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Autore: Signorina Granger    13/07/2021    4 recensioni
Dopo la sconfitta di Voldemort, Minerva McGranitt è diventata Preside di Hogwarts illudendosi di gestire la scuola e di portare avanti la sua carriera in modo normale. Non aveva fatto i conti, tuttavia, con il corpo docenti del tutto atipico che si sarebbe ritrovata a gestire e con le peripezie che quel gruppo di maghi le avrebbero causato.
[Piccolo Spin-off di "Phoenix Feather Camp" sui professori della storia, con la partecipazione di qualche personaggio canon]
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Demelza Robins, Horace Lumacorno, Maghi fanfiction interattive, Minerva McGranitt, Sibilla Cooman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of weird campers'
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II. La gita (Parte I) 



“So che muori dalla voglia di stare un po’ con Freya, ma è davvero un peccato che tu non venga con noi e i ragazzi!”
“Non immagini neanche quanto mi dispiaccia, Margi…”
 
Impegnata a radunare parte delle sue cose e ad infilarle in uno zaino color carta da zucchero magicamente ampliato per contenere l’impossibile, Margot rivolse un’occhiata in tralice all’amico e gli lanciò contro una canottiera coperta da nuvolette, chiedendogli di fingersi dispiaciuto almeno un po’ mentre Håkon osservava parte della collezione di gadget dell’amica, allineata sopra alla cassettiera della sua stanza ad Hogwarts.
Incuriosito, l’astronomo stava allungando una mano per sfiorare il modellino di una sottospecie di soldato in armatura bianca quando Margot, voltandosi verso di lui, spalancò inorridita gli occhi azzurri intimandogli di non avvicinarglisi:
“Non toccare Gary, sai quanto ci ho messo a costruirlo?!”
Hai chiamato Gary questo coso?”
“È uno Stormtrooper, non un coso. Sei felice che domani inizino le vacanze di Pasqua?”
“Quasi più dei ragazzi. Anzi, quelli del sesto e settimo anno non sono troppo entusiasti di non poter perdere giorni di scuola con la scusa della gita.”
Il danese diede le spalle alla cassettiera infilandosi le mani nelle tasche nere dei pantaloni e sfoderando un sorriso, impaziente di tornare a casa e di trascorrere un’intera settimana con la figlia mentre Margot infilava nel suo zaino un maglione verde mela a fiori.
“La Preside ha insistito, in effetti gestire tutti gli studenti restanti con 4 insegnanti in meno non sarebbe stato facile per voi… avrebbero avuto troppe ore buche, anche se probabilmente avremmo visto gli studenti di Phil piangere di gioia e gettare coriandoli per i corridoi.”
“Quelli che verranno con voi ne avranno versato molte di sicuro, di lacrime. Non di gioia, ho idea.”


 
*
 
 
“Hai fatto i bagagli?”
“Sì, questa mattina. Tu che vestiti hai portato? La primavera è pessima, non so mai come conciarmi!”
“Beh, siamo pur sempre in Scozia, dubito che possa fare caldo… no?”  Seduto al suo posto al tavolo degli insegnanti, Beau si grattò pensieroso i corti capelli chiari mentre Phil, accanto a lui, era impegnato a mangiare e a lanciare contemporaneamente occhiate truci alla Cooman, che stava platealmente annunciando la morte imminente di un giovane esperto di Rune di bell’aspetto e dai capelli ricci a Lumacorno, Theobald – che avevano l’aria di divertirsi – e ad un Håkon che sembrava sul ponto di defenestrarla.
“Cosa vi aspettate, 25°? Figuriamoci, pioverà a tutte le ore… anzi, sarà meglio portare ombrelli e impermeabili.”
Infilzando una polpetta con tutta la serietà che quel gesto le consentiva, Demelza assicurò ai colleghi più giovani che il tempo sarebbe stato pessimo. Primavera o non primavera, sperare nel bel tempo quando si parlava della grigia Edimburgo era praticamente come sperare che Sibilla Cooman smettesse di indossare scialli e orpelli rumorosi o che non preannunciasse più la morte di nessuno.

 
*
 
Il giorno dopo
Edimburgo, 29° all’ombra

 
 
“Qualcuno mi spiega come cacchio è possibile che faccia così caldo?! Non avrà fatto tanto caldo ad Edimburgo dal secolo scorso!”
“I giornali parlano del weekend più caldo dal 1989…”
Sbottonatosi i primi due bottini della camicia bianca che indossava – lanciando al contempo occhiate terrorizzate alle studentesse nei paraggi – Beau accennò alla copia della Gazzetta del Profeta che gli era arrivata via gufo quella mattina e che speculava sui giorni più caldi che la Scozia avesse visto negli ultimi tre decenni.
“Fantastico. Altro che ombrelli, qui ci voleva la crema solare…”
Inforcati gli occhiali da sole, Demelza prese a farsi aria sbuffando con un enorme ventaglio mentre Margot, appoggiata alla fiancata di pietra di uno dei vecchi edifici che popolavano la Royal Mile(1), biascicava qualcosa sull’essersi alzata troppo in fretta e di sentirsi la testa girare. Phil, impegnato a districarsi nel suo maglione per sfilarselo dalla testa, imprecò contro la Scozia e sul suo clima imprevedibile prima di riuscire a liberarsi con un sospiro di sollievo:
“Se non fosse impossibile giurerei che è tutta opera di una qualche maledizione della Pipistrella. Esisteranno incantesimi del genere?”
“Non ne ho idea. Malai, non cominciare, non te li do altri soldi per il gelato, te ne sei già mangiati due in mezz’ora!”
Erano arrivati da neanche un’ora e Demelza era già piuttosto esasperata, così intimò al figlio di non infastidirla con un’occhiata gelida quando il ragazzo le si avvicinò con un sorriso e il passo baldanzoso che precedeva qualsiasi richiesta. Deluso e zittito sul nascere, Malai sembrò rassegnarsi prima di sfoderare un secondo sorriso e avvicinarsi a Margot con la sua aria più angelica ed innocente.
“Margi, non ti sognare di dargli un bel niente!”
Il Tassorosso non aveva nemmeno fatto in tempo a parlare quando la madre puntò minacciosa il ventaglio contro l’amica, che rivolse un’occhiata di scuse allo studente prima di continuare a spalmarsi sulla fiancata di pietra in cerca di frescura, totalmente incurante degli sguardi carichi di disapprovazione dei passanti e delle vecchiette scozzesi, che borbottarono stizzite in gaelico tra loro di come i turisti peggiorassero ogni anno.
Margot avrebbe voluto informarle di essere scozzese a sua volta, ma dopo una breve esitazione decise di fregarsene e di continuare a dedicarsi alla sua parete.
“Dai ma’, siamo in gita!”
Tu sei in gita, io mi sto passando le ferie con mio figlio e altri adolescenti al seguito con un caldo non previsto come contorno… comincio a rimpiangere di non aver programmato il viaggio ad Azkaban. Ragazzi, smettetela di sparpagliarvi e datevi una mossa, o di questo passo pranzeremo alle tre.”
Costretta a lasciare il suo angolo fresco, Margot si sistemò lo zaino sulle spalle e si ricongiunse a Demelza per guidare il gruppo sfoderando un ventilatore celeste portatile mentre Phil, asciugandosi il retro del collo con un fazzoletto, biascicava qualcosa che solo Beau potè udire:
Se non altro lì avrebbe fatto fresco…”
“Coraggio, di sicuro anche ad Hogwarts staranno patendo il caldo, ne sono fermamente convinto!”

 
*

 
Hogwarts, 20°
 

“Adoro le vacanze pasquali, e questo tempo è davvero ideale. Trovi anche tu?”
“Idealissimo, senza dubbio.”
Horace e Theobald avevano deciso di godersi i giorni di riposo grazie all’assenza delle lezioni e di buona parte degli studenti dal castello, e per farlo avevano ben pensato di recarsi in riva al Lago Nero con due lettini sdraio e una borsa frigo piena di panini e bevande ghiacciate.
Ora i due professori si riposavano alla fresca ombra di un albero sorseggiando succo di zucca e formulando ipotesi su come se la stessero cavando i loro colleghi.
“Chissà che tempo farà ad Edimburgo…”
“Pare che sia un caldo senza precedenti, davvero stupefacente. Un po’ compiango quei cari ragazzi…”
“Intendi gli studenti o i nostri colleghi, Theo?”
“Ovviamente i colleghi, i ragazzi almeno si divertiranno. Vorrei proprio vedere che cosa stanno combinando…”
“Puoi sempre chiedere a Sibilla di prestarti una delle sue sfere di cristallo.”
Horace ridacchiò, e Theobald suggerì placidamente all’amico di non sfidarlo – era perfettamente in grado di fingersi veggente per una settimana e andare in giro per il castello facendo predizioni tragiche senza fondamento – e di non costringerlo a comprare un turbante per accettare la sua proposta.
“Fa’ pure.”  Horace non si scompose, portandosi la cannuccia alle labbra per prendere un sorso di succo prima di riprendere il discorso:
“Ma faresti meglio a ricordare che dopo il 91 gli insegnanti col turbante non sono ben visti, da queste parti.”
“Hai ragione, Horace. Una vera disdetta.”
“Oh, ma guarda, la cara Minerva viene verso di noi. Cosa mai vorrà?”
Distogliendo lo sguardo dal Lago Nero, Horace accennò sorpreso ad un noto gatto soriano grigio dagli inconfondibili segni attorno agli occhi che procedeva rapido verso di loro e con lo sguardo inequivocabilmente torvo:
“Magari ha apprezzato la nostra idea e vuole rilassarsi anche lei… detto tra noi, Horace, ne avrebbe proprio bisogno.”


Theobald ebbe appena il tempo di parlare prima che la Preside riacquisisse la sua forma umana. In piedi davanti ai lettini dei due insegnanti, Minerva spostò incredula lo sguardo da un uomo all’altro prima di mettersi accigliata le man sui fianchi stretti:
“Professori, mi spieghereste che cosa state facendo, di grazia?”
“Ci rilassiamo, non vedi Minerva?”
Sistematosi con nonchalance gli occhiali da sole, Horace smise di sorseggiare il suo succo e accennò gioviale alla bottiglia di vetro. Incredula – e dandosi mentalmente della stupida per stupirsi ancora, dopo tutti quegli anni – a Minerva non restò che spostare allibita lo sguardo da un collega all’altro:
“Ma non avete qualcosa da fare?! Come controllare tutti quei vecchi manufatti, come vi ho richiesto due giorni fa?”
“Stavamo giusto dicendo che farebbe bene anche a lei riposarsi un po’, cara Minerva…”
“Se lo facessi chi la manderebbe avanti questa scuola?! Non ce la faccio più, e dire che Albus continua a ripetere che sono troppo suscettibile… vorrei vedere lui, al mio posto!”
Parlando più a se stessa che ai colleghi presenti, Minerva parlò pestando il terreno con frustrazione mentre Horace, aggrottando le sopracciglia, si grattava dubbioso il mento:
“Beh, Albus non ha dovuto gestire la riapertura della Camera dei Segreti, i Dissennatori, il Torneo Tremaghi, il ritorno di Voldemort, un sadico rospo vestito da confetto… ah, scordavo il professore posseduto da Voldemort, io e Theobald ne parlavamo giusto prima.”
Minerva non rispose, girando sui tacchi e tornandosene da dove era venuta. Mentre riacquisiva la sua forma felina per tornare più rapidamente al castello, la strega non poté fare a meno di dirsi, stizzita, che neanche tutte le vicissitudini che Albus aveva dovuto affrontare nella sua carriera di preside erano paragonabili alle sue disgrazie attuali.
 
Immagino che abbia declinato l’offerta di unirsi a noi.”
“Credo proprio di sì, Theo. Tanto meglio così, più ananas candito per me.”
 

 
*

 
“Aria condizionata… l’amore della mia vita. I Babbani sono sempre cento passi avanti a noi.”
Margi si lasciò cadere sul letto della stanza doppia che avrebbe condiviso con Demelza esausta, accaldata e benedicendo i Babbani come mai prima d’allora. Le braccia abbandonate ai lati della testa, la strega si godette il fresco ritrovato mentre Demelza, che non si era allontanata dal condizionatore da quando aveva messo piede nella stanza, asseriva di avere assolutamente bisogno di una doccia.
“Non me ne parlare, sono così sudata che mi stanno sudando le palpebre. Le palpebre!”
 
 
Quindici minuti dopo Demelza era appena uscita dalla doccia, e si stava tamponando i capelli bagnati con un asciugamano candido quando Margot iniziò a bussare alla porta del bagno e a chiamarla con voce concitata:
“Elza! Elza, vieni a sentire i ragazzi!”
“Che succede adesso?! Non dirmi che Malai è caduto di nuovo di faccia nel corridoio facendo una gara di scivolate!”
“Muoviti!”
 
Temendo che qualcuno si fosse fatto male – avere la responsabilità di un branco di adolescenti quando già faticava a gestirne uno era la cosa peggiore che le fosse mai successa in vita sua – o che qualche cretino – come il suo ragazzo – si fosse auto lanciato una fattura sul piede per sbaglio, Demelza si affrettò ad aprire la porta incontrando così il sorriso e lo sguardo acceso dell’amica:
“Che cosa c’è?”
“Alcuni ragazzi dell’ultimo anno stanno litigando, siamo in pieno dramma amoroso!”
Cinque minuti dopo le due insegnanti erano entrambe in piedi sul letto di Margi e spalmate sulla parete che le divideva da una delle stanze dei ragazzi, dove due di loro stavano discutendo per una ragazza – o almeno così le due intuirono –.
Porca paletta, Isaak è andato con Elsa all’ultima festa di Lumacorno… ma doveva andarci con Ella dandole buca all’ultimo fingendo un’influenza! Pf, che vigliaccio!”
“Sei sicura?! Io ho capito che Isaak doveva andarci con Ella e che invece è andato con la sorella della migliore amica di lei, cioè Elsa, ma Erik era alla festa e ha detto ad Ella di averli visti insieme... Porca Pluffa, che vite complicate questi ragazzi!”
“Puoi dirlo, è come assistere in diretta ad una puntata di Dawson’s Creek. Se solo parlassero a voce un po’ più alta… Ecco, Erik è infuriato con Isaak perché Ella è sua sorella e lo sta accusando di averle mancato di rispetto!”

Le due stavano discutendo per decidere da che parte schierarsi in quella faida adolescenziale mentre in fondo al corridoio Phil usciva – già lavato e vestito – dalla stanza che condivideva con Beau. Fermatosi davanti alla porta della camera delle colleghe, il mago bussò prima di aprirla a seguito del frettoloso invito ricevuto:

“Ragazze, io e Beau volevamo sapere quando sarete pronte per la cena, abbiamo fame… Cosa state facendo?”
Phil aveva appena infilato la testa nella stanza quando i suoi occhi verdi indugiarono sulle colleghe. Che fossero un duo bizzarro era noto, ma di sicuro non si aspettava di trovarle in piedi su un letto – una delle due per di più in accappatoio – e appoggiate contro la parete.

Controlliamo la solidità dei muri. Secondo te che cosa facciamo Phil, stiamo origliando! Ora non fare rumore e facci comparire un bicchiere, così sentiamo meglio!”
Voltatasi verso la porta, Demelza rivolse al collega un cenno sbrigativo, invitandolo ad entrare e a non disturbarla prima di tornare a tendere l’orecchio verso la sottile parete che divideva la loro stanza da quella degli studenti. Phil obbedì, chiudendosi la porta alle spalle ma non risparmiando comunque alle due una delle occhiate più scettiche del suo repertorio:

“Secondo voi è normale che due donne adulte origlino le discussioni dei loro studenti adolescenti?”
“SHHH!”
 
Phil era uscito dalla loro stanza per andare a chiedere alle loro colleghe della cena da più di cinque minuti, e Beau stava iniziando a preoccuparsi e a sperare che lui e Margot non avessero iniziato a picchiarsi con due abat-jour.
Per questo motivo, l’insegnante di Aritmanzia decise di andare a controllare di persona.
Bussò, ma non ricevette alcuna risposta. Non era sua abitudine fare irruzione negli alloggi altrui senza permesso, ma considerati gli scenari cruenti che subito iniziarono a prendere forma nella sua mente Beau decise di azzardare socchiudendo la porta e schiarendosi la voce:
“Ragazzi? Tutto bene? Phil e Margi si stanno di nuovo cambiando il colore dei capelli a vicenda?”
“Beau, shhh! Stiamo origliando!”
Certo di aver frainteso, Beau si affacciò nella camera pronto a qualsiasi tipo di scenario, eccezion fatta per ciò che effettivamente gli si palesò di fronte: si sarebbe aspettato di tutto, ma di certo non di vedere Demelza e Margi in piedi su un letto, appoggiate alla parete armate di bicchieri e Phil disteso sull’altro con le scarpe abbandonate sul pavimento, le braccia conserte e l’aria annoiata.
“State origliando… che cosa, esattamente?”
“I ragazzi stanno litigando, è quasi meglio di una soap… Ora ci sono anche le ragazze che si stanno insultando!”
E ci credo, fossi in Ella io sarei furiosa con Elsa e sua sorella! Che razza di amiche!””
“Una cosa vergognosa!”
Mentre Demelza e Margot discutevano su quanto fosse deplorevole il comportamento di quei ragazzi, Beau si rivolse a Phil aggrottando la fronte e parlando con leggera confusione:

“Ma noi non dovremmo, diciamo, intervenire?”
“Io ci ho provato, ma loro mi hanno insultato e ho lasciato perdere. Non potremmo andare a cena, sto morendo di fame!”

Sbuffando, Phil sollevò leggermente la testa per rivolgersi alle due colleghe, che però non lo degnarono di un’occhiata e gli fecero cenno di fare silenzio:
“Servizio in camera, io questo teatrino non me lo perdo.”
Non volendo cenare solo – rischiando così di essere adescato da qualche studentessa – a Beau non restò che una cosa da fare: sospirare e prendere il menù del servizio in camera dal comodino mentre sedeva sul bordo del letto di Demelza. Sospirando, Phil si mise seduto a sua volta per guardare il menù e approfittarne per chiedere al collega di andare a cenare per conto loro con un bisbiglio appena percettibile:

“Vorrei, ma la Preside ci ha detto di non lasciarle sole, lo sai.”
Maledizione.”

 
*

 
“Papino, perché non siamo andati in gita con zia Margi?”  Armata di secchiello arancione e paletta fucsia, Freya camminava sulla sabbia con la mano sinistra stretta in quella del padre, i capelli castani raccolti in una treccia e un delizioso cappellino di paglia con nastro arancione che la nonna le aveva comprato una settimana prima.

“Perché la zia Margi sta lavorando, non possiamo disturbarla.”
“E perché tu non lavori e lei sì?
Confusa, la bambina alzò lo sguardo sul padre mentre smetteva di camminare, pronta a costruire una scultura di sabbia sulla spiaggia dove si affacciava la casa dove vivevano. Sorridendo, Håkon le sfiorò affettuosamente la testa immaginando cosa stesse combinando la sua migliore amica ad Edimburgo:
“Perché io dovevo stare con te. Quando torna invitiamo la zia a cena così ci racconta tutto, ok?”
“Ok! Magari mi porta un regalino.”
Sorridendo compiaciuta, Freya sedette sulla sabbia pronta a mettersi al lavoro e Håkon la imitò, sedendole accanto mentre pensava ai regali che l’amica era solita fare alla figlia. Poteva solo sperare che Margot non si presentasse di nuovo con un pony arcobaleno a grandezza naturale per sua figlia, visto che stavano esaurendo lo spazio per i peluche e che Freya per una settimana non aveva voluto separarsene nemmeno per fare il bagno.

 
*

 
Seduta nel suo ufficio, Minerva si domandava se avesse fatto bene ad acconsentire che i ragazzi andassero in gita. Certo non avrebbero perso giorni di scuola, ma si stava chiedendo se avesse fatto bene a farli accompagnare proprio da quei quattro insegnanti nello specifico.
Ma in fondo, si disse Minerva cercando di tranquillizzarsi, erano tutte persone capaci e mature. Di sicuro li avrebbero gestiti al meglio.
E allora perché, si chiese la strega con un sospiro, stava rimpiangendo ogni decisione presa a riguardo?
 
 

 



 
(1): complesso di strade che attraversa la città vecchia di Edimburgo
 
 
   
 
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