Cap. 15: The Truth beneath the
Rose
Give me the strength to face the wrong that I have done
Now that I know the darkest side of me
How can blood be our salvation
And justify the pain that we have caused throughout the times
Will I learn what's truly sacred?
Will I redeem my soul, will truth set me free?
Blinded to see the cruelty of the beast
It is the darker side of me (forgive me my sins)
The veil of my dreams deceived that I have seen
Forgive me for what I have been
Forgive me my sins!
(“The Truth beneath the Rose” – Within Temptation)
Hvitserk e Helgi si trovavano al villaggio di
Lagertha e guardavano soddisfatti la bellezza e la pace che finalmente
regnavano in quel luogo: la gente si sentiva protetta dai soldati e dalle shieldmaiden che pattugliavano i
dintorni e poteva dedicarsi al lavoro dei campi senza più temere scorrerie.
Lagertha aveva trascorso qualche giorno a Kattegat, ma poi si era resa conto
che Gunnhild se la stava cavando benissimo e che sarebbe stata una perfetta
Regina anche senza il suo aiuto, così era tornata e in quel momento stava
giocando con i nipotini Hali e Asa. Era uno spettacolo che riempiva il cuore e
Hvitserk si sentiva quasi sopraffatto da tanta felicità, adesso non aveva più
la presunzione di comunicare con gli dei o di conoscere la loro volontà, ma li
ringraziava dal profondo del suo cuore perché avevano protetto lui e le persone
che aveva accanto. Non sapeva perché avessero concesso proprio a lui una simile
fortuna, essere aiutato da Aethelred ad uscire dall’incubo della dipendenza
prima di distruggere la vita di tutti quanti, fargli incontrare una persona
come Helgi… ma il giovane uomo che era oggi non si faceva più tante domande,
ringraziava e cercava di godere delle gioie che gli erano state elargite. Si
voltò verso Helgi per condividere con lui la sua felicità e lo vide che fissava
Hali e Asa con occhi colmi di lacrime.
Gli prese il volto tra le mani e si accostò a
lui.
“Helgi, che cos’hai? Perché stai piangendo?”
Il ragazzo si passò velocemente una mano
sugli occhi per portar via quelle lacrime inopportune, poi regalò a Hvitserk un
sorriso pieno di malinconia.
“Stavo pensando che… che se Thorunn non fosse
morta, adesso il nostro bambino avrebbe più o meno l’età di Asa” mormorò.
Una punta di dolore trafisse il cuore di
Hvitserk.
Questa volta toccava a lui sentirsi
inadeguato, forse Helgi stava con lui soltanto perché temeva la solitudine, ma
era ancora innamorato della moglie morta e avrebbe desiderato essere con lei e
con il loro bambino mai nato. Per la prima volta Hvitserk comprendeva e
sperimentava sulla sua pelle quello che per tanto tempo doveva aver provato
Aethelred, quello che lui stesso gli aveva fatto passare con la storia di Thora
prima, dei funghi allucinogeni poi… e sentì di meritare quella sofferenza. Era
giusto così.
“Helgi, se desideri avere una vita diversa,
se vuoi farti una famiglia, io non te lo impedirò” disse al compagno,
stringendolo dolcemente per le braccia. “Ti sono stato vicino perché volevo
proteggerti e farti sentire al sicuro, poi mi sono… mi sono innamorato di te,
ma non voglio obbligarti a stare con me per riconoscenza. Se vuoi una donna e
dei figli tuoi io…”
Helgi scosse il capo e si strinse a Hvitserk.
“Non voglio nessuna donna accanto. Ho amato
Thorunn e nessuna mai potrebbe prendere il suo posto” dichiarò, sicuro. “Vedere
Asa che gioca felice mi ha fatto pensare a mio figlio che non è mai nato, che
non potrà mai conoscere la bellezza della vita, per questo mi sono rattristato,
solo per questo. Io… io… ti amo, Hvitserk, tu solo mi hai ridonato la voglia di
vivere, non potrei mai rinunciare a te, sei la mia vita!”
Helgi aveva dichiarato il suo amore con
timidezza e imbarazzo, ma anche con una tale semplicità e candore che Hvitserk
non ebbe più alcun dubbio. Avvolse il suo compagno in un abbraccio caldo e
protettivo, sentendo il sollievo che gli inondava il cuore, e lo baciò a lungo
perdendosi nella dolcezza delle sue labbra e del suo sapore. Continuò a
baciarlo e iniziò a sospingerlo verso un boschetto appena fuori dalla cerchia
delle case del villaggio, dove nessuno avrebbe potuto sorprenderli.
“Qui mi sembra che sia tutto tranquillo” gli
sussurrò all’orecchio tra un bacio e l’altro, “potranno anche fare a meno di
noi, non ti pare?”
Ridacchiando felice, Hvitserk spinse Helgi a
terra e si distese su di lui, armeggiando con le loro vesti per liberarsi il
più possibile, mentre la sua bocca continuava a catturare e assaggiare quella
del compagno. Stretto al corpo di Helgi, si spinse lentamente dentro di lui e
iniziò a muoversi all’unisono con lui, lentamente e poi con sempre maggior
intensità, finché entrambi non giunsero all’apice e furono travolti da
un’armonia di sensazioni meravigliose che esplose infine in un abisso di
piacere accecante e devastante, qualcosa che nessuno dei due pensava che
avrebbe mai più provato.
Rimasero abbracciati a lungo, godendo della
gioia di stare insieme, dei loro corpi uniti che si stringevano, dei respiri
intrecciati, dell’odore della loro pelle che si mescolava a quello della natura
attorno. Hvitserk sentiva il cuore pieno, il calore dell’amore lo invadeva e
gli riscaldava il sangue, non aveva bisogno di nient’altro se non del giovane
che stringeva tra le braccia; Helgi provava una pace e una sicurezza mai
sperimentate prima ogni volta che era tra le braccia di Hvitserk, aveva
imparato ad amare la sua forza gentile che lo faceva sentire sempre protetto e
difeso da ogni male.
“Forse dovremo rimetterci a cavallo per
tornare a Kattegat” disse alla fine Hvitserk, soffiando un ultimo bacio delicato
sulle labbra di Helgi, “le guardie sono tutte al loro posto e preferirei che
giungessimo alla dimora reale prima che cada la notte.”
Il giovane vichingo aveva ragione, ma fu
difficile per entrambi staccarsi da quell’abbraccio, allontanarsi da quella
piccola radura che aveva visto il loro amplesso dolce e intenso. Si
riassettarono le vesti e presero i cavalli per tornare a Kattegat, mentre la
luce aranciata del sole illuminava i loro volti trasfigurati dalla gioia di
amarsi e stare insieme.
Purtroppo, però, le cose belle duravano
sempre troppo poco in quel di Kattegat!
Quando Helgi e Hvitserk giunsero in città era
ormai il tramonto, ma tutti gli abitanti erano riuniti presso il porto, al
cospetto di Bjorn che aveva Gunnhild accanto a sé e stava parlando ai suoi
sudditi in tono cupo e drammatico. I due giovani giunsero proprio in tempo per
ascoltare le frasi più sconvolgenti del discorso del Re.
“Purtroppo ho perduto la corona della
Norvegia, sono stato sconfitto all’elezione da Harald Finehair” dichiarò Bjorn,
scuro in volto.
I cittadini, allibiti al pensiero che proprio
Harald potesse aver prevalso su Bjorn
durante l’elezione del Re dei Norreni, tacquero e anche Hvitserk e Helgi si
scambiarono uno guardo smarrito, senza trovare nulla da dire. Ivar, al
contrario, scoppiò in una sonora risata.
“Ma come? Bjorn La Corazza non è dunque
diventato Re di tutta la Norvegia?” commentò, caustico e provocatorio e non
senza una malcelata soddisfazione. “Com’è stato possibile, ti sei fatto
sconfiggere addirittura da quell’incapace di Harald?”
Bjorn lanciò ad Ivar uno sguardo
fiammeggiante, poi riprese il suo discorso rivolgendosi ai sudditi… tuttavia il
suo tono adesso suonava molto più aspro e si sentiva che la battuta del
fratello gli aveva fatto girare parecchio i cosiddetti!
“Ammetto di aver sottovalutato il mio
avversario” riprese, “ero convinto di non avere rivali in questa elezione e
quindi non mi sono preoccupato più di tanto delle manovre e delle alleanze da
stringere, come invece ha saputo fare Harald. Mi sono reso conto troppo tardi
di quanto Harald fosse diventato amico di quel tale, Kjetill, che è comparso
misteriosamente a Vestfold proprio nel periodo dell’elezione, sostenendo di
venire dall’Islanda. E credo che, in effetti, sia stato proprio questo Kjetill
a tramare e a cercare alleanze con i Re, le Regine e gli Jarl affinché
votassero per Harald.”
Sentendo nominare Kjetill, Helgi impallidì
mortalmente e si irrigidì. La sua prima reazione sarebbe stata quella di
risalire a cavallo e lanciarlo al galoppo per scappare nemmeno lui sapeva dove,
ma Hvitserk gli passò un braccio attorno alla vita e lo attirò a sé.
“Non preoccuparti prima del tempo” gli
sussurrò dolcemente. “Ascoltiamo cosa ha da dire Bjorn, magari Kjetill rimarrà
al servizio di Re Harald nel Vestfold, o forse ritornerà in Islanda. Non sa di
te, non sa che sei vivo e non sa che sei qui, perché mai dovrebbe cercarti?
Stai tranquillo, Helgi, io non permetterò che ti accada nulla di male.”
Helgi annuì e si strinse a Hvitserk, ma il
suo corpo continuava ad essere scosso da un tremito incontrollabile.
“Tuttavia non voglio in alcun modo
giustificare la mia sconfitta, è soltanto colpa mia se non mi sono accorto in
tempo delle manovre di Harald e se non ho fatto niente per sventarle” stava
dicendo Bjorn. “Ormai le cose stanno così e Harald è il Re di tutti i Norreni.
Per questo ci sono delle decisioni da prendere e voglio che le prendiamo adesso
e tutti insieme!”
“Gente di Kattegat, volete veramente stare ad
ascoltare quello che ha da dirvi un Re che è stato sconfitto all’elezione, che
ha perso la corona della Norvegia senza nemmeno accorgersene?” riprese Ivar,
che se la stava godendo un sacco, finalmente aveva la sua rivincita su Bjorn!
“Bjorn ha dimostrato di non essere invincibile e porterà Kattegat alla rovina.
Cosa credete che succederà adesso, che Harald se ne starà tranquillo nel
Vestfold a festeggiare la vittoria? Certo che no, cercherà di sottomettere
tutti i Regni che gli si oppongono, e Kattegat sarà il primo, perciò non
abbiamo tempo da perdere in chiacchiere vuote, dobbiamo organizzare un esercito
e attaccare Harald prima che lo faccia lui!”
Il popolo di Kattegat non aveva poi tutta
quella simpatia per Ivar, non dimenticava di essere stato tiranneggiato da lui
e che, poi, era stato proprio Ivar a portare i Rus’ in Norvegia… tuttavia
quelle parole infiammate fecero presa in più di un cuore, erano proprio le
parole che un vero vichingo voleva sentirsi dire. Alcuni borbottavano contro lo
storpio traditore che adesso si
permetteva di giudicare l’operato di Bjorn, altri invece iniziavano ad
ascoltarlo con interesse. Bjorn si accorse che le cose non si mettevano bene e
intervenne subito.
“Era proprio di questo che volevo parlarvi,
popolo di Kattegat” dichiarò. “E’ questa la scelta che dovete fare, ora, prima
che sia troppo tardi. Lo avete visto da voi, io ho fallito, ho perso la corona
della Norvegia. Potete scegliere se rinnegarmi come Re e accettare il dominio
di Re Harald, oppure se restare al mio fianco e prepararvi a resistere contro
di lui!”
“Ma lo sentite? Parla di resistere” lo interruppe nuovamente Ivar. “Dovremmo stare ad
aspettare che Harald e i suoi uomini cerchino di sottometterci, ma non è questo
che fanno i veri vichinghi, i veri vichinghi non si difendono, i veri vichinghi
attaccano!”
Ivar stava facendo nascere un certo
entusiasmo tra i presenti, specie tra chi si sentiva un vero vichingo (cosa che, più o meno, lasciava spazio a infinite
interpretazioni a seconda di come tornasse comodo!) e fu a quel punto che
Aethelred perse davvero la pazienza.
“Insomma, qui la questione non è stabilire
chi seguire, né chi sia il più valoroso tra Bjorn e Ivar” esclamò,
intromettendosi senza tanti complimenti. “Il vostro Re è Bjorn, ma lui stesso
si sta rimettendo alle vostre decisioni perché sa di aver sottovalutato Harald.
Non è Bjorn né, tanto meno, Ivar a dover scegliere per voi, gente di Kattegat,
siete voi stessi a dover decidere per voi e per le vostre famiglie. Pensateci
bene prima di lasciarvi prendere dall’entusiasmo.”
Ivar rimase allo stesso tempo sorpreso e
affascinato da quel Principe Sassone che si permetteva di contraddirlo davanti
a tutta la sua gente e, stuzzicato e pure un po’ eccitato, decise di continuare
quel confronto.
“Anch’io faccio parte dei cittadini di
Kattegat e la mia scelta è attaccare Harald al più presto, subito, quando
ancora non se lo aspetta, con o senza Bjorn La Corazza!” disse.
Un gruppo sempre più numeroso di uomini e
donne si era lasciato conquistare da questa visione bellicosa e rumoreggiava,
ma Aethelred intervenne ancora una volta.
“Vuoi davvero iniziare una guerra, dopo i
tanti lutti e perdite che abbiamo avuto?” chiese, questa volta rivolgendosi ad
Ivar. “Forse sarà inevitabile, è vero, ma perché cercarla noi per primi? E poi…
la gente che adesso è sottomessa a Harald è come te, come voi, sono norvegesi.
Volete veramente dare inizio a una guerra civile contro persone che potrebbero
essere vostri fratelli, sorelle, figli? Sono le stesse persone che ci hanno
aiutato a difendere la Norvegia contro i Rus’…”
“Aethelred ha ragione” prese infine la parola
Gunnhild, al fianco del marito. La sua autorevolezza e la sua forza sembrarono
calmare d’incanto la folla sempre più vibrante. “Innanzitutto non dimenticate
che è stato Bjorn, il vostro Re, a salvare la Norvegia dai Rus’, è stato per
lui che tutti i Re e Regine si sono riuniti e Bjorn ha quasi perso la vita per
difendere la sua terra.”
Gunnhild sorvolò sul fatto che, al contrario,
era stato proprio Ivar a condurre i Rus’ in Norvegia, ma più di uno, tra la
folla, lo pensò lo stesso e cominciò a mutare parere.
“E’ vero, ha sbagliato sottovalutando Harald,
ha sbagliato a non informarsi sulle sue trame, ma chi di noi non ha mai
sbagliato? Eppure oggi abbiamo l’occasione di rimediare ai nostri sbagli, tutti
noi, chi più chi meno” riprese la Regina. I sudditi l’ascoltavano incantati.
“Io vi chiedo, come prima cosa, dopo tutto ciò che comunque ha fatto per voi,
per Kattegat e per la Norvegia, volete davvero abbandonare Bjorn?”
“No, no! Bjorn Re!
Bjorn Re! Bjorn! Bjorn!” le voci della folla confuse
tra loro, ma che scandivano bene queste parole.
Ivar s’immusonì. Aveva iniziato per gioco,
non voleva davvero prendere il posto di Bjorn, ma gli sarebbe piaciuto avere un
suo esercito e comandare la spedizione contro Harald. Adesso non sarebbe stato
più possibile, a quanto sembrava aveva perso il suo ascendente sulla gente…
“Ah, ecco, dunque preferite farvi guidare da
un Re fallito e da uno straniero, uno che non è della nostra stirpe, un
Sassone, un nemico, piuttosto che da un vero vichingo?” sibilò il giovane,
risentito. “Peggio per voi, allora, fate pure come vi pare, ma poi non venite a
piangere da me.”
La maggior parte dei presenti ignorò quella
cattiveria di Ivar e anche Gunnhild riprese il suo discorso incoraggiante verso
i sudditi.
“Quindi siete pronti ad ascoltare le proposte
che il vostro Re, Bjorn La Corazza, il mio amato marito, sta per esporvi?
Sarete uniti e dalla sua parte qualsiasi cosa verrà decisa?” domandò.
La folla esplose in un boato entusiastico
verso la sua Regina.
Solo Ivar si accorse che Aethelred, ferito e
umiliato dalle sue parole, non era più accanto a lui. Lo vide allontanarsi in
fretta verso la cittadina, forse diretto alla dimora reale… e si rese conto di
essersi lasciato trasportare, di aver esagerato come al solito.
Perché aveva detto quelle cose? Perché aveva
mortificato Aethelred? Perché non collegava mai il cervello prima di parlare?
Lasciando Bjorn e Gunnhild a gestire
quell’intricata situazione con i loro sudditi, Ivar si disinteressò di tutto il
resto e, appoggiandosi alla stampella, si mosse più in fretta che poté cercando
di raggiungere il suo Principe, quel dolce ragazzo che aveva stupidamente
ferito e che, anzi, gli piaceva e lo intrigava ancora di più proprio perché non
si faceva scrupoli a dargli contro quando lo riteneva giusto.
Fine quindicesimo capitolo