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Autore: Skylar098    13/06/2021    0 recensioni
"Ehi guardami. Qualunque cosa ti preoccupi, qualunque sia la tua paura, la affronteremo insieme. Siamo o no la coppia più forte?"
In un mondo dove pian piano il male si fa strada, una piccola agenzia sorge decisa ad affrontare il pericolo imminente. Il suo nome: Arc Genesis. La sua esistenza è celata dinanzi a una popolazione ignara del proprio destino. Poche persone ne fanno parte e non tutti sono disposti a mettere a rischio la propria vita, non tutti sono capaci di sopportare un tale stress mentale e fisico. I pochi eletti saranno coloro che porteranno a galla la cruda realtà del loro mondo.
Cosa sono i demoni?
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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« Dai Alaric vieni! » lo invitò il ragazzo tirandolo per il braccio.

« Perché mi hai svegliato così presto? » domandò con voce roca, mentre si stropicciava l’occhio assonnato.

« È una sorpresa, seguimi » sussurrò Shane strattonandolo delicatamente verso il piano superiore. Lo accompagnò per le scale fin quando non arrivarono davanti la porta in fondo al corridoio.

« Pronto? »

Alaric annuì debolmente prima che l’amico spalancasse l’uscio e mostrasse lui l’interno della stanza.

« Tanti auguri fratellone! »

Una pioggia di coriandoli inondò la sala cadendo leggera sopra la testa del festeggiato. Una frotta di marmocchi giocondi si fiondò sul maggiore e lo spinse verso il tavolo situato al centro della stanza, lì dove ad aspettarlo, c’era una grande torta al cioccolato, la sua preferita.

« Cosa significa tutto quest-»

« Tieni!» lo interruppe Shane, tirandogli su la mano; su di essa posò una scatolina e gliela spinse sul petto.

Alaric lo guardò, poi spostò gli occhi sulla scatola chiusa da un fiocchetto scarlatto.

« Dai aprilo » lo sollecitò l’amico.

« Ma Shane non dovevi »

« Tu aprilo »

Alaric sfilò delicatamente il nastrino di tessuto rosso, mentre un piccolo sorriso prese vita sul suo volto. Tolse quindi il coperchio, mettendo in mostra ciò che era custodito all’interno dell’esile scrigno ovvero un piccolo quadrifoglio intagliato in legno e dipinto a mano.

« Spero ti piaccia, è un portafortuna » rivelò nel mentre Shane, fiero del proprio lavoro. Alaric lo tirò su con delicatezza e lo osservò in silenzio.

« È bellissimo, Shane ti ringrazio infinitamente » disse quasi commosso.

« Nah non c’è di che, è giusto una piccolezza » rispose Shane, incrociando le braccia dietro il capo.

« E invece ha un valore inestimabile per me » sottolineò Alaric stringendolo tra le sue morbide mani, facendo arrossire l’amico.

« Adesso non esageriamo, piuttosto ora viene la parte migliore, la torta! » disse troncando il discorso, spingendo dietro la schiena il proprio amico. Finiva sempre per fare l’evasivo in quelle situazioni, ma ad Alaric non dispiaceva, conosceva fin troppo bene i suoi atteggiamenti, d’altronde erano migliori amici.

Quando il piccolo Alaric era finito in orfanotrofio all’età di soli 8 anni, dopo aver perso entrambi i genitori, lui c’era già. Non ci volle molto prima che i due legassero e non passava giorno in cui non si aiutassero a vicenda. I primi tempi furono piuttosto difficili per Alaric; perdere i genitori in quel modo era stato uno shock tremendo per lui e probabilmente senza la presenza di Shane non avrebbe resistito molto in quel mondo di solitudine e dolore, in fondo Alaric non era forte.

« La prima fetta la voglio io! » urlò sonoramente uno dei bambini.

« No io! » una voce ancor più squillante sovrastò quella del fanciullo precedente.

« No no no, la prima fetta è di Alaric, il compleanno è il suo, non fate storie » li riprese Shane, accompagnando la sua negazione col dito indice prima di poggiare le mani sui fianchi. Lui ed Alaric erano i più grandi del gruppo, per cui si occupavano spesso anche dell’educazione dei più piccoli.

« Shane non essere pignolo, a me non serve mica il primo pezzo. Ecco tieni » disse porgendo una piccola porzione verso il bambino che per primo aveva chiesto.

« Eh? Io non sono pignolo, sei tu che li vizi troppo »

Il giovincello ringraziò Alaric e rivolse invece una linguaccia verso Shane.

« Ma brutta peste se ti prendo »

« Dai lascialo stare » se la rise il corvino mentre affettava il dolce, offrendone poi una fetta all’amico.

« Hai ragione, la colpa non è sua...» si interruppe sospirando per prendere il piatto sulle proprie mani.

« Ma tua! » urlò spalmandogli la torta direttamente sul viso. Scaglie di cioccolato decorarono il volto del festeggiato mentre il riso dei bambini riempì la sala; Shane per primo era piegato in due dalle risate e si era dovuto appoggiare al tavolo per non cadere, la sua sghignazzata rumorosa e festosa come sempre. Alaric fu contagiato da quell’ilarità e non poté fare a meno di prenderne parte, leccandosi il cioccolato tra le labbra sorridenti. Fu allora che il tempo sembrò fermarsi davanti i suoi occhi per un istante; si guardò intorno e nella sua sfortuna e dolore, riconobbe la gioia che tanto gli era mancata. La sua famiglia non c’era più eppure non gli mancava così tanto; non poteva dire di averla sostituita, bensì di averne trovata una nuova di altrettanto valore.

« Non pensare che te la faccia passare liscia » rispose quindi all’attacco il corvino, spiattellando la cioccolata sulla guancia dell’amico, trasformando la sua festa di compleanno in una lotta a suon di torte in faccia.

« Ehi voi! » la voce della direttrice fece calare il silenzio all’interno dell’orfanotrofio.

« Shane, Alaric, voi due dovreste dare il buon esempio a questi bambini, guardate che disastro, pulite tutto immediatamente e voi altri in camera vostra su, la festa è finita » disse con tono autoritario, lontano però dall’essere malevolo.

« Sissignora » urlarono drizzandosi sul posto. Shane fece fatica a rimanere serio vicino al proprio amico ricoperto di cioccolato e quando la donna si allontanò per accompagnare i bambini a letto, il maggiore diede una gomitata ad Alaric scoppiando a ridere.

« Ti prego vai a sciacquarti la faccia Alaric, altrimenti rischio di morire per le troppe risate »

Alaric gli rispose con una smorfia e corse in bagno, mentre Shane prendeva lo straccio per scrostare il cioccolato da terra. Ogni giorno ne combinava una, era davvero un pasticcione, non per niente portava la nomina di “giullare dell’orfanotrofio”. Tuttavia non era sempre stato così, Alaric non dimenticò mai la crisi che Shane ebbe l’anno precedente, tanto meno quelle avvenute ancora più addietro. Ricordava come nel cuore della notte fu svegliato brutalmente dalle sue urla, ricordava la direttrice tenerlo per le braccia, mentre lui era in preda ad un attacco di rabbia, panico, dolore, non sapeva nemmeno lui a cosa fosse dovuto, Shane non gliene aveva mai parlato ed evitava costantemente l’argomento, faceva sempre finta che non fosse successo nulla, ma ad Alaric era rimasto ben impresso quell’episodio e gli sarebbe piaciuto affrontare quel discorso prima o poi.

« Ci sei caduto in bagno? » urlò Shane per farsi sentire dall’amico che perso tra i suoi pensieri si era dilungato fin troppo.

« Perdonami, credo la torta mi abbia fatto male » rispose Alaric raggiungendolo con la mano premuta sullo stomaco.

Shane alzò un sopracciglio poggiandosi sullo straccio.

« Ma se l’unica cosa che ha mangiato è stata la tua faccia »

« Hahah..effettivamente » Alaric era decisamente pessimo a mentire.

« Non preoccuparti, ormai ho finito, d’altronde ho creato io questo scompiglio » disse dandogli un colpetto sulla spalla.

« Sarà per la prossima volta »

« Scusa Shane.. » disse abbassando lo sguardo.

« Eh no! » replicò prendendo le guance del corvino strizzandole con forza.

« Niente musi lunghi, oggi è il tuo compleanno, non devi fare assolutamente niente, se non sorridere. Se vuoi fare qualcosa tieni, metti a posto questo e andiamo un po in giardino » disse passandogli l’arnese per pulire. Alaric annuì e dopo aver sistemato l’attrezzo lo seguì all’esterno. Fuori era appena mattino e la fioca luce del sole scaldava i fili d’erba, sciogliendo la rugiada che silenziosa vi si era appoggiata durante la notte.

« Ti sei coperto per bene? A quest’ora è freddo » si premurò Shane osservando l’amico indossare una sciarpa verde acqua sopra la sua giubba azzurra.

« Lo sai che sono freddoloso, non preoccuparti » rispose Alaric, soffiando l’aria gelida all’interno della sua stola.

« Non per niente sei nato in piena estate »

« Infatti » rispose sedendosi sul muretto vicino al suo migliore amico.

« Però oggi è una bella giornata, quindi vedrai che tra un po avrai il tuo caldo estivo »

« Effettivamente quest’anno è freddo per essere luglio.. »

« Beh in questa parte del mondo l’estate è già più fredda del solito, ma tra poco il sole splenderà in cielo, per cui su col morale e poi stasera ho una cosa importante da dirti per cui non voglio tu sia triste fino ad allora »

Alaric si voltò a guardarlo con sospetto.

« Perché proprio stasera? Non puoi dirmela ora? » domandò ansioso.

« No mi dispiace, la notte porta consiglio, dicevano..almeno credo »

« Uff, aspetterò allora » si arrese quindi, nascondendo la preoccupazione che all’improvviso l’aveva avvolto.

Non voglio tu sia triste fino ad allora cosa intendeva esattamente?

« Ragazzi rientrate che è freddo » la direttrice li richiamò dalla finestra.

Shane saltò giù dal muretto e rientrò per primo, aspettando Alaric sulla porta. Quest’ultimo lo raggiunse titubante e si chiuse l’uscio alle spalle, posò la giacca sull’appendiabiti e sciolse il nodo della sciarpa, mentre Shane tornava in camera. Alaric era piuttosto pensieroso, quelle parole lo stavano tormentando più di quanto avesse immaginato, ma forse si stava preoccupando troppo, doveva solamente godersi il compleanno come gli aveva suggerito l’amico.

« Shane guarda qua » lo chiamò Alaric da lontano.

« Mi sono permesso di apportare una modifica al tuo portafortuna prima e l’ho reso una spilla, così posso sempre portarlo con me e tenerlo in bella vista!» spiegò entusiasta mostrando il suo operato.

« Ah, ma- » Shane tentò di nascondere il suo imbarazzo invano.

« Ottima idea, tutti devono vedere quanto sono bravo a creare cose » disse poggiando le mani sui fianchi atteggiandosi.

« Vero, sembra tu abbia talento per queste cose » annuì il corvino.

« Beh in qualcosa dovrò pur essere bravo » si vantò il maggiore. A differenza di Alaric, che nel lavoro manuale non era granché nonostante l’impegno, Shane era un vero portento.

« Prima o poi mi insegnerai qualche trucchetto » lo punzecchiò Alaric.

« Eh no caro, un mago non rivela mai i suoi trucchi »

« Ma tu non sei un mago! » sbuffò il minore facendo ridere di gusto Shane.

« Ehi Alaric! Buon compleanno » li interruppe uno dei bambini che appena lo vide gli saltò addosso.

« Stamattina non sono riuscito a svegliarmi perdonami, volevo esserci anche io per la sorpresa » si lamentò il piccolo.

« Non preoccuparti, lo so che sei un dormiglione » lo rassicurò Alaric scompigliandogli dolcemente i capelli.

« E questa cos’è? » domandò curioso osservando la spilla.

« È bellissima, posso toccarla? » domandò allungando la mano.

« Certo che puoi è il regalo di Sha- »

Un sonoro schiaffo interruppe la frase di Alaric che si girò sconvolto verso Shane, i suoi occhi azzurri coperti dalle ciocche rossicce.

« Non toccarla, potresti rovinarla » disse a bassa voce, mentre il bambino si teneva la mano arrossata con le lacrime agli occhi.

« Shane ma che ti prende?! » lo rimproverò l’amico, massaggiando la mano del minore.

« Niente io...scusami » disse voltandogli le spalle, allontanandosi dai due a denti stretti.

« Shane mi fa paura Alaric, ogni volta che c’è lui, è difficile per noi avvicinarti, non sei mica suo! » confessò il fanciullo tirando su col naso. Alaric spalancò gli occhi di fronte quell’asserzione, rimanendo pietrificato sul posto per qualche secondo.

« Ma no, vedrai che non è così, Alaric o è di tutti o non è di nessuno » disse mostrandogli un sorriso prima di dargli un lieve bacio sulla mano.

« Adesso ci parlo io con Shane e risolviamo tutto, okay? » lo consolò poggiando una mano sulla sua testa. Il giovincello annuì e corse in camera sua, lasciando Alaric nei suoi pensieri.

Quindi è così che i bambini vedono Shane?

Fu proprio allora, nella totale solitudine, nel silenzio più assoluto, che si accorse di quanto in realtà quelle parole fossero vere. Shane in compagnia di Alaric era una persona totalmente diversa, con gli altri invece era sempre in competizione e non permetteva mai loro di stare troppo vicino al suo amico. Magari non lo faceva apposta, magari era fatto così, ma tutto ciò però lo spaventava; lui voleva bene a tutti, non avrebbe permesso una disparità simile a discapito dei più piccoli, non voleva avessero paura del suo migliore amico e non voleva che Shane rimanesse legato solamente a lui; voleva che fosse una grande famiglia unita, famiglia che ognuno di loro aveva perso.

« Shane apri la porta » lo pregò Alaric fuori dal suo dormitorio, bussando ripetutamente sul legno.

« Non sono arrabbiato, però mi devi delle risposte » continuò, ma l’unica cosa che ricevette in cambio, fu il silenzio.

« Io...volevo solo passare il mio compleanno insieme a te e gli altri » pronunciò infine con tono di resa, lasciando cadere la mano lungo il fianco.

Seduto a terra, con la schiena poggiata sul letto e la testa nascosta tra le ginocchia, Shane si stava maledicendo per aver mostrato nuovamente quella parte di sé che tanto odiava. Lacrime salate rigarono il viso del ragazzo non appena le parole del suo migliore amico lo raggiunsero; avrebbe tanto voluto risolvere la questione in quello stesso istante, ma non in quelle condizioni, si vergognava troppo, non era in grado di guardarlo negli occhi. Alaric si allontanò quindi abbattuto e Shane alzò il capo udendo i suoi passi farsi sempre più lontani.

« Ma perché proprio a me….perché proprio a me doveva succedere? » si lamentò sbattendo la testa contro il materasso, strizzando gli occhi frustrato. Proprio lui aveva rovinato la giornata ad Alaric, lo stesso che l’aveva pregato di sorridere unicamente durante quell’occasione annuale. Era stanco di deludere le persone a lui care, stanco di vivere in quel modo, non era giusto che proprio a lui fosse capitata una cosa del genere, non era giusto. Affogato tra i pensieri, Shane rimase chiuso nella sua stanza tutto il giorno, non uscì né per il pranzo, né per la cena, mentre Alaric guardava la sedia al suo fianco tristemente vuota e silenziosa.

La fine della giornata si avvicinò impellente; il sole calò dietro le montagne affrettandosi a lasciare posto alla luna per fare compagnia alle stelle. Shane non si era dimenticato che quella sera avrebbe dovuto parlare ad Alaric di quella cosa importante, ci aveva rimuginato tutto il giorno, non era uscito dalla sua stanza anche per quello. Solitamente i due si davano appuntamento sul tetto dell’orfanotrofio, là dove erano sicuri che nessuno li avrebbe cercati e disturbati. Non fu infatti un caso trovare Alaric, seduto sulle gelide tegole della tettoia, già ad aspettarlo sotto il cielo stellato. Shane spalancò gli occhi sorpreso e si avvicinò all’amico che con premura, l’aveva invitato a sedersi al suo fianco. Il giovane si sedette in silenzio e voltò lo sguardo verso Alaric, intento ad osservare la volta celeste.

« Non trovi che il cielo faccia paura? Così immenso e lontano, così irraggiungibile, solitario e silenzioso. »

L’aveva detto senza staccare i suoi occhi verdi dal vuoto cosmico e Shane si trovò quasi costretto a girarsi per osservare lo stesso soggetto.

« La mia paura più grande è rimanere solo, non credo potrei mai intraprendere un viaggio simile »

« Perché stai pensando allo spazio ora? » prese finalmente parola Shane.

« Beh perché ho paura che andando avanti di questo passo la nostra amicizia diventerà proprio come lo spazio; fredda, lontana e ricca di silenzi»

« Ti prego Alaric...» Shane sentì un fortissimo dolore al petto, così forte da fargli mancare il fiato. Posò una mano sul torace e strinse la maglia con forza, subito dopo impallidì violentemente e iniziò a respirare a gran fatica.

« Shane? » si allarmò Alaric, alzandosi in piedi.

« Credo...di avere un attacco di panico » disse tra un respiro e l’altro, mentre la sensazione di soffocamento l’assaliva e le palpitazioni aumentavano.

« Respira, cerca di respirare, vado a chiamare la direttrice aspetta! » strepitò altrettanto in panico Alaric, ma Shane allungò una mano e prese in tempo un lembo della sua giacca.

« No ti prego non lasciarmi solo.. »

« Sarà per un istante »

« Per favore… » supplicò con affanno. Alaric non sapeva come agire, chiamare un adulto era sicuramente la cosa migliore da fare, ma come poteva lasciare Shane in quello stato? Lui non era in grado di aiutarlo, anzi era ugualmente scosso e aveva paura che la sua ansia lo contagiasse aggravando ancor di più la situazione.

« Rimani qui, non te ne andare » sussurrò stringendo debolmente la giubba del corvino, piegato in avanti con la testa rivolta verso il basso e i capelli rossicci che coprivano il suo volto sofferente. Alaric strinse i denti e si inginocchiò verso l’amico.

« Va bene non vado da nessuna parte.. » lo rassicurò carezzandogli la schiena.

Pian piano la stretta al petto si fece più leggera e il respiro più regolare. I due rimasero in quella posizione per una decina di minuti fin quando Shane non riuscì a tirar su il viso.

« Credo che il peggio sia passato » confessò asciugando il sudore sulla fronte.

« Mi dispiace Shane è stata colpa di quello che ho detto vero? » domandò pentito il corvino e l’altro annuì silenzioso.

« Ma non fa nulla, d’altronde me lo merito per averti rovinato la giornata »

« Figurati se quello che hai passato è paragonabile ad uno stupido compleanno » si innervosì Alaric, aggrottando le sopracciglia. Una risatina beffarda sfuggì dalle labbra di Shane.

« Ironico come volessi parlarti dei miei problemi e si siano palesati con così tanta arroganza per tutto il giorno »

« Quindi era di questo che volevi parlarmi stasera »

« Perspicace. Penserai che sono un gran egoista a parlarti di una cosa così pesante durante il tuo compleanno, ma volevo tu lo sapessi...so quanto avresti voluto saperlo già da tempo, quindi in questo giorno speciale ho deciso di aprirmi con te »

Alaric guardò Shane perplesso, felice di quella notizia, ma anche preoccupato della gravità della questione.

« Non sei egoista Shane, non mi importa quando dici le cose, basta che me le dici, visto il peso che ti porti dentro »

Shane mostrò un sorriso sincero prima di alzarsi in piedi ed iniziare a camminare lungo la tettoia.

« Tutto è iniziato quando ero piccolo. Non ho mai avuto autocontrollo, nemmeno in tenera età quando ho quasi dato fuoco alla mia casa o quando ho ucciso il gatto o fatto del male ai miei genitori. Ho queste crisi, questi scatti dove la mia mente non ragiona più, dove il mio corpo prende il sopravvento e divento violento…i miei genitori erano terrorizzati da quello che sarei potuto diventare e mi hanno abbandonato in questo orfanotrofio all’età di soli sette anni. La direttrice mi ha accettato solo dopo avermi sottoposto a dei test ed ha deciso che non poteva lasciarmi in mezzo ad una strada dopotutto. » si interruppe per saltare da una tegola all'altra evitando di mettere il piede sopra quella già frantumata e pericolante. Si voltò poi verso l’amico dando le spalle alla luna.

« Alaric io soffro di una rarissima ed incurabile malattia al cervello, che pian piano brucerà la mia coscienza e lascerà spazio solamente alla rabbia e alla violenza. Quello che hai visto oggi era solo un assaggio, ogni tanto riesco a controllarmi e a minimizzare la cosa con un semplice schiaffo, ma

quanto durerà? Io sono stanco, non voglio essere di nuovo abbandonato, perché non ho mai fatto nulla di male, non intenzionalmente, non ho chiesto io di venire al mondo in questo modo, quindi perché? » fece una breve pausa per riprendere fiato.

« Immagino anche tu vorrai andartene ora che lo sai vero? » alzò la voce sbraitando e subito dopo Alaric lo avvolse in un caloroso abbraccio.

« Mi dispiace Shane...mi dispiace tanto » disse tra le lacrime che inevitabilmente erano scese a causa di quella rivelazione, ma Shane lo scansò violentemente.

« Non voglio la tua compassione Alaric, non voglio essere compatito, non voglio farti pena, voglio risposte »

Nonostante la sua reazione avversa, Alaric evitò qualsiasi comportamento altrettanto brusco, non voleva Shane si sentisse minacciato, voleva solo aiutarlo e urlargli contro o schiaffeggiarlo per farlo tornare alla realtà, non sarebbero state le soluzioni migliori.

« Shane ascoltami, perché mai dovrei abbandonarti per una cosa simile? Non è proprio in questi momenti che ci si sostiene ancor di più? Non tanto perché provo pena per te, ma in quanto tuo migliore amico ho il dovere e la necessità di starti accanto »

« E allora perché non è stato così con i miei? È facile parlare così Alaric e lo sarà fin quando non ti farò male, perché te ne farò, è sicuro »

« Perché sembri così sicuro di quello che dici? Quanti anni sono che ci conosciamo? Sono sette anni Shane, sette. In sette anni non hai mai alzato un dito contro di me, perché mai dovresti farlo in futuro? » ribatté Alaric con calma. Shane sembrò pensarci, ma non rese le cose così facili al minore.

« Perché andrà solo peggiorando, non esiste possibilità di un miglioramento, per cui arriverà quel giorno e io ti deluderò, perderò tutto di nuovo, ti guarderò andar via perché in fondo me lo merito, sono un mostro »

« Adesso smettila. Stai rendendo difficile anche a me rimanere calmo. Smettila di fasciarti la testa prima del tempo, di prevedere un futuro totalmente incerto e concentrati sul presente, perché io ora ci sono, sono qui e non me ne vado. Non farò come i tuoi genitori perché io ho già perso tutto una volta, non butterò all’aria la mia seconda occasione per un ostacolo nel cammino Shane, loro non hanno avuto quel coraggio, ma io sì e se dovesse succedere che avrai una delle tue crisi io ci sarò, io ti fermerò, io ti aiuterò, io resterò in ogni caso »

Gli occhi di Shane diventarono lucidi d’un tratto e poco a poco, la rabbia si trasformò in sollievo.

« Dovrei crederti sulla parola Alaric? Sono convinto che finché non ti farò del male, sarà facile per te fare questi sermoni, ma dopo? Dimmi perché tu saresti diverso dai miei genitori e perché faresti tutto questo per me »

Alaric si asciugò le lacrime con il gomito e lasciò spazio ad un sorriso genuino, mentre la brezza notturna scompigliava le sue ciocche corvine.

« Perché sei il mio migliore amico e l’unica famiglia che mi sia rimasta »

Shane rimase spiazzato dalla sua risposta, avrebbe pianto se solo fosse stato in grado di farlo. Scoppiò invece in una fragorosa risata.

« Te ne esci sempre con queste frasi toccanti tu, dovresti scrivere un romanzo » lo prese in giro.

« Ma tu guarda questo come si diverte a rovinarmi i momenti, ti perdono solamente perché sei tornato in te, sono felice tu ti sia tolto finalmente questo peso di dosso »

« Tutto grazie a te » rispose sincero alzando il pugno, Alaric fece lo stesso unendo il suo con quello di Shane.

« Al dopo penseremo poi, per ora vivi il presente insieme a me e gli altri »

« Non credo gli altri mi vedano sotto una buona luce...» confessò grattandosi la nuca. Se n’era accorto già da un po di quanto i minori ne avessero timore.

« Invece ti sbagli, sai per molti sei un esempio, ho visto Rick cercare di imitarti nei lavori manuali, Albert provare a fare battute che facciano ridere tutti come fai tu e Nana essere gentile nei confronti degli altri proprio come tu fai con me. Forse sono un po intimoriti è vero, ma basterà fargli capire la situazione e capiranno vedrai »

« Tu dici? » domandò speranzoso Shane.

« Io dico di sì, sono bambini ma non sono stupidi »

« A differenza di qualcuno »

Alaric alzò gli occhi al cielo ridendo.

« Sai che ti conosco, è inutile che nascondi le tue vere emozioni dietro al sarcasmo e alle battute spiritose. L’unica cosa che non mi va giù è che tu abbia taciuto per ben sette anni e ti sia portato questa cosa dentro così a lungo »

« Mi dispiace averti fatto preoccupare a lungo »

« Non fa nulla, l’importante è che ora tu stia meglio »

« Sono davvero fortunato ad averti conosciuto Alaric »

« Adesso sono io quello che dovrebbe fare qualche battutina fastidiosa » lo stuzzicò il minore.

« Per una volta che ero serio..» Sbuffò Shane.

« Anche io lo sono, davvero » ricambiò Alaric con un sorriso.

Shane trovava difficile che qualcuno pensasse una cosa simile riguardo una persona tanto problematica, ma sapeva che di Alaric poteva fidarsi, per cui non ribatté e si godé in silenzio quella profonda considerazione nei suoi confronti.

« Si è fatto tardi, forse è meglio rientrare » suggerì il minore, seguito dal maggiore che gli diede ragione. Rincasarono dunque e si salutarono sulla soglia dei loro dormitori fin quando non chiusero le rispettive porte e si diedero la buonanotte.

Alaric si buttò sul letto esausto e nascose il viso sul cuscino mentre le lacrime iniziarono a sgorgare incessanti dai suoi occhi. Ora il petto faceva male a lui, ma non era un attacco di panico, era un dolore diverso. Il suo migliore amico aveva una malattia incurabile che prima o poi l’avrebbe portato via da lui, sarebbe rimasto ancora una volta da solo e più di quello, lo faceva star male quel pensiero tanto egoista. Shane soffriva da anni e avrebbe sofferto a lungo ancora e lui pensava solamente di rimanere solo. Poteva essere legittimo quanto voleva, no non se ne convinse nemmeno, si odiava e basta per quei pensieri, ma non voleva stare male, non più, proprio ora che aveva ritrovato la sua famiglia. Avrebbe voluto urlare, ma si limitò a piangere trattenendo tutto dentro, con la gola che gli bruciava e le mani che gli tremavano. Il giorno seguente si svegliò con gli occhi rossi e sperò che nessuno facesse domande a riguardo, non gli piaceva mentire.

« Buongiorno Alaric » lo salutarono i bambini già a tavola.

« Buongiorno a voi » rispose, notando come prima cosa Shane inchinato davanti a Charles, il bambino al quale aveva fatto male il giorno prima.

« Perdonami per ieri non volevo! » urlò ripetutamente, attirando l’attenzione della direttrice che si avvicinò minacciosa.

« Che succede qui? » domandò con le mani sui fianchi. Shane tirò su il capo frettolosamente, pronto a raccontare la verità, ma fu inaspettatamente interrotto dal bambino che prese parola prima di lui.

« Niente Shane ha rotto uno dei miei giocattoli, ma non l’ha fatto apposta!»

Shane spalancò gli occhi incredulo, mentre Charles gli fece cenno col dito di fare silenzio; dall’altro lato della stanza Alaric alzò le spalle sorridendo come per dire “Te l’avevo detto”

« Se è tutto a posto allora non urlare, forza la colazione è pronta » lo riprese la donna. Charles corse al suo posto, mentre Alaric raggiunse il proprio amico.

« Non ti sembra vero eh »

« Secondo me lo hai minacciato tu Alaric, non si spiega altrimenti »

« Ma tu sei matto, non minaccerei mai nessuno »

« Allora lo hai corrotto con qualche favore e un po di caramelle »

« Dai Shane smettila, non ti costa molto ammettere che questo è il gesto che farebbe un fratello che ti vuole bene »

Shane spalancò gli occhi perplesso; effettivamente non aveva mai pensato che qualcuno oltre Alaric potesse considerarlo tale.

« Adesso andiamo o la direttrice si arrabbierà » lo invitò Alaric e Shane lo seguì taciturno. Consumarono in silenzio il loro pasto circondati dal riso dei minori e quando arrivò il momento di sparecchiare, Shane stava ancora pensando a quelle parole. Cercò di metabolizzare la cosa il più in fretta possibile in quanto doveva badare ad altro durante quella giornata, non poteva certo distrarsi. Aveva deciso di organizzare una seconda festa per Alaric o meglio, aveva intenzione di fargli passare una giornata diversa dal solito dato che quella precedente non erano stati affatto insieme. Corse quindi in soffitta dove teneva i suoi attrezzi per lavorare il legno e sistemò due vecchi tavoli uno vicino all’altro; vi posò quindi sopra diversi strumenti e travi di legno. Poggiò le mani sui fianchi osservando la postazione in ordine e sorrise soddisfatto; ora mancava solamente il protagonista. Scese le scale frettolosamente e trovò Alaric proprio alla fine di esse; sembrava pensieroso. - « Shane..»

Lo prese per un braccio e senza dire nulla lo tirò per la scalinata con sé.

« Ta dan! » urlò allargando le braccia per indicare il suo operato. Alaric guardò Shane e poi gli attrezzi poggiati sui due tavoli.

« Mi avevi chiesto di insegnarti qualche trucchetto no? Bene è arrivato quel giorno » disse spostando la sedia facendo cenno al minore di avvicinarsi e mettersi comodo.

« Poi volevo recuperare in qualche modo la giornata di ieri..» aggiunse abbassando lo sguardo pentito.

« Non devi recuperare assolutamente nulla » rispose Alaric con un sorriso sincero sulle labbra. Probabilmente in un’altra occasione avrebbe dimostrato più entusiasmo, ma in quell’istante non riuscì proprio e mantenne una reazione più pacata e controllata. Si accostò agli attrezzi e prese posizione sul tavolo di destra. Shane lo raggiunse subito dopo rimanendo alla sua sinistra.

« Anche io voglio farti un portafortuna » esordì Alaric carezzando il legno con un dito.

« Uno a forma di infinito che rappresenti il nostro legame, che faccia di noi un per sempre » disse alzando lo sguardo verso Shane. Quest’ultimo sentì il bisogno impellente di piangere e stringere Alaric tra le sue braccia, ma frenò quel gesto sul nascere e lo sostituì con una risatina.

« Non ti merito proprio io » sussurrò tenendo lo sguardo basso.

« Non si tratta di merito » continuò Alaric. Inevitabilmente qualcosa si era spezzato dentro di lui ed ora sentiva il bisogno di colmare quel pezzo mancante con qualcosa di materiale, qualcosa che mantenesse vivo quel sogno, quel desiderio.

E di cosa? Avrebbe voluto chiedere il maggiore, ma evitò la domanda per paura della risposta, quindi si sedette al fianco del corvino in silenzio passandogli lo scalpello appuntito con un sorrisetto sul volto.

« Prima di tutto, fammi vedere come lavori solitamente, così che io possa darti qualche consiglio a riguardo » lo invitò Shane lasciando fare al più piccolo.

« Ovviamente lavorerai solo con scalpelli, lime e raspe, non ti farò mettere mano a cose più pericolose, per fare un piccolo portafortuna basta poco » spiegò come un maestrino col dito puntato verso l’alto.

Alaric strinse lo strumento tra le proprie mani e scelse il tocco di legno più minuto per iniziare. All’orfanotrofio i bambini venivano educati anche attraverso stimoli di vario genere, la sezione creativa era piuttosto sviluppata, tra pittura, lavorazione di ceramica e legno gli orfani potevano imparare velocemente le attività più fantasiose e di manifattura più divertenti, piuttosto utili nella vita di tutti i giorni e pensate appositamente per regalargli una base lavorativa in un futuro fuori dall’orfanotrofio.

« Ahhhh sono proprio negato! » si lamentò Alaric sbattendo il terzo ciocco di legno distrutto completamente senza alcun risultato, mentre Shane se la rideva sotto i baffi.

« Hai un tocco più delicato di quanto credi, ma non sai come sfruttarlo » sostenne il maggiore prendendo la mano di Alaric con la sua, guidandolo nei movimenti.

« Non devi pensare al legno come qualcosa di duro che va tagliato con forza, il legno si leviga, così » con una passata rapida eppure leggera, recise uno strato di legno netto e preciso, senza alcuna fatica. Alaric osservò stupito il suo operato e in men che non si dica, ogni malessere cominciò ad appianarsi.

« Chiaramente vanno usati anche gli strumenti giusti, la raspa ha una texture più grossa rispetto ad una lima e serve per interventi più massivi, mentre la lima serve per le rifiniture più delicate » illustrò poi con cura le diversità degli utensili, sperando di donare qualche consiglio utile al minore.

« Adesso riprova » lo invitò Shane, lasciando la presa dalla sua soffice mano per farlo tentare da solo. Ci volle un pomeriggio intero perché Alaric ottenesse una parvenza di risultato positivo.

« Mi fanno male la mani » esordì esausto Alaric, posando la piccola sagoma di legno guadagnata con gran fatica, sul tavolinetto.

« Vedi che piano piano ci stai prendendo mano, con un po di pratica potresti addirittura superarmi » ammise Shane con le braccia conserte, quasi invidioso.

« Eravamo così presi che si è fatta già notte, tra poco ci chiameranno per la cena » sbuffò il corvino pulendosi la maglietta dai trucioli di legno.

Shane si affacciò dalla finestra della soffitta ed osservò il cielo cupo sopra le loro teste. Quel grigiore infausto risvegliò un sentimento di angoscia dentro di lui poiché ai suoi occhi quelle nuvole non sembravano portare solamente pioggia e temporali, ma l’oscurità stessa dentro di loro.

« Questo tempo non mi piace per nulla...» commentò visibilmente a disagio il giovane stringendosi nelle spalle preso da un improvviso brivido di freddo. Alaric giocherellò con la minuta forma lignea prima di voltarsi verso il maggiore.

« Non ricordavo avessi paura dei temporali »

« No, non è questo Alaric, c’è qualcos'altro » rispose facendo preoccupare l’altro.

« Che succ- » Alaric fece giusto in tempo ad alzarsi dalla sedia quando la vetrata alle spalle di Shane scoppiò rumorosamente facendo tremare l’intera struttura.

« Bambini mettetevi al riparo! » urlò la direttrice raccogliendo quanti più infanti possibili sotto la sua ala protettiva.

« Un incendio! C’è un incendio! » urlò uno dei piccoli, correndo con le lacrime agli occhi verso la donna. Il fumo inondò serpeggiante la sala principale rendendo l’aria sempre più difficile da respirare.

« Possibile che un fulmine abbia colpito la casa? » domandò a se stessa la direttrice incredula e totalmente impreparata ad un'emergenza simile. Quante possibilità c’erano che succedesse una cosa simile?

« Bambini ho bisogno che mi stiate vicini e che contiate quanti siete; fate l’appello di chi manca, ne siete in grado? » domandò col tono più rassicurante che riuscì a tirar fuori da quella situazione disperata.

 

 

« Shane! » tossì violentemente Alaric dopo aver urlato il suo nome. Il fitto fumo rese difficile non solo la respirazione, ma anche la visibilità ed Alaric non riusciva ad inquadrare la figura del proprio amico all’interno della soffitta, tanto più che alcune fiamme avevano preso a corrodere la parete in legno appena intorno alle finestre frantumate.

« Shane rispondimi ti prego! » continuò strisciando sul pavimento, lì dove il fumo non era ancora troppo denso.

« Alaric...» la flebile voce del maggiore raggiunse debolmente le sue orecchie ed Alaric corse immediatamente verso il corpo dell’amico riverso a terra.

« Shane sei ferito? » domandò terribilmente preoccupato.

« C’è qualcosa di strano in me...» sussurrò in un lamento, prima di contorcersi dal dolore allarmando l’amico già abbastanza sull’orlo del panico.

« Devo portarti fuori di qui! » provò a tirarlo per il braccio Alaric, ma Shane lo ritirò in fretta, facendo cadere all’indietro il minore.

« No Alaric…non avvicinarti » lo avvisò con tono dolente.

« È uno dei tuoi attacchi? » domandò rimettendosi in ginocchio di fronte il proprio amico.

« Perché se lo è, non preoccuparti sono qui con te, non ti lascio solo »

Il vento entrò impetuoso dalla finestra rotta, alzando le fiamme al loro fianco; l’aria sempre più rarefatta ed asfissiante iniziò ad provocare i primi effetti negativi sui loro esili corpicini.

« Permettimi di aiutarti Shane, non mi farai male »

« No tu non capisci… »

« Sei tu a non capire! » alzò la voce il corvino stringendo il polso del ragazzo sofferente.

« Se non usciamo di qui moriremo, ora non ha importanza nient’altro! »

Shane spintonò Alaric lontano da sé e si alzò in piedi con le lacrime agli occhi.

« Credo ci sia qualcos’altro dentro di me, sento la rabbia scorrere nelle mie vene, sento l’impellente desiderio di farti male, di spazzare via questo posto ed uccidere tutti, voglio vendetta, ho sete di sangue »

Alaric tremò di fronte l’aura torbida emanata da quell’essere che non riconobbe più come suo amico d’infanzia, sembrava come posseduto.

« Shane che stai dicendo...» una risata mista al terrore uscì tremolante dalle labbra del corvino, mentre indietreggiava strisciando a terra.

Le iridi color ghiaccio di Shane scintillavano in mezzo alla foschia, mentre le sue pupille, ristrette a tal punto da essere considerate inumane, lo guardavano dall’alto al basso.

« Ti prego vattene… non so cosa mi stia succedendo, ma non riuscirò a tenere a bada questo assurdo istinto omicida per un altro secondo » la sua voce quasi storpiata in un sussurro malefico, era diventata irriconoscibile, mentre le fiamme si ergevano lungo le travi di legno. Non ci volle molto prima che danzassero al fianco del proprio amico, serpeggiando ardenti vicino la sua pallida pelle.

« Non voglio perdere anche te, perché deve succedere tutto questo, non è giusto, volevo solo tu rimanessi al mio fianco per sempre » le rimostranze di Alaric portarono a galla per l’ultimo istante un barlume di coscienza nel volto di Shane.

« Ti prego Alaric….scappa »

« Non voglio...» un singhiozzo incessante gli impedì di aggiungere altro; le fiamme, il calore bollente, il fumo che inquinava i suoi polmoni, nulla aveva importanza davanti la perdita della sua famiglia.

« Allora uccidimi e rendimi libero »

La voce del corvino pronta ad uscire sotto forma di grido, fu mozzata dallo strattone di un ragazzo dagli occhi color smeraldo che lo tirò a sé per allontanarlo dal vortice di fuoco che si era formato attorno il proprio amico.

« Ayden aiutami!» urlò Vyron richiamando l’attenzione del compagno basito di fronte quella visione raccapricciante, per aiutarlo a tenere fermo il piccolo Alaric.

« Lasciatemi andare! » urlò dimenandosi con tutte le forze.

« Ci penso io voi portatelo via » la voce del capo comunicò a sangue freddo il suo ultimo ordine e i due sottoposti lo eseguirono senza pensarci due volte.

« Shane io tornerò per te, tornerò e ti salverò, per cui non morire! » quello fu l’ultimo desiderio di Alaric prima di essere trascinato via dalla stanza, lasciando a chi di competenza il lavoro sporco; solo Aylack era in grado di caricarsi di quella responsabilità.

« Vi prego lasciatemi aiutare, lì dentro c’è il mio migliore amico » le suppliche strazianti del ragazzino furono una pugnalata al cuore per i due giovani che si scambiarono uno sguardo addolorato.

« Mi dispiace piccolo, non possiamo fare nient’altro per lui, né tu, né noi, ci penserà il nostro tutore a donargli la pace che si merita » rispose Ayden stringendo i denti. Aveva rivisto se stesso in quel ragazzo, quell’espressione era tale e quale alla sua di fronte la perdita della sua famiglia. Vyron strinse tra le braccia il corpicino del minore e lo portò di corsa al piano inferiore, schivando le fiamme.

« Dannazione l’uscita è bloccata a causa delle travi di legno crollate dal soffitto! » urlò il ragazzo, coprendosi il viso per non respirare il fumo, avvolgendo Alaric nel suo corto mantello per impedirgli di inalarne altrettanto.

« Ci penso io, sta indietro » lo superò Ayden, facendo leva sulle travi per liberare l’uscita.

« Ayden, le tue mani!» si preoccupò Vyron, tossendo appena, ma in poco tempo il compagno aveva già liberato una via di fuga per entrambi; non c’era tempo per preoccuparsi di qualche ustione. Una volta fuori, Vyron si voltò verso la struttura emaciata dalla fiamme e strinse a sé il ragazzo.

« Spero che Aylack riesca ad uscire sano e salvo » le sue parole erano un sussurro irrilevante di fronte il pianto di Alaric che aveva iniziato a prenderlo a pugni sul petto.

« Vi prego, fermatelo, non portatemi via Shane, è l’unica cosa che ho »

Vyron poggiò a terra il corvino e lo bloccò per i polsi, prima di abbracciarlo.

« Lo so che è dura, lo so, anche noi abbiamo la nostra famiglia lì dentro in pericolo, ma vedrai che andrà tutto bene, il tuo amico starà solo meglio dopo, fidati, l’hai visto anche tu il suo sguardo, pregava di essere salvato. Puoi prendermi a pugni quanto vuoi se vuoi sfogare la tua rabbia, ma non posso farti entrare lì dentro, il tuo amico non vorrebbe tu vedessi cos’è diventato, non vorrebbe tu assistessi ad una scena tanto pietosa...mi dispiace » disse poggiando una mano dietro il capo del minore.

« mi dispiace..» ripeté con un filo di voce stringendo il corpo tremolante di Alaric tra le sue braccia, facendo cenno ad Ayden di precederlo.

« Mi dispiace tanto non poter fare altro per te…ti prego di perdonarmi » in quei tre anni di riflessione ed allenamenti Vyron era maturato davvero molto eppure quell’esperienza non bastò a trovare le parole giuste da dire davanti quella situazione, probabilmente non esistevano nemmeno.

« Dai andiamo, gli altri bambini ti stanno aspettando preoccupati » lo invitò staccandosi dall’abbraccio allungando una mano verso di lui.

Alaric non poté che arrendersi, in cuor suo sperò di poter salvare Shane con le sue mani, ma il futuro non sembrava serbare più un posto per lui, la sua strada finiva lì a quanto pare, quel maledetto giorno di luglio.

« Ayden fammi vedere » lo rimproverò Vyron, avvicinandosi al compagno, tirandogli su il polso per scoprire le bruciature sul palmo della sua mano. Vyron lo squadrò con il broncio ed Ayden ritirò frettolosamente il braccio, guardando dall’altra parte.

« Non preoccuparti per me, porta il ragazzo dagli altri piuttosto e sta con lui, è fin troppo scosso, queste ferite potrebbero solo creargli ulteriori disagi »

« Non pensare che non torni indietro appena l’ho portato in sicurezza dagli altri, dobbiamo rivedere i tuoi metodi pericolosi »

Ayden non rispose, anzi puntò lo sguardo verso la sagoma dai capelli rossi che era finalmente riuscita ad uscire da quell’inferno.

« Capo! » si irrigidì, prima di correre verso di lui. Vyron rimase indietro, stringendo per mano Alaric palesemente turbato. Il ragazzo era tornato da solo, di Shane non ce n’era traccia. Ayden allungò una mano verso il maggiore che scosse la testa silenzioso, come per rifiutare le sue preoccupazioni e rivolgerne altrettante al piccolo orfano. Aylack si accucciò verso di lui e gli porse una spilla a forma di quadrifoglio appena arsa su un lato.

« Ho trovato questa..penso ti sia caduta »

Alaric tastò il proprio corpo in cerca del prezioso regalo di Shane e solo allora realizzò che non lo aveva più addosso. Lo prese tra le mani prima di scoppiare nuovamente tra le lacrime. Il giovane leader gli lasciò una carezza tra i capelli e si alzò nuovamente in piedi.

« Voi state bene? »

« Noi stiamo bene, non preoccuparti, tu piuttosto sei riuscito a catturare il demone? » Aylack strinse i pugni e serrò la mascella prima di scuotere debolmente il capo in segno di diniego.

« Ne parleremo poi » disse semplicemente, non voleva coinvolgere oltre i bambini di quell’orfanotrofio.

« Meno male Alaric! » la direttrice si fiondò dal corvino stringendolo tra le sue paffute e forti braccia, sgorgando lacrime di gioia dal proprio viso.

« Signora so che forse non è il momento, ma vorremmo chiederle di trattenere questo ragazzo per alcuni accertamenti, è possibile? Nel frattempo vi cercheremo una dimora in cui stare, visto che questa è impraticabile »

Il tono gentile e pacato di Aylack rassicurò la donna che annuì senza indugio.

« E Shane? » la sua domanda legittima mise però in difficoltà il giovane comandante.

« Le faremo sapere a tempo debito ogni cosa..»

« Ma voi chi siete? »

« Persone che vogliono aiutare » rispose sorridendo.

« Dammi qua » ordinò con premura Vyron oramai lontano dalla presenza degli altri. Dalla borsa degli attrezzi attaccata alla cintura, tirò fuori un paio di bende pulite ed una crema disinfettante. Ayden sbuffò allungando la mano verso il compagno.

« Brucia… » si lamentò mentre Vyron massaggiava delicatamente la pelle ustionata con le sue dita.

« Non lamentarti, potevi stare più attento » lo ammonì l’amico, passando infine la benda intorno la bruciatura, stringendola con premura evitando di fare troppa pressione e quindi provocargli dolore.

« Non c’era tempo Vyron, un sacrificio come questo non valeva nulla di fronte le nostre vite. »

« Lo so, lo so »

« Ragazzi è ora di tornare » li interruppe Aylack avvicinandosi ai due.

« Cosa ne sarà dei bambini? » domandò Ayden con un’espressione preoccupata.

« Abbiamo già provveduto ad affidargli un luogo sicuro dove restare, per quanto riguarda Alaric, il ragazzo che ha assistito alla trasmutazione del proprio amico, pensavo di portarlo con noi..»

Vyron e Ayden si scambiarono uno sguardo di assenso prima di prendere parola.

« Credo sia la scelta migliore, non può più vivere normalmente dopo aver visto la vera essenza di un demone e il cambiamento che crea nel corpo umano » confutò il ragazzo dai capelli rossicci voltandosi verso il corvino in lontananza.

« Inoltre penso dovremmo trattenerlo anche per fargli delle domande»

« Ma è crudele » contestò Vyron stringendo i pugni.

« Lo so… ma dobbiamo capire bene com’è andata, a voi non ho potuto rivolgere alcuna domanda perché il padre di Ayden era già posseduto nel momento in cui è stato trovato, invece mi sembra di aver intuito che in questo caso, il ragazzo abbia assistito direttamente alla trasformazione….

purtroppo ci servono tutti i dati possibili, se non siamo spietati anche noi, non riusciremo mai a battere queste creature » concluse Aylack abbassando lo sguardo.

« Purtroppo non sono riuscito a fermare il demone...è riuscito a scappare »

« Cosa?! » i due alzarono la voce all’unisono.

« Non dite nulla ad Alaric, non deve saperlo, se lo sapesse non si darebbe pace e finirebbe corrotto dal desiderio di volerlo salvare a tutti i costi »

« Non è quello che farebbe una persona normale per il proprio amico? » replicò Ayden confuso dalla scelta del leader.

« Sì ma… non è forse meglio che viva col pensiero del suo amico libero dal dolore? »

« E se in un futuro gli si presentasse davanti? Cosa accadrebbe? » la domanda di Vyron fece calare il silenzio tra i tre.

« Farò sì che non succeda e se fosse inevitabile, allora mi prenderò le mie responsabilità ed affronterò la questione, ma fino ad allora non una parola, okay? »

Era chiaro che i due non condividessero quella scelta, insomma se Vyron fosse sparito, Ayden avrebbe voluto sapere dove fosse, non avrebbe accettato il silenzio e viceversa per Vyron nei confronti di Ayden; capirono però che era per il bene del ragazzo ed evitarono di controbattere ulteriormente.

Alaric si vide costretto a salutare gli altri bambini con la promessa che sarebbe tornato a trovarli non appena sarebbe stato meglio, le sue parole vuote dietro un sorriso totalmente falso. Fu spaventosamente facile per lui voltare le spalle a quei visi tristi e disperati che chiamarono il suo nome ripetute volte, senza mai essere degnati di uno sguardo.

« Coraggio, ti accompagno » sorrise Vyron poggiando una mano sulla schiena del corvino, spingendolo delicatamente verso le porte del treno. Entrarono insieme, seguiti dagli altri e presero posto vicino al finestrino.

Il mezzo partì immediatamente dopo, abbandonando quella stazione deserta in mezzo al nulla, verso la sede dell’Arc Genesis.

« Io mi chiamo Vyron e lui è Ayden » disse indicando il proprio amico con un gesto semplice eppure ricco di amore. Alaric poteva percepire il legame tra quei due seppur li avesse incontrati da qualche ora.

« Tu sei Alaric vero? » domandò con delicatezza, mentre Ayden al suo fianco teneva le braccia incrociate e i suoi occhi viola puntati sul minore.

Quel doloroso viaggio l’avevano intrapreso anche loro tre anni prima, su quello stesso treno.

« Vuoi sapere chi siamo vero? » interruppe l’amico, passando al dunque.

« Quello che tu hai visto non era il tuo amico, ma un demone »

« Ayden!» lo riprese il compagno venendo però totalmente ignorato.

« Un demone? » prese finalmente parola il più piccolo.

« Esattamente, una creatura infima che si impossessa del corpo di una persona per portare caos e distruzione. Vedi, noi li combattiamo e salviamo persone come te dai loro attacchi, per quanto possibile »

Alaric ascoltò quelle parole nemmeno troppo scettico, in fondo aveva visto con i suoi occhi l’espressione orripilante manifestarsi sul volto del proprio amico.

« Quindi se io divento come voi, posso evitare che succedano cose simili a qualcun altro? » domandò frustrato stringendo il tessuto dei pantaloni tra le dita.

« Non dico che si possa impedire il peggio, ma se non altro potrai salvare le persone in difficoltà e liberare le vittime dal male stesso, perché in queste occasioni siamo soli al mondo, nessuno crederebbe al delirio di qualcuno che dice di aver visto un demone. »

« Allora voglio essere come voi » disse alzando finalmente i suoi occhi verde smeraldo.

« Guarda che non si torna più indietro, non potrai più vedere ciò che resta della tua famiglia, sarà una dura vita di allenamenti e sopravvivenza, sicuro di poter reggere? » domandò Ayden con sguardo intimidatorio e serio, come per mettere alla prova la determinazione dell’altro.

« Non importa, non potrei vederli comunque, non così. Io…voglio diventare qualcuno che sia in grado di proteggerli, che possa evitare loro un mondo come quello che io ho visto, è questa l’unica cosa che posso fare ora. Non voglio mai più dover vedere qualcuno soffrire tanto come Shane senza poter fare nulla; ho vissuto la mia breve vita rimanendo costantemente impotente di fronte cose più grandi di me, ma forse è tempo che io prenda in mano la situazione. »

« Va bene così Alaric, sei stato bravissimo » sorrise Vyron posando una mano sopra i suoi soffici capelli neri.

« Se prenderai questa decisione non sarai solo, ci saremo io e tutti gli altri ad aiutarti e supportarti, ricordatelo sempre » aggiunse carezzando debolmente la sua chioma ribelle.

« Anche voi avete perso qualcuno prima di arrivare qui? »

Ayden guardò il ragazzo con un’espressione nostalgica.

« Proprio così, abbiamo preso la tua stessa decisione tre anni fa, passando su questo stesso treno, ciò che tu stai passando ora »

Alaric abbassò lo sguardo trattenendo le lacrime e con tutto il coraggio che gli era rimasto in corpo, pronunciò le sue parole decisive.

« Allora ho deciso…io diventerò uno di voi, costi quel che costi »

Quello fu l’inizio della storia di Alaric, di come entrò nell’Arc Genesis ed insieme ai suoi compagni, sbaragliò l’offensiva dei demoni, salvando centinaia di vite.

 

 

 

 

 

 

 

 

« Ragazzi sbrigatevi, dobbiamo dare il benvenuto al nuovo arrivato! » le urla del corvino furono accompagnate dal lamento del collega più grande che gli si fiondò addosso, stritolandolo sotto il suo braccio.

« Ma come sei euforico di prima mattina Alaric, sarà che sono troppo vecchio per queste cose »

« Ma quale vecchio che hai solo due anni più di me Ayden » contestò Alaric ridendo, liberandosi facilmente dalla sua morsa amichevole.

« Lascialo perdere Alaric, è solo molto timido ed ha paura di non andare a genio alle persone che non conosce » la voce fuori campo di Vyron portò il riso sul volto del minore che nel frattempo si stava allacciando le scarpe.

« Senti da che pulpito, Vyron è meglio se taci »

« Io invece sono emozionato, ho sentito dire che è molto forte e dato che a noi manca personale, lo hanno trasferito nella nostra unità »

« Sì? Io ho sentito una cosa diversa invece »

Ayden costrinse gli altri due a drizzare le orecchie ed a convergere intorno a lui per ascoltare attentamente le informazioni in suo possesso.

« Beh che c’è? …Mah in ogni caso, ho saputo da uno della sezione esterna che il trasferito ha un pessimo carattere e che quindi, non riuscendo a stare in armonia col resto del gruppo, l’hanno cacciato via »

« Non è un po brutale? » domandò Vyron corrugando la fronte in un’espressione di disapprovazione.

« Beh non saprei...potrebbe essersi rivelato indisciplinato nei loro confronti, tanto da metterli a disagio e mandarlo via.. »

« Non importa, noi lo accoglieremo comunque a braccia aperte giusto? »

« Giusto » rispose Vyron sorridendo.

L’entusiasmo di Alaric era da sempre contagioso, persino Ayden si vedeva costretto ad arrendersi di fronte la sua euforia, anche quando sbuffava non lo faceva con tedio o malizia, era semplicemente il suo modo di apprezzare quel carattere tanto gioioso.

I tre ragazzi scesero finalmente al piano inferiore per incontrare la star tanto discussa e quando i loro sguardi si incrociarono col visetto angelico di un biondino dalle vesti bianche, rimasero palesemente a bocca asciutta.

« Saresti tu il nuovo arrivato? » domandò Alaric avvicinandosi al ragazzo dagli occhi color glicine.

« Sì… » rispose lui leggermente a disagio.

« Benvenuto, mi chiamo Alaric! » disse prendendogli la mano e stringendola in segno di amicizia.

« Loro sono i miei colleghi più grandi, Vyron e Ayden »

« Piacere.. » rispose timidamente il nuovo arrivato.

« Ma come, non aveva un caratteracc- » Ayden fu interrotto dal pestone sul piede del compagno come invito ad azzittirlo.

« È un piacere averti con noi...»

« Skylar, mi chiamo Skylar » si presentò infine dando un nome al proprio volto.

 

 

 

   
 
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