Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Bellamy    23/06/2021    1 recensioni
La battaglia tra i Cullen e i Volturi termina in maniera inaspettata: i Cullen perdono, Edward e Bella si uniscono alla Guardia di Aro e Renesmee perde la memoria. I pochi mesi di vita vissuta da Nessie vengono spazzati via.
Dopo quasi un secolo, Aro invita Renesmee a Volterra.
Genere: Malinconico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Breaking Dawn
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un mese e cinque giorni.
“Aro non sa che sono con te. Per lui, e per tutti gli altri, sei ufficialmente morta.”
Era passato troppo, troppo tempo. Mi ero, involontariamente, concessa un lasso di tempo che non potevo permettermi, lasciando dietro le mie spalle questioni aperte e da risolvere. Mi sentivo, letteralmente, l’acqua alla gola.
Potevo essere morta per Aro ma non per qualcun altro. Quella piccola rassicurazione mi teneva tesa come una corda di violino anziché calmarmi.
Morsi forte il labbro inferiore mentre tentavo di mantenere la calma e ragionare lucidamente.
I miei occhi iniziarono di nuovo a vagare nella stanza: non mi permetteva di riflettere bene. L’aria che respiravo non era pulita ed era pregna di sangue. Dovevo pensare, farlo in fretta, e avevo bisogno di aria fresca. Dentro la mia testa c’erano tante informazioni che pretendevano di essere elaborate immediatamente.
Feci attenzione a qualcosa che non avevo fatto dopo il mio risveglio: il mio abbigliamento. Indossavo solo un lunga e larga t-shirt bianca che nascondeva, sotto di sé, della biancheria femminile pulita. La benda regalatami da Erik continuava a fasciarmi. Andrew mi aveva pulita, vestita però necessitavo, pure, un paio di pantaloni e delle scarpe al più presto.
Andrew, il quale era sparito dai miei pensieri e dal mio campo visivo per un attimo, liberò il labbro dai miei denti e fermò le mie gambe le quali stavano seguendo i movimenti veloci dei miei ragionamenti confusi. Si appoggiò al cassettone di fianco a letto e incrociò le braccia al petto.
“A cosa stai pensando?” Mi domandò brusco.
“Siamo stati a Londra per più di un mese?” Domandai con un sussurro.
“Sì.” Rispose sempre brusco. “Non ti ho mai lasciato. Mi sono preso cura di te.” Terminò. La sua voce era affilata come la lama più tagliente al mondo. La sua era una semplice constatazione, nella sua voce non c’era nessuna accusa o qualsiasi altro sentimento.
Nonostante la trasparenza delle sue parole, fu inevitabile per me darne una interpretazione diversa, tutta mia.
Avrei potuto ringraziarlo per l’eternità, ripetergli all’infinito la mia gratitudine per avermi rubata da morte certa. Senza di lui avrei continuato a bruciare tra la sabbia fino a quando il mio cuore non si sarebbe fermato per sempre.
Convenni che era meglio non farlo: avrebbe reagito accusandosi di essermi ritrovata in quella situazione a causa sua, di nuovo, ma non mi davo per vinta perché ero abbastanza determinata a fargli cambiare idea. Preferii esprimerglielo in un altro modo e in silenzio.
Il mio pianificato scontro con Nahuel non era assolutamente colpa sua e non dipendeva da lui, diversamente da come sosteneva. Entrambi eravamo stati due pedoni di un subdolo gioco di scacchi.
Lui lo aveva capito in ritardo ma io no e lo avevo accettato. Avevo tenuto il gioco ad Aro pur non sapendo i motivi, avevo deciso di vedere a che punto voleva arrivare. Ovviamente, non avevo mai considerato l’opportunità che lui volesse uccidermi nonostante abbia avuto, in passato, tantissimi indizi da notare.
Tra i due, l’unica alla quale si doveva puntare il dito ero io. Ero stata troppo ingenua.   
Allungai le braccia verso Andrew e lui accolse il mio invito, aggrottando la fronte. Si inginocchiò davanti a me e ci abbracciammo. Fui io, questa volta, a cercare le sue labbra, timidamente. Rispose incerto e freddo al mio tocco: era ancora arrabbiato con se stesso, con me e con quello che mi era successo. Strinsi il suo volto tra le mie mani, carezzandolo, ma lui oppose resistenza.
Andrew si staccò dal mio bacio rudemente dopo qualche secondo, lasciandomi prendere fiato. Senza fare contatto visivo, affondò la sua faccia sul mio collo ed iniziò a prendere grandi boccate d’aria. Mi era così accanto e avevo la sensazione che mi stesse rubando le particelle di ossigeno più vicine alle narici. Il suo peso mi fece stendere sopra il letto, sotto di lui.
Schiacciò il naso e le sue labbra semi aperte tra l’incavo del collo e delle spalle. Sentivo i suoi canini affilati appoggiati sulla mia pelle. Mi strinse forte a sé come se fossi un’ancora di salvezza, nascondendosi tra i miei capelli.
Continuava a respirare forte sulla mia pelle mentre io tentavo di calmare il mio cuore, il suo battito era l’unico suono che si poteva udire, e liberare la mia mente dalla nebbia che si era appena creata, confusa dalla piega che la conversazione stava prendendo.
“Ho avuto tanta paura.” Lo sentii borbottare, la voce ovattata dai miei capelli, ma riuscii a captare dell’angoscia e del tormento.
Spalancai gli occhi ed ebbi un tuffo al cuore. Era così… vulnerabile. Diverso dall’Andrew che avevo imparato a conoscere: sicuro di sé e prepotente.
Cacciai indietro una lacrima e gli strinsi le spalle. “Mi dispiace tanto, Andrew.” Sussurrai.
Non aggiunse null’altro. Fece un ulteriore forte respiro e strinse in altrettanta maniera i denti. Un brivido percorse la mia schiena e l’istinto di allontanarmi da lui prese il sopravvento. Questa inconscia necessità cozzava contro la mia volontà di stringerlo a me e consolarlo.
Senza riflettere, cercai di liberarmi dal suo corpo che mi sovrastava. Il suo peso fece destare i miei muscoli, resi intorpiditi dalla morfina e dalla stanchezza. Le gambe e le braccia esprimevano in caratteri cubitali tutto lo stress al quale erano sottoposti.  
Fui più che felice sapere che si stava trattenendo dal nutrirsi da me, lo apprezzavo. Poteva farlo in qualsiasi momento, obbligandomi, ed io non potevo rifiutarmi. Avere la propria autonomia annullata era pauroso e mortificante. Nello stato in cui riversavo non avrei potuto tollerarlo – non che lo avessi fatto prima – e lo sapeva.
Infilò un mano sotto la t-shirt che indossavo. Sentii le sue dita fredde tra le mie costole, il contatto gelido fu potente come uno schiaffo in faccia, al di sopra della fascia.
“La tua pelle è diventata più morbida.” Borbottò tra i miei capelli. “Hai bisogno di altro sangue. Devi riprendere tutto il peso che hai perso.” Disse a denti stretti, sembrava rivolgersi a se stesso piuttosto che a me.
Battei le palpebre e ritornai in me stessa e alle urgenze che allarmavano la mia testa. La vulnerabilità mostrata da Andrew venne sostituita da una fredda rabbia. Sentendo nominare il sangue, la mia sete fece capolino di nuovo. Non ora.
Andrew fece per alzarsi, ma io lo fermai posandogli una mano sul volto. “Dopo, dobbiamo parlare.”
“Non ho sentito nulla.” Sussurrò mentre si allontanava.
Riuscii ad aggrapparmi a un suo braccio e a fermarlo mentre mettevo da parte la voglia di prendermela con me stessa. Stavo recuperando in forze, perché non ero ancora capace di utilizzare il mio dono?!
“Dobbiamo parlare, Andrew. Non abbiamo finito.” Lo avvisai.
“Possiamo fare una pausa.” Disse lui, improvvisamente stanco, guardandomi negli occhi. “Devi mangiare e abbiamo tutto il tempo per parlare, te l’ho detto.”
No! Non avevamo tutto il tempo per parlare! Non io almeno. Avevo una famiglia che mi aspettava, se ancora potevo considerarla tale, se non si erano veramente stufati di me.
Dovevo, inoltre, affrontare qualcosa che avevo sempre immaginato non sarebbe arrivato mai. A Londra non potevo fare nulla.  
“Per favore!” Lo pregai ponendo maggiore pressione sul suo braccio di pietra. “Parliamo e poi farò quello che vuoi tu.”
Riuscii a convincerlo: il suo volto si illuminò di un sorriso sinistro e il suo braccio si rilassò sotto la mia mano. Lo lasciai andare e lui sospirò, sprofondando nuovamente nel letto.
“Non hai risposto alla mia domanda, Andrew.”
“A quale?” sbottò scontroso.
Lo guardai. “Hai deciso di abbandonare Aro? I Volturi? Te ne sei andato.”
Aro mi credeva morta. Si era chiuso un capitolo, per lui. Se davvero pensava che si fosse liberato di me, questo poteva solamente essere un vantaggio.
Ma Andrew? Lo aveva lasciato andare? Aveva deciso lui di andarsene? Mi aveva salvata, mi aveva portato via dal deserto. Aveva intenzione di ritornare? Prima di quel momento, non si era mai lamentato di nulla e continuava e non farlo. Anzi, gli piaceva essere un membro dei Volturi ed era a suo agio in quell’ambiente. Era destinato a essere di Aro. Lo affascinava. Parole sue.
Andrew non si scompose. Si limitò a rispondere con un: “Sì.”
“Sì?” Ripetei, non certa di aver capito bene.
“Sì.” Fece di nuovo Andrew sicuro. “Non l’ho annunciato ad Aro né a nessun altro. Ti ho presa e me ne sono andato. L’ho deciso quando il tuo cuore batteva ogni due minuti.”
Terminò la frase fulminandomi con lo sguardo: mi stava accusando, un’altra volta. Come se lo avessi voluto io!
Chiusi gli occhi, li riaprii e feci un respiro profondo sonoro. “Andrew, ho provato a difendermi ma Nahuel è riuscito comunque a mordermi. E’ stato furbo e io non abbastanza forte da fermarlo.”
“Sì.” Ripeté di nuovo e in quella mono sillaba era nascosta tutta la sua rabbia e il suo senso di colpa. “Non abbastanza forte.”
Strinsi i denti e le mani in pugno, trattenendomi dallo strattonarlo e rilasciargli tutto il fastidio che provavo a causa di quella sua convinzione. Lo preferivo quando cercava rifugio.
Non ci sarei riuscita comunque, non sarei arrivata nemmeno a sfiorarlo, era più forte di me. Aveva ragione: dovevo nutrirmi.
Andrew mi guardò come se si aspettasse qualcosa ma non si scompose. Forse si aspettava davvero che lo attaccassi.
Decisi di riportare la conversazione all’argomento principale: lui, con me, lontano da Volterra.
“Pensi che Aro ti lasci andare così facilmente?” Gli domandai, sinceramente incredula. Non potei non notare e ricordare gli sguardi di ammirazione e inquietante desiderio che Aro poneva su Andrew ogni volta che li vedevo insieme. Era sbagliato e perverso quasi. Andrew, in quei momenti, non aveva dato segni di esserne infastidito, come se non ci avesse fatto nemmeno caso.
Aro poteva aver acquisito nuovi membri dopo la battaglia, ma ero totalmente sicura che questi non compensavano la perdita di un vampiro come Andrew.
Lui fece un sorrisetto che morì immediatamente. “No.” Iniziò. “Mi sta cercando, sta mobilitando tutti i vampiri che ha in giro per il mondo più gli ibridi che si è portato a Volterra. Ho uccisi due vampiri qui, a Londra. Mi hanno trovato per un mio errore di distrazione.” Borbottò l’ultima frase, non si perdonava neanche quella.
Quindi lo stava cercando, era ovvio. Quale superiore accetterebbe di perdere qualcuno dotato come lui? Nessuno. Andrew aveva un dono troppo grande, importante e spaventoso. 
Lo guardai un’altra volta: era ancora arrabbiato ma il suo volto si era disteso, la sua fronte di marmo era liscia ora. Non dimostrava di essere minimamente preoccupato che il più potente clan di vampiri al mondo lo stava cercando.
“Oh, Andrew!” Feci, il tono di voce si trasformò in un lamento. “Così non va! No!”
Sentendomi, i suoi occhi si illuminarono come un allarme.
“Non ti importa solo sapere che sei viva?” Chiese infastidito. “Cosa t’importa se Aro mi sta cercando o meno?”
Sgranai gli occhi. Era impazzito? Non aveva pensato alle conseguenze che la sua improvvisa scomparsa poteva comportare? Scomparsa che coincideva con la mia presunta dipartita?
Era troppo, troppo sospetto. Aro, o nessun altro, si sarebbe perso quel dettaglio. Non mi capacitavo del fatto che lui non avesse pensato a questo.  
“Sono preoccupata per te, stupido!” Sbottai. “Non hai pensato, almeno una volta, che potresti metterti nei guai? O, visto che ti stanno cercando, già lo sei! Non hai paura di quello che potrebbe farti Aro?”
Andrew mi guardò in silenzio, il volto ora limpido e innocente, e dopo iniziò a ridere fragorosamente facendo vibrare il letto sotto di noi.
Lo fissai, stupita dalla sua reazione. Non aveva pensato a nulla. Almeno questo lo faceva divertire.
“Andrew, ti prego. Sono seria.” Dissi mentre lo guardavo sobbalzare, una risata dopo l’altra.
Riaprì gli occhi e cercò di darsi un contegno. Mi rispose con un sorriso divertito: “Non ho paura di Aro. E’ totalmente terrorizzato di perdermi e non immagina neanche di farmela pagare in qualche modo. Suppongo che dovrei farla veramente grossa per meritarmi qualche punizione. Pure Alec e Jane hanno paura di me.”
Un respiro si smorzò al centro della mia gola. “Potrebbe farlo… se scoprisse che sono con te.”
L’aura divertita intorno ad Andrew svanì nel momento esatto in cui terminai di parlare. Si fece incredibilmente serio, i suoi occhi si aguzzarono e le sue labbra si fusero insieme in un linea.    
“Non succederà. Non glielo permetterò. Non gliene daremo motivo.” La sua voce autoritaria mi inchiodò sul posto, facendomi accapponare la pelle ovunque. I suoi occhi rossi brillavano, più lucenti della luce che ci circondava.
Oh, io avrei dato motivo ad Aro di scoprire che ero ancora viva. Mi chinai verso Andrew.
“Andrew, non puoi esserne così certo.” Iniziai a dire balbettando. “Se dovesse succedere… qualcosa, sarebbe solo colpa mia. Non ho intenzione di metterti nei guai.”
Mi pietrificò con lo sguardo: aveva capito che stavo tramando qualcosa sotto.
Si alzò in piedi e ringhiò e io rabbrividii di nuovo. “Che intenzione hai di fare? Non succederà nulla. Aro e nessun altro scoprirà qualcosa.”
Scossi la testa. Eccoci, ci siamo.
Iniziai ad alzarmi e affrontarlo, incerta che le gambe mi avrebbero sorretto. Poggiai rapidamente un piede sul pavimento, ma Andrew fu più veloce di me: afferrò la caviglia con una mano e mi spinse di nuovo verso il letto che si spostò con me, andando contro la parete a destra. Dal punto in cui aveva premuto scoccò una fitta che salì su fino ai fianchi.
Presi fiato e cercai i suoi occhi. “Andrew, devo andare. Lo sai questo. Chi mi crede, oltre i Volturi, morta?”
I Cullen. Immaginai Aro annunciare loro la triste notizia: lui con una finta espressione addolorata che celava, in realtà, il suo compiacimento. Non riuscivo a immaginarmi come avrebbero potuto reagire i Cullen.
Lo sapevano? Erano ritornati a Volterra per chiedere di me? Oppure erano rimasti negli Stati Uniti come aveva loro chiesto?
La paranoia si impossessò di me. Neanche potevo affidarmi ad Alice: non poteva avere notizie di me, non riusciva a vedere il mio futuro!
“No!” Urlò, furioso in volto, i muscoli delle braccia flessi. I peli nella nuca mi si rizzarono. “Non c’importa chi ti crede morta ormai!”
Non gli importava! “Andrew, la mia famiglia! Ho promesso loro che sarei ritornata! Eri con me, lo hai sentito pure tu!” Urlai ricambiando la sua reazione.
Avevo promesso a Carlisle che sarei ritornata da lui. Avevo fatto la stessa promessa, a me e ai Cullen, infinite volte e intendevo mantenerla. Glielo promisi prima di partire insieme ad Andrew quando sabotò la mia fuga progettata da Bella.
Aro mi credeva morta e non potevo perdermi la possibilità di utilizzare questa informazione a mio vantaggio: riprendere a vivere la mia vita con i Cullen nella totale segretezza.
Inoltre, il mio piano, del quale ero consapevole fosse tanto fragile, prevedeva anche di andare immediatamente a Volterra. Ero obbligata a ritornare.
Andrew fece una smorfia disgustata e fermò un ringhio nel petto. “Non m’interessa nulla della tua famiglia! Non andrai da nessuna parte. Tu starai con me.” La sua voce era furiosa e autoritaria allo stesso tempo, mi tramortiva.
Strinsi con forza le mani intorno alle ginocchia e sentii le spalle incredibilmente pesanti. “Sei davvero fuori di testa se pensi che io possa causare un così grande dolore alla mia famiglia. Mi stanno aspettando.” Dissi a denti stretti.
Lui fece spallucce. “Non m’interessa.” Ripeté. “Se ne faranno una ragione. Non vai da nessuna parte.”
Lo guardai, il suo volto era disinteressato ma furioso allo stesso tempo. Non vidi in lui nessuna propensione ad ascoltarmi. Cosa voleva che facessi? Rispettare i suoi voleri?
Dovevo mantenere la calma e parlargli in maniera cauta, farlo ragionare nonostante il desiderio di staccargli la testa. Ero sinceramente spaventata che potesse utilizzare il suo dono su di me e porre fine alla discussione. Quel sincero timore mi causò tristezza e rabbia.
“Andrew, rifletti.” Iniziai, tutto ad un tratto l’aria era sparita dai miei polmoni. Mi avvicinai a lui appoggiandomi alla colonna in legno del letto. “Sei sparito lo stesso giorno in cui Aro aveva ordinato di uccidermi. Potresti anche non averlo contemplato, ma è troppo sospetto.” Gli strinsi una mano, la ritirò immediatamente come colpito da una scossa elettrica.
Sospirai. “Se Aro venisse a scoprire che te ne sei andato con me? Viva? E se fosse una delle cose che non ti perdonerebbe? Non voglio metterti in pericolo.”
Ricordai le parole che mi disse una volta in aereo: “No. Possono uccidermi da un momento all’altro.”
Mi inchiodò sul posto con le sue iridi rosse e serrò la mascella. “Aro non scoprirà nient’altro di nuovo su di noi. Non gli daremo nessuna occasione. E poco m’importa se me la perdona o meno. Non abbiamo più nulla a che fare con lui o con chiunque altro.”
…O con chiunque altro. Voleva tagliare tutte le persone a me care via dalla mia vita?
Iniziò ad allontanarsi verso il corridoio. “Dove vai?” Gli domandai seguendolo con lo sguardo.
Lui non si voltò. “A uccidere qualche mal capitato per te… e per me.” Rispose.
Era già sparito ma riuscii a percepire ancora la sua presenza nella casa. Sentii dei cardini cigolare.
Poggiai le mani sulle cosce. “Andrew, hai tu il mio medaglione?” Chiesi piano.
Quando controllai la fascia di Erik notai che il mio medaglione, costretto tra la resistente benda e il mio fianco destro, mancava.
Mi aveva sentita, ovviamente. Andrew ritornò subito nella stanza e, come facevano i giocatori di rugby, tirò verso la mia direzione le due facce del mio pendente.
Le afferrai al volo. Il metallo freddo. Il vetro si era incrinato. Diedi una occhiata veloce al piccolo ritratto con lo stesso atteggiamento distaccato che usai la prima volta che lo vidi.
Amore e protezione. Io raggiante e felice. Edward e Bella.
Portai il mio sguardo verso Andrew, in piedi nello stipite della porta, che mi fissava, il volto imperscrutabile.
“Andrew, devo ritornare a Volterra.”
Alzò gli occhi verso il tetto, nel suo volto saltò fuori un sorriso stupito.
“Non vuoi davvero.” Disse scuotendo la testa, i suoi occhi cercavano i miei per una conferma nonostante la sua affermazione.
Essendo più vicina a lui, mi alzai in piedi tenendomi stretta tra il muro alle mie spalle e la barriera del letto. Me lo lasciò fare. Le gambe erano sottili e fragili come un foglio di carta.
“Sì, lo voglio.” Dissi stringendo il medaglione tra le mani. “Sono i miei genitori.”
Nel dirlo, il tono della mia voce uscì alquanto strano: incerto, incredulo e ironico. Aveva lui il medaglione, sicuramente avrà visto cosa conteneva. Cosa si aspettava facessi?
Si passò una mano in testa, portandosi i capelli scuri indietro.
“E vuoi tornare a Volterra per…?” Lasciò la domanda in sospeso. Voleva che la terminassi io, come se il mio precedente motivo non lo avesse già fatto intendere. I suoi occhi inquisitori m’intimidivano. Guardando Andrew avevo la sensazione che quello che stavo per dire risultasse stupido anche alle mie stesse orecchie. 
No, non lo era. Dovevano sapere.
Cercando di raccogliere una sicurezza in me che non credevo avere, dissi: “Voglio dire loro che io so. Tutto qui.”
In quel momento, il mio piano consisteva solamente in quello: guardare loro negli occhi e annunciare la mia epifania.
Non riuscivo a pensare ad altro. Far presente loro che sapevo cosa fossero per me era l’unica cosa sensata. Cos’altro potevo fare? Non avevo ancora realizzato la mia rivelazione e mi domandavo quando avrei potuto farlo. Non avevo ancora chiaro in me cosa pensavo e provavo a riguardo, avevo troppi quesiti senza risposta. Nulla mi era chiaro.
Come potevo anticipare le reazioni di Edward e Bella, una volta incontrati di nuovo, quando nemmeno io sapevo come sentirmi? Potevano reagire in tantissimi modi...
Sarebbe stato un incontro tenuto civilmente. Sarebbe durato poco. Non mi aspettavo né abbracci o dichiarazioni di alcun tipo. Non mi aspettavo nemmeno determinate prese di posizioni o future decisioni.
Erano liberi. Edward e Bella. Desideravo solo comunicare loro che io sapevo. Non avrei rappresentato, per loro, nessuna sorta di costrizione.
Andrew iniziò di nuovo a ridere. Una risata bassa, gutturale.
Rivolsi lo sguardo verso le mie gambe, verso terra, combattendo l’infantile voglia di piangere. Ebbi una fitta calda al petto, come avvenne la notte passata, la quale mi tolse via tutta l’aria dai polmoni. Portai un mano sul seno cercando di smorzare un gemito di dolore dal nascere. L’effetto della morfina era già svanito, era stato così breve.
Andrew si chinò su di me e cercò i miei occhi. “Stai bene?”
Lo guardai: era preoccupato e questo mi faceva ridere. Teneva in considerazione la mia salute ma non altri aspetti, per me, vitali. Lui aveva già deciso, lo aveva fatto senza tener conto delle mie opinioni.
Aggrappata intorno a quel piccolo cerchio di calore, annuii in risposta, distogliendo lo sguardo.
“Guardami.” Ordinò e miei occhi corsero subito verso i suoi. Erano carichi di fredda determinazione. Un muro. “Non andremo a Volterra. Non ne hai bisogno.”
Parlava al plurale, come se fossimo un tutt’uno. Lui era libero di non seguirmi, non glielo avrei mai imposto.
E sì, avevo bisogno di incontrare Edward e Bella così come avevo intenzione di ritornare dai Cullen. Ero aggrappata a quell’intento come un salvagente e nessuno era in grado di farmi cambiare idea. Nemmeno Andrew, nemmeno il suo potere.
“Devo. Andare.” Gli ripetei a denti stretti, stringendomi ancora di più contro il muro dietro di me.
Andrew ringhiò ma io rimasi immobile a fissarlo. “Non prenderti in giro! Non prendere in giro me!” Il suo urlo vibrò per tutto il mio volto. “Già sapevi che erano i tuoi genitori, Renesmee!”
Spalancai la bocca. “Cos…Cosa stai dicendo?” Gli domandai, scuotendo la testa. Ciò che aveva appena detto era una assurdità.  
Si mise in posizione dritta. Le sue iridi brillavano violenti. “Oh, finiscila!” Continuò a urlare, allontanandosi da me. “Lo hai sempre saputo! Semplicemente non lo avevi accettato!”
Le tempie cominciarono a pulsarmi, non riuscivo a credere a ciò che stava dicendo. Stava improvvisando, stava cercando di trattenermi dal non andare.
“Prima non ne volevi sapere nulla!” Continuò, il suo corpo vibrava di rabbia. “Adesso hai visto quella dannata foto e ora vuoi ricongiungerti con mamma e papà! Molto, molto carino!”
“Smettila! Smettila! Non è vero!” Avrei tanto voluto gridargli, ma la paura che lui potesse terminare il litigio con il suo dono, in un battibaleno, mi desisteva dal farlo. Feci due passi in avanti e mi appoggiai al muro di fronte, sotto lo stipite della porta.
“Stai dicendo solo sciocchezze.” Gli dissi mentre delle lacrime iniziarono a straripare dagli occhi e correre nelle guance. “Come potevo saperlo? Come potevo capirlo? Loro non mi hanno detto niente!”
Andrew scoppiò a ridere. Si appoggiò alla ringhiera in legno che dava al piano inferiore. Ne ruppe un pezzo con un leggero tocco della mano.
Si voltò verso di me. L’espressione divertita e malvagia contemporaneamente. Mi catturò il fiato.
“Tutte le attenzioni che ti dava Bella? Come le interpretavi? Solo una madre si comporta in quel modo. Nessuno dei Volturi si preoccupava per te. Nessuno. Ogni volta che io notavo la somiglianza tra te e quei due? Tu cambiavi immediatamente discorso. Lo leggevo nei tuoi pensieri, tramite il tuo tocco, quando sognavi oppure quando eri così tanto presa dai tuoi pensieri da non accorgerti che ero accanto a te.”
Sogni? Pensieri? Cosa aveva visto? Quando si era appropriato delle mie mani per frugare nelle mia testa? Il mio soggiorno a Volterra era caratterizzata da notti senza sogni…  
Il mondo si stava sgretolando ai miei piedi e lui stava velocizzando il processo. “No…” Sussurrai, risultando poco convinta. “Non è vero. L’ho capito quando ho deciso di aprire il medaglione per la prima volta. Quando avevo paura di non sopravvivere alla battaglia! Solo in quel momento mi ero decisa a vedere cosa conteneva!”
Andrew alzò le mani. “Oh, per favore! Non avevi bisogno di uno stupido medaglione! Hai davvero vissuto tutta la tua vita senza aprirlo? Nemmeno una volta? E’ incredibile Renesmee, incredibile. Nessuno ti crederebbe.”
“Devi credermi!” Gli dissi avanzando di altri tre passi, avvicinandomi a lui. Ogni passo era uno stilettata alle gambe. Le braccia tremavano a causa della furia che mi percorreva. “Pensi davvero che le cose sarebbero andate in questa maniera se lo avessi scoperto prima? Non credo proprio.”
Quanti giorni, notti, avevo trascorso chiedendomi cosa contenesse il mio medaglione. Quanta era la mia curiosità ma, allo stesso tempo, una irrazionale paura di sapere. Andrew non lo sapeva.
Lui mi rivolse un sorriso furbo e oscuro. Avanzò verso di me e io arretrai.
“Sì, sarebbero andate proprio in questa maniera.”
“No, non starei con te, qui e ora, adirato.”
Scossi la testa, continuando ad arretrare. “No, non sarebbero andate così.”
Continuò a sorridermi. “Ti sbagli e sai perché? Perché i tuoi cari genitori non hanno fatto nulla per evitarlo.”
Toccai di nuovo il muro con la schiena. Portai le mani dietro di me, strette in pugno, per sorreggermi. Non sarebbe servito a nulla attaccarlo, ero troppo debole. Dovevo controllarmi e non credere alle sue parole. Voleva solo farmi cambiare idea. Le stava provando tutte, ne ero convinta.
“Sei tu che sbagli.” Gli risposi controbattendo, i denti digrignavano. “Bella mi ha mandato via da Volterra! Lei non voleva che partecipassi alla battaglia!”
Andrew venne colto da un altro moto di risate. “Sì! Il suo, permettimi, patetico tentativo di salvarti.”
Mi raggelai. La furia, che mi percuoteva tutta come adrenalina, mi pietrificò sul posto.
“Lei ha fatto quello che poteva.” Dissi a denti stretti. I vuoti muscoli delle braccia erano in tensione dietro le mie spalle.
“Sì, sì.” Disse sbrigativo Andrew, portandosi entrambe le mani dietro la testa. “Almeno lei… ha fatto qualcosa. Tuo padre? Zero. No, aspetta! Una volta, sì. Quando mi ha minacciato di uccidermi se tentavo di avvicinarti a te. Ho dato retta alla sue parole? No. A lui è importato qualcosa, alla fine? No.”
La sua voce era così fastidiosa, acuta e persuasiva. Entrava nelle mie orecchie come se fosse la padrona della mia mente. Colei che decideva cosa ascoltare e credere. Mi chiesi se non stesse già utilizzando il suo dono con me.
Istintivamente coprii le mie orecchie con le mani, tentando di bloccare la sua subdola voce.
“Smettila.” Gli sussurrai. “Basta.”
Portò le sue mani ai fianchi. Mi rivolse uno sguardo sorpreso, la testa piegata di lato. “Come? Non eri tu quella che voleva parlare? Io espongo la mia opinione e tu la tua.”
Mi voltai, dandogli le spalle, e mi diressi verso le scatole di morfina appoggiate nel comodino, dall’altra parte della stanza. Mi avviai lentamente, aggrappata alla barriera di legno. Il petto pulsava, seguiva frenetico i ritmi dei miei polmoni.
“A te non importa cosa… ne penso io… o cosa io voglio fare.” Gli risposi. “Tu hai già deciso per me.”
Mi sedetti nel bordo del letto e ingoiai altre dieci pillole. Mi portai alcune ciocche di capelli dietro le orecchie. La camera da letto era diventata improvvisamente piccola, claustrofobica. Volevo andarmene subito.
“L’ho fatto per il tuo bene.” Rispose Andrew dietro di me.
Mi voltai, era appoggiato al muro, accanto alla porta.
“Per il mio bene?” Gli domandai, l’indice puntava verso la mia persona. “Tu non sai di cosa ho bisogno per il mio bene.”
Andrew sgranò gli occhi e batté le palpebre. Increspò le labbra, alzò gli occhi al cielo e disse: “La tua famiglia, ho capito.”  
“Vai al diavolo, Andrew.”
“Cosa hanno fatto loro per te? Niente, peggio di Edward e Bella. Se davvero si fossero preoccupati per te, come lo sono io, a quest’ora, forse, davvero non saresti qui. Invece…”
Mi alzai di scatto, incurante del dolore. e mi voltai totalmente verso la sua direzione. Persi l’autocontrollo.  
SMETTILA! SMETTI DI DIRE BUGIE!” Gli urlai con tutta l’aria che avevo a disposizione. Sentivo gli occhi fuori dalle orbite. Appoggiai le mani nel materasso davanti a me, facendo grandi respiri.
Lui non reagì, rimase impassibile alla mia reazione. Continuava a rimanere fermo come una statua di marmo.
“Nemmeno i Cullen volevano che restassi a Volterra. Si erano accordati con Bella per portarmi via! Io li ho mandati via! Tramite te, Andrew! Tu mi hai fatto dire loro di andare via! Cosa ne pensavi, in quel periodo? T’importava o non t’importava di me? A quei tempi?!”
La mia sfuriata venne interrotta da un altro colpo infuocato nel petto. Rantolai e sprofondai tra le lenzuola.
Con la coda dell’occhio vidi Andrew, la sua espressione di nuovo dannatamente preoccupata, avvicinarsi. Io lo fermai e mi alzai di forza. Non volevo che mi toccasse.
“Quando sei venuto a prendermi.” Continuai. “Loro volevano affrontarti. Nonostante i miei avvertimenti sul tuo dono, loro avevano intenzione di combattere per me. Si preoccupano per me. Non. Dire. Menzogne.”
Andrew rimase in silenzio. Non respirava, non si muoveva, superava una statua.
“E per quanto io ti sia grata per quello che hai fatto e stai facendo per me, Andrew. Tu non hai nessun diritto di scegliere per me, decidere per me. Tu sei libero di fare ciò che vuoi: tornare  a Volterra, mettermi pure i bastoni fra le ruote, se lo desideri. Io devo raggiungere Edward e Bella, poi la mia famiglia. E’ quello che desidero, da sempre. Qua non c’è nulla che mi trattiene.”
Calò un silenzio di tomba. Io e Andrew ci fissammo negli occhi, nessuno osava distogliere lo sguardo. Nei suoi non riuscivo a leggere nulla. Vedevo il mio riflesso rosso: inginocchiata e con le spalle curve. Mi domandai cosa leggeva nei miei, se comunicavano qualcosa.
Nella mia testa si ripetevano le parole che gli pronunciai, come un disco rotto. Fui completamente onesta con lui: a Londra non c’era nulla che mi tratteneva. Io volevo ritornare dai Cullen, volevo andare da Bella ed Edward. Volevo la mia vita indietro.
Dopo un tempo infinito, Andrew aprì finalmente la bocca: “Non vuoi stare con me, quindi.”
Mi mancò il fiato, il cuore riprese a martellare. “Andrew, io…”
Cosa intendeva? Voleva passare il resto dell’eternità con me? Era una sorta di dichiarazione, quella?
Si stese nel letto, accanto a me, a pancia in giù. “Non vuoi stare con me.” Ripeté.
“Io vorrei che stessimo insieme.” Continuò, interrompendomi.
Lo guardai, le spalle rivolte verso di me, il voltò contro un cuscino bianco.
Non sapevo che dire.
Le mie priorità, in quell’esatto momento, erano altre. Non prevedevano lui. Lui non c’era. Questa era la schiacciante verità.
“Andrew.” Riuscii solo a dire. Le lacrime cominciarono di nuovo a uscire come una onda grandissima.
Appoggiai il volto tra le sue scapole, le mani nella sue spalle, vicino al collo. Fu come stendersi in una lastra di ghiaccio. Lui non si mosse.  
“Mi sento davvero in colpa per quello che ti è successo, Ren. Mi dispiace non averlo capito prima. Volevo rimediare…”
Nonostante la sua bocca fosse costretta tra il tessuto del cuscino, la sua voce suonò chiara, nitida.
“Lo so, ma…” Dissi.
“Non vuoi che stiamo insieme.” Concluse lui, erroneamente, la mia frase.
Lo volevo davvero? Non lo sapevo. Il tema era arrivato con lo stesso preavviso di un terremoto. Non avevo mai pensato che per me e Andrew potesse esserci una opportunità.
Non avevo mai valutato, in profondità, cosa io provavo per lui o cosa Andrew provava per me. Nessuno di noi due aveva iniziato l’argomento prima d’allora.  
Gli eventi mi avevano completamente annegata, impedendomi di riflettere. Inoltre, non volevo che Aro sapesse ma, a quanto pare, lui era già consapevole dello strano legame che si era creato tra me e Andrew.
“Potresti venire con me, dai Cullen. Noi ci nutriamo di sangue animale, ma tu potresti continuare a nutrirti di quello umano. Nessuno ti direbbe nulla, nessuno ti obbligherebbe a fare qualcosa che non vuoi. Te lo prometto.”
“No.” Rispose sicuro Andrew.
“Mi dispiace, Andrew.”
“Spostati. Vado a prendere qualcuno. Sto morendo di fame.”

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Bellamy