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Autore: evil 65    30/05/2021    9 recensioni
Sono passati tre anni dalla sconfitta di King Ghidorah.
Ormai a capo degli Avengers, Peter Parker cerca di guidare la prossima generazione di eroi verso il futuro, mentre sempre più superumani cominciano a comparire in tutto il mondo.
A diversi anni luce di distanza, Carol Danvers riceve una trasmissione di emergenza dal pianeta Exif, proprio mentre Norman Osborn annuncia la creazione di una nuova arma il cui scopo sarebbe quello di proteggere la Terra dalle minacce aliene.
Al contempo, Wanda Maximoff e Stephen Strange si recano nei pressi della città natale di Capitan Marvel, Harpswell, dove sembra stiano accadendo diversi fenomeni paranormali…
( Sequel di Avengers - The King of Terror )
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Doctor Stephen Strange, Peter Parker/Spider-Man, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Eccovi un nuovissimo capitolo! Vi auguro una buona lettura ;)



Capitolo 7

Un anno prima

La mente di Cletus Kasady fluttuava nell’oscurità.
Il mondo attorno a lui era solo una vastità infinita di nulla più assoluto. Nero…nient’altro che quello.
Da quanto tempo si trovava in quel luogo sconosciuto? Giorni? Settimane? Mesi? Anni?!
Ormai non riusciva più a ricordarlo, così come non poteva ricordare molte altre cose.
La sensazione di avere un corpo…di poter toccare con mano. Il soffio dell’aria sulla pelle…il contatto umano…ormai certe cose gli parevano sconosciute.
Nient’altro che ricordi fantasma di una vita che non era più sua. Una vita che stava cominciando lentamente a dimenticare, e questo lo metteva a disagio.
<< Fatemi uscire da qui…fatemi uscire da qui, cazzo! >> ringhiò, e quell’urlo primordiale risuonò attorno a lui con la stessa intensità di mille tuoni a ciel sereno << Non ce la faccio più! Fatemi uscire! Voglio uscire! Voglio uscire ORA! >>
<< Ciao, Cletus >> sussurrò una voce graffiante nell’oscurità.
La mente di Cletus sussultò, e presto seguì una spiacevole sensazione di ansia mista a qualcos’altro…speranza. Più precisamente, la speranza di non essere più solo in quel luogo senza tempo.
<< E tu chi cazzo sei? >> chiese con una punta di sospetto, perché in fondo aveva ormai imparato quanto fosse pericoloso e controproducente fidarsi degli estranei. Lui ne era la prova vivente.
Il proprietario della voce sembrò sorridere nell’oscurità.<< Io? Sono semplicemente un ammiratore del tuo lavoro. >>
Fu allora che le tenebre lasciarono posto ad un lampo di luce. Un bagliore bianco come la neve, accecante, bellissimo…ma terrificante al tempo stesso.
Seguirono le urla sofferenti di innumerevoli anime intrappolate in quei pilastri infiniti, pallide colonne che nascondevano qualcosa di spaventoso, forse la cosa più spaventosa mai partorita dalla creazione stessa!
E per la prima volta dopo molti anni…Cletus Kasady ebbe paura, anche se cercò di non darlo a vedere.
<< Ooooook  >> strascicò lentamente << misteriosa luce “per nulla inquietante”. Avrò bisogno di qualche informazione in più >>
<< Non penso tu sia nella posizione di chiedere nulla. Io, al contrario, posso chiederti molto! >> esclamò la voce, ed ecco che il bagliore sembrò lampeggiare ad ogni parola.
La diffidenza di Kasady lasciò il posto alla rabbia. << Perché? >>
<< Mi sembra ovvio! Perché posso tirarti fuori da qui! >>
Un altro cambiamento.
Paura, sospetto, collera…tutte queste emozioni vennero brutalmente accantonate sotto il peso di quell’unica dichiarazione.
La speranza tornò a strisciare nel freddo cuore del serial killer.
<< Puoi…puoi farlo davvero? >> chiese con esitazione.
Il sorriso della “Luce” sembrò crescere d’intensità.
<< Certo! Con un’anima come la tua sarebbe piuttosto semplice. Le persone come te e il Macroverso vanno molto d’accordo >> disse con quella sua voce squillante e cavernosa al tempo stesso.
Cletus esitò qualche istante prima di riaprire bocca.
<< Che cosa vuoi da me? >>
<< Che cosa voglio? Offrirti un lavoro! >> fu la pronta risposta del suo nuovo amico << Condito con una buona dose di vendetta verso coloro che hanno ostacolato i tuoi piani! >>
La mente di Cletus venne subito invasa da una serie di immagini.
I volti di coloro che lo avevano messo in questa situazione: Spider-Man, Capitan Marvel, Norman Osborn, gli Avengers…i cittadini di New York. Tutte quelle persone che avevano contribuito alla sua sconfitta.
Sentì una rabbia cieca inondargli la mente, e il mondo attorno a lui cominciò a tingersi di rosso.
<< Ora sì che si comincia a ragionare >> sibilò con un ghigno << Dimmi…che genere di lavoro, esattamente? >>

Presente:
 
Il Black Bird non era mai stato un locale rispettabile.
Per più di trent’anni, lo stabilimento aveva svolto egregiamente il suo compito: essere un luogo di ritrovo per tutti quegli uomini che cercavano di dimenticare le preoccupazioni della vita, lontano dai giudizi delle mogli e dei datori di lavoro. Una sorta di Eden in cui gli unici linguaggi comprensibili erano l’alcol e le risse occasionali.
Forse proprio per questo, Cletus l’aveva subito scelto come sua base operativa.
Al momento, il serial killer stava giocando una bizzarra partita a biliardo unilaterale, visto che i suoi unici avversari erano una coppia di infetti che aveva separato dal resto della mandria.
Appollaiato sul bordo del tavolo da gioco, invece, spiccava la minuscola figura di Ollie Donovan, anch’egli avvolto da un simbionte.
Carnage osservò il piccolo infetto con un cipiglio contemplativo.
<< Sai, Bill… Avevo circa la tua età quando mio padre mi portò in un bar >> disse con quel suo tono di voce graffiante << Sono quel tipo di esperienze che ti cambiano la vita. È così che si costruisce un legame padre-figlio! >>
Allargò le braccia e la creatura vi salto dentro, accoccolandosi al petto dell’uomo.
<< Farò il diavolo a quattro e diverrò un bel padre di famiglia. Vero, Anna? >> chiese rivolto all’unica persona nella stanza che aveva mantenuto le sue sembianze umane: Anna Donovan, la vera madre del bambino.
La donna ebbe giusto il coraggio di incontrare gli occhi del serial killer, ma per il resto rimase in silenzio.
<< Ho detto…vero, Anna?>> ripetà il mostro in pelle umana << Sei ancora triste, cara? Ti ho portato degli amici, no? >>
La donna piagnucolò e Cletus roteò gli occhi con fare esasperato. Poi, si voltò verso il tavolo da biliardo e osservò l’ultima mossa di uno degli infetti.
<< Eh eh, fate pure, tanto vinco io >> ridacchiò con un ghigno.
In fondo erano tutti parte di lui. Per certi versi, erano davvero una grande famiglia!
Carnage non aveva mai voluto fratelli e sorelle…allora cos’era quella sensazione calda che aveva cominciato a farsi strada nel suo stomaco? Era forse…amore?
“…Nha, sarà il tizio che ho mangiato mezz’ora fa. Sembrava un fan del cibo messicano.”
<< Ti prego…smettila di fare questo…>> sussurrò la donna dietro di lui, attirando ancora una volta l’attenzione del supercriminale.
Questi sospirò stancamente. << Ma sono con i miei amici, Anna! >>
<< Restituiscimi mio figlio! >>
<< Restituiscimi? Cara, siamo una grande famiglia felice qui. Finchè non lo capirai, non potrò affidarti il bambino. >>
Calde lacrime cominciarono a scivolare dagli occhi di Anna, ma il serial killer non perse mai quel suo sorriso grottesco.
Lentamente, la donna sollevò la testa e incontrò lo sguardo di Cletus senza battere ciglio.
<< Ho…capito, Cletus. Prometto! >> esclamò disperata.
Il supecriminale si portò una mano al mento e cominciò a picchiettare il piede destro.
<< Eh, non so… >>
<< Cosa devo fare per dimostrartelo?! >> continuò la donna, afferrandolo per le spalle << Dimmi cosa devo fare e lo farò!>>
<< …okay! >>
Carnage battè ambe le mani in un sonoro rintocco.
<< Voglio che mi porti la testa degli Avengers. E voglio che lo facciate come una famiglia, così tuo figlio capirà cosa conta davvero nella vita. È giusto? >> chiese con un luccichio malevolo negli occhi.
Anna rabbrividì per la paura. << Okay…lo farò. >>
<< Non è quello che ho chiesto. Ho chiesto se ti sembra giusto. >>
<< …Sì >> sussurrò, ricevendo in cambio una risata psicotica.
Al contempo, una sostanza rossa e filamentosa cominciò ad avvolgerle il corpo da capo a piedi, trasformandola in una grottesca imitazione del suo creatore.
L’infetta sorrise sadicamente e balzò fuori dal locale, presto seguita dal figlio sghignazzante.
Cletus osservò il tutto con uno sguardo al limite tra l’estatico e l’orgoglioso, e simulò l’azione di asciugarsi una lacrimuccia.
<< Bene, perché è sempre stato questo il mio motto! >> esclamò gioviale << Severo…ma giusto! >>
 
                                                                                                                              * * *
 
 
Stephen Strange prese un respiro profondo e fissò intensamente la donna seduta di fronte a lui.
<< Prima di cominciare…Jessica, come sei finita qui ad Harpswell? >> chiese con tono inquisitorio.
La detective si strinse nelle spalle, apparentemente incurante di quanto fosse grava l’attuale situazione.
<< La mia solita fortuna >> disse sprezzante << Una donna mi ha contattato alcuni giorni fa, chiedendomi di risolvere un caso piuttosto delicato. Suo figlio era scomparso in questa città da cinque anni, e la polizia della contea non era riuscita a trovare niente anche dopo tutto questo tempo. Ha visto la mia pubblicità e ha deciso di fare un ultimo tentativo, mi ha pagato un bel po’ e così sono venuta qui. All’inizio le cose andavano bene, la popolazione era abbastanza amichevole. Poi c’è stato una specie di…bagliore nel cielo, non so bene come descriverlo. Una sostanza rossa ha cominciato ad uscire da ogni tubatura della città…e poi boom! Tutti hanno cominciato a trasformarsi in quelle cose!  Roba da pazzi. >>
<< A quanto pare il responsabile di questo è Cletus Kasady>> spiegò Wanda, e la mora spalancò gli occhi per la sorpresa.
<< Cletus Kasady? >> sussurrò incredula << Il Serial Killer di New York? Lo stesso serial killer che è riuscito a mettere in crisi gli Avengers?! >>
<< Proprio lui >> confermò Strange << Non so come, ma in qualche modo ha imparato ad usare la magia mentre era in coma…e ora è pure riuscito ad infettare l’intera cittadina con il suo simbionte. >>
Jessica gemette sonoramente e si portò ambe le mani alla testa.
<< Ugh, tutto questo è al di sopra della mia paga >> borbottò, mentre lanciava un’occhiata guardinga in direzione dell’Avenger << Visto che sei uno stregone, non puoi, che ne so…dire abracadabra e teletrasportarci tutti fuori di qui? >>
Strange sospirò stancamente. << La magia della barriera impedisce qualunque forma di teletrasporto dall’interno. >>
<< Ovviamente >> sbuffò la mora << Mai voi siete qui, no? Avete sicuramente trovato un modo per entrare…quindi dovreste essere anche capaci di uscire. >>
<< Non possiamo andarcene senza prima liberare le persone di questa città >> disse duramente Wanda << Non so cosa Kasady abbia in mente per loro, ma dubito che sarà qualcosa di buono. >>
<< Almeno contattate gli altri Avengers! >> esclamò Jessica, sollevando le braccia con fare esasperato.
Strange sorrise ironicamente. << Spiacente, comunicazioni bloccate. >>
La detecive gemette una seconda volta.
<< Perché continuo a finire in queste situazioni? >> piagnucolò miseramente << Voglio solo avere una vita normale, pagare il mutuo, ubriacarmi, scopare…non passare il weekend a salvare il mondo! Sono una cazzo di detective, non un supereroe! >>
<< Eppure ci hai fornito il tuo aiuto contro un drago spaziale a tre teste che stava per annientare il pianeta >> osservò Wanda con un ghigno consapevole.
Jessica le lanciò un’occhiataccia.
<< L’ho fatto solo perché quel bastardo aveva distrutto il mio bar preferito! >> ringhiò con meno convinzione di quanto avrebbe voluto.
La strega fece per controbattere, ma Strange le mise una mano sulla bocca.
<< Fa silenzio! >> sibilò a bassa voce.
Sia Wanda che Jessica spalancarono gli occhi, sorprese, ma scelsero comunque di obbedire all’ordine dello stregone.
All’inizio non accadde niente. Le strade al di fuori del bar rimasero completamente silenziose, ad eccezione dell’occasionale fruscio di foglie trasportate dalla brezza notturna.
Ma quando il trio di supereroi fece per rilassarsi…ecco che alcune sagome indistinte cominciarono a muoversi nella luce dei lampioni.
Gli occhi di Strange si spalancarono in allarme.
<< Maledizione… >>
Non ebbe il tempo di terminare la frase.
Un trio di figure attraversò le finestre del locale con prepotenza, riversando cocci e schegge di vetro su tutto il pavimento. Alcuni dei frammenti volarono contro Jessica a tutta velocità, ma Strange fu rapido a contrapporre uno scudo magico tra la Detective e i proiettili.
Si voltò verso la coppia di donne. << Ci hanno trovati! >>
<< Sì, questo lo vedo! >> urlarono entrambe all’unisono.
Al contempo, le creature lanciarono dei ruggiti agghiaccianti, mentre dai loro corpi si protrassero dei viticci color sangue.
Due di loro avevano una costituzione adulta - una maschile e una dalle fattezze distintamente femminili - mentre la terza – che se ne stava appollaiata sul bordo della finestra rotta – aveva le dimensioni di un bambino.
Al trio di Avengers fu subito chiara una cosa: stavano per affrontare una famiglia di infetti, probabilmente i genitori e il loro figlio.
La coppia di adulti si lanciò subito addosso Wanda e Strange, mentre la creatura più piccola balzò verso Jessica con le fauci spalancate e le braccia protese.
Poco prima che le sue zanne potessero conficcarsi nella pelle della donna, questa si scansò di lato e l’infettò andò a finire contro il muro opposto del locale, scomparendo in una nuvoletta di polvere.
Quando si rialzò in piedi, lanciò al suo bersaglio uno sguardo omicida, ma Jessica si limitò a scrocchiare le nocche.
<< Spiacente, ragazzino, ma la mia faccia non è sul menù! >> ringhiò minacciosamente.
L’infetto rispose a tono con un ruggito e si lanciò verso di lei.
La donna alzò rapidamente il pugno e lo calò con forza verso il basso, ma la creatura riuscì a scansarsi per un soffio e saltò in direzione del soffitto. Appena un secondo dopo, le nocche della detective incontrarono il pavimento del locale, sprigionando una potente onda d’urto e sollevando ingenti quantità di pezzi di legno e calcestruzzo misti assieme.
Il locale tremò a causa della forza di impatto, ma Jessica non ne risentì afatto e rimase completamente immobile. Ormai aveva imparato ad assorbire gli urti che i suoi attacchi potevano provocare, quindi rimase salda nello stesso punto e sollevò la testa, appena in tempo per vedere il mini-Carnage che saltava verso di lei con la bocca spalancata.
Menò un altro pugno, ma la creatura compì una giravolta a mezz’aria e atterrò sul braccio della supereroina con la stessa grazia di un trapezista olimpico.
Strabuzzò gli occhi e tentò di allontanarlo con uno schiaffo, ma ecco che il mostriciattolo evitò anche quell’attacco e atterrò con eleganza sulla testa dell’avversaria.
Jessica sentì i suoi artigli che le si conficcavano nella cute e fu subito presa dal panico. Cominciò ad agitare le mani e la testa nel tentativo di scrollarsela di dosso, ma la creatura non sembrava per nulla intenzionata a mollarla.
Nel frattempo, Wanda e Strange erano impegnati in una sorta di mordi e fuggi contro la coppia di adulti. Ogni volta che lanciavano un incantesimo, questi riuscivano ad evitarlo e a rispondere con i loro viticci affilati.
Erano sicuramente più agili e pericolosi rispetto agli infetti che avevano incontrato nel centro città. Sembravano quasi una loro versione avanzata!
“Probabilmente lo sono” pensò Wanda, mentre evocava uno scudo di energia scarlatta per proteggersi dall’ennesimo assalto.
Schegge e frammenti volarono in ogni direzione, e il locale si trasformò rapidamente in un vero e proprio campo di battaglia. Jessica non aveva mai visto il luogo di un bombardamento, ma non si sarebbe stupita dallo scoprire che gli edifici colpiti da una bomba finivano proprio così.
Mentre rimuginava su ciò, il piccolo Carnage cominciò a tirarle i capelli, ridendo in un modo che ricordava non poco quello del suo padrone. Sembrava quasi il riso di una iena misto al gracchiare di centinaia di corvi…e le stava dando sui nervi.
Con un urlo di rabbia, si lanciò verso il bancone del bar come un toro infuriato.
La piccola creatura non fu abbastanza veloce a muoversi…e così si ritrovò bloccata tra quaranta centimetri di legno, alcolici e la testa di una supereroina molto incazzata e dalla pelle particolarmente dura.
Il mostriciattolo gemette di sorpresa e dolore quando il suo corpo venne scaraventato con forza attraverso il bancone e contro il muro del locale, con tanta forza da essere sparato direttamente all’esterno dell’edificio.
Il suo corpicino lasciò un grosso foro nel cemento del bar e atterrò pesantemente sulla strada opposta a quella principale, per poi finire all’interno di un’altra abitazione.
Jessica si rimise in piedi a fatica e portò una mano alla fronte.
<< Ugh, questo mi lascerà il segno >> borbottò intontita.
Nel mentre, a qualche metro da lei, Strange era riuscito ad intrappolare la coppia di adulti con delle fruste dorate.
Le bestie si agitavano impazzite, ma lo stregone cercò di mantenere salda la presa e girò la testa verso Wanda.
<< Pensi di poterli liberare dal loro controllo mentale?! >>
<< Posso provare! >> ribattè la rossa, mentre afferrava la testa della creatura maschile. Subito dopo, gli occhi della strega vennero illuminati da un bagliore scarlatto e alcuni viticci cominciarono ad avvolgere il volto mostruoso dell’infetto.
La bestia si bloccò, come se fosse in una specie di trance, e le sue pallide lenti si limitarono ad osservare l’Avenger per un tempo che sembrò interminabile.
Poi…entrambi i combattenti cominciarono ad urlare e Wanda si tirò indietro, portandosi le mani tra i capelli.
Strange strabuzzò gli occhi in allarme.
<< Wanda! >> esclamò, mentre scaraventava le creatura femminile contro le finestre rotte, fuori dal locale.
Corse subito fino alla sua allieva e la sorresse prima che il suo corpo potesse toccare terra.
<< Cosa è successo? >> chiese dolcemente.
La rossa cominciò a lacrimare. << La loro mente è…oddio… >>
Si portò una mano alla bocca e dovette fare appello a tutta la forza di volontà che aveva in corpo per non vomitare seduta stante.
<< Non so neanche come descriverlo. Ho sentito così tanto odio…così tanta rabbia >> singhiozzò disperatamente << Così tanta…paura. Come se miliardi di voci stessero urlando nello stesso istante! >>
Afferrò il mantello di Strange e questi sussultò all’espressione terrorizzata sul volto dell’allieva.
<< E poi ho sentito…il male >> sussurrò la donna << C’era così tanto male. >>
Jessica, che si era avvicinata alla coppia, lanciò alla rossa un’occhiata diffidente.
<< Oooooook…ora sono decisamente a disagio >> borbottò, mentre guardava rapidamente la strada che confinava con il locale.
La creatura femminile era scomparsa, mentre un uomo giaceva svenuto a pochi passi da un lampione. Della sostanza filamentosa che lo aveva ricoperto fino a quel momento…neanche l’ombra.
Avevano vinto, almeno per ora.
Strange avvolse Wanda in un abbraccio confortante, ma la sua mente stava già correndo a mille. Cos’avrebbe mai potuto turbare a tal punto la mente della sua allieva?
E mentre la donna piangeva su di lui, lo stregone non potè fare a meno di rabbrividire al pensiero di ciò che aveva visto.
“Cletus…che cosa hai fatto?”

                                                                                                                         * * *


Lontano dalla Terra...

Carol aprì lentamente gli occhi.
Si sentì subito stanca, svuotata, come se qualcuno le avesse prelevato tutto il sangue che aveva in corpo.
Lentamente, sollevò la testa e scoprì di essere all’interno di una cella, ma questa volta i suoi rapitori non si erano nemmeno presi la briga di incatenarla. Ormai dovevano essere abbastanza fiduciosi della loro misura di sicurezza.
Alzando una mano al collo, la donna confermò che il collare era ancora lì, pronto ad attivarsi al minimo segno di trasgressione.
Guardandosi attorno, la supereroina si rese anche conto che probabilmente non era più sul pianeta Exif. Gli interni della cella erano metallici, freddi, troppo tecnologici e diversi da quelli della sua ultima prigione.
Poteva sentire uno strano brusio sotto i suoi piedi, e da ciò comprese di trovarsi su una nave. E una molto grande, a giudicare da quanto era spaziosa questa cella!
Sentì un improvviso mal di testa, e i ricordi della notte precedente cominciarono ad inondarle la mente.
Darth Vader…il rituale di Metphis…Ghidorah!
Ghidorah era tornato, e si stava preparando ad attaccare la Terra assieme al Leader Supremo dell’Impero!
Doveva avvertire i suoi compagni Avengers. Doveva…doveva avvertire Peter…
La porta della cella si spalancò di colpo, distogliendola dal suo rimuginare.
Due guardie entrarono subito dopo e la sollevarono dal pavimento con forza, per poi cominciare a condurla verso una zona imprecisata della nave.
<< Che cosa volete? >> ringhiò stancamente << Dove mi state portando? >>
<< Lord Vader vi ha invitata a cena >> fu la fredda risposta di uno stormtrooper.
Per un attimo, la donna credette di aver sentito male.
<< E lui cena spesso con i prigionieri? >> domandò incredula.
La guardia alla sua destra si strinse nelle spalle.
<< Non è nostro compito discutere i suoi ordini >> dichiarò impassibile.
Carol roteò gli occhi.
<< Ovviamente >> borbottò con un cipiglio << Tipica mentalità da soldato malvagio. >>
Nessuna delle due guardie la degnò di un’altra risposta e il resto del viaggio continuò in completo silenzio.
Durante il percorso, incrociarono molti altri soldati e uomini vestiti con uniformi grigie, per lo più umani, ma c’erano anche molte razze che Carol non aveva mai visto prima.
Infine, giunsero nei pressi di quella che aveva tutta l’aria di essere un cabina e i due Stromtroopers la spinsero al suo interno con più delicatezza di quanto si aspettasse.
La porta della stanza si chiuse dietro di lei e la donna cominciò a guardarsi rapidamente intorno.
La cabina – ammesso che lo fosse – era immersa nell’oscurità, ad eccezione di un unico punto al centro del pavimento.
Lì in mezzo? Un tavolo su cui erano stati riposti due piatti ricolmi di carne e verdure.
In effetti era stato proprio allestito per una cena, completo di bicchieri, posate, una brocca d’acqua e una contenente un liquido rosso che poteva essere vino, o forse un tipo diverso di alcol.
Mentre Carol rifletteva su questa insolita combinazione, udì un respiro sibilante in un angolo nascosto della stanza.
<< Si diverte a spiare gli altri, Lord Vader? >> domandò stizzita.
Come ad un segnale, la creatura dal volto scheletrico fuoriuscì dalle ombre, accompagnata da quel suono inconfondibile.
<< Mi diverte osservare la fragilità della vostra situazione >> disse con la sua voce bassa e cavernosa.
La bionda non lo degnò di una reazione e si limitò ad osservare il tavolo al centro della stanza.
Vader seguì il suo sguardo e le fece cenno di sedersi.
<< Prego >> offrì con un tono che non tradiva alcuna ostilità << Mettetevi comoda. >>
Carol esitò, ma solo per un istante. Non voleva dare al suo rapitore la soddisfazione di vederla a disagio.
Così fece come richiesto, mentre Vader la imitava.
Entrambi rimasero fermi e immobili, accompagnati solo dal respiro sibilante di quella maschera color pece.
Carol lanciò un’occhiata diffidente al piatto di fronte a lei, non del tutto sicura se dovesse mangiarlo o meno. Era affamata, certo…ma l’ultima cosa che voleva era ripetere la stessa sequenza di eventi che l’avevano portata a questa situazione.
<< Se avessi voluto uccidervi… >> disse Vader, facendole alzare la testa si scatto << pensate davvero che mi sarei preso la briga di preparare questa cena? >>
In effetti era una domanda abbastanza logica.
Se Vader avesse davvero voluto ucciderla…beh, di certo non si sarebbe preso la briga di elaborare un espediente così fantasioso, visto che al momento era completamente alla sua merce.
Ma allora…perché diamine lo stesso individuo che l’aveva rapita aveva anche deciso di invitarla a cena? Si stava decisamente comportando in un modo a dir poco contradditorio.
O forse stava solo cercando di farle abbassare la guardia e metterla a sua agio!
Forse voleva qualcosa che era in suo possesso. Un’informazione? I suoi poteri? Poteva essere di tutto.
Lentamente, la donna afferrò una forchetta e la conficco nel pezzo di carne. Poi, se la portò alla bocca e cominciò ad assaporarne il gusto. Non era affatto male.
<< Ebbene? >> chiese Vader, le mani incrociate di fronte a sé.
Carol deglutì il pezzo di carne e lo osservò impassibile.
<< È…molto buono >> disse quasi con riluttanza << Che cos’è? >>
<< Spezzatino di Rancor >> spiegò il Leader Supremo << Una bestia che vive nelle grotte di Tatooine. >>
Il nome di quel pianeta le fece quasi andare il cibo di traverso.
Presto la sua mente venne invasa da immagini di un passato che aveva cercato di dimenticare con tutta se stessa.
Ricordava molto bene il nome di quel mondo…perché era stato proprio sulla superficie di quel pianeta che la donna aveva cominciato a mettere in dubbio le intenzioni dell’Impero Kree, sebbene avesse cercato di ignorare i suoi sospetti nei tempi successivi.
Era il giorno in cui aveva ucciso Shmi Skywalker, una traditrice Kree che aveva scelto di abbandonare l’Impero per nascondere un qualche tipo di arma dalla Suprema Intelligenza.
E lei…l’aveva uccisa solo perché era stata abbastanza coraggiosa da ribellarsi.
Vader inclinò leggermente la testa, apparentemente incuriosito dalla sua reazione.
<< Avete familiarità con il pianeta? >> chiese con quel suo tono meccanico.
Era davvero difficile capire se lo avesse fatto per mera curiosità o perché aveva colto il suo disagio e stava cercando di tormentarla. Così, l’Avenger scelse di dargli una risposta neutra.
<< Io…sì, ci sono stata. >>
<< Brutti ricordi? >>
<< Non ho alcuna intenzione di parlarne con voi >> ribattè freddamente.
Il suo rapitore si limitò a scrollare le spalle. << Come preferite. >>
La disinvoltura con cui pronunciò quelle parole le fece stringere la forchetta più forte del dovuto.
Quest’uomo si stava comportando in modo troppo amichevole. Troppo…disinvolto.
Sembrava quasi che l’avesse invitata lì per un appuntamento!
Carol arrossì di rabbia al solo pensiero e prese un paio di respiri calmanti. Non poteva lasciarsi controllare dalle emozioni in una situazione come questa, non ora che doveva assolutamente cercare un modo per fuggire e avvertire i suoi compagni terrestri – e Peter – del ritorno di Ghidorah.
Vader osservò il tutto senza il minimo segno di preoccupazione.
<< Noto che fremi dalla voglia di farmi del male >> osservò impassibile.
Carol sentì la propria rabbia crescere di secondo in secondo.
<< Capita quando vieni rapita da una creatura con la maschera >> ringhiò tra i denti.
Il Leader Supremo dell’Impero Galattico non disse nulla e si limitò a scrutarla attraverso le sue lenti scarlatte per un tempo indefinito.
Per un attimo, la donna temette di aver oltrepassato una linea. Forse lo aveva offeso troppo e ora si sarebbe lanciata su di lei con tutta l’intenzione di ucciderla.
Invece, lentamente…Vader afferrò la maschera con ambe le mani, e le orecchie di Carol vennero attraversate da un sibilo improvviso.
La maschera scivolò sul tavolo, rivelando il volto di un giovane uomo.
Carol si sorprese subito di quanto fosse bello.
Aveva dei lineamenti affilati ma eleganti, leggermente abbronzati e coronati da folti capelli castani. Gli occhi erano di un azzurro penetrante, ma la donna riuscì a intravedere alcune macchioline gialle lungo i bordi, accentuate dal fascio che illuminava il tavolo.
Ma ciò che attirò davvero la sua attenzione…fu la sontuosa cicatrice che percorreva quel volto che sembrava poco più vecchio del suo.
<< Ed eccoci qui. Faccia a faccia >> disse Vader con un sorriso vagamente compiaciuto << Due esseri umani molto lontani dai rispettivi mondi. Una coppia di orfani nella tempesta del cosmo. >>
<< Non sono orfana >> sbottò la donna, prima di riuscire a fermarsi.
Vader inarcò un elegante sopracciglio. << Però avete perso entrambi i genitori, o sbaglio? >>
<< Lei come fa a saperlo? >> chiese Carol, improvvisamente guardinga.
Queste erano informazioni che non potevano certo essere reperite al di fuori della Terra.
Da quanto tempo Vader la osservava? Aveva forse visitato il suo pianeta natale?
Quasi come se stesse percependo la sua angoscia, l’uomo arricciò appena le labbra in un ghigno.
<< Abbiamo un amico in comune >> rispose, mentre addentava un pezzo di Rancor << Più di uno, in realtà. Mi hanno raccontato molte cose su di voi. Informazioni che non sono di dominio galattico. >>
La donna sbuffò sprezzante e cominciò a pugnalare la sua cena.
<< Perfetto, mi mancava solo uno stalker spaziale >> borbottò con un cipiglio.
Con suo grande dispiacere, Vader ebbe il coraggio di RIDERE delle sue parole.
<< Voi fraintendete >> disse dopo essersi calmato << Ho organizzato questa cena solo perché volevo chiedervi qualcosa di personale, non certo per corteggiarvi. >>
<< E siete così sicuro che vi risponderò? >> ribattè l’altra, quasi sputandogli in faccia.
Vader le offrì ancora una volta quel suo sorriso apparentemente educato. << Sono sicuro che coglierete al volo l’occasione di scoprire uno dei miei punti deboli. >>
“Brutto figlio di…”
La donna strinse gli occhi e sorseggiò un po’ della sua bevanda. Aveva un sapore molto simile al vino.
<< Siete così fiducioso delle vostre capacità? >> chiese beffarda.
L’espressione sul volto di Vader si fece improvvisamente seria.
<< Non si tratta di fiducia, ma di esperienza personale >> sussurrò freddamente.
Carol avrebbe voluto controbattere, ma scelse di non dire niente.
In effetti, non conosceva nulla riguardo alle abilità di questo Darth Vader. E se l’uomo era riuscito a costruire un impero ad una così giovane età…beh, doveva certamente essere potente.
Forse la sua fiducia era giustificata.
<< Fate pure la vostra domanda >> borbottò con le braccia incrociate.
Vader annuì in segno di ringraziamento e prese un respiro profondo.
<< Per quale motivo avete scelto di diventare Capitan Marvel? >> chiese con un tono colmo d’aspettativa.
Carol strabuzzò gli occhi. Quella…non era certamente la domanda che si era aspettata.
<< Davvero? >> borbottò incredula << Questo è quello che volete sapere? >>
<< Le informazioni riguardo a questo aspetto della vostra vita sono alquanto…nebulose >> continuò Vader, ignorando la sua reazione << Ho semplicemente preferito chiederlo direttamente alla fonte. >>
Un'altra risposta plausibile, ma per qualche ragione Carol credeva che sotto ci fosse qualcosa di più.
<< Per rispondere alla vostra domanda… >> inziò lentamente << Sono diventata Capitan Marvel perché volevo aiutare le persone. >>
<< … >>
<< … >>
<< …è tutto qui? >> domandò Vader, perplesso.
La donna scrollo le spalle. << Di quale altra ragione avrei bisogno? Soldi? Non chiedo mai ricompense. Fama? Allettante, ma in realtà è la parte peggiore del lavoro. Lo faccio semplicemente perché…perché mi rende felice aiutare gli altri. Perché mi fa sentire bene. Perché…perché odio che agli innocenti capitino brutte cose. Tutto qui.  >>
<< Capisco >> sussurrò Vader, per poi assumere un’espressione contemplativa.
Il silenzio tornò a regnare nella stanza, e questa volta non fu interrotto nemmeno dal respiro occasionale del Leader Supremo. Così, Carol decise che era arrivato il momento di prendere in mano la situazione.
<< Ora posso farvela io una domanda? >> chiese con un tono di voce apparentemente disinvolto.
Vader inclinò leggermente la testa, ma le fece cenno di continuare.
<< Vi ho fatto qualcosa di male? >>
Era una domanda logica, vista la situazione in cui era finita.
Il suo rapitore si limitò a risponderle con un impassibile: << Sì >>
Il cipiglio sul volto di Carol si fece più pronunciato.
<< E cosa vi ho mai fatto per ritrovarmi in questa situazione?  >> domandò beffarda << Ho per caso distrutto la vostra nave da battaglia preferita? Ostacolato una delle vostre conquiste? Ho mangiato gli ultimi biscotti formato malvagio disponibili in questo quadrante di Galassia? No, aspetta, fammi riprovare…volete uccidermi per dimostrare la vostra superiorità all’Universo! Di solito è l’opzione più gettonata >>
Vader non rispose e continuò a scrutarla in silenzio per quasi un minuto buono.
Infine, afferrò la sua bevanda e la sorseggiò con gusto.
<< Temo che le vostre colpe siano di natura molto più personale >> borbottò nel bicchiere.
L’Avenger corrucciò la fronte e cominciò a scrutarlo attentamente. Poi, i suoi occhi si spalancarono nella realizzazione apparente.
<< Sono stata mica io a… >>
Fece il segno di incidersi il volto, e allora Vader capì subito che si stava riferendo alla sua cicatrice.
L’uomo sbuffò divertito. << No, è una ferita che mi sono procurato durante un addestramento. >>
<< Doveva essere un addestramento molto brutale >> osservò la bionda, mentre riprendeva a mangiare.
Vader grugnì.
<< Al mio maestro non piaceva andare per il sottile >> rispose con un sorriso ironico.
A quelle parole, anche Carol non potè trattenersi dall’arricciare le labbra in un ghigno.
<< Credetemi, ne so qualcosa >> disse con gli occhi che le brillavano << Il mio insegnante di combattimento era davvero uno stronzo >>
<< Così ho sentito dire. >>
<< …Sa, tutti questi riferimenti alla mia vita personale stanno cominciando a mettermi i brividi. >>
Vader sollevò un dito guantato.
<< Un guerriero deve sempre conoscere tutto del proprio avversario. È una questione di buon senso…e di rispetto >> disse con un tono di voce solenne, come se stesse ripetendo un vecchio insegnamento.
Carol incrociò ancora una volta le braccia davanti al petto. << Oh? Quindi mi rispettate? Non sembra. >>
L’uomo scrollò le spalle.<< Rispetto la vostra forza. Siete un avversario che ha richiesto molto tempo e preparazione. >>
<< Dovrei sentirmi lusingata? >>
<< Non è mio compito decidere come dovreste sentirvi. >>
La bionda rilasciò uno sbuffo divertito.
<< Devi essere un vero spasso alle feste >> disse con quel suo ghigno sempre presente.
Vader glie lo restituì a tono.
<< Non sono mai stato un tipo da feste >> disse mentre sollevava il suo bicchiere << Ma questo non significa non possa godermi un drink ogni tanto. >>
<< Allora brindiamo ai maestri che non vanno per il sottile! >> cinguettò Carol, mentre la sua mano destra vagava fino al coltello che teneva accanto al piatto.
Il sorriso sul volto del suo rapitore si fece molto più predatorio.
<< E che possano marcire dove li abbiamo lasciati >> rispose, suscitando un altro brivido lungo la spina dorsale della donna.
Aveva forse appena ammesso di…aver ucciso il suo insegnante? O forse lo aveva semplicemente rinchiuso da qualche parte. Francamente, nessuna delle due opzioni suonava poi così promettente.
<< Così cupo >> commentò, mentre trascinava la posata sotto il tavolo. Sperava solo che il suo rapitore non l’avesse notata.
Fece vagare i suoi occhi fino all’angolo opposto del tavolo
<< Mi può passare quella salsa? >> chiese con tono innocente.
Vader inarcò un sopracciglio e girò la testa verso il punto indicato. Carol non esitò neanche un secondo.
Il suo braccio scattò verso il collo del Leader Supremo, il coltello in mano e pronto a conficcarsi nella giugulare dell’uomo. La punta luccicò nella luce del soffitto…e si fermò ad appena un paio di centimetri dal bersaglio.
Carol sentì una presa fantasma sulla mano.
Sorpresa, fece appello a tutta la forza che aveva in corpo per cercare di contrastarla…ma non le servì a nulla. Il coltello non si mosse neanche di un millimetro e rimase sospeso a mezz’aria.
Vader si voltò lentamente verso di lei.
La scrutò per qualche secondo…e poi riprese a mangiare come se niente fosse.
Carol strinse i denti e si alzò dalla sedia, eppure la sua mano rimase bloccata.
<< Dovresti lasciarlo… >> disse il suo rapitore, senza mai sollevare lo sguardo << o potrei finire con il romperti il braccio. >>
La donna tentò ancora una volta di fare pressione, senza risultato.
Alla fine, allontanò il coltello e si accasciò sulla sedia, ansimante per lo sforzo.
<< Sa…fa la sua figura anche quando la uso attorno al collo >> commentò l’uomo, senza mostrare il minimo segno di disagio o preoccupazione a ciò che era appena successo.
Carol si massaggiò il polso.
<< Come ha fatto? >> borbottò scontenta.
Il Leader Supremo alzò lo sguardo e i suoi occhi sembrarono lampeggiare nella penombra della stanza. << Diciamo solo che non siete l’unica creatura dell’universo che può vantare di un dono piuttosto unico. >>
La donna strinse ambe le mani in pugni serrati.
<< Qualunque cosa vi ha promesso Ghidorah…non potete fidarvi di lui. Vi tradirà nel momento in cui non gli sarete più utile!>>
<< Non lo farà >> fu la risposta impassibile del suo rapitore << La nostra collaborazione è stata organizzata da qualcuno che sta molto al di sopra di entrambi.>>
A quelle parole, il cuore dell’Avenger mancò un battito.
Vader e Ghidorah stavano collaborando grazie ad una terza parte? Qualcuno abbastanza potente o influente da spingere una coppia di tiranni ad agire insieme senza secondi fini?
Era una notizia alquando…preoccupante.
<< Chi? >> chiese con insistenza, sperando di ricavare almeno un nome. Vader fu rapido a schiacciare brutalmente le sue speranze.
<< Qualcuno che, proprio come noi, nutre un certo rancore verso di te…e verso il pianeta da cui provieni >> rispose con un sorriso tagliente. E prima che Carol potesse chiedergli altro, afferrò la maschera e si coprì il volto ancora una volta.
Fatto questo si voltò verso la supereroina e le offrì una mano.
<< Venite con me >> disse in un modo che suonava stranamente gentile. Non sembrava affatto un ordine…più una richiesta amichevole.
Carol scrutò l’arto teso con diffidenza.
<< Perché dovrei? >> domandò sospettosa.
In quel momento, ebbe come la sensazione che l’uomo le stesso sorridendo sotto la maschera.
<< Perché voglio mostrarvi qualcosa di indimenticabile. Fidatrvi di me…non volete assolutamente perdervelo. >>
 
 
Sulla Terra…


Jessica guardò oltre la finestra del locale e scrutò attentamente i dintorni dell’edificio.
La strada era immersa nell’oscurità più totale e non c’era neanche l’ombra di un infetto.
Per quanto riguarda il bambino e l’uomo che li avevano attaccati, al momento stavano riposando incoscienti sulle poltrone del bar.
Era una vera fortuna che non si fossero fatti male durante la battaglia, ma a quanto pare i loro simbionti erano riusciti a guarirli poco prima di perdere il controllo dei loro ospiti. Sarebbe potuta andare molto peggio.
“Sembra tutto tranquillo” pensò la mora, mentre si voltava verso Wanda.
<< Pensi di poter trovare Cletus? >> domandò scorbutica.
La Scarlet Witch annuì in assenso.
<< Credo di aver trovato la sua firma magica >> confermò con un piccolo sorriso, prima di rivolgersi al suo maestro << Posso inviarti la posizione mentalmente. >>
<< Fallo. Io ci teletrasporterò nelle vicinanze>>
La donna annuì risoluta e mise una mano sulla testa di Strange. Dopo un paio di secondi, gli occhi dello stregone si illuminarono di rosso.
Cominciò ad agitare la mano destra, e subito un portale si materializzò di fronte a lui.
Il trio di supereroi lo attraversò con prudenza, le braccia sollevate in preparazione di un possibile attacco. Tuttavia…non accadde niente.
Strange li aveva teletrasportati in una zona della cittadina dall’aria ancora più spettrale.
Le case che confinavano con i marciapiedi sembravano disabitate da anni, e i lampioni non erano nemmeno accesi. L’unica fonte di luce sembrava provenire da dietro un condominio in pessime condizione.
Cautamente, i tre si avvicinarono all’estremità opposta dell’edificio…e i loro occhi si soffermarono su una scena a dir poco agghiacciante.
La folla di infetti era stata riunita in un unico punto, e al momento sostava attorno ai resti di quella che un tempo doveva essere stata una casa, circondata da fiaccole e cadaveri decomposti.
Nei pressi di quello che probabilmente era il giardino dell’edificio, Strange riuscì a leggere solo il nome dell’abitazione: Villa Harpswell.
<< Sul serio, dove diavolo siamo finiti? >> borbottò Jessica << In un film di Rob Zombie? >>
<< Non penso che lui sia coinvolto. Ma per quanto riguarda il Diavolo? >> disse Strange, mentre il suo sguardo vagava per il quartiere << Non ne sono poi così sicuro. >>
Jessica roteò gli occhi.
<< Ovviamente il Diavolo esiste >> ribattè stancamente << Ora non ditemi che dovrò chiedere scusa per ogni Domenica che non sono andata in chiesa. >>
<< Shhhhh >> la ammonì Wanda << Succede qualcosa. >>
La folla di infetti cominciò ad aprirsi, mentre un suono di passi riecheggiò per tutta la lunghezza del quartiere. Al contempo, un’ombra si fece strada al di sopra del cumulo di macerie.
Jessica strinse gli occhi.
<< Mi state prendendo per il culo? >> ringhiò impassibile.
Perché in mezzo alla folla aveva appena preso posto l’inconfondibile figura di Cletus Casady…vestito con un abito da prete.
Ad affiancarlo? La stessa creatura dalle sembianze femminili che li aveva attaccati al bar.
Il serial killer imitò un paio di colpi di tosse e prese un respiro profondo.
<< Mio gregge… >> cominciò ad alta voce << Siamo qui riuniti oggi per imparare a perdonare e amare….eh eh eh…scusate! Scusate, sto cercando di rimanere serio. >>
Scoppiò in una risata agghiacciante, e gli infetti di fronte a lui lo seguirono a ruota. Sembravano quasi un organismo unico, guidato da una volontà suprema…cosa che non era poi così distante dalla realtà.
Il serial killer si asciugò una lacrima immaginaria.
<< Comunque sia…Siamo qui riuniti oggi per un sacrificio comune. Una prova di solidarietà! Il vostro signore si è preso per anni cura di voi, il suo gregge…e il vostro signore pensa di meritare qualcosa in cambio. >>
Detto questo, fece una rapida panoramica della zona e allargò ambe le braccia a imitazione di un gesto plateale.
<< E ora…ripetete la sacre parole dopo di me! >> esclamò estatico << Noi siamo i tuoi servi fedeli. Noi ci consegniamo a te! Saziati delle nostre anime! Nutriti delle nostre carni…affinchè tu possa banchettare con questo mondo e con molti altri avvenire! >>
Gli infetti ripeterono le sue parole alla perfezione, e Wanda percepì uno strano brivido lungo la spina dorsale. Cletus e i suoi “fedeli” avevano appena pronunciato una specie di incantesimo, ne era sicura!
Anche Strange se accorse, ma per quanto si sforzasse non riuscì a ricordare nessuna magia a cui potessero essere associate parole simili. Tuttavia…aveva sicuramente l’aria un rituale molto potente.
Gli occhi di Cletus luccicarono nell’oscurità.
<< Tutti avete ricevuto il vostro coltello, sì? >> chiese con quel suo ghigno tutto denti.
In tutta risposta, i vari infetti estrassero una lama dai loro corpi.
Carnage battè le mani in un sonoro rintocco.
<< Bene…sapete cosa fare! >> urlò gioviale.
I vari infetti non se lo fecero ripetere due volte e cominciarono ad avvicinare i coltelli alla gola.
A Jessica ci volle giusto un secondo per capire quello che stava per succedere.
<< Dobbiamo fermarlo >> sussurrò con una punta di panico.
Si alzò subito in piedi, ma Strange la afferrò per la mano.
<< Jessica, aspetta… >>
Non ebbe la possibilità di terminare la frase, poiché la more si liberò dalla presa con un forte strattone e cominciò a correre in direzione della folla.
Lo stregone gemette sonoramente e procedette a correrle dietro, presto seguito dalla sua apprendista. Inutile dire che questo fu sufficiente a rivelare la loro posizione.
Cletus volse la propria attenzione nei confronti del trio e schioccò la lingua.
<< A quanto pare abbiamo degli ospiti non invitati alla festa! >> ringhiò beffardo << Cara…ti dispiace? >>
L’infetta accanto a lui lanciò un grido agghiacciante e andò subito incontro ai tre supereroi.
Dal suo corpo cominciarono a protrarsi tentacoli e viticci affilati, e Jessica fu costretta a frenare la sua corsa per evitare di essere infilzata.
Wanda non perse tempo ed evocò uno scudo di energia telecinetica, riuscendo ad incassare il colpo poco prima che le lame si conficcassero nel corpo della detective. Tuttavia, la creatura non demorse e continuò ad assaltare la protezione con una foga animalesca, il tutto sotto lo sguardo compiaciuto di Kasady.
Il serial killer sospirò felicemente. << Amo quella donna. E la conosco da solo un giorno! Questo sì che è amore a prima vista. >>
Si voltò ancora una volta verso gli infetti.
<< Bene, possiamo ricominciare. Ehi, nessun aiuto! Fatelo da soli, è questo il punto! Mavis, guarda che ti ho visto… >>
Alcuni membri tra la folla cercarono di resistere all’ordine dell’uomo, ma a nulla valsero i loro tentativi di riprendere il controllo.
Strange, Wanda e Jessica poterono solo osservare con orrore mentre le creature conficcavano i coltelli nelle gole dei loro ospiti, riversando copiose quantità di sangue ai loro piedi.
Cletus Kasady…aveva appena ucciso l’intera cittadina. Uomini, donne, bambini, adulti e anziani…nessuno di loro era stato risparmiato da quel terribile sacrificio.
Il sangue delle vittime si mescolò alla terra umida e cominciò a scivolare verso Cletus, quasi come se avesse una vita propria. Al contempo, tutta Harpswell iniziò a tremare.
Per poco Wanda non perse l’equilibrio, ma fortunatamente riuscì a mantenere salda la barriera.
Pochi secondi dopo, la terra attorno al cumulo di macerie si aprì in due…e ne fuoriuscì una luce abbagliante, seguita da migliaia di urla.
Il sorriso sul voltò di Cletus si fece ancora più largo.
<< Mettete gli occhiali da sole, gente…perché non avete ancora visto niente! >>
 
 
 
 
Boom! Immagino che alcuni di voi abbiano capito dove sto andando a parare.
Scrivere Cletus è sempre divertente, ha quella personalità imprevedibile e infantile che lo rende un personaggio molto versatile. Non vedo l’ora di vederlo in azione nel nuovo Venom!
E spero che il primo “faccia a faccia” tra Vader e Carol vi sia piaciuto. Ho sempre avuto un debole per quelle situazioni in cui due nemici si ritrovano a conversare come due persone civili, e tutti sanno quanto Vader abbia un debole per preparare cene inaspettate.
Nel prossimo capitolo cominceranno un bel po’ di casini!
  
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