L’ufficio
dell’immigrazione era pieno, cosa che stupì Kaori
quando vi mise piede la
mattina dopo: non si era mai resa conto di quanti stranieri potessero
vivere
nella sola Tokyo, ma forse, dato che la città era il fulcro
economico del paese
ed il sempre
maggior numero di affari
che venivano condotti con l’estero per macchinari, veicoli e
tecnologia, non
c’era da stupirsi.
Sconsolata, appena vide la fila,
sospirò: ci avrebbero messo come minimo tutta la mattina,
lei avrebbe dovuto
rinviare quello che doveva fare al pomeriggio, e alla sera, quando si
sarebbe
dovuta vedere con Sayuri ed il fidanzato a cena, sarebbe stata stanca
morta.
Stava già meditando quale scusa passibile inventarsi per
posticipare di anche
sole ventiquattro ore quell’incontro, quando Ryo,
dall’alto del suo metro e
novanta e passa scrutò la folla, e prendendola per mano
passò bellamente davanti
a tutti, trascinandola davanti al banco dell’accettazione.
“Vieni, andiamo!” le disse,
sorridendo
sornione e facendole perdere un paio di battiti del cuore, mentre se la
tirava
dietro, tenendola per mano come fossero davvero una coppietta. Lei era
imbarazzatissima, Ryo invece distribuiva sorrisi a destra e manca,
seduttore
invece che maniaco per una volta, col risultato che nessuna donna aveva
il
coraggio di dirgli nulla, vittime del suo innato fascino da bel
tenebroso,
mentre gli uomini se ne stavano zitti e buoni intimoriti da quel
marcantonio
alto e muscoloso.
Kaori sospirò. Quando faceva
così non
sapeva se amarlo ancora di più o detestarlo, e dopo il tiro
mancino che le
aveva tirato lo capiva ancora più difficilmente. Non era
certa di come avesse
fatto a convincerla ad accompagnarlo lì…
preghiere di Ryo, preghiere di Saeko,
la richiesta di riflettere su cosa dirgli di no avrebbe implicato, su
cosa la
scomparsa di City Hunter avrebbe significato per la città,
di farlo per la
memoria del suo compianto fratello…
Alla fine, si era lasciata convincere,
se non altro per quell’incontro, poi si sarebbe visto,
avrebbero studiato
qualcosa, sperando di dover evitare di sposarsi per un motivo simile:
lo amava,
ormai erano anni che lo sapeva, nonostante lui invece si fosse rivelato
spesso
e volentieri quasi altalenante nel dimostrarle cosa veramente provasse.
Ma, se quel sogno di ragazza si
fosse
davvero avverato, lei avrebbe voluto che fosse per amore, e non certo
perché
lui aveva bisogno della residenza.
“Buon giorno, brav’uomo, avrei
bisogno
di presentare questa domanda per un visto temporaneo per
fidanzamento…” Ryo
fece un sorrisetto a trentadue denti, spaparanzandosi sul tavolo,
sperando di
poter irretire anche l’addetto, maschio, che, copia perfetta
di Shinsato, neanche
fosse stato il suo clone, lo guardò di traverso.
“Saeba, e… Makimura,
eh?” L’uomo
sogghignò, ghignando come il cattivo di un anime di serie C
mentre leggeva i
loro nomi sui documenti, e poi, plico in mano, si allontanò.
“Seguitemi, il
signor Shinsato vi sta aspettando.”
Kaori di nuovo si lasciò trascinare da
Ryo; aveva un brutto presentimento, quella storia non le piaceva, si
sentiva
che, presto o tardi, qualcosa di orribile sarebbe successo, come se
quell’avventura fosse stata in grado di stravolgere le loro
intere esistenze
molto più di qualsiasi cosa avessero affrontato in passato-
e forse era così.
Dopotutto, si era lasciata convincere da Ryo e da Saeko a piegarsi a
quella
messinscena “per il bene di tutti, Shinjuku
compreso”, e adesso rischiava
seriamente di dover smettere di essere Kaori Makimura e divenire Kaori Saeba, e Ryo non sembrava
minimante turbato dalla cosa, anzi: si stava comportando come suo
solito.
Possibile che non ci fosse nulla che lo potesse smuovere, turbare?
Vennero fatti entrare in un angusto
stanzino, riempito di fascicoli fino al soffitto, buio, dove
l’odore stantio di
chiuso regnava sovrano, quasi le finestre non fossero state aperte da
mesi, se
non anni; facendo attenzione a non far cadere a terra i mille mila
fascicoli
sparsi ovunque in equilibrio precario,
il duo si sedette davanti alla scrivania di Shinsato, che
senza dire una
parola faceva scorrere veloce gli occhi sui documenti che la sera prima
Kaori
aveva compilato - fosse mai che Ryo si occupasse di cose burocratiche-
prima di
chiudere il faldone sbattendoci sopra il pugno. I due sweeper si
irrigidirono e
sudarono freddo, leggermente agghiacciati da quella visione che non si
aspettavano, mentre, intorno a loro, le cartelle prendevano a cadere ed
i fogli
a volare, scossi da quel movimento simile-tellurico.
“Allora, sembrerebbe tutto a
posto,”
iniziò il burocrate, schiarendosi la voce e sistemandosi gli
occhialini.
“tuttavia devo porvi una domanda di rito: state forse
mettendo in atto una
frode per permettere al Signor Saeba di rimanere nel Paese?”
“MA…
MA È RIDICOLO!” Ryo sbottò, teatrale, alzandosi e
sbattendo i
piedi per terra come un bimbo di tre anni mentre sbraitava, lo
spostamento
d’aria che faceva volare altri fogli
e altre cartelline, che caddero in
grembo a Kaori. “Chi osa insinuare una cosa del
genere?”
“In realtà abbiamo avuto un
paio di
segnalazioni…” disse loro con un sorrisetto
compiaciuto sbattendo una
cartellina decisamente spessa sulla scrivania, in cui c’erano
ben più di un paio di
segnalazioni. Aveva sentito
le voci secondo cui Saeba era un dongiovanni scapestrato: tipi
così non si
sarebbero mai sistemati, mai avrebbero trovato una donna disposta a
tollerare
le loro effusioni maniacali verso altre donne, poco importava quanto
fossero
innamorati, e quelle segnalazioni erano prova che quei due stavano
tramando
qualcosa. “Una signorina Reika Nogami, un’altra da
una certa signorina Kasumi
Aso, e… uhm, in realtà sono tutte donne tranne
due…”
Ryo alzò gli occhi al cielo: a quanto
sembrava, Saeko aveva già messo in giro la voce del loro
fidanzamene, per
rendere forse la “messinscena” più
credibile. Ryo poteva pure immaginare da chi
venissero quelle segnalazioni… uno dei due uomini doveva
essere il professore,
che doveva essere davvero parecchio arrabbiato stavolta, se stava
perseverando
nel suo proposito di vendetta. E tutto per un cavolo di ciocca di
capelli!
“Quelle serpi sono tutte ex deluse che
io non mi sia mai voluto concedere loro, troppo preso dalla mia
cucciolotta,”
Ryo si limitò a dire indicando Kaori con un dito,
spaparanzato sulla sedia come
nulla fosse, incapace di cogliere la rabbia di Kaori, che non tollerava
come
lui stesse prendendo alla leggera quella delicata situazione.
“Uno dei due
uomini invece mi gioco la testa che è tale Mick Angel, che
ce l’ha con me
perché Kaori ha preferito il sottoscritto a lui. A
proposito, Mick Angel è
Californiano, fossi in lei farei qualche domandina in giro…
non vorrei che
fosse il suo di visto ad essere
scaduto… o peggio… che stesse usando un visto
turistico nonostante faccia
l’investigatore privato e il
reporter
percependo quindi un reddito nel nostro beneamato
Paese…”
Mentre Kaori gli pestava il piede con
il tacco, furibonda che lui stesse mettendo in piazza gli affari degli
amici
per salvarsi la pelle, Ryo si morse la lingua per non sbraitare: se
Shinsato
avesse visto che litigavano, avrebbe avuto sentore che qualcosa non
andava.
Il burocrate alzò gli occhi al cielo,
sentendo puzza di bruciato lontano un miglio, poi prese un profondo
respiro.
“Allora, adesso vi spiego come
procederemo: per prima cosa vi chiuderemo in due stanze separate e vi
metteremo
sotto torchio ponendovi domande a cui solo due persone in una relazione
effettiva saprebbero rispondere. Poi indagherò nella vostra
vita di tutti i
giorni, per assicurarmi che non siate due semplici
coinquilini… chiederò ai
vostri amici, vicini, conoscenti, parenti, tutti quanti per farmi
un’idea
chiara della situazione, e se dovessi avere il benché minimo
sospetto che state
cercando di truffarmi, giuro signor Saeba che la metterò io
stesso sul primo
aereo per la Colombia, mentre lei, signorina…”
sghignazzò, indicando Kaori.
“sarà accusata di un reato punibile con una multa
di ventisette milioni e mezzo
di Yen e cinque anni di prigione.”
Fissando il burocrate, Kaori ingoiò a
vuoto, mentre stringeva la mano di Ryo con una tale forza che quasi gli
spezzò
le dita.
Non aveva la benché minima intenzione
di marcire in galera per cinque anni. Era giovane, carina, aveva tutta
la vita
davanti, e poi sì, forse era leggermente brutale con Ryo, ma
sotto sotto aveva
un buon carattere, docile e timido, e in galera quelle come lei faceva
tutte
una brutta fine.
Le ossa scricchiolarono mentre lei
continuava, imperterrita, a stringere in quella morsa letale la mano
dello
sweeper, e gli lanciava un’occhiata a dir poco infuocata, che
fece tremare Ryo
di paura più di un’armata.
Forse quella farsa non era stata l’idea
brillante che gli era sembrata all’inizio.
“Allora… avete qualcosa da
dichiarare?
I documenti non sono stati ancora formalmente presentati, quindi tutto
quello
che direte rimarrà tra di noi e non uscirà mai da
questa stanza.” L’ometto, coi
brillanti occhi da topo, incrociò le mani sotto al mento,
gongolando. “ Se
ammetterete qui ed ora che avevate intenzione di commettere una frode
non
sarete perseguitati.”
“NON
ABBIAMO NULLA DA DIRE!” Proruppe Kaori, alzandosi in piedi e stringendo
i denti; leonessa che difendeva il suo branco, Ryo non sapeva se essere
terrorizzato da quella disarmante forza, lusingato oppure semplicemente
eccitato dal fuoco che le scorreva nelle vene. “Chieda pure a
tutte le nostre
ex clienti, ai nostri amici, le diranno tutti che sono anni che Ryo ed
io ci
giriamo intorno all’idea di una relazione. Gli uomini le
diranno che smettevano
di tentare di sedurmi perché capivano che non
c’era competizione, le donne si
arrendevano perché comprendevano che Ryo era troppo dedito a
me. Lo stesso
signor Angel le dirà che è da quando ho sedici
anni che vado dietro a
q-questo…” Kaori indicò Ryo, tremando
leggermente, alla ricerca del termine
adatto, mentre il socio la guardava con un sopracciglio alzato, curioso
di
sentire con cosa se ne sarebbe uscita.
Un insulto?
Un delizioso nomignolo come il suo cucciolotta
per lei?
“…quest’uomo!”
disse lei infine, dopo
un attimo di esitazione, le guance imporporate. Ryo sbuffò
leggermente, deluso:
si era aspettato qualcosa di un po’ più personale,
francamente, da lei, ma
probabilmente quella era stata una scelta quasi auto-difensiva, dettata
dal
desiderio di non esporsi troppo proprio con lui. “E per
quello che riguarda le
nostre famiglie… beh, Ryo praticamente ha solo me, mentre io
ho una sorella
biologica che ho ritrovato recentemente, Sayuri
Tachiki…”
Mentre la presa di Kaori tornava a
farsi forte sulla sua mano, Ryo si morse la guancia, pensieroso, alla
menzione
di Sayuri. Aveva la netta impressione che ci fosse qualcosa di
importante da
ricordare, che Kaori gli avesse detto qualcosa della sorella... ma
cosa?
Avevano parlato alcuni giorni prima, mentre lei stava cucinando e
canticchiando, ma lui non l’aveva ascoltata, preso
com’era a fissare quel
delizioso sederino strizzato in una minigonna da urlo, fingendo che il
palesato
interesse del suo amichetto nelle parti basse fosse dovuto alle sue
letture
culturali… e poi quella sera, un paio di giorni prima, a
cena… lei gli aveva
detto che doveva ricordarsi… cosa? Ancora non lo ricordava:
non l’aveva
ascoltata perché aveva approfittato della distrazione di
Kaori per fissarle
quell’invitante scollatura, che lasciava intravedere quella
deliziosa valle che
la giovane aveva tra quei bei seni sodi. Lui si era messo a chiedersi
se avesse
il reggiseno o meno quella sera, e tutto il resto era diventato rumore
bianco…
“Ed era lei che ieri ero andata a
prendere all’aeroporto, non so se si ricorda che glielo avevo
accennato. Lei ed
il suo fidanzato, in realtà. Sa, mia sorella è
redattore capo del Weekly News,
la sezione internazionale…” Kaori
continuò, un po’ petulante, sottolineando
molto bene la professione della sorella, quasi quel lavoro (ed un
premio
Pulitzer) potesse valere degli immaginari punti nel tabellone tenuto da
quel
burocrate da strapazzo. “Ed è tornata a Tokyo per
qualche giorno perché ci
teneva davvero tanto a sposarsi con
il rito tradizionale. E dato che comunque sono solo un paio di mesi che
Ryo ed
io abbiamo formalizzato la nostra relazione, avevo pensato che fosse
meglio
attendere che lei, la sorella maggiore, si fosse sposata, sia mai che
creda che
le voglia rubare le luci della ribalta. Ma tutto sommato credo che lei
abbia
ragione e parlarne anche a lei sia la cosa migliore. E comunque Sayuri
ha
sempre saputo che tra me e Ryo c’era del tenero.? Me lo aveva
pure detto una
volta all’aeroporto… che non aveva cuore di
chiedermi di seguirla perché sapeva
che lo amavo troppo e che sarebbe stato terribilmente
ingiusto” Te lo ricordi,
vero tesoruccio caro?”
Le ultime due parole suonarono,
all’orecchio di Ryo, come un sinistro sibilo continuo, mentre
Shinsato strinse
quegli occhietti malefici, certo che quei due non gliela stesero
raccontando
giusta; nella sua testa si stava già formando un piano ben
preciso, aveva in
mente tutte le domande che avrebbe fatto, si sarebbe studiato la cosa
per bene…
e poi li avrebbe fatti capitolare.
Saeba sarebbe finito espatriato
all’estero, Makimura dietro le sbarre e lui avrebbe
finalmente avuto la tanto
agognata promozione, e soprattutto, dopo quei due disastrosi casi che
gli erano
capitati – l’editor Cinese di una casa editrice
Giapponese che si era messa con
il suo segretario, e quel pagliaccio Irlandese che se la faceva con la
sua
capa- tutti all’ufficio avrebbero finalmente smesso di
ridergli dietro, e
capito di che pasta era davvero fatto Abe Shinsato!
“Bene, allora ci vediamo
lunedì
prossimo alle undici, va bene?” sogghignò, mentre
porgeva alla coppia un
minuscolo post-it con una scritta appena visibile, foglietto che Ryo
afferrò
seccatamente ficcandoselo in tasca della giacca insieme al quintale di
robaccia
che teneva lì dentro- accendino, mentine, sigarette,
ricevute varie, appunti
sparsi, volantini – prima di alzare le tende.
La coppia uscì in strada, dove lo
sweeper, leggermente incurvito, le mani nelle tasche dei jeans neri,
prese a
calci una lattina vuota di Coca Cola, lanciandola dentro
un cestino dei rifiuti con la sua solita perfetta mira.
“Porca miseria, non mi aspettavo che ci
mettessero sotto torchio! E adesso cosa facciamo?” Lui se ne
uscì, seccato;
tuttavia il suo tono sembrava sottolineare come quella fosse una minima
seccatura, e non un grave e reale problema.
Di questo suo pressapochismo, Kaori ne
aveva, francamente, abbastanza.
“Che facciamo? Te lo dico io cosa
facciamo, emerito imbecille!” gli sibilò contro,
disperatamente cercando di non
attirare troppo l’attenzione dei passanti, e temendo che quel topo li stesse spiando dalla
finestra per studiarsi ogni loro
possibile mossa. “Per prima cosa, Sayuri e Peter lasceranno
il loro albergo e
verranno a stare da noi nella stanza degli ospiti, e io vengo a dormire
nella
tua stanza e tu te ne dormirai per
terra nel futon. Noi due ci comporteremo come una perfetta coppia di
sdolcinati
innamorati. Tu mi tratterai bene, non insulterai né me
né la mia cucina, ti
comporterai come un normale essere umano e non un porco pervertito
perennemente
con le fregole, non salterai addosso a nessuna donna, non tenterai di
pretendere pagamenti in natura da Saeko né da
nessun’altro elemento di sesso
femminile, e soprattutto terrai le tue luride manacce lontano da mia
sorella!”
“Andiamo, Kaori,
dai….” Pugni stretti
lungo ai fianchi, Kaori prese a camminare verso Ryo, che con ogni passo
della
donna indietreggiava, immaginandosi le peggio punizioni, disperatamente
cercando di metterla sul ridere: ma Kaori non sembrava condividere il
suo senso
dell’umorismo.. “Perché non ti calmi un
po’? Mi sembri leggermente nervosa, eh,
eh, eh..”
“Ryo…” Kaori
alzò un sopracciglio, il
suo tono serio, ma distaccato e freddo, tipico di chi si stava
limitando ad
enumerare dei banali fatti. “Non so se hai ascoltato bene
cosa quel tipetto ci
ha detto, ma io rischio una multa milionaria e di finire in galera.
Ora, un
conto è finire in galera perché combiniamo casini
per aiutare chi ha bisogno,
ma farlo perché tu hai
litigato per
chissà che motivo col professore, quello no,
quindi…”
Guarda
che tu non lo sai ma io difendevo il tuo onore, cocca, Lo sweeper
bofonchiò, sbuffando- cosa che fece venire un mancamento
alla donna.
Non la stava prendendo sul serio. Lui
rischiava l’espulsione, avrebbero potuto doversi sposare per forza, lei rischiava la galera e una
multa astronomica… e lui
continuava a fare il cretino. Sconsolata, Kaori scosse il capo,
piagnucolando,
in preda alla depressione più cupa, chiedendosi, non per la
prima volta da
quando lo aveva incontrato sedicenne, come diavolo potesse Ryo essere così in gamba e così
cretino allo stesso tempo. E soprattutto, cosa avesse fatto
lei di male nella vita per finire innamorata di un caso umano del
genere.
“Quindi?” Ryo sudò
freddo, la schiena
contro un lampione, Kaori a braccia consorte davanti a lui che lo
guardava con
una cruda determinazione negli occhioni color nocciola.
“Quindi,
visto che proprio dobbiamo andare avanti con questa farsa, esigo almeno
una
dichiarazione ed una proposta di matrimonio. Fatte per bene,
perché non ho
intenzioni di permetterti di dire in giro che me lo hai chiesto solo
per
portarmi a letto o mentre mi palpavi il sedere, chiaro?”
Ryo si grattò il capo, sbattendo le
palpebre. Guardò di nuovo Kaori, ma nulla: la donna
continuava ad essere
impassibile.
Era seria. Voleva una dichiarazione
d’amore ed una proposta di matrimonio, in piena regola. Fatte
per bene. Lì, seduta
stante.
“Ah.” Grattandosi il mento,
Ryo prese a
guardarsi intorno e pensare, riflettere. Era chiaro che Kaori
desiderasse
umiliarlo e farlo strisciare ai suoi piedi, e tutto sommato aveva anche
ragione- stava, come al solito, rischiando grosso per lui, dopotutto. E
forse
avrebbe potuto portare a casa la pelle senza umiliarsi troppo. Quindi,
continuo
a riflettere, cosa volevano sentirsi dire le donne quando un uomo si
dichiarava- e soprattutto, cosa avrebbe potuto desiderare Kaori?
Avrebbe forse
voluto una ripetizione di ciò che, meno di due mesi prima,
le aveva detto nella
radura, o forse qualcosa di più diretto? Avrebbe preferito
della sana, candida
onestà o, visto che quella era una farsa, avrebbe dovuto
mentire, e dire le
solite cose che gli uomini dicevano in quelle occasioni?
Alzò lo sguardo verso di lei, ed i loro
occhi si incontrarono. Kaori si morse le labbra ed arrossì
lieve, e Ryo avvertì
una sensazione al petto a cui non riusciva a dare un nome, ma che lo
faceva
sussultare in un modo a lui sconosciuto. Sì sentì
timido ed impacciato come un
ragazzino, ma guardando la sua socia, la sua partner- l’amore
della sua vita-
capì che non poteva, né voleva fingere.
Forse sarebbe stato solo un finto
matrimonio all’inizio, grazie ai sentimenti che Ryo sapeva
entrambi nutrire
l’uno per l’altra, improvvisamente fu colto dal
desiderio che col tempo la loro
unione potesse divenire reale.
Molto probabilmente, quella sarebbe
stata l’unica volta in cui avrebbe potuto realizzare il suo
segreto sogno, quel
desiderio inatteso, di chiedere a Kaori di sposarlo.
Forse, quella sarebbe stata l’unica
volta in cui lei gli avrebbe detto sì
senza
alcuna esitazione.
Doveva essere onesto: lo doveva ad
entrambi. Poco importava se lei non gli avesse creduto: lui, in cuor
suo,
avrebbe saputo la verità.
Prese la mano sinistra di Kaori e le
tolse l’anello, facendole l’occhiolino con un
sorrisetto furbo, dopodiché,
sotto gli occhi stupiti ed interessati dei passanti, si mise in
ginocchio.
“Kaori….”
Iniziò, leggermente
imbarazzato, schiarendosi la voce, tenendo la sinistra della donna
nella sua.
“So che ti ho sempre detto che con questo lavoro proteggere
un’altra
persona…o…o… o magari anche
un…un…un bambino mi sarebbe stato impossibile,
ma….” Ingoiò, mentre si passava nervoso
una mano tra i capelli, incapace di
mantenere lo sguardo di Kaori, troppo imbarazzato per cosa le stava
finalmente
ammettendo: alla fine, quella battuta che aveva fatto un giorno a
Saeko,
sull’essere un ragazzo timido, si era rivelata veritiera.
“Vedere Miki e Umi che si sono sposati mi ha fatto riflettere, e,
ecco, vedi, da
quando tuo fratello ti ha affidato a me, io è da allora che
mi chiedo se fosse
meglio per te rimanere al mio fianco o convincerti a vivere una vita
normale, e
ho vissuto nell’indecisione fino ad ora, facendoti soffrire.
Ma adesso ho
capito che… che voglio vivere per rimanerti accanto e
proteggerti perché…”
Ingoiò a vuoto, quella parola che di
uscire dalla sua bocca non ne voleva proprio sapere, ma poi fece
l’errore di
guardare Kaori, e rimase incantato dall’innocenza e dalla
dolcezza che vide nel
suo sguardo, carico di emozione.
Ritrovò la voce, le parole che gli
venivano dritte dal cuore.
“Io ti amo, Kaori, e sarei
onorato….sarei l’uomo più felice del
mondo se tu volessi passare il resto della
tua vita accanto a me!” Con espressione leggermente
imbronciata, lo sguardo di
un bambino che cercava di trasmettere ai genitori lo smanioso desiderio
di
possedere quel determinato oggetto, senza cui la sua vita sarebbe stata
rovinata, Ryo guardò la giovane donna negli occhi, mentre
faceva ritmicamente
scorrere sulla pelle delicata il pollice ruvido. “Kaori, vuoi
sposarmi?”
Il cuore di Ryo perse un battito: Kaori
aveva le lacrime agli occhi, ed in quell’istante comprese
che, se lui era stato
onesto in quella confessione, dicendo parole che gli provenivano dal
profondo
dell’animo, lei in quell’istante lo era nel
rispondergli.
Lo voleva. Tanto quanto lui voleva lei.
Perché, allora, non potevano ammetterlo l’un con
l’altra?
“Io….” La donna
arrossì, ed abbassò,
timida, gli occhi. “Sì.”
Col sorriso sulle labbra e negli occhi-
un vero sorriso svolta, non sornione, non fascinoso, senza ombra di
manipolazione- Ryo infilò l’anellino
all’anulare sinistro della partner, e
alzandosi in piedi la trascinò nel proprio abbraccio, e la
strinse. Ragazzine
applaudivano, donne sospiravano, qualcuno faceva foto, in tanti
applaudivano
quel romantico gesto e qualcuno lo spronava a comportarsi da uomo e
baciarla.
Ryo però non dette ascolto a questi
ultimi; guardò Kaori, che imbarazzata, ma col sorriso, si
stringeva a lui, e
come aveva fatto tanti anni prima, quando lei gli aveva dato un
compleanno,
felice e spensierato, leggero, le lasciò un delicato bacio
sulla fronte.
Nulla di spinto, nulla di sensuale: era
un contatto casto, veloce, eppure… eppure
emozionò Kaori proprio come quel
giorno anni prima, facendola stringere ancora di più al suo
uomo, mentre,
timida e impacciata, nascondeva il viso nell’incavo del collo
di Ryo.
Intenerito, lui lasciò un altro bacio
sulla delicata pelle della fanciulla, facendosi una solenne promessa:
forse
quel matrimonio sarebbe nato come una menzogna, con un secondo fine, ma
lui non
le avrebbe mai fatto mancare nulla. Lui l’avrebbe resa
felice, trasformando
quel matrimonio che lei credeva d’interesse in un vero
matrimonio d’amore.