Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Severa Crouch    02/05/2021    3 recensioni
Hogwarts. 2021. Ci sono giochi che sono pericolosi.
Il Torneo Tremaghi sembra esigere, anche questa volta, il suo tributo di sangue, come impareranno Louis Weasley e James Sirius Potter. I giochi di potere rischieranno di far precipitare il mondo magico in una partita a scacchi, come scopriranno Teddy Lupin e Roland Lestrange. I sentimenti, tuttavia, sono il gioco più pericoloso che si possa giocare e sarà una lezione appresa da Scorpius, Rose e Albus. Infine, ci sono giochi innocenti che rischiano di trasformarsi in tragedia. Chiedete agli Scamander.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Teddy Lupin
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 5 - L'arrivo delle delegazioni
 



 
Beauxbatons, venerdì, 29 ottobre 2021
 
Il dormitorio del settimo anno era in subbuglio al punto tale che Philomène si svegliò con un gran mal di testa. Aprì gli occhi confusa passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi. Alzò lo sguardo verso la copertura blu pavone del suo baldacchino, la luce filtrava attraverso le tende.

“Non si direbbe che sono sette anni che preparate i bauli per tornare a casa,” mormorò alle sue compagne di stanza cercando la forza di alzarsi, “che bisogno c’è di fare tutto questo baccano?”

“Non voglio dimenticare niente!” esclamò Nadine che correva intorno al suo letto indaffarata mentre scorreva una delle sue innumerevoli liste.

“Non vedo come potresti: dobbiamo portarci tutto!”

Philomène passò una mano sul viso e si stropicciò gli occhi. Uno sbadiglio le presentò il conto: lei aveva patito l’ansia la sera prima, quando aveva faticato a prendere sonno mentre Nadine dormiva beatamente e all’alba era pronta per partire.
Uscì dal baldacchino stiracchiandosi, mentre il piede nudo cercava la sua pantofola di velluto azzurro pastello. Tutto a Beauxbatons era in tinta. Si diresse verso il bagno con la camicia da notte in pregiato cotone bianco ricamato che seguiva il movimento dei suoi passi, si infilò sotto la doccia mentre si domandava come sarebbe stato vivere e studiare a Hogwarts.
Suo padre le aveva raccontato di una scuola che sembrava profondamente diversa dall’eleganza e la raffinatezza che circondava la sua Accademia di magia, eppure sembrava essere rimasto affezionato a quel posto. Suo fratello non stava nella pelle di visitare la scuola in cui avevano studiato anche i loro cugini. Per giorni, Cyrille l’aveva tormentata con congetture, mentre lei era rimasta più fredda, concentrata sul Torneo, visto che era tra gli studenti che avevano le carte per uscire Campioni Tremaghi.

Finì di prepararsi e scese a fare colazione. Lanciò un occhio al suo baule e chiuse le ultime cose con un gesto della bacchetta. Nadine l’attendeva all’uscita del dormitorio, intenta a chiacchierare con Ivette e Marion, le altre due ragazze della delegazione.

“Muoviti, Lestrange, i ragazzi ci stanno aspettando!” le dissero battendo il piede nervosamente sul tappeto persiano che decorava il salotto del loro dormitorio. Philomène alzò gli occhi al cielo: “Sono pigri e ritardatari, scommettete che siamo noi le prime ad arrivare?” Fece segno di andare con un semplice cenno del capo. Non aveva mai capito quando fosse diventata la leader del suo gruppo di studentesse del settimo anno. Non sapeva se fosse per il suo cognome o per la sua abilità nella magia, il fatto che tutti le pronosticassero un futuro pieno di possibilità verso le quali lei nutriva solo un senso di incertezza e la paura di deludere tutte quelle aspettative.

Anche adesso, circondata dalle sue amiche, mentre incontrava i sorrisi riverenti delle altre compagne di Accademia, quelle che non sarebbero partite, Philomène sentiva dentro di sé la paura che tutto quello potesse finire da un momento all’altro, che qualcuno scoprisse il suo bluff e che la rivelasse come l’impostora che era certa di essere. Insomma, prendeva bei voti, era brava negli incantesimi, ma cosa voleva dire? Lei si limitava a seguire gli insegnamenti, si applicava in modo serio e coscienzioso, più che talento, la sua era un miscuglio di paziente dedizione e ambizione che sperava desse i suoi frutti. I professori, invece, la dipingevano come una strega talentuosa e questo ritratto, i voti entusiasti che mandavano a casa, avevano contribuito ad aumentare le aspettative che i suoi genitori e il resto del mondo nutrivano su di lei.

Diventare Campionessa Tremaghi, per Philomène Lestrange, avrebbe significato rivelare al mondo il suo bluff perché senza una guida, qualcuno che le spiegasse cosa fare e come farlo, non era sicura di poter ottenere i risultati che tutti si attendevano. Così, aveva accettato di unirsi alla delegazione per poter godere delle lezioni speciali della professoressa Fournier. Dentro di sé sperava che il Calice scegliesse Eric, il suo ragazzo, che era anche il capitano del club dei Duellanti e la persona migliore a rappresentare la scuola.

“Che vi avevo detto? Siamo arrivate per prime.”

Philomène si versò una tazza di abbondante caffè che macchiò con del latte, prese un croissant per la colazione mentre Nadine si serviva una fetta di tarte-tatin e sospirava. “Non c’è speranza che siano puntuali, vero?”

“Nessuna, temo,” sospirò Philomène mentre vedeva suo fratello entrare nella sala della colazione e procedere a passo spedito verso di lei.

“Allora, sorellina, sei pronta?”

Finse sicurezza, altrimenti Cyrille non l’avrebbe lasciata un attimo: “Sì, e tu? Sei pronto a lasciare gli amici e immergerti con i grandi?”

“Prontissimo. Ho salutato tutti quegli sfigati e non vedo l’ora di essere in Inghilterra.”

“Quanta ansia, Cyrille,” ridacchiò Nadine, “Non lo sai che le inglesi sono fredde come dei ghiaccioli?”

“Allora è una fortuna che io sia un maestro a usare la lingua.”

Philomène alzò gli occhi al cielo, la sua amica si divertiva da quando era bambina a prendere in giro suo fratello, ma Cyrille aveva sviluppato una faccia tosta e una sicurezza invidiabile, al punto da rischiare di far andare di traverso il latte a Nadine che combatteva contro l’istinto di scoppiare a ridere.

“Buona fortuna, Lestrange, sarà divertente ascoltare le tue imprese,” ridacchiò.

Cyrille alzò le sopracciglia e ghignò: “Ho in programma di infilarmi sotto le gonne di tutte le ragazze carine che ci saranno.”

“Auguri doppi, allora.” Eric prese posto accanto a Philomène, le posò un bacio sulla guancia continuando a tenere d’occhio Cyrille e la sua gelosia nei confronti della sorella. “Non lo sai che le francesi sono le più carine? E sono anche quelle che ci sanno fare…” Philomène arrossì e gli diede una gomitata sussurrando: “Piantala, Eric.”

“Lagrand, o togli le tue zampacce da Troll da mia sorella, o non riuscirai a partire per Hogwarts, resterai in infermeria fino al nostro ritorno.”

“Vedi, Lestrange, il fatto che io abbia gusti migliori dei tuoi non deve farti arrabbiare, posso insegnarti. Al ritorno potresti addirittura essere considerato dalle nostre compagne di Accademia.”

“Come se avessi bisogno dei tuoi consigli… Ti sei attaccato a Phil al quinto anno e non la molli un attimo, che esperienza vuoi avere? Sono io che posso darti lezioni, visto che sono uscito con tutte le ragazze carine del mio anno.”
“Ma non dire fandonie, Lestrange, sei il solito sbruffone!”

“Silence, s’ils vous plait!”

L’esclamazione della preside fece cessare immediatamente tutto il chiacchiericcio. “Come saprete, oggi partiremo per la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts insieme a una delegazione di vostri studenti degli ultimi due anni che si sono candidati per partecipare al prestigioso Torneo Tremaghi. Mi aspetto che durante la mia assenza voi continuiate a comportarvi in modo esemplare. Il vicepreside, il professore Monsieur La Fontaine, rimarrà a fare le mie veci con pieni poteri.”

Un mormorio preoccupato serpeggiò per la sala mentre Philomène ghignava in direzione del fratello: “Sei il solito fortunato,” gli fece notare, “altro che uscite con le ragazze, con La Fontaine ti sarebbe toccata la doccia fredda!”

Risatine serpeggiarono lungo il tavolo, mentre Cyrille le rivolgeva una smorfia e le ricordava che lui era in grado di farla franca anche a La Fontaine, il severissimo e austero professore di Trasfigurazione che osservava gli studenti con i suoi occhi gelidi dietro le lenti rotonde cerchiate d’oro.

“Gli studenti che partiranno per Hogwarts, salutino i loro compagni e mi seguano. Partiamo tra mezzora. I vostri bauli sono già sistemati nelle carrozze.” Un capannello di studenti attorniò la preside per chiederle informazioni sul viaggio e per salutarla. Molti compagni chiedevano di ricevere costantemente informazioni e la Preside promise di mandare dei rapporti settimanali via gufo.

Philomène e gli altri del tavolo si alzarono, sistemarono le sedie e si unirono alla schiera di studenti che ordinatamente seguiva la Preside. Nessuno di loro voleva apparire sgraziato o scomposto, ed era meraviglioso vedere l’armonia che regnava nella sua Accademia magica. Al contempo, era molto curiosa di conoscere la scuola in cui aveva studiato suo papà che dai racconti sembrava essere un posto più divertente.

Sulla carrozza sedette vicino a Eric, intrecciò le dita a quelle del suo ragazzo e si soffermò ad osservare il modo in cui i raggi del sole illuminavano i suoi capelli di un biondo così caldo da virare verso l’arancio. Eric guardava fuori dalla carrozza e cercava di ignorare Cyrille che scherzava con Adrien, il fratello di Nadine. Entrambi erano stati ribattezzati come “i due imbucati”, perché nessuno di loro aveva l’età per partecipare al Torneo Tremaghi, ma erano riusciti a partire ugualmente per accompagnare le loro sorelle.

“Tuo fratello la smetterà di guardarmi male?” le domandò sottovoce Eric. Philomène sorrise: “Quando vincerai il Torneo Tremaghi non avrà più nulla da ridire.”

Eric sospirò e strinse un po’ più forte la presa delle sue dita. Philomène si strinse a lui: “Lo so che sceglieranno te, Eric, sei il duellante più in gamba della scuola.” Eric le rivolse uno sguardo scettico: “Non basta, l’ha detto anche la preside, il Calice valuta talmente tanti criteri che è difficile immaginare chi possa uscire. Io credo che tu sia la migliore.”

“Oh no, io sono solo una studiosa, non sono portata per queste cose…” sospirò.

“Per la barba di Flamel, ragazzi, siete noiosi! Sarò io ad essere selezionato perché è palese che sia il migliore,” esclamò Jean Paul allegro. Si passò una mano tra i capelli castani, scompigliandoseli distrattamente, e sorrise prendendo posto accanto a Nadine. Cyrille gli rivolse un’occhiata scettica, stava per rispondere quando un primo balzo della carrozza e una serie di successivi rimbalzi annunciarono che stavano per partire.

Preso il volo, la preside esclamò: “Molto bene, ragazzi, adesso tirate fuori i taccuini che inizieremo le lezioni.”

“Ma dobbiamo studiare anche durante il volo?” domandò Cyrille perplesso.

“Certo, Lestrange, pensavi che fosse una vacanza? Su, taccuino, piuma e prendete appunti.”

Il professor Girard, il loro insegnante di Incantesimi, sorrise incoraggiante suscitando un sospiro ammirato in Nadine che da sempre aveva un debole per lui. Si sentì Jean Paul borbottare: “Ridicola.”

“Geloso.”

Silvain Girard era un uomo affascinante dalla pelle scura e gli occhi neri e vivaci con un sorriso che faceva sospirare molte studentesse. Philomène stessa non riusciva a dirsi indifferente al suo fascino, aumentato dal fatto che era un insegnate strepitoso. Nel dormitorio del settimo anno c’erano state urla di gioia quando si era diffusa la notizia che il professor Girard sarebbe andato in Inghilterra con loro e c’era chi pianificava di sedurlo in occasione del soggiorno inglese. Altre studentesse, invece, sospiravano al pensiero di avere come compagno di viaggio il professor Dubois, il loro insegnante di Erbologia, che sicuramente stava facendo lezione su un’altra carrozza.
 

 
***
 

 
Da qualche parte nel Mare del Nord, venerdì, 29 ottobre 2021

 
 
La nave era salpata e Rabastan aveva radunato i suoi studenti per la lezione di Arti Oscure, li osservava seduti composti tra i banchi con le piume in mano pronti a prendere appunti.

“Con il professor Volkov abbiamo strutturato il programma di Arti Oscure e Cura delle Creature Magiche in modo da aiutarvi ad affrontare il Torneo e viverlo al meglio. Sappiamo che la prima prova del torneo richiederà di affrontare una creatura magica molto pericolosa.”

Rabastan sorrise nel vedere il lampo di sfida negli occhi di Olag Huggorm, i suoi occhi azzurri scintillavano e un ghigno gli deformava il volto. Persino Einar, Igor, Malin e Aalina erano eccitati dalla prospettiva del Torneo, tutti loro erano i papabili, lo sapevano tutti.

“Durante la scorsa edizione del Torneo i concorrenti hanno dovuto affrontare dei draghi, sappiamo che alcuni sono morti a causa delle Manticore. Al momento nessuno di noi sa in cosa consisteranno le prove, e sappiate che tutti i professori aiuteranno il campione ad affrontare al meglio le sfide. Per il momento noi ci concentreremo sulle Chimere, le Sfingi, le Acromantule, i Dissennatori e gli Obscuriali, anche se dubito che il Ministero della Magia inglese sarà così coraggioso da farvi affrontare creature tanto oscure.”

Una risatina serpeggiò tra i banchi mentre Rabastan continuava con la sua lezione. “Cerchiamo di rimanere concreti e pensiamo a conoscere le Chimere. Qualcuno sa dirmi cos’è una Chimera?”

Rabastan individuò subito Jan e Igor che si davano di gomito e aggiunse: “Ovviamente non mi riferisco alla promozione in Arti Oscure, Karlsson, o a qualsiasi altra prospettiva al momento ti sembri irraggiungibile.”

“Come la possibilità di portarti a letto Helga!” esclamò Olag suscitando risatine.

“Molto divertente, signor Huggorm, ma non è una lezione di lingua, non stiamo giocando con le metafore. Qualcuno sa cos’è una Chimera?”

La mano di Olag si alzò mentre lanciava sguardi divertiti ai suoi compagni che ridacchiavano, come dei ragazzini, dal momento in cui Rabastan aveva menzionato la lingua. “Secondo Newt Scamander, ma anche secondo mio nonno, la Chimera è un raro mostro greco con la testa di leone, il corpo di capra e la coda di serpente.”

“Siamo grati al nonno del signor Huggorm che non ha smentito la descrizione di Scamander,” commentò ironico, mentre il resto della classe ridacchiava. “Saremmo lieti di ascoltare le circostanze di questo incontro. Suo nonno era un vichingo, un navigatore, come si è imbattuto in una Chimera?”

Prima di parlare Olag giocava sempre con il bracciale tradizionale, sosteneva che era un’antica tradizione di famiglia e loro erano una stirpe di navigatori che solcava i mari da secoli.

“Durante le sue navigazioni era finito in Grecia e ne ha approfittato per visitare quel paese. Stava cercando di raggiungere Delfi per ascoltare l’oracolo. I mugglar  non sanno che la Pizia esiste ancora e che le profezie vengono rilasciate. Beh, insomma, per farla breve, mentre era in viaggio per Delfi si è imbattuto in una Chimera ed è riuscito ad uscirne vivo.”

“Le Chimere sono feroci e molto pericolose, tuttavia è nota solo un’uccisione di un mago da parte di una Chimera, quindi non è impossibile affrontarle. E questo le rende delle creature molto plausibili per la prova del Torneo Tremaghi in un Ministero della Magia che non vuole alcun incidente. Mi sento di escludere il Basilisco, visto il passato dell’attuale Ministro della Magia…”

Le mani degli studenti schizzarono in alto. “Prego, signorina Petrov.”

Aalina, una delle migliori duellanti della scuola, domandò: “Pensa che questa edizione del torneo sarà più facile? Che valga meno?”

Rabastan sorrise a quella domanda. Sedette sulla cattedra e si attenne alle disposizioni che aveva dato il preside Krum. “No, signorina Petrov, penso solo che sarà più sicura, che il Ministero manterrà un adeguato livello di rischio per dei maghi della vostra età. Non saranno prove semplici, ma forse meno mortali del solito.”

Un sospiro insoddisfatto serpeggiò per l’aula, Jan Karlsson se ne fece portavoce: “Ma se non si rischia, se non ci mettiamo alla prova, che senso ha partecipare? Potevamo rimanere a scuola!”

“Anche l’ultima volta il Torneo avrebbe dovuto essere sicuro, ma così non è stato. Sarete da soli, davanti alle prove, e tutto ciò su cui potrete contare sarà la vostra concentrazione e la vostra bacchetta. Non dimenticatelo. Noi professori cercheremo di aiutarvi ad affrontare al meglio il torneo, ma ad un certo punto sarete da soli, come in un duello, ma non di quelli che si fanno a scuola in ambiente protetto.”

Un silenzio pensieroso scese nell’aula.

“Bene, se non ci sono altre domande, continuiamo. Le Chimere non sono creature semplici da affrontare.”
“Non basta usare l’Anatema che Uccide?” domandò Igor.

Rabastan sorrise per quella domanda: “Non tutto si risolve con un Anatema che Uccide, signor Kozlov. Potrebbe non avere la concentrazione necessaria – o il tempo – per scagliarlo correttamente. Le Chimere sono molto veloci e utilizzano la coda in modo sorprendente. Più di un mago è stato disarmato dalla coda di una Chimera. Ai fini del Torneo, vi sarà chiesto di battere l’animale, non di ucciderlo. Vincerà chi dimostrerà ingegno e abilità nel superare la prova, senza contare che l’utilizzo dell’Anatema che Uccide, della Maledizione Imperius e della Cruciatus è reato in Inghilterra.”

“Ma solo sugli esseri umani, no?”

“Da qualche tempo anche contro le creature magiche, il Ministro della Magia inglese ha a cuore le creature magiche.”

“È una nota polemica, professore?”

Eccola. Helga Berg, la super fan di Hermione Granger che si era infilata nella delegazione solo per conoscere la sua eroina. Rabastan rispose paziente: “Assolutamente no, signorina Berg. Sono un Magizoologo, non mi sognerei mai di usare una maledizione su un animale.” La classe era tornata attenta così continuò: “Tornando alle Chimere, queste possono essere sconfitte inducendole a entrare in acqua, in modo che il corpo perda l’equilibrio e non riesca a muoversi, oppure provando a immobilizzarle, ma nemmeno questa è un’impresa semplice.”

Rabastan aveva evocato l’ologramma di una Chimera, si muoveva intorno alla figura mostrando agli studenti le varie parti dell’animale, soffermandosi sulle parti più letali. La professoressa Lindberg bussò alla porta ed entrò a ricordargli che era finita l’ora. Per tutta la durata del viaggio sarebbero stati i professori a dover cambiare aula, mentre una volta arrivati a Hogwarts sarebbero stati in grado di ampliare la nave e creare le quattro aule per gli studenti. Alcune lezioni, poi, le avrebbero seguite con i docenti di Hogwarts per dare modo agli studenti di mescolarsi tra scuole.  

“Prima che lasci l’aula alla professoressa Lindberg per la sua lezione di Pozioni, vi ricordo che le uova di Chimera sono classificate come Beni Non Commerciabili di Classe A.”

La professoressa Lindberg rivolse un sorriso a tutta la classe ed esclamò divertita: “Se avete fatto le Chimere possiamo preparare un filtro Gelasangue usando le loro uova.”

Rabastan ridacchiò per la provocazione lanciata, chissà se gli studenti avrebbero abboccato. Li osservavano perplessi mentre la professoressa Lindberg estraeva un banalissimo uovo di vipera dalla borsa.

“Ma professore,” esclamò Karlsson, “Lei ha appena detto che le uova di Chimera sono beni non commerciabili!”

“Esattamente, Karlsson, giusta osservazione, allora perché la professoressa Lindberg ne ha estratto uno dalla sua borsa?”

“Perché alleva Chimere?” domandò Petrov.

“Mi piacerebbe molto, signorina Petrov,” ridacchiò la sua collega. Greta Lidberg era un’affascinante strega che poteva avere l’età di sua madre. Era un’esperta Erbologa e un’abile Pozionista che riusciva a incantare le sue classi. Rabastan aveva avuto modo di confrontarsi con lei sugli effetti che alcune piante velenose avevano provocato su uno Snaso troppo curioso e quel confronto si era rivelato utile. Sapeva che le sue lezioni non erano vivaci come quelle di Incantesimi o Trasfigurazione, così le riempiva di aneddoti e storie avvincenti per tenere viva l’attenzione dei ragazzi. A volte, ne testava le abilità con dei tranelli in cui gli studenti più svegli dimostravano di non cadere.

Un’altra mano si alzò: “Perché frequenta giri poco raccomandabili.”

“È un’opzione da tenere in considerazione, signorina Morozov, ma nessuno si è ancora fatto la domanda fondamentale,” rispose Rabastan. Il silenzio era calato nell’aula mentre gli studenti sembravano perplessi. Rabastan e Greta si sorrisero divertiti. Si stava facendo tardi e non voleva rubare troppo tempo alla lezione della collega.

“Per la prossima settimana mi aspetto un tema sui modi per affrontare e neutralizzare le Chimere e una riproduzione delle loro uova. Avrete a disposizione la biblioteca di Hogwarts per le vostre ricerche.”

Una serie di bocche si aprì per lo stupore e Huggorm esclamò sorpreso: “Non è un uovo di Chimera!”

Rabastan annuì: “Diffidate sempre di chi vi offre con facilità beni non commerciabili. Sappiate riconoscere ciò che vi propongono altrimenti gli effetti potrebbero essere disastrosi. La professoressa Lindberg vi spiegherà cosa sarebbe accaduto se avreste provato a realizzare un filtro Gelasangue con l’uovo che vi ha provato a vendere invece di usare l’uovo di Chimera.”

Uscì dall’aula mentre il chiacchiericcio alle sue spalle si chetava e la voce di Greta era l’unica che si sentiva nell’aula. Aveva un po’ di tempo prima della prossima lezione, così salì sul ponte a prendere un po’ di aria e osservare il cielo grigio sopra di sé.

“Tra un po’ sarebbe stato difficile partire.”

La voce del preside Krum arrivò alle sue spalle e la sua sagoma lo affiancò. “Come procedono le lezioni?”

“Gli studenti non sono concentrati, non fanno altro che pensare al Torneo, ma credo che ciò sia normale, non trovi?”

“Assolutamente normale. Karkaroff ci costrinse ad allenarci tutto il tempo, ma io credo che il cervello sia importante tanto quanto il corpo.”

“È proprio così.”

“Arriveremo per l’ora di cena. Sei emozionato?”

“Un po’, lo ammetto. Non sono più tornato a Hogwarts dopo i M.A.G.O. e non vedo la mia famiglia da molto tempo.”

“C’è qualche ragione particolare?”

Rabastan scosse la testa. Non c’era un motivo per cui non volesse tornare a casa, a parte la consapevolezza che tra quelle mura era un Lestrange, mentre altrove era solo Rabastan. Sentiva la mancanza delle chiacchiere con Orion e Roland e persino degli scherzi a Roddie, i suoi genitori gli mancavano molto, eppure c’era qualcosa che lo faceva stare meglio lontano da lì. Forse in quel ritorno a casa avrebbe saputo analizzarne le ragioni.
 

 
***
 
Hogwarts, venerdì, 29 ottobre 2021
 

 
“Sembra di essere tornati Prefetti, non è vero?”

Victoire lo domandò mentre camminavano per i corridoi di quella che era stata la loro scuola. Hermione era stata chiarissima: quello che stava accadendo nel mondo magico, le morti misteriosamente connesse ai sopravvissuti alla seconda guerra magica non dovevano superare i confini di Hogwarts e turbare lo svolgimento del Torneo. Soprattutto, non dovevano giungere all’orecchio delle delegazioni delle altre scuole, più di quanto non avesse già provveduto la Gazzetta del Profeta.

Tutto doveva essere perfetto. Così, non si era risparmiata e Teddy era certo che se non avesse avuto la responsabilità dell’intero mondo magico inglese sulle spalle, lei stessa si sarebbe curata di fare in modo che tutto filasse liscio.

“Abbiamo pure un Lestrange a farci compagnia,” osservò lanciando un’occhiata sarcastica a Roddie.

“Lo so che il tuo preferito è Roland, ma devi accontentarti di me, Lupin.”

“Oh no, Roddie, tu sei il mio preferito, sei quello che rispetta le regole, anche se sei simpatico come una scopa infilata tu-sai-dove.”

“Non credere che tu sia divertente. Avrei potuto essere in missione presso il Ministero della Magia di Bali, hai presente? Avrei passato il tempo in spiaggia e invece mi trovo di nuovo in questa dannata scuola con due… beh… come voi.”

“Quasi mi fai rimpiangere tuo fratello, almeno lui non si fa troppi problemi ad essere diretto.”

Teddy iniziava a ricordarsi perché Roddie Lestrange gli stesse sul cazzo, ma non in modo simpatico, come Roland, con il quale si era creato quel rapporto di rispetto reciproco. No, Roddie gli stava sul cazzo perché era stronzo, razzista e dannatamente ipocrita. Tutto sua madre. Roddie conosceva benissimo i limiti e riusciva a farti percepire il suo disprezzo senza superarli, trincerandosi dietro l’educazione con l’aria di superiorità che non faceva altro che innervosirlo. Adesso, camminava impettito con le mani in tasca e un ghigno sul volto, soddisfatto dall’essere riuscito a fargli ammettere che preferiva Roland a lui. Sembrava quasi che godesse ad essere impopolare, come se quella condizione gli confermasse il giudizio che, secondo lui, il mondo aveva e legittimava il suo atteggiarsi a vittima.

Teddy aveva dovuto fare un percorso enorme per imparare ad accettare l’idea che al mondo non interessa niente e che si viene considerati solo nella misura in cui si entra in contatto con qualcun altro. Aveva smesso di considerarsi una vittima e si era lasciato alle spalle il passato.

“Ecco dove eravate finiti.”

La voce di Hawk Flint interruppe il flusso di pensieri.

“Oh, Flint, novità da fuori?”

“No, tutto in ordine. Abbiamo perquisito il campo di Quidditch, gli spogliatoi, allertato i Centauri e i Maridi. La Preside è pronta a ogni evenienza, persino i fantasmi stanno pattugliando il castello. Direi che è impossibile che accada qualcosa senza che noi ne veniamo a conoscenza.”

Il rintocco della campana della fine dell’ora provocò uno sciamare di studenti esaltati dalla notizia dell’arrivo delle delegazioni delle altre scuole di magia. “Ah, i bei vecchi tempi…” sospirò Victoire scambiandosi uno sguardo divertito con Flint, “Ti ricordi quando litigavamo per il campo di Quidditch?”

“Litigavi con Roland, Weasley,” le ricordò Flint, “lui era il Capitano di Serpeverde. Sì, lo ricordo molto bene. Ci avete dato del filo da torcere.”

“Solo perché non eravate forti abbastanza,” obiettò Victoire che stava tirando nuovamente fuori il suo spirito Grifondoro.

Teddy aveva appena scoperto come dare noia a Roddie Lestrange, a giudicare dall’espressione annoiata e assente che aveva mentre attendeva pazientemente che la conversazione tornasse su argomenti più professionali. Il punto era che Flint e Vic potevano andare avanti per ore a parlare di Quidditch e Teddy si disse che poteva essere divertente provare a tastare la resistenza di Roddie in quel genere di conversazioni.

“Vic! Teddy!” la voce di Louis, tuttavia, li distolse dal Quidditch – troppo rapidamente – e diede modo a Lestrange di sganciarsi da loro che si trovarono circondati da studenti del settimo anno. “Allora, tutto in ordine? Possiamo mettere il nome nel Calice di Fuoco?” domandò divertito.

“Non mi dirai che vuoi partecipare al Torneo Tremaghi?” domandò incredula.

“Ovvio. Mamma è una campionessa, zio Harry anche, non vedo perché non dovrei.”

“Perché è pericoloso, Louis!”

Louis tirò fuori uno dei suoi sorrisi spavaldi e indicò i suoi amici: “Guarda che tutti noi abbiamo intenzione di mettere il nome nel Calice di Fuoco.” Victoire sgranò gli occhi sorpresa: “James? Andrew? Anche voi?”

“Sì, e anche Ruth e Sarah,” aggiunse James indicando le loro amiche.

“Sarah, ma sai che rischi di ferire mortalmente l’orgoglio di Louis se il Calice di Fuoco dovesse scegliere te?”
Sarah scrollò le spalle indifferente e disse: “Correrò questo rischio. Se Louis non è il migliore, tanto vale che scelga me invece che un altro…”

“Mi piace il modo di pensare di questa ragazza,” intervenne Teddy. Aveva simpatia per Sarah, così come ne aveva per Albert e qualsiasi fidanzato di un Weasley-Delacour. Credeva anche che competere con Fleur come modello femminile fosse più difficile di quanto non lo fosse per lui e Albert competere con l’immagine di Bill Weasley che comunque continuava ad essere un punto di riferimento sfidante.

“Sarah, è inutile che ti illudi, tanto verrò scelto io,” esclamò James. “Mio padre è stato scelto nonostante non avesse l’età…”

“Tuo padre è stato scelto perché un Mangiamorte ha ingannato il Calice di Fuoco,” puntualizzò Ruth attirando l’attenzione di Flint. Si sentì come la parola Mangiamorte fece scattare il loro collega dell’ufficio Giochi e Sport Magici. “Tu saresti?”

“Ruth Baston, settimo anno, Grifondoro,” rispose sostenendo lo sguardo.

“Baston? Parente di Oliver Baston?” domandò incredulo.

“È mio padre, quindi attento a come parli.”

Flint non riuscì a trattenere un sorriso: “È il mio capo. Hawk Flint, Ufficio Giochi e Sport Magici del Ministero della Magia, molto piacere.”

“È un amico dei Lestrange,” le sussurrarono Andrew e James nell’orecchio. Ruth, però, afferrò la mano e aggiunse: “Sono anche Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro.”

“Allora ti vedrò volare…”

“Il Quidditch è stato sospeso.” Victoire provò a inserirsi in quella conversazione che rischiava di diventare strana e inappropriata.

“Ufficialmente, sì,” aggiunse Ruth, “ma una volta a settimana le squadre possono allenarsi e un fine settimana al mese c’è un’amichevole. Abbiamo ottenuto i permessi dalla Preside.”

“Allora avrò modo di vederti,” ripeté Flint mentre James, Louis e Andrew la portavano via insieme a Sarah. Victoire si voltò verso Hawk ed esclamò spazientita: “Ma si può sapere che diavolo ti prende? Non si flirta con le studentesse!”

“Non stavo flirtando, Weasley, datti una calmata, e poi la ragazza è maggiorenne e vaccinata.”

Victoire stava per ribattere indignata, ma Teddy sapeva che polemizzare con Flint non avrebbe portato nessun risultato concreto. Si ricordò delle raccomandazioni di Harry sul risolvere e non combinare guai, così, prima che Vic aprisse bocca disse: “Andiamo a controllare i sotterranei. Flint, recupera Lestrange che si è dileguato nel frattempo.”

 
 
***

 
Loch Lee, Highlands, venerdì, 29 ottobre 2021
 
 

Roland controllò che il cappuccio gli coprisse il volto mentre camminava su quel sentiero di montagna. La bacchetta stretta in mano l’aiutava a mantenere la direzione, doveva andare a nord. Ogni tanto controllava i tronchi degli alberi per verificare di non essersi perso. Era stato suo padre, quando era solo un bambino, a insegnargli a orientarsi nei boschi utilizzando la magia e gli elementi della natura.

Intorno a lui, c’erano tracce di magia antica, riusciva a sentirle chiaramente. Nei secoli passati, infatti, quei sentieri erano percorsi da druidi e stregoni che si rifugiavano tra questi boschi per ritrovare il contatto con la natura.

Gli alberi iniziarono a diradarsi. Roland sorrise, forse era appena arrivato. Accelerò il passo e continuò a guardarsi intorno, tese l’orecchio pronto a reagire. L’enorme distesa d’acqua si stagliava davanti i suoi occhi abbracciata dalle montagne.

Un alito di vento freddo, carico di umidità, gli ricordò che da quelle parti l’autunno stava virando verso l’inverno. Roland si strinse nel mantello foderato di pelliccia e controllò la pergamena che gli aveva scritto sua madre. Le indicazioni portavano fino lì, alla fine dei boschi che si aprivano sul Loch Lee. Il castello di Invermark era una fortezza che nei secoli era stata utilizzata dai Rowle e che giaceva apparentemente disabitata. Non c’erano tracce di elfi domestici, maghi e streghe, ed era fuori discussione che Thorfinn Rowle si fosse ridotto a vivere come un Babbano. Probabilmente, aveva creato un incantesimo scudo talmente forte da non far percepire la propria magia. Sperò che il poco sangue dei Rowle che gli scorreva nelle vene lo aiutasse a trovare l’accesso.

“Revelio…” mormorò sottovoce e un bagliore giunse dal bosco alla sua destra. Roland puntò la bacchetta e sorrise ammirato nel vedere quell’incantesimo di Disillusione: “Davvero notevole, zio. Direi quasi geniale.”

Stava per puntare la bacchetta contro la barriera quando il lancio di una Maledizione lo sfiorò. “Per Salazar!” esclamò schivando l’attacco. “Zio, sono Roland Lestrange! Lo so che sei qui!”

Un fascio di luce mise in risalto un masso con un’incisione in alfabeto runico. “L’accesso al mondo è lastricato di sangue.” Roland alzò gli occhi al cielo e sospirò al pensiero di quanto fossero esagerati i Rowle. Prese il coltello che portava sempre con sé e incise il palmo della sua mano. Offrì un tributo di sangue e la barriera svanì.

“Devi coprire meglio le tue impronte. Credevo che tuo padre ti avesse insegnato come fare.”

“Stavo venendo a trovare mio zio non un nemico.”

“Non puoi sapere se mi avresti trovato o se il posto fosse finito in mano ai nemici.”

“Lo dici solo perché non leggi la Gazzetta del Profeta,” rimbeccò Roland, “Se fossi finito ad Azkaban, avremmo letto fiumi di dichiarazioni sull’arresto del pericoloso latitante.”

Thorfinn sghignazzò e lo invitò a entrare dentro. “Come hai fatto a trovarmi?” domandò mentre chiudeva la porta di quel cottage in pietra.

“Devo dire che è geniale: tutti ti cercano nel castello dei Rowle e nessuno sospetterebbe mai che a pochi passi vi è un cottage Disilluso,” Roland si guardava intorno ammirato. Le pareti di pietra erano ricolme dei quadri dei Rowle, il camino scoppiettava allegro in quel piccolo salotto mentre un elfo domestico era in attesa di ordini.

“Siamo io, questo stupido elfo e i miei antenati nei quadri. Sono morti tutti e chi è sopravvissuto fa finta di non conoscermi. Ho ospitato Euphemia per un po’ ma la notizia dell’arresto di Delphini l’ha scossa profondamente.”

“Dopo tutto, ci eravamo affezionati a lei,” mormorò Roland.

“Tu in modo particolare, a quanto mi hanno detto!”

La pacca che gli arrivò sulla spalla ebbe la forza di farlo cadere in avanti, Roland tossicchiò una risata per dissimulare l’imbarazzo che provava al pensiero che quella dannata chiacchierona di Delphi fosse andata a spifferare in giro cose che era meglio restassero private.

“È stata mamma a darmi un indizio su come trovarti,” gli confessò mentre si avvicinava al caminetto per riscaldarsi dalla lunga attraversata dei boschi. Le ricerche lo avevano costretto a dormire in rifugi di fortuna ed era una settimana che vagava senza riuscire a tornare a casa.

“Dovevo aspettarmelo, Alexandra ha sempre avuto la capacità di tenere traccia di tutto senza darlo a vedere, ma è una sciocca o un’ingenua se pensa che io possa esserti in qualche modo d’aiuto.”

“Come fai a sapere che sia qui per chiederti aiuto?”

“Perché devi essere disperato per trascorrere una settimana a vagare per questi boschi, con l’inverno che è alle porte. Sei cresciuto al sud e non sei fatto per il clima delle Highlands.” Thorfinn Rowle era un lontano cugino di sua nonna materna, la mamma lo aveva iniziato a chiamare zio quando si erano ritrovati tra le fila dei Mangiamorte, ma non si erano mai frequentati molto perché la mamma era tra gli infiltrati al Ministero della magia e non doveva far sapere le sue parentele per non destare sospetti.

Roland osservava l’uomo far cenno all’elfo domestico di servire il Firewhisky per lui e per il suo ospite, non si era nemmeno degnato di chiedere se ne volesse uno. Lo vide passarsi una mano tra i capelli un tempo biondi che avevano lasciato il posto al grigio. Era provato dalla solitudine e dalla sconfitta in guerra, del vecchio guerriero Thorfinn di cui sua madre e suo padre gli avevano parlato, era rimasto solo un vecchio rancoroso. Roland pensò che, tutto sommato, quella visita inattesa dovesse piacergli. Prese il bicchiere che l’elfo gli servì su un vassoio d’argento e diede le spalle al camino: il calore delle fiamme riscaldavano la schiena e quello del liquore dilagò dalla gola nel resto del corpo.

“Stanno accadendo cose strane nel mondo magico,” gli disse Roland.

“Non mi importa nulla di quanto sta accadendo, hai visto com’è finita con Delphini? Quella strada porta solo alla morte. Abbiamo provato a ricercare la grandezza, ma dobbiamo prendere atto che è stato un fallimento.”

“Forse i tempi non erano maturi, forse la strategia era sbagliata. Secondo mamma e papà è stato tutto un inganno, un modo per mascherare la sete di potere dietro le istanze dei Purosangue.”

“Sì, so come la pensano i tuoi, ma non sono d’accordo. La sete di potere l’avevamo tutti e tua madre per prima avrebbe fatto carte false per diventare Ministro della Magia. È comoda buttarla in politica quando sei uscita sconfitta, ma immagino che tu non sia qui per rivangare vecchi discorsi?”

“No, sono qui perché qualcuno è tornato a usare le Arti Oscure.”

“Era ora,” borbottò chiedendo all’elfo di riempirgli nuovamente il bicchiere.

“Sì, ma è diverso.”

“Le Arti Oscure sono sempre la stessa roba, da secoli: morte, dolore, sangue. Parli delle voci sul ritorno dei Mangiamorte? Non dirmi che sei venuto fin qua per due galline Cruciate nel pollaio di un Babbano? Cazzo, Roland, sapevo che Rod si era rammollito ma non fino a questo punto!” Lasciò il bicchiere disgustato e si stese contro lo schienale del divano.

“E i pavoni di Malfoy.”

Thorfinn Rowle scoppiò a ridere, una risata grassa, rumorosa, che spaventò l’elfo domestico. Roland lo vide nascondersi dietro il carrello dei liquori mentre il padrone urlava: “Elfo! Un altro giro…” si scambiarono uno sguardo e lo zio ammise senza che Roland facesse alcuna domanda: “Non so come si chiama, non me ne frega nemmeno. Appartiene alla mia famiglia e deve servirmi, altrimenti verrà punito, vero stupido Elfo?”

“Cab, vive per servire padron Rowle, a Cab non dispiace essere chiamato Elfo,” precisò la creatura con una voce lamentosa che lasciava intendere quanto spesso padron Rowle si dilettasse a punire quell’elfo.

“Lucius è sopravvissuto alla morte dei suoi pavoni?” sghignazzò.

Roland sorrise annuendo. “Draco è sul piede di guerra con il Ministero della Magia.”

“Pensa che scomoderanno gli Auror per i pavoni di suo padre? Per Salazar, ma che generazione di rammolliti abbiamo tirato su? Ai miei tempi i problemi ce li risolvevamo da soli, altro che confidare negli Auror. Seguite le tracce, la magia – specie quella oscura – lascia sempre delle tracce.”

“Lo abbiamo fatto. Dopo i pavoni dei Malfoy abbiamo trovato dei corvi morti intorno la nostra proprietà. Sono seguiti altri animali, persino due Thestral dei Nott, è evidente che c’è un disegno. Cercano omonimi Babbani per i vincitori, mentre per gli sconfitti se la prendono direttamente con noi.”

Thorfinn aveva smesso di insultarlo e adesso lo ascoltava con un certo interesse. “Ci sono state rivendicazioni?”
“Nessuna e nessuno sa niente. Sai, io frequento alcuni giri.”

“Sì, lo so, devi coprire meglio le tue tracce, Roland, le voci arrivano fin qui nelle Highlands. Il sentiero che stai cercando di percorrere è pericoloso e inutile: il Ministero ti sfrutta finché gli sei comodo e poi non esita ad aprire l’archivio e gettarti ad Azkaban. Hai visto cosa hanno fatto con McNair?”

Thorfinn aveva ragione. Roland si era fidato di Teddy, aveva iniziato a collaborare con lui e Vic e aiutare gli Auror a ripulire i giri più marci, quelli che lavoravano male e rovinavano la categoria, ma era vero che nel momento in cui quella collaborazione fosse finita per qualsiasi motivo, non avrebbero esitato a richiedere un mandato d’arresto. Lui però stava diventando sempre più bravo a nascondere le proprie tracce.

“E con tutte le voci che arrivano nelle Highlands, nessuna voce ti è giunta su queste morti?”

“No, ma forse mi spiego i falchi che ho trovato morti vicino il castello.”

“Anche tu…” mormorò Roland. “Devo analizzare il luogo del ritrovamento.”

“Non troverai molto, adesso, è accaduto qualche settimana fa, ma un falco l’ho impagliato visto che era stecchito e senza sangue che ne rovinasse il piumaggio, magari trovi qualcosa.” Thorfinn guidò Roland verso il suo laboratorio: un enorme tavolo da lavoro pieno di coltelli e sostanze varie.

“È così che passi il tempo?”

“Le bestie morte sono una compagnia migliore di molti uomini vivi.”

Ignorò il commento dello zio e si sforzò di rimanere concentrato sull’animale che aveva davanti, pronto a cogliere ogni traccia di magia oscura. C’erano poche speranze, visto che gran parte dei tessuti, dei liquidi e degli organi interni erano stati asportati e sostituiti con segatura o qualche altro strano materiale. Roland non era un esperto di quelle attività, ma capiva il bisogno di esporre dei trofei. Puntò la bacchetta contro l’animale e prima ancora che formulasse un qualsiasi incantesimo, la pancia della bestia si aprì e al posto della segatura uscirono vermi e strani insetti simili a scarafaggi. Roland, temendo la reazione dello zio, mise le mani avanti: “Non ho fatto niente.”

“Lo so.”

Thorfinn, con l’espressione di chi sul suo tavolo da lavoro asettico vuole tutto meno che degli insetti, rimosse tutto con un gesto della bacchetta. La luce delle lampade tremò per un istante e il ventre vuoto dell’animale si riempì nuovamente di insetti.

“Che razza di diavoleria è questa?” si domandò Rowle, mentre Roland continuava ad esaminare quanto stava accadendo. Puntava la bacchetta in varie parti della casa, cercando di capire se qualcuno si fosse intrufolato per giocar loro uno strano tiro.

“Se ci fossero intrusi lo saprei.”

Gli insetti scomparvero nuovamente e il tavolo tornò asettico.

Rimasero entrambi con le bacchette in mano e gli occhi ben aperti, pronti a cogliere il segno della ricomparsa degli insetti.

Roland sgranò gli occhi e sentì Thorfinn imprecare quando nel ventre di quel falco comparvero gli organi dell’animale, vivi e pulsanti. Il falco aprì gli occhi terrorizzato e provò ad aprire le ali, ma il ventre squarciato doveva essere un dolore atroce, così che il grido acuto che gli sfuggì fu uno dei versi più strazianti che Roland avesse mai sentito.
“Avada Kedavra!”

Thorfinn Rowle mise fine al dolore dell’animale e imprecò: “Dannato Merlino, adesso mi tocca rifare tutto il lavoro da capo!”

“Non c’è qualcuno che si diverte a uccidere animali, li maledice! Tutti noi abbiamo pensato che fossero morti e li abbiamo fatti sparire, ma questo animale aveva una maledizione che ha continuato a produrre i suoi effetti anche dopo che l’hai impagliato. Hai mai visto qualcosa di simile?”

Thorfinn scosse la testa: “No, trovo curioso che si sia attivato proprio oggi che sei arrivato tu. Sono giorni che è su quel tavolo perché si asciughino i liquidi. Sai cosa penso?” Roland scosse la testa, non aveva alcuna idea su cosa fosse accaduto, quale maledizione potesse far apparire gli organi dal nulla, quale strana magia consentisse a un falco morto e impagliato di tornare in vita.

“È un inganno. Qualcuno vuole attirare la nostra attenzione e dimostrarci che non abbiamo finito il lavoro. Scommetti che i polli di Potter erano semplicemente stecchiti?”
 

 
***
 
 
Hogwarts, venerdì, 29 ottobre 2021
 

“Albus!”

Rose lo inseguiva per i corridoi della scuola. Le lezioni erano appena finite e il fine settimana stava per iniziare: gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang stavano per arrivare e quel genere di eventi era ciò di cui aveva bisogno per distrarsi e non pensare.

“Prendimi se ci riesci!” Rise mentre scansava altri studenti.

“Potter! Non si corre per i corridoi!”

La voce del professor Pucey, il Direttore di Serpeverde, lo costrinse a fermarsi. Annuì prendendo un po’ di fiato e sentì le braccia di Rose arpionargli le spalle: “Ti ho preso!”

Albus alzò gli occhi al cielo: “La solita fortunata!”

Il professor Pucey li osservava scuotendo la testa e sospirò: “Signorina Weasley, da lei mi sarei atteso un comportamento più responsabile! Non si corre per i corridoi di Hogwarts.” Il sorrisetto di trionfo scomparve dalle labbra di Rose che si finse mortificata e promise che non sarebbe capitato nuovamente. Albus ebbe un sussulto quando sentì la mano di Rose afferrare il suo polso e portarlo via con sé. Sorrise imbarazzato al professore che continuava a tenerli d’occhio, come se potessero riprendere a correre da un momento all’altro.

Fu quando voltarono l’angolo che Rose lo spinse contro la parete del corridoio e Albus si sentì in trappola. Fissava gli occhi azzurri di Rose con la paura che lei potesse accorgersi di ciò che si agitava dentro di lui e non voleva assolutamente che lei lo scoprisse, era già stato abbastanza umiliante confessarlo a Scorpius.

Rose gli puntò la bacchetta al collo e gli sussurrò nell’orecchio: “Ridammi la mia copia del settimanale delle Streghe.” I loro corpi si sfioravano e Albus non era mai stato così vicino a lei, però, non voleva cedere. In quel numero c’era un’intervista alla sua band preferita – le Acromantule – e non voleva assolutamente perdersela. Rose avrebbe potuto leggere il gossip anche dopo. Scosse la testa e osservò Rose con aria di sfida.

“Guarda che ti affatturo,” gli disse avvicinandosi ancora di più. I loro corpi ormai erano schiacciati e Albus cercò di distogliere lo sguardo mentre sentiva le guance che gli andavano a fuoco. L’afferrò per i fianchi, incurante della fattura che gli avrebbe potuto scagliare, voleva spostarla, non era preparato a sentirla tremare al suo tocco. Il volto di Rose si colorò di imbarazzo e Albus non riuscì a impedirsi di arrossire.

“S-siamo troppo vicini…” balbettò mentre la scansava.

Rose, però, gli fermò la mano sul fianco e tornò a spingerlo verso il muro. Albus non sapeva se arrivò prima la botta in testa contro il muro o le labbra di Rose che premevano contro le sue. Le mani di Albus risalirono i fianchi di Rose lungo la schiena mentre il suo corpo cercava un contatto sempre maggiore. Il rumore di alcuni passi nel corridoio li costrinse ad allontanarsi, imbarazzati, mentre sentirono alcuni Tassorosso esclamare entusiasti: “Sono arrivate, le altre delegazioni sono arrivate!”

Albus si scambiò un sorriso con Rose e si unirono alla folla di studenti che si accalcava contro le finestre e osservavano delle enormi carrozze, trainate da cavalli alati, scendere verso i prati della scuola. La preside andò incontro alle carrozze per accogliere i nuovi arrivati. Al contempo, dal Lago Nero, gli alberi di un enorme veliero uscivano fuori dall’acqua. I professori iniziarono a camminare velocemente per i corridoi ordinando di radunarsi in Sala Grande. Lungo il percorso incontrarono Scorpius che li affiancò domandò: “Cosa sta succedendo?”

“Stanno arrivando le delegazioni!” Rose sembrava molto emozionata e curiosa. “Non siete curiosi di conoscere gli studenti delle altre scuole?”

“Sì, certo,” confermò Albus che si domandava come facesse Rose a non avere ogni singola risorsa della sua mente concentrata sul bacio che si erano scambiati. Scorpius si accorse di qualcosa, gli sussurrò: “Come ti senti?”

“Frastornato.”

Albus si domandava con che coraggio gli avrebbe confessato che Rose lo aveva appena baciato. Rimase ancora più sorpreso nel vedere Rose raggiungere i suoi compagni di Grifondoro e provò una stretta allo stomaco e un’incredibile voglia di prendere a pugni Karl Jenkins quando lui cinse le spalle di Rose con un braccio. Era sciocco, si disse Albus, era lui il terzo – quarto – incomodo, di certo non Jenkins che era a tutti gli effetti il ragazzo di Rose né Scorpius che era il suo spasimante storico.

Scorpius lo trattenne per un polso e gli fece cenno di raggiungere il tavolo dei Serpeverde: Rose era oramai irraggiungibile. Albus sentiva la mente vorticare, sommersa da pensieri confusi in cui lui era appena diventato un mostro. Una voce dentro di sé continuava a ricordargli che era stata Rose a premere il corpo contro il suo, a immobilizzarlo e baciarlo, ma Albus ricordava solo il modo in cui le sue labbra avevano cercato la cugina e le sue braccia non volevano lasciarla, il dolore che aveva provato quando i loro corpi si erano separati, come se fosse qualcosa di innaturale. Provava a cercare Rose al tavolo dei Grifondoro, alla ricerca di indizi sul suo stato emotivo. Aveva bisogno di sapere se anche lei fosse sconvolta da quegli impulsi tanto quanto lo era lui.

“Cosa succede, Albus?”

Scorpius lo sussurrò piano, per non farsi sentire dai compagni di Casa.

“Ne parliamo in dormitorio.” Non poteva raccontare quanto era accaduto mentre era circondato dai pettegoli della sua Casa. In pochi istanti le voci sarebbero arrivate a James e poi a Lily e sarebbero tornati a guardarlo come se fosse un mostro. Aveva dovuto assistere alla morte dei suoi nonni insieme a suo padre per dimostrare che lui non era diverso da James, benché fosse finito in Serpeverde, che non era il Potter-Mangiamorte come qualcuno aveva sussurrato o come Fred lo aveva preso in giro dopo che la notizia del suo Smistamento aveva raggiunto la Tana dai nonni Weasley. Persino la sua amicizia con Scorpius aveva fatto sollevare diverse sopracciglia e alimentato quei sospetti. Non voleva tornare ad essere il Potter problematico.

Dal tavolo degli insegnanti la preside, Minerva McGranitt, si alzò e fece cenno agli studenti di abbassare il tono della voce. Il chiacchiericcio diffuso si interruppe e i passi della strega echeggiarono tra le pareti di pietra della Sala Grande insieme al crepitare delle torce.

Seduti al tavolo degli insegnanti, Albus ebbe un fremito quando vide suo padre e zia Hermione seduti in un angolo. C’erano anche Teddy, Victoire e altri del Ministero della Magia: un tizio biondo, dal fisico atletico, che si scambiava commenti con il suo vicino di posto, un tizio alto, con lunghi capelli scuri e la barba che, nella sua divisa da ministeriale osservava il tutto con aria annoiata.

“Sai chi sono quei due vicino a Teddy?”

“Hawk Flint dell’ufficio Sport e Giochi Magici e Rodolphus Lestrange dell’Ufficio Cooperazione Magica Internazionale,” sussurrò Scorpius, “è il fratello di Rabastan.”

“Adesso si spiega l’aria annoiata,” commentò Albus, “non deve essere il massimo stare in quella compagnia.”

“Cari studenti, sono arrivate le delegazioni delle scuole di magia che parteciperanno al Torneo Tremaghi, voglio raccomandarmi, a ciascuno di voi, di far sentire a casa gli studenti delle altre scuole. Ogni scuola di Magia ha la sua prestigiosa storia, per voi sarà un’esperienza di sicuro arricchimento conoscerne gli studenti e scoprire le differenze. Vi invito a non far sfigurare la tradizionale accoglienza di Hogwarts, di essere rispettosi e educati con i vostri compagni e i loro insegnanti.”

La preside fece una breve pausa mentre tra gli studenti riprendeva un mormorio eccitato da quell’annuncio. Accanto ad Albus alcune studentesse del terzo anno si domandavano se ci sarebbero stati dei ragazzi carini, mentre Frederiks diceva che Beauxbatons era una scuola per Veela. Scorpius rise e sussurrò: “Che assurdità”.

“Diamo il benvenuto a Madame Maxime e i suoi studenti dell’Accademia di Magia di Beauxbatons!”

Il portone della Sala Grande si aprì ed entrarono una schiera di studenti avvolti in un mantello di lana celeste come l’uniforme che si intravedeva al di sotto. Erano tutti molto eleganti e camminavano composti dietro la loro enorme preside. A nessuno sfuggì il modo in cui Hagrid si alzò di slancio per spostare la sedia e aiutare Madame Maxime a sedersi e nemmeno il modo in cui i due si sorrisero e ripresero a chiacchierare.

Gli studenti di Beauxbatons si mescolarono tra gli altri studenti e Albus notò come improvvisamente Rodolphus Lestrange avesse iniziato a sorridere.

“Diamo il benvenuto a Viktor Krum e i suoi studenti dell’Istituto di Magia di Durmstrang!”

La domanda: “Krum? Krum è il preside?” serpeggiò lungo i tavoli mentre l’ex campione di Quidditch attraversava il corridoio centrale seguito dai suoi studenti e alcuni insegnanti. Minerva McGranitt esclamò allegra: “Viktor! È un piacere vederti!” Lui le fece un galante baciamano e poi andò a sedersi al tavolo degli insegnanti vicino zia Hermione e Harry. La cosa più sorprendente fu osservare, tra i professori di Durmstrang, la presenza di Rabastan Lestrange, la preside andò a salutarlo e lui fece un inchino per poi andare a prendere posto accanto al fratello.

“Ecco perché Rodolphus aveva iniziato a sorridere!” esclamò Albus.

“Sì, ma ci sono due cugini tra gli studenti di Beauxbatons,” gli disse Scorpius, “solo che io non li conosco.”

Accanto a loro presero posto alcuni studenti di Durmstrang mentre si slacciavano i pesanti mantelli di pelliccia e le uniformi rosse. “Fa sempre così caldo?” domandò uno studente dai lunghi capelli biondi e gli occhi di un azzurro chiarissimo.

Albus scrollò le spalle: “Ehm, sì, in Sala Grande c’è sempre questo tepore, nel resto della scuola ci sono spifferi.” Allungò la mano per presentarsi: “Benvenuti, io sono Albus Potter e lui è Scorpius Malfoy! Siete seduti al tavolo di Serpeverde!”

“Io sono Olag Huggorm e lui è Einar Hansson, molto piacere! Cos’è… Serpeverde?”

“È una delle Case in cui sono divisi gli studenti di Hogwarts. Al primo anno veniamo Smistati in una delle Case che porta il nome e i colori dei Fondatori della scuola: Serpeverde, verde e argento, Tassorosso, giallo e nero, Corvonero, blu e bronzo, Grifondoro, rosso e oro.” Albus indicò i colori della cravatta della sua uniforme e poi i tavoli e gli stendardi delle case che erano appesi lungo le pareti.

Olag indicò le clessidre nell’angolo: “Quelle a cosa servono?”

“Sono i punti che guadagnano le Case, per ogni azione lodevole vinciamo dei punti per la nostra Casa, per ogni infrazione delle regole ne perdiamo e alla fine dell’anno la Casa che ottiene più punti vince la Coppa delle Case. Voi avete qualcosa di simile?”

Olag scosse la testa: “No, noi veniamo scelti ogni anno da un elemento della natura: l’acqua, l’aria, la terra o il fuoco. Possiamo cambiare elemento e compagni di dormitorio ogni anno. Io sono uno dei pochi ad essere stato scelto da tutti gli elementi nel corso dei sette anni a Durmstrang, mentre vedete quella ragazza bionda là?” Albus e Scorpius osservarono una meravigliosa ragazza che stava subendo le avances di metà dei ragazzi del settimo anno mentre si scambiava sguardi divertiti con la sua amica.

“Lei è Aalina Petrov ed è stata scelta dall’acqua per tutti e sette gli anni: un risultato altrettanto inconsueto,” aggiunse Olag. “Ma i vostri compagni non sono abituati a vedere le ragazze?”

“Sì, certo, ma sono idioti…” mormorò Scorpius. Olag ed Einar scoppiarono a ridere e si dissero: “Peccato, impareranno sulla loro pelle il limite tra l’intrattenimento e la fine della pazienza di Aalina.”

“In che senso?”

“È una delle migliori duellanti e, a differenza di me, perde facilmente la pazienza.” Olag sorrideva a Charlotte Bulstrode del sesto anno che pur di avvicinarsi ai due studenti di Durmstrang stava spingendo Albus e Scorpius verso il bordo della panca.

“Bulstrode, così mi fai cadere…” si lamentò Scorpius.

“E allora tornatene in dormitorio, Malfoy.” Sorrise a Olag, “Perdonali, sono due sfigati.”

Albus stava per reagire quando una mano sulla spalla attirò la sua attenzione. Si voltò all’indietro e il sorriso affiorò sul volto: “Rabastan!” lui e Scorpius esclamarono in coro.

“Vedo che avete conosciuto uno dei papabili campioni di Durmstrang,” notò divertito. “Olag, loro due sono entrati in Serpeverde quando io ero Caposcuola e non ho mai visto due studenti tanto negati con la scopa quanto abili in tutto il resto.”

“Nerd…” borbottò Charlotte e Rabastan scoppiò a ridere: “Bulstrode, sarebbe il caso che prendessi esempio da loro o hai iniziato a studiare sul serio? Guarda che Olag Huggorm è uno dei migliori studenti di Durmstrang.”

“E così questa era la sua scuola, professore?”

“Esatto. Domenica inizierà il Torneo Tremaghi, ma domani potremo fare un giro a Hogsmeade e vi mostrerò un po’ di posti. Albus, Scorpius, se volete potete unirvi a noi e aiutare i vostri compagni di Durmstrang ad ambientarsi.” Abbassò il tono di voce e spostò lo sguardo verso il fondo del tavolo: “Così Frederiks la smetterà di pavoneggiarsi.”

L’indomani Serpeverde avrebbe avuto l’amichevole contro Grifondoro e Frederiks sarebbe stato occupato, mentre Albus e Scorpius accettavano di fare gli onori di casa. Il fatto che loro erano troppo piccoli per partecipare al Torneo Tremaghi li metteva al riparo da ogni possibile coinvolgimento in caso di scontro durante le prove del torneo.

Rabastan era dietro Albus, proprio di fronte Olag, e sorrideva dando delle piccole pacche sulle spalle a lui e Scorpius. Alzò lo sguardo oltre Olag ed esclamò: “Ma non ci posso credere! Scusatemi, devo andare a salutare i miei cugini!”

Albus, Scorpius, Olag ed Einar si scambiarono uno sguardo perplesso mentre osservavano Rabastan Lestrange attraversare sorridente la Sala Grande e raggiungere il tavolo dei Grifondoro. Seduto accanto a Rose c’era un ragazzo di Beauxbatons che si alzò e andò ad abbracciare Rabastan, subito seguito da una bellissima ragazza bionda. Vennero raggiunti da Rodolphus che salutò con calore entrambi i cugini mentre Scorpius commentava: “Adesso sappiamo chi sono i cugini francesi.”

“Sì, ma quello proprio vicino a Rose doveva sedersi?”

Scorpius incrociò le braccia e gli domandò: “Ma sei geloso?”

Olag aveva assistito alla scena e al dialogo domandò se fosse la ragazza dai capelli rossi, commentò: “È carina.”

“Vedrai che Rose lo manderà al diavolo non appena scoprirà che è un Lestrange, è pur sempre la figlia di Hermione!” disse Scorpius prima di mandare giù un sorso di succo di zucca. Lo sguardo e il sorriso che Olag ed Einar si scambiarono, non piacque ad Albus, e nemmeno il commento successivo: “Beh, il preside pare che fosse molto… intimo… con il vostro ministro della Magia… Se ha preso dalla madre, potrebbe avere un debole per gli studenti di Durmstrang.”

“Sì, ma Rose è fidanzata,” commentò gelido Albus che osservava il tavolo di Grifondoro sentendo il desiderio di prendere a pugni il cugino di Lestrange. Tirò un sospiro di sollievo nel vedere Jenkins avvicinarsi a Rose e cingerle la vita. Forse, per una buona volta si stava rendendo utile.

“Sai che Lestrange alla fine dell’anno andrà via mentre Jenkins rimane?” gli domandò Scorpius con un sorriso divertito per poi aggiungere: “Da quando in quando sei così geloso di Rose?”

Le immagini del bacio con Rose tornarono in mente con forza e mentre gli studenti defluivano verso l’uscita, Olag ed Einar raggiungevano i loro compagni di Durmstrang, Albus fece cenno a Scorpius di seguirlo. Erano soli mentre scendevano le scale verso la sala comune. Albus teneva le mani in tasca e guardava per terra, incerto su cosa dire.

“Mi vuoi dire cosa ti sta succedendo, Albus?”

“Io non so come dirtelo,” balbettò Albus. “Ho paura che ti arrabbi.”

“Non succederà, Albus, lo so che ti piace Rose.”

“Non è solo lei… Io non so che mi succede, Scorpius, è tutto un gran casino!”

“Coraggio, sai che puoi parlarmi di ogni cosa…” Scorpius mise una mano sulla spalla di Albus e lui si voltò verso l’amico e lo strinse a sé. Scorpius ricambiò l’abbraccio, imbarazzato, mormorò: “Credevo che fossi io il tipo da abbracci…”

“Ti prego, Scorpius, possiamo rimanere abbracciati?”

“Certo, non ti ho mai visto così sconvolto, che ne dici se dormiamo insieme?”

“Sì, ti prego.”






 
Note:
Eccomi qua con un altro capitolo! 
Il Torneo sta per iniziare a Hogwarts, mentre fuori dalla scuola continuano le indagini su quelle morti misteriose che sembrano - tuttavia - nascondere altro.

Vi lascio qualche breve nota. "Mugglar" non è altro che la traduzione in svedese di "Muggle", Babbano (almeno secondo Google Translate). Spero che la lezione sulle Chimere di Rabastan vi sia piaciuta, come vedete ha un approccio molto informale, siede sulla cattedra, scherza con gli studenti ma al tempo stesso è anche severo ed esigente. Ho cercato i modi per battere le Chimere, ma il libro di Animali Fantastici non si dilunga molto, così ho provato a inventare.

Sull'arrivo di Beauxbatons, ho deciso che Madame Maxime, memore del freddo patito nel 1994, ha deciso di dotare le divise dei suoi studenti con dei caldi mantelli di lana, ovviamente in tinta.

Nel prossimo capitolo inizierà il Torneo, verrà tirato fuori il Calice di Fuoco e vedremo finalmente chi saranno i Campioni Tremaghi per le tre scuole. Sono curiosa di sapere se voi avete delle teorie o se fate il tifo per qualcuno in particolare.

Al momento sappiamo che i papabili per le varie scuole sono:
- Hogwarts: James/Louis
- Beauxbatons: Philomène/Eric
- Durmstrang: Olag/Aalina

Sul fronte pipacchioni (Albus/Scorpius/Rose) come vedete sta succedendo un po' di casino. Nel prossimo capitolo vedremo di dipanare un po' meglio questa matassa.

Un abbraccio,
Sev
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Severa Crouch