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Autore: Shadow writer    23/04/2021    3 recensioni
Nate è un ventiquattrenne disilluso e pessimista. Ha un lavoro che odia, vive in una città che non sente sua ed è rimasto intrappolato in un passato che non riesce ad accettare.
Per aiutare un amico, partecipa a una corsa automobilistica, ma questo lo porterà a invischiarsi in qualcosa di più grande di lui.
"«Si dice che tu ti stia facendo un nome in città» commentò Alison, appoggiandosi al bancone di fronte a lui.
Il ragazzo alzò gli occhi dalla bistecca e incrociò quelli civettuoli di lei.
«È stata la mia prima e ultima gara» ribadì, «l'ho già detto a Richie.»
Lei fece schioccare la lingua contro il palato in segno di disappunto.
«Mi hanno riferito che ci sai fare con le auto.»
Nate rise e si sporse verso la ragazza.
«Me la cavo bene con molte cose, Alison» quando pronunciò il suo nome, le appoggiò le dita sotto il mento, costringendola a guardarlo negli occhi, «ma ciò non significa che io sia interessato a tutte queste.»"
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Durante il giorno, il Venus aveva un aspetto ancora più squallido che di notte, se possibile. Con il buio si illuminava la grande insegna neon sopra all’ingresso, che gli conferiva un’aria quasi retro. Alla luce del sole, invece, si rivelava un edificio cubico privo di ogni grazia.

Nate prese un respiro profondo e lo studiò ancora per qualche istante dall’esterno, prima di decidersi ad entrare.

Tirò dritto verso le scale che salivano allo studio di Richie, ma tutto ciò che voleva evitare avvenne: Alison chiamò a sua voce il suo nome e, prima che lui potesse dileguarsi, la ragazza si slanciò fuori dal bancone e gli si parò davanti.

«Nate» gli disse, con uno sguardo che non prometteva niente di buono.

«Ciao tesoro, oggi sei ancora più radiosa del solito» replicò lui con un sorriso bonario e fece per metterle le mani sui fianchi, ma Alison lo respinse con uno schiaffo sui palmi.

«Ahi» si lamentò lui con una smorfia e ficcando le mani in tasca.

«Non pensi di dovermi delle spiegazioni?» gli domandò squadrandolo con gli occhi ridotti a due fessure.

Nate sospirò. «Mi dispiace, Alison, mi dispiace davvero, ma questo è un periodo…»

La ragazza gli portò l’indice sulle labbra, per zittirlo. «Non voglio sentire qualsiasi cazzata la tua mente ingegnosa abbia formulato. Voglio sapere la verità. Ti ho chiamato e mandato messaggi e l’unica cosa che sei stato in grado di scrivermi in una settimana è “Sono impegnato, ci sentiamo presto”?»

Nate prese un respiro profondo e capì che l’espressione di Alison era troppo seria per cercare di svignarsela con qualche scusa.

Lei non gli diede tempo di parlare. «La ragazza che c’era qui settimana scorsa» gli disse, «eri con lei?»

Lui esitò e Alison si affrettò ad aggiungere: «Non voglio fare scenate di gelosia. Voglio solo che tu sia sincero con me.»

Nate le mise le mani sulle braccia e la guardò negli occhi. «Ero in contatto con lei, ma non per i motivi che pensi. Mi ha presentato un’opportunità più unica che rara».

Alison sollevò le sopracciglia sottili con aria perplessa, in attesa che lui proseguisse.

«C’è questa borsa di studio e, se la vincessi, potrei frequentare un college a costo zero. E non un college serale, ma uno di quelli veri, uno di quelli che fanno la differenza».

Lei rimase a fissarlo qualche istante, poi sollevò una mano e gli accarezzò la guancia. La sua espressione si ammorbidì. «Sono felice per te, ma ricordatelo: non sarò questo a definire il tuo valore».

Un po’ spinto da quello sguardo dolce, un po’ dall’impazienza per l’incontro con Richie, Nate si allungò e le lasciò un bacio a stampo sulle labbra.

«Non mi sono dimenticato del tuo colloquio alla boutique» aggiunse, mentre sgusciava via e tornava a dirigersi verso le scale. «Quando finisco mi racconti tutto».

La salutò con la mano e si affrettò verso il piano superiore. 

Richie lo attendeva nel suo studio insieme a Ross. Non fece commenti sul suo ritardo, ma iniziarono subito a parlare di cose serie. Ross lo informò che il Devil Wheels sarebbe ripreso al più tardi due settimane più tardi e che doveva tenersi pronto a riprendere gli allenamenti in ogni momento.

«Ormai mi hanno licenziato» gli disse il ragazzo. «Ho tutto il tempo del mondo».

Ross parve soddisfatto della risposta, perché lo salutò con una pacca sulla spalla e si congedò da Richie.

Il padrone del Venus trattenne Nate ancora una decina di minuti. Gli chiese di aggiornarlo sulle ultime novità e lui lo fece, accennando solo ad un’opportunità che gli si era presentata ma senza specificare altro. Quando Richie fu soddisfatto, lo congedò invitandolo come al solito di fermarsi a bere di sotto.

Nate lo salutò e tornò da Alison, che stava guardando il proprio cellulare con aria annoiata. 

«Raccontami tutto» le disse prendendo posto davanti a lei.

Lo sguardo della ragazza si illuminò. Che creare vestiti fosse la sua passione si capiva dall’energia che traspariva dalle sue parole. Nate l’aveva sempre vista al Venus, un lavoro che non le piaceva spesso circondata da gente che detestava. 

Gli raccontò della donna che le aveva fatto il colloquio, di come avesse avviato la boutique da sola decenni prima e di come riuscisse a tenersi aggiornata con i tempi senza perdere il suo stile classico. «Ha detto che le piacevano i miei lavori e sono promettenti, ma devo ancora imparare molto. Per ora mi ha assunta come stagista».

«Lo hai già detto a Richie?»

Lei sbuffò. «Sì, gli ho chiesto di poter ridurre le ore e, anche se ha brontolato un po’, alla fine me l’ha concesso».

Il ragazzo sorrise. «Sono contento per te».

 

 

Quando Nate rientrò a casa, un’odore forte lo colpì facendogli storcere il naso. Ne individuò subito la fonte e si diresse verso la camera di Mike. Infatti, trovò l’amico che fumava uno spinello seduto vicino alla finestra aperta.

«Ehi» lo salutò.

«Ehi» rispose l’altro sorridendo. «Ne vuoi un po’?»

Nate soppesò le alternative che aveva, ma decise che il sorriso dell’amico era abbastanza convincente.

Lo raggiunse e per qualche istante nessuno dei due parlò. La finestra si affacciava sul cortile sul retro della palazzina, dove una donna era intenta a spostare i bidoni della spazzatura. 

«È da un po’ che non parliamo» esordì poi Nate, dopo aver preso un tiro e tendendolo all’amico.

«Vero, ma è stato un periodo strano» acconsentì Mike.

L’altro gli chiese di raccontare cosa fosse successo negli ultimi tempi.

«Settimana scorsa sono stato con una ragazza fantastica, ti piacerebbe» gli disse Mike. «Si chiama Sloan e cucina benissimo».

Nate sorrise alla vista dell’amico con gli occhi così luminosi. «Sembra carina. Jay mi ha detto che eri con una ragazza lunedì. Ti sei perso un documentario sull’obesità che ci ha tenuti svegli fino all’una».

Mike rise e scosse il capo. «No, lunedì ero con Abby, un’altra ragazza».

Gli rivolse un’espressione colpita. «E questa dove l’hai trovata?»

«Al negozio dove lavoro. È una miniera d’oro, Nate, dovresti farci un salto».

L’altro scosse il capo. «No, sono a posto così, grazie».

Lo spinello che si stavano scambiando finì troppo in fretta, così Mike frugò nel cassetto della scrivania e ne estrasse un altro. Lo accese e lo tese all’amico, che però scosse il capo e riprese la conversazione: «E Sloan e Abby sanno l’una dell’altra?»
Mike si strinse nelle spalle. «Sanno di non essere l’unica, ma non chiedono nomi. Come io non chiedo nomi degli altri ragazzi che vedono. E so di non essere l’unico. Né voglio esserlo».

Nate si fece pensieroso e aspettò che l’altro facesse qualche tiro.

«Posso farti una domanda?» gli chiese poi.

Mike gli rivolse un’espressione divertita. «Solo se non è difficile».

«Questo lo puoi decidere tu. Se avessi la possibilità di passare la serata con una delle due, sapresti scegliere? Così, su due piedi».

Mike ridacchiò a quella richiesta, poi si mise a riflettere. «Come ho detto Sloan cucina da Dio, quindi ci sarebbe quel vantaggio, ma Abby ha un culo… dovresti vederlo, da paura».

Nate sbuffò, con un sorriso. «Sto bene così, grazie».

L’altro fece per riprendere la sua difficile scelta, quando i suoi occhi furono attraversati dalla luce del dubbio. «Perché me lo stai chiedendo?»

Nate si strinse nelle spalle.

«Questa cosa riguarda Alison e Mila?»

Nate imprecò mentalmente. Da quando Mike era diventato così sveglio?

«Alison è uno schianto, seriamente» commentò l’amico. «Mila ti ha spezzato il cuore. E non frequenta quell’avvocato biondo?»

Lui annuì.

«Allora hai già la tua risposta. Alison è pazza di te, mentre l’altra è già occupata. Scegli le cose facili nella vita, amico».

Nate non replicò, ma rivolse lo sguardo fuori dalla finestra, pensieroso.

 

 

Qualche ora più tardi, si era spostato in cucina e stava aiutando Jay a preparare la cena. Dato che ormai era un disoccupato, aveva pensato che poteva cominciare ad occuparsi della casa un po’ di più di quanto facesse prima.

Mentre stava impanando la carne, che l’amico friggeva poco distante, sentì il suo cellulare squillare.

Lanciò uno sguardo a Jay, che gli rivolse un cenno d’assenso. «Rispondi, mi arrangio io qui».

Nate si sciacquò le mani e le asciugò rapidamente sullo strofinaccio, poi prese il cellulare e rispose al volo. Lo schermo segnava un numero sconosciuto.

«Nathaniel, sono James, ti disturbo?»

La voce dell’avvocato risuonò nel suo orecchio più fastidiosa di quanto si aspettasse.

«No, figurati».

Mentre l’altro riprendeva a parlare, lui si spostò nel salotto, lontano dal rumore di carne che friggeva della cucina.

«Ti chiamo per la borsa di studio di Thomson. Mila ti ha parlato della questione del garante?»

Il ragazzo corrugò la fronte, sorpreso. «No, non ne so nulla».
«Immaginavo. Per ogni candidato al premio è necessario un garante che manifesti l’effettiva buona volontà del suo protetto. Mila pensava di poterlo fare lei o al massimo chiedere a me, ma sembra che ci sia un requisito minimo di età».

Nate si lasciò cadere sul divano, emettendo un sospiro. Si diede dello stupido per essersi lasciato prendere dall’entusiasmo. Avrebbe dovuto immaginare che lo cose non vanno mai così bene. Non a lui.

«Non preoccuparti» lo rassicurò James. «Mila ha trovato una soluzione. I suoi genitori si tratterranno in città per qualche settimana e lei crede di riuscire a convincerli a farlo».

Nate imprecò sottovoce. L’ultima volta che aveva visto il signor Barnes era stato quando si era illecitamente introdotto in camera di sua figlia, ubriaco marcio, e aveva ricevuti due ceffoni in pieno viso dal padrone di casa.

«Non credo sia una buona idea» mormorò.

«Non dire stupidaggini!» lo rimproverò in tono bonario James. «Ti aspettano per una cena sabato sera. Ci saremo anche io, Mila e altri ospiti. Forse, per sentirti più a tuo agio, potresti portare qualcuno te. Ai signori Barnes farebbe piacere».

Nate si passò una mano sul volto. Quella conversazione stava risvegliando troppi brutti ricordi. Prese un respiro profondo e replicò: «Va bene».

James parve sollevato. «Avverto subito Mila, buona serata Nathaniel».

Chiuse la chiamata e il ragazzo si ritrovò paralizzato sul divano a chiedersi in che diavolo di situazione si fosse cacciato.

 

   
 
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