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Autore: Little Firestar84    07/05/2021    6 recensioni
“Ryo, io non so cosa tu abbia fatto al Professore per farlo arrabbiare così, ma quel vecchio babbeo ti ha messo alle calcagna l’immigrazione, e se non ti inventi qualcosa subito…” La donna gli sbraitò contro a bassa voce, afferrandolo per il collo e dandogli una bella scrollata perché capisse la gravità della situazione.
Alla vigilia delle nozze di Sayuri, Ryo si scopre in difficoltà: qualcuno gli ha tirato un tiro mancino, dandogli un nome, una data di nasciata, ed un passaporto... non Giapponese. Con un piccolo burocrate alle calcagne, deciso a caricarlo sul primo aereo con destinazione Colombia, Ryo si vede costretto ad improvvisare un fidanzamento con una certa Giapponesina dai capelli rossi e gli occhi castani per evitare guai... Peccato che questa piccola bugia scateni guai ancora più grossi!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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A/N: Causa di forza maggiore, le risposte alle recensione attendono i prossimi giorni, ma prometto a chi ha recensito lo scorso capitolo che mi farò sentire, promesso!

            Dopo la chiacchierata col prete, le coppie si erano divise; Sayuri aveva preso la sorella per un braccio, trascinandola via con la scusa che si trattasse di cose da donne, mentre Ryo e Peter- ed il piccolo burocrate brontolone che li seguiva con il muso lungo e gli occhi bassi, piagnucolando – erano andati in direzione del Cat’s Eye per prendersi un caffè; le ragazze avevano camminato per un breve tratto, finendo poi… davanti all’atelier di Eriko, che le accolse a braccia aperte, saltellando tutta eccitata come una bimbetta in preda ad una overdose di zuccheri.

“Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo che prima o poi quello zuccone avrebbe ceduto!” continuava a ripetere mentre volava da una parte all’altra dell’atelier prendendo abiti di cui si caricava le esili braccia, quasi pesassero nulla. Dopo dieci minuti buoni di sano trotterellare, la stilista tornò dalle due donne, e posò sull’elegante tavolo di marmo, davanti a Kaori, una selezione di capi casual, tutta tronfia.  “Oh, sono così eccitata! Mi sento come la fata madrina, come se fossi stata io con quell’appuntamento che vi ho organizzato a farvi mettere insieme!”

A Kaori si strinse il cuore.

Quell’appuntamento non era mai servito a nulla: Ryo non aveva mai saputo di trovarsi di fronte la sua socia, troppo cieco e preso dal desiderio di provare a farsi la sconosciuta di una notte. Si erano quasi baciati, quella notte: o meglio, Ryo aveva quasi baciato la sua Cenerentola, perché, se non fosse stato per questa farsa… di baci, tra di loro, forse non ce ne sarebbero stati mai.

È tutta una farsa….. non sarà mai davvero mio, non del tutto. Pensò Kaori stringendosi le mani al cuore, mentre, sotto lo sguardo attonito di Sayuri, Eriko di nuovo spariva per tornare con una confezione, parecchio grande, di cartone lucido dai colori pastello. La aprì, delicatamente, scostando la velina, e rivelando tessuto bianco, candido come la neve… Sayuri sorrise, mentre alla sorella mancò il respiro, il cuore che le martellava nel petto.

“Ma… ma Eriko….” La ragazza domandò, cercando gli occhi dell’amica. Erano entrambe emozionate, e sembrava che alla stilista stessero venendo le lacrime agli occhi, chiara dimostrazione che era più romantica di quanto non volesse sembrare.

“Chiamami sciocca, chiamami romantica, ma ho sempre immaginato che fosse questo quello che desideravi, e quando ci siamo ritrovate, mi sono messa a lavorarci. Ero certa che prima o poi tu e Ryo avreste capito che eravate fatti per stare insieme.” Occhi che scintillavano con un tremolio, Eriko posò una mano sulla spalla di Kaori, che la giovane prontamente coprì, stringendola con affetto e calore. “Ci ho lavorato piano, piano, per parecchio tempo, quando avevo dei piccoli momenti di buco. Anche per dimostrare a me stessa che non sono brava solo nel campo moderno, anzi!”

Dita tremanti, Kaori prese con delicatezza il capo, sollevandolo con una cura tale che sarebbe potuto essere di porcellana e rischiare di cadere, frantumandosi in mille pezzi: lo guardò, stupita, le gote arrossate, il cuore a mille.

Era perfetto.

Il punto di bianco era quello della cosiddetta tonalità “assoluta”, ed era decorato con ricami di gru in volo e fiori, tono su tono come voleva la tradizione – nessuna nota di colore. A completare l’outfit c’era un paio di sandali zori, bianchi anch’essi, il tessuto non dissimile da quello dell’abito, ma soprattutto il wataboshi, il classico cappuccio in tessuto rigido.

Sayuri le diede una gomitata, facendole l’occhiolino. “Ehi, sei fortunata ad avere un’amica che è la miglior sarta e stilista di tutta Tokyo, se ci fossero dei problemi ci metterà un secondo a sistemarlo!”

“Oh, per favore, sai quante volte tua sorella ha sfilato per me? Tante! Conosco le sue misure alla perfezione! Fidati, non hai bisogno di provare questo. Piuttosto, sarà meglio dare un’occhiata al campionario per la luna di miele…” sogghignò, con una luce sinistra negli occhi. “Mi sa che Ryo ti ha tenuta così occupata che non hai nemmeno avuto tempo di fare shopping, bricconcella, ma non ti preoccupare, ci penso io! Mio personalissimo regalo… e non fare obiezioni, che tanto è roba delle vecchie collezioni che non potrei vendere comunque, va bene?”

Kaori non disse nulla, fece un timido segno di consenso col capo, arrossendo, mentre sua sorella però si portava una mano al mento: c’era qualcosa che non le tornava.

“Ma, Eriko, il regalo di nozze dovrebbe servire a tutti e due, no? Non solo alla sposa…”

“Perché, secondo te,” la stilista sghignazzò, sollevando con un dito un capo di intimo di pizzo nero, fatto di poche strisce di tessuto, e così sottili che parevano del filo interdentale: solo a vederlo le gote di Kaori andarono in fiamme. “Ryo non godrà dei benefici di questa cosuccia?”

Le due donne scoppiarono a ridere: Kaori invece voleva solo sparire, perché improvvisamente, nella mente, le erano apparse le nozioni dei libri di storia letti da ragazza, e per un attimo, si immaginò Shinsato che, con la sua ventiquattrore ore pitonata,  con tanto di registratore, si sedeva placido ed annoiato in un angolo della camera di Ryo per controllare se il matrimonio venisse consumato o meno…. Da un tipo come quello, c’era da aspettarsi pure di peggio…

“Su, su, dai, Kaori, non andrai a fuoco per così poco, con un fidanzato che chiamano lo Stallone di Shinjuku!” Eriko continuò a prenderla in giro. “Comunque Tranquilla, non dovrai metterti questo al matrimonio…”

La donna continuò, facendo prendere un sospiro di sollievo alla futura sposina di convenienza.

“Ma bensì questo! Non è un amore?” Kaori guardò con gli occhi spalancati quello che adesso l’amica teneva in mano, un capo che Sayuri pareva guardare con invidia: un reggiseno a bustino senza spalline, realizzato con un pizzo delicato ma intricato al tempo stesso, etereo, quasi trasparente, con tanto di micro slip coordinati e soprattutto… Un reggicalze. Con tanto di calze bianche di seta. Kaori arrossì, ingoiando a vuoto mentre si immaginava vestita di quella mise, che era certa il partner avrebbe adorato, e soprattutto mente si chiedeva cosa avrebbe pensato Ryo, se avrebbe fatto uno dei suoi soliti commenti idioti o se così sarebbe davvero apparsa femminile e vogliosa… “Logicamente le calze le metterai dopo la cerimonia, una volta che ti metterai degli abiti casual e smetterai il kimono, quindi adesso amica mia vediamo di darci una mossa e scegliamo cosa fa per te, va bene?”

Kaori, con le lacrime agli occhi, fece cenno di sì col capo, e il silenzio piombò sulle donne, che si guardarono emozionate, tutte giunte ad un punto delle loro vite che solo pochi anni prima non avrebbero creduto possibile: Sayuri e Kaori presto si sarebbero sposate, l’una reticente ai legami, fredda e distaccata, che si ricordava fin troppo bene del tragico matrimonio dei genitori, l’altra innamorata di un farfallone con tendenze da maniaco sessuale che fino alla settimana prima nemmeno sapeva di esistere davvero, ed Eriko stava ricevendo richieste per i suoi capi anche dal Londra, Parigi e Milano.

“Oh, aspetta, mi stavo dimenticando!” Sayuri proruppe, rompendo quel delicato ed intimo silenzio, pregno di significato, che era calato tra le tre donne. Eccitata, prese dalla tasca della giacca un sacchettino, che svuotò nel palmo di Kaori: era un ciondolo d’oro, rettangolare, dall’aria antica, su cui era stilizzato un fiume che scorreva sotto ad un castello.

Sayuri lo chiuse intorno al palmo di Kaori, guardando la sorella ritrovata negli occhi.

“Questo ciondolo è nella famiglia di nostra madre da oltre cent’anni,” spiegò, chiaramente emozionata. “Il nostro trisnonno lo diede alla sua futura sposa alla vigilia delle loro nozze. Sembra che ci fosse stato uno scandalo, perché lei veniva dalla Cina, e all’epoca i nostri paesi erano in piena guerra… lui era stato ferito, e lei lo aveva trovato, moribondo, e lo aveva raccattato. Si era presa amorevolmente cura di lui, senza permettere a nessuno della sua famiglia di dirle il contrario: disse che lui aveva bisogno di lei, che era un essere umano e che la vita andava salvaguardata. Col passare dei mesi si innamorarono, e quando lui tornò al suo paese, alla fine della Prima Guerra[La prima Guerra Sino Giapponese, 1º agosto 1894 al 17 aprile 1895], la portò con sé, e combatté con le unghie e con i denti perché fosse riconosciuta come la sua legittima sposa.”

 “Sayuri, non posso accettarlo…” Kaori protestò, ma la sorella scosse il capo, mettendole al collo il ciondolo.

“Tu sei proprio come Mei, e anche la storia tra te e Ryo… ricorda molto quella tra lei ed il nonno. Sono certa che le sareste piaciuti, sai?” la donna scrollò le spalle, e con il pugno asciugò alcune lacrime. “Insisto, Kaori. Voglio che lo abbia tu, è il mio dono di sorella.”

“Ma… ma io non ho nulla per te… solo la mia busta…” La rossa arrossì, abbassando il capo, lievemente imbarazzata di avere solo la tradizionale offerta da regalare alla sorella maggiore. Ma Sayuri prese le mani di Kaori tra le sue, stringendole.

“Ci sposiamo insieme, ed è quello che sognavo da bambina. Quasi non mi sembra vero, sai?”

Sayuri la abbracciò, e Kaori strinse forte i denti, desiderosa di piangere, ma conscia che quella farsa le impedicava di farlo. La sola idea di mentire in quel modo alla sorella la distruggeva, ma non poteva renderla complice di quel crimine di cui lei e Ryo – e Saeko, che li stava coprendo – si stavano rendendo responsabili.

E poi, anche se era da poco che si erano ritrovate, la amava, di un amore puro e sincero, spontaneo, che le nasceva da dentro e le scaldava le giornate: darle una delusione sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe fatto.  Kaori ricambiò quell’abbraccio, stringendo la mano a pugno intorno al cimelio di famiglia: per il suo bene, Sayuri non avrebbe mai dovuto sapere la verità.

“Oh, ragazze, andiamo, mi fate piangere!” Eriko ammise, tirando su con il naso in maniera poco elegante, e pulendo con una candida manica i grossi lacrimoni che le scendevano sul viso, lasciando sbaffi di mascara ed eyeliner ovunque. “Oh, ma guarda che disastro! Su, smettetela, ricomponiamoci ed andiamoci a divertire!”

“Di-divertire?” Kaori domandò, col cuore in gola, impallidendo.

Non era ciò che aveva detto Eriko, quanto il tono che aveva usato per dirlo: non preannunciava nulla di buono.

“Ma certo!” L’amica le rispose dandole una sonora pacca sulla spalla, scoppiando nuovamente in una fragorosa risata che sembrava quella di un cattivo di un film di serie C-2. “Questa è la tua ultima serata da single, dobbiamo festeggiare a dovere!”

Kaori sbatté gli occhioni, la bocca leggermente aperta in un’espressione di terrore.

Sì, le parole di Eriko le facevano sempre più paura…

           

            Non erano riusciti a scrollarsi Shinsato di dosso.

Dopo l’incontro con il sacerdote, Ryo ed il futuro cognato- per quanto gli facesse strano, stava iniziando ad abituarsi a chiamare così quell’ometto simpatico – erano andati a fare un giro. L’uomo e la sua futura sposa avevano organizzato tutto tramite agenzia, che appena sbarcati in Giappone aveva fatto trovare loro in albergo gli abiti da cerimonia, che adesso erano al sicuro in quello che fino a pochi giorni prima era stato l’armadio di Kaori. Ryo, però, si ritrovava sguarnito.

Appoggiandosi ad un paio di vecchie conoscenze, a tipi a cui non era lui a dovere favori, ma il contrario, ed ad altri a cui Ryo aveva promesso che avrebbe permesso di lasciar cadere, molto casualmente, il suo nome de guerre nelle conversazioni – avere la protezione del fantomatico City Hunter faceva comodo – lo sweeper era riuscito a procurarsi ciò che gli serviva. Aveva poi riportato tutto a casa, ma poi erano arrivati Mick ed un reclutante Falcon, che tuttavia non la smetteva di lanciargli sorrisetti maliziosi e stupidi, quasi a volerlo sbeffeggiare, e lo avevano trascinato in giro a “fare baldoria per l’ultima volta”.

Shinsato aveva continuato a seguirli, standogli alle spalle con in mano quel suo dannato taccuino, occhi bassi dietro quelle spesse lenti,  perennemente intento a prendere appunti, e Ryo ingoiò a vuoto, percorso da un irrazionale brivido di terrore, immaginandolo che spuntava chissà quali voci da una lista immaginifica, decurtandogli punti.

Allo zero, lo avrebbe portato a forza su uno stramaledetto aereo.

Lo sweeper prese a guardarsi intorno, con fare frenetico, mani in tasca dello spolverino nella speranza di apparire normale, calmo e pacato, sebbene fosse lungi dal provare quei sentimenti in quel preciso istante. Gli occhi gli ricaddero sulle schiene di Mick e Peter che, davanti a lui, già amiconi,  conversavano in inglese, sghignazzando, tenendosi a braccetto.

Erano già mezzi sbronzi.

Lanciò un’occhiata furtiva a Shinsato, che però avvertì lo sguardo dello sweeper su di sé e ricambio con un disarmante sorriso di mesta soddisfazione, che non fece altro che far aumentare una volta di più il groppo che Ryo aveva in gola. Non vedeva l’ora di essere sposato con Kaori: gli uomini avrebbero smesso di girarle intorno e si sarebbero tolti di torno quel microbo rompiscatole.

“Allora vecchio mio, cosa ne dici? Andiamo a farci un giro in un locale di spogliarelli? Offriamo noi stasera, amico mio!” Mick esultò, afferrando Ryo per il collo, decisamente alticcio. “Anzi, sai che ti dico? Li giriamo tutti! Quelle povere conigliette hanno bisogno di consolarsi un’ultima volta prima che lo stallone venga imbrigliato! Ah, ah, ah, ah!”

Con il rombo di un tuono, la penna venne fatta scattare, e pese  a lasciare segni sulla carta; Ryo sapeva che non poteva udire nulla, ma era come se   qualcuno stesse trascinando le unghie su una lavagna, un suono raccapricciante che gli fece venire la pelle d’oca.

Guardo il piccolo burocrate, che ghignava soddisfatto, certo di averlo in pugno: se lui aveva una vita dissoluta, di certo non poteva essere felicemente fidanzato, quindi era tutta una falsa, ergo aveva un posto in economica riservato sul prossimo volo per la Colombia.

Una goccia di sudore, lenta, gli scese dalla tempia, mentre Ryo combatteva contro la sua stessa natura, i muscoli tesi e doloranti, per fare ciò che era giusto, nonostante la forte tentazione che i giovani corpi semi nudi delle sue adorate conigliette rappresentavano.

“Mick, non scherzare. Io una cosa così a Kaori non la faccio! Solo a pensare di vedere una donna nuda che non è lei… no, no guarda…. Senti, andiamo a casa, ci facciamo un bicchiere, e poi tutti a nanna, che domani è una giornata pesante e così importante… voglio dire, ci pensi? Dopo tanti anni che ci amiamo, finalmente Kaori e io ci sposiamo! Non sei contento? Non dovrai più consolarla, perché ci sarò io per lei!”

Ryo sogghignò, sporgendosi verso l’ex socio, la mano non molto nascostamente a sfiorare il calcio della Python nella fondina celata dalla sottile giacca azzurra.

Il messaggio era chiaro: sarà solo un matrimonio di convenienza per adesso, ma vedi di stare alla larga dalla mia donna!

Mick ingoiò, recependo fin troppo bene il messaggio, e fece cenno di sì col capo, mentre, Falcon che sghignazzava tutto contento per come stavano andando le cose e per la nuova vita da monogamo serio di Saeba, giravano sui tacchi e se ne tornavano verso casa Saeba-Makimura, pronti a passare l’addio al celibato seduti sul divano a bere un bicchierino e guardare nel vuoto.

Che tristezza: si sentiva vecchio solo al pensiero!

Con un sorrisetto un po’ malinconico, Mick guardò Ryo: almeno stava iniziando a fare sul serio il monogamo; sarebbe stato di buon auspicio per la sua nuova vita con Kaori. Perché ne era certo: quei due potevano raccontarsi tutte le balle che volevano, ma quel matrimonio lo avrebbero preso sul serio, e già lo facevano, senza nemmeno rendersene conto o volerlo ammettere. Non sarebbe stata solo una finta per loro, mai.

Eh fratello mio, hai finito di fare il playboy, ma vedrai… una volta sposato, ogni cosa che credevi potesse avere senso da scapolo perderà ogni valore, e tu avrai occhi solo più per lei!

 

            Kaori se ne stava seduta al tavolino del locale rigida, impettita, tremando come una foglia, con il profondo desiderio di scappare o piangere. Fiumi di sakè, birra e cibo spazzatura giravano tra i tavoli, mentre, un velo da sposa sul capo, Kaori guardava le amiche e la sorella sghignazzare come delle oche giulive, già brille.

Che ci fosse anche quel donnone di Erika, con il suo vistoso vestito rosso stile Jessica Rabbit, il trucco pesante e il boa di piume di struzzo, e che le stesse dando delle sonore pacche sulle spalle facendo marcatissime allusioni sessuali sulle prestazioni di Ryo non aiutava, anzi. L’unica cosa positiva che era venuta fuori da quell’uscita assurda, che non lasciava presagire nulla di buono, era che, come regalo di nozze, e solo perché era con la cara, dolce ma forte Kaori che Ryo si sposava, Erika aveva deciso di annullare tutti i passati debiti di Ryo (e, guardando Kazue, aveva sottolineato più e più volte che si trattava solo di quelli di Ryo, e che quindi Angel doveva pagare, e pure presto, e che con loro due, avessero deciso di sposarsi, non sarebbe stata così magnanima).

La ragazza tirò un sospiro di sollievo: un debitore in meno da pagare!

“Oh, Kaori, tesoro, spero che tu sia pronta per la sorpresa che Reika ti ha preparato!” Erika cinguettò, senza notare lo sguardo assassino che la sweeper mandò all’ex rivale, che sbatteva le ciglia finte con la stessa maestria della sorella.

Le luci si abbassarono, e mentre una musica dalla caricaturale carica erotica partiva in sottofondo, un faro illuminò il centro del palco, dove un tizio mingherlino, vestito con quello che sembravano pezzi di smoking, ballava in un modo osceno: non per le pose erotiche, perché quelle erano caricaturali, ma semplicemente perché era chiaro come il sole che non sapesse fare un bel nulla.

L’aura di Kaori continuò a tingersi di scuro, il desiderio omicida che le saliva dentro. C’erano stati momenti in cui aveva creduto che Reika non fosse il pessimo soggetto che Miki le dipingeva, da cui la metteva in guardia, ma adesso si rendeva conto che l’amica aveva avuto ragione da vendere. D'altronde, cosa aspettarsi, dato che era una delle donne che aveva cercato di mettere in guardia quel piccolo burocrate rompiscatole, andandogli a raccontare che era impossibile che Ryo la volesse come sua compagna di vita?

Quella strega, vuole vendicarsi perché non le ho permesso di mettere le mani su Ryo… ma se pensa di imbarazzarmi si sbaglia di grosso!

“Oh, Kaori cara, sei così fortunata ad avere Ramon! Lui è il mio unico ballerino maschio! Sapessi che difficoltà convincerlo a esibirsi stasera… lui normalmente fa solo uno spettacolo alla settimana!” Kaori sgranò gli occhi, non faticando a crederlo: se Ramon si fosse esibito più volte, di sicuro Erika non avrebbe avuto più clienti.

Quel tizio era terribile… eppure sembravano stravedere tutte per lui, gli lanciavano banconote, reggiseni, gioielli… era una cosa da pazzi! Certo che il loro quartiere, quanto a intrattenimento per il gentil sesso, doveva essere davvero messo bene se quello era il massimo che c’era- e le donne erano pure entusiaste!

Kaori fece una risatina, mentre Ramon – che era latino quanto lo era lei, ovvero allo zero percento - si strappava di dosso i vestiti, rimanendo solo in boxer aderentissimi. Nascondendo la risata dietro una mano, Kaori lanciò un’occhiataccia colma di scherno all’amica/nemica, che la guardava con uno sguardo interessato, quasi attendesse il momento in cui Kaori sarebbe fuggita a gambe levate dal locale…

Sono quasi dieci anni che devo sorbirmi le nudità oscene di quel pezzo di idiota, se pensi che un tizio in boxer mi possa mettere in soggezione, caschi male, cocca…

Ramon, “danzando”, se così si poteva dire, al ritmo della musica dance anni settanta, trotterellò verso il loro tavolo con un ghigno infido e lascivo, disgustoso, sul viso- e trottare era proprio il verbo giusto, perché fingeva di essere a cavallo di un fantomatico ronzino, neanche fosse stato un bambino di tre anni.

Quando arrivò al tavolo e le sorrise, mostrando un paio di denti mancanti, il resto giallo, la leggera pancia da bevitore di birra, Kaori non poté più trattenersi, e sotto gli sguardi allibiti delle presenti, scoppiò a ridere, nascondendo il viso sul tavolo.

Non ce la faceva, quella situazione era troppo comica e surreale: quel tipo sembrava uscito da un western di Sergio Leone, con quell’aspetto ridicolo!

Reika guardò Kaori con fare sdegnato, piccato: aveva sperato almeno di imbarazzarla, renderle quella giornata un po’ più dura, ma nisba: la rossa sembrava avere la meglio su di lei su tutti i fronti. Si voltò a guardarla, un po’ mogia, arsa da una leggera invidia, ma all’improvviso, vedere come tutti ridevano e scherzavano con Kaori, come Saeko stessa, spesso fredda e distaccata, perfino con le sue stesse sorelle a meno che non fosse per rimproverarle, le fece sentire qualcos’altro.

Forse Kaori non sarebbe mai stata sua amica, anche causa della forte infatuazione che l’ex poliziotta aveva nutrito a lungo verso Ryo, e che ancora albergava, come una spina, nel profondo del suo animo: ma Kaori era un’anima troppo buona per volerle davvero male, per odiarla… lei era il cuore di quello sgangherato gruppo di amici, di quella famiglia improvvisata nata dal caso e non dal sangue.

Reika, sorridendo e ridendo sguaiatamente, diede una pacca sul sedere del ballerino, facendolo arrossire come un peperone e mettendolo in imbarazzo, e lasciandogli un bel gruzzoletto nelle mutande, lo congedò. Sotto lo sguardo tutto sommato grato di Kaori e la delusione totale delle femmine del locale…

   
 
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