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Autore: FreDrachen    21/04/2021    1 recensioni
Luca aveva davvero tutto nella vita. Era una promessa del calcio, popolare tra i suoi coetanei tanto da essere invitato a ogni festa, ed era oggetto di attenzione di ogni ragazza e non.
Insomma cosa si poteva volere dalla vita quando si aveva tutto?
Basta, però un semplice attimo, un incidente lo costringerà a una sedia a rotelle, e per questo sarà abbandonato dalle persone che un tempo lo frequentavano e veneravano quasi come un Dio.
Con la vita stravolta si chiude in se stesso e si rifiuterà di frequentare la scuola. Sua madre, esasperata da questa situazione, riesce a ottenere la possibilità, dalla scuola che Luca frequenta, di lezioni pomeridiane con un tutor che avrà lo scopo di fargli recuperare il programma perso.
E chi meglio di uno dell'ultimo anno come lui può riuscire nell'impresa?
Peccato che Luca sia insofferente agli intelligentoni e non sembra affatto intenzionato a cedere.
Peccato che Akira non sia affatto intenzionato ad arrendersi di fronte al suo carattere difficile.
Due ragazzi diversi ma destinati ad essere trascinati dall'effetto farfalla che avrà il potere di cambiare per sempre le loro vite.
[Storia presente anche su Wattpad, nickname FreDrachen]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Capitolo 10

 

Il giorno che tanto temevo, sfortunatamente, era arrivato.

L'emblema dell'Apocalisse.

La fine del mondo.

Il mio rientro a scuola.

Non diedi molto peso al mio aspetto, dato che speravo di dare meno occhio possibile, anche se ero certo che avrei collezionato sguardi colmi di pietà e lì si che sarei arrivato alle mani. Ma ciò non mi convinse a lasciare i capelli completamente in disordine, cosa che mi dava alquanto fastidio, né di non indossare vestiti che di solito sfoggiavo: la maglia della mia squadra del cuore, in barba a tutti i prof che tifavano la squadra avversaria, in paio di pantaloni in tuta riadattati alle mie gambe, chiusi in fondo in modo che non prendessi freddo e infine un giacchetto che tenni aperto sulla maglia. Raggiunsi mia madre che sembrava una che avesse appena vinto alla lotteria. E certo che era felice, si era appena tolta il figlio problematico da casa.

«Emozionato di tornare a scuola?»mi domandò lei fremente d'eccitazione.

"Si emozionato a tornare a casa" pensai alzando gli occhi al cielo mentre m'impegnavo a scivolare nel piumino.

Pur essendo inizio dicembre c'era un freddo infernale. A confronto nel Cocito sembrava di stare ai tropici.

Non mi era mai piaciuto granché andare a scuola e pensava che cominciasse a piacermi adesso? Certo che i genitori erano davvero strani. Oltretutto quello era il giorno lungo con anche tre ore pomeridiane. Davvero pretendeva di vedermi sprizzare allegria da tutti i pori? Anche se, in effetti, rivedere Akira non mi sarebbe affatto dispiaciuto.
Forse ritornare a scuola non sarebbe stato poi così male.

O almeno così credevo.

Mia madre mi accompagnò in auto e passò l'intero tragitto a parlare del più e del meno, si avvertiva che era contenta del mio ritorno, ma anziché ascoltarla il mio cervello continuava a rielaborare quello su cui avevo rimuginato per l'intero weekend

Mia madre mi accompagnò in auto e passò l'intero tragitto a parlare del più e del meno, si avvertiva che era contenta del mio ritorno, ma anziché ascoltarla il mio cervello continuava a rielaborare quello su cui avevo rimuginato per l'intero weekend.

Dopo essere tornato da casa di Akira mi ero prontamente fiondato in camera mia e dopo essermi chiuso dentro, incurante delle proteste di mia madre, avevo acceso il pc portatile ed ero andato a cercare due immagini, una di un ragazzo in boxer e un'altra di una ragazza in bikini. Analizzai le due foto affiancate cercando di capire quale mi attirasse di più. Certo che la ragazza aveva delle belle tette, ma anche il ragazzo non era male con quegli addominali che parevano scolpiti e accidenti! Ma quei boxer a che servivano se si intravvedevano i profili di tutta la sua mercanzia? Ma quasi subito nella mia mente sovrappose a quel modello l'immagine di un Akira quasi completamente svestito e messo in posa sexy.

Cazzo! Avevo un cervello completamente da pervertito!

D'istinto avevo richiuso il pc come se fossi spaventato dai pensieri che elaboravo. E un un certo senso era vero. Avevo paura di tutto questo. Ora che ci pensavo non era proprio la prima volta che i miei occhi venivano attratti verso un corpo non femminile, in pratica quasi tutte le volte negli spogliatoi alla fine degli allenamenti di calcio. Ma mai avevo pensato a un qualcosa spostato nella sfera sessuale, come dopo aver posato gli occhi su quel fumetto peccaminoso. Oltretutto i miei genitori erano molti tradizionalisti, mi avevano sempre ripetuto alla nausea che era giusto stare con una ragazza e io avevo sempre preso per giuste queste loro parole, in fondo che voleva saperne del mondo un ragazzo scalpestrato di diciotto anni? Ma ora queste parole cominciavano a vacillare nella mia mente ed era tutta colpa di quel cinese.

«Luca mi stai ascoltando? Siamo arrivati»

Le parole pronunciate con tono impaziente sa parte di mia madre mi riportarono bruscamente alla realtà.

Fissai fuori dal finestrino per paura che il mio viso lasciasse trasparire troppo quello che stavo pensando, e constatai che si era fermata di fronte all'ingresso in modo da agevolarmi l'entrata. Notai con un sospiro di sollievo che avevano messo una sorta di lastra metallica che fungeva da pedana per permettermi di entrare senza rischiare di decappottarmi.

Individuai ancora molti ragazzi fuori malgrado fosse suonata da poco la prima campanella. Speravo che non fosse così, per evitare di dare troppo nell'occhio ma com'era prevedibile ero davvero fortunato.

«Ti vengo a prendere al termine delle lezioni» dichiarò retoricamente. A meno che non avesse avuto l'intenzione di farmi percorrere mezza città era logico che avrei usufruito del suo passaggio.

Annuì distrattamente e lei uscì dalla macchina con fare soddisfatto per recuperare dal bagagliaio la sedia a rotelle che mi aprì con gesti, oramai, esperti.

Come da abitudine mi aiutai con le braccia a sedermi e mi allontanai quel poco da permettere a mia madre di chiudere senza ostacoli la portiera.

Quando fui completamente solo, dopo il lungo saluto imbarazzante da parte sua, mi spinsi in avanti e non percorsi neanche qualche metro che il chiacchiericcio che animava l'atmosfera si interruppe, e avvertì fin da subito gli sguardi puntati addosso.

Ero abituato a stare al centro dell'attenzione ma non in quel modo.
Prima venivo venerato quasi come un Dio, ora quasi schernito o fissato con pietà, anche da parte di gente di cui non ricordavo neanche il volto. Non ero mai stato un bullo, inorridivo al pensiero di rendere la vita un inferno agli altri, come invece qualcuno purtroppo molto spesso faceva, ma ero anche di quelli che quando succedeva tirava dritto pensando di non centrare nulla, e forse questo mio stare in silenzio era paragonabile allo stare allo stesso livello dei carnefici.

"Il karma ha colpito. Il karma ha colpito".

Mi sembrava quasi di sentire il pensiero rimbalzare da una mente all'altra come una litania silenziosa, ma che era peggio di una pugnalata al petto. Sembravano quasi deridere della mia situazione.

Sei stato in silenzio quando avevi il potere di far cessare tutto e ora vivi nella completa debolezza. Questo urlavano silenziosamente.

Mi portai le mani alle orecchie quasi a voler zittire quelle parole mute, non pronunciate.

Poi una mano sulla spalla mi fece sussultare. Ruotai la testa e mi ritrovai a fissare Akira. Quel giorno aveva una felpa con il cappuccio con disegnato in alto a destra un piccolo Totoro, o almeno così mi aveva detto essere alla mia curiosità quando in camera sua avevo intravisto in piccolo portachiavi di questo inusuale personaggio, e sotto intravidi l'accenno di una scritta in giapponese. Chissà di che strana perla di saggezza si trattava.

La sua presenza mi rincuoró e il mio ritorno a scuola mi parve meno tremendo di quanto sembrasse. Anche se osservarlo mi faceva venire in mente i pensieri sconci che avevo avuto fino a neanche qualche minuto prima. Ah no, per quel giorno avrei smesso di avere pensieri allusivi.

«Ehi» lo salutai.

Ehi?

Ma che saluto del cazzo era? Ma possibile che il mio cervello non avesse avuto la capacità di elaborare qualcosa di meglio? Eh no, lui pensava solo a fare il malpensante.

Akira non se la prese e mi rispose con un sorrisetto.

«Hai intenzione di entrare oppure speri di comparire magicamente un classe con il potere del teletrasporto?»

Sbuffai fingendomi offeso. «Solo un nerd con te se ne poteva uscire con una frase del genere».

Akira fece spallucce. «Allora non é un problema se tu lascio qui a sperare che accada, no?»

Fece per superarmi ma prima che non fosse piú nel mio raggio d'azione lo afferrai per il bordo della manica.

«Potremmo fare il tragitto insieme?»gli domandai d'un soffio sentendomi subito dopo uno sfigato colossale.

Lui si fece serio e si osservò attorno e  constatai che molti avevano continuato a osservarmi anche durante il breve scambio di battute con Akira.

Inquietante.
Ma non ce l'avevano una vita?

Akira fece un mezzo giro e si posizionò alle mie spalle e dopo aver afferrando i manubri della sedia cominciò a spingermi.

«Ignora i loro sguardi. Tu non hai fatto nulla di male. Non dare loro questa vittoria. Non mostrare che i loro sguardi e penseri maligni abbiano potere su di te».

Se me l'avesse detto qualcun altro gli avrei riso in faccia ma se era lui a dirlo avrei senza dubbio seguito il suo consiglio, dato che non parlava solo per dare aria alla bocca come faceva la maggior parte della gente.

Per questo cercai di isolarmi dal resto del mondo e a concentrarmi sulla presenza rassicurante di Akira, ma gli sguardi che mi venivano indirizzati continuavano a bruciare sulla pelle lasciando ferite invisibili che però mi macchiavano, facendomi sentire sporco.

La tortura durò fin quando non raggiungemmo l'ascensore e le sue porte si fossero chiuse, lasciando gli altri ragazzi e i loro sguardi maligni al di fuori. Akira aveva fatto di tutto per muoversi in fretta ma senza correre, per evitare di essere ripreso duramente dal portinaio.

Finalmente soli mi lasciai a un sospiro di sollievo, anche se non era ancora finita.

«Per essere qualcuno che é sempre stato sotto i riflettori sembra che ti senti a disagio».

«Ma hai visto come mi guardavano?» gli domandai. Gli sguardi che mi lanciavano prima erano assai più confortanti.

Akira stirò le labbra in un sorriso. «Si, come dei ghoul di fronte alla carne umana».

«Oddio Akira. Mi tiri fuori personaggi cinesi di primo mattino?» finsi di lamentarmi e soffocai una risatina quando lui mi corresse automaticamente la provenienza dell'opera in questione.

Parlare con lui mi tranquilizzava tanto che per un attimo mi dimenticai di trovarmi in una scatoletta di latta attaccata a una spessa fune di metallo e nell'Inferno sceso in terra.

La realtà mi piombò addosso non appena giungemmo al nostro piano e le porte si aprirono per permetterci di scendere.

Non é che avevo poi così gran voglia di uscire, anzi la voglia di scappare a casa aveva raggiunto i massimi livelli consentiti.

Mancava ancora il tragitto fino alla classe e i componenti della classe stessa. E poi mi sarei ritrovato senza dubbio di fronte a Ippolito che mi avrebbe spiattellato in faccia il futuro che mi era scivolato via dalle mani e che avevo perso assieme alle mie gambe.

Per mia somma sfortuna lo intravidi appoggiato al muro di fianco alla porta d'entrata della classe avvinghiato a quello che mi pareva un corpo femminile. Un corpo che mi pareva aver già visto, così come i capelli scuri sul mosso della ragazza.

Akira seguì il mio sguardo appoggiandolo anch'esso su quella scena ai limiti del decoro. Anche se era un po'  ipocrita da parte mia dato che anch'io lo avevo fatto, ma non così in pubblico dove i prof potevano riprenderci. Conoscendo la fortuna di Ippolito figurasi se sarebbe passato qualcuno.

«Ti accompagno fin dentro alla classe?» mi propose Akira come se avesse letto il mio disagio. Era impressionante come fosse in grado di leggermi nell'anima.

Il solo pensiero di affrontare altri sguardi accusatori e di pietà mi faceva venire il voltastomaco ma non potevo fare completamente affidamento sulla presenza di Akira. Per questo scossi la testa.

«Devo affrontarli da solo» dissi con determinazione e sul volto di Akira scorsi un barlume di orgoglio che mi fece gongolare. Avere il suo appoggio mi faceva sentire un leone, di segno zodiacale e di fatto, pronto a sbranare chiunque mi avrebbe messo in imbarazzo. Sarei entrato in classe a testa alta senza vergognarmi del mio stato.

Salutai Akira con la promessa che ci saremmo visti all'intervallo (se fossi sopravvissuto) e lo osservai allontanarsi prima di voltarmi in direzione della mia classe e a prendere coraggio per avanzare.

 

Angolino autrice:

Buonsalve :3

Spero che il capitolo 10 vi sia piaciuto :3

Riuscirà Luca a sopravvivere a questa giornata di scuola? Chissà! Si scoprirà solo leggendo 🤷🏽‍♀️😈😂

Ringrazio tutti voi che seguite questa storia 😭❤️

Adiós!
FreDrachen

 

   
 
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