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Autore: Barbra    20/05/2021    1 recensioni
Sequel (spin-off) di Avatar e Pokémon - la Leggenda di Gong. Ambientato una quindicina di anni dopo.
DAL TESTO: "Soprappensiero, Sonia digitò di nuovo il nome di Sanna Lenew. Poi di Sanna Lenu, poi di Senna Lenu. Per un motivo o per l'altro, tutti quei nominativi non esistevano.
Lenu, scrittura quasi fonetica della sigla L.N.U., “Last Name Unknown”, era più comune di quanto Sonia volesse credere. Ma la ragazza che l'aveva appena truffata non era tra i Lenu registrati.
La Professoressa si precipitò alla porta del laboratorio e guardò in lontananza tra i passanti. L'imbrogliona era già sparita.
Allora si aggrappò al telefono, decisa a tagliarle ogni via di fuga dalla città e dalla Regione di Galar."
Personaggi non in elenco: Sird (Pokémon Adventures)
CONCLUSA il 20/05/21
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio, Team Galassia
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Manga
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- Questa storia fa parte della serie 'Avatar e Pokémon'
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Armonia





 

Mars, come Zekrom, non riusciva a rimanere chiusa nel palazzo sotterraneo.

A giorni alterni, usciva vestendosi come una donna comune e si recava in una delle grandi città di Unova.

Una tra Austropoli, Sciroccopoli o la sua preferita, la Città Nera.

Era rimasta così colpita dalla Città Nera che spesso aveva parlato di spostare lì la sede Unoviana del distaccamento Galassia.

N non escludeva che andasse là in perlustrazione, e non per guardare i negozi.

Lui non la seguiva, perché al contrario di lei, non sopportava il viavai frenetico delle metropoli.

Non amava neppure l’illuminazione notturna.

Mentre Zekrom volava libero nei cieli di Unova, N assieme a Floette stava leggendo un libro nella sua camera, l’unica stanza di quel gigantesco castello che non gli trasmettesse un senso di freddo e impersonale lusso, quando una forte luce attirò la sua attenzione.

La luce divenne una lanterna d’oro, che crebbe fino ad assomigliare a una grossa gabbia.

Lo sportello di vetro si aprì e lasciò uscire la creatura al suo interno.

Era un Pokémon acquatico che si muoveva levitando, come se nuotasse attraverso l’aria. Aveva un muso umanoide, bianco e a forma di cuore, con enormi occhi blu oceano completamente colorati, in cui si distingueva a stento la pupilla nera. Una conchiglia, nera come erano stati i suoi capelli, le copriva la testa come un casco e terminava con due mezzelune rivolte in avanti ai lati del mento.

Qualcosa in lei ricordava un Primarina, qualcos’altro Cresselia, ma per proporzioni e la forma del corpo era più vicina alla classica sirena delle favole.

Floette la esaminò con attenzione prima di riconoscerla e rilassarsi.

Stupito e preoccupato, N posò il libro. «Sedna…?!».

«Venus! Ho fatto un pasticcio… e ora sono un Pokémon!».

«Come è successo? Come è... possibile?».

La “ragazza” gli raccontò ciò che Lityajin aveva raccontato a lei.

Secondo Arceus, l’ipnosi di Lunala aveva alterato la sua psiche e compromesso la sua stessa appartenenza al genere umano.

Da allora, la ruota del destino si era mossa, con la sua inesorabile lentezza, a seguire un percorso tracciato involontariamente.

Sedna era un Pokémon perché Lunala aveva “voluto” che lo diventasse.

Ed era un Pokémon marino perché portava il nome di un’antica Dea del Mare.

«Io sono così. L’altro, Laran, è diventato un Drago. Perché Laran era un Dio della Guerra, e il Drago, nella sua versione maligna, è legato al conflitto».

N le fece segno di abbassare la voce. «Shhh! Meno male che non c’è Zekrom! Ma… perché sei venuta da me? Mi sembra che tu sfrutti bene la telepatia. Stai parlando in lingua umana, non hai bisogno di un interprete».

«Non mi serve un interprete, ma qualcuno che convinca i miei genitori… che essere un Pokémon è bello ed è giusto».

«Quel qualcuno devi essere tu, Sedna. Potrei dire loro di tutto, guarderebbero solo te e il tuo stato d’animo».

«Sei sicuro...?».

N annuì. «Io sarei un estraneo, un fastidio. Hanno bisogno di constatare da soli che tu sia rimasta la stessa, e nient’altro. Io non ho figli, ma non è difficile pensare che sia così».

Sedna ci pensò un po’ su e si convinse.

Stava per rientrare nella sua gabbia dorata, quando invece tornò indietro.

«Posso farti una domanda, Venus? Hai litigato con zia Hua?»

N sgranò gli occhi azzurri e tentennò. «Perché me lo chiedi?». Temeva la risposta.

«Beh... ora è un Pokémon anche lei. Si chiama Lityajin. Questa lanterna è sua, ma lei non vuole né vederti né parlarti. Avete litigato?».

«Non… non è stato proprio un litigio…» fece una pausa, e poi cambiò frettolosamente argomento. «Tu occupati dei tuoi genitori, Sedna…».

 

 

 

*

 

 

 

La Comandante Mercurius se ne stava ad occhi aperti rannichiata sul divano.

Il suo ricevitore, integrato nei circuiti del suo chip, la avvertì di una chiamata urgente da parte di Venus. Usava quella via preferenziale, coi suoi Comandanti, perché nessun orecchio indiscreto udisse la voce che attivava dall’interno la sua corteccia uditiva. A costo di sembrare e sentirsi schizofrenici, era l’unico modo sicuro per non essere spiati dalla tecnologia in circolo nel resto del mondo. Un lettore mentale l’avrebbe smascherata.

«Venus… cosa c’è?».

«Preferirei parlarti faccia a faccia, Sird. Sempre che tu voglia vedermi...».

«Ah, hai incontrato Lityajin? È stizzita perché l’hai lasciata per Mars, è vero, però... Hua non si sarebbe schiacciata un’unghia, per amore. Niente l’ha cambiata. Qualsiasi storiella ti abbia raccontato per farti sentire in colpa… a me ha detto tutt’altro».

«Lityajin non vuole vedermi. È stata Sedna a dirmi di lei… ed è di Sedna che voglio parlarti».

«Che cosa ha combinato?».

«Preferisco raggiungerti. Dove sei?».

«Sono qui».

L’immagine della donna albina uscì da uno specchio a sagoma intera, uno dei numerosi specchi che Mars aveva sistemato in tutto il palazzo.

Aveva il suo Chingling sulla spalla, e un frammento di vetro della lanterna di Lityajin in mano.

La figlia glielo aveva regalato quando le si era presentata nella sua nuova forma.

Nel rigirarselo in mano, si era inferta un brutto taglio lungo il palmo.

Sembrava non fare caso al sangue. Aveva una forte tolleranza al dolore e ne faceva un vanto.

Floette, il Mandato del Cielo dell’Occidente, e Chingling, il suo omologo d’Oriente, si scambiarono rispettivamente un inchino e un particolare sventolio dei nastri come saluto formale. Da allora rimasero fermi nei due angoli opposti della stanza, uno che guardava ad est e l’altro ad ovest.

Mantenevano viva la tradizione, anche se i loro padroni non la rispettavano e Sird neppure la riconosceva.

N le indicò il letto. «Siediti lì. Dammi quel vetro».

Glielo tolse dalle mani a suo rischio e pericolo. Sird tollerava bene la sofferenza fisica, ma reagiva al dolore psicologico come una bestia ferita.

Era rabbuiata, di pessimo umore. Il pallore del suo viso struccato, i capelli e le ciglia bianchi e il grigio freddo degli occhi a mandorla la facevano sembrare uno spettro, un’anima in pena.

Se Gong e Saturno avessero reagito male come lei alla vista della figlia trasfigurata, N aveva commesso un grosso errore a tranquillizzarla e mandarla da loro.

La donna si sedette sul letto.

Mentre N le medicava la mano e parlava, non spiccicò parola.

Restò immobile ed evitò il suo sguardo.

In qualche modo, malgrado al telefono avesse detto il contrario, ce l’aveva con lui. Vedeva un nesso tra la sua rottura con Hua, che pure non lo amava, e la scelta di lei di lasciarsi alle spalle la vita da comune mortale per quella da Leggendaria. Lui non l’aveva trattenuta nel mondo degli umani.

D’un tratto, mentre N le raccontava di Lunala e dei suoi neonati maledetti, lei ritrasse la mano da sotto il cotone umido, come se non volesse più essere toccata.

Il ragazzo la guardò interrogativo. «Brucia? Ti ho fatto male? Ho… fatto qualcosa che non va?».

«Che cos’è che ha fatto, Lunala...?!».

«Rimodellato la psiche di Sedna e Laran, ispirandosi inconsciamente ai loro nomi. Pare che Arceus abbia detto… che potrebbe averli trasformati fin da subito in qualcosa di non umano».

Dapprima sbigottita, Sird rimase in silenzio. Non chiese altre spiegazioni.

Ognuno dei Comandanti era, a modo suo, la pecora nera del Team Galassia.

Nessuno aveva dato peso alle bizzarrie di Sedna. Come nessuno aveva dato peso alle bizzarrie di Venus.

«Io e te dobbiamo parlare, N Harmonìa...» riprese la donna.

«Di cosa...?».

Sird fece di nuovo una pausa. Sembrò soppesare le parole: «Il frattale a Spugna di Menger…».

N lo teneva attaccato con una cordicella alla divisa Galassia. «Questo? Che cos’ha che non va?».

«Apparteneva a tua madre, sì, perché sono stata io a farglielo avere. Lei non lo sapeva, ma... era imbevuto di Ultra Energia. Era un’esca per attirare l’attenzione di una nota Mormò1 su un bambino in culla. Lunala aveva appena iniziato la sua relazione con Grimsley, forse il suo preferito fra i suoi amanti mortali, quindi era spesso a Unova per incontrarlo. Si portava appresso il suo Cosmog affamato. Niente attira un’Ultra Creatura affamata come un accumulo di Ultra Energia, anche piccolo».

«Come ti è venuto in mente… di farmi rapire da una Mormò?!».

«Non è stata tutta farina del mio sacco. Io conosco poco Lunala. È stato Uxie ad indicarmela. La mia richiesta era che tuo padre perdesse le tue tracce, senza che io figurassi nel tuo rapimento. Quando sei scomparso, purtroppo, tua madre è corsa da Ghecis, nonostante lui le avesse espressamente proibito di mettere piede nel suo palazzo. Perché io vivevo lì, a quel tempo».

«Me l’hai detto. Tu eri Yù Báixīng, la “stella bianca” della dinastia Yu. Così ti eri presentata a mio padre».

«Non ero io, la cattiva! Non in confronto a lui. Sai… una Yu, una selvaggia dalla forza sovrumana travestita da signora, e per te una matrigna, avrebbe aiutato Ghecis nel suo gioco. Lo avrebbe definitivamente reso invisibile nell’attuarlo. Ogni crimine del Team Plasma, ogni tua cattiva azione, non sarebbero stati imputati al tuo povero padre, ma alla tua perfida matrigna. Non è difficile diffidare di una come me. Tua madre, una ragazza semplice e fragile, non aveva posto nel suo disegno. Ghecis l’ha cacciata in malo modo, non so cosa le abbia detto. E lei… Alder ti ha dato quel vecchio giornale, non è vero?»

«Si è annegata…».

«Già».

«Non l’hai visto neppure un po’ commosso, mio padre?».

«Commosso? No, per niente. Se non avessi saputo già della ragazza, anzi, non avrei neppure sospettato che la conoscesse. Devo aver detto qualche parola di troppo in proposito, e lui si è insospettito. Non hai idea di quanto tuo padre odiasse e temesse di essere ingannato e manipolato lui stesso. Ha capito che gli avevo nascosto di aver scoperto la sua relazione, e la sua collera è stata così esplosiva che io ho preferito togliere il disturbo. Quando lui ha saputo da Zinzolin che l’avevo imbrogliato anche sulla mia identità, e spiato per tutto il tempo… beh, la sua reazione la conosci: si è vendicato su mia figlia. Ma… bambino, non stavamo parlando di te?».

«Forse. Credo tu mi abbia detto abbastanza. Il resto, lo so già o non mi interessa».

«Davvero…?».

Sird si alzò in piedi e, guardando il ragazzo negli occhi come a voler leggere ogni sua espressione, recitò: «“Num sacer ille mea traiectus cuspide serpens… - Cadmus ait – Fuerat…?”2. Hai capito cosa ho detto?».

N aggrottò la fronte. Si aspettava una massima o un proverbio, perché così lo avevano abituato i Sette Saggi. Ciò che aveva sentito non rientrava in nessuna delle due categorie. «“Era forse sacro - disse Cadmo - quel serpente trafitto dalla mia lancia?”».

«Sai chi sono i personaggi coinvolti?».

Il ragazzo scosse la testa dai lunghi capelli verdi.

«Cadmo Agenoride era il re e fondatore di una polis chiamata Tebe3. Prima di salire al trono, aveva sposato la figlia di Ares e Afrodite: Harmonìa. Matrimonio felice, benché segnato da gravi lutti familiari. Ma la fine dei due coniugi è questa: quando Cadmo viene trasfigurato in un serpente, la moglie Armonia supplica gli Dei di condividere il suo destino. E gli Dei la assecondano».

N avvertì un brivido freddo lungo la schiena. Non per sé stesso, ma per chi avrebbe dovuto, volente o nolente, condividere la sua sorte.

Sird lo vide troppo preoccupato e cercò di correggere il tiro: «L’unica nota positiva è che… alla loro morte, i due serpenti non vengono spediti nell’Ade, ma accolti sull’Olimpo. Solo gli Dèi potevano accedere all’Olimpo».

«Perciò... se io sono Harmonia, qualcun altro con me, o prima di me, dovrà incontrare il destino di Cadmo. Mars, o magari... Whitley? Povera Whitley…!».

«La ragazza del Team Plasma coi codini chilometrici? Ti conviene ricucire in fretta con lei, se la vuoi coinvolgere».

N scosse la testa, dispiaciuto. «Non posso. No, devo trovare una via d’uscita. Per esempio… che cos’è che ha portato alla prima metamorfosi, quella di Cadmo?».

«“Num sacer ille mea traiectus cuspide serpens (…) Quem si cura deum tam certa vindicat ira, ipse, precor, serpens in longam porrigar alvum”4 ».

Azelf apparve improvvisamente alle sue spalle e le conficcò tra le vertebre quella che sembrava una punta di lancia.

Le gambe di Sird cedettero, e la donna si afflosciò su una grossa coda di serpente, che continuava a crescere.

Il suo stupore era evidente. Per un attimo, ebbe persino paura. «Cosa…?! Cosa c’entro i…?!».

La sua voce divenne un forte sibilo e anche la sua testa fu trasfigurata. Triangolare, appiattita ai lati e con il muso allungato, come quella dei Dragapult, mancava dei loculi dove alloggiavano i Dreepy. Il suo corpo grigio argenteo era solcato da poche bande rosse e nere, una grossa macchia dorata sul muso mimava una maschera. Dalla sua schiena spuntarono sei ali d’ombra simili a tentacoli. Le ritirò facendole scomparire nel suo corpo, e richiuse le membrane a ventaglio che facevano assomigliare la sua testa a quella di un enorme Dragapult.

N la fissò sbigottito, senza muoversi dal letto. Non era pietrificato dal terrore. Semplicemente, non aveva paura né di lei né dei Pokémon.

Uxie apparve alle spalle della “nuova” Sird. Recitò in metrica: «“Dixit, et, ut serpens, in longam tenditur alvum”5».

Mesprit si presentò per ultimo, proprio davanti a lei . «Lo so che è stato più violento di quanto ti aspettassi, Stella. Ma non ti avrei lasciato consumare i tuoi giorni da comune mortale, te l’avevo detto».

Chingling si guardò bene dal protestare. Cercando di fare silenzio, scivolò lungo la parete per raggiungere Floette.

La risposta di Sird fu accompagnata da un sibilo. Ancora non padroneggiava la telepatia, né il vero linguaggio dei Pokémon. Si era appiattita a terra, perché sollevandosi sull’addome avrebbe battuto la testa contro il soffitto.

Poiché la stanza era diventata più piccola, decise di acciambellarsi e aspettare.

Il Pokémon Emozione aveva con sé un’altra “punta di lancia”.

Era un oggetto simile al Cuneo-DNA che permetteva la fusione temporanea di Kyurem con Zekrom o Reshiram.

Si rivolse a N e gli parlò in lingua umana: «E tu, che vuoi fare?»

Lasciò andare la punta di lancia e la tenne sospesa in aria con la telecinesi. La avvicinò al ragazzo mentre se ne allontanava.

N tese una mano verso di essa. L’oggetto schizzò lontano dalle sue dita prima che lo toccasse, spinto dalla telecinesi, e andò a conficcarglisi tra le vertebre.

Le sue sembianze mutarono in quelle di una creatura serpentiforme, con il muso rotondeggiante e lo sguardo tranquillo di un Milotic. Squame nere ricoprivano i due terzi superiori del suo corpo, con l’eccezione di una macchia bianco-argentea sulla testa, circolare come una luna piena. L’ultimo terzo, la coda, sfoggiava in motivi geometrici i tre colori primari, e terminava in un ventaglio simile a quello che ornava la coda dei Milotic.

La stanza del castello gli divenne angusta. Sollevandosi, poteva toccare o sfondare il soffitto con la testa. Per non batterla, rimase accasciato.

Andò verso Sird, grande esattamente quando lui.

La “donna” non si lasciò avvicinare.

Allargò la membrana della testa ed esibì minacciosa le sei ali a tentacolo, soffiandogli contro. Aveva canini arcuati più aguzzi e lunghi dei suoi. Poi si accinse a provare uno Spettrotuffo, che sperava si rivelasse un Oscurotuffo capace di portarla fino al Mondo Distorto.

Il Morso dell’altro, benché inferto con poca forza, le impedì di eseguire la mossa. Stizzita, Sird gli proiettò addosso una Furtivombra. Quando appurò che lui non avrebbe reagito, parve calmarsi.

«Meglio così, almeno per voi. Ora cercate di non ammazzarvi» disse Mesprit.

Ormai appariva piccolo come un essere umano, in quella stanzetta.

Scomparve assieme agli altri membri del Trio dei Laghi.

I tre portarono con loro anche Chingling e Floette.

Passato il disorientamento e il timore iniziali, N sembrava felice quanto Sird era angosciata. Lei avrebbe pianto per aver perso la sua natura umana, lui si era unito, finalmente, al numero delle creature a cui sentiva di appartenere.

Con la testa le fece cenno di seguirlo: conosceva il palazzo sotterraneo come il palmo della sua mano e l’avrebbe guidata all’uscita.

Sird si portò a pari con lui per guardarlo storto.

Forse, presto si sarebbe dimenticato del suo palazzo, come avrebbe dimenticato le sue sembianze umane.

 

 

 





FINE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1 La Mormò (Μορμώ) era uno spettro femminile che succhiava il sangue dei neonati

2 Ovidio, Metamorfosi, “Cadmo e Armonia” (vv 563-603)

3 Ho scritto polis perché non è la Tebe d’Egitto ma la Tebe greca

4“Era forse sacro quel serpente (…) se gli Dei si preoccupano di vendicarlo con un’ira così spietata, possa io stesso strisciare, serpente, su un lungo ventre” ← perché il serpente (drago?) che Cadmo aveva ucciso, e di cui aveva seminato i denti nell’area in cui avrebbe fondato Tebe, era sacro ad Ares.

5“disse (Cadmo), e, come un serpente, si allungò su un lungo ventre”






 












 

NOTA finale lunga dell’autrice (che chiacchiera):

Sono molto contenta di aver finito anche questa storia :) - incredibile, 2 storie concluse su 2! Io vivo nella paura di incagliarmi e detesto le cose lasciate a mezzo, piuttosto che lasciarla incompiuta avrei preferito cancellarla. Sono nevrotica ed è il motivo per cui ho messo il capitolo in anticipo rispetto alle previsioni, perché sennò poi lo riguardo e non mi va bene e lo cambio e allora non ne esco più, perché la storia va finita. Ora invece l'ho messo e mi attacco.

Ho maltrattato un po’ di personaggi, compreso uno dei più popolari... ma è stato più forte di me: c’erano le Metamorfosi che mi guardavano e Serperior che mi guardava e poi da qualche parte c’erano quelli della Game Freak che hanno scelto il cognome Harmonia, mannaggia, che se lo scrivevano Harmony all’inglese non succedeva niente… e invece niente, l’hanno scritto Harmonia alla greca… :/

Non so se la presenza di Serperior fosse studiata o semplicemente sia capitato lì per caso… voi che dite?

Comunque, arrivo al punto: Serperior non compare nel capitolo, ma il mio Serperior di Nero2 è stato la mascotte invisibile di questa storia, e si chiama Kadmos.
Salutatelo! :)

 

 

 

- questo non è lui ma uno trovato in internet che gli assomiglia, perché io non saprei dove cominciare a disegnare un Serperior.

 

Infine, ringrazio Persej Combe <3 per le recensioni e per aver messo la storia tra le seguite, e Lila May che ha fatto l’azzardo di mettere la ff quando era ancora incompiuta tra le preferite – Lila, se ci sei spero che tu non te ne sia pentita perché io sono un’autrice pasticciona :/

Grazie anche a tutti quelli che passano di qui :)

Siete anche tutti liberi di strozzarmi...

 

 

 

 







 

 

 

NOTA inutile di mitologia greca che non c’entra niente con la trama, così la leggete solo se ne avete voglia, e magari mi odiate di meno:

Cadmo (gr. Kadmos) non se lo fila nessuno, ma tanto per dare le coordinate era figlio di Agenore, leggendario re fenicio di Tiro (e a sua volta figlio di Poseidone), e fratello di Europa (la ragazza rapida da Zeus, tanto per cambiare).

È quello che uccide il drago e ne semina i denti su consiglio di Atena, e dai denti nascono dei soldati armati chiamati Sparti (gr spartoi = seminati) ← ogni tanto di questa leggenda si sente parlare tra versioni o roba varia.

In teoria Cadmo sarebbe uno dei tre grandi uccisori di mostri dell’era precedente alla nascita di Eracle – che neanche a dirlo li mette tutti un po’ in ombra.

Gli altri due sarebbero Perseo (che uccide Medusa) e Bellerofonte (che uccide la Chimera). Scommetto che questi ultimi due invece li conoscete tutti…

Come coppia, Cadmo e Armonia sono i nonni materni di Dioniso (Bacco, figlio di Zeus e Semele) e gli antenati sia del re di Tebe Laio sia della regina Giocasta, e quindi anche di Edipo – proprio quello del complesso, che senza saperlo uccide il padre e sposa la madre.

 
   
 
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