane portatrice di Shinsetsu, ma bastarono pochi passi in avanti della donna bionda perché Kagome lanciasse un grido acuto di incredulità ed emozione.
«Nee-chan?!» strillò, facendosi largo. Le due finirono una nella braccia dell’altra, singhiozzando, cadendo in ginocchio sul terreno sconvolto sotto gli occhi attoniti di tutti.
«Chi…» balbettò il monaco, sbalordito.
«La portatrice di Shinsetsu. – spiegò Sango, attonita – Ma…non ci aveva detto di conoscere la portatrice di Junan!»
«Kagome-sama, volete spiegarci?» chiese Miroku, abbassandosi su un ginocchio per arrivare al loro livello. Kagome volse verso di lui un viso rigato di lacrime ma raggiante di felicità.
«È Anna, mia sorella maggiore! Cioè…non siamo davvero sorelle, ma è come se lo fossimo! – spiegò, poi si allontanò un po’ dall’abbraccio di lei e la guardò bene, mentre l’espressione raggiante diventava perplessa e preoccupata – Anna, ma che cosa ti è successo? Cosa ci fai qui? Cos’hai fatto ai capelli? Questa che hai sulla fronte è Junan?» Le sue domande, sottolineate dagli sguardi ora febbrili che la ragazza lanciava a tutte quelle caratteristiche nuove e non corrispondenti ai suoi ricordi, non ebbero risposta.
«Kagome, come fai a conoscere una neko-yokai?» mormorò Sango, scambiando con Miroku un’occhiata preoccupata.
«Ma quale neko-youkai?! Anna è umana come me e te! Vero, Anna? È solo…forse ti hanno fatto qualcosa…»
Aspettò inutilmente una risposta da lei. La donna bionda abbassò lo sguardo, le braccia scivolarono via da Kagome e le ricaddero in grembo. Sembrò, per un istante, una splendida e dolente martire. Kagome le mise le mani sulle spalle, cercando di incontrare di nuovo il suo sguardo.
«Nee-chan? Perché non mi rispondi?» sussurrò con voce tremante.
«Junan-sama…o Anna-sama, visto che voi la chiamate così, ha subito una terribile trasformazione per colpa di Naraku. Era in fin di vita e il suo corpo, dotato del potere di Junan, ha cercato di salvarsi nell’unico modo che gli è stato possibile: fondendosi con una parte demoniaca abbandonata dal Nemico di En. Ora, ella è una neko-yokai, anche se non di sangue puro» spiegò il monaco.
«Ma…ma potrà tornare normale, non è vero? Sesshomaru-sama potrà guarirla!» chiese Kagome, febbrile, ma lesse subito sui volti di tutti che una simile speranza era priva di fondamento. Anna aprì la bocca per dire qualcosa, emise un verso soffocato e remoto, poi la richiuse con una smorfia. Il monaco si inginocchiò e le prese una mano con gentilezza. Era evidente che la giovane aveva saputo farsi amare da chi l’aveva salvata.
«Inoltre, pare che lo sconvolgimento per quanto accaduto le abbia tolto la parola. – aggiunse l’uomo - Non sappiamo se sia una cosa temporanea o meno, ma nessuno di noi ha mai sentito la sua voce».
Il volto di Kagome si disfece nel pianto e la ragazza si gettò di nuovo su Anna, abbracciandola con tutte le sue forze.
«Non ti preoccupare. – la sentirono singhiozzare – Ci sarà un modo, lo troveremo! Guarirai, nee-chan, andrà tutto bene…adesso siamo insieme…»
Anna la abbracciò a sua volta, ma gli altri videro sul suo viso un vuoto rassegnato che non lasciava spazio alla speranza. Pensando poi a Sesshomaru e al suo scarso desiderio di riunirsi a chi possedeva Junan, Sango e Miroku temettero che i problemi di quella giovane donna fossero appena iniziati.
***
Inuyasha non impiegò molto a raggiungere il fratello, che tallonava i due fuggitivi sempre più da vicino, nonostante entrambi possedessero un’agilità più che umana e due armi capaci di trucchetti pericolosi. Bastava vedere come avevano ridotto i poveri monaci del campo.
«Fermatevi, maledetti!» gridò Inuyasha, sfoderando Tessaiga senza pensarci e ritrovandosi in mano la vecchia lama inutile. Con una smorfia, si affrettò a rinfoderarla.
«Ehi, quello è il Principe?! – sbottò uno dei due, quello dalle fattezze ambigue – Bankotsu, frena, voglio quelle orecchie! Kami-sama, sono troooppo carine!»
«Non fare lo scemo, Jakotsu, non è il momento!» gli disse il compagno, afferrandolo per la collottola e costringendolo a mettersi a correre di nuovo, mentre Inuyasha reprimeva il disgusto. Quel tizio lo aveva guardato con occhi lubrici che gli avevano fatto venire i brividi. L’esitazione, però, aveva consentito a Sesshomaru di avvicinarsi quanto bastava. Piombò sui due e sferrò un’artigliata micidiale con le sue unghie velenose. Il tipo chiamato Jakotsu si gettò a terra con uno strillo, coprendosi la testa con le mani. L’altro si voltò e parò il colpo con il piatto della sua alabarda. Inuyasha fu sbalordito nel vederlo restare in piedi, seppure con fatica. Sesshomaru, però, non poté continuare il proprio attacco. Dal nulla, infatti, si interposero tra i contendenti tentacoli di una materia informe e scura che si abbatterono su di loro, costringendo Sesshomaru ad arretrare. Inuyasha ne schivò uno per un pelo, poi ne deviò un altro, la cui punta acuminata era diretta al suo petto, con il fodero di Tessaiga. Si fermò di fianco a suo fratello, mentre i tentacoli creavano una barriera tra loro e i fuggitivi, che stavano approfittando del diversivo per dileguarsi, e una risata malefica e inconfondibile si levava nell’aria del mattino.
«Naraku…» ringhiò Inuyasha con odio, riconoscendo senza difficoltà la voce malvagia.
«Ku ku ku! Inuyasha, noto con piacere che quel poco che avevi imparato sull’uso della tua spada è andato perso. Il sonno ha instupidito il tuo semplice cervello? Oppure è stato il trauma del tradimento di quella donna?»
«Taci!» sbottò Inuyasha, zittito dalla stretta micidiale di suo fratello su un braccio. Capì che Sesshomaru non voleva dare a Naraku la soddisfazione di una sua reazione.
«Un incidente davvero poco encomiabile tra una santa miko e quello che dovrebbe incarnare la speranza nel futuro di En. – ridacchiò Naraku, malvagio, nascosto chissà dove – Ti sei rivelato uno sciocco, Inuyasha. Una verità che io ho sempre conosciuto».
«Hai goduto molto delle mie disgrazie. Comincio a pensare che tu ne sia coinvolto» lo provocò Inuyasha, desiderando sopra ogni cosa trovare il maledetto hanyo e farlo a pezzi. Sesshomaru, silenzioso, scrutava il folto con microscopici movimenti delle iridi ambrate.
«Ma davvero? Beh, ti rimarrà il dubbio, visto che a quanto pare la reincarnazione di Kikyo non ricorda nulla».
«Eccolo» mormorò Sesshomaru, scattando verso un albero alla loro destra. Inuyasha non capì come il fratello avesse scovato il nascondiglio dell’hanyo, visto che nell’aria non c’era altro che odore di terra smossa e la voce sembrava provenire magicamente da ogni direzione, ma l’Imperatore di En aveva risorse sorprendenti e quando le sue unghie micidiali recisero la cima di un albero con un sol colpo, una forma avvolta in una pelle bianca di babbuino, da cui si dipartivano i tentacoli di poco prima, saltò via e atterrò non lontano, abbandonando le scomode appendici che si disfecero al suolo.
«Sei tornato a servirti di fantocci, Naraku? La Stella di Gake decade anche senza bisogno del mio intervento?»
«Non cantare vittoria per un minuscolo momento di debolezza. Non sai e non saprai mai dove mi nascondo, e non potrete ricavarne vantaggio. – replicò Naraku, sprezzante – La tua Junan ha imparato a mordere, ma grazie ai miei sottoposti ho potuto prenderle le misure. Non ricapiterà».
«Sarà per questo che non sei ancora riuscito a metterle addosso le tue grinfie!» lo derise Inuyasha, alzando gli artigli, pronto a porre fine a quella sgradevole conversazione.
«I miei sottoposti ci sono andati con la mano troppo leggera, ma Sesshomaru sa bene che cosa accade quando decido di fare sul serio» mormorò Naraku, facendo sentire di nuovo la sua risata malvagia.
«Tu parli troppo» disse Sesshomaru, scattando verso di lui. Naraku balzò all’indietro, sempre ridendo.
«Cosa c’è, Sesshomaru? Ti brucia ancora la morte di quella ragazzina? Non ti facevo tanto sentimentale» disse, sarcastico. Inuyasha partì senza nemmeno pensarci, pieno di furia. Allora era vero: la piccola Rin era stata uccisa da Naraku! Le unghie micidiali di Sesshomaru saettarono nell’aria più volte, riducendo sempre più la distanza dall’odiato nemico, finché non vi fu più spazio perché Naraku indietreggiasse. Gli staccò la testa di netto, ma la risata di Naraku non si spense, come se il maledetto hanyo fosse immortale. Inuyasha gli arrivò addosso in quel momento.
«Artigli di ferro!» esclamò, trapassandogli il petto attraverso la bianca pelliccia. La sua mano incontrò e portò con sé un oggetto duro, che strinse tra le dita e spezzò senza nemmeno pensarci. Attonito, vide il corpo di Naraku disfarsi in pezzi sotto i suoi occhi. La risata si spense di botto e l’aria del mattino fu di nuovo silenziosa, interrotta solo dal canto degli uccelli e dal crepitio delle fiamme poco distante.
«Ma…cosa…» balbettò Inuyasha, guardando la massa di terra che giaceva in mezzo alla pelliccia abbandonata al suolo e i frammenti di legno che ancora teneva in mano. Sembrava avesse spezzato una forma simile a un fantoccio.
«È una vecchia tecnica di Naraku. Durante il tuo sonno, per alcuni anni, è rimasto rintanato a crearsi una forma definitiva. Usava questa magia per guidare i suoi scagnozzi e venire ogni tanto a sfidarmi. – spiegò Sesshomaru, sprezzante – Se è tornato a simili trucchetti, significa che non può uscire dal suo buco. L’equilibrio della sua forma deve essere danneggiato».
«Allora è il momento buono per attaccarlo!» disse Inuyasha, gettando i frammenti di legno.
«Ovvio. Come è ovvio che uno meno stupido di te avrebbe fatto a meno di fargli sapere che Tessaiga non ti risponde più.» fu il gelido rimprovero di suo fratello maggiore. Inuyasha fece una smorfia, sentendolo andare a segno.
«Ha parlato quello che non ha mai saputo usare Tenseiga.» ritorse comunque, acido. Sesshomaru lo fulminò con un’occhiata che avrebbe frantumato le rocce, poi gli voltò le spalle e fece per incamminarsi verso Ojohi. «Non inseguiamo quei due?» chiese Inuyasha, scrutando il folto.
«Saranno loro a tornare, se Naraku non li punirà per il loro fallimento.»
«E…ehm…senti, mi dispiace per Rin. – aggiunse Inuyasha, affiancandoglisi ma senza guardarlo – Posso sapere com’è successo?»
Per un attimo, Sesshomaru non rispose e l’atmosfera si fece così tesa che Inuyasha ebbe l’impressione che volesse aggredirlo. Invece, con una voce che non gli aveva mai sentito se non appena dopo la morte di Inuken, suo fratello disse: «Junan è stata la morte di Rin. Se vuoi maggiori dettagli, chiedi a Jaken. Io ho dimenticato quella notte».
“A me non sembra…” pensò Inuyasha, ma si guardò bene dal dirlo. Avrebbe rifatto le sue domande a Jaken. Ora capiva perché Sesshomaru non aveva tutta questa voglia di riavere Junan: imputava all’Hoshisaki la morte della piccola Rin.
Tornarono indietro, dove i sopravvissuti stavano già iniziando a occuparsi dei defunti e dei feriti più gravi. Miroku e il monaco di rango superiore di Ojohi andarono loro incontro.
«Li avete presi?» chiese Miroku. Inuyasha scosse il capo con una smorfia.
«È intervenuto Naraku…o meglio, un suo fantoccio. Per il momento, quei due sono scappati, qualsiasi cosa fossero».
«Sono state le Hoshisaki di Gake, Vostre Altezze. Naraku ha impiantato nei loro corpi morti due frammenti e le loro abilità sono più che umane, immuni ai nostri poteri. – sospirò il monaco, con un inchino contrito – Per fortuna, siete arrivati prima che la resistenza di Junan cedesse».
«Era sua quella barriera?» chiese Sesshumaru, senza mostrare grande interesse. Il suo sguardo vagava sul massacro e sulla distruzione.
«Sì, Junan-sama…o meglio, Anna-sama ci ha salvati. – sorrise il monaco e Inuyasha pensò di cogliere nella sua voce una nota di affetto che lo stupì – È stato un grande sforzo per lei, non si è ancora del tutto ripresa dallo shock dell’attacco di Naraku e dalla propria trasformazione».
«Trasformazione?! Di che parli, monaco? Non ci hai scritto che si tratta di un neko-yokai?» chiese Inuyasha, perplesso. Vide, in lontananza, Sango e Kirara. Avvertiva il cicaleccio del piccolo kitsune e di Jaken ma non scorgeva né Kagome né la portatrice di Junan, forse nascoste dietro la Cacciatrice e la sua compagna di ventura.
«È una situazione un po’ più complicata di così, purtroppo. Meglio ascoltiate i dettagli prima di fare la sua conoscenza.» disse Miroku, ottenendo finalmente anche l’attenzione di Sesshomaru mentre narrava quel poco che le parole di Kagome e i gesti della nuova arrivata avevano raccontato loro. L’Imperatore di En si incupì nel venire a sapere di avere a che fare con una persona che era stata in grado di sopravvivere a Naraku strappandogli del potere demoniaco e che ora, anche se a fatica e con poca dimestichezza, sapeva dare e togliere energia vitale. Inuyasha, invece, fu sbalordito soprattutto dalla coincidenza legata a Kagome. Anche questa donna veniva da un altro mondo? Nientemeno, era la sorella maggiore della reincarnazione di Kikyo?! La coincidenza era incredibile.
«Andiamo.» disse solo Sesshomaru, avviandosi, quando parve che avessero terminato il racconto. Qualcosa nei suoi occhi parve preoccupare sia Miroku che il monaco di Ojohi, il quale si permise di aggiungere: «Sesshomaru-sama, accogliete una mia preghiera…La portatrice di Junan si trova in un momento di estrema fragilità. È a conoscenza del suo ruolo al vostro fianco, le abbiamo spiegato ogni cosa, ma non è ancora pronta per combattere. Il trauma le ha perfino tolto la parola…»
Inuyasha inalò bruscamente con un sibilo che fece voltare Miroku verso di lui, sorpreso. Al contempo, Sesshomaru si fermò di colpo, costringendo coloro che lo seguivano a caracollare ai suoi lati per evitare di andargli addosso. I suoi occhi d’ambra, brucianti e pericolosi, erano fissi sul monaco con uno sguardo che non prometteva nulla di buono.
«Cos’hai detto?» sibilò, con voce che trasformò il loro sangue in ghiaccio.
«Ella…non parla, Sesshomaru-sama. Il dolore e il trauma della trasformazione le hanno tolto la parola.- mormorò il monaco, che non sapeva a cosa imputare la sensazione di aver messo il piede in una trappola – Proprio per questo vorrei chiedervi di essere…»
Sesshomaru non lo lasciò finire. Partì di gran carriera verso il gruppetto poco distante, costringendoli quasi a correre per stargli dietro.
«Monaco, se stavi per chiedergli di essere gentile, mi sa che ci siamo giocati ogni possibilità» mormorò Inuyasha, preoccupato. La coincidenza era incredibile e triste. Anche la piccola Rin, quando Sesshomaru l’aveva salvata da morte certa dopo un attacco di Gake in cui era deceduta tutta la sua famiglia, aveva perduto la parola. C’era voluto quasi un anno per sbloccarla. Inuyasha ricordò, con una fitta al cuore di cui avrebbe fatto a meno, il giorno in cui erano tornati al castello e la bambina si era catapultata fuori dal portone gridando per la prima volta il nome di Sesshomaru con tutta la gioia possibile a una piccola umana. Temeva che anche suo fratello stesse affrontando lo stesso ricordo.
Quando Sesshomaru giunse vicino al gruppo, Sango e Kirara si spostarono di lato, mostrando loro le due ragazze da un altro mondo. Li guardavano avvicinarsi tenendosi per la vita, come due giovani sperdute…cosa che, in effetti, erano. Kagome li fissava con sfida, come se fosse pronta a difendere la sorella con le unghie e con i denti. Inuyasha, sorprendendo se stesso, avvertì una punta di ammirazione nei suoi confronti. A quella ragazza non mancava il coraggio. L’altra, splendente nei suoi lunghi capelli d’oro, sembrava più ansiosa. Sulla sua fronte spiccava il tatuaggio di una fiamma, al cui centro gli occhi di Inuyasha colsero un bagliore viola. Junan era innestata nel corpo stesso della sua portatrice, come succedeva per la sua Yuuki o la Chinoo di Sesshomaru.
Proprio su quest’ultimo si concentrò lo sguardo della nuova arrivata, con un lampo di speranza che denunciò come il monaco a capo di Ojohi avesse ben seminato in lei aspettativa e rispetto verso il potente Imperatore di En. Inuyasha sperò che Sesshomaru non rovinasse tutto, ma gli bastò un istante per rendersi conto che la speranza era vana.
La giovane bionda venne avanti di un passo, sciogliendosi dall’abbraccio protettivo di Kagome e affrontando Sesshomaru, che si fermò a una certa distanza da lei, il volto marmoreo e privo di qualsiasi espressione. Per un attimo rimasero così, guardandosi in faccia a vicenda in silenzio sotto gli sguardi tesi di tutti. Nemmeno loro avrebbero saputo dire perché quel confronto richiedesse tutta la loro attenzione. L’espressione di Anna era un misto di perplessità, curiosità e speranza. Vedendoli uno davanti all’altra, sembravano l’incarnazione della Luna e del Sole, un contrasto che saltava agli occhi.
Anna allungò una mano. Fu un gesto timido, impacciato, dettato dalla sua incapacità di proferire parola. Voleva creare un contatto ma, come Inuyasha, aveva temuto, non fu imitata da un movimento da parte di Sesshomaru. Tutto, in lui, comunicava un rifiuto. La bella mano bianca rimase, inerte, a tremare in mezzo a loro.
«Né umana, né demone. Un distorto prodotto della magia. – furono le parole di ghiaccio che la colpirono come una sferzata mentre lui la scrutava con i suoi occhi d’ambra, neanche stesse valutando una forma di vita inferiore – Verrai addestrata, donna, visto che Junan ti ha scelta come custode. Evita di starmi tra i piedi. Voi, occupatevi di lei».
Ciò detto, voltò loro le spalle e si allontanò, lasciando la giovane dov’era, umiliata e con un dolore negli occhi che Inuyasha credette di comprendere. Il dolore di chi, fin troppe volte, non è stato accettato. Una mancata appartenenza che lui, da hanyo, conosceva bene.
   
 
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