Dopo
la chiacchierata col prete, le coppie si erano divise; Sayuri aveva
preso la
sorella per un braccio, trascinandola via con la scusa che si trattasse
di cose
da donne, mentre Ryo e Peter- ed il piccolo burocrate brontolone che li
seguiva
con il muso lungo e gli occhi bassi, piagnucolando – erano
andati in direzione
del Cat’s Eye per prendersi un caffè; le ragazze
avevano camminato per un breve
tratto, finendo poi… davanti all’atelier di Eriko,
che le accolse a braccia
aperte, saltellando tutta eccitata come una bimbetta in preda ad una
overdose
di zuccheri.
“Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo che
prima o poi quello zuccone avrebbe ceduto!” continuava a
ripetere mentre volava
da una parte all’altra dell’atelier prendendo abiti
di cui si caricava le esili
braccia, quasi pesassero nulla. Dopo dieci minuti buoni di sano
trotterellare,
la stilista tornò dalle due donne, e posò
sull’elegante tavolo di marmo,
davanti a Kaori, una selezione di capi casual, tutta tronfia. “Oh, sono
così eccitata! Mi sento come la
fata madrina, come se fossi stata io con quell’appuntamento
che vi ho organizzato
a farvi mettere insieme!”
A Kaori si strinse il cuore.
Quell’appuntamento non era mai servito
a nulla: Ryo non aveva mai saputo di trovarsi di fronte la sua socia,
troppo
cieco e preso dal desiderio di provare a farsi la sconosciuta di una
notte. Si
erano quasi baciati, quella notte: o meglio, Ryo aveva quasi baciato la
sua
Cenerentola, perché, se non fosse stato per questa
farsa… di baci, tra di loro,
forse non ce ne sarebbero stati mai.
È
tutta una farsa….. non sarà mai davvero mio, non
del tutto. Pensò Kaori
stringendosi le mani al cuore, mentre, sotto lo sguardo attonito di
Sayuri,
Eriko di nuovo spariva per tornare con una confezione, parecchio
grande, di
cartone lucido dai colori pastello. La aprì, delicatamente,
scostando la
velina, e rivelando tessuto bianco, candido come la neve…
Sayuri sorrise,
mentre alla sorella mancò il respiro, il cuore che le
martellava nel petto.
“Ma… ma
Eriko….” La ragazza domandò,
cercando gli occhi dell’amica. Erano entrambe emozionate, e
sembrava che alla
stilista stessero venendo le lacrime agli occhi, chiara dimostrazione
che era
più romantica di quanto non volesse sembrare.
“Chiamami sciocca, chiamami romantica,
ma ho sempre immaginato che fosse questo quello che desideravi, e
quando ci
siamo ritrovate, mi sono messa a lavorarci. Ero certa che prima o poi
tu e Ryo
avreste capito che eravate fatti per stare insieme.” Occhi
che scintillavano
con un tremolio, Eriko posò una mano sulla spalla di Kaori,
che la giovane
prontamente coprì, stringendola con affetto e calore.
“Ci ho lavorato piano,
piano, per parecchio tempo, quando avevo dei piccoli momenti di buco.
Anche per
dimostrare a me stessa che non sono brava solo nel campo moderno,
anzi!”
Dita tremanti, Kaori prese con
delicatezza il capo, sollevandolo con una cura tale che sarebbe potuto
essere
di porcellana e rischiare di cadere, frantumandosi in mille pezzi: lo
guardò,
stupita, le gote arrossate, il cuore a mille.
Era perfetto.
Il punto di bianco era quello della
cosiddetta tonalità “assoluta”, ed era
decorato con ricami di gru in volo e
fiori, tono su tono come voleva la tradizione – nessuna nota
di colore. A
completare l’outfit c’era un paio di sandali zori,
bianchi anch’essi, il
tessuto non dissimile da quello dell’abito, ma soprattutto il
wataboshi, il classico cappuccio in
tessuto rigido.
Sayuri le diede
una gomitata, facendole l’occhiolino. “Ehi, sei
fortunata ad avere un’amica che
è la miglior sarta e stilista di tutta Tokyo, se ci fossero
dei problemi ci
metterà un secondo a sistemarlo!”
“Oh, per favore, sai quante volte tua
sorella ha sfilato per me? Tante! Conosco le sue misure alla
perfezione!
Fidati, non hai bisogno di provare questo. Piuttosto, sarà
meglio dare
un’occhiata al campionario per la luna di
miele…” sogghignò, con una luce
sinistra negli occhi. “Mi sa che Ryo ti ha tenuta
così occupata che non hai
nemmeno avuto tempo di fare shopping, bricconcella, ma non ti
preoccupare, ci
penso io! Mio personalissimo regalo… e non fare obiezioni,
che tanto è roba
delle vecchie collezioni che non potrei vendere comunque, va
bene?”
Kaori non disse nulla, fece un timido
segno di consenso col capo, arrossendo, mentre sua sorella
però si portava una
mano al mento: c’era qualcosa che non le tornava.
“Ma, Eriko, il regalo di nozze dovrebbe
servire a tutti e due, no? Non solo alla sposa…”
“Perché, secondo
te,” la stilista
sghignazzò, sollevando con un dito un capo di intimo di
pizzo nero, fatto di
poche strisce di tessuto, e così sottili che parevano del
filo interdentale:
solo a vederlo le gote di Kaori andarono in fiamme. “Ryo non
godrà dei benefici
di questa cosuccia?”
Le due donne scoppiarono a ridere:
Kaori invece voleva solo sparire, perché improvvisamente,
nella mente, le erano
apparse le nozioni dei libri di storia letti da ragazza, e per un
attimo, si
immaginò Shinsato che, con la sua ventiquattrore ore
pitonata, con tanto
di registratore, si sedeva placido
ed annoiato in un angolo della camera di Ryo per controllare se il
matrimonio
venisse consumato o meno…. Da un tipo come quello,
c’era da aspettarsi pure di
peggio…
“Su, su, dai, Kaori, non andrai a fuoco
per così poco, con un fidanzato che chiamano lo Stallone di
Shinjuku!” Eriko
continuò a prenderla in giro. “Comunque
Tranquilla, non dovrai metterti questo
al matrimonio…”
La donna continuò, facendo prendere un
sospiro di sollievo alla futura sposina di convenienza.
“Ma bensì questo! Non
è un amore?”
Kaori guardò con gli occhi spalancati quello che adesso
l’amica teneva in mano,
un capo che Sayuri pareva guardare con invidia: un reggiseno a bustino
senza
spalline, realizzato con un pizzo delicato ma intricato al tempo
stesso,
etereo, quasi trasparente, con tanto di micro slip coordinati e
soprattutto… Un
reggicalze. Con tanto di calze bianche di seta. Kaori
arrossì, ingoiando a
vuoto mentre si immaginava vestita di quella mise, che era certa il
partner
avrebbe adorato, e soprattutto mente si chiedeva cosa avrebbe pensato
Ryo, se
avrebbe fatto uno dei suoi soliti commenti idioti o se così
sarebbe davvero
apparsa femminile e vogliosa… “Logicamente le
calze le metterai dopo la
cerimonia, una volta che ti metterai degli abiti casual e smetterai il
kimono,
quindi adesso amica mia vediamo di darci una mossa e scegliamo cosa fa
per te,
va bene?”
Kaori, con le lacrime agli occhi, fece
cenno di sì col capo, e il silenzio piombò sulle
donne, che si guardarono
emozionate, tutte giunte ad un punto delle loro vite che solo pochi
anni prima
non avrebbero creduto possibile: Sayuri e Kaori presto si sarebbero
sposate,
l’una reticente ai legami, fredda e distaccata, che si
ricordava fin troppo
bene del tragico matrimonio dei genitori, l’altra innamorata
di un farfallone
con tendenze da maniaco sessuale che fino alla settimana prima nemmeno
sapeva
di esistere davvero, ed Eriko stava ricevendo richieste per i suoi capi
anche dal
Londra, Parigi e Milano.
“Oh, aspetta, mi stavo
dimenticando!”
Sayuri proruppe, rompendo quel delicato ed intimo silenzio, pregno di
significato, che era calato tra le tre donne. Eccitata, prese dalla
tasca della
giacca un sacchettino, che svuotò nel palmo di Kaori: era un
ciondolo d’oro,
rettangolare, dall’aria antica, su cui era stilizzato un
fiume che scorreva
sotto ad un castello.
Sayuri lo chiuse intorno al palmo di
Kaori, guardando la sorella ritrovata negli occhi.
“Questo ciondolo è nella
famiglia di
nostra madre da oltre cent’anni,”
spiegò, chiaramente emozionata. “Il nostro
trisnonno lo diede alla sua futura sposa alla vigilia delle loro nozze.
Sembra
che ci fosse stato uno scandalo, perché lei veniva dalla
Cina, e all’epoca i
nostri paesi erano in piena guerra… lui era stato ferito, e
lei lo aveva
trovato, moribondo, e lo aveva raccattato. Si era presa amorevolmente
cura di
lui, senza permettere a nessuno della sua famiglia di dirle il
contrario: disse
che lui aveva bisogno di lei, che era un essere umano e che la vita
andava
salvaguardata. Col passare dei mesi si innamorarono, e quando lui
tornò al suo
paese, alla fine della Prima Guerra[La
prima Guerra Sino Giapponese, 1º agosto 1894 al 17 aprile 1895], la portò con sé, e
combatté con le unghie e
con i denti perché fosse riconosciuta come la sua legittima
sposa.”
“Sayuri,
non posso accettarlo…” Kaori protestò,
ma la sorella scosse il capo, mettendole
al collo il ciondolo.
“Tu sei proprio come Mei, e anche la
storia tra te e Ryo… ricorda molto quella tra lei ed il
nonno. Sono certa che
le sareste piaciuti, sai?” la donna scrollò le
spalle, e con il pugno asciugò
alcune lacrime. “Insisto, Kaori. Voglio che lo abbia tu,
è il mio dono di
sorella.”
“Ma… ma io non ho nulla per
te… solo la
mia busta…” La rossa arrossì,
abbassando il capo, lievemente imbarazzata di
avere solo la tradizionale offerta da regalare alla sorella maggiore.
Ma Sayuri
prese le mani di Kaori tra le sue, stringendole.
“Ci sposiamo insieme, ed è
quello che
sognavo da bambina. Quasi non mi sembra vero, sai?”
Sayuri la abbracciò, e Kaori strinse
forte i denti, desiderosa di piangere, ma conscia che quella farsa le
impedicava
di farlo. La sola idea di mentire in quel modo alla sorella la
distruggeva, ma
non poteva renderla complice di quel crimine di cui lei e Ryo
– e Saeko, che li
stava coprendo – si stavano rendendo responsabili.
E poi, anche se era da poco che si
erano ritrovate, la amava, di un amore puro e sincero, spontaneo, che
le
nasceva da dentro e le scaldava le giornate: darle una delusione
sarebbe stata
l’ultima cosa che avrebbe fatto.
Kaori
ricambiò quell’abbraccio, stringendo la mano a
pugno intorno al cimelio di
famiglia: per il suo bene, Sayuri non avrebbe mai dovuto sapere la
verità.
“Oh, ragazze, andiamo, mi fate
piangere!” Eriko ammise, tirando su con il naso in maniera
poco elegante, e
pulendo con una candida manica i grossi lacrimoni che le scendevano sul
viso,
lasciando sbaffi di mascara ed eyeliner ovunque. “Oh, ma
guarda che disastro!
Su, smettetela, ricomponiamoci ed andiamoci a divertire!”
“Di-divertire?” Kaori
domandò, col
cuore in gola, impallidendo.
Non era ciò che aveva detto Eriko,
quanto
il tono che aveva usato per dirlo: non preannunciava nulla di buono.
“Ma certo!” L’amica
le rispose dandole
una sonora pacca sulla spalla, scoppiando nuovamente in una fragorosa
risata
che sembrava quella di un cattivo di un film di serie C-2.
“Questa è la tua
ultima serata da single, dobbiamo festeggiare a dovere!”
Kaori sbatté gli occhioni, la bocca
leggermente aperta in un’espressione di terrore.
Sì, le parole di Eriko le facevano
sempre più paura…
Non
erano riusciti a scrollarsi Shinsato di dosso.
Dopo l’incontro con il sacerdote, Ryo
ed il futuro cognato- per quanto gli facesse strano, stava iniziando ad
abituarsi a chiamare così quell’ometto simpatico
– erano andati a fare un giro.
L’uomo e la sua futura sposa avevano organizzato tutto
tramite agenzia, che
appena sbarcati in Giappone aveva fatto trovare loro in albergo gli
abiti da
cerimonia, che adesso erano al sicuro in quello che fino a pochi giorni
prima
era stato l’armadio di Kaori. Ryo, però, si
ritrovava sguarnito.
Appoggiandosi ad un paio di vecchie
conoscenze, a tipi a cui non era lui a dovere favori, ma il contrario,
ed ad
altri a cui Ryo aveva promesso che avrebbe permesso di lasciar cadere,
molto
casualmente, il suo nome de guerre nelle
conversazioni – avere la protezione del fantomatico City
Hunter faceva comodo –
lo sweeper era riuscito a procurarsi ciò che gli serviva.
Aveva poi riportato
tutto a casa, ma poi erano arrivati Mick ed un reclutante Falcon, che
tuttavia
non la smetteva di lanciargli sorrisetti maliziosi e stupidi, quasi a
volerlo
sbeffeggiare, e lo avevano trascinato in giro a “fare
baldoria per l’ultima
volta”.
Shinsato aveva continuato a seguirli,
standogli alle spalle con in mano quel suo dannato taccuino, occhi
bassi dietro
quelle spesse lenti, perennemente
intento a prendere appunti, e Ryo ingoiò a vuoto, percorso
da un irrazionale
brivido di terrore, immaginandolo che spuntava chissà quali
voci da una lista
immaginifica, decurtandogli punti.
Allo zero, lo avrebbe portato a forza
su uno stramaledetto aereo.
Lo sweeper prese a guardarsi intorno,
con fare frenetico, mani in tasca dello spolverino nella speranza di
apparire
normale, calmo e pacato, sebbene fosse lungi dal provare quei
sentimenti in
quel preciso istante. Gli occhi gli ricaddero sulle schiene di Mick e
Peter che,
davanti a lui, già amiconi,
conversavano
in inglese, sghignazzando, tenendosi a braccetto.
Erano già mezzi sbronzi.
Lanciò un’occhiata furtiva a
Shinsato,
che però avvertì lo sguardo dello sweeper su di
sé e ricambio con un disarmante
sorriso di mesta soddisfazione, che non fece altro che far aumentare
una volta
di più il groppo che Ryo aveva in gola. Non vedeva
l’ora di essere sposato con
Kaori: gli uomini avrebbero smesso di girarle intorno e
si sarebbero tolti di torno quel microbo rompiscatole.
“Allora vecchio mio, cosa ne dici?
Andiamo a farci un giro in un locale di spogliarelli? Offriamo noi
stasera, amico
mio!” Mick esultò, afferrando Ryo per il collo,
decisamente alticcio. “Anzi,
sai che ti dico? Li giriamo tutti! Quelle
povere conigliette hanno bisogno di consolarsi un’ultima
volta prima che lo
stallone venga imbrigliato! Ah, ah, ah, ah!”
Con il rombo di un tuono, la penna
venne fatta scattare, e pese a
lasciare
segni sulla carta; Ryo sapeva che non poteva udire nulla, ma era come se qualcuno stesse
trascinando le unghie su una
lavagna, un suono raccapricciante che gli fece venire la pelle
d’oca.
Guardo il piccolo burocrate, che
ghignava soddisfatto, certo di averlo in pugno: se lui aveva una vita
dissoluta, di certo non poteva essere felicemente fidanzato, quindi era tutta una falsa, ergo aveva
un posto in economica riservato sul prossimo volo per la Colombia.
Una goccia di sudore, lenta, gli scese
dalla tempia, mentre Ryo combatteva contro la sua stessa natura, i
muscoli tesi
e doloranti, per fare ciò che era giusto, nonostante la
forte tentazione che i
giovani corpi semi nudi delle sue adorate conigliette rappresentavano.
“Mick, non scherzare. Io una cosa
così
a Kaori non la faccio! Solo a pensare di vedere una donna nuda che non
è lei…
no, no guarda…. Senti, andiamo a casa, ci facciamo un
bicchiere, e poi tutti a
nanna, che domani è una giornata pesante e così
importante… voglio dire, ci
pensi? Dopo tanti anni che ci amiamo, finalmente Kaori e io ci
sposiamo! Non
sei contento? Non dovrai più consolarla, perché
ci sarò io per lei!”
Ryo sogghignò, sporgendosi verso
l’ex
socio, la mano non molto nascostamente a sfiorare il calcio della
Python nella
fondina celata dalla sottile giacca azzurra.
Il messaggio era chiaro: sarà
solo un matrimonio di convenienza per
adesso, ma vedi di stare alla larga dalla mia donna!
Mick ingoiò, recependo fin troppo bene
il messaggio, e fece cenno di sì col capo, mentre, Falcon
che sghignazzava
tutto contento per come stavano andando le cose e per la nuova vita da
monogamo
serio di Saeba, giravano sui tacchi e se ne tornavano verso casa
Saeba-Makimura, pronti a passare l’addio al celibato seduti
sul divano a bere
un bicchierino e guardare nel vuoto.
Che tristezza: si sentiva vecchio solo
al pensiero!
Con un sorrisetto un po’ malinconico,
Mick guardò Ryo: almeno stava iniziando a fare sul serio il
monogamo; sarebbe
stato di buon auspicio per la sua nuova vita con Kaori.
Perché ne era certo:
quei due potevano raccontarsi tutte le balle che volevano, ma quel
matrimonio
lo avrebbero preso sul serio, e già lo facevano, senza
nemmeno rendersene conto
o volerlo ammettere. Non sarebbe stata solo una finta per loro, mai.
Eh
fratello mio, hai finito di fare il playboy, ma vedrai… una
volta sposato, ogni
cosa che credevi potesse avere senso da scapolo perderà ogni
valore, e tu avrai
occhi solo più per lei!
Kaori
se ne stava seduta al tavolino del locale rigida, impettita, tremando
come una
foglia, con il profondo desiderio di scappare o piangere. Fiumi di
sakè, birra
e cibo spazzatura giravano tra i tavoli, mentre, un velo da sposa sul
capo,
Kaori guardava le amiche e la sorella sghignazzare come delle oche
giulive, già
brille.
Che ci fosse anche quel donnone
di Erika, con il suo vistoso
vestito rosso stile Jessica Rabbit, il trucco pesante e il boa di piume
di
struzzo, e che le stesse dando delle sonore pacche sulle spalle facendo
marcatissime allusioni sessuali sulle prestazioni di Ryo non aiutava,
anzi.
L’unica cosa positiva che era venuta fuori da
quell’uscita assurda, che non lasciava
presagire nulla di buono, era che, come regalo di nozze, e solo
perché era con
la cara, dolce ma forte Kaori che
Ryo
si sposava, Erika aveva deciso di annullare tutti i passati debiti di
Ryo (e,
guardando Kazue, aveva sottolineato più e più
volte che si trattava solo di
quelli di Ryo, e che quindi Angel doveva pagare, e pure presto, e che
con loro
due, avessero deciso di sposarsi, non sarebbe stata così
magnanima).
La ragazza tirò un sospiro di sollievo:
un debitore in meno da pagare!
“Oh, Kaori, tesoro, spero che tu sia
pronta per la sorpresa che Reika ti ha preparato!” Erika
cinguettò, senza
notare lo sguardo assassino che la sweeper mandò
all’ex rivale, che sbatteva le
ciglia finte con la stessa maestria della sorella.
Le luci si abbassarono, e mentre una
musica dalla caricaturale carica erotica partiva in sottofondo, un faro
illuminò il centro del palco, dove un tizio mingherlino,
vestito con quello che
sembravano pezzi di smoking, ballava in un modo osceno: non per le pose
erotiche, perché quelle erano caricaturali, ma semplicemente
perché era chiaro
come il sole che non sapesse fare un bel nulla.
L’aura di Kaori continuò a
tingersi di
scuro, il desiderio omicida che le saliva dentro. C’erano
stati momenti in cui
aveva creduto che Reika non fosse il pessimo soggetto che Miki le
dipingeva, da
cui la metteva in guardia, ma adesso si rendeva conto che
l’amica aveva avuto
ragione da vendere. D'altronde, cosa aspettarsi, dato che era una delle
donne
che aveva cercato di mettere in guardia quel piccolo burocrate
rompiscatole,
andandogli a raccontare che era impossibile che Ryo la volesse come sua
compagna di vita?
Quella
strega, vuole vendicarsi perché non le ho permesso di
mettere le mani su Ryo…
ma se pensa di imbarazzarmi si sbaglia di grosso!
“Oh, Kaori cara, sei così
fortunata ad
avere Ramon! Lui è il mio unico ballerino maschio! Sapessi
che difficoltà
convincerlo a esibirsi stasera… lui normalmente fa solo uno
spettacolo alla
settimana!” Kaori sgranò gli occhi, non faticando
a crederlo: se Ramon si fosse
esibito più volte, di sicuro Erika non avrebbe avuto
più clienti.
Quel tizio era terribile… eppure
sembravano stravedere tutte per lui, gli lanciavano banconote,
reggiseni,
gioielli… era una cosa da pazzi! Certo che il loro
quartiere, quanto a
intrattenimento per il gentil sesso, doveva essere davvero messo bene
se quello
era il massimo che c’era- e le donne erano pure entusiaste!
Kaori fece una risatina, mentre Ramon –
che era latino quanto lo era lei, ovvero allo zero percento - si
strappava di
dosso i vestiti, rimanendo solo in boxer aderentissimi. Nascondendo la
risata
dietro una mano, Kaori lanciò un’occhiataccia
colma di scherno
all’amica/nemica, che la guardava con uno sguardo
interessato, quasi attendesse
il momento in cui Kaori sarebbe fuggita a gambe levate dal
locale…
Sono
quasi dieci anni che devo sorbirmi le nudità oscene di quel
pezzo di idiota, se
pensi che un tizio in boxer mi possa mettere in soggezione, caschi
male, cocca…
Ramon, “danzando”, se
così si poteva
dire, al ritmo della musica dance anni settanta, trotterellò
verso il loro
tavolo con un ghigno infido e lascivo, disgustoso, sul viso- e trottare
era
proprio il verbo giusto, perché fingeva di essere a cavallo
di un fantomatico
ronzino, neanche fosse stato un bambino di tre anni.
Quando arrivò al tavolo e le sorrise,
mostrando un paio di denti mancanti, il resto giallo, la leggera pancia
da
bevitore di birra, Kaori non poté più
trattenersi, e sotto gli sguardi allibiti
delle presenti, scoppiò a ridere, nascondendo il viso sul
tavolo.
Non ce la faceva, quella situazione era
troppo comica e surreale: quel tipo sembrava uscito da un western di
Sergio
Leone, con quell’aspetto ridicolo!
Reika guardò Kaori con fare sdegnato,
piccato: aveva sperato almeno di imbarazzarla, renderle quella giornata
un po’
più dura, ma nisba: la rossa sembrava avere la meglio su di
lei su tutti i
fronti. Si voltò a guardarla, un po’ mogia, arsa
da una leggera invidia, ma
all’improvviso, vedere come tutti ridevano e scherzavano con
Kaori, come Saeko
stessa, spesso fredda e distaccata, perfino con le sue stesse sorelle a
meno
che non fosse per rimproverarle, le fece sentire
qualcos’altro.
Forse Kaori non sarebbe mai stata sua
amica, anche causa della forte infatuazione che l’ex
poliziotta aveva nutrito a
lungo verso Ryo, e che ancora albergava, come una spina, nel profondo
del suo
animo: ma Kaori era un’anima troppo buona per volerle davvero
male, per
odiarla… lei era il cuore di quello sgangherato gruppo di
amici, di quella
famiglia improvvisata nata dal caso e non dal sangue.
Reika, sorridendo e ridendo
sguaiatamente, diede una pacca sul sedere del ballerino, facendolo
arrossire
come un peperone e mettendolo in imbarazzo, e lasciandogli un bel
gruzzoletto
nelle mutande, lo congedò. Sotto lo sguardo tutto sommato
grato di Kaori e la
delusione totale delle femmine del locale…