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Autore: cancerianmoon    31/05/2021    2 recensioni
Un giorno, all’interno del proprio scantinato, Bulma Brief trova una strana sfera arancione. Quest’oggetto prende il nome di “sfera del drago”, ed è in grado di evocare un leggendario drago in grado di esaudire qualsiasi desiderio.
Ma questa storia, voi, la conoscete già, no?
Allora sedetevi un minuto e godetevi una storia del tutto stravolta in cui, al posto di Goku, è stato mandato Vegeta sul pianeta Terra. Una storia in cui il potere delle sfere e dei saiyan assumeranno un sapore del tutto diverso.
Una storia differente, che spero gradirete.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Yamcha, Goku/Vegeta
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3°
Il libro magico

 

Dopo lo strano episodio del sogno, Vegeta non era più riuscito a chiudere occhio.

Era perfettamente consapevole del fatto che probabilmente avesse esagerato nell’essersi tanto impressionato per un semplice, stupidissimo sogno, ma per qualche strano motivo, quella notte era stato piuttosto irrequieto.

Così, fino alle prime luci dell’alba, era uscito fuori in giardino ad allenarsi e, una volta sorto il sole, si era precipitato in casa, pronto a farsi una doccia e a scendere in cucina per una bella colazione; purtroppo, si sarebbe dovuto tenere sveglio, ed il caffè era l’unica cosa che avrebbe desiderato al drago, se gli fosse apparso di fronte in quel momento. 

Il fatto che la sera prima i suoi genitori si fossero comportati in quel modo tanto strano, proprio non riusciva a toglierselo dalla testa: era sicuro al cento per cento che gli stessero nascondendo qualcosa, ed una volta tornato da quello stupido viaggio, si sarebbe ripromesso di saperne di più... non gliela stavano raccontando giusta, nessuno di loro due.

Dapprima, nella mente del ragazzo si era insinuata l’idea che gli stessero silenziosamente chiedendo di convincere Bulma a rinunciare a quell’avventura, ma era assolutamente fuori discussione che sua madre, per chiedergli una cosa del genere, usasse quel tipo di sotterfugi: insomma, quella donna non ne era assolutamente capace! Se lo fosse stata, allora era stato cresciuto da un clone stupido e fissato con la pace e con i pony colorati, e pensandoci bene, conoscendo suo padre, non sarebbe stata neanche troppo impossibile un’opzione del genere.

Abbassò per un attimo lo sguardo, osservando il medaglione che portava al collo e concentrandosi sulla pietra blu incastonata nel mezzo: blu, eh? Era un colore che non gli dispiaceva. Il colore della nobiltà e del bello... insomma, un colore da reali; non sapeva perché, ma era come se quella pietra lo chiamasse. Come se stesse cercando di inviargli un messaggio... ma di che messaggio si trattasse, questo il ragazzo non riusciva proprio a capirlo.

«Dio... la carenza di sonno è veramente mia nemica...» si massaggiò stancamente le tempie, dando la colpa di quei pensieri strani al fatto che non avesse dormito bene e, una volta finito il caffè, ripose la tazza nel lavandino, appoggiandosi a quest’ultimo e sospirando stancamente.

Proprio in quel momento, la presenza di un individuo alle sue spalle lo costrinse a mettersi in allerta: i suoi passi si facevano sempre più vicini, ed il suo respiro era facilmente udibile, grazie al silenzio che a quell’ora regnava in casa.

Prontamente, il giovane si voltò nella direzione dell’intruso, mettendosi in guardia ed aspettando che il nemico attaccasse.

E attaccò.

Oh, eccome se lo fece.

«Hah! Buongiorno!»

Sua sorella era in piedi esattamente di fronte a lui, già vestita di tutto punto nel suo vestitino rosa con su sopra il suo nome stampato e la sua coda di cavallo, e se sua sorella era già sveglia e vestita di tutto punto a quell’ora, poteva significare soltanto due cose: aveva avuto un’idea geniale, oppure lo stava facendo apposta per dare delle noie a lui. 

Probabilmente, in quel caso, si trattava di entrambe le cose.

Lui sbuffò «Che vuoi?»

«Guarda un po’ cos’ho qui!» ed alzò la mano destra, nella quale impugnava, grande quanto il suo palmo, un orologio da taschino dal display verde, ancora spento e che non segnava neanche l’ora.

Pensava che lo avrebbe impressionato oppure era soltanto stupida?

«Un orologio rotto?»

Lei sorrise beffarda «Sapevo che l’avresti detto! Beh, mio caro, questo è un dragon radar, o se preferisci, un radar cerca-sfere: mi è bastata qualche ora di lavoro per idearlo ed ultimarlo, e adesso abbiamo un apparecchio in grado di rilevare la presenza di una sfera del drago anche a decine di chilometri di distanza! Ah, che cosa non farei senza la scienza!»

Vegeta inarcò un sopracciglio, parzialmente stupito dalla capacità di quell’oca di costruire tali oggetti partendo da zero. Ma una cosa gli era poco chiara: se quel radar avesse segnalato esattamente sette sfere in totale, inclusa quella che era già in loro possesso, allora ciò avrebbe voluto dire che le sfere del drago fossero reali, il che sarebbe stato incredibile, sì, ma anche dannatamente surreale.

«Lo so cosa stai pensando.» lo schernì sua sorella, allargando il sorriso beffardo sulle sue labbra, per poi premere il pulsante d’accensione di quell’arnese, che cominciò inevitabilmente ad emettere degli interminabili bip «Fa così perché segnala una sfera nelle vicinanze, che ovviamente è quella che abbiamo noi, ma se muoviamo il display, possiamo osservare che la sfera più vicina oltre questa è a cinquanta chilometri da qui. Questo significa che tu avevi torto, e che le sfere del drago esistono davvero!»

Era a dir poco incredibile: le sfere del drago erano davvero sette, e che esistessero non v’era alcun dubbio. Ma francamente, il ragazzo ancora stentava a credere che, se riunite tutte in un unico punto, potesse apparire dal nulla un drago. Dannazione, un drago!

Non si stava parlando di anatre o di cani, o di qualsiasi altro animale quantomeno realistico, ma di un drago; ed era un drago enorme, a giudicare da ciò che diceva quello stramaledetto libro. Un drago con poteri magici, oltretutto! Non poteva esistere al mondo una cosa del genere, non ci avrebbe creduto finché non l’avesse visto con i propri occhi.

Ed ecco perché adesso, Vegeta era ancora più determinato ad arrivare fino in fondo. 

«Adesso mi spieghi che cosa volevano mamma e papà?» cambiò poi discorso lei, avvicinandosi alle credenze per poter prendere la propria colazione ed afferrando una merendina confezionata. Sapeva benissimo che quella roba facesse ingrassare e facesse anche piuttosto male, ma quella mattina non aveva assolutamente voglia di preparare una colazione salutare, e allora, suo padre non se la sarebbe di certo presa, se lei avesse rubato una delle sue merendine al cioccolato.

Suo fratello, d’altro canto, le si sedette vicino, poggiando i gomiti sul tavolo ed assumendo un’espressione pensierosa.

«In realtà niente di che...» sibilò a denti stretti; non era completamente sicuro del fatto che i suoi gli volessero davvero regalare un portafortuna, e poi, se così fosse stato, avrebbero dovuto regalarne uno anche a Bulma, invece non gli sembrava proprio che sua sorella avesse addosso qualcosa di diverso dal solito.

Però non era neanche troppo sicuro del fatto che gli stessero nascondendo qualcosa, effettivamente; quindi, per il momento forse sarebbe stato meglio evitare di raccontare alla ragazza ciò che i loro genitori gli avevano detto la sera scorsa.

 

«Buongiorno, mattinieri!» 

 

La voce squillante ed allegra di Yamcha, nel suo pigiamone con su disegnate delle anatre, li distrasse dai loro discorsi, costringendoli a volgere lo sguardo proprio sugli anatroccoli rosa disegnati sullo sfondo giallo della tutina di flanella che il loro amico portava addosso.

 

«Che c’è?!» chiese allora, facendo spallucce «Era un regalo di mia madre!»

«Ti odia davvero così tanto?» lo canzonò il suo migliore amico, ghignando soddisfatto a quella visione così imbarazzante «Non le è bastato evitare che il tuo cervello si sviluppasse?»

«Si può sapere perché sei ancora in pigiama?!» sbraitò Bulma, mostrando al ragazzo le chiavi dell’elicottero che avrebbero pilotato da quel giorno in poi «Vedi di andarti a preparare, e anche alla svelta.»

«Ma... ero venuto a fare colazione!»

«Hah!» a quel punto, la ragazza prese dalla credenza una seconda merendina e, dopo averla scartata, la infilò in bocca al povero Yamcha che, temendo di soffocare se ne avesse ingoiato anche solo un altro pezzo senza masticare, tossì copiosamente, fino a correre su per le scale, scampando a quell’ira funesta.

 

*

 

Ci era voluto più tempo del previsto e, come si sarebbero tutti aspettato, era stata Chichi la più incline all’essere indecisa e lenta: la ragazza, infatti, aveva preparato una decina di valigie, nascondendosi dietro al fatto che sarebbero stati via per un bel po’, e che nonostante il loro viaggio, lei non avrebbe rinunciato ai libri e allo studio. Non poteva di certo permettere che i suoi voti si abbassassero di colpo, una volta tornati! 

A niente erano servite le lamentele della turchina, che spingeva in continuazione sul fatto di voler partire al più presto, perché la sua migliore amica non aveva voluto sentire ragioni: voleva che l’accompagnasse in quella follia fuori dal normale? Bene, allora avrebbe dovuto sopportare il fatto che lei fosse una persona altamente organizzata e prudente.

 

Vegeta, d’altro canto, era stato colui che aveva portato il meno peso possibile: nella remota possibilità che avessero dovuto abbandonare l’elicottero per cause di forza maggiori, come avrebbe fatto poi a salvare tutto ciò che riteneva importante?

Il suo zaino di scuola marchiato Capsule Corporation era più che sufficiente per quel viaggio; aveva fatto incapsulare a sua sorella dei vestiti, quindi sarebbe stato tutto più facile. Ma non c’erano capsule sufficienti a raccogliere tutta la roba che quella svitata aveva deciso di portarsi, quindi se ne sarebbe dovuta occupare da sola. 

 

«Bene, ragazzi!» li incalzò Bulma, sedendosi accanto a Yamcha, al posto del pilota «Stando a quanto dice il radar, la sfera più vicina dovrebbe trovarsi nei pressi del monte Paoz! Non è molto distante, e i miei lo conoscono molto bene: ecco perché ho rubato una delle loro piantine!»

 

*

 

La biblioteca del re... quel luogo in cui soltanto pochi eletti sarebbero potuti entrare; e Nappa, come suo consigliere di corte, ne era assolutamente capace. Era per questo che i due giovani guerrieri si stavano affidando al proprio compagno: lui era l’unico che potesse conoscere alla perfezione le stanze del sovrano, ed era anche l’unico che potesse sapere dove si trovasse il libro che tanto stavano cercando. 

A differenza del resto del pianeta ed anche del palazzo, quella era l’unica sala ad essere stata risparmiata dalla furia del mostro, come se fosse stata coperta da una sorta di incantesimo protettore di cui loro non erano assolutamente a conoscenza. 

«È rimasta intatta...» fu il commento del più giovane dei tre, che si ritrovò a guardarsi intorno con aria stupefatta, ammirando la bellezza e la raffinatezza di quella sala sconfinata «Tu sai perché, Nappa?»

«No.» fu la sua risposta «Ma non siamo qui per questo.»

 

Lui, di tutta risposta, avrebbe tanto voluto mandarlo in quel posto, e farlo anche alla svelta, ma non lo fece. Nappa era il più anziano di loro e, in quanto tale, meritava il massimo rispetto; a volte, però-anzi, la maggior parte delle volte- lo trattava come se fosse ancora un bambino... come se non fosse in grado di gestire le situazioni e fosse soltanto un peso per il loro tanto ridotto gruppo.

Così rimase in silenzio, seguendo gli altri due all’interno di quei corridoi che sembravano non finire mai, fino ad arrivare proprio al centro della costruzione a forma di cupola, in cui un libro, forse proprio quello che stavano cercando, ed anche molto diverso da tutti gli altri, era riverso a terra, aperto. 

Era forse da lì, che i nemici avevano trovato il modo di soggiogare la loro popolazione e poi distruggerla? 

Quando lo raccolsero, il ragazzo poté osservare meglio il suo aspetto: era rilegato in metallo prezioso puro, ed un bassorilievo al centro della copertina luccicante come un cristallo spiccava, rappresentante lo stemma della famiglia reale. Di quella famiglia che, probabilmente, era stata sterminata per prima. 

«È lui?» gli venne poi spontaneo chiedere.

«Sì. È lui.»

Forse era arrivato il momento.

Forse, finalmente, avrebbero trovato le risposte che stavano cercando. 

Eppure i tre, timorosi che tutta quella fatica alla fine si sarebbe rivelata vana, stavano esitando. Esitavano perché, essendo gli unici tre rimasti in vita di tutta la loro razza, si erano sempre sentiti in dovere di vendicarla... avevano sempre pensato che il destino gli avesse riservato un posto in prima linea, nonostante continuassero a chiedersi perché proprio loro. Perché proprio a loro era stato affidato quel compito tanto arduo.

E poi, quando finalmente il più anziano dei tre trovò il coraggio di aprirlo... fu lì che quel libro, dapprima inanimato, si alzò fluttuando in volo, sprigionando una luce di una potenza mai vista prima. Tanto che i tre furono costretti a coprirsi gli occhi con gli avambracci. 

Poi... ecco che iniziò a parlare. 

 

«Chi osa disturbare il mio riposo?» 

 

Fu quella la domanda che il libro pose al ristretto gruppo di guerrieri. Una domanda a cui loro non riuscirono a rispondere perché il libro, dopo qualche secondo, ricominciò a proferire parola.

 

«Riesco a sentire la vostra rabbia, miei giovani guerrieri. Riesco a sentire il rancore che portate sepolto nei vostri cuori.» fece una piccola pausa «Ditemi, allora. Cos’è che vi porta al mio cospetto?»

Fu il mezzano fra i tre, Radish, a prendere la parola: «Siamo venuti per scoprire come sconfiggere il nemico, e come togliere il sigillo. Tu puoi aiutarci?»

«Io posso tutto, mio coraggioso amico. Sono stato creato con lo scopo di custodire i segreti scritti in me, e tutte le storie che il re desiderava tener nascoste.»

«Allora dicci! Dicci... come? Come possiamo noi vendicare la fine del nostro popolo?»

E fu dopo quest’accorata domanda, che il libro smise di emettere quella grande luce, ed enormi immagini simili a degli ologrammi iniziarono a vorticare in maniera confusa intorno a loro, come se il potere di quell’oggetto li stesse portando indietro nel tempo, fino al momento in cui, per la loro razza, erano cominciati i guai.

«Oltre cinquant’anni fa, veniva incoronato re Vegeta III, discendente di colui che aveva portato la fioritura per il popolo dei saiyan, figlio del grande Vegeta II, colui che aveva portato la propria razza a prevalere sulla galassia... colui che diede inizio alla Grande Colonizzazione.» cominciò a narrare il libro, mentre di fronte ai loro occhi, l’immagine di un giovane Vegeta III durante le nozze con la sua amata regina, si palesò «Suo figlio non voleva soltanto eguagliare il proprio predecessore, ma voleva addirittura superarlo, arrivando ad estendere i suoi domini non solo in tutta la galassia, ma entro i confini dell’universo conosciuto. È stato con questa premessa che i saiyan, da popolo di soli guerrieri uomini, si è evoluto, maturando l’ideologia di cui voi sicuramente siete già a conoscenza... quella di una razza guerriera indistruttibile ed invincibile, in modo tale che il nuovo re potesse creare l’esercito più preparato e più potente che l’universo avesse mai conosciuto.»

Perché gli stava raccontando tutte quelle cose, quel maledetto libro? Non era per ascoltare la storia del loro popolo, che i tre saiyan erano arrivati al suo cospetto. Non volevano rivivere ricordi dolorosi, ma soltanto arrivare ad una conclusione; quei tre valorosi guerrieri... volevano soltanto una risposta. Avevano soltanto bisogno di una lieve, semplice speranza che ciò che era stato mandato in fumo potesse risorgere dalle proprie ceneri.

«E così, servendo fedelmente il proprio sovrano, l’esercito del pianeta Vegeta riuscì ad estendere i domini del regno fino alla Galassia Centrale, dove il re, finalmente, trovò l’alleato che stava cercando.»

Occhi rossi. 

Occhi rossi e languidi apparvero di fronte agli sguardi attoniti dei tre che, vedendo quel volto, non poterono trattenere un brivido lungo la schiena.

«Il principe Freezer, figlio del grande sovrano Cold, re del popolo di coloro che tutto l’universo conosce come “i demoni del ghiaccio”, era così tanto assetato di potere che, dopo essere andato al cospetto del padre, aveva ottenuto il permesso di creare una propria colonizzazione sotto il suo nome... e lui trovò nei saiyan un buon punto d’appiglio, un buon alleato da sfruttare a suo piacimento nel suo piano di dittatura assoluta.

Re Vegeta III era estasiato dalla potenza di quell’individuo e dall’influenza che la sua razza aveva sulle altre popolazioni, e così accettò di unire le forze e creare un regno in cui Freezer e i saiyan avrebbero governato fianco a fianco. Mai si sarebbe aspettato, che quella sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, per il nostro popolo.

In poco tempo, Freezer si guadagnò la fiducia del sovrano, che gli permise di alloggiare tra le mura di questo castello ogni qualvolta ne sentisse il bisogno. È stato proprio così che lui, spinto da puri istinti malvagi, è riuscito a trovarmi.»

I tre guerrieri rimasero a bocca aperta, quando appresero quella verità: il temibile Freezer, il tiranno che aveva guidato l’assalto al loro pianeta, aveva scoperto il modo di distruggerlo tramite quel libro. Tramite il libro che loro stessi gli avevano permesso di trovare e di utilizzare! 

Era stato il re. Lui si era fidato di Freezer, lui, con la sua stupidità, aveva lasciato che quel tiranno mettesse a punto il suo piano diabolico... ed in quel momento, la visione delle cose, per i tre saiyan, cominciò a distorcersi pericolosamente.

«Grazie alle informazioni trovate nelle mie pagine, Freezer riuscì ad organizzare il suo attacco al pianeta, mietendo molte, molte vittime... ed alla fine, confinando tutto ciò che era rimasto della nostra gente in un antro oscuro, una dimensione a cui non è ammesso accedere. Freezer usò il sigillo per confinare per sempre il popolo dei saiyan nel limbo, facendo così in modo che nessuno di loro potesse mai più liberarsi... il Sigillo Oscuro. È quella la chiave con cui Freezer ha potuto compiere la sua missione.»

Ed eccola lì. Quella lieve speranza che loro stavano tanto aspettando... quella remota, lontana possibilità, che tutto potesse tornare alla lucentezza di un tempo, che tutto si potesse aggiustare. 

Ma per poterlo fare, i tre erano sicuri che dovessero prima sconfiggere Freezer. E non ce l’avrebbero mai fatta, senza un aiuto concreto e realizzabile... e questo, voleva soltanto dire che quella speranza sarebbe potuta svanire da un momento all’altro.

«Questo vuol dire... che i nostri fratelli non sono morti?» fu Kaharoth, il più giovane dei tre, a fare quella domanda «Vuol dire che c’è un modo per salvarli? Per far tornare questo pianeta quello di un tempo?»

«Purtroppo, molti dei vostri fratelli sono caduti nel tentativo di contrastare l’esercito di Freezer... ma sì, coloro che sono riusciti a scampare alla morte, sono dispersi nell’oscurità, intrappolati dal Sigillo Oscuro.» 

«E non c’è un modo di salvarli?! Non esiste il modo di togliere quel sigillo? Come?! Come possiamo farlo? Parla, libro!»

«Oh, sì che esiste.» fu la sua risposta «Ma temo che nessuno di voi tre abbia le abilità per farlo: soltanto chi possiede sangue reale è in grado di togliere quel sigillo, e nessuno di voi è un discendente del re. Ma esiste un erede.»

Non era possibile. Gli unici sopravvissuti della razza erano loro tre, non poteva esistere un quarto saiyan, o quel giorno, quando erano fuggiti dal pianeta, l’avrebbero incontrato. E se non fosse successo quel lontano e triste giorno, sarebbe sicuramente capitato più avanti... ma nessun erede del re si era mai mostrato ai loro occhi: erano sempre stati da soli. Soltanto loro tre. 

«La nostra amata regina, quel giorno, ebbe un figlio: il principe, colui che un giorno sarebbe stato destinato a diventare re. Ma durante l’attacco, lei riuscì a correre lontano, e lo chiuse in una capsula, spedendolo via dal pianeta prima che qualcuno riuscisse a trovarlo, o ad individuarne la presenza. Il nostro principe è ancora vivo, ed è cresciuto su un altro pianeta, lontano dagli orrori di questa realtà.»

Il principe.

La loro regina aveva dato luce ad un erede, ed il fatto che loro non ne fossero a conoscenza, era proprio perché quello stesso erede era nato il giorno in cui l’armata di Freezer aveva attaccato Vegetasei. 

In quel momento, negli occhi color cenere dei tre compagni, si riaccese la speranza: la speranza che non tutto era perduto, e che sarebbe tornato a essere. Che il loro pianeta, il loro popolo, il loro sovrano, potessero davvero essere salvati. 

E a quel punto, fu Nappa a prendere finalmente la parola: «Dove possiamo trovarlo?»

«Su un pianeta chiamato... Terra.»

 

*

 

«Bene, bene... mi sa che è ora di andare.»

 

 

Continua... 

~~~

Note autrice
Ciao a tutti! Spero abbiate passato un buon weekend, dato che è stato il primo di vero caldo estivo dopo un maggio freddo e piovoso, e spero stiate tutti bene ed in salute :) 
Eccomi tornata con il terzo capitolo di questa long, che spero vi piacerà: dal punto di vista dei nostri protagonisti, si può appurare soltanto che Yamcha ha un pigiama ridicolo e che sono pronti a partire, mentre per quanto riguarda la "side-story" dei saiyan, si scoprono decisamente molte più cose interessanti. Su quel famoso sigillo, su Freezer e sulla sorte che è toccata al pianeta Vegeta e ad i suoi abitanti. 
Ma sarà davvero così facile spezzare quel sigillo? In fondo, il libro ha solo dato indicazioni molto generali, senza entrare troppo nel dettaglio. Probabilmente, si rivelerà tutto molto più difficile del previsto: e questo perché io sono sadica e mi piace entrare nell'angst e mettere in difficoltà i personaggi il più possibile. Ihihihih 😈
Ho deciso che pubblicherò i capitoli a cadenza settimanale, ogni lunedì e, quando mi sentirò di farlo e vorrò "sorprendervi", anche il venerdì, quindi aspettatevi almeno un capitolo a settimana.
Detto questo, vi ringrazio tantissimo per le recensioni positive, e ringrazio anche tutti i lettori silenziosi(ragazzi, vi vedo, siete fantastici) e vi mando un grosso bacio ;) 
Al prossimo capitolo!

-cancerianmoon

 

   
 
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