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Autore: cancerianmoon    14/06/2021    1 recensioni
Un giorno, all’interno del proprio scantinato, Bulma Brief trova una strana sfera arancione. Quest’oggetto prende il nome di “sfera del drago”, ed è in grado di evocare un leggendario drago in grado di esaudire qualsiasi desiderio.
Ma questa storia, voi, la conoscete già, no?
Allora sedetevi un minuto e godetevi una storia del tutto stravolta in cui, al posto di Goku, è stato mandato Vegeta sul pianeta Terra. Una storia in cui il potere delle sfere e dei saiyan assumeranno un sapore del tutto diverso.
Una storia differente, che spero gradirete.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Yamcha, Goku/Vegeta
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5°
Inseguimento-Tenshinhan

 

Il cielo era così vicino, rispetto a come se lo ricordava: riusciva a vedere le chiome degli alberi soltanto guardando in basso, dove le figure dei suoi genitori sembravano quasi formiche. Formiche da schiacciare e lasciare a morire riverse al suolo. 

Poi, più avanti, ecco che tre individui sconosciuti si avvicinavano al loro accampamento. E da quel momento in poi, tutto ciò che la sua mente corrotta riuscì a comunicargli, fu l’istinto di ignorare le urla sconcertate e spaventate di sua madre ed i richiami del suo vecchio, e di correre verso quelle tre figure non famigliari.

Tutto ciò che il suo corpo riuscì a percepire, da quel momento in poi, furono le grida d’aiuto di quelle persone innocenti, ed il rumore di ossa spezzate, ed il sapore di carne e sangue tra le sue fauci spalancate e sproporzionatamente enormi. 

 

Si era svegliato quasi urlando, emettendo un ruggito rimbombante e sbattendo violentemente la testa contro il letto superiore al suo mentre si alzava di scatto, svegliando così irrimediabilmente anche il proprio povero compagno di stanza.

Per tutta la sua vita, non aveva mai ricordato niente di ciò che sognava: il suo sonno era sempre stato così profondo, che ciò che succedeva durante quest’ultimo, dal momento in cui si svegliava fino a quello in cui andava a dormire, diventava soltanto mera fuffa.

Ma ultimamente, i suoi sogni erano così vividi e così maledettamente spaventosi, che quasi non sembravano frutto della sua immaginazione: era come se fossero dei ricordi, come se il suo subconscio stesse cercando di comunicargli qualcosa... ma di che cosa si trattasse, Vegeta proprio non riusciva a capirlo. 

Tirò fuori dal colletto della propria t-shirt consumata che utilizzava come pigiama il medaglione regalatogli dai suoi: era da quando aveva quell’affare al collo, che quegli strani pensieri gli facevano compagnia durante la notte. Che fosse quell’oggetto il motivo di tutto?

«Tsk.» lo ributtò all’interno della maglietta, alzandosi a sedere e massaggiandosi le tempie con insistenza, pregando affinché quel maledetto mal di testa passasse. Ma che diavolo andava a pensare? Era soltanto una stupida collana, e lui era stressato e stanco... tutto qui. 

«Fratello...» lo incalzò Yamcha, affacciandosi dal bordo del proprio letto per poterlo guardare con occhi assonnati e velati da un minimo di preoccupazione «Ti senti bene?»

 

Lui non rispose. Si limitò ad alzarsi dal letto e a dirigersi in bagno, dove una lunga e rigenerante doccia bollente avrebbe cancellato quegli stupidi pensieri e la sua giornata sarebbe iniziata come sempre. 

Quel giorno, si sarebbero dovuti dirigere a sud, nei pressi di una piccola isola, dove la prossima sfera del drago li attendeva per potersi finalmente donare alle loro grinfie.

Quel giorno, avrebbe sicuramente incontrato la persona che il vecchio Gohan voleva che incontrasse: il maestro Muten, l’eremita della tartaruga.

Gli aveva detto che quel tizio avrebbe potuto allenarlo, che lui aveva il potenziale per poterlo affrontare e che la sua aura sembrava provenire da un altro mondo.

Quel vecchio pazzo gli voleva forse far chiedere che fosse in grado di leggere le aure? Che scemenza.

Eppure, c’era una piccola parte di sé che voleva capirne di più, che era incuriosita dall’incontro che avrebbe fatto con quel maestro; c’era quella minuscola parte del suo subconscio che gli imponeva di credere, di credere che ci fosse dell’altro, oltre a quello che già conosceva. Che le sfere magiche erano soltanto la punta dell’iceberg, e che oltre quelle, il mondo fosse ricco di molte altre cose che i comuni mortali come loro probabilmente non conoscevano per ovvie ragioni.

Ma se Son Gohan aveva parlato con lui, allora questo voleva soltanto dire che, in quel caso, lui non fosse affatto un comune mortale.

Era uscito dalla doccia con decisamente più dubbi di prima: quel risveglio non era stato affatto dei migliori, e la cosa peggiore era che mancavano cinque sfere all’appello; e qualcosa gli diceva pure che non sarebbe stato sempre così facile come con Son Gohan, che avrebbero incontrato molti più ostacoli di quanto pensassero inizialmente.

 

*

 

Il pianeta Terra si trovava nella via Lattea, ed era l’unico pianeta abitato di quel sistema solare: un piccolo puntino azzurro in mezzo ad un universo decisamente più grande di esso. 

Il livello di combattimento generale degli abitanti di quel pianeta era piuttosto basso: si aggirava, infatti, intorno alle 3 e le 5 unità. Non sarebbe stato difficile, quindi, individuare il loro principe: essendo un saiyan, avrebbe di sicuro avuto un livello di combattimento di gran lunga superiore al resto di quel branco di inutili amebe.

E considerando le parole che gli aveva rivolto il libro, neanche Freezer era riuscito a rintracciare la presenza del loro principe: avevano ancora la speranza di arrivare prima di lui e di coglierlo impreparato. Quella battaglia sarebbe stata decisiva, ed era vietato sbagliare; ed anche se il principe si fosse rifiutato di aiutarli nella loro missione, lo avrebbero implorato fino alla fine di prenderne parte... se fosse stato necessario, erano pronti anche a ricattarlo, scavalcando così anche le regole della scala gerarchica imposte dalla loro cultura.

  

«Sei sicuro che la rotta è giusta?» 

«Sì che ne sono sicuro, imbecille. Ora ti conviene trovarti qualcosa da fare, perché il viaggio sarà piuttosto lungo.»

 

Quello che Kaharoth teneva di più, di tutto il fulcro di quella missione, era che i suoi compagni, spinti da un istinto saiyan che a lui non apparteneva totalmente, potessero avere l’impulso di deconcentrarsi dal loro obbiettivo ed uccidere persone innocenti.

Era successo più volte, durante il loro viaggio alla ricerca di una risposta, che Nappa perdesse il senno ed attaccasse gli abitanti di altri pianeti, spinto dal proprio istinto di combattente che gli era stato impresso dalla cultura della loro popolazione. Non credeva che fosse totalmente colpa sua, era impossibile d’altronde che un guerriero anziano perdesse la propria ideologia così facilmente, ma spargere del sangue innocente non era ciò che aveva imparato Kaharoth, così giovane ed inesperto quando i suoi genitori caddero sotto le grinfie dell’impero di Freezer. 

Suo padre, generale dell’esercito del re, non gli aveva ancora insegnato nulla, e suo fratello l’aveva portato via da Vegetasei prima che accadesse il peggio.

A volte, quando chiudeva gli occhi, poteva ancora sentire le proprie grida; grida che chiamavano incessantemente il nome di sua madre.

 

«Non possiamo lasciarla qui!» aveva gridato il bambino, correndo verso la propria abitazione andata in pezzi «Radish! Aiutami! Dobbiamo portare la mamma con noi!»

Ma suo fratello non pareva udirlo. Anzi, suo fratello pareva addirittura ignorare le sue preghiere, mentre il giovanissimo saiyan tentava in tutti i modi di combattere contro il soldato che si era messo tra lui e sua madre, sepolta sotto il cumulo di macerie che una volta era casa sua. 

«Cosa intendi fare, moccioso?» lo schernì il grassone dalla pelle bulbosa e rosa, mentre gli bloccava il braccio, pronto a spezzarglielo in una semplice e concisa mossa «Si direbbe che tu voglia proprio morire!» 

Prima che l’osso del proprio avambraccio potesse emettere un sonoro ‘crack’, il ragazzino guardò in direzione della donna che gli aveva dato la vita: i suoi occhi scuri erano aperti, fissi su di lui, e lo stavano pregando di lasciarla morire, di scappare e mettersi al sicuro.

Poi, sentì il proprio corpo venire sbattuto violentemente a terra, schiena contro terreno, mentre il guerriero dalla pelle rosa scuro si avvicinava pericolosamente alla sua mamma, pronto a scagliare il colpo di grazia: una sfera di energia che, una volta lanciata, avrebbe colpito la donna dritta sulla nuca, non dandole via di scampo.

«No! Lasciala! Lasciala stare! Mamma!»

«Kaharoth!» le braccia possenti di suo fratello lo avevano sollevato da terra, e lui era inevitabilmente finito su una delle spalle del maggiore, in una presa troppo stretta che gli impediva non soltanto di muoversi, ma perfino di respirare «Dobbiamo andarcene di qui!»

«Ma non possiamo! La mamma è-»

«Radish!» furono queste le ultime parole uscite dalla bocca della donna, mentre lacrime disperate di sconfitta fuoriuscivano dai suoi grandi occhi color della pece «Portalo via! Porta via tuo fratello! Andatevene di-» 

E poi, soltanto un grido. Un ultimo, terribile grido.

E sua madre, la donna che aveva amato di più al mondo, colei che gli aveva insegnato la pietà, colei che non credeva negli ideali del loro popolo, non c’era più.

E lui non aveva potuto fare nulla per evitarlo. Lui, quel maledetto incapace.

«NO! MAMMA!»

 

*

 

La casa incapsulata di Bulma, dopo l’utilizzo di quella notte, era tornata tranquillamente nella scatola che la turchina teneva nel marsupio: l’invenzione delle capsule era stata certamente rivoluzionaria, e soprattutto di prestigio per l’azienda di suo padre, che ne era l’inventore. L’impero della Capsule Corporation era partito proprio da quei piccoli ed utilissimi oggetti colorati che si erano portati dietro per il viaggio, e di questo, la giovane aspirante scienziata ne andava assolutamente fiera.

Il dragon radar segnalava la terza sfera in un raggio di alcuni chilometri a sud dei Monti Paoz, su un’isoletta nel bel mezzo dell’oceano, molto piccola e quindi molto facile da perlustrare: in fondo, gli stava andando meglio del previsto.

«Credo che sia disabitata.» aveva asserito la turchina, mentre salivano sul loro fedele elicottero «È piccolissima. Saranno pochi metri quadrati di terreno.»

«Un’isola grande come un appartamento?» era stato il commento di Yamcha «Tra quella e il vecchio, non so quale delle sfere sia più facile da prendere!»

«Io non dico che sarà così facile, ragazzi...» prese la parola Chichi, che nel frattempo stava tenendo d’occhio il radar «C’è una sfera in movimento a pochi chilometri da qui, proprio sui Monti Paoz.»

Una sfera in movimento. Quella sì che era una scocciatura. 

A quelle parole, la turchina lanciò in direzione del fratello un paio di capsule contenenti due moto, sulle quali si sarebbero mossi tutti e quattro per poter inseguire chiunque stesse cercando di portare via la loro sfera del drago. Arrivati a quel punto, era una questione di principio: sarebbero stati loro a raggrupparle tutt’e sette, e non avrebbero permesso a nessun altro di appropriarsene.

 

«Beh, amico!» aveva esclamato Yamcha, salendo sulla propria motocicletta con la turchina al seguito, rallegrata dal fatto che potesse abbracciarlo e reggersi a lui «Pare proprio che questa sarà una gara!»

«Dovresti proprio tornare all’asilo!» lo schernì l’altro «Vedi di non farmi rallentare troppo: stai al passo, pivello!»

E, detto questo, il ragazzo dai capelli a forma di fiamma era partito a tutta velocità, costringendo la sua povera e paranoica amica a strillare spaventata, aggrappandosi ai lembi della sua maglietta e chiudendo gli occhi sperando che quell’inferno finisse il prima possibile.

E, qualche chilometro più avanti, ecco che intravidero quello che stavano cercando: una moto con a bordo due persone, un ragazzo e una ragazza, stava sfrecciando a tutta velocità sul terreno sterrato delle montagne: a giudicare dal dragon radar, erano proprio loro a possedere la sfera che si stava muovendo sul monitor.

«Sono quelli laggiù!» gridò Bulma, indicando i loro rivali con un braccio «Vegeta, tagliagli la strada!»

E lui non poté non ubbidire ad un ordine così accorato, soprattutto quando quell’ordine imponeva a lui di divertirsi: allontanandosi dagli altri due, il ragazzo sterzò verso un gruppo fittissimo di alberi, nel bel mezzo dei quali si trovava un sentiero che portava dritto dritto verso il dirupo che sovrastava la strada dei due motociclisti di fronte a sé.

La polvere dietro la ruota posteriore si alzava, mentre lui continuava ad accelerare copiosamente, sterzando poi verso la fine del piccolo sentiero, arrivando proprio sul ciglio del burrone che si affacciava sulla strada sottostante.

«Non vorrai mica saltare da qui?!» aveva sbraitato la povera Chichi, quasi sull’orlo del voltastomaco, mentre tossiva fuori dai polmoni tutta la polvere che aveva inalato. Ma non ricevette risposta, perché il ragazzo seduto davanti a lei accelerò ancora di più, saltando giù dallo strapiombo ed atterrando proprio di fronte ai loro nuovi rivali, che furono costretti a frenare improvvisamente, ritrovandosi fuoristrada e con le spalle al muro.

Ma lei, seduta alla guida, saltò immediatamente giù dal mezzo, parandosi di fronte a Vegeta con aria di sfida: in mano teneva una mitragliatrice, ed il fatto preoccupante era che non si trattasse affatto di un’arma giocattolo.

Ed anche il fatto che gliela stesse puntando addosso, effettivamente, non aiutava per niente.

«Sei pazza?!» urlò la mora, nascondendosi istintivamente dietro il proprio compagno «Metti giù quell’affare! Non vorrai mica ucciderci sul serio?!»

Ma la giovane bionda non si fece affatto scrupoli a lanciarle una stilettata, senza assolutamente togliere le mani dall’arma letale che teneva ben salda «Tu che ne dici?»

In men che non si dica, anche la moto guidata da Yamcha li raggiunse qualche istante dopo, dando il tempo a lui e alla turchina di raggiungere di corsa i propri amici, notando anche la pazzoide che gli stava puntando addosso una Browning M1919. Fortunatamente il suo compagno, dopo averla raggiunta, le fece abbassare in modo pacato l’arma, facendo un passo verso di loro. Era un ragazzo alto, senza capelli, e con lo sguardo di pece fissato verso il gruppo di amici: di certo non sembrava nulla di buono neanche lui, ma almeno non aveva un mitra in mano.

«Che cosa volete?» chiese minaccioso, incrociando le braccia al petto.

Fu Vegeta a prendere la parola, iniziando a girargli intorno come un avvoltoio gira intorno ad una carcassa «Credo che tu abbia qualcosa che ci appartiene, amico. La sfera del drago in vostro possesso viene con noi.»

La bionda pensava non se ne fosse neanche accorto, tanto impegnato a lanciare stilettate nei confronti del proprio compagno di viaggio, e così puntò nuovamente la sua Browning in direzione di quello che considerava nientemeno che un nemico da schiacciare; e sarebbe stata pronta a sparare, se soltanto lui, con uno scatto felino, non le fosse corso addosso, costringendola ad alzare il braccio verso il cielo e deviando il colpo, per poi lanciare quel fucile lontano dal loro raggio visivo. Ora, la biondina era disarmata e sistemata. 

Non avrebbe mai combattuto contro una donna, ma se suddetta donna si fosse poi rivelata un avversario pericoloso, non si sarebbe fatto scrupoli a metterla a tappeto. 

«Ten!» esclamò lei, diretta verso il proprio complice «Vai!»

 

E improvvisamente, a quel richiamo, il ragazzo senza capelli aveva cominciato a saltare di ramo in ramo. Segno che i due avessero come piano di riserva quello di separarsi, in modo che metà del gruppo inseguisse l’uno e l’altro affrontasse l’altra che, tirando fuori dalla cintura una pistola, sparò in direzione del radar cerca-sfere, colpendolo proprio nel centro del monitor e costringendo Bulma a lasciare la presa.

«È con quello che riuscite a localizzare le sfere, vero?» ghignò lei «E adesso come farete a scoprire chi dei due la ha?»

«Dannazione!» la turchina corse verso la propria creazione, tirandola su da terra e constatando il danno che aveva provocato il proiettile «L’hai rotto! Giuro che questa me la paghi, bionda finta!»

«Vegeta, Yamcha!» Chichi si era legata i capelli, assumendo un’espressione carica di sfida nei confronti della ragazza di fronte a sé «Inseguite lui, qui ci pensiamo noi. In guardia, tesoro! Scommetto che senza i tuoi stupidi giocattoli, non saresti capace di far del male neanche a una mosca!»

«Hah!» di tutta risposta, lei buttò a terra la pistola che aveva appena usato, mettendosi immediatamente in guardia «Mi spiace deluderti, ragazzina, ma sono stata campionessa di lotta libera, e non ho intenzione di farmi soffiare la sfera da una stupida racchia come te!»

«Oh, questo lo vedremo!»

 

Prendendo la rincorsa, la giovane dai capelli corvini caricò un pugno in direzione della propria avversaria, che prontamente schivò, colpendola con un calcio al fianco che la fece barcollare. 

«Tutto qui quello che sai fare?» la schernì la bionda.

Ma lei non demorse: erano anni che non partecipava ad un vero combattimento, ma gli insegnamenti di suo padre le erano sempre tornati utili in qualche modo; e non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da una ciarlatana con delle pistole in tasca. 

Sfoderando tutta la sua determinazione, sferrò una scarica di colpi in direzione dell’avversaria, colpendola infine sul petto, spingendola all’indietro. Ma lei rispose con un secondo calcio, stavolta mirato alla testa, che però Chichi parò con l’avambraccio, per poi afferrare la sua caviglia con l’altra mano, lanciandola con forza sul terreno, facendola sbattere col fianco sulla terra umida. Così, la bloccò a terra con un piede, spingendo sul suo stomaco, mentre la bionda, con la forza di entrambe le mani, cercava di smuoverla afferrandola per il polpaccio, ma senza troppi risultati.

Allora la corvina si abbassò al suo livello, tirandola nuovamente su da terra ed afferrandole entrambe le braccia per potergliele tirare dietro la schiena, bloccandola nuovamente, mentre con l’altro braccio le stringeva la gola.

«Chiamami un’altra volta racchia e giuro che ti strangolo per davvero.» ringhiò al suo orecchio, stringendo leggermente di più la gola dell’avversaria «Dov’è la sfera del drago?»

Lei rise divertita, tossendo per il troppo sforzo «Ti faccio i miei complimenti: sei forte. Ma mi dispiace per te: la sfera non ce l’ho io. E dubito che contro Ten quei vostri amici abbiano qualche speranza.»

 

*

 

Lo avevano inseguito fino a sopra la cima della montagna, arrampicandosi di albero in albero e di roccia in roccia. Quel tizio era davvero veloce: chissà dove aveva imparato ad essere così agile. 

Ma comunque, anche loro due avevano i propri assi nella manica, e non si sarebbero fatti mettere i piedi in testa da uno spilungone palestrato imbottito di steroidi. 

Una volta arrivati sulla cima, in una grossa prateria isolata, videro il proprio avversario togliere dalla casacca che si portava dietro un oggetto sferico dal colore arancio brillante, mostrandoglielo con orgoglio e con un ghigno soddisfatto.

«È questa che stavate cercando?» li schernì con divertimento «Quando io e Lunch ci siamo messi in viaggio, immaginavamo che ci sarebbero state altre persone alla ricerca delle sfere del drago leggendarie.»

«Ooh...» Vegeta si avvicinò lentamente a lui, ghignando mestamente e con tono sarcastico «Ma pensa! Non me ne frega un cazzo! Ora dammi quella sfera.»

«Perché invece non facciamo un patto?» fu la risposta del pelato «Tu battiti con me. Se vinci tu, ti darò la sfera del drago e potrai farci quello che ti pare, ma se vinco io, la sfera resta qui dov’è. E mi dovrai dare tutte quelle che hai già raccolto. Che ne dici, nanetto?»

«Ah, e cosa vorresti desiderare con le sfere? Dei capelli nuovi?»

«Ma quanto siamo simpatici...» e, detto questo, lanciò la sfera a Yamcha, che la afferrò al volo «Abbiamo un accordo?»

Certo, avrebbe potuto benissimo dire a Yamcha di scappare via con la sfera, ma quello spilungone lo stava tentando non poco: in fondo, le sfide gli piacevano dannatamente, e sapeva benissimo di avere più di una possibilità di vincere. Quindi perché non giocare pulito?

In fondo, nel caso in cui il pelato avesse deciso di barare, lui avrebbe benissimo potuto prendere la sfera ed andarsene.

«Sì.» si mise in guardia, sorridendo beffardo «Ce l’abbiamo.»

 

«Scusate...» il povero Yamcha, con in mano la sfera del drago, li stava osservando attonito «Ma perché io non sono stato affatto preso in causa?!»

 

Saltando in direzione dell’avversario, Vegeta attaccò per primo con un avvitamento che sfociò in un calcio sferrato esattamente al collo dell’avversario che, dopo aver incassato il colpo, si rimise immediatamente in piedi roteando su sé stesso e lanciandosi immediatamente verso di lui, sferrando un pugno che il ragazzo dai capelli a fiamma parò con entrambe le braccia, incrociandole di fronte al viso e puntando i piedi sul terreno.

La forza di quello spilungone era piuttosto notevole: probabilmente, quello era il primo avversario valido che gli fosse mai capitato davanti, e questo era eccitante; non sapeva perché, ma l’adrenalina che scaturiva da uno scontro era tutto ciò che lo manteneva vivo, e l’eccitazione di trovarsi davanti a dei validi combattenti gli faceva trovare la determinazione che gli era sempre mancata nella ricerca di quelle stupide sfere.

Era diventata una questione di principio.

«Notevole.» commentò il pelato, sorridendogli ironicamente «Ma non riuscirai a sconfiggermi così facilmente!»

Detto questo, lo colpì allo stomaco con un montante, per poi ricevere in risposta un destro esattamente al centro del naso, che lo costrinse ad indietreggiare un minimo. Probabilmente, quel tizio non si aspettava che lui potesse essere alla sua altezza, se non addirittura superiore.

Poi, Vegeta vide il proprio avversario mettersi in una strana posizione, con le mani parate di fronte al viso, e chiudere gli occhi «Colpo del sole!»

Inizialmente, il giovane dai capelli corvini pensò che fosse impazzito ma poi, improvvisamente, un fascio di luce tanto accecante da oscurare la sua vista si palesò di fronte a lui, costringendolo a portarsi entrambe le mani sugli occhi, strofinandoli copiosamente. Che cosa diavolo gli aveva appena fatto?! 

Sentì poi un grosso colpo allo stomaco, sferrato con decisione, talmente improvviso da fargli sputare una grossa quantità di saliva. 

L’accecamento durò qualche istante, poi la vista riuscì finalmente a tornare e, in quel momento, il ragazzo si rialzò, balzando in aria il tanto necessario da poter caricare un calcio proprio sul centro del cranio dell’avversario, bloccandolo a terra.

Ma la curiosità per ciò che quel pazzo gli avesse appena fatto rimaneva: come diavolo era riuscito a creare dal nulla quello che sembrava un attacco energetico? Avrebbe tanto voluto farselo spiegare, ma il pelato si rialzò di colpo, afferrandogli la caviglia e ribaltando le posizioni, bloccandogli un piede tra le costole per evitare che si rialzasse.

«Oh, no.» sibilò Vegeta fra i denti «Non mi avrai.»

E, detto questo, gli afferrò entrambi i polsi, rialzandosi da terra e facendolo roteare un paio di volte prima di lanciarlo nel vuoto. E proprio quando pensava che il proprio nemico fosse sul punto di andare a sbattere contro una parete rocciosa, ecco che questo si bloccò a mezz’aria, mostrando un suo nuovo quanto sorprendente potere: quel bastardo stava levitando! 

«Oooh, forse il povero ragazzino non è in grado di volare?» lo canzonò il pelato «Mi dispiace... e dire che pensavo che tu fossi alla mia altezza!»

Volare. Quel maledetto voleva fargli credere che esistesse un modo per gli esseri umani di volare? Era assurdo, eppure... quel tizio stava volando per davvero.

Esistevano davvero quel tipo di poteri? Era di questo che aveva parlato il vecchio Gohan, quando gli aveva parlato di allenamento? Il maestro dell’isola avrebbe potuto insegnargli tutte quelle cose?

E in quel momento, le sue orecchie ricominciarono a fischiare, ed una voce femminile e calda risuonò nella sua testa, costringendolo a distrarsi dal combattimento in corso.

 

«Tu lo sai già fare. Concentrati, giovane guerriero, e sconfiggerai il tuo avversario. Concentrati sul potere che tieni nascosto nel tuo corpo... esso è più forte di quanto tu possa immaginare.

Concentrati sul tuo obbiettivo e colpisci!»

 

Non sapeva a chi appartenesse quella voce, e non sapeva nemmeno se fosse improvvisamente impazzito e se la stesse soltanto sognando o fosse reale, ma in qualche modo, quelle parole accesero in lui un’energia che fino a quel momento non aveva mai neanche creduto di possedere: sentiva un valore immenso pervadere il suo corpo, mentre il mondo intorno a sé diventava sempre più distante, e la sua mente si concentrava pienamente sull’avversario che doveva sconfiggere e sull’energia che saliva indiscriminata, mentre le piccole rocce intorno al suo corpo iniziavano a fluttuare, ed il terreno sotto i suoi piedi si spaccava pericolosamente.

 

«Ora... libera i tuoi poteri. Usa la potenza dell’aura, e mettilo al tappeto!»

 

In un gesto meccanico, Vegeta portò entrambe le mani sul fianco destro, l’una sopra all’altra, mentre una grossa sfera d’energia dalla luce argentata si veniva a creare, diventando ogni secondo più grande. E nel momento in cui riuscì a percepire la potenza arrivare al proprio culmine... fu allora che scagliò un enorme fascio di energia in direzione dell’avversario che, preso alla sprovvista, non riuscì a schivare, e finì inevitabilmente colpito e scaraventato contro la montagna dietro le proprie spalle, crepandola e facendo crollare con il suo corpo anche una grande parte di parete rocciosa.

Per un attimo, il ragazzo credette di averlo davvero ammazzato.

Yamcha, che nel frattempo aveva assistito al combattimento con occhi sbarrati e con grande stupore, si voltò dapprima in direzione del proprio amico, e poi in quella del povero tizio riverso a terra in mezzo alle macerie rocciose della montagna. 

Sembrava completamente privo di sensi.

«Oh, merda!» esclamò, correndo verso di lui «Mi sa che l’hai ucciso davvero!»

 

Oh, dannazione. Adesso, se davvero avesse potuto esprimere un desiderio con le sfere del drago, avrebbe dovuto sprecarlo per riportare in vita quel mammalucco: congratulazioni, Vegeta! Ancora una volta sei riuscito a non controllare la tua forza!

Ma come fosse riuscito a creare quella palla d’energia, proprio non riusciva a capirlo: prima di allora, non sapeva neanche che roba del genere esistesse, e adesso quella voce, e quell’attacco, e tutti quegli strani sogni che stava facendo in quell’ultimo periodo... era come se qualcuno, o qualcosa, stesse cercando di comunicare con lui attraverso dei ricordi.

Ricordi che, però, non sembravano affatto i suoi.

Ma mentre correva appresso al proprio migliore amico, si rese improvvisamente conto che quello non fosse affatto il momento di pensare a quelle stronzate: aveva appena ammazzato una persona, maledizione! 

Con l’unica eccezione che, però, quell’energumeno non fosse affatto morto: infatti, non appena li vide avvicinarsi, il pelato si alzò debolmente a sedere, massaggiandosi la testa probabilmente dolente.

Ma di che diavolo era fatto, quello? Di cemento armato?!

 

«Accidenti...» commentò, spaesato, sorridendogli con una vena di ammirazione «Allora ce l’avevi, un asso nella manica!»

Già. Peccato che non sapesse neanche di averlo, vero? 

«Beh, congratulazioni.» si alzò in piedi, seppur dolorante, dimostrando una grande forza d’animo «La sfera è tua, come da accordi. Però, ti assicuro che la prossima volta vincerò io: non mi farò di certo battere da un ragazzino!»

Forse, involontariamente, aveva fatto in modo di dosare la sua forza proprio per non ucciderlo. O forse, aveva avuto soltanto fortuna; chissà... tutto ciò sembrava così irreale che si chiese, per un attimo, se non si trattasse soltanto di un sogno. 

«Io sono Tenshinhan.» gli tese la mano, aspettando che lui gliela stringesse; e lo fece: in fondo, era stato pur sempre un degno avversario «È un piacere conoscere un combattente così dotato.»

«Vegeta.»

«Già, e io sono Yamcha!» esclamò il ragazzo con in mano la sfera, circondando le spalle del suo amico con un braccio «Il piacere è tutto mio!»

Ma il grosso ragazzo dalla testa calva sembrò ignorare totalmente l’esuberanza di quest’ultimo, rivolgendosi ancora e solamente a colui che l’aveva appena battuto «Spero di vederti al torneo Tenkaichi di quest’anno. Sarà lì che ti batterò. 

Per il momento, ti saluto... Vegeta.»

 

E si era librato in volo, andando via verso l’orizzonte.

 

Continua... 


~~~~

Note autrice 

Buongiorno a tutti e buon inizio settimana! Spero abbiate avuto un buon weekend e spero stiate bene: finalmente anche in Italia abbiamo fatto un passo avanti, e da oggi alcune restrizioni saranno abolite grazie all'impegno dei lavoratori ai vaccini! E quale modo migliore di festeggiare se non con un capitolo nuovo di zecca?
La scorsa settimana abbiamo conosciuto Son Gohan, oggi conosciamo finalmente Tenshinhan. Come ho detto, non ignorerò completamente la storia originale ed i suoi personaggi, li stravolgerò e basta. E questo è proprio quello che è successo con il nostro triclope preferito.
Come avete notato, anche Lunch era presente, e finalmente si è assistito al primo combattimento della long, al quale anche Chichi ha preso parte! In fondo, durante la prima stagione, lei ha sconfitto Goku, quindi sconfiggere Lunch è soltanto un giochetto per la nostra ragazzona ;) 
Vegeta ha sentito una voce nella sua testa, che l'ha spronato a ritrovare delle capacità che credeva di non avere: ma chi è questa persona che sta cercando di mettersi in contatto con lui? Presto o tardi, tutti i nodi verranno al pettine, e la storia si srotolerà come un pezzo di pergamena, ma fino ad allora, godetevi questo quinto capitolo, ed i nostri eroi ora sono alla volta dell'isola del Genio come da programma! Ma voi ce lo vedreste Vegeta ad imparare la Kamehameha? xD 
Vi ringrazio tantissimo del supporto che state dando a questa long e, mi raccomando, se avete delle teorie su come si svolgerà la storia e su chi era la voce che il principino ha sentito, non esitate a parlarmene nelle recensioni: sarei veramente curiosa di sapere che cosa ne pensate in merito ^^
Alla prossima!

-cancerianmoon

 

   
 
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