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Autore: Signorina Granger    26/04/2021    10 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Vostro figlio/a è una testa calda? Ha combinato qualche guaio indicibile, prende solo T in alcune materie e non ha voglia di fare nulla?
Volete levarvelo/a di torno per metà delle vacanze estive?
Ritenete che i mesi trascorsi ad Hogwarts non siano stati abbastanza e che in vista del VII anno abbia bisogno di studiare ulteriormente?
Cari genitori, nessun problema: il Phoenix Feather Camp fa al caso vostro.
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of weird campers'
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Capitolo 4

 
“Buongiorn-PERCHÈ QUESTA GALLINA È SEMPRE DOVE NON DOVREBBE?!”
Imprecando a bassa voce Phil abbassò lo sguardo e lanciò un’occhiata velenosa in direzione di Sunday, che si allontanò indignata e muovendo le ali dopo essere stata quasi calpestata dal mago. Era probabilmente la ventesima volta in quattro giorni, e Phil aveva la sensazione che se non avesse fatto attenzione entro la fine del mese avrebbe rischiato di far fare una brutta fine all’animale.
“Phil, sei un mostro! Attentare così alla vita di Rosita!”
Margot – che uscì in quel momento dalla sua camera con in testa un asciugamano messo a turbante e le immancabili pantofole ai piedi – si chinò per accarezzare e tranquillizzare la gallina, non senza scoccare un’occhiata divertita in direzione del collega, che invece sbuffò e incrociò le braccia al petto:
“Ma non lo faccio di proposito, mi capita sempre tra i piedi!”
“Buongiorno. Sono l’unico a non capire perché chiamate quella gallina Rosita?”
Beaumont si chiuse la porta della sua camera alle spalle accennando un sorriso gentile ad entrambi e sistemandosi distrattamente il colletto della camicia blu che indossava. Margot, raddrizzandosi l’asciugamano sulla testa, ricambiò il sorriso prima di accennare all’animale con aria divertita:
“Colpa mia, e Phil ha preso l’abitudine di imitarmi. Sai, c’era questa pubblicità con un tipo che viveva in un mulino e aveva una gallina di nome Rosita…”
“Davvero? E perché viveva in un mulino?”
“Per fare panificati, ma era solo una pubblicità, quindi non ci viveva davvero, era finto… storia lunga. Resta però il fatto che io abbia una gran fame, quindi andiamo a fare colazione! Sai Beau, stai proprio bene con questa camicia, le ragazze saranno tutte entusiaste!”
Troppo punto sul vivo per notare il sorrisino che fece capolino sulle labbra carnose di Margot, Beaumont s’irrigidì, mormorando che si sarebbe cambiato prima di girare sui tacchi, aprire la porta della sua stanza e sparire al suo interno.
La strega ciabattò verso le scale come nulla fosse, ma a Phil non sfuggì la lieve risatina che lasciò le labbra della collega e la seguì scuotendo leggermente la testa con finta disapprovazione:
“Sei proprio perfida.”
“Detto da te che terrorizzi gli studenti ogni giorno, è un complimento.”
“Sì, sì, certo… Bocca Storta(1), posso chiederti però di abbassare il volume, quando guardi quella roba? Le nostre camere sono confinanti e ieri notte ho sentito drammi di corna e matrimoni reali fino all’una!”
Phil non avrebbe mai ammesso di essere quasi rimasto preso dalla trama che era stato costretto a sorbirsi mentre cercava di dormire, e Margot fece spallucce mentre si raddrizzava il turbante con finta aria sostenuta:
“Tsz, prima di partire ho scaricato tutta la quarta stagione di The Crown, mi manca una puntata e voglio vederla più tardi, mi dispiace se il tuo sonno di bellezza ne risentirà. E non chiamarmi Bocca Storta!”
Ignorando lo sguardo truce che la collega gli rivolse, Phil aggrottò le sopracciglia creando una piccola ruga in mezzo alla fronte. Stava per informarla, stizzito, che la sua era una bellezza naturale e che non aveva bisogno di tutta la roba che lei si spalmava in viso o di pisolini, ma sapeva che sarebbe stata una battaglia persa in partenza e decise di soprassedere.
 
 
*
 

“Shou Park, esci immediatamente! Maledizione a mia madre che mi ha sequestrato le Caccabombe prima di partire… Sarebbe stato il modo più efficace per scollarlo dal bagno.”
Malai sbuffò e riprese a prendere a pugni la porta del bagno mentre Hiro, in piedi accanto a lui e appoggiato mollemente con la spalla alla parete stringendo le braccia al petto, scuoteva la testa con rassegnazione:
“Lascia perdere, scommetto la mia media perfetta che ha le cuffie e non sente una parola di quello che diciamo.”
“Ma io devo farmi la doccia! Aspetta, ho avuto un’idea geniale!”
Hiro aveva ormai vasta esperienza delle idee geniali di Malai, che conosceva da quando entrambi portavano il pannolino: anche se il Corvonero era nato e cresciuto in Giappone suo padre lo aveva portato spesso in Inghilterra per fare visita a familiari e amici, in particolare il padre di Malai, un suo vecchio compagno di scuola, ed era così che i due bambini avevano fatto amicizia. Hiro spalancò gli occhi scuri, allarmato, mentre il Tassorosso si allontanava dalla porta del bagno con addosso il suo pigiama giallo e nero di Adventure Time per andare nella loro camera.
“Emh… Hai intenzione di scrivergli un messaggio minatorio e di farlo passare sotto la porta?”
Raggiunto l’amico sulla soglia della stanza, Hiro lo guardò accigliato prendere un foglio di pergamena e una piuma, sedersi sul letto di Shou e scrivere frettolosamente qualcosa dopo aver intinto la penna nell’inchiostro.
“Meglio, molto meglio.”
 

 
*

 
Dopo essersi lavata e vestita, Lilian si era attardata in camera per qualche minuto mentre le sue compagne erano scese al pian terreno dello chalet per fare colazione. Seduta sul bordo del suo letto, la Grifondoro stava chiudendo con cura una borsa di tela quando la porta si aprì e Priscilla fece timidamente capolino sulla soglia della stanza, accennando un sorriso all’amica:
“Tutto bene? So che preferisci non essere disturbata, ma volevo essere sicura che fosse tutto a posto.”
“Sì, certo Prisci, non ti preoccupare.”  La strega, dopo aver riposto la borsa all’interno del suo baule, si alzò in piedi rassettandosi la gonna del vestitino a fiori bianchi e neri con bottoni sul davanti che indossava e ricambiò il sorriso della Corvonero, che parve rasserenarsi e la imitò. Le due stavano per uscire dalla stanza quando un particolare suono attirò la loro attenzione, portandole a voltarsi simultaneamente verso la grande vetrata che riempiva di luce la stanza posta alle spalle di due poltrone di cuoio rosso scuro.
“Hai sentito anche tu?”
“Sì… era come se… come se qualcuno bussasse sulla finestra.”
Priscilla aggrottò leggermente le folte sopracciglia scure mentre l’amica, annuendo, si avvicinava perplessa alla grande finestra. Fu dopo aver superato le poltrone ed averla osservata da vicino che Lilian scorse ciò che aveva attirato la loro attenzione: un aereoplanino di carta si librava a mezz’aria davanti al vetro, picchiettando leggermente su di esso per farsi aprire.
“Ma che diavolo…”
“Un aeroplanino di carta? Sarà dei ragazzi?”
Priscilla, curiosa, si avvicinò all’amica mentre Lilian apriva la parte superiore della finestra permettendo all’aereoplanino di entrare nella stanza e planare nella sua mano sinistra, restando immobile dopo essere giunto a destinazione.
La Grifondoro lo spiegò – sempre più curiosa – e quasi scoppiò a ridere quando lesse il messaggio che la pergamena riportava:
 
Fa’ uscire tuo cugino dal bagno!
 
“Ma è Malai!”
Lilian non avrebbe nemmeno avuto bisogno dell’esclamazione di Priscilla, o del cenno che l’amica fece verso lo chalet dei ragazzi: aveva riconosciuto la grafia dell’amico alla prima occhiata, e il messaggio era comunque piuttosto eloquente. Tuttavia, la Grifondoro sollevò comunque la testa per cercare il ragazzo con lo sguardo, ridendo quando vide il Tassorosso in piedi su un terrazzo e impegnato a sbracciarsi nella loro direzione.
“Non ci posso credere… Prisci, mi passi una penna per favore?”
 
 
Ma quanto ci metteva La Cinese a rispondere? Stava gelando, in piedi sul terrazzino della sua camera con addosso solo il suo pigiama a maniche corte. Rabbrividendo un poco, Malai strinse la presa sulla ringhiera proprio mentre l’aeroplanino di carta si librava in aria dalla finestra delle ragazze dritto nella sua direzione.
Sollevato, quando l’aeroplanino lo raggiunse il ragazzo lo afferrò al volo e si affrettò a aprirlo, aggrottando le sopracciglia con indignazione quando lesse le parole che Lilian aveva scarabocchiato sotto alla sua richiesta di aiuto:
 
Problema tuo cocco!
Smack Smack!(2)
 
Smack Smack?! Come sarebbe a dire?! Abbandoni così gli amici nel momento del bisogno?”
Malai sollevò la testa in direzione dell’amica ululando con indignazione e agitando il foglietto mentre Lilian, sporgendosi dalla finestra, gli sorrideva amabilmente e gli inviava un bacio aereo prima di salutarlo con la mano e infine allontanarsi prendendo Priscilla sottobraccio. Malai non poté vederla in volto mentre si allontanava dalla finestra, ma riuscì comunque ad immaginare chiaramente il sorrisetto divertito che avrebbe intravisto sul viso dell’amica se fossero stati vicini.
A volte sei proprio un’amica infame e una grandissima stronza, Lilian Park!”
“MALAI JOHANSSON!”
Malai si pentì della sua invettiva contro Lilian non appena udì la voce della Campbell chiamarlo e istintivamente – imprecando – si inginocchiò fulmineo per nascondersi dietro al parapetto di legno. Margot, in piedi sul prato che circondava lo chalet dei ragazzi dopo essere uscita insieme a Nix, aggrottò la fronte osservando i ricci castani del ragazzo fare capolino da dietro le assi di legno: veramente pensava di non essere visto?
“Malai, guarda che ti vedo benissimo! Ti sembra il modo di parlare ad una tua compagna?!”
Margot incrociò le braccia al petto nella sua migliore posa da “professoressa severa” mentre Malai si rialzava in piedi, rassegnato, per poi sporgersi verso di lei e rivolgerle la sua occhiata implorante più convincente:
“Scusi prof, non lo farò mai più… La prego, non lo dica a mia madre!”
“Ci devo riflettere.”
“Proooof, per favore!”
Il ragazzo si sporse ancora di più sul parapetto verso di lei e cercando di assumere un’espressione innocente. Ormai avvezza al finto faccino angelico dello studente Margot, alzando gli occhi al cielo, abbandonò la sua aria sostenuta per liquidare il discorso con un rapido gesto della mano:
“Mpf, va bene, ma sii più educato con le tue amiche, o ti metto a falciare le erbacce. E sbrigati, il Professor Hawkes vi aspetta!”
“Prof, ma Park ha monopolizzato il bagno di noi del VI anno, come faccio?!”
Margot esitò prima di rispondere e strinse le labbra, a disagio: avrebbe voluto consigliargli di lanciare una Caccabomba davanti alla porta, ma si disse che quello decisamente non era un atteggiamento da insegnante e si impose di evitare quel suggerimento. A volte era davvero difficile fare da esempio ai ragazzi.
“Prova un incantesimo, ma ti prego Malai, non sfasciare lo chalet dopo soli quattro giorni.”
“Farò il possibile. A dopo prof!”
Malai sparì dal terrazzo dopo averle rivolto un ultimo sorriso allegro e Margot, alzando gli occhi al cielo, diede una carezza sulla testa di Nix prima di abbassare lo sguardo sul cane:
“Dici che arriveremo tutti indenni alla fine del mese, Nix? No? Nemmeno io.”

 
*

 
Amelie guardò tristemente le pagine del libro aperto che aveva davanti, conscia di non aver capito quasi nulla di ciò che il professore aveva spiegato fino a quel momento. Aritmanzia l’aveva sempre incuriosita, ma pur impegnandosi aveva sempre faticato a prendere buoni voti: se aveva superato i G.U.F.O. era solo merito dell’infinita pazienza del Professor Hawkes, che aveva sempre fatto il possibile per aiutarla accettando persino di darle una mano oltre l’orario di lezione.
Tuttavia, c’era qualcosa nelle lezioni del bel professore che la giovane strega faticava a tollerare. Qualcosa che non aveva nulla a che fare con i modi pacati e gentili o con le spiegazioni dell’uomo, bensì con le sue compagne che passavano le ore a scambiarsi bisbigli civettuoli e bigliettini dove sicuramente commentavano l’aspetto dell’insegnante.
Infastidita, la Corvonero – seduta su un banco vicino a Tallulah – si voltò e sibilò alle compagne di fare meno casino:
“Qui c’è anche qualcuno che cerca di capire qualcosa!”
“Lascia perdere Amelie, non c’è speranza. Però un po’ le capisco, come si fa ad essere immuni al fascino di Hawkes…”
Tallulah sospirò e guardò il professore scrivere qualcosa sulla lavagna in un misto di rassegnazione e aria sognante, maledicendo la sorte per aver fatto nascere lei e Beaumont Hawkes a quasi vent’anni di distanza mentre Amelie, abbozzando un sorrisetto, ricordava alcune scene esilaranti a cui si trovava ad assistere ogni anno:
“Hai mai notato come si mettono in tiro le madri, soprattutto quelle più giovani, quando torniamo a Londra con il treno? Stanno lì tutte in trepidante attesa che scenda il prof, e poi gli si ammassano intorno come api sul miele!”
“Merlino se l’ho notato. Una cosa terribilmente imbarazzante…”
Tallulah era una vera e propria esperta in materia di genitori imbarazzanti. Come diceva sempre saggiamente Malai, se avessero indetto un torneo ad Hogwarts lei ne sarebbe uscita vincitrice in uno schiocco di dita. E non avrebbe mai scordato quando, tre anni prima, sua madre era andata a prenderla a King’s Cross e aveva visto per la prima volta Hawkes e MacMillan.
 
“Tesoro, ma quelli sono i tuoi professori?”
Millicent aveva strabuzzato gli occhi mentre osservava i due aitanti insegnanti scaricarsi i bagagli dal treno chiacchierando – forse chiedendosi perché lei, al tempo, come unico professore giovane avesse avuto quell’untuoso di Piton(3) – ma Tallulah, scoccatale un’occhiata d’avvertimento, l’aveva presa sottobraccio per affrettarsi a portarla via:
“Non ci pensare neanche mamma. Sei troppo vecchia per loro.”

“Quanti anni pensi che abbia, ragazzina?!”
“Boh, 50?!”
A quel punto le orecchie di Millicent, lontana dal compiere 50 anni, avevano iniziato ad andare a fuoco, e Tallulah si era affrettata a far cadere la discussione. Di sicuro però non avrebbe mai permesso a sua madre di unirsi allo stuolo di fan di Beaumont Hawkes.
 
Tallulah scosse la testa con disapprovazione mentre Amelie, sospirando, si chiedeva in che modo avrebbe superato i test settimanali di Aritmanzia. Poteva solo sperare in un miracolo.
Dietro di loro, Priscilla non se la cavava meglio: benchè Aritmanzia le piacesse molto – senza contare il clima rilassato delle lezioni, assai diverso da quello pregno d’ansia che vigeva nelle lezioni di Antiche Rune – la Corvonero aveva avuto la malsana idea di prendere posto tra Lilian e Malai, e ora pagava le conseguenze delle sue azioni.
“Ma perché non ci sono Hiro o Shou…” Rimpiangendo la presenza dei suoi altri amici, vicino ai quali avrebbe potuto sedersi ed evitarsi quella condanna, Priscilla si spostò per evitare il pezzetto di gomma che Malai lanciò dritto tra i capelli di Lilian accusandola di essere una cattiva amica:
“Così impari a non venirmi in aiuto, ho dovuto minacciare tuo cugino di buttargli il computer dove tiene canzoni e serie tv nel lago!”
“Siete voi la coppietta sposata, impara a gestire il tuo migliore amico! E lanciami ancora qualcosa nei capelli e ti spezzo quelle gambe da giraffa!”   La strega ridusse gli occhi scuri a due fessure mentre scrutava l’amico, che ricambiò con un’occhiata di sfida mentre Priscilla, in mezzo a loro, sospirava:
“Ragazzi, basta, dai!”
Sarebbe stata una lezione molto lunga.

 
*

 
Marley stava uscendo dallo chalet insieme a Blodwel, entrambe sollevate di non aver ricevuto troppi compiti da fare, quando il suo sguardo s’illuminò: la Tassorosso aveva scorto il professor Watrous, che probabilmente aveva finito da poco di fare lezione agli studenti più giovani, seduto su un ceppo d’albero con la sua gallina a gironzolargli attorno.
“Vado a salutare il professore, ci vediamo allo chalet.”
“Va bene…”   Blodwel, vagamente rassegnata, guardò l’amica correre verso l’anziano professore con i lunghi capelli castani che le ondeggiavano sulla schiena. Se da una parte l’idea di che cosa Marley potesse chiedere all’uomo la spaventava, dall’altro era certa che l’amica le avrebbe regalato momenti di pura ilarità.
Dove va Marley? Oh no, sta andando dal professor Watrous!”
Un’ombra di terrore oscurò il viso di Malai, e Blodwel sorrise beffarda prima di assestare al compagno di Casa una gomitata:
“Paura spilungone?”
“Tsz, io non ho paura di nulla, tantomeno di Marley Archer-Lloyd. Semmai sono gli altri ad avere timore delle mie vendette, quindi a Marley non conviene scherzare con me.”
“Questo non l’ha fermata dal rubarti tutti i libri e a mettere in disordine tutte le pagine, l’anno scorso…”
Blodwel, piegando le labbra in un sorrisetto, cercò di non ridere al ricordo della vera e propria guerra intestina nata tra i Tassorosso che aveva visto coinvolti Marley e Malai l’anno prima: il ragazzo si era vendicato mettendole del Distillato Soporifero nel succo di zucca a colazione, facendola addormentare a lezione di Antiche Rune e causandole la più grande punizione che Phil avesse mai dato: l’aveva assegnata a Lumacorno come “assistente” per due settimane. In assoluto le settimane più lunghe della vita della ragazza.
“Ma poi lei non ti intinse i vestiti in una Pozione Drizzacapelli?”
Blodwel arricciò le labbra, sul punto di scoppiare mentre Malai, incupendosi, ricordava i giorni in cui si era ritrovato a dover andare in giro per Hogwarts con i lunghi ricci drizzati in testa, facendolo sembrare ancora più alto del suo metro e novanta. Sua madre lo aveva inseguito per i corridoi per scattargli fotografie, e aveva visto benissimo lei e la Campbell, sedute vicine ad ogni dannato pasto, soffocare dalle risate ogni volta in cui il poverino entrava in Sala Grande.
“Sì, a quel punto io le incantai ogni camicia o maglione, sul cui retro apparve la scritta “I love Hawkes”, ma poi abbiamo sancito una tregua in vista degli esami.”
“Peccato, noi Tassorosso non ci eravamo mai divertiti tanto, sai… io e Lance scommettevamo sempre sullo scherzo successivo.”
Ricordando i bei tempi andati, Blodwel sorrise divertita prima di salutare il compagno con una pacca sul braccio, prendere Bel a braccetto e autoinvitarsi a pranzo nel loro chalet:
“Sono stanca di sentire discorsi su chi sia il ragazzo più carino del Camp, o peggio di trucchi… posso pranzare con voi?”
“Certo Will!”
Bel sorrise allegro e Blodwel gli arruffò affettuosa i riccioli castani mentre Malai, sospettoso, osservava ancora Marley seduta accanto al professore di Difesa contro le Arti Oscure. Chissà cosa avrebbe combinato la sua compagna più imprevedibile.
 
“Buongiorno Professore! Come sta? Sono felice di vederla qui!”
Theobald sollevò lo sguardo da Sunday per posare gli allegri occhi azzurri su Marley, sorridendo di rimando quando vide la ragazza avvicinarglisi:
“Buongiorno mia cara… Bene, grazie. Sai, sapere da Margot che c’eri anche tu mi ha sorpreso non poco. Non mi risulta che tu abbia brutti voti.”
“Oh, no, sa, non sono qui per punizione. Ci mancherebbe, non mi beccano quasi mai!”
Marley sedette accanto all’insegnante e appoggiò la borsa ai suoi piedi sfoderando un sorrisino soddisfatto che Theobald ricambiò, annuendo orgoglioso – quella ragazza era la sua studentessa più promettente – prima di chiederle per quale motivo si trovasse al Camp.
“Beh, a dire la verità…”  Marley esitò mentre, aperta la borsa, permetteva a Leith, il suo asticello, si salirle sulla mano per metterselo delicatamente sulla spalla. La ragazza distolse lo sguardo, conscia di non poter dire tutta la verità, e lo fece vagare sull’acqua verde-azzurra dell’immenso lago che si estendeva davanti ai loro occhi.
“Mi ha mandata qui mio padre.”
Theobald aggrottò leggermente la fronte, chiedendosi per qualche motivo un genitore volesse liberarsi del proprio figlio per un mese dopo averlo avuto lontano da casa per quasi un anno, ma decise di non indagare e si limitò a sorriderle:
“Beh, spero almeno che tu possa divertirti, cara.”
“Ma certo, ci sono quasi tutti i miei amici, non mi lamento, va bene così. Anche io ero sorpresa di vederla qui!”
La giovane si rianimò e ricambiò il sorriso dell’uomo, che si allargò mentre, gongolando, pensava alle reazioni dei suoi colleghi quando avevano trovato Sunday qualche giorno prima:
“Sì, è stata una sorpresa un po’ per tutti. Volevi chiedermi qualcosa oltre a salutarmi, cara?”
“Sì, a dire il vero il vero sì. Sa, stavo progettando uno scherzo e volevo un suo parere.”
Theobald era tutto orecchi, e annuì con fare cospiratorio e pieno d’orgoglio: quella sì che era una studentessa di tutto rispetto!
 

 
*

 
Circondato da una piccola folla di ragazze del V anno, Shou si guardò attorno in cerca di una via d’uscita d’emergenza: doveva assolutamente fuggire da lì, le ragazze lo avevano accerchiato non appena terminata la loro lezione di Difesa contro le Arti Oscure, e non sapeva più come cercare di liberarsi delle loro attenzioni.
Fu con enorme sollievo che vide una delle sue più care amiche attraversare il pendio stringendo un libro al petto, diretta al suo chalet apparentemente assorta nei suoi pensieri, e si affrettò a sorridere prima di congedarsi:
“Scusate ragazze, devo salutare una persona.”
Il Serpeverde scivolò agilmente tra le studentesse e se la svignò prima di dar loro il tempo di fare alcunché, correndo verso Priscilla mentre le sue ammiratrici, seguendolo con lo sguardo indignate, si lamentavano delle sue attenzioni verso la Corvonero.
“Ciao Bimba! Capiti a proposito, mi stavano massacrando… Come stai?”
Raggiunta Priscilla un sorriso affettuoso incurvò le labbra del ragazzo, e anche il suo tono di voce si ammorbidì mentre l’amica, riscuotendosi, lo guardava sfoggiando un sorriso allegro di rimando:
“Ciao Shou! Bene, anche se Malai e Lily mi hanno fatta impazzire a lezione. Sai, credo che tu debba ridurre un po’ le tempistiche del rituale idratante.”
La Corvonero scosse la testa con un sospiro, facendo muovere i riccioli attorno al viso mentre Shou, ridendo, la prendeva sottobraccio:
“Ma se così facessi non sarei più così carino!”
“Io non penso che sia vero. Ma, certo, probabilmente ti mancherebbe avere lo stuolo di ammiratrici.”
Priscilla accennò un sorriso divertito che il Serpeverde ricambiò, giurandole però solennemente che le uniche “ammiratrici” di cui gli importava davvero erano lei, Tallulah e Lilian.
“Voi siete le uniche che non mi annoiano mai.”
“Mh, secondo me sei un po’ adulatore, Shou Park. E non provarci, sappiamo che ti piace avere più ammiratrici di tutti quelli che io, Lily e Miss X potremmo mai avere tutte insieme!”
Priscilla pensò alle parole di Tallulah, che definiva spesso tutte e tre le “zitelle del gruppo” mentre i loro amici maschi, invece, piacevano a quasi tutte le loro compagne. Quasi senza volerlo la ragazza volse lo sguardo sul gruppetto di fan di Shou, ammutolendo preoccupata quando scorse i loro sguardi truci:
“Mi stanno guardando malissimo… Shou, non dovevi usare me come escamotage per liberartene, ora penseranno chissà cosa e mi odieranno!”
La strega scosse il capo sconsolata – sperando ardentemente di non trovarsi pesci morti nel letto – e l’amico, divertito, le diede una leggera gomitata per incoraggiarla mentre si fermavano davanti allo chalet delle ragazze:
“Prima di tutto nessuno potrebbe mai odiarti, Bimba. Secondo, di che ti preoccupi? Con mia cugina come migliore anica nessuno oserebbe mai trattarti male, si ritroverebbe subito con un braccio rotto.”
Priscilla rise, rincuorata e costretta a dargli ragione. La loro conversazione venne però interrotta da una sonora imprecazione in thailandese ed entrambi volsero lo sguardo sul pendio, per nulla sorpresi quando videro Malai correre proteggendosi la testa con un libro mentre Lilian lo inseguiva con la bacchetta in mano. A completare il quadretto, Tallulah correva dietro all’amica con Sahara e Pikachu al seguito, ricordandole che se l’avesse ucciso sarebbe passata dal Camp ad un soggiorno ad Azkaban e ammonendola di non correre.
“Che succede?”
“Probabilmente l’ha chiamata “La Cinese” per l’ennesima volta e mia cugina ha sbroccato. Penso davvero che tu sia l’unica davvero normale tra noi, Bimba.”
Shou, divertito, spostò lo sguardo dai tre alla Corvonero infilandosi le mani nelle tasche dei jeans. Priscilla avrebbe voluto ribadire che non era affatto vero, ma non ne ebbe il tempo: Malai, scorti gli amici, urlò a Priscilla di non muoversi e corse nella loro direzione. Una volta raggiunti, il Tassorosso si nascose dietro la Corvonero mettendole le mani sulle spalle, tenendola saldamente davanti a sé.
“Malai, cosa fai?”
“Ferma Prisci, devi salvarmi la vita. AH! Non puoi farmi nulla senza colpire anche Cavolfiore, ora come la mettiamo?!”
Mentre Tallulah, raggiungendoli affannata e borbottando che doveva assolutamente cambiare amici, si faceva aria con la mano Lilian frenò davanti a Priscilla, gli occhi pericolosamente ridotti a due fessure mentre Malai sorrideva trionfo da dietro la spalla dell’amica.
“Non puoi usarla come scudo per sempre, Riccioli d’Oro.”
“Scommettiamo? Fanciulle adorate, oggi pranzo con voi. Vieni piccolo cavolfiore, non lasciarmi un secondo, mi raccomando.”
Sorridendo soddisfatto Malai circondò le spalle di Priscilla con un braccio ed entrò con lei nello chalet, voltandosi per fare la linguaccia a Lilian – che invece gli mostrò il dito medio – mentre Priscilla rimproverava affettuosamente l’amica per aver corso dietro al Tassorosso. Lilian, seppellendo momentaneamente l’ascia di guerra – l’avrebbe rispolverata una volta che Malai avesse tolto gli artigli dalla sua amica – li seguì alzando gli occhi al cielo e mormorando che era perfettamente in grado di percorrere qualche metro di corsa.
“Shou, mi ricordi come siamo diventati tutti amici?”
Recuperato il fiato perduto, Tallulah sospirò alzando gli occhi chiari al cielo mentre Shou, ridacchiando, la prendeva sottobraccio per seguire gli amici all’interno dell’edificio:
“Per una serie di assurde coincidenze, credo.”
 

 
*
 

Quando Hiro scese al pian terreno dello chalet che condivideva con i compagni con Eiko appollaiata sulle sue spalle e la borsa carica di libri, pergamene e piume scorse un gran numero di ragazzi che come lui avevano deciso di mettersi a fare i compiti. In particolare il Corvonero notò Bel e Lance, entrambi seduti sul tappeto davanti al camino spento e sistemati ai lati opposti del basso tavolo di legno posto nello spazio tra divani e poltrone. A giudicare dai dizionari aperti stavano facendo i compiti di Antiche Rune, e Hiro si avvicinò ai due Tassorosso sorridendo loro gentilmente:
“Ciao. Posso unirmi a voi?”
“Ciao Hiro… sì, certo. Anzi, magari riesci a darci una mano, noi non ne riusciamo e venirci fuori con questa roba.”
Lance parlò grattandosi la testa coperta dai folti capelli color grano e lanciando un’occhiata dubbiosa ai rotoli di pergamena e al disordine che regnava sovrano sul tavolo. Evidentemente MacMillan aveva preso la missione del Camp molto sul serio, perché quelli erano probabilmente i compiti più difficili che avessero mai ricevuto. Preoccupato, Lance si chiese come diavolo avrebbero fatto a sopravvivere al settimo anno.
Ringraziati i due Tassorosso Hiro appoggiò la borsa sul pavimento e sedette davanti ad uno dei due lati del tavolo liberi per poi tirare fuori in tutta calma calamaio, la sua piuma di pavone preferita e i libri.
“Sapete, mi stavo giusto domandando che cosa ci facciate qui voi due. Non siete esattamente quelli che si definiscono dei combinaguai.”
“Io sono venuto per mia sorella, sai, Celia… ma vedendo i compiti di MacMillan quasi me ne sto pentendo.”
Bel gemette grave mentre cancellava nervosamente tutto ciò che aveva scritto fino a quel momento, per nulla soddisfatto del risultato. Hiro, abbozzando un sorrisino divertito, spostò silenziosamente lo sguardo su Lance che, invece, si strinse nelle spalle:
“I miei genitori hanno pensato che mi sarebbe servito per “responsabilizzarmi” un po’. Se non altro quando tornerò a Londra saprò come fare le pulizie o come si prepara un uovo, è un passo avanti. Però mi mancano i miei videogiochi…”
Il Tassorosso sospirò malinconico e Hiro annuì, comprensivo: per fortuna aveva potuto portarsi una valanga di manga, o non sapeva come sarebbe riuscito ad arrivare a fine luglio. Eiko, intanto, scese dalle spalle del padrone per andare a sistemarsi su un divano, studiando curiosa un cuscino dalla federa rosso mattone mentre Lance, osservando il compagno, ripensava al motivo per cui Hiro si trovava lì insieme a loro:
“Posso chiederti che pozione stavi cercando di fare quando hai… emh… insomma, quello.”
Quando aveva saputo che proprio Hiro Davies aveva causato un simile danno, Lance aveva stentato a crederci: entrambi facevano parte del Club di Pozioni e lo aveva visto armeggiare con un calderone centinaia e centinaia di volte nei sotterranei di Hogwarts. Hiro Davies non sbagliava mai, non per niente era il preferito di Lumacorno, e insieme a lui e a Priscilla era il migliore del corso.
“Una Pozione Dimagrante. L’idea me l’aveva data Priscilla Edgecombe, una sera in Sala Comune mi disse che invidiava terribilmente le ragazze che possono mangiare di tutto senza ingrassare e che una pozione del genere sarebbe stata l’invenzione del secolo. Purtroppo devo aver sbagliato qualche calcolo.”
Le labbra di Hiro si piegarono in un sorriso ironico, deciso a non demoralizzarsi per il clamoroso insuccesso e ripensando alle reazioni dei suoi genitori alla notizia del disastro: mentre sua madre Natsu era andata su tutte le furie per il rischio di carbonizzarsi che aveva corso – minacciandolo di scrivere a Lumacorno di toglierlo dal Club – suo padre si era limitato a dirgli pazientemente che tutti commettevano errori, persino i migliori. Dopo un iniziale sconforto il giovane mago aveva finito per dargli ragione, e aveva cercato di affrontare la sua punizione con il miglior spirito possibile.
“Beh, Priscilla ha ragione. Sarebbe davvero l’invenzione del secolo, le mie sorelle pagherebbero fiumi d’oro per averla. Forse anche mia madre.”
Bel sorrise divertito immaginando le sue sorelle a contendersi una simile invenzione, ma quando chinò lo sguardo sui libri gli tornarono tristemente in mente i compiti e le lezioni di MacMillan e sospirò sconsolato:
“Magari inventare una pozione per diventare dei geni in Antiche Rune e stare simpatici a MacMillan.”
“Dai Bel, a MacMillan non sta simpatico neanche Hiro che è uno dei migliori nella sua materia, non prenderla sul personale. Emh, senza offesa.”
Lance si affrettò a spostare lo sguardo sul Corvonero e a sorridergli, ma Hiro annuì e si strinse nelle spalle asserendo pacato che avesse ragione:
“Credo che nessuno di noi gli stia molto simpatico, ma è uno che apprezza l’impegno. Anche se tartassa Lilian credo che in fondo l’apprezzi e che lo faccia perché vuole diventare Spezzaincantesimi, e la sua materia è fondamentale in quel campo.”
“Vi ricordate quando ha sbattuto fuori dalla classe Lysander perché gli aveva fatto una caricatura e lo ha messo a pulire i pavimenti dei bagni? Credo di non aver riso solo perché era così furioso da far paura.”

“Già, disse anche che “quel disegno non gli rendeva giustizia” e che Lysander oltre ad essere sfacciato non aveva neanche doti artistiche di alcun tipo. Ma una volta l’ho visto nell’ufficio della Campbell, credo lo avesse incorniciato.”
Bel aggrottò la fronte, pensieroso, e si chiese perché la Campbell avesse tenuto quel disegno – non sapendo che la professoressa lo sfoderava e minacciava di pubblicarlo sul giornale della scuola quando lei e il collega si litigavano i turni di ronda – mentre Hiro, invece, sorrideva divertito mentre intingeva la piuma nel calamaio pieno d’inchiostro:
“Malai è bravo a disegnare e a fare ritratti, la prossima volta chiederemo a lui… intanto pensiamo a come non farci bocciare sabato, non voglio iniziare l’ultimo anno con una cena con Lumacorno a sera!”

 
*

 
Distesa sul prato sopra una coperta, Priscilla si lasciava cullare dolcemente dalla fresca brezza che scuoteva le fronde degli alberi sopra di lei e faceva in modo che i riccioli scuri le solleticassero leggermente il viso. Gli occhi chiusi, le labbra leggermente dischiuse e libri, penne, blocco da disegno e matite abbandonate accanto a sé, la giovane strega si rilassava all’ombra e avvolta solo dal fruscio dei rami sopra di lei.
“Ti disturbo?”
Priscilla non avrebbe avuto bisogno di aprire gli occhi e voltare la testa per riconoscere la voce della sua migliore amica, ma d’istinto lo fece comunque, trovando Lilian in piedi accanto alla coperta e con gli occhi scuri fissi su di lei.
Le labbra della Corvonero si piegarono in un sorriso e Priscilla annuì con un cenno prima di tornare a guardare sopra di sé, osservando il cielo ingrigito – il bel tempo di quella mattina era ormai un fugace ricordo – stagliarsi oltre la coltre di rami dei pioppi bianchi che la circondavano:
“Certo che no. Non sto facendo nulla.”
“Proprio per questo te lo chiedo.”
Facendo attenzione a spostare le cose dell’amica, Lilian le si distese supina accanto. Per qualche minuto nessuna delle due parlò, le loro chiome dai loro contrastanti intrecciate sulla coperta a scacchi e gli occhi fissi nel vuoto finchè la Grifondoro non diede voce ai suoi pensieri:
“C’è una cosa che voglio chiederti.”
“Dimmi.”
“Da quando siamo arrivati… non ti ho mai sentita menzionare i tuoi genitori e non hai accennato a volergli scrivere una lettera. È successo qualcosa tra te e tua madre?”
“No.”
Il diniego di Priscilla fu troppo rapido e Lilian, poco convinta, ruotò leggermente la testa verso la sua amica:
“Prisci, andiamo… ti conosco troppo bene. Sai che puoi parlarmi di tutto, no?”
“È solo che non c’è molto di cui parlare. Se manco a mia madre può sempre scrivermi lei… Per questo dubito che vedrò arrivare posta per me fino alla prossima settimana.”
Lilian percepì chiaramente la sottile amarezza nelle parole dell’amica, ma rimase in silenzio mentre Priscilla, accanto a lei, stringeva le esili braccia pallide e coperte di efelidi al petto con lieve nervosismo.
“Avete litigato?”
“Una specie. L’ho sentita… dire delle cose a mio padre. Ma non voglio parlarne.”
Percependo il disagio dell’amica Lilian annuì, mormorando che quando avrebbe cambiato idea lei sarebbe stata lì ad ascoltarla mentre Priscilla, giratasi sul fianco, si scostava i capelli castani dal viso per osservarla con leggera apprensione: talvolta, quando parlava di sua madre con lei, aveva il timore di ferirla senza volerlo. Difficilmente Lilian sarebbe stata disposta ad ammettere che qualcosa o qualcuno la faceva soffrire, e Priscilla spesso temeva di metterla a disagio.
“Devi dirmelo se ti disturba quando ti parlo di mia madre, lo sai vero?”
“Prisci, non ti preoccupare.” Lilian sorrise all’amica, che però scosse il capo con decisione e la guardò dispiaciuta:
“Ma so quanto lei ti manchi. Non voglio mettere il dito nella piaga parlandoti della mia.”
“Certo che mi manca, è ovvio… mi manca sempre tanto, ma la tristezza passa. Tu, Malai, o Miss X… non dovete evitare di parlarmi delle vostre madri per paura di ferirmi. Ok?”
“Ok.”
Priscilla annuì e si avvicinò all’amica, appoggiando delicatamente la testa contro quella di Lilian mentre entrambe tornavano a guardare gli scoiattoli correre sui rami sopra di loro.
“Ti sarebbe piaciuta, sai? E tu saresti piaciuta a lei… cavolo, ti avrebbe adorata. Non avrebbe fatto altro che dirmi quanto sono fortunata ad avere un’amica dolce come te che compensa il mio caratteraccio.”
Lilian abbozzò un sorriso pregno di malinconia mentre i ricordi vaghi della madre le si affollavano davanti agli occhi, ricordando i sorrisi dolci, le carezze ma anche la viva determinazione della donna che l’aveva cresciuta per i suoi primi otto anni di vita.
“Ma non è vero, sono io fortunata ad avere un’amica forte come te! Mi dispiace non averla conosciuta.”
Lilian avrebbe voluto risponderle che spesso, per certi versi, sua madre le ricordava molto quella che lei aveva perso nove anni prima. Reina, la madre di Priscilla, aveva la stessa compostezza, la stessa eleganza innata di sua madre, la stessa propensione a dirla sempre come la pensava. A volte fare visita all’amica era quasi una sofferenza. Ma non l’avrebbe mai detto a Priscilla.
Si limitò a stringere la mano che l’amica le porgeva intimandosi mentalmente di non azzardarsi a piangere: chiunque avrebbe potuto avvicinarsi in ogni momento, e aveva una reputazione solida da mantenere.
 
 
“Che cosa fanno Bimba e Lily?”
Era da diversi minuti che Lilian e Priscilla se ne stavano da sole a parlare sulla coperta. Shou osservava quasi sospettoso cugina e amica mentre, accanto a lui, Malai e Tallulah si facevano ognuno gli affari propri e un gruppo di studenti del V anno chiacchierava a pochi metri da loro in riva al lago, i piedi immersi in acqua.
“Boh, si staranno scambiando segreti…”
“Segreti? Ma Bimba e Lily non hanno segreti con noi!”
Sconcertato e incapace di accettare l’idea che la sua adorata cugina – alla quale era legato come una sorella – e Priscilla gli nascondessero qualcosa, Shou strabuzzò gli occhi scuri mentre osservava le due parlare distese sulla coperta, le teste vicine. Subito i suoi ingranaggi iniziarono a lavorare – che ci fosse qualche ragazzo nei loro discorsi? – mentre Malai, accanto a lui, sbuffava:
“Se li sapessimo non sarebbero segreti, geniaccio!”
Malai alzò gli occhi al cielo prima di tornare al ritratto che stava facendo con la sua sanguigna mentre Shou, dubbioso, si rivolgeva a Tallulah che invece leggeva un manga:
“Miss X, secondo te ha ragione Riccioli D’oro?”
“Nah, perché se quelle due avessero segreti li avrebbero condivisi con me. Ma se fosse così non verrei certo a dire a voi due i segreti delle mie amiche. Specialmente a te, Shou.”
Gli occhi celesti di Tallulah scoccarono un’occhiata eloquente a Shou da sopra il manga, e il ragazzo la guardò indignato e incrociando le braccia per mettersi sulla difensiva:
“E perché mai?”
“Perché sei il più celebre pettegolo dei Serpeverde, ecco perché! Malai, tu chi stai ritraendo?”
“Non posso dirlo, è un segreto.”
Il tono solenne e sostenuto del Tassorosso – che strinse al petto il blocco nemmeno si trattasse di un tesoro di inestimabile valore – fece sospirare entrambi gli amici prima che Shou, irritato, s’infilasse le mani nelle tasche per poi allontanarsi:
Va bene allora, tenetevi pure i vostri segreti, io vado a parlare di Quidditch con Lance e Hiro.”

 
*

 
“Com’è andata la tua lezione stamattina?”
Dopo aver scritto una lunga lettera a Freya – prima di partire aveva promesso alla bambina che le avrebbe scritto due volte a settimana – Håkon aveva raggiunto Beau al pian terreno per cenare mentre Phil, che aveva già mangiato, se ne stava comodamente disteso a leggere su uno dei due divani dell’enorme salotto illuminato e Theobald, seduto su una poltrona, era impegnato a scrivere.
Beaumont si mise un po’ di patate al forno sul piatto e abbozzò un sorriso vagamente sollevato alla domanda del collega, annuendo mentre Nix gli stava accanto senza perdere di vista l’arrosto.
“Direi bene. Le ragazze del VI anni mi danno più tregua. Tu hai lezione stasera?”
“Sì, ho pensato che avessero poltrito abbastanza, e le nuvole sono miracolosamente sparite, quindi ne approfitto. Ma Margi non cena?”
“Ha detto che doveva farsi un non so quale trattamento al viso… o ai capelli… non ne ho idea, non ne capisco nulla quando parla di quella roba.”
La voce di Phil – nascosto alla vista dei due colleghi dallo schienale del divano – giunse alle orecchie di Beaumont e Håkon senza stupirli minimamente: erano arrivati da pochi giorni e già avevano visto maschere di 5 colori diversi sul viso di Margot.
“Ma dite che funziona davvero quella roba?”
“Forse, ma se così fosse diventeresti ancora più irresistibile agli occhi delle ragazzine, Beau.”
Beaumont fu scosso da un brivido al solo pensiero mentre Phil e Theobald, al contrario, ridacchiavano divertiti. Avevano ragione: non ci teneva proprio a provare.
“Via, via, non maltrattiamo il povero Beaumont, non c’è nulla di male ad essere apprezzati dalle signorine, è normale quando si è giovani, eleganti e piacenti.”
Sforzandosi di tornare serio, Theobald interruppe la lettera che stava scrivendo al figlio Charles – al quale scriveva ogni settimana e a cui prima di partire aveva promesso solennemente, tenendo le dita incrociate mentre scriveva, che si sarebbe comportato bene – mentre Phil, invece, si appoggiava il libro aperto sul petto per ridacchiare:
“Neville racconta sempre di quando Beau era arrivato da poco e non si rendeva conto del suo fascino… avrei voluto esserci.”
“Non è stata colpa mia, mi sedevo sempre vicino a Lumacorno e quando le ragazze guardavano verso di noi in Sala Grande lui mi diceva che era perché adoravano lui!”
Håkon – che all’epoca come Phil non faceva ancora parte del corpo insegnanti – dovette fare appello a tutta la sua serietà per non farsi andare l’acqua di traverso mente Phil e Theobald, invece, ridevano senza ritegno.
“Tipico di Horace pensare che ruoti sempre tutto attorno a lui. Dev’essere stato un duro colpo realizzare che uno dei suoi ex studenti preferiti riscuoteva tanto successo.”
“Già, ma credo che mi abbia perdonato. Ecco, tieni.” Incapace di resistere agli occhi imploranti di Nix, Beau le allungò l’ultimo pezzo di carne che aveva sul piatto. La cagnolona si allontanò felice e si fermò accanto al divano che aveva occupato Phil, che dopo averle rivolto un’occhiata obliqua alzò gli occhi al cielo e si mise seduto per permetterle di salire sulla coperta.
“Beau, il tuo cane è troppo furbo, finirà col metterci tutto nel sacco.”
“Io ormai mi sono arreso, lei e mia nipote fanno di me quello che vogliono.”  Pensando a Dove, la figlia di suo fratello maggiore, Beaumont accennò istintivamente un sorriso: l’arguta bambina di sette anni, che lo adorava, riusciva sempre a rigirarlo come un calzino.
“Che bello avere una nipote… piacerebbe anche a me, ma purtroppo sono figlia unica. Per fortuna posso viziare Freya.”
Margot, le pantofole ai piedi e un pigiama con la scritta “May be the force with you”, scese le scale sorridendo ad Håkon e strizzandogli l’occhio, che ricambiò ripensando alla gioia con cui la figlia accoglieva sempre le visite della strega:
“Certamente, Freya adora la “zia Margi”.”
“È  ovvio, i bambini mi amano sempre! Anzi, è più corretto dire che tutti mi adorano, sono semplicemente irresistibile.”
Margot sedette accanto a Beau per il dolce e ignorando deliberatamente il verso di scherno che giunse da dietro il divano, rivolgendosi invece al collega con un tono disinvolto condito da un’occhiata torva:
“Tu hai nipoti?”
“No, e neanche ci tengo, non amo i bambini.”
E perché diavolo fai l’insegnante?!”
“Non mi risulta di insegnare all’asilo. E considerando che insegno una materia che inizia al terzo anno, posso ritenermi ancora più soddisfatto.”
Margot avrebbe voluto dirgli che non condivideva affatto e che anzi, per lei i piccoli del primo anno erano in assoluto gli studenti più adorabili – non per niente portava sempre loro caramelle e dolci al primo giorno di scuola – ma decise di ignorare le lagne del suo collega lamentoso e lo liquidò con un gesto della mano per poi concentrarsi sull’enorme fetta di torta al cioccolato che Mindel le mise davanti.
“Grazie! Beau, tu non la vuoi ? »
Margot prese la forchettina di metallo e infilzò un pezzo di torta guardando sorpresa il collega, che rifiutò il dolce con un sorriso educato mentre Phil, invece, si affrettava a scavalcare il divano per non perdersi il dessert.
“No, non mi piacciono molto i dolci, a dire il vero.”
“Veramente?”
Stentando alle sue orecchie Margot sgranò gli occhi chiari, osservando Beau piena di stupore. Quando il collega annuì – ormai abituato a reazioni come quella – la strega si rivolse ad Håkon scuotendo la testa con disapprovazione e come se Beau non fosse presente:
“Sapevo che non poteva essere perfetto, era impossibile, te lo dicevo che un difetto doveva avercelo.”
“Hai ragione mia cara, gli uomini perfetti sono rari, siamo ormai in via di estinzione. E a tal proposito, mi dici perché una ragazza bella e simpatica come te non ha un fidanzato?”
Theo, presa una fetta di torta, sedette vicino a Margot e le si avvicinò con fare pettegolo mentre la strega, invece, faceva spallucce con nonchalance e dedicava alla torta tutte le sue attenzioni:
“Lo dice sempre anche Demelza, ma io al momento sto bene così, preferisco aspettare invece di accontentarmi, e sto bene anche da sola. La mia vera anima gemella sono i carboidrati, i cani e Jan Solo. Guardi professore che non è facile, quasi tutti quelli svegli sono stati già presi, e tra quelli che restano metà, seppur belli, sono antipatici come quello lì.”
Con quelle parole Margot accennò non noncuranza a Phil con la forchetta, e Theobald annuì con aria comprensiva mentre il diretto interessato, invece, la guardava indignato tra le risate soffocate di Beau e Håkon:
Quello lì sarei io?”
“E chi se no? Non eri quello intelligente del gruppo? Comunque io un fidanzato ideale lo avrei, ma quel cattivone di MacMillan non vuole presentarmelo… non ha idea professore, un figo da paura…”
Ma davvero? E come si chiama?”
“Ma in quante lingue te lo devo dire che è impegnato? Im-pe-gna-to.”
“Tutte balle, non ci crederò finchè non lo vedrò!”

 
*
 

In piedi davanti allo specchio a pavimento che lei e le sue compagne di stanza si contendevano ogni giorno, Amelie si spazzolava con cura i lunghi capelli castani di cui andava particolarmente fiera e ai quali dedicava quotidianamente moltissime attenzioni. Appoggiata la spazzola sull’estremità del letto più vicino, quello di Blodwel, la Corvonero fermò sulla nuca le ciocche davanti con due forcine e se le attorcigliò distrattamente attorno alle dita osservando con occhio critico il risultato.
Soddisfatta, la giovane strega accennò un sorriso prima di sistemarsi con cura la maglietta a maniche lunghe bianca a coste che indossava all’interno dei suoi amati jeans a vita alta e volgere lo sguardo sulla pochette rosa cipria che conteneva parte della sua cospicua collezione di rossetti. Indecisa se indossarne uno anche per una semplice lezione – fin da bambina Amelie non era mai riuscita a sopportare l’idea di non essere perfettamente in ordine in ogni occasione – alla fine la strega decise di optare per un rossetto chiaro e discreto. Si avvicinò al comodino e iniziò a frugare nella pochette piena fino a scoppiare, ma mentre stava cercando un rossetto di un tenue malva il suo sguardo indugiò per caso sui due libri impilati sul comodino. Non sapeva di chi fossero, con diverse ragazze a condividerla ci era voluto poco perché la stanza perdesse il perfetto ordine che avevano trovato al loro arrivo e molti oggetti avevano finito col spargersi in giro.
Dimenticatasi momentaneamente dei rossetti e della sua ricerca, Amelie sbattè le palpebre un paio di volte mentre teneva gli occhi castani fissi sui libri che aveva davanti. All’improvviso le vennero in mente tutte le raccomandazioni e gli ammonimenti dei suoi genitori, in particolare di sua madre, ma ciò non le impedì di allungare timidamente una mano verso il libro.
Non sono tuoi
Il movimento della mano si arrestò, e Amelie per qualche istante vacillò, gli occhi fissi sui libri e mordendosi nervosamente il labbro inferiore. Riuscì distintamente a sentire il battito cardiaco accelerarle nel petto quando, all’improvviso, la strega venne costretta a riscuotersi udendo dei passi fuori dalla porta.
Deglutendo, Amelie ebbe appena il tempo di abbassare il braccio e voltarsi verso l’uscio prima che la porta si spalancasse, permettendo ad una sorridente ed allegra Marley di entrare nella stanza:
“Ciao Amelie! Pronta per la lezione di Astronomia? Io non vedo l’ora, e farla qui sarà bellissimo!”
Entusiasta per la lezione della sua materia preferita, che sarebbe iniziata da lì a meno di un’ora, Marley si diresse verso il baule per prendere i suoi scarponcini preferiti mentre Amelie, che si stampò un sorriso allegro sul viso pallido, annuiva:
“Certo. Spero solo che non faccia troppo freddo…”
“Fossi in te prenderei una giaccia, quella maglia sembra un po’ leggerina… di sera qui deve fare freddino.”
“Sì… hai ragione, prima di uscire ne prenderò una. C’è ancora qualche biscotto, o li avete finiti tutti?”
“Qualcuno, sì, ma fossi in te mi sbrigherei, stanno andando a ruba!”
Infilati gli scarponi, Marley si alzò dal letto e fece cenno alla compagna di seguirla senza smettere di parlare di costellazioni e di come sicuramente le avrebbero viste magnificamente laggiù, immersi nella natura. Rincuorandosi con la prospettiva dei cookies che Tallulah aveva preparato nel pomeriggio Amelie seguì la Tassorosso senza più pensare ai rossetti, imponendosi di non voltarsi verso il comodino mentre usciva dalla stanza.

 
*

 
Håkon salì le scale per andare a prendere mappe e libri quando, passando davanti alla porta chiusa della camera di Margot, fu costretto ad arrestarsi.
Il mago restò immobile ed in silenzio per accertarsi di essere nel giusto e dopo qualche ulteriore secondo di ascolto guardò interdetto la porta di legno: sì, non poteva sbagliarsi, quelli erano singhiozzi.
“… Margi? Tutto bene?”
L’uomo si avvicinò alla porta per bussare con delicatezza, una nota preoccupata nella voce che non riuscì a celare: conosceva Margot da molto tempo, ed era piuttosto sicuro di non averla mai vista o sentita piangere prima di quella sera.
“No! Sono distrutta!”
La voce dell’amica giunse soffocata, come se Margot tenesse il viso premuto contro qualcosa, seguita dall’inequivocabile suono di un naso che veniva soffiato. Sempre più perplesso, Håkon esitò a disagio sulla porta prima di parlare nuovamente:
“Stai male? Posso entrare?”
“Va bene, ma voglio un abbraccio!”
Håkon aprì la porta, non stupendosi affatto nel trovare l’amica seduta sul letto posto al centro della stanza: raggomitolata su se stessa in posizione fetale e con una coperta di pail azzurra sulle spalle, Margot abbracciava stretto un buffo cuscino che aveva la forma di un grosso casco nero(4) e teneva gli occhi azzurri pieni di lacrime fissi sullo schermo del suo portatile.
“Mi dici che cos’hai?”
Håkon entrò nella stanza lasciandosi la porta aperta alle spalle e, raggiunto il letto, sedette sul bordo del materasso per lanciare un’occhiata affettuosa all’amica, che si soffiò il naso di nuovo prima di indicare lo schermo:
“Ho appena guardato… è stato orribile!”
“Che cosa? Che cosa hai visto?”
L’ultima puntata di The Good Place! Non puoi capire, sono distrutta! Quattro stagioni di comicità, anni di inganni e di illusioni e poi alla fine… non ce la faccio!”
La strega sospirò, assumendo una posa da eroina tragica sul materasso mentre il collega, sollevato nel sapere che si trattava solo di una serie tv, abbozzava un sorriso:
“Meno male, pensavo fosse qualcosa di grave…”
“Ma questo è grave! Bah, voi eretici non potete capire le mie sofferenze!”
Stizzita, la strega si coprì il viso con la coperta mentre Håkon, sospirando, abbassava lo schermo del computer per rivolgerlesi nello stesso tono che usava con Freya quando la bambina era arrabbiata con lui e gli metteva il broncio:
“Posso fare qualcosa per alleviare la tua tristezza?”
Per qualche istante Håkon non ottenne risposta e Margot rimase immobile ed in silenzio sotto la sua coperta piena di strane scritte senza senso (il mago ad un primo sguardo scorse frasi come “You are my lobster”, “We were on a break” e “How you doin?”) prima di scoprirsi il volto fino al naso e lanciargli così un’occhiata eloquente:
“Cioccolato. Tanto cioccolato.”
“Va bene, vedrò che posso fare. Ora basta piangere, o ti verranno le rughe.”
Il suggerimento fu molto efficace, perché Margot si portò terrorizzata le mani sul viso per tastarsi la pelle liscia e curata mentre l’amico si alzava celando con invidiabile abilità un sorriso divertito. Håkon era appena uscito dalla stanza quando sulla soglia si fermò Phil, un pigiama coperto di ananas addosso e una scodella piena di cereali in mano. Il mago stava passando davanti alla stanza per tornare nella propria quando, scorgendo Margot, si fermò abbozzando un sorrisetto:
“Che cosa c’è Bocca Storta, hai finito la maschera esfoliante?”
“Se non la finisci di chiamarmi così vedi come ti esfolio la pelle, MacMillan. Con un rastrello di metallo.”

 
*
 

Non solo Blodwel si era completamente scordata della lezione di Astronomia, ma non aveva nemmeno voglia di alzarsi dal letto: si era già lavata i denti, aveva dato da mangiare a Malakai, il suo corvo, si era infilata il suo pigiama coperto di pulcini e infine sistemata sotto le coperte.
Quando Marley, vestita di tutto punto, aveva fatto irruzione nella stanza emozionata e trillante per la lezione imminente, l’amica era stata pervasa dall’orrore più sincero: come avrebbe fatto a togliersi il pigiama e a vestirsi?
L’unica chance era simulare un’indisposizione, ma anche se si sfregò il viso con acqua bollente, avvicinò il termometro ad una lampada e cercò di dimostrarsi sofferente, Marley non le credette neanche per un istante:
“E così stai male, eh?”
“Sì, non vedi il termometro? Dice che ho la febbre!”
Blodwel, la voce volutamente soffocata, indicò con un sospiro il termometro che l’amica teneva in mano: Marley, seduta sul letto, guardò l’oggetto prima di rivolgerle un’occhiata eloquente, chiedendosi se l’amica credesse davvero di poterla ingannare.
“Ohh, sì, la febbre. Febbre altissima…”
“Sì, sto davvero davvero male.”
Sforzandosi di tossire, Bloody si accasciò teatralmente sul cuscino mentre Marley, esasperata, si alzava incrociando le braccia al petto:
“Bloody, qui dice che hai 41 di febbre! Se così fosse come minimo staresti delirando! Hai tenuto il termometro troppo vicino alla lampada, cocca.”
Ma vaffanculo, dannato termometro, ogni volta mi esce la temperatura troppo alta o troppo bassa, maledizione.”
Abbandonando seduta stante la sceneggiata Blodwel sbuffò e scostò malamente le coperte per alzarsi dal letto e fronteggiare l’amica, ribadendo seccamente la sua intenzione di restare a letto mentre Marley scuoteva il capo, altrettanto determinata:
“Non puoi, c’è lezione! Bloody, se non ti comporti bene ti sbattono fuori e ti bocciano, e io non ho intenzione di affrontare l’ultimo anno senza di te!”
Non fosse stato per la situazione Blodwel si sarebbe quasi addolcita per la dichiarazione d’affetto dell’amica, ma si limitò a sbuffare e a distogliere lo sguardo prima di borbottare che si sarebbe cambiata per la lezione.
“Bene. Ma se mi addormento sarà solo colpa tua!”
“Correrò questo rischio. Brava, pulcina.”
Marley, sorridendo soddisfatta, la superò ridacchiando e facendo cenno al pigiama di Blodwel, che arrossì e le intimò di non chiamarla in quel modo prima di agguantare di controvoglia un maglione e dei jeans: certo, impazziva all’idea di gelarsi il fondoschiena per ammirare la volta celeste. Una serata ideale.
 

 
*

 
“Quasi quasi invidio Malai… sto gelando! Perché non possiamo accendere un fuoco…”
Pensando al compagno di Casa – che un’ora prima li aveva salutati con un sorriso a trentadue denti per poi spaparanzarsi comodamente sul divano, già in pigiama e con una vaschetta di gelato in mano – Bel rabbrividì e si strinse le ginocchia mentre osservava il cielo stellato sopra le loro teste.
“Il prof dice che se accendiamo una grande fonte di luce vedremo meno bene… razionalmente è vero, ma resta il fatto che fa davvero freddo.”
Lance, seduto sull’erba accanto all’amico, rabbrividì mentre Blodwel, distesa accanto a loro usando la giacca di Marley come cuscino, sbadigliava rumorosamente:
“Io ho sonno, quando si dorme?”
“Presto, spero…”
Bel prese tra le braccia la sua volpe che lo aveva seguito a lezione, Chione, dandole un bacio sul muso ed una carezza mentre Lance, accanto a lui, si sforzava di disegnare correttamente la mappa facendosi luce con la punta della sua bacchetta. Moriva dalla voglia di infilarsi il suo pigiama coperto di orsetti per poi ficcarsi sotto le coperte del letto a castello che condivideva con il migliore amico, soprattutto in vista della lezione di Antiche Rune della mattina dopo: probabilmente avrebbero tutti finito per l’addormentarsi sui banchi.
“Ma dov’è Marley?”
“In prima fila come sempre, pende dalle labbra del prof.”
Blodwel sbadigliò di nuovo, lamentandosi a bassa voce per la scomodità del suo giaciglio – alla lezione successiva si sarebbe fatta trovare preparata portandosi un sacco a pelo – mentre la sua migliore amica, seduta vicino ad Håkon, ascoltava l’insegnante e completava la sua mappa celesta con la massima cura possibile. Anche Shou, seduto a poca distanza da Marley, non si perdeva neanche una parola che usciva dalle labbra di Håkon, che guardava i due ragazzi – gli studenti migliori del suo corso – con una punta d’affetto e riempiendoli di complimenti.
Lilian, Amelie e Tallulah, invece, stavano facendo appello a tutti i loro sforzi per tenere aperte le palpebre mentre Priscilla, che aveva fallito nell’impresa, alternava momenti in cui si appisolava sulla spalla di Shou a momenti in cui si riscuoteva e cercava di seguire la lezione.
Vedendo buona parte della classe sbadigliare e rabbrividire per il freddo – fatta eccezione per Marley e Shou, impegnati a confrontarsi sulle loro mappe e apparentemente per nulla assonnati – Hakon decise di mandarli a letto e abbozzò un sorriso prima di alzarsi in piedi, rivolgendosi pazientemente agli studenti:
“Tranquilli ragazzi, adesso vi mando a dormire… per stasera può bastare.”
“Ma come, di già?!”
Marley sollevò la testa per rivolgere un’occhiata perplessa all’insegnante, che le sorrise prima di annuire e porgerle una mano per aiutarla a rialzarsi:
“Temo di sì, non vorrei che crollaste tutti all’aperto ammalandovi. Bravissima Marley, comunque.”
La giovane strega sorrise, piena d’orgoglio, e gli consegnò la sua mappa prima di ringraziarlo e correre ad aiutare una Blodwel mezza addormentata a rialzarsi. Shou fece lo stesso con Priscilla, che sbadigliò strofinandosi stancamente gli occhi verdi mentre Lilian si stiracchiava:
“E pensare che Riccioli D’oro starà dormendo beato… che invidia.”
“Tranquilla cuginetta, io, Bel, Lance e Hiro ci vendicheremo dei suoi canti mattutini facendo particolare attenzione a fare rumore rientrando in camera.”
Un piccolo sorriso malandrino incurvò le labbra di Shou, che si affrettò a salutare allegramente Håkon per poi raggiungere Hiro ed esporgli il suo piano. Tallulah, invece, augurò la buonanotte al professore con uno sbadiglio prima di prendere Lilian e Priscilla a braccetto biascicando di aver bisogno di un letto, allontanandosi verso lo chalet e discutendo con le amiche su come avrebbero affrontato la lezione del mattino seguente.
Hakon osservò il gruppo allontanarsi e augurarsi reciprocamente la buonanotte prima di separarsi nelle direzioni dei due chalet, poi alzò lo sguardo sul cielo stellato. Le stelle si vedevano ancora meglio rispetto che ad Hogwarts, ma quel panorama non era nulla in confronto a ciò che aveva potuto ammirare nei suoi anni in Groenlandia, prima che nascesse Freya.
A volte ripensare a quel periodo della sua vita gli provocava una fastidiosa stretta allo stomaco, ma finiva col ripetersi ciò che sua madre e Margot gli avevano sempre detto: aveva Freya, il suo piccolo tesoro. Contava solo quello.
 
 
 
 
 
 
(1): Campbell, il cognome di Margi, è un antico cognome scozzese che in gaelico significa “bocca storta”
(2): Piccola citazione a Ryurik Volkov, un OC di Bri presente nella sua ff “Bastardi senza Gloria”
(3): Metto subito le mani avanti prima che le fan inferocite di Piton vengano a cercarmi, si tratta di un commento sul suo aspetto e NON sul personaggio in quanto tale. Dalla descrizione dei libri dubito che fosse il Cary Grant della situazione idolatrato dalle studentesse.
(4): Ovviamente il cuscino raffigura Darth Vader
 
 
 
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Angolo Autrice:
Buongiorno a tutte! Miracolosamente questa volta giungo in tempo per farmi perdonare del ritardo dell’altra volta. Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto, e grazie per le recensioni.
Ed ora, ecco giunto uno dei momenti clue di ogni Interattiva: la domanda sulle coppie. Theo sta già lucidando le frecce dell’amore.
Ebbene sì, è giunto il momento di chiedervi i vostri pareri e le vostre preferenze per un’eventuale coppia che comprenda il vostro OC. Vista la situazione dei professori, purtroppo mi rivolgo più che altro alle autrici degli studenti: Margi è l’unica donna del gruppo, e onestamente non ho intenzione di farla finire insieme ad Håkon o a Beau – e penso che anche le loro autrici la pensino come me –, né tantomeno con Phil. Ormai è innamorata di Nix e dell’amico segreto di Phil, ma lei e Theo sono pronti a fare da cupidi per i loro pulcini.
Come ho detto, vi chiedo solo di espormi le vostre eventuali preferenze, non pretendo che mi facciate un nome preciso e possiamo discuterne insieme, è normale se qualcuno ha la idee meno chiare di altri… in fondo però il margine di scelta non è molto alto, quindi per voi scartare qualche OC non dovrebbe essere troppo difficile.
Alle autrici delle Ladies ricordo che avete una scelta ancora più limitata, in quanto Bel è omosessuale. Ricordo anche che non tutti verranno accontentati – anche perché i ragazzi disponibili per le signorine sono in matematica minoranza da questo punto di vista – e che non tutti verranno accoppiati. Io adoro creare coppie, chi mi segue da tanto tempo lo sa benissimo, ma non posso far finire tutti assieme tra loro. Se per qualcuno non avere il proprio OC inserito all’interno di una coppia consiste un enorme e insormontabile problema è pregato di farmelo sapere e di non fare scenette da asilo sparendo per protesta. Volete ritirarvi? Ditemelo, credo che più o meno siamo tutti adulti e maturi qui. Io personalmente non penso che sia questa la cosa più importante in una storia, anche se ovviamente fa piacere, ma giustamente ognuno ha le sue opinioni… spero solo che nessuno la prenda a male.
Scusate il pippone, ma in tempi anche abbastanza recenti ho avuto quest’esperienza e tenevo a mettere le cose in chiaro.
Prima di salutarvi vi do anche una brutta notizia: vi sarete accorte che non ho menzionato Emyr in questo capitolo, e nemmeno prima quando ho parlato di Bel. Questo perché, come probabilmente avrete immaginato, mi ritrovo a doverlo eliminare dalla storia. Mi dispiace molto perché siamo davvero all’inizio e non ho avuto modo di farlo emergere, spero di non dover eliminare altri fanciulli, altrimenti farò un “ripescaggio” tra le schede che non sono state selezionate.
Giuro che ora ho finito, a presto!
Signorina Granger
 
 
   
 
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