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Autore: Signorina Granger    24/06/2021    5 recensioni
Dopo la sconfitta di Voldemort, Minerva McGranitt è diventata Preside di Hogwarts illudendosi di gestire la scuola e di portare avanti la sua carriera in modo normale. Non aveva fatto i conti, tuttavia, con il corpo docenti del tutto atipico che si sarebbe ritrovata a gestire e con le peripezie che quel gruppo di maghi le avrebbero causato.
[Piccolo Spin-off di "Phoenix Feather Camp" sui professori della storia, con la partecipazione di qualche personaggio canon]
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Demelza Robins, Horace Lumacorno, Maghi fanfiction interattive, Minerva McGranitt, Sibilla Cooman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of weird campers'
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Cronache di una Preside sull’orlo di un esaurimento
 
 
 

I. Le riunioni 


Dopo una lunga e brillante carriera da insegnante di Trasfigurazione, durante la quale aveva fatto diplomare i più brillanti maghi di intere generazioni, Minerva McGranitt aveva preso in mano le redini di Hogwarts assumendo le vesti di Preside della scuola. I primi anni non erano stati dei più semplici, la scuola era stata parzialmente devastata dallo scontro contro Voldemort e molti dei suoi più longevi colleghi avevano rapidamente espresso la volontà di andare presto in pensione.
C’erano un castello da ricostruire, nuovi studenti da accogliere e cattedre da assegnare. Minerva McGranitt avrebbe potuto lavarsene le mani e affidare quell’enorme lavoro a qualcuno di più giovane, ma amava la sua scuola e decise di non deludere le aspettative che tutti nutrivano nei suoi confronti.
Più di vent’anni dopo la guerra, Minerva poteva guardare con viva soddisfazione al suo operato: il castello era tornato rapidamente quello di un tempo, gli studenti erano sempre più numerosi e negli anni aveva assunto diversi insegnanti competenti che anni prima aveva conosciuto nelle aule di Hogwarts nelle vesti di studenti.  
Disgraziatamente non era riuscita a liberarsi dell’impiccio costituito da Sibilla Cooman, che ancora occupava la cattedra di Divinazione – da qualche tempo si scommetteva su quanti anni ancora sarebbe durata, e Minerva aveva la triste sensazione che non si sarebbe liberata della collega prima della pensione – ma in compenso aveva ceduto il testimone di Vicepreside a Horace Lumacorno, che ancora organizzava feste, cene e incontri con i suoi studenti prediletti.
La soddisfazione della strega, tuttavia, aveva avuto vita breve: non ci aveva messo molto, Minerva, da donna brillante qual era, a realizzare che quello che lei stessa aveva costituito era il corpo insegnanti più assurdo che Hogwarts avesse mai visto.
Albus le chiedeva novità ogni settimana, ridacchiando dal suo quadro insieme agli altri defunti Presidi mentre assisteva alle peripezie della sua vecchia amica, che si ritrovava molto di frequente a gestire e ad alzare gli occhi al cielo di fronte a quel gruppo così insolito e variegato.
A mandarla ai matti più di tutti era, sicuramente, il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure. Theobald Watrous era una persona piacevole quanto imprevedibile, e più di una volta la Preside era stata costretta a convocarlo nel suo ufficio per consigliargli caldamente di non diffondere falsi pettegolezzi tra i ragazzi, non organizzare per loro appuntamenti al buio e di smetterla di dare corda a Marlowe Archer-Lloyd per i suoi scherzi.
Il mago, che aveva fatto rapidamente amicizia con tutti gli insegnanti e godeva della posizione di ospite d’onore a tutti gli incontri del Lumaclub, la guardava sbalordito come se stesse vaneggiando e le consigliava “una tazza di tè per rilassarsi”.


“Albus, io non ce la faccio più. Quasi rimpiango gli imbecilli che hanno occupato la cattedra prima di lui, anche il ciarlatano coi bigodini!”
“Non vorrai insinuare che rimpiangi Dolores Umbridge, cara.”
“Ora non esagerare, per i Fondatori, ma sono a tanto così dal rimpiangere persino quello che aveva Voldemort sulla nuca!”
 
E poi c’era la sua pupilla, la dolce ed esuberante Margot Campbell. Minerva voleva un gran bene alla sorridente e talentuosissima strega che aveva preso il suo posto come insegnante di Trasfigurazione, se non fosse che la ragazza aveva rapidamente fatto amicizia con Demelza Robins, l’insegnante di Volo assunta quando Madama Bumb era andata in pensione.
Sebbene fossero amatissime dagli studenti, quelle due streghe la mandavano ai matti quasi quanto Watrous e non era insolito che architettassero qualche scherzo nei confronti dei colleghi, o che si imbucassero alle feste di Lumacorno. 
C'era il non più tanto imbranato Neville Paciock e Beaumont Hawkes, ex insegnante di Beauxbatons e ex pupillo di Lumacorno, il nuovo Gilderoy Allock idolatrato dalle studentesse. Fortunatamente, Minerva aveva potuto constatare in fretta che Beaumont ed Allock avessero in comune solo il bell'aspetto e la Casa di appartenenza, ma l'insegnante di Aritmanzia era comunque costantemente oggetto di imbarazzanti ed invadenti attenzioni da parte delle studentesse. 

Era un normale San Valentino come tanti – Minerva sospirava e alzava gli occhi al cielo mentre guardava giovani streghe in erba piangere disperate per non aver ricevuto bigliettini o cioccolatini – quando la Preside varcò la soglia dell’aula insegnanti per informare i colleghi sulla data della prossima gita ad Hogsmeade dei ragazzi.
Quello che vide varcata la soglia la lasciò senza parole.
Il pavimento, le sedie, tutto era coperto da montagne di buste rosa confetto, molte adornate da cuoricini, nuvolette e altre mostruosità che la Preside non ebbe il tempo – e la voglia – di identificare prima di rivolgersi scandalizzata ai pochi insegnanti presenti:
“Per la barba di Merlino, che cosa accidenti sono tutte queste lettere rosa pastello?! Di chi sono?”
“Temo che… temo che siano indirizzate a me, Preside.”
Cielo. E pensare che Beaumont Hawkes sembrava l’unico normale in quel circo che erano diventate le riunioni del corpo docenti. Horace, seduto in un angolo con la Gazzetta del Profeta in mano, sembrò colpito da una buona dose di disappunto nel realizzare di non essere lui l’oggetto dell’ammirazione degli studenti, ma la Preside lo ignorò.
Minerva sospirò mentre Beaumont, rosso in volto quasi quanto lo stendardo dei Grifondoro, raccoglieva alcune delle infinite lettere rosa che avevano invaso ogni angolo dell’aula insegnanti. Naturalmente il professore era un bell’uomo – anche se anziana di certo non aveva perso la vista – ma Minerva non poteva assolutamente tollerare nulla del genere:
“Beaumont, so che non incoraggia questi comportamenti e che la cosa la mette a disagio, ma credo che dovrebbe prendere provvedimenti seri, o lo farò io. Non voglio ricevere lamentele dai genitori perché i loro figli sono più interessati al professore di Aritmanzia che alla materia.”

“Però lo possiamo capire, ti ricordi la cariatide che avevamo noi come insegnante? Queste ragazze possono considerarsi fortunate.”
“E chi se lo scorda!”

Sentendo quei sussurri Minerva si voltò, scoccando la sua occhiata più gelida in direzione di Margot e Demelza, sedute una accanto all’altra e con due copie del Settimanale delle Streghe tra le mani.
Le due insegnanti sfoderarono i loro sorrisi migliori, ignorando il tono volutamente inquisitorio della Preside quando Minerva si rivolse loro:
“Voi due non c’entrate nulla con questa storia, suppongo.”
“E come dovremmo essere coinvolte noi donne adulte e profondamente mature, esattamente?”
Demelza parlò sbattendo angelicamente le ciglia e Margot la imitò prima di asserire allegra di avere delle verifiche da correggere, alzandosi con un sorriso e cercando di ignorare lo sguardo sospettoso che la Preside riservò loro mentre Demelza si affrettava ad imitare la collega più giovane:
“E io ho una lezione da preparare, vengo con te.”
 
Minerva osservò sospettosa le due uscire in fretta e furia, udendo distintamente le risatine che echeggiarono lungo il corridoio. Sospirando e decidendo di lasciar perdere, la Preside si rivolse a Beaumont mettendogli una mano sulla spalla e rivolgendogli un’occhiata comprensiva:
“Non è colpa sua, Beaumont. Ma la prego, le faccia sparire.”
“Certo, Preside.”
L’uomo le sorrise e Minerva, dopotutto, non poté far altro che ricambiare. Era umanamente impossibile avercela con Beaumont Hawkes, e doveva tenersi buono uno dei pochi colleghi sani di mente e affidabili che le restavano.
 
*
 
 
Se ogni giorno era duro – soprattutto i pasti, dove il tavolo degli insegnanti rischiava quotidianamente di trasformarsi in un asilo nido, costringendo la Preside a metterei dei posti fissi per ogni docente e scatenando l’ilarità di tutti i quadri dei suoi predecessori –, la cosa peggiore in assoluto erano le riunioni. Da quelle, Minerva usciva sempre con un fastidioso tic all’occhio. Insomma, era anziana, non poteva certo sopportare quelle sceneggiate ogni volta!
C’era stato il finto Lethifold che Watrous aveva nascosto nell’armadio e che a Lumacorno, aprendo le ante per riporre il mantello, era costato un soggiorno in infermiera per lo spavento.
“Theobald, Horace è anziano, non può fargli prendere certi spaventi!”
“Cara Minerva, ma la mia vittima designata infatti era il Professor Paciock, lo giuro!”


Il professore di Difesa contro le Arti Oscure aveva parlato spalancando teatralmente gli occhi azzurri, ignorando l’indignazione di Neville e indicando Lumacorno, traportato fuori dalla stanza con una barella che si muoveva da sola gemendo e facendosi aria con una mano mentre una contrariata Madama Chips sibilava di non aver tempo da perdere in quelle cretinate.
Da quel giorno le riunioni vennero spostate in un’aula vuota, ma le cose non migliorarono di molto.
 
“Colleghi, se siamo tutti direi di iniziare, dobbiamo discutere dell’argomento gita. I genitori avanzano da anni proposte di coinvolgere i ragazzi più grandi in visite culturali, e dobbiamo prenderlo in considerazione.”
“Preside, manca la Professoressa Cooman.”
Seduti davanti a dei banchi che erano stati disposti a ferro di cavallo, Neville indicò il posto vuoto e Minerva, accennando un smorfia appena percettibile, liquidò il discorso con un gesto della mano:
“Come sapete è raro che Sibilla scenda dalla sua torre, possiamo procedere ugualmente.”
“O magari la nostra Raperonzolo si è rotta l’anca scendendo quelle stupide scalette a pioli…”
Phil parlò in un mormorio perfettamente udibile da buona parte dei presenti e senza staccare gli occhi dal libri che teneva in mano. Minerva si vide costretta a lanciargli un’occhiataccia mentre Håkon, seduto accanto al collega, mormorava a sua volta di sperare che la Pipistrella restasse nella sua torre.
“Signori, vi prego di smetterla di chiamare Sibilla in quel modo, è profondamente maleducato e non approvo questo genere di cose.”
Minerva trovava “Pipistrella” molto calzante per definire la Cooman, ma aveva pur sempre uan reputazione da mantenere e non poteva certo farlo sapere ai suoi sconsiderati colleghi.
“Preside, mi duole informarla che è un appellativo vecchio come il cucco, esiste da prima che frequentassimo Hogwarts da studenti.”    Håkon parlò stringendo le braccia muscolose al petto e senza scomporsi particolarmente, rammentando con estremo sdegno le lezioni della donna mentre Demelza confermava distrattamente quanto detto dal collega.
“Mio dio, ma quanti anni avrà la vecchia?!”
Phil parlò spalancando gli occhi, realizzando solo in quel momento quanti anni potesse avere la collega prima che l’occhiata di Minerva lo raggelasse. Il Direttore dei Corvonero biascicò delle scuse mentre Demelza, seduta dall’altro lato del tavolo, si tamburellava distrattamente una matita sul mento e teneva gli occhi chiari fissi sulla rivista che aveva in mano:
“Cavolo, mi manca pochissimo per finire le Parole Crociate per Maghi e Streghe Eruditi. Margi, senti qui. Sei lettere, definizione: fastidioso e petulante.”
“Hai provato con Cooman?”
“Nah, inizia per P.”
“Allora Philip!”
“Stronza.”

“MacMillan, linguaggio. Bene, visto che Sibilla non ha intenzione di presentarsi possiamo inizia-“
 
Minerva non riuscì mai a concludere la frase: la porta si aprì, le candele si spensero per colpa di una folata di vento, Demelza imprecò per l’impossibilità – dettata dal buio – di terminare le parole crociate e Håkon, sospirando, lasciò che un rassegnato mormorio si librasse dalle sue labbra:
“Ci risiamo.”
Con uno sbuffo sommesso e determinata a non perdere tempo, Minerva accese nuovamente le candele con un movimento impaziente della bacchetta, permettendo così a tutti i presenti di ammirare l’elemento mancante del corpo docenti in piedi sulla soglia della stanza.
Dalla figura alta e longilinea, una chioma di crespi capelli color paglia ed enormi occhiali dalle lenti spessissime, Sibilla Cooman fece il suo ingresso nell’aula agitando vistosamente le braccia e asserendo di aver tardato per colpa “dell’ignobile Pix”.
“Non ti cruciare, Sibilla. Siediti, prego.”
Decisa a perdere meno tempo possibile, Minerva fece cenno alla collega di prendere posto parlando con quanta più pazienza riuscì a trovare. Che la professoressa in questione non le andasse a genio era cosa nota, ma Minerva cercava sempre di adottare la massima diplomazia nei confronti della donna.
Sibilla, tuttavia, invece di prendere posto fece vagare gli occhi – resi enormi dagli occhiali – sui banchi disposti a ferro di cavallo e sui maghi che li occupavano. Margot si avvicinò a Demelza sibilando amareggiata che se non avessero iniziato in fretta le cucine avrebbero chiuso e non avrebbero potuto fare uno spuntino appena prima che l’insegnante di Divinazione indicasse con melodramma la sedia libera:
“Non oso, se mi siedo saremo in 13 e il primo che si alzerà sarà destinato a morte certa!”
“Favoloso, facciamola sedere e invitiamola caldamente ad alzarsi per prima.”

Sospirando, Minerva ignorò il mormorio di Phil e invitò la strega a sedersi ugualmente: gli anni passavano e la sua insofferenza per le ridicole superstizioni di Sibilla non faceva che avanzare di pari passo con l’età.
“Come ho già suggerito parecchi anni fa, dubito che ci sia un pazzo armato di ascia fuori dalla porta che hai appena varcato, Sibilla.”
Dopo una breve esitazione, l’insegnante di Divinazione si vide costretta a prendere posto: sistematasi uno scialle sulla spalla destra con fare sostenuto, avanzò silenziosamente borbottando che quella dei 13 posti a sedere fosse una cosa terribilmente seria.
“Certamente, uno di noi domani mattina si strozzerà col budino.”
Philip parlò continuando insistentemente a leggere e accompagnando il suo commento con un pigro sbadiglio che sembrò indispettire non poco la strega, che lanciò un’occhiata seccata al giovane collega mentre si sistemava sulla sedia posta tra Beaumont e Neville:
“Lei ha poco da fare il cinico, Phineas…”
“PHILIP. PHI-LIP. Io mi chiamo Philip!”
“… Dal momento che continuo chiaramente a percepire una morte prematura per lei nei miei fondi di tè.”
 
Phil avrebbe voluto consigliarle caldamente dove mettersi i fondi di tè, ma Minerva sollevò spazientita una mano nella sua direzione e lo zittì con una sola occhiata. Era avvezza alle predizioni mortifere della collega e non ci aveva mai dato peso, ma tutti si domandavano perché avesse come bersaglio Philip da ben tre anni: di norma, la donna cambiava vittima dopo le vacanze estive.
Margot, dal canto suo, si morse insistentemente il labbro inferiore per non scoppiare a ridere mentre Sibilla, ignorando deliberatamente Philip, parlava evocando un vistoso ventaglio fatto di piume:
“Ebbene, visto che insistete prenderò posto. Dopotutto molti di voi possono stare tranquilli, è quasi certo che il primo a lasciarci sarà Phineas. Certo dobbiamo considerare l’età molto avanzata di Horace, ma il tè non mente mai.”
Sibilla parlò ignorando deliberatamente la pura indignazione che si manifestò sul volto del professore di Pozioni – al quale Theobald diede qualche consolatoria pacca sulla spalla – mentre Phil sibilava qualcosa di molto offensivo sul tè e su che cosa avrebbe potuto fare laddove si fosse imbattuto nella Cooman per il castello senza testimoni oculari.
“Bene. Possiamo iniziare? Dovremmo decidere dove portare i ragazzi e soprattutto chi li accompagnerà. Volontari?”
“Propongo che vadano i colleghi più giovani, direi per ovvi motivi. E io non posso allontanarmi in quanto Vicepreside, ovviamente.”
Lumacorno sorrise, soddisfatto per essersi tolto l’impiccio mentre si portava il bicchiere pieno di idromele alle labbra, anche se un attimo dopo si lamentò con Theobald per l’assenza dell’ananas candito.
Anche Phil avrebbe voluto protestare per l’assenza dell’ananas, ma la Preside glielo impedì prendendo seccamente la parola, decisa a non perdere tempo:
“Mi trovo d’accordo. E sarei molto, molto grata se qualcuno dei presenti si proponesse per vigilare sui ragazzi.”
Lo sguardo della Preside indugiò – quasi implorante – su Håkon e Beaumont. Il secondo sfoderò un timido sorriso e annuì asserendo che in caso di bisogno lui sarebbe andato volentieri. L’insegnante di Astronomia, invece, si schiarì la gola cercando rapidamente una via d’uscita:
“Ecco, a dire il vero io avrei mia figlia…”
“Può sempre andare Phineas.”
Sibilla parlò ignorando il gemito sommesso di Phil – che si mise le mani tra i ricchi castani cercando di trattenere l’impulso di strapparseli – e senza smettere di sventolarsi distrattamente con un grosso ventaglio fatto di piume cremisi, disturbando tutti i presenti a causa del tintinnio degli innumerevoli opali con cui si era adornata. Demelza si gettò sotto al tavolo fingendo di recuperare la matita per celare un attacco di ilarità mentre Margot, invece, teneva gli occhi cerulei fissi sul soffitto imponendosi di pensare a scenari drammatici – quali incidenti che coinvolgevano morbidi cuccioli, o il finale di The Notebook – che le avrebbero impedito di ridere apertamente in faccia al collega.

Io non mi chiamo…”
Ad ogni modo, è necessario che vadano anche delle professoresse donne. Quindi…”     lo sguardo della Preside questa volta indugiò in direzione di Margi e Demelza, lasciando volutamente la frase in sospeso.
“Onestamente credo che non mi sentirei molto a mio agio se dovesse esserci Malai… E non penso che lui sarebbe entusiasta di avere sua madre ad accompagnarlo in gita.”
Riemersa da sotto al banco, Demelza si posizionò dritta sulla sedia e si schiarì la voce pregando di poter sfuggire al triste onere di dover accompagnare in gita un branco di adolescenti.
“Per gestire tutti gli studenti di un intero anno preferirei che foste in 4, e dovreste essere due donne e due uomini. Temo che tu e Margot non abbiate troppo margine di scelta, Demelza.”
“Preside, crede che mandare Demelza e la Campbell insieme sia sicuro per i ragazzi? Seriamente?”
“Ma chiudi il becco, Phineas.”
“Motivo per cui a controllarle sarete tu e Beaumont, mio caro Philip.”
Phil accolse le parole della Preside stringendo le labbra e con loro la presa sul libro che aveva in mano: piuttosto che accompagnare i marmocchi in gita avrebbe cenato a lume di candela con Margot, ma se c’era una persona che non osava contraddire mai questa era Minerva McGranitt.
Era in trappola.
 
“Scusa, sta dicendo che noi due abbiamo bisogno di essere controllate?”
Margot si rivolse all’amica inarcando un sopracciglio e indicando la Preside con una punta di indignazione che Demelza parve condividere, annuendo seria in volto:
“Mai sentite tante scempiaggini.”
“Tutto ciò è ridicolo, noi siamo profondamente responsabili.”
 
“Ma chi è questo Philip, caro?”
Sibilla si rivolse candidamente a Beaumont, che stava per rispondere trattenendo una risatina – missione che Neville fallì, seppellendo la faccia in una coppa di idromele – mentre Philip, udita la domanda, volgeva lo sguardo sulla donna con una vena a pulsargli pericolosamente sul collo:
Sono io, vecchia rincoglioni-“ 


“LINGUAGGIO! Merlino, neanche i gemelli Weasley mi facevano uscire matta quanto queste riunioni… È deciso, voi quattro accompagnerete i ragazzi. E ora, parliamo della meta e dei turni di ronda. Theobald, lei è esonerato, ogni volta in cui tocca a lei succedono cose strane, chissà perché.”
Minerva si appoggiò allo schienale della sedia con un sospiro e lanciando al contempo un’occhiata eloquente in direzione del collega che, per tutta risposta, parlò girandosi angelicamente i pollici e facendo foggio della sua aria più saggia:
“Certi misteri sono destinati a restare tali in eterno, cara Minerva.”
“Preferisco non rispondere.”
 
 

Mezz'ora dopo, Minerva potè finalnente lasciare l'aula per ritirarsi serenamente nel suo ufficio e conferire con Albus sulle novità. Certo, non prima di scorgere Margot passare furtivamente un sacchetto sospettosamete tintinnante alla Cooman prima di uscire dalla stanza.
Stava per prendere da parte la sua ex studentessa migliore e farle un interrogaotiro, ma l'anziana strega si disse di non averne proprio la forza: del resto, almeno in teoria erano tutti adulti e vaccinati e non era degli insegnanti che doveva preoccuparsi, ma degli studenti. 
O no?




 
Un ringraziamento speciale a Bea, Fran e a E niente per aver dato vita a Beau, Theobald e Håkon e a Bri per avermi "prestato" questa versione di Demelza. 
   
 
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