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Autore: Kimly    10/05/2021    1 recensioni
La Seconda Guerra Magica è finita: i vincitori festeggiano, i vinti si ritirano per leccarsi le ferite.
Poi ci sono loro, i ragazzi di Serpeverde. Sempre in bilico fra il bene e il male, fra la luce e le tenebre.
Per Daphne e Astoria Greengrass, Blaise Zabini, Pansy Parkinson, Theodore Nott e Draco Malfoy è tempo di ricominciare, tempo di riprendere in mano le proprie vite e dimostrare di essere diversi dalle loro famiglie.
A qualunque costo.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Astoria Greengrass, Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Blaise/Pansy, Blaise/Theodore, Draco/Astoria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 7  ~ 5 Ottobre 1998
 
 
 

«E poi gli ho detto che le mie espressioni colorite rispecchiavano il mio modo di scrivere. È il mio stile, prendere o lasciare».
«Quindi ti ha licenziata?» domandò Blaise, aggiungendo del brandy al suo tè. Il ragazzo aveva preso l’abitudine di portarsi sempre dietro una fiaschetta. Era convinto che gli conferisse maggiore fascino.
«Certo che no! La critica ha apprezzato i miei pezzi» rispose Pansy, lanciando un’occhiata disgustata a Blaise. «Così rovini il tè!»
«Ho bisogno di un po’ di alcol per reggere le tue chiacchiere».
Pansy assottigliò gli occhi, mentre Blaise si gustava la sua espressione infastidita.
«Sono contenta che le cose ti vadano bene, Pansy» si mise in mezzo Daphne, provando ad evitare l’ennesimo battibecco. «E personalmente trovo la tua scrittura davvero brillante».
«Uh, forse un po’ troppo lasciva e petulante, però in generale anche a me non dispiace» ammise Blaise, sorseggiando il suo tè corretto.
«Qualche allusione sessuale non ha mai ucciso nessuno. Certe volte mi danno dei pezzi così noiosi, che non posso non renderli più accattivanti per i lettori».
«E tu, Blaise?» chiese Daphne, che era seduta di fronte a lui. Pansy, accanto a lei, si voltò verso l’amico, avida di sapere. «Come te la cavi al San Mungo?»
«Per ora bene. Anche se passo la maggior parte del tempo ad evitare di uccidere i pazienti con le mie stesse mani. Alcuni di loro sono così snervanti».
«Ricordami di non farmi curare da te, in caso ne avessi bisogno» commentò Daphne, scioccata dai pensieri dell’amico.
Decisamente Blaise non era adatto a fare il Guaritore.
«Tu non saresti mai snervante».
Pansy si allungò verso di lui, nonostante ci fosse il tavolino da tè a dividerli.
«E ci hai già provato con qualche paziente? O qualche collega?»
Blaise le fece un sorrisetto ironico, divertito da quella domanda.
«Sei gelosa, mia cara?»
«Solo curiosa».
«Soddisfo immediatamente la tua curiosità, allora» rispose Blaise, completamente a suo agio a parlare della sua vita privata. «È capitata qualche sveltina, ma niente di così eclatante. Il più delle volte, sono stato io a dover insegnare qualcosa a loro».
«Loro?» domandarono all’unisono le ragazze.
«Il sesso a due è fantastico, ma quando si è di più, è anche meglio».
Pansy scosse la testa, rassegnata, mentre Daphne quasi rideva.
«Sei senza speranze, Blaise».
«Lo prendo come un complimento».
«Comunque, Astoria mi ha scritto qualche giorno fa. Dice che Hogwarts è tornata quella di un tempo e che va tutto alla grande. Ah, vi manda i suoi saluti».
«Le manca Draco?» buttò lì Blaise, prendendo uno dei biscotti che Pansy aveva portato quella mattina.
«Non me lo dice. Ha capito che non approvo».
«A me non avevi mai fatto credere che Draco non ti piacesse» disse Pansy con sincerità.
«Era tutta un’altra storia. Eravamo dei ragazzini, non ho mai creduto che fra voi sarebbe durata».
Pansy gonfiò le guance, nonostante sapesse quanto Daphne avesse ragione. Blaise, intanto, se la ridacchiava a bassa voce.
«Sono stata la prima a difenderlo durante il processo, ma ho mentito pur di non darla vinta agli Inquisitori. Draco ha sempre avuto una scelta, è solo stato troppo codardo per fare quella giusta».
«La codardia non è sinonimo di malvagità» replicò Blaise, calmo. «Penso che ognuno di noi abbia fatto scelte alquanto discutibili».
Daphne comprese a cosa Blaise si stesse riferendo e guardò Pansy che fissava il pavimento lucido, come se si stesse facendo un esame di coscienza.
Daphne realizzò che anche Pansy potesse avere dei segreti; segreti che, sicuramente, Blaise conosceva.
«Noi non siamo mai stati Mangiamorte e non abbiamo mai augurato la morte ai figli di Babbani» continuò Daphne, non volendo cedere sull’argomento. «Lo so che hai un debole per Draco, ma…»
«Ho un debole per tutti voi» la interruppe Blaise, continuando a fissare Pansy, che sembrava ancora persa nel suo mondo. «Vi difenderei anche se vi vedessi uccidere qualcuno davanti ai miei occhi. Vi aiuterei a sotterrare il cadavere e a disfarvi delle prove».
«È terribile, Blaise. Non dirlo neanche per scherzo».
Il ragazzo fece spallucce con un sorriso.
«Ma è la verità».
Daphne lasciò correre e poi riprese.
«Draco ha goduto dei suoi privilegi fin quando ha potuto. Non si è mai schierato davvero, per tutelarsi. Se avesse vinto il Signore Oscuro, credete che Draco si comporterebbe come fa ora? Pensate che accetterebbe le idee di Astoria?»
«Non puoi saperlo» rispose Pansy, dispiaciuta nel sentire tutto quel rancore nei confronti di Draco.
«Oh, lo so eccome. Draco vuole far vedere a tutto il mondo che è cambiato, che è diverso dai suoi genitori e che è solo una povera vittima della società. Può incantare gli Auror e il Ministero, ma non funziona con me».
Blaise e Pansy la guardarono intensamente. 
«Non sono totalmente d’accordo con te» disse lui con tranquillità. «Per certi versi, noi non siamo migliori di Draco».
«Ma non fingiamo di essere quello che non siamo. Noi non abbiamo mai trovato scuse».
«Su questo hai ragione» commentò Blaise, facendole un sorriso.
«Theo era nella sua stessa situazione, eppure ha sempre fatto di testa sua» insistette Daphne, sapendo di aver guadagnato terreno.
«Non ci voleva un genio per capire che Nott fosse il migliore del gruppo». Blaise passò lo sguardo da Daphne a Pansy. «È quasi un miracolo che trovi qualcosa di buono in tutti noi».
«Theo è sempre stato diverso» aggiunse Pansy. «Un po’ come tua sorella. Due Serpeverde quasi atipici».
«È proprio questo il punto. Astoria è coraggiosa e meriterebbe qualcuno coraggioso quanto lei al suo fianco».
«Si dice che gli opposti si attraggano, no?» disse Blaise con un velo d’ironia. «Anche tu e Nott siete molti diversi, eppure sappiamo tutti com’è andata a finire».
«Secondo il tuo ragionamento, Theo e Astoria starebbero bene insieme».
Daphne storse il naso di fronte all’affermazione di Pansy. Il rapporto fra Theodore e Astoria era sempre stato fraterno, ma in cuor suo aveva sperato che la sorella trovasse qualcuno come Theodore.
«Sei un po’ troppo di parte» commentò Blaise, quasi come se le avesse letto nel pensiero. «In fondo, per quanto Nott sia una brava persona, ha anche lui dei difetti».
«Difetti trascurabili, se paragonati ai suoi pregi».
Pansy la fissò attentamente, prima di alzarsi in piedi. La gonna corta le lasciava scoperte le gambe snelle, che Blaise ogni tanto guardava senza il minimo pudore.
«Per questo hai deciso di non combattere per Theo? Credi che la Davis lo meriti più di te?» domandò Pansy, incrociando le braccia al petto, come se la stesse giudicando. «Perché non sarebbe solo un pensiero stupido, ma anche completamente sbagliato».
«Concordo» disse Blaise, alzando la tazzina in direzione di Pansy.
«Idealizzate un po’ troppo quello che c’è stato fra me e Theo. Non era niente».
«A questo punto, direi che è perfettamente inutile continuare a fingere. Non siamo così ciechi».
Daphne ricambiò lo sguardo di Blaise, ma non mutò espressione.
«Ve l’ho già spiegato: è stato lui a lasciare me».
«Sì, ma sappiamo che c’è di più» disse Pansy e, dal gioco di sguardi fra lei e Blaise, era chiaro che ne avessero già parlato fra di loro. «Cos’è che non ci hai detto?»
Daphne pensò di mentire ancora, nonostante sapesse che fosse perfettamente inutile farlo con i suoi amici. Negli anni, Pansy e Blaise avevano imparato a conoscerla bene.
«Venite con me» disse lei, alzandosi dal divano e uscendo dalla stanza.
Daphne fece segno di non fare rumore, mentre entravano nello studio del signor Greengrass.
Il padre di Daphne era in Biblioteca. Aveva detto che avrebbe trascorso il suo tempo libero per recuperare alcune letture, ma la ragazza sapeva che era coinvolto in qualche giro di affari in cui era meglio non ficcare il naso.
Il piccolo Pensatoio del signor Greengrass era appoggiato su un lato della scrivania di mogano. Daphne lo prese e velocemente uscì dalla stanza.
«Andiamo nella mia camera» disse lei, a bassa voce. «Staremo più comodi».
Blaise e Pansy erano visibilmente incuriositi dall’atteggiamento dell’amica, ma la seguirono senza chiedere nulla.
Dopo aver chiuso la porta della sua stanza e aver insonorizzato l’intero piano, Daphne appoggiò a terra il Pensatoio sotto gli sguardi attenti di Blaise e Pansy.
Come se niente fosse, la ragazza si avvicinò alla cassettiera vicino alla porta e, con un rapido movimento di bacchetta, un cassetto nascosto si aprì alla loro vista.
«Cavolo!» commentò Pansy, dando un’occhiata al contenuto.
Era pieno di boccette di vetro.
«Cosa c’è qui dentro?» domandò ancora Pansy, analizzando i filamenti argentei. «Sono…?»
«Ricordi». Blaise terminò la frase e si avvicinò alle due ragazze. «Hai un problema di memoria o ami crogiolarti nel passato?»
«Nessuno delle due» disse Daphne, stringendosi però nelle spalle. «Semplicemente, ho bisogno di rivedere le cose per analizzare meglio il tutto».
Blaise e Pansy la fissarono con scetticismo e Daphne continuò: «Al sesto anno premeditavo di scappare. I miei genitori avevano scelto da che parte stare, a me e ad Astoria era stato imposto».
Daphne abbassò lo sguardo, temendo le reazioni dei suoi amici.
«E non potevo permettere che succedesse qualcosa a mia sorella. Volevo che i miei ricordi fossero al sicuro, nel caso mi fosse successo qualcosa. Avevo paura delle ripercussioni dei Mangiamorte».
«Così, se ti avessero torturato fino alla pazzia, avresti avuto un modo per recuperare un minimo di lucidità» commentò Blaise, annuendo.
«Più che altro, era un modo per recuperare un minimo di me stessa».
«Furba».
Pansy non disse una parola, ma le si avvicinò per darle un abbraccio.
«Sei sempre stata troppo intelligente per essere mia amica».
Daphne sorrise appena e ricambiò la stretta.
«Allora, quale dei tuoi tanti ricordi vuoi farci vedere?» domandò Blaise, guardando le boccette con occhiate fameliche. «Potrei trovare qualcosa su te e Nott che ci date dentro?»
Daphne ignorò la domanda e prese a cercare la boccetta giusta.
«Lo prendo per un sì».
«Eccola qui» disse Daphne, avvicinandosi al Pensatoio e versando il contenuto della boccetta al suo interno. «Siete pronti?»
«Non vedevamo l’ora!» trillò Pansy, elettrizzata all’idea di conoscere ogni cosa.
Daphne prese un bel respiro e fece cenno agli amici di andare per primi.
Pansy non se lo fece ripetere due volte e avvicinò subito il volto al Pensatoio.
«Sei sicura di volerlo fare?» le domandò Blaise e Daphne annuì, accennandogli un sorriso.
Erano davvero rare le volte in cui Blaise mostrava di tenerci sinceramente a loro.
Il paesaggio attorno a loro mutò e un’Hogwarts di qualche anno prima si palesò di fronte ai tre ragazzi.
«La situazione sta peggiorando» stava dicendo una Daphne sedicenne a Theodore, che se ne stava appoggiato al muro.
Il corridoio era vuoto e gli schiamazzi che provenivano dal Parco facevano presupporre bel tempo.
«Lo so» rispose Theodore, sospirando. «Mio padre prova a tenermi all’oscuro di tutto, ma è chiaro che qualcosa si stia muovendo».
«Non credi che ci sarà una guerra, vero?» sussurrò Daphne, seguendo con gli occhi una coppia di Corvonero che stava passando lì per caso. 
«Sii ragionevole, Daphne, è ovvio che prima o poi scoppierà la guerra. Si stanno preparando tutti a combattere».
La preoccupazione sul volto della ragazza influenzò l’espressione di Theodore, che si spinse in avanti per stringerla fra le braccia.
«Stai tranquilla, ho un piano».
Daphne alzò lo sguardo su di lui, domandando con gli occhi di che cosa stesse parlando.
Theodore la lasciò andare, non prima, però, di averle dato un bacio sulla fronte.
La tenerezza di quel gesto investì la Daphne del presente, che quasi aveva dimenticato quanto Theodore potesse essere dolce.
Pansy le prese subito una mano, ma Daphne le fece capire che stava bene.
«La guerra arriverà, questo è certo, e prima o poi ci verrà chiesto da che parte stare» stava spiegando il Theodore sedicenne. «Non siamo più bambini. Si aspetteranno la nostra lealtà».
«Non ho intenzione di combattere per difendere ideali di cui non me ne importa nulla. Voglio vivere come una normale ragazza della mia età, non sono un guerriero né intendo esserlo».
Theodore le fece un sorriso bellissimo. «Lo so».
«E non permetterò che ti obblighino a diventare come tuo padre. Non sarai mai un Mangiamorte» insistette lei, spostandogli un ciuffo biondo dagli occhi. «Dovessi scontrarmi con il Signore Oscuro in persona».
Blaise non poté evitare di lanciare occhiatine divertite alla Daphne del presente, che, imbarazzata, guardava altrove.
Era stata davvero così patetica allora?
«E poi, c’è Astoria. È praticamente una bambina e non credo che una guerra possa migliorare la sua salute».
«Sono tutti ottimi motivi per andarcene dall’Inghilterra» disse Theodore, approfittando del fatto che Daphne stesse riprendendo fiato. «Scappiamo da tutto».
«C-cosa? Hai intenzione di fuggire?» la ragazza sembrava perplessa. «Ma non pensi ai miei genitori? O a tuo padre?»
«Mio padre ha già fatto la sua scelta anni fa e i tuoi possono venire con noi».
«Non verranno mai!»
Theodore fece spallucce, infilandosi le mani nelle tasche.
«E allora hanno scelto anche loro da che parte stare. Ora tocca a noi, Daphne. Non voglio che le decisioni di altri condizionino la mia vita».
«Ma…»
«Partiremo solo noi tre: io, te ed Astoria». Theodore le prese il volto fra le mani e le diede un piccolo bacio sulle labbra. «Baderemo noi a lei».
«E la scuola?»
«A noi manca solo un anno. Impareremo sui libri, senza bisogno dei professori, ed insegneremo tutto quello che sappiamo a Tori» spiegò Theodore con una strana luce che brillava nei suoi occhi, e la Daphne del presente vide la se stessa del passato guardare il ragazzo come se fosse fuori di sé.
«Potremo anche prendere degli insegnanti privati. Non c’è limite a quello che potremo fare, una volta che saremo liberi e al sicuro».
«Non lo so, Theo» disse Daphne, toccandosi i capelli con fare nervoso. «Mi sembra tutto così frettoloso».
«Daphne».
La ragazza alzò gli occhi azzurri e guardò Theodore, che la fissava come se fosse qualcosa di estremamente prezioso.
«Ti amo tantissimo».
Entrambe le Daphne sobbalzarono al suono di quelle parole: quella del passato per la sorpresa, quella del presente, perché le faceva ancora effetto sentire quelle parole.
«Vorrei che diventassi mia moglie».
«Che cosa?»
«Io sarò maggiorenne fra poco e posso trovare chi non farà domande».
«Theo…»
Il ragazzo tirò fuori un anello dalla tasca dei pantaloni. 
Pansy era ammaliata dalla scena, mentre Blaise era quasi annoiato.
Daphne provava un mix di emozioni diverse che le dava il voltastomaco.
«Era di mia madre» stava dicendo Theodore, allungandolo verso Daphne.
Lo smeraldo quadrato dell’anello creava giochi di luce sul pavimento.
«Non mi dire di no solo perché hai paura. Pensaci, d’accordo?»
«Me l’avresti chiesto anche se non ci fosse stata una guerra imminente?» soffiò Daphne, prendendo l’anello fra le dita, senza indossarlo.
«Te lo chiederei anche se non fossi Daphne Greengrass, ma una ragazza qualunque».
Lei accennò un sorriso e la scena davanti a loro mutò.
Pansy trattenne il respiro quando vide se stessa sedicenne sdraiata sul suo letto a baldacchino del dormitorio, mentre la Daphne del passato guardava fuori dalla finestra, verso le profondità del Lago Nero.
«Avevi ragione, stanno tutti impazzendo» disse Pansy, sbottonandosi la camicetta della divisa. Blaise non era più annoiato. «Oggi ho sentito Tiger e Goyle parlare di torturare i Nati Babbani del primo anno, e la Bulstrode ha detto che dal prossimo anno non esisterà nessun’altra Casa eccetto la nostra».
Daphne studiò un Avvincino nuotare nel lago, mentre Pansy proseguiva: «Non che quest’ultimo commento mi dispiaccia, eh, sia chiaro, però… C’era qualcosa di strano nel modo in cui l’ha dichiarato. Come se sapesse qualcosa».
«Magari sa qualcosa» disse Daphne, voltando le spalle all’Avvincino e guardando l’amica con serietà.
«È una Bulstrode, non può sapere qualcosa che non sappiamo. Se stesse davvero per cambiare tutto, noi lo sapremmo».
«Noi siamo solo delle adolescenti, Pansy. Forse i nostri genitori sanno di più, ma non ci vogliono mettere al corrente».
«Stai calma, Daph. Se anche succederà qualcosa, noi saremo al sicuro. Siamo dalla parte giusta».
«Davvero?» domandò Daphne, scettica.
Pansy scosse la testa e la fissò.
«Non “giusta” in quel senso. Volevo dire che, fortunatamente, siamo dalla parte di attaccherà, quindi non ci capiterà nulla».
«Fino a quando gli altri non decideranno di difendersi. E quando accadrà, le persone moriranno. Non importerà a nessuno da che parte staremo».
«Hai paura di una guerra?»
«Ho paura di tante cose» ammise Daphne, sedendosi sul baule di Pansy e incrociando le gambe con eleganza. «Draco?»
Pansy abbassò lo sguardo e si schiarì la gola.
«È finita, lo sai. Non so cosa gli sia preso quest’anno. È diverso».
«Già».
Pansy rialzò lo sguardo e lo puntò su Daphne.
«Non credi sia un caso, giusto?»
«Spero di sbagliarmi, ma Draco non ha mai nascosto le sue idee. Forse vorrebbe che noi ci schierassimo apertamente».
«L’hai detto tu, siamo adolescenti. Me ne frego delle questioni politiche» commentò Pansy, quasi punta sul vivo. «Il prossimo anno saremo maggiorenni e sarà il nostro ultimo anno qui. Voglio godermi ogni singolo minuto, prima della vita adulta».
«Magari è solo giù per suo padre e prima o poi tornerà il solito Draco».
«Lo spero tanto» ammise Pansy con un filo di voce.
Blaise si voltò con sguardo perplesso verso la Pansy del presente, che piegò le labbra in una smorfia. Non poteva cancellare il passato.
La scena cambiò ancora e di nuovo i tre ragazzi videro Daphne e Theodore parlare in un corridoio vuoto.
«Cosa volevi dirmi?»
«Per me va bene» disse Daphne, facendogli un sorriso. «Fuggiamo via e mettiamo Tori al sicuro».
«Daphne…»
«Oh, certo». La ragazza si frugò nella testa della gonna. Estrasse l’anello della madre di Theodore e lo infilò al dito. «Diventerò tua moglie».
Theodore fece un piccolo sorriso, prima di baciarle una guancia.
«Non credo che sia una buona idea».
«Cosa intendi dire?»
«Non penso che dovremmo fuggire. La nostra casa è qui e le nostre famiglie hanno bisogno di noi».
«Ma avevi detto…» Daphne si leccò le labbra, agitata. «Avevi detto che ognuno avrebbe dovuto fare le proprie scelte».
«Ricordo quello che è detto, ma affrontiamo la realtà, Daphne, non siamo adulti. Quanto pensi che dureremo da soli?»
La ragazza scosse la testa, incapace di credere a quelle parole.
«Cosa ti ha fatto cambiare idea?»
«Pensavo che fossi contraria alla mia proposta. Hai sempre messo la famiglia al primo posto».
«Sto mettendo la famiglia al primo posto. Astoria». Daphne gli mostrò l’anello. «E te, se accetterai di diventare mio marito».
«Ecco, a proposito… Siamo troppo giovani soprattutto per quel passo».
Daphne spalancò gli occhi e la Daphne del presente si ricordò quanto quelle parole le avessero fatto male in passato.
«Tu non vuoi sposarmi».
«Non al momento, no» ammise Theodore, non accennando al benché minimo dispiacere.
«Ma…» Daphne aveva perso le parole e Theodore provò ad avvicinarsi a lei. «Non mi toccare!»
«Daphne».
«No, non ti avvicinare». Daphne lo guardò duramente. «Se le tue intenzioni non sono serie, è inutile continuare a stare insieme».
«Se è questo quello che vuoi, va bene».
La scena sbiadì di colpo e tutti e tre tornarono al presente, nella stanza di Daphne, che si strinse nelle braccia. Rivivere quei momenti era sempre molto difficile.
«No, aspetta» disse Blaise, indicando il Pensatoio. «Non può essere finita così».
«È vero, deve essere successo altro dopo!» gli diede manforte Pansy, scioccata di essere stata interrotta sul più bello.
«Vi ho risparmiato la fine della litigata, ma le cose importanti erano già state dette».
«Non sapevo che ti avesse chiesto la mano» disse Pansy, cercando con lo sguardo Blaise che si era seduto sul letto di Daphne.
Blaise era a conoscenza di molte cose, ma l’espressione che assunse non insospettì Pansy e Daphne gliene fu grata.
La ragazza aveva tanti segreti, ma quelli che coinvolgevano Blaise erano probabilmente quelli più pericolosi.
«Era una finta. Come hai visto, ha poi cambiato idea».
«Sai perché ho cambiato idea».
La voce di Theodore spaventò le ragazze, mentre lo sguardo di Blaise lo percorse dal basso verso l’alto.
Quel giorno, Theodore indossava un semplice pantalone scuro abbinato a una maglia rossa a maniche lunghe.
Blaise lo trovava davvero irresistibile.
«Cosa ci fai qui?»
«Volevo parlarti» chiarì lui, facendo un cenno di saluto a Pansy e a Blaise. «Fanon mi ha fatto entrare, ma credo di aver interrotto qualcosa».
«Purtroppo non hai interrotto nulla di piccante» commentò Blaise, facendo un sorriso divertito. «Altrimenti, ti avremmo invitato più che volentieri».
«Penso di sapere quali ricordi vi abbia fatto vedere, ma se volete avere un quadro più completo, dovete vedere anche questi».
Theodore si puntò la bacchetta alla tempia e ne fuoriuscirono dei ricordi che mise in alcune fiale di vetro vuote.
«Non ce ne sarà bisogno» disse Daphne, provando a capire dove volesse arrivare.
«Temi che la verità possa sconvolgerti?»
«Conosco già la verità. Me l’hai detta tu, ricordi?»
Theodore arricciò il naso e poi scosse la testa: «No, non tutta».
«Dai, di cosa hai paura, Daphne?» chiese Blaise, alzandosi in piedi. «Sarà divertente».
«E noi saremo con te».
Lo sguardo di Theodore continuava a studiarla e Daphne ignorò lui e annuì ai due amici.
«Se dopo vorrai parlarmi, sai dove trovarmi. Buona giornata».
Theodore uscì dalla stanza e li lasciò di nuovo soli.
«Cosa stiamo aspettando?» domandò Pansy, non appena udì la porta della stanza chiudersi. 
Blaise guardò ancora Daphne, che fece un cenno d’assenso, attendendo che i due amici andassero per primi.
La ragazza era in tensione. Conosceva alcune cose solo attraverso le parole di Theodore, vederle era tutta un’altra storia.
Si avvicinò al Pensatoio e si ritrovò di nuovo ad Hogwarts, nella Sala Comune dei Serpeverde.
Un Theodore sedicenne stava entrando nel suo dormitorio e i tre ragazzi gli andarono subito dietro.
Quando Theodore aprì la porta, facendo per entrare, si arrestò di colpo e finse di tossire.
Daphne, Blaise e Pansy, che si erano sporti per guardare dietro le sue spalle, ebbero tre reazioni diverse: Blaise fece un sorrisino malizioso, Pansy distolse lo sguardo e Daphne spalancò gli occhi.
Sua sorella Astoria era sdraiata sul letto di Draco, che evidentemente aveva appena smesso di baciarla. Erano entrambi affannati e rossi in viso. Guardarono verso di loro, verso Theodore, e Astoria spinse via Draco.
«Theo!»
La ragazza si alzò dal letto, le guance in fiamme, e Daphne non poté non notare che entrambi avevano le camicie della divisa sbottonate.
«Hai capito la piccola Tori» sussurrò Blaise e Pansy gli rifilò uno schiaffo sul braccio, che non scalfì l’espressione piacevolmente stupita di lui.
«C-cosa ci fai qui?» stava dicendo Astoria, tentando freneticamente di risistemarsi i vestiti e i capelli.
«È il mio dormitorio» chiarì lui, spostando lo sguardo da Astoria a Draco, che si era seduto sul letto come se non fosse stato appena beccato con le mani nel sacco.
«Non avevi lezione?» domandò proprio Draco, tra l’irritato e l’indifferente.
«Avevo un po’ di mal di testa».
«Beh, cosa ti aspetti, delle spiegazioni?» insistette Draco, appoggiandosi alla testata del letto con fare annoiato. «È piuttosto ovvio quello che stavamo facendo».
In quel preciso momento, Daphne lo odiò con tutta se stessa. Vide l’insicurezza di Astoria trasparire sul suo volto e lo odiò ancora di più.
«Non so quale sia il tuo problema, quest’anno, ma non usare Astoria come valvola di sfogo. Non è un giocattolo» disse Theodore, l’espressione seria che avrebbe spaventato chiunque.
Draco tentò un mezzo sorriso strafottente e poi guardò Astoria, che scosse la testa.
«Correrai a dirlo a Daphne?» chiese Draco, perdendo la baldanza.
«Forse dovrei, sai?»
Astoria si fece avanti e si mise davanti a Theodore.
«Possiamo parlare?»
«Di quello che ho visto? Ha ragione lui, è chiaro quello che stesse succedendo».
«Draco, ti dispiace lasciarci un attimo da soli?» continuò Astoria, come se Theodore non le avesse detto nulla. «Per favore».
Draco la guardò negli occhi ed annuì lentamente. Si alzò da letto, si allacciò gli ultimi bottoni della camicia e uscì dal dormitorio.
«Cosa ti salta in mente, Tori? Sei uscita di testa?»
«Theo, non è come credi».
«È esattamente come credo!» Theodore sospirò, provando a farle capire. «So che hai una cotta per lui da sempre, ma non penso sia il ragazzo adatto a te».
«Non credo che spetti a te deciderlo» puntualizzò Astoria, sulla difensiva.
«Conosci la sua fama. E non parlo solo delle ragazze, ma anche…»
«Sì, lo so» lo frenò lei, non volendo ascoltare quelle parole. «Ed è vero, quello che si dice in giro, si è davvero unito ai Mangiamorte».
Theodore rimase spiazzato da quella confessione e la guardò come se la vedesse per la prima volta.
«Cosa intendi dire?»
«Gli ho visto il Marchio Nero, sul braccio. E mi ha raccontato delle cose e io… io voglio solo aiutarlo».
«Vuoi redimere un Mangiamorte adesso? Tori, sei ancora piccola e la prima cotta è importante, ma non credo che sia questo il modo».
Astoria incrociò le braccia al petto, una posa che a Blaise e a Pansy ricordò terribilmente la loro amica Daphne.
«Non mi trattare come una bambina».
«E allora non comportarti come una bambina» disse prontamente Theodore. «Se quello che dici è vero, devi stargli lontano, perché non sai cosa potrebbe succedere se continuassi a frequentarlo. Non è un gioco».
«Non ho mai pensato che lo fosse» sbuffò lei, spazientita. «Per Salazar, se avessi voluto una predica, avrei cercato mia sorella, ma ho deciso di parlarne con te perché penso che mi serva un alleato».
Theodore non disse nulla e Astoria continuò.
«Non mi serve un fratello, mi serve un amico».
«Posso essere entrambi, lo sai, ma non mi chiedere di mentire a Daphne, o di scegliere fra te e lei».
«Theo, tu tieni ancora a Draco?»
Il ragazzo non rispose, ma mantenne lo sguardo fisso su di lei, come se stesse cercando di decifrare le sue intenzioni.
«Il fatto che non esprimiate il vostro affetto come fa Pansy, o come fa Blaise, non significa che non vi vogliate bene. E ti conosco, so che lo consideri tuo amico».
«E credi che lui pensi lo stesso di me?» chiese Theodore, facendo una mezza risata ironica.
«Ti considera suo pari» rispose Astoria con sicurezza. «Per Draco, questo vale più dell’amicizia».
«Ha scelto da che parte stare, Tori. Non possiamo fare più nulla per lui».
«Certo che possiamo! Draco… lui ha una missione. Una missione che gli ha dato l’Oscuro Signore in persona».
«Che tipo di missione?»
Astoria si morse le labbra, temendo di aver già parlato troppo. Daphne, Blaise e Pansy sapevano già di quale missione parlasse, ma continuavano a non emettere fiato per paura di perdersi qualcosa.
Theodore le si avvicinò e le strinse le braccia con dolcezza.
«Se vuoi che vi aiuti, devi dirmi tutto».
«Deve uccidere Silente».
Theodore lasciò andare Astoria e scossa la testa, facendo dei passi indietro.
«Ti sei infilata in una situazione più grande di te».
«Mi aiuterai o no?» Astoria sembrava così sicura di sé da far paura. «Fidati di me. So che non è troppo tardi. Possiamo ancora salvarlo da se stesso».
Astoria gli si avvicinò di nuovo. Negli occhi brillava la luce della speranza.
«Tu più di tutti sai cosa vuol dire dover convivere con la presenza opprimente di un padre che ti vorrebbe diverso. Draco non è forte come te, ma questo non lo rende cattivo».
Theodore stette in silenzio per alcuni minuti e poi sbuffò.
«Hai vinto tu. Ti aiuterò».
«Draco non dovrà mai saperlo» chiarì lei, seria.
«Voglio che anche Daphne ne resti fuori, d’accordo? Non le diremo nulla».
Astoria annuì e gli fece un sorriso.
«Speravo lo dicessi. Voglio proteggerla anch’io».
E la scena mutò all’improvviso, talmente veloce che Daphne riuscì ad ignorare Blaise e Pansy, che le lanciavano occhiate furtive.
La scena che si palesò loro davanti, però, l’avevano già vista. Nei ricordi di Daphne.
«Tu non vuoi sposarmi».
Per Daphne fu troppo. Era difficile rivivere quel momento per la terza volta, anche adesso, che conosceva tutta la verità.
«Non al momento, no».
«Ma… Non mi toccare!»
«Daphne».
«No, non ti avvicinare. Se le tue intenzioni non sono serie, è inutile continuare a stare insieme».
«Se è questo quello che vuoi, va bene».
Blaise e Pansy furono felici quando la scena continuò e si misero ad ascoltare attenti.
Theodore si era avvicinato a Daphne, che continuava a scacciarlo via.
«Vorrei solo che ragionassi un attimo sulla cosa. Mi sono lasciato prendere dalla paura che ti potesse accadere qualcosa e non ho riflettuto sulle conseguenze».
La Daphne sedicenne si voltò a guardarlo, segno che stava ascoltando.
«Siamo dei ragazzi e Astoria non potrebbe stare lontano da un ospedale troppo a lungo. Nelle sue condizioni non potrebbe vivere alla giornata, come dovremmo fare noi, se partissimo».
«Non usare mia sorella come scusa per lasciarmi».
Theodore sospirò e provò a prenderle una mano.
«Non voglio lasciarti, Daphne. Ti ho solo detto che se tu vuoi che io ti lasci, lo farò».
«Ebbene, allora, lo voglio».
«Perché sei così arrabbiata, si può sapere?»
«Perché avrei rinunciato a tutto per te, a tutto». La Daphne del presente si vergognò delle lacrime che stava versando la se stessa del passato. «E tu, invece, preferisci rimanere qui e rischiare di combattere una guerra che non vuoi combattere per… cosa? Perché al momento siamo protetti dai nomi delle nostre famiglie?»
«Non possiamo farlo e basta» disse Theodore, categorico. Era chiaro che non avesse trovato una buona scusa per farle capire il perché della sua decisione. «Se vuoi scappare, fallo, ma non usare tua sorella come scusa perché hai paura».
La Daphne del passato assottigliò gli occhi dopo quelle parole e si asciugò le lacrime.
«Lasciami e basta, Theodore. Non girarci intorno».
Il ragazzo la fissò tanto intensamente che Blaise e Pansy si sentirono improvvisamente di troppo.
«Molto bene. Se è quello che vuoi, allora non credo che dovremmo continuare a stare insieme, Daph».
«È finita, quindi».
«È finita».
La scena mutò ancora, ma questa volta davanti a loro non si palesò qualche corridoio di Hogwarts o la Sala Comune dei Serpeverde, ma la casa di Theodore.
Il ragazzo era in piedi di fronte al divano del salotto, dove sedevano tre persone che Daphne conosceva di vista.
Roscoe, Alphonse e Tephania Nott. Rispettivamente gli zii e la nonna di Theodore. Gli esponenti più importanti della famiglia Nott tutti riuniti.
«Vi ho chiamati per informarvi che non ho intenzione di firmare alcun contratto matrimoniale con Tracey Davis».
Roscoe berciò una risata, mentre Alphonse guardava la madre, temendo la sua reazione.
«Mi sembrava che ti piacesse quella ragazza» commentò Alphonse, toccandosi il pizzetto e sistemandosi subito gli occhialetti tondi.
Era sempre stato quello meno attraente dei fratelli Nott, con i suoi radi capelli chiari e lo sguardo serio di chi non si interessa mai a nulla, ma era quello più razionale dei tre e quello che aveva dato da sempre meno problemi.
«Non tanto da sposarla».
«Fai bene, nipote» commentò Roscoe, ridendo. «Sei troppo giovane per sposarti. Devi divertirti!»
Roscoe era lo scapestrato della famiglia e Daphne ricordava di quando, da piccola, aveva preso una cotta per lui.
Era attraente, fuori dagli schemi e selvaggio; forse troppo per Daphne, che aveva perso interesse una volta compiuti i quattordici anni.
Roscoe era invecchiato dall’ultima volta che la ragazza l’aveva visto, ma conservava il suo fascino. Portava i capelli lunghi sciolti e indossava un lungo impermeabile di pelle. La barba, invece, era più lunga di quanto Daphne ricordasse.
«Theodore, in quanto nuovo capofamiglia oramai hai delle responsabilità. I Nott si sono salvati per miracolo, ma abbiamo perso tuo padre e dobbiamo…»
«Mio padre non è morto, nonna. Sta solo pagando per i suoi crimini».
Tephania Nott fissò i suoi glaciali occhi azzurri in quelli castani del ragazzo. Allungò il collo sottile e batté il bastone da passeggio sul parquet.
«Non puoi ragionare come un ragazzino».
«Farò quello che serve per aiutare la famiglia, ma questo non ha nulla a che vedere con il mio matrimonio».
«Ahhhh, è colpa di quella biondina con cui giravi qualche anno fa!» commentò Roscoe, un lampo di divertimento gli attraversò il viso. «Come si chiamava? La figlia dei Greengrass… Dai!»
Roscoe cercò aiuto nel fratello e nella madre, che lo ignorarono.
«Ah, ci sono! Daphne!»
Theodore distolse lo sguardo dalla nonna solo per pochi secondi per lanciare un’occhiataccia allo zio.
«Mm, sì, in effetti sembra un tipo più divertente della figlia dei Davis» continuò Roscoe, come se nulla fosse.
Daphne non apprezzò il complimento. Non le era sfuggita la nota maliziosa, totalmente inopportuna in un contesto del genere.
«Sposare una Greengrass non cambierà di molto le cose» se ne uscì Alphonse con tono piatto, provando ad essere solidale con il nipote.
«La nostra famiglia è in declino. Il buon nome dei Nott è stato messo a dura prova da quando quel ragazzino ha sconfitto l’Oscuro Signore».
«E tu credi che sposare Tracey ribalterà la situazione? Anche se i Davis non fanno parte delle Sacre Ventotto, tutta la famiglia ha fatto parte dei Serpeverde ad Hogwarts. L’opinione della gente non cambierà neanche se sposassi Hermione Granger in persona!»
«Chi?» sussurrò neanche tanto a bassa voce Roscoe. Theodore lo ignorò.
«Mi ricordo la figlia maggiore dei Greengrass. Difficile da gestire e quindi incontrollabile» disse Tephania, come a chiudere il discorso.
«Il matrimonio non si dovrebbe basare sul controllo».
La donna batté nuovamente il bastone a terra, un colpo più forte di quello precedente.
«Oh, Theodore, cresci! Fai parte di una famiglia importante, non puoi permetterti di sposare chi vuoi. Il matrimonio è solo un altro contratto che ci aiuterà a rialzarci».
«Non cambierò idea, nonna».
Le labbra di Tephania divennero due linee sottilissime. Poi, sembrò quasi rilassarsi.
«Vuoi sposare una Greengrass? Perfetto, scegli la figlia minore. So che è cagionevole di salute e sembra molto più malleabile della sorella».
«Astoria non è affatto malleabile e non è lei che voglio sposare».
«Nipote, Daphne sembra davvero adorabile, ma avere una donna come lei al tuo fianco…» Roscoe s’interruppe, provando a cercare le parole giuste. «Vorrebbe dire essere sempre al guinzaglio. Si vedeva già allora che, fra i due, era lei a decidere. È meglio che sia tu a dominare nella coppia. Sei il capofamiglia dei Nott, in fondo».
Theodore sospirò, stanco di stare a sentire ancora quelle parole. Si sedette di fronte a loro con fare nervoso, ma non perse la calma.
«L’amore ti porterà alla rovina. Guarda i tuoi genitori» disse Tephania, brutale. «Pensa a tua madre o a tuo padre».
Theodore rimase impassibile. Daphne avrebbe voluto che non fosse solo un ricordo. Nessuno poteva permettersi di trattare così Theodore davanti a lei.
«I miei genitori si amavano, ma le regole opprimenti di questa famiglia hanno portato mia madre ad odiare mio padre. Tracey è troppo fragile per questa famiglia, come lo era mia madre, e non ho intenzione di farle patire quello che mio padre ha fatto patire a lei».
«E con Daphne pensi che sarà diverso?» domandò Roscoe, scettico.
«Non ho chiesto la mano a Daphne» rispose prontamente Theodore, «Ma se mai dovessi farlo e lei volesse accettare, sono sicuro che non si farà schiacciare dalle pressioni della famiglia».
«Theodore…»
«Penso di aver chiarito ogni cosa». Theodore interruppe la nonna, senza perdere l’aplomb. «Posso accompagnarvi alla porta?»
«Ci stai chiedendo di andarcene?» domandò Tephania, le guance rosse dalla rabbia.
Theodore le fece un sorriso divertito: «No, non vi sto chiedendo nulla. Vi sto congedando. Non c’è altro da aggiungere».
«Non ti permetterò di farlo».
«Non è compito tuo decidere» disse Theodore e Daphne vide l’uomo dietro il viso da ragazzo. «Dopotutto, sono io il capofamiglia, giusto? Posso chiedervi consiglio o mettervi al corrente delle mie decisioni, ma alla fine la parola finale spetta sempre a me».
Le labbra di Tephania tremarono pericolosamente, ma non seppe cosa rispondere.
Il ricordo sfumò ancora e Daphne, Blaise e Pansy si ritrovarono in una casa che non avevano mai visto prima.
Capirono di chi fosse, non appena scorsero Tracey Davis fronteggiare Theodore con gli occhi in fiamme.
«Sei serio?»
«Altroché».
Daphne si guardò intorno e realizzò che quella era la camera della ragazza. Il rosa era il colore predominante, dall’ampio letto a due piazze, al tappeto circolare vicino alla finestra.
Daphne si chiese se Theodore avesse passato le notti in quella stanza, ma preferì concentrarsi sulle parole del ragazzo.
«Non siamo compatibili e lo sai bene».
«Credevo che la tua famiglia avesse bisogno di me» disse Tracey, furiosa. «Dopo il processo di tuo padre… e dopo il tuo!»
«La mia famiglia ha paura e credeva che un matrimonio potesse ristabilirci agli occhi dell’opinione pubblica» spiegò Theodore, sempre con quel tono calmo che usava per tranquillizzare le persone. «Non penso che tu voglia un matrimonio di convenienza».
«Chi dice che tu non mi piaccia?» disse Tracey, sulla difensiva. «Siamo stati bene in questi mesi, o sbaglio?»
«È vero, ma non ti avevo mai promesso nulla».
Tracey lo studiò attentamente con gli occhi scuri. Era strano vederla senza trucco, in pigiama e spettinata. Ricordava a Daphne i tempi di Hogwarts.
«È per lei, vero? Vuoi chiudere per Daphne».
Theodore non distolse lo sguardo dal suo, prima di annuire appena.
Tracey sembrò davvero dispiaciuta, seppur rassegnata.
«Ma… mi avevi detto che era finita fra voi e che… non sareste mai tornati insieme».
«E lo pensavo davvero» ammise lui, sincero, «Ma so che non era felice quando ci ha visto insieme alla festa di Astoria e non la voglio più vedere così».
«Ci ha a malapena degnati di un’occhiata, Theo. L’ho anche stuzzicata un po’ e non ha mostrato alcuna emozione. Pansy ha reagito molto più di lei».
«Non la conosci come la conosco io. Mi basta uno sguardo per capire quello che prova».
Tracey gli si avvicinò e alzò lo sguardo per osservarlo meglio.
«Magari la tua è un’illusione perché speri che torni da te».
«Non penso» disse lui con sicurezza. «Ma anche se fosse, non sarebbe una ragione sufficiente per non voler stare più con me?»
Tracey si morse le labbra e fece un passo indietro.
«Quindi mi hai usato per fare ingelosire lei?»
«Tu non hai fatto altrettanto per farla arrabbiare?» domandò Theodore, alzando le sopracciglia. «Sii onesta, se non fossi stato l’ex ragazzo di Daphne, non saresti mai stata con me».
La ragazza non rispose, ma le lacrime che le scesero lungo le guance rivelavano quanto in realtà Theodore si sbagliasse.
A Tracey piaceva davvero e questa rivelazione, per qualche strano motivo, diede fastidio a Daphne.
«Mi dispiace» disse Theodore, allungandosi verso di lei per baciarle la testa in un gesto di saluto. «Ma adesso sono sicuro che non amerò mai nessun’altra. Se non sarà con Daphne, non mi sposerò mai».
Tracey lo osservò avvicinarsi alla porta della stanza e poi urlò: «Non ti perdonerò mai, Theodore Nott!»
Il ragazzo si voltò verso di lei, una mano sul pomello, pronto per uscire, e le fece un mezzo sorriso.
«Io spero tanto di sì. In fondo, sei più buona di quello che vuoi far vedere».
Riuscirono appena a intravedere l’espressione scioccata di Tracey, prima di tornare alla realtà.
Daphne non seppe bene come commentare tutto quello che aveva visto, così decise di rimanere in silenzio, ben sapendo che Blaise e Pansy non avrebbero fatto altrettanto.
Passarono alcuni minuti, minuti in cui Blaise e Pansy si guardarono senza dire una parola.
Poi, Blaise si sedette sul letto e accennò un ghigno malizioso.
«Quello zio Roscoe deve essere un tipo che si diverte parecchio!»
Daphne emise uno sbuffo divertito, felice che Blaise fosse riuscito a smorzare la tensione.
«Chiedi a Theo di presentartelo» ironizzò Pansy, alzando gli occhi al cielo.
«Se solo Daphne si decidesse ad andare da lui per chiarire… Magari poi sarebbe ben disposto a farmi incontrare lo zietto».
Daphne guardò prima lui e poi Pansy, che le sorrise incoraggiante.
«Vai, che aspetti? Era così che doveva andare, è sempre stato così!»
«Non hai più scuse, Daph» aggiunse Blaise, sorridendo a sua volta. «Ti ha mostrato quei ricordi per farti sapere cosa prova realmente».
«Una vera e propria dichiarazione d’amore».
«D’accordo, vado da lui» disse Daphne, indossando la sua maschera di freddezza, «Ma solo per parlarci. Questo non vuol dire che torneremo insieme».
«Sì, invece» disse Blaise, alzando una mano per salutarla. «Non preoccuparti, Pansy ed io ti terremo il letto in caldo».
«Blaise!»
 
 
 
~
 
 
 
Quando Daphne entrò nella stanza di Theodore, lo trovò vicino alla finestra, ad osservare il giardino con aria tranquilla.
«Ti ho vista arrivare» disse lui, voltandosi lentamente verso di lei. «Spero che Groggy non abbia creato di nuovo problemi».
«Era in uno dei suoi rari momenti di lucidità» spiegò Daphne, chiudendo la porta per appoggiarsi alla superficie di legno. «Penso che abbia capito chi fossi, perché non ha fatto domande».
«O perché si ricorda che l’hai Schiantato».
«Può darsi» commentò lei, accennando un sorriso mentre abbassava lo sguardo.
Calò il silenzio, ma c’era una strana energia nell’aria e Daphne si rese conto di non sapere bene cosa dire. Alzò gli occhi verso Theodore, che si era avvicinato.
«Allora?»
«Allora cosa?»
Theodore piegò le labbra, facendole un verso di scherno. «Ora sai tutto».
«Già» disse lei, facendo poi vagare lo sguardo per la stanza. «Mi dispiace che fra te e Tracey sia finita».
«Non è vero» disse Theodore, avvicinandosi ancora e appoggiando le mani sulla porta per non permettere a Daphne di scappare. «Non è vero che ti dispiace».
La ragazza sapeva cosa sarebbe successo se solo l’avesse guardato negli occhi. Abbassò quindi lo sguardo, nonostante il profumo di Theodore fosse irresistibile.
«Non devi metterti contro la tua famiglia per me».
«Te l’ho già detto una volta, è la mia vita» disse Theodore, e Daphne poteva quasi sentirlo sorridere del suo tentativo di non guardarlo. «E decido io come viverla».
«Theo…»
«Ti amo» la fermò lui, prima che Daphne potesse accampare scuse su scuse. «Se vorrai, non te lo dirò più. In caso contrario, te lo dirò ogni giorno per il resto della nostra vita».
Daphne non poté non ridere e non resistette a guardarlo negli occhi.
«Oh, Theo, potresti essere meno dramma…?»
Il ragazzo si era spinto in avanti per baciarla e la parte finale della domanda le morì in gola.
Daphne intrecciò le mani dietro al collo di lui e fece aderire i loro corpi.
La lingua di Theodore le accarezzava le labbra, il collo e scendeva giù verso le spalle.
«Mi sei mancata così tanto» le soffiò lui all’orecchio, facendola quasi arrossire dall’emozione.
La fragilità di Theodore in quelle parole le provocò piacere sulla pelle, mentre le mani del ragazzo la stringevano come se non volessero lasciarla più andare.
Senza preavviso, la prese fra le braccia e la fece adagiare delicatamente sul letto. Daphne era impaziente e fu veloce a togliergli la maglia per lanciarla lontano.
Theodore le accarezzò una gamba, salendo su, verso il ginocchio che si abbassò a baciare due volte, prima di sbottonarle la gonna.
Daphne lo attirò su di sé, avvicinandosi alla sua bocca con voracità e stuzzicando con la lingua la piccola cicatrice sul labbro di Theodore.
Le era mancata quella cicatrice. Le era mancato tutto.
«Dimmi che mi ami, Daphne» le disse lui, baciandole la pancia e facendola rabbrividire. «Anche se non lo pensi. Anche se non è vero».
Daphne si morse le labbra, incapace di contenere le sensazioni che le trasmetteva avere di nuovo le mani di Theodore su di lei.
«T-Theo» disse solo Daphne e lui le tolse anche le mutandine, non potendo più aspettare.
La ragazza, allora, rinunciò a parlare e si abbandonò completamente al piacere.
 
 
 
«Ti amo anch’io»
   
 
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