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Autore: Brume    23/06/2021    5 recensioni
Un risveglio in una camera d' hotel appena uscita da una rivista, un letto a baldacchino, una fede al dito ed il buio più totale su quanto sia accaduto qualche ora prima...non dico altro, se non che nessuna Kaori è stata maltrattata!
Storiellina molto leggera in tre atti, senza alcuna pretesa e decisamente AU, collocata ai giorni nostri ma loro...sono quelli di sempre.
Giusto per sorridere un pò =)
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Mick Angel, Ryo Saeba
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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wedding-LA-01 “Non ce la faccio più, mi serve una scatola di aspirine…quando apre sto negozio?” domandò Ryo sempre più nervoso. Mick se ne stava appoggiato al muro , gambe incrociate e giacca appoggiata su di una spalla, fumandosi una sigaretta: alzò gli occhi al cielo quando sentì per l’ ennesima volta la voce dell’amico.
“Dovresti ricordartelo, visto che hai vissuto in America per un po'…ti assicuro che le abitudini sono rimaste le stesse….” Rispose Mick, apparentemente tranquillo.
 Ryo sbuffò.
“Sono sicuro che è tutta colpa tua” disse.
Mick spense la sigaretta nel contenitore accanto; decise di non dar più retta all’ amico che pareva un bambino dell’ asilo e cominciò a camminare avanti ed indietro spostando la giacca da una spalla all’ altra, fischiettando. Si sentiva addosso gli occhi di Ryo ed a stendo riuscì a trattenere una risata:tra le centinaia a loro capitate, quella era decisamente la situazione più assurda capitata loro.
“Ridi anche…” lo rimbrottò Ryo; andarono avanti per un bel pezzo , tra sbuffi, sghignazzate e borbottii…andarono avanti finchè finalmente il negozio  aprì ed i due entrarono, facendo incetta di aspirine, snacks,bibite energetiche e sigarette. Fatta la spesa, decisero di andare a sedersi sulla panchina di un parchetto li accanto; non era il massimo ma – forse- avrebbero potuto pensare e ragionare con lucidità sull’ accaduto.
“Senti Ryo….” Esordì, ad un certo punto, Mick “ secondo te…meglio un cognome unico o doppio?”
La testa reclinata all’ indietro e la schiena appoggiata al supporto di quella panca in legno, Mick osservava il cielo azzurro; Ryo al contrario era chino in avanti con le braccia appoggiate alle sue gambe e nelle mani teneva la lattina di una bevanda. A quella domanda, voltò il viso verso Mick e lo guardò con aria interrogativa.
“Che stai dicendo?” domandò, onestamente confuso dalle esternazioni dell’ amico.
“…mi chiedevo se… se dovessimo avere dei figli, che cognome  diamo? Il mio, il tuo, entrambi? E la nazionalità? Se dovessero nascere in Giappone sarebbero problemi…*”.
Ryo si accertò di aver sentito bene. L’istinto di prendere la Phyton fu forte, ma si trattenne. A proposito…ma come abbiamo fatto ad entrare negli Usa con le nostre piccoline nella fondina? si domandò, per poi tornare a cose più serie…
“…Mick, vedi di sparire dalla mia vista per almeno un paio d’ ore perché le mani iniziano a prudermi e potrei anche mettere fine alla tua vita…” rispose, serio. Mick iniziò a ridere, ancora; Ryo a quel punto si alzò ed iniziò a rincorrerlo, attirando l’ attenzione dei presenti e purtroppo anche di un paio di poliziotti che, ligi al loro dovere, li fermarono. Braccia conserte sulla tenuta estiva, i due ragazzotti che nulla avevano da invidiare alla stazza dei due sweeper chiesero i documenti ma, ancora prima di riceverli, Mick si diede da fare.
“Lascia parlare me e ….” mormorò rivolto a Ryo  “ ….e soprattutto non fare nulla, stai fermo. Non voglio che ci perquisiscano…con le bambine che portiamo nella fondina  una notte in gabbia non ce la toglie nessuno”
Ryo annuì. Stranamente , rimase zitto, ricomponendosi.
 
“Qualche problema?” chiese il più giovane degli agenti.
“Nessuno, agente… Peels” rispose Mick lanciando un occhio alla targhetta “ io e mio…marito abbiamo avuto una divergenza di vedute…ci siamo sposati ieri sera e….”
“…capisco ma…dica a suo…suo marito di…contenersi, per favore…” rispose questo cercando di mantenere un filo di serietà “ non vogliamo problemi…” rispose. Ryo lo fissò, Mick fece finta di nulla e lo ringraziò iniziando a parlare della squadra di basket; come previsto, nel giro di mezz'ora tutto si risolse con due pacche sulle spalle. Infine, prima che i poliziotti si allontanassero, Mick afferrò la mano di Ryo e se lo portò via, ringraziando ancora gli agenti.
“Lasciami” sibilò tra i denti lo sweeper giapponese
“Piantala, CRETINA!! “ rispose Mick con un sorriso di circostanza “ stai al gioco e andiamo via di qui, bellezza!!! …e ringraziami! La polizia americana di solito non è così gentile!!!!”
“…Me le pagherai tutte” disse Ryo sempre più furente, allungando il passo “ora però torniamo in hotel, ho un mal di testa che mi sta spaccando e voglio trovare chi ci ha sposato e…e far annullare questa cosa!!!”
Mick si fermò e  lasciò la mano di Ryo; poi, appena questi si girò riprendendo la strada   dell’ hotel, allungò la stessa mano …tirando una sonora pacca sui glutei sodi di Ryo.
“Va bene, puledrina” rispose; Ryo iniziò a correre, rosso in viso, sudato e sempre più nervoso; ben presto distanziò Mick e la sua proverbiale flemma.
 
 
....un attimo più tardi, in hotel ....  
 
“…quindi…voi vorreste annullare il tutto?”
Il direttore dell’ hotel nonché reverendo era seduto di fronte a loro nell’ elegante studio in cui una carta da parati disseminata di pink flamingo la faceva da padrone; le mani intrecciate sul ventre prominente, fissava i due sposini alternando il proprio sguardo tra gli occhi azzurri di Mick e quelli grigi di Ryo, sempre più nervoso.
“si, Reverendo… è stato uno sbaglio, un vezzo, uno scherzo” disse, serio.
Marc Gustavsson aggrottò la fronte. Guardò oltre le teste dei due, tornò con lo sguardo  ai fogli disseminati sulla scrivania, fissò Ryo e Mick e ancora, osservò il soffitto…poi d’ un tratto aprì un  cassetto e ne prese un tomo.
Mick fissò Ryo, questi scosse la testa.
“…Crede si possa fare qualcosa?” chiese l’ americano. Il reverendo non alzò nemmeno lo sguardo da ciò che stava facendo, inumidì il dito indice ed iniziò a sfogliare le pagine di quel tomo. Ryo osservò la scena e  trattenne a stento una espressione di ribrezzo…il suo pensiero in quel momento era altrove: da Kaori. Dovette prendere un profondo respiro e togliersi dalla mente quel wurstel che aveva dinnanzi e…il suo pensiero andò a Tokyo, da lei.
Chissà cosa sarebbe accaduto, al suo ritorno.
Questa era davvero grossa da farsi perdonare…insomma: sparire, andare a finire in un altro continente … spegnere il telefono qualche ora prima poi…aveva firmato la sua condanna a morte, definitiva e senza appello. Proprio ora…proprio ora che – lo sapeva – sarebbe riuscito a lasciarsi andare….
 
“..dunque” esordì il reverendo dopo una decina di minuti in cui ognuno andò per i prorpi pensieri “ in base al diritto internazionale in materia, il matrimonio è valido…e per annullarlo dovreste appellarvi al Paese di residenza” .
Mick guardò Ryo.
I visi di entrambi iniziarono a cambiare colore , virando dal bianco panna al verde acido per poi tornare su un color rubino intenso.
“….ne è certo….?” Chiese Ryo, deglutendo a fatica. Le dita della sua mano destra iniziarono a tamburellare nervosamente sulla scrivania di Mr. Gustavsson.
“…si. L’ unico modo per annullarlo è il non aver presentato i certificati richiesti o dimostrare di averlo contratto ioci causa, per gioco….”
“…ma certo che è stato per gioco !!!” urlò Ryo a quel punto, balzando in piedi con così tanto fervore da ribaltare la sedia sulla quale era seduto. Mr. Gustavsson lo guardò malissimo.
“…ok, ok… stia calmo…ora…controllo il vostro fascicolo” rispose l’ uomo, alzandosi ed andando a rovistare nei cassetti di uno schedario; dopo alcuni attimi, finalmente, se ne tornò al tavolo con una vistosa cartelletta giallo canarino. Ryo tornò a sedersi.
“….ecco…” disse estraendo un foglio “ qui…qui dovrebbe esserci ciò che mi serve…mi dispiace ragazzi, ma il matrimonio è valido a tutti gli effetti. Conviene sentiate un avvocato e dimostrare che sia stato tutto…una burla”.
Per la prima volta, Ryo provò un senso di sconforto senza eguali…quel matrimonio era valido…ed ora? Seriamente…non gli fregava nulla delle risate che si sarebbero fatti lucciolone e compagnia bella ma…Kaori, la sua Kaori…cosa avrebbe fatto? Cosa avrebbe detto?
“Ryo? Tutto a posto? Stai tranquillo…vedrai che troveremo un modo…lascia fare a me. Ho ancora un discreto numero di amici e avvocati, sia a New York che a Dallas…vedrai che ci toglieremo dalle scatole questo….problemino e tra un paio di giorni atterreremo a Tokyo…” . Mick pareva serio, una volta tanto; Ryo non disse nulla, prese la porta e cominciò a camminare verso la hall dove, alla reception, chiese di poter fare un paio di telefonate urgenti: una alla questura di Tokyo e l’ altra a Kaori.
 
* se un neonato nasce in Giappone da genitori di etnie diverse non esiste scelta di doppia nazionalità, lo stesso vale per chi decide di viverci che è tenuto a scegliere tra la nazionalità di nascita e quella del Paese che lo ospita
   
 
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