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Autore: ChrisAndreini    26/05/2021    1 recensioni
Sei mesi dopo la morta di Rika, una ragazza chiamata Margo, con lo pseudonimo MC, entra nell'RFA tramite un hacker, scomparendo nel nulla poco prima del party.
Due anni dopo, una ragazza identica a lei entra nell'appartamento di Rika, e le sue amiche d'infanzia approcciano casualmente i membri dell'RFA.
Martha Campbell, tatuatrice eccentrica in America, torna in Corea per cercare la sorella scomparsa da due anni.
Monica Collins, giornalista idealista con più lavori che soldi, ha la carriera appesa al filo di un'intervista alla C&R.
Miriam Coppola, musicista di strada dalla testa calda, incontra per la prima volta il suo idolo.
Mindy Cooper, studentessa della Sky University dal cuore d'oro, molto più interessata alla cucina che al suo major, trova il coraggio di approcciare la sua cotta.
Megan Carson, atleta incoraggiante squalificata a causa di un imbroglio, cerca casa in Corea mentre indaga sulla scomparsa di una vecchia amica.
Mistiche coincidenze, o uno schema attentamente pianificato da un abile marionettista?
Che fine ha fatto Margo?
E riusciranno le MC ad aiutare l'RFA a trovare la pace nei loro cuori?
Genere: Romantico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Day 5

part 1

 

Martha aveva vissuto quella scena ormai decine e decine di volte, ma la colpiva sempre come un pugno nello stomaco.

-Ammettilo, ammetti che preferiresti mille volte che io non fossi tua sorella. Sono solo un peso per te, vero?!- le stava urlando contro Margo, in una delle crisi che da tempo Martha aveva imparato a sopportare senza dire una parola, né a Margo, né ad altri.

Era uno dei segreti della sorella che manteneva con più attenzione. Non avrebbe giovato a nessuno sapere che non era perfetta, e che a volte esplodeva.

In un caso normale, Martha l’avrebbe rassicurata dicendo che non era vero e le voleva bene, ma quel giorno, quel maledettissimo giorno, era rimasta impassibile a fissare la sorella sfogarsi, le braccia incrociate e l’irritazione che saliva. Quel giorno, solo quel giorno, era troppo stanca.

-Non commenti, lo sai anche tu che è così e non provi nemmeno a negarlo. Saresti solo meglio senza di me! E io starei dieci volte meglio senza di te- continuava Margo, isterica. Sempre la stessa solfa. Sempre lo stesso copione, e dopo neanche un’ora tornava sempre da lei a scusarsi, la solita, dolce, gentile, perfetta Margo che il mondo idolatrava perché non la conosceva del tutto.

Che buttava la sua frustrazione addosso a Martha, perché tanto Martha era lì per lei. Tanto Martha non si sarebbe mai stancata. Tanto Martha avrebbe sempre accettato tutto con un sorriso rassicurante e parole di conforto.

Ma Martha non era Margo.

Martha aveva un limite. E non era un angelo.

Neanche Margo lo era, a dirla tutta.

-Forse staremmo davvero meglio separate- sussurrò Martha tra sé, scuotendo la testa che iniziava a farle male per tutto quel caos, per tutte quelle critiche di Margo verso lei e sé stessa, per la situazione che non sarebbe mai cambiata.

Per un attimo lo sguardo di Margo sembrò rompersi, sbatté le palpebre un paio di volte, ammutolendosi, ma scosse violentemente la testa e tornò più agguerrita di prima.

-Benissimo, allora me ne vado!- esclamò in tono acuto, prima di dirigersi verso la sua camera, oltre Martha.

-Certo, certo- Martha alzò gli occhi al cielo, massaggiandosi le tempie.

Mentre le passava accanto, Margo le diede una spinta per passare, e Martha perse l’equilibrio.

Solitamente era lì che la scena si interrompeva.

Non questa volta.

Prima che Martha cadesse a terra venne afferrata al volo e rimessa in piedi.

-Margo…- sussurrò sorpresa riconoscendo sua sorella.

Ma non era la Margo che l’aveva spinta poco prima.

Il suo sguardo era determinato, ugualmente duro ma più maturo e calmo.

-Martha, cosa ci fai qui?- chiese, incrociando le braccia.

-Sto venendo ad aiutarti- rispose lei ovvia, con le lacrime agli occhi.

La stanza dov’erano cambiò, e le due sorelle si ritrovarono in una vecchia casa abbandonata.

-Aiutarmi? Credi davvero che potresti mai aiutare me? Sono mille volte meglio di te in ogni cosa, non ho bisogno né voglio il tuo aiuto- le disse Margo in tono perfido.

-Mi dispiace per quello che è successo. Ma io ti voglio bene, Margo. Ti prego torna a casa. Siamo una famiglia- cercò di convincerla Martha, con le lacrime agli occhi. Lo sguardo di ghiaccio della sorella la stava ferendo più di quanto si sarebbe aspettata.

-Una famiglia? E da quando? Tu mi odi, Martha, e avevo ragione a dire che era meglio separarci. Non ti voglio qui. Vattene via!- Margo la allontanò con un braccio e le diede le spalle, pronta ad andarsene.

Ma Martha non demorse.

-Aspetta, ti prego, permettimi di salvarti- insistette, prendendola per le spalle e girandola verso di lei, ma la visione la fece indietreggiare.

Perché alla Margo di prima, la spavalda e sicura di sé, si era sostituita una Margo denutrita, con la pelle scavata, rovinata, e sangue che le colava sul viso devastato. Gli occhi erano vuoti e spenti. Sembrava un cadavere. L’ambientazione cambiò nuovamente e Martha si ritrovò sul tetto dell’orfanotrofio dove le due sorelle avevano vissuto da piccole.

Martha si portò le mani al petto, come a proteggersi da quella visione, quasi senza notare il cambio di luogo, e Margo scosse la testa, accennando un sorriso disperato.

-Salvarmi? Sono passati due anni, sorellina. È troppo tardi- Margo sollevò le spalle -dovevi cercarmi prima- le disse, in tono calmo e rilassato.

Margo iniziò a indietreggiare, fino a trovarsi sul bordo del tetto.

-Sei solo una sporca traditrice- disse infine, prima di buttarsi.

-Margo!- urlò Martha, cercando in tutti i modi di afferrarla, ma era troppo lontana.

 

-Margo!- Martha si svegliò di scatto, sudata e con il fiato corto, la mano davanti a sé come a cercare la sorella.

Si mise a sedere in tutta fretta, dimentica di dove fosse e cosa stesse succedendo.

Mano a mano che i battiti del suo cuore diminuivano di intensità, iniziò a rendersi conto della situazione, e prendendosi il petto e tirando qualche profondo respiro, si rassicurò.

Era un sogno, era solo uno stupido sogno. Non era reale, e non poteva esserlo. Margo stava bene, Martha ne era sicura. Non aveva mai fatto sogni premonitori o che la collegassero alla sorella, prima di quel momento, ed era certa che non aveva iniziato a farli ora.

Ma la tensione non sembrava volersi dissipare.

Forse poteva chiamare qualcuno: Monica, Rachel, Seven, o anche Megan, ora che era tornata.

Prese il telefono, ma cambiò subito idea. Nessuno di loro avrebbe potuto capirla, ad eccezione forse di Rachel, con la quale comunque non parlava. Ed erano le tre del mattino, non voleva svegliare nessuno.

Tenendo il telefono in mano come un salvavita, anche se non credeva che lo avrebbe usato, Martha si alzò in piedi e si avviò nel bagno, per sfogarsi in santa pace senza che qualche telecamera la riprendesse.

Chiusa la porta dietro di sé, si sedette contro di essa e iniziò a piangere, senza riuscire a trattenersi, seppellendo il volto tra le braccia e singhiozzando copiosamente e rumorosamente.

Un paio di minuti dopo un pianto liberatore, le arrivò una chiamata al telefono, che la fece sobbalzare.

Per un istante sperò quasi che fosse Margo, anche se sapeva che il suo desiderio non aveva senso, ma non rimase delusa quando sullo schermo comparve l’immagine di Seven.

O almeno credeva fosse lui. I colori erano quelli, ma senza occhiali e con le lacrime agli occhi Martha non riusciva a distinguerlo chiaramente.

Cercando di darsi un contegno, decise di rispondere comunque, sperando di distrarsi con qualche battuta di cattivo gusto.

-Pronto?- chiese con voce leggermente tremante ma fondamentalmente ferma.

-Stai bene?- le chiese preoccupata la voce inconfondibile dell’hacker.

Il sorriso di Martha raggiunse le sue labbra quasi spontaneamente, non seppe neanche lei il motivo, ma sentire la voce di Seven sembrava averle appena tolto un macigno dal petto.

-Adesso sì- si ritrovò a sussurrare, più tra sé che rivolta all’interlocutore.

-Cosa?- indagò lui, alzando la voce. Probabilmente non l’aveva davvero sentita. Meglio così.

-Sì, sì, sto bene. Perché me lo chiedi? Un momento, avevi detto che non c’erano telecamere in bagno!- Martha iniziò a guardarsi intorno, ma non vide nessuna telecamera nascosta. Non che la sua vista fosse affidabile, in ogni caso. Forse però c’era un microfono. Non ricordava bene ma le sembrava di averne visto uno il primo giorno lì.

Non era nelle condizioni di sforzare la memoria.

-N_no! Nessuna telecamera, ma ti ho visto correre in bagno e non esci da un po’ quindi mi stavo preoccupando. Temevo ti stessi sentendo male. Forse era tardi per la pizza- commentò lui, preoccupato e a disagio.

Martha quasi si commosse sentendo quanto sembrasse tenere a lei, e ricordando la sera prima, le emozioni che aveva provato vedendolo per la prima volta.

Era impossibile descrivere quanto si sentisse più tranquilla, meno sola, e meno pessimista, solo parlando un po’ con lui.

-Nah, reggo la pizza come una campionessa, soprattutto quella con le patatine. A proposito, grazie mille. È stato un gesto davvero carino, non me l’aspettavo- lo ringraziò, cercando di apparire casuale ma tradendo troppa emozione nella voce, che cercò di simulare con un colpo di tosse.

-Oh, beh… mi sembrava poco carino far morire di fame la nostra nuova membra, e poi ammetto di essere stato un po’ freddo, ieri, nel messenger. Il lavoro è davvero stressante- ammise, sospirando.

-Tranquillo, lo immagino. Non preoccuparti e grazie davvero- Martha surclassò la questione confermando la pace fatta, e sentì Seven tirare un sospiro di sollievo.

-Beh, se va tutto bene ti lascio. Immagino che volessi restare sola- cominciò a congedarla il ragazzo, ma Martha lo interruppe immediatamente.

-No, aspetta!- esclamò con fin troppa enfasi, facendolo sobbalzare.

-…cioè, potresti restare in chiamata ancora qualche minuto?- chiese, cercando di non tradire l’ansia che la stava nuovamente assalendo al pensiero di tornare ad essere sola.

Seven rispose dopo pochi istanti.

-Certo- acconsentì, in tono rassicurante.

-Posso farti una domanda strana?- chiese poi la ragazza, un po’ incerta.

-Se c’è una persona a cui puoi fare una domanda strana quella sono io- la buttò sul ridere lui, pronto ad ascoltarla.

Martha ridacchiò.

-Tu credi nei legami tra fratelli?- chiese, senza sapere bene come strutturare la questione.

Infatti Seven non sembrò capire.

-In che senso? Tipo un legame magico di qualche genere?- indagò, confuso.

-Una cosa così, tipo un legame empatico. Soprattutto, sai, quelle cose tra gemelli che si vedono nei film. Che uno sta male e l’altro lo sente, o si riescono a trovare, o… lascia stare, è una sciocchezza, non sei esattamente la persona migliore alla quale posso fare una domanda del genere- ridacchiò tra sé, dandosi mentalmente della stupida per aver aperto quell’argomento proprio con Seven. È che era così naturale parlare con lui.

Per qualche secondo ci fu un silenzio di tomba, tanto che la ragazza pensò quasi che la conversazione fosse caduta, o che l’interlocutore si fosse addormentato, ma poi lui rispose, più serio di quanto Martha avrebbe creduto possibile.

-Non lo so, ma vorrei tanto crederci. Sarebbe stupendo avere la certezza che tuo fratello stia bene, anche se siete lontani e non potete vedervi. Sentirti comunque vicino a lui, in qualche modo. Come ritrovare la tua altra metà- commentò, il tono carico di rimpianto. A Martha venne un terribile dubbio.

-Seven, hai un fratello?- chiese, in un sussurro che però fu sentito chiaramente dall’altro lato della cornetta.

Seven si affrettò a negare.

-No, certo che no. Sono completamente solo. Parlavo per te. Deve essere bello poter sapere che tua sorella sta bene, da qualche parte, e non le è successo niente. Nel senso, spero che a tua sorella non sia successo niente e sarebbe bello che un qualche sensore magico tra gemelli te lo dimostrasse, ma perché questa domanda molto strana?- cambiò argomento in fretta. Martha decise di non indagare.

-Ho avuto un incubo- ammise, sospirando.

-Oh… capisco- commentò Seven. Dal suo tono Martha si rese conto che lo capiva davvero.

-Non è una novità, ho i più disparati incubi. Questo qui lo sogno spesso, da ben due anni, ma questa volta è stato diverso. Ho visto Margo, e lei mi odiava, mi spingeva via. E poi ho provato ad aiutarla ma lei mi ha detto che è troppo tardi e…- Martha si interruppe, senza sapere come continuare.

-E se fosse davvero troppo tardi?- chiese poi a Seven, con voce spezzata -Se non la trovassi più? Non voglio perdere mia sorella, Seven, sarebbe solo colpa mia- ricominciò a singhiozzare, cercando di non farsi sentire troppo da Seven per non apparire debole ai suoi occhi, ma lui non sembrava considerarla tale. Martha non lo sapeva, ma aveva le lacrime agli occhi a sua volta. Cercò di farsi forza per lei.

-Non è colpa tua- le disse in tono fermo.

-Seven, tu non sai cosa è successo, non puoi…- cercò di obiettare lei, ma il ragazzo era deciso a dimostrarle che non era responsabile.

-È venuta qui due anni fa e stava bene. Poi è scomparsa due anni fa. Da allora io e V abbiamo cercato in tutti i modi di ritrovarla. Se le è successo qualcosa sarebbe solo colpa nostra, non tua. E sono piuttosto certo che non le sia successo niente, perché tu sei qui, perciò l’hacker non ha finito con lei. E la salveremo, Martha, te lo prometto- la rassicurò, in tono fermo ma estremamente dolce.

Martha respirò profondamente per calmarsi. Ci mise alcuni secondi a rispondere, ma quando lo fece, la sua voce era calma e piena di gratitudine.

-Grazie, Seven. Grazie davvero. Sono davvero felice che mi hai chiamato. Giuro che domani tornerò la meme queen che conosci- cercò di stemperare la tensione, ora che lei si era calmata.

Sentì Seven ridacchiare, sollevato.

-Ci conto, abbiamo tanti scherzi da fare a Yoosung insieme- le suggerì, facendola ridacchiare a sua volta.

-Oh, certo, e tante puntate di Gorgeous da vedere. Spero davvero che in una di queste Francisca e Angelica flirtino almeno vagamente- aggiunse la ragazza, pensando alla stupida soap opera che finalmente poteva vedere su Netflix.

-Tienimi aggiornato- si fece promettere Seven, che iniziava ad interessarsi a sua volta ma non aveva tempo di dare un’occhiata alla serie.

-Assolutameeeaaauuuhhhh- Martha fu interrotta da un rumoroso sbadiglio, e Seven si affrettò a chiudere la conversazione.

-Dovresti andare a dormire- le suggerì, divertito -Ti aspettano tante chatroom le cui notifiche ti arrivano nonostante il silenziatore- le ricordò, facendola sbuffare.

-Prima o poi mi devi togliere il bug. Ma dato che mi hai aiutato, per questa volta non mi lamenterò. Vado a dormire. Grazie ancora della chiamata- Martha si alzò e si stiracchiò leggermente, ancora non del tutto pronta ad uscire perché non voleva farsi vedere con gli occhi così rossi.

-Ci lavorerò, promesso. Appena finisco lavori più urgenti che dovrei fare in questo momento- le promise.

-Cerca di dormire almeno un paio d’ore- cercò di suggerirgli Martha, anche se sospettava non avrebbe avuto effetto.

-Non posso fare promesse. A domani allora?- la salutò.

-A domani- rispose Martha, chiudendo la conversazione. Poi si lavò il viso per togliere le tracce di lacrime.

Neanche il tempo di uscire dal bagno, che una nuova chatroom attirò la sua attenzione.

Alzò gli occhi al cielo, ma decise comunque di dare un’occhiata per vedere chi fosse.

Rimase piuttosto sorpresa quando notò che nessuno era online.

Decise di entrare e investigare un po’, anche se dovette sforzare la vista al massimo per mettere a fuoco le immagini nello schermo.

 

Martha è entrata nella conversazione

??

Unknown: Tua sorella è viva

 

Martha sentì il sangue gelarsi nelle vene, e si guardò intorno come controllando che non fosse spiata. La chatroom era buggata, piena di glitch e codici. Doveva chiamare Seven, doveva subito chiamare Seven.

Prima che potesse uscire dalla chatroom, però, lo sconosciuto continuò a scrivere, fermandola sul posto, in bagno, dove Seven non poteva guardarla.

 

Unknown: Credi davvero che l’avrei lasciata morire quando posso usarla contro di te? Se vuoi che sopravviva devi fare come ti dico io

Unknown: E se provi a riferire di questa piccola conversazione a 707…

Unknown: Non serve che ti dico cosa succederà alla tua cara sorellina

Farò quello che vuoi ma non farle del male!

Unknown: Ora ragioniamo. Per il momento organizza il party. Mi farò sentire io

Unknown: E cerca di dormire. Hai un aspetto davvero orribile e ho bisogno di pedine in salute

Va al diavolo

Unknown: Sono in paradiso in realtà ma questione di punti di vista immagino

Unknown: Ricorda quello che ti ho detto

▫︎▫︎▫︎▫︎ è uscito dalla conversazione

 

Qualcosa, in quel testo, le fu stranamente familiare, ma non capì cosa, ed era decisamente troppo stanca per pensarci.

E anche estremamente sollevata.

Probabilmente l’hacker voleva metterle timore con quei messaggi, ma in realtà l’aveva solo rassicurata, anche se non le piaceva l’idea che potesse spiarle il telefono o vedere dalle telecamere.

Silenziò il telefono e tornò in camera, decisa a dormire per essere più vigile il giorno successivo.

Non aveva intenzione di dire niente a Seven.

Aveva legato molto con lui, e si fidava del suo talento e delle sue buone intenzioni. L’ultima cosa che avrebbe voluto fare era il doppio gioco tradendo la sua fiducia. Ma Margo era la sua massima priorità.

Margo sarebbe sempre venuta al primo posto.

E non poteva ancora saperlo, ma Seven era la persona che più avrebbe potuto comprendere e condividere la sua scelta.

 

Jumin si svegliò con una sensazione non molto positiva. Neanche Elizabeth 3rd che salì sul letto accanto a lui miagolando affettuosamente riuscì a togliergli quella brutta sensazione dalla testa. Cercò di ignorarla, come faceva con ogni altra sensazione sgradevole che lo colpiva ogni tanto, soprattutto quando vedeva suo padre in compagnia dell’ennesima opportunista, e la gente che baciava il terreno dove camminava solo per i suoi soldi e il suo potere.

Era abituato a sentirsi così e ad ignorare la cosa, perciò iniziò a prepararsi come al solito, commentando anche con Elizabeth quanto fosse fastidioso dover scegliere ogni volta la cravatta da indossare per il giorno.

-Forse dovrei assumere qualcuno che scelga la cravatta per me, che ne dici, Elizabeth?- chiese al gatto, che miagolò in risposta.

Per qualche strano motivo, a Jumin venne in mente l’immagine di Monica che sceglieva la cravatta per lui, ma cercò di eliminarla dalla sua mente. Monica era sua amica, o almeno avrebbe voluto considerarla tale, non poteva pensare di assumerla per un ruolo tanto effimero e rendere il loro rapporto strettamente professionale. Già sembrava tale, dato che la donna continuava a dargli del Lei.

Jumin sospirò, ed Elizabeth si strusciò contro la sua gamba come a confortarlo.

Forse doveva chiamarla.

Un momento, lei gli aveva dato il suo numero, il giorno prima, poteva chiamarla sul serio. Così almeno anche lei poteva salvarsi il suo numero, dato che al momento non lo possedeva.

Dopo essersi preparato il più in fretta possibile Jumin riprese la giacca del giorno prima, che per fortuna non era ancora stata messa a lavare, e recuperò il biglietto che Monica gli aveva messo in tasca.

La scrittura della ragazza era elegante e ordinata, esattamente come lei e come Jumin se la ricordava. Prese il cellulare e compose il numero, che salvò. Poi chiamò la vecchia compagna di università, che rispose dopo due squilli.

-Pronto, qui Monica Collins, chi parla?- chiese la ragazza in tono professionale anche se leggermente affannato.

-Ciao Monica, sono Jumin, volevo assicurarmi che questo fosse il tuo numero- rispose lui con il solito tono formale e impassibile.

-Jumin? Ciao!- esclamò la donna con tono emozionato, ma tornò normale subito dopo, rendendosi conto di essere stata troppo esuberante nella risposta -È un piacere sentirti. In effetti volevo chiamarti, ma purtroppo non avevo il tuo numero- 

-Chiamarmi? Per quale motivo?- indagò Jumin curioso e stranamente felice della notizia.

-Ho ancora la tua giacca, quella che mi hai dato sabato. Posso passare in ufficio più tardi a riconsegnartela?- si spiegò Monica.

La giacca, giusto. Jumin gliel’aveva lasciata proprio per forzare un futuro incontro, dato che era certo al 100% che l’onesta Monica avrebbe fatto di tutto per riconsegnargliela, ma il suo piano gli era passato di mente. Era felice che comunque stesse funzionando.

-Mi ero dimenticato della giacca. Puoi passare quando vuoi, non ho impegni improrogabili- la informò in tono casuale, preparandosi a disdire ogni impegno per essere preparato ad accogliere la giornalista.

Monica sembrò quasi leggergli nel pensiero, perché, dopo un paio di secondi di silenzio, parlò in tono rassegnato.

-Mi accorderò con l’assistente Kang su un orario in cui sei libero, così non dovrai prorogare i tuoi impegni.- 

Ah, quindi il numero dell’assistente Kang ce l’aveva, mentre il suo no? A Jumin non sembrava giusto, ma non fece commenti. Aveva rimediato dopotutto.

-Se non troviamo un orario potrei sempre lasciare la giacca a lei- continuò poi Monica, pensierosa.

Eh, no! Jumin voleva vederla. Non sapeva neanche lui perché, ma voleva vederla.

-Preferirei che me la consegnassi tu stessa- obiettò lui, leggermente infastidito.

Sentì Monica ridacchiare sommessamente.

-Va bene, ma non cancellare impegni per me- si fece promettere.

-Sei rimasta la solita- commentò Jumin, quasi sbuffando.

-Eravamo amici per questo, no?- lo sfidò lei.

Per un attimo sembrarono nuovamente i due ragazzi dell’università.

Poi Monica tornò quella che era nel presente.

-Oh, purtroppo devo chiudere la chiamata, sono in metropolitana e non prende in questo tratto. Ci vediamo più tardi, Jumin- lo salutò in fretta.

-A più tardi, Monica- rispose lui, e chiuse la chiamata con un sorriso.

Elizabeth lo guardava con occhi brillanti.

-Era Monica- la informò Jumin, e lei miagolò in risposta.

-Presto ti porterò di nuovo da lei. Sei stata bene, ieri. Sapevo che ti sarebbe piaciuta- Jumin si abbassò per accarezzarla, e lei fece le fusa e miagolò come a dargli ragione. Jumin era orgoglioso di quanto bene sembrasse capire il suo gatto, e del rapporto che c’era tra loro.

Nonostante il risveglio non fosse stato dei migliori, dopo la chiamata e le coccole si sentiva decisamente rasserenato, e iniziò ad avviarsi verso la porta quasi di buonumore.

Buonumore non destinato a durare, perché mentre lui sistemava alcuni fogli da portare in ufficio, qualcuno bussò.

Jumin rimase interdetto.

Chi poteva essere? A quell’ora, senza preavviso e sopratutto alla sua porta e non fermato dalle guardie del corpo all’ingresso.

Forse era l’assistente Kang? Era già pronto a dirle che Monica era la massima priorità per quando l’avesse chiamata, ma purtroppo non era l’assistente Kang.

Dalla porta fece il suo ingresso una donna di bell’aspetto e abiti costosi, con lunghi capelli magenta e occhi castano chiaro simili per colore a quelli di Monica ma del tutto privi della sua dolcezza e circondati da uno strato esagerato di trucco.

-Permesso… Jumin!- lo salutò con occhi brillanti e un sorriso sfavillante.

Jumin rimase completamente bloccato sul posto, interdetto ed estremamente confuso. Non la degnò nemmeno di una risposta, e probabilmente se non fosse rimasto congelato avrebbe già chiamato la sicurezza per far scortare fuori la non gradita sconosciuta ospite.

-Sorpresa!- esclamò la suddetta, emozionata come una bambina il giorno di Natale -Sono venuta per farti una sorpresa, eheh- 

Jumin cercò di ragionare. Non aveva idea di chi potesse essere quella sconosciuta, ma forse, se era riuscita ad entrare, doveva lavorare lì. Magari era la cameriera? 

-Mi scusi, lei è la cameriera? In tal caso se vuole parlarmi di qualcosa dovrebbe fissare un appuntamento con la mia assistente- la informò, tornando a sistemare le sue cose e perdendosi lo sguardo indignato della donna.

-Jumin! Sono Sarah! …non sai nulla?- chiese lei, sorpresa. O forse fingendo di esserlo, perché appariva decisamente esagerata.

Jumin sollevò nuovamente lo sguardo verso di lei, e inarcò un sopracciglio.

-Sarah?- chiese, confuso. Non aveva mai sentito quel nome in vita sua, quindi non era una sua dipendente, dato che i loro nomi li conosceva tutti a memoria, anche se la maggior parte di essi non li aveva mai visti di persona.

-Sì, Sarah. Non sai davvero nulla?- ora invece che sorpresa appariva quasi infastidita.

Ma mai infastidita quanto Jumin, che dovette far ricorso a tutto il suo autocontrollo per non dare a vedere la sua frustrazione, anche perché Elizabeth era in un angolo e osservava la nuova venuta con occhi ridotti a fessure e la coda che si muoveva da tutte le parti.

-Mi perdoni ma non ho mai sentito tale nome. Le guardie di sicurezza l’hanno fatta passare?- indagò, per niente soddisfatto dal loro operato.

-Sì, ho nominato il presidente Han e mi hanno aperto le porte- sorrise Sarah, che al contrario era estremamente soddisfatta e non sembrava aver capito il grado di irritazione che Jumin stava raggiungendo, che aumentò di un’altra tacca appena sentì nominare suo padre.

-Il… presidente Han?- chiese per avere conferma, sorpreso. Un conto era che pranzassero insieme, ma ora gli inviava le sue nuove fiamme a fare conoscenza direttamente a casa sua? Era inaccettabile, ma cosa gli diceva la testa?!

-Beh, se non hai sentito parlare di me è meglio che mi presenti- finalmente Sarah sembrò essere vagamente ragionevole, era ora che si presentasse. Anche se Jumin era convinto che fosse semplicemente la nuova fiamma di suo padre.

Solitamente quel tipo di donne si rivelavano essere solo questo. Anche se era più giovane delle solite donne.

-Ho incontrato tuo padre, ieri, e mi ha riferito che gli piacerebbe molto se noi due…- Sarah indicò lei e Jumin -… ci fidanzassimo. Pensavo che lo sapessi in verità. Così sono venuta a salutare il mio promesso sposo. Sarebbe strano non conoscerci prima di spendere il resto delle nostre vite insieme- Sarah era sempre più emozionata e su di giri mano a mano che parlava. Sembrava risucchiare la vitalità di Jumin, che al contrario era sempre più ammutolito e quasi pallido mano a mano che ascoltava quello che non poteva essere altro che un delirio o uno scherzo di cattivissimo gusto. Come se suo padre potesse davvero prometterlo in sposo a una sconosciuta senza neanche dirglielo. L’idea era del tutto assurda.

Mentre Jumin cercava di ritrovare la calma, e soprattutto le parole per cacciare via la donna nel modo più galante ma allo stesso tempo fermo che gli fosse possibile, Sarah continuava a parlare, e commentare su quanto fosse bello, affascinante, di buona famiglia, carismatico e altri futili complimenti che Jumin non si diede la pena neanche di ascoltare.

Ritornò alla realtà quando Sarah iniziò ad accarezzargli il petto commentando quanto gli stesse bene il suo vestito, e si allontanò di scatto.

-Mi scusi, ma non apprezzo che nessuno mi tocchi- specialmente sconosciute probabilmente pazze che si sono infilate in casa mia senza neanche chiedere il permesso. 

Sarah fu presa in contropiede dalla sua freddezza, ma non si lasciò scoraggiare.

-Oh, certo. Capisco. Ci potremmo conoscere gradualmente. Immagino che adesso tu sia un po’ confuso e magari anche imbarazzato, dato che non hai parlato con tuo padre. Lei mi ha detto che sei molto formale- Sarah si fece esageratamente comprensiva, non toccandolo ma cercando di avvicinarsi sempre di più con sguardo civettuolo.

-Lei?- chiese Jumin, confuso. Ecco, aveva perso la testa e ora pensava che suo padre fosse una donna. Certo, non che avesse la testa a posto in primo luogo.

-Glam Choi. Siete andati a pranzo insieme, sabato, giusto? Tuo padre ti ha anche regalato una penna con un diamante perché sembravi nervoso. È un uomo così generoso- le nuove informazioni provocarono un nodo allo stomaco di Jumin, che iniziò a temere che non fosse tutto uno scherzo, perché sarebbe stato decisamente troppo elaborato.

Certo, tutti sapevano, grazie a chiunque fosse il giornalista che aveva fatto trapelare la notizia, che lui e suo padre avevano pranzato con Glam Choi, ma erano davvero in pochi ad essere a conoscenza del regalo che suo padre gli aveva fatto alla fine della cena.

Doveva assolutamente parlare con lui, e non poteva continuare a confondersi le idee ascoltando quella donna superficiale e falsa.

-Non ho sentito assolutamente nulla su di lei, perciò temo- ed era davvero felice di informarla -che dovremo posporre questo incontro. Sono anche in ritardo per il lavoro- cercò di congedarla, finendo di ordinare i fogli e lanciando un’occhiata preoccupata ad Elizabeth che era ancora sospettosa e aveva il pelo leggermente ritto.

-Oh, posso venire con te? Devo incontrare tuo padre, dopotutto- nonostante Jumin l’avesse informata che odiava il contatto fisico, Sarah gli prese il braccio stringendosi a lui, e facendo soffiare Elizabeth contro di lei.

Jumin si affrettò a togliersi dalla sua presa e avviarsi verso la porta

-No, grazie- aprì la porta e le fece cenno di andarsene.

-Capisco, sei timido- Sarah gli fece un occhiolino e iniziò ad avviarsi verso la porta.

Prima che uscisse, a Jumin venne un’illuminazione.

-A proposito, potresti dirmi che guardia di sicurezza ti ha fatto entrare?- indagò, deciso a dare indicazioni precise a tutte le guardie di non far mai più entrare lei o qualsiasi donna che si presentasse come lei senza avvertirlo a meno che non volessero perdere il posto su due piedi.

-La guardia di sicurezza? Ti sembra importante in questo momento? È il nostro futuro ad essere importante in questo momento- Sarah sbatté le ciglia e gli sfiorò la guancia con le unghie laccate di smalto magenta.

Jumin rabbrividì disgustato.

-Non fa niente. L’importante è che tu esca il prima possibile da casa mia. Magari chiedi alla guardia che ti ha fatto entrare di accompagnarti fuori e digli di venire da me. Arrivederci- Jumin l’accompagnò con galanteria fuori e poi le chiuse letteralmente la porta in faccia, facendola rimanere di sasso e parecchio stizzita.

Una volta solo in casa sua, rivolse il suo sguardo verso Elizabeth, che ricambiò lo sguardo e sembrava seccata quanto lui. Jumin sospirò, e si avviò verso la cucina, seguito dalla sua fedele gatta e unica compagna della sua vita, per quanto lo riguardasse.

Vino, aveva disperato bisogno di vino.

Mentre cercava una bottiglia sentì il telefono squillare.

Lo prese in fretta sperando fosse Monica, ma purtroppo era solo l’assistente Kang.

In effetti era in ritardo per il lavoro, ma non gli interessava minimamente. Prima di uscire voleva assicurarsi di non incontrare quella donna appostata fuori e voleva scambiare due parole con le guardie di sicurezza.

Non rispose al telefono e continuò a cercare la bottiglia.

 

Jaehee Kang è entrata nella conversazione

Jaehee Kang: Signor Han, se vede questo messaggio la prego di venire presto in ufficio, oggi ha tantissimi impegni improrogabili, tra cui una presentazione molto importante.

707 è entrato nella conversazione

707: SOS!!! ALLARME HACKER!!! ALLARME HACKER!!!

Jaehee Kang: Se questo è uno dei tuoi soliti scherzi ti prego di piantarla. 

Devo attirare l’attenzione del signor Han e sarà difficile se spammi nel messenger.

707: Purtroppo non è uno scherzo.

Jaehee Kang: Cosa?! Non ci voleva. Spero che almeno sia lo stesso.

707: Penso di si, sto lavorando come un matto per recuperare i server ai quali ha avuto accesso. 

Ieri c’è anche stata una chatroom molto preoccupante verso le tre del mattino, ma sembra del tutto vuota, 

tranne per la presenza di Martha. In realtà spero che lei acceda per chiederle direttamente.

Jaehee Kang: Non ti ho mai visto così serio. La faccenda è davvero così grave?

707: Non lo so. È questo il problema. Non ho dormito tutta la notte per indagare ma non ho trovato niente. 

707: Questo hacker è più bravo di me T.T

Martha è entrata nella conversazione 

So di non potermi lamentare, ma oggi sono davvero stanca, ho estremamente bisogno di dormire Dx

Jaehee Kang: Martha, questa è un’emergenza. Puoi leggere i messaggi sopra?

Wow, Seven, hai reclutato Jaehee? Bella mossa! O forse hai hackerato il suo telefono?

707: Non è uno scherzo, leggi i messaggi sopra

Ok ok

Oh… 

707: Allora, cosa è successo in quella chat?

Jaehee mi dispiace che Jumin non viene a lavoro

707: Martha, nascondi qualcosa?

Giusto, la chat. In realtà non ho visto nulla. Sono entrata per sbaglio mentre cercavo di mettere la torcia del telefono

Non ci vedo senza occhiali

E poi sono uscita subito

707: E non c’era nessuno con te?

Non ho controllato, ero stanca, Seven

Mi dispiace di non esserti d’aiuto, se mi viene in mente qualcosa di strano ti farò sapere.

707: Va bene, non è che mi aspettassi tanto. Forse sono solo paranoico perché non ho dormito

Jaehee Kang: Ora che ci penso, stanotte mi è arrivata una strana mail. Solitamente gli spam vengono bloccati, ma questa mail è passata, ed è molto strana

707: Passamela. Ci darò un’occhiata.

707: Jumin Han, ho una richiesta anche io quando sarai online: potresti mandare delle guardie del corpo a proteggere i membri dell’RFA?

O.O

Jaehee Kang: Sei così preoccupato da questo hacker?

707: Forse sono solo paranoico perché non ho dormito, ma ho un brutto presentimento.

Un momento, e io? L’indirizzo è un segreto, no? 

707: Ti controllerò tramite le telecamere, sei al sicuro

707: Spero

707: Probabilmente non è nulla ma meglio essere sicuri

707: Torno a fare controlli

707 è uscito dalla conversazione

Seven non lavorare troppo

Oh è già uscito

Inizio a spaventarmi

Jaehee Kang: Tranquilla non succederà niente di grave. Luciel scherza molto ma è bravo nel suo lavoro

Jaehee Kang: Se sei stanca dovresti dormire

Spero di riuscirci

Buon lavoro 

Jaehee Kang: Spero che il signor Han risponda al telefono e venga in ufficio 

Lo spero anche io per te

Ciao Jaehee

Martha è uscita dalla conversazione

Jaehee Kang: Torno a lavoro anche io

Jaehee Kang è uscita dalla conversazione 

 

 

Di tutte le mattine in cui Jumin poteva arrivare in ritardo, quella era la peggiore. Jaehee aveva la scrivania sommersa da fogli di carta, almeno dieci chiamate indirizzate al suo capo alle quali non poteva rispondere, e un nuovo progetto richiesto dal Presidente Han in persona.

Il telefono squillò per l’ennesima volta, da parte di un dipartimento con il quale doveva collaborare al nuovo progetto.

-Sì, pronto? Sì, sono l’assistente Kang, no, il signor Han non c’è, vuole lasciare un messaggio?- professionale, Jaehee prese l’ennesimo post-it e segnò l’informazione. Dovevano contattare al più presto Taehee Kim dell’associazione del caffè per farsi sponsorizzare nel nuovo progetto.

A Jaehee, onestamente, il nuovo progetto non dispiaceva particolarmente.

Il caffè era una delle sue grandi passioni, nonché fonte di sostentamento primaria da quando aveva iniziato a lavorare per la C&R.

In realtà dall’università… forse anche dal liceo.

No, no, al liceo preferiva andare a camminare in montagna per combattere lo stress e svegliare il cervello.

Ah, bei tempi, quando aveva ancora una madre e del tempo libero.

Jaehee scosse la testa, finì di scrivere il messaggio, che poi aggiunse alla pila di altri messaggi per il signor Han che iniziava a formarsi, e riattaccò al telefono.

Poi sospirò, stanca, prima di sbloccare il computer per ricercare il numero di quel tipo. Forse poteva parlarci direttamente lei, senza chiedere l’approvazione del signor Han, dato che era una faccenda riguardante un altro dipartimento.

E poi chissà, poteva essere un papabile invitato per il party. Oltre alla lady dei bracciali e alla rappresentante dell’associazione che proteggeva le assistenti, non ne aveva consigliati molti altri.

Chissà come se la stava cavando Martha, sola nell’appartamento, a rispondere alle mail e invitare gli ospiti, senza neanche le guardie del corpo a proteggerla da un eventuale attacco dell’hacker.

Jaehee non capiva affatto il perché di tanta segretezza. Certo, l’indirizzo era segreto, e c’erano delle informazioni pericolose che Rika non voleva far scoprire in giro, ma… Rika non c’era più, da due anni e mezzo, e V non sembrava affatto intenzionato ad andare avanti, pensare alle informazioni o cambiare la sua leadership in modo che l’RFA fosse più sicura e aperta.

In realtà V non si faceva vedere da parecchio, ormai. Poco dopo la scomparsa di Margo, anche lui aveva smesso di comparire, anche se continuava a scrivere messaggi e a chiamare, assicurando tutti che stava bene e che la stava cercando.

Certo che la sua vita era complicata.

E doveva ancora indagare con Megan a proposito delle due gemelle. Con tutto il lavoro che aveva, e nel tentativo di essere più discreta possibile, Jaehee non aveva ancora introdotto l’argomento.

E dubitava che avrebbe avuto il tempo di introdurlo tanto presto, con il lavoro e le chiamate che si accumulavano.

Inviò una mail al signor Kim per richiedere un appuntamento, e controllò un attimo i messaggi del cellulare personale notando che c’era una notifica.

Pensava potesse essere il messenger, sperava con tutto il cuore fosse Jumin che la rassicurava che stava arrivando prestissimo e le avrebbe anche dato un giorno di vacanza (wow, questo sì che era un sogno irrealizzabile), ma non rimase delusa quando notò che il messaggio fosse da parte di Megan.

Era la persona che aveva più piacere di sentire, in quel momento.

 

Megan

Heyyyyyy

Sei libera per pranzo?

Cos’è la libertà?

Cos’è un pranzo?

Giornata super piena?

Non puoi immaginare quanto

Il signor Han non si è ancora presentato in ufficio e abbiamo un nuovo progetto da cominciare

O.O

Ti sono vicina con il cuore

Il tuo supporto è molto apprezzato

Non ho il tempo neanche di andare al distributore a prendere un panino

Ti porto qualcosa io!

Dimmi solo quando hai mezzo secondo libero per prendere il cibo dalle mie mani

Non voglio farti venire fino a qui solo per portarmi il pranzo, quando non posso neanche godermelo con te

Ma figurati! Tanto non ho molto da fare. Ancora non trovo neanche un lavoro part-time

Mi fa piacere portarti il pranzo

Dimostro di essere una buona fattorina ;)

Se non ti dispiace, allora accetto la tua gentilezza, grazie

Mi salvi proprio la vita

Mangiare è importante!

Io quando non mangio divento una iena!

Peggio di quando non mi danno il caffè

A proposito, grazie ancora per il caffè stamattina

Mi sveglio presto, è un piacere

Ho perso il conto di quanti te ne devo

Nessuno!

Mi fai stare a casa tua, offrirti il caffè è il minimo

E poi mi sveglio sempre presto, quindi non mi costa assolutamente nulla prendere due caffè al posto di uno

Cioè… mi costa qualche soldo in più, ma ho parecchi risparmi da parte, e qualche centinaio di won non mi fanno né caldo né freddo ;D

Beh, ti ringrazio

Mi hai risollevato l’umore

Quando vuoi io sono qui!

Se hai bisogno di parlare male del tuo capo

O se vuoi un caffè

O qualsiasi altra cosa

Megan Delivery al tuo servizio ^^

Sei un angelo!

Devo andare

Boss arrivato

L’aquila è nel nido!

Ci vediamo dopo

Ti porto il pranzo

 

Jaehee tolse il telefono e tornò a lavorare, un po’ imbarazzata nell’essersi quasi fatta beccare al cellulare.

Controllò le email e salutò il signor Han appena passò davanti alla sua scrivania, alzandosi in piedi con rispetto.

E poi accollandosi per informarlo degli ultimi avvenimenti.

Neanche il tempo di dargli le prime informazioni, che il diavolo veste Gucci la interruppe con la frase più terrificante e pericolosa che potesse uscire dalla sua bocca dopo lo spaventoso “Oggi deve tenermi Elizabeth 3rd tutto il giorno”.

Frase in questione si rivelò la seguente: 

-Assistente Kang, cancella tutti i miei appuntamenti per la giornata!-

Jaehee impallidì.

-Signor Han, questo non è possibile, abbiamo tre meeting improrogabili e una videoconferenza con l’ufficio della sede di Londra che è stata organizzata mesi fa. Non posso cancellare questi impegni- provò a dissuaderlo, supplicante.

Jumin sbuffò, seccato.

-Va bene, disdici tutto ciò che non è fondamentale. E non disturbarmi in ufficio per nessun motivo- Jumin provò a congedarla, e si avviò nell’ufficio molto più nervoso del solito.

Jaehee non aveva idea di cosa avesse, ma maledì chiunque l’avesse reso così intrattabile.

Già quella giornata era tremenda, non ci voleva anche un capo completamente bipolare!

-Oh, signor Han, ha anche chiamato la signorina Collins. Le dico di prendere un appuntamento nei prossimi giorni?- chiese Jaehee come ultima cosa, dando la priorità a Monica rispetto agli altri impegni da prorogare in quanto sua amica.

E poi poteva chiedere a Megan di darle la brutta notizia al posto suo, dato che si conoscevano.

Perché era ovvio che Jumin non avrebbe mai accettato che Monica…

-No! La signorina Collins può venire quando vuole. E assicurati che venga di persona nel mio ufficio!- Jumin la sorprese sia per la sua risposta che per il tono in cui la disse, mille volte più gentile e con quasi un… sorriso? No, Jaehee aveva sicuramente visto male.

Ma Jumin sembrava essere misteriosamente diventato un’altra persona parlando di Monica Collins.

Jaehee fu quasi in procinto di chiedergli chiarimenti, ma si riprese quasi subito. Non aveva il tempo di immischiarsi nella vita privata del suo capo.

-Deve anche approvare alcune proposte di…- Jaehee continuò ad informarlo circa il programma del giorno, prendendo i vari post-it per ricordare ogni cosa.

Jumin tornò immediatamente nervoso, e non sembrò neanche ascoltarla mentre entrava in ufficio e cercava una bottiglia di vino.

Jaehee sospirò.

Quella sarebbe stata una lunga, lunghissima giornata.   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ne è passato di tempo, scusate!

Non che in molti leggano questa storia, mi sembra, ma per chi sta leggendo questo capitolo e aspettava il seguito da un secolo… scusami!

In realtà il capitolo era pronto da un po’, ma mi mancavano tre o quattro punti di vista e non avevo l’ispirazione per scriverli, con tutti i progetti che ho in sospeso!

Ma mi è tornata la voglia.

E per tre settimane, ogni mercoledì, avrete un pezzo del giorno 5! (diviso in tre parti perché troppo lungo).

Di nuovo un capitolo chilometrico, ma inizia la trama vera. ^^’

Ovvero quella presa dal gioco, unita a qualcosa di mio.

   
 
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