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Autore: Eevaa    27/06/2021    6 recensioni
L'aura di Kakaroth si era dissolta lentamente nel nulla. Non da un momento all'altro - il che avrebbe potuto farne presagire la morte - ma lentamente. Sempre più flebile, sempre più lontana, fino a che Vegeta non l'aveva più percepita. Mai più.
«Cosa hai capito di tutto quello che ti ho detto?» urlò Vegeta. Poi il prigioniero sbuffò, annoiato.
«Che in cinquant'anni hai stipulato un'alleanza bizzarra con gli abitanti di questo pianeta, che avete sconfitto nemici dai nomi improbabili, che non solo esiste il leggendario Super Saiyan, ma ne esistono con diverse tinte per capelli; che ti sei riprodotto e, per tutte le galassie, se ce l'ha fatta uno come te persino Dodoria avrebbe avuto delle speranze; che siete invecchiati terribilmente mentre io sono un fiore, e che ora dobbiamo salire su quel catorcio di astronave per andare in giro per dodici universi alla ricerca dello squinternato che se l'è data a gambe dieci anni fa e che, con tutta la probabilità, ora è solo un mucchio d'ossa o polvere interstellare ma oh, guai a dirlo, perché mi pare che siate molto amici».
Inaccurato, ma tutto vero.

[Post-Dragon Ball Super] [Slowburn]
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Across the universe - La serie'
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Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.
 
 

- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 12
La Storia
 


 
«Quindi... non abbiamo più una casa».
Era notte fonda su quel corpo celeste oramai inabitato. La purga planetaria aveva funzionato, tutto ciò che rimaneva a terra erano cadaveri e sangue.

Quel pomeriggio Nappa aveva portato loro la notizia che il pianeta Vegeta era stato colpito da un meteorite ed era andato in pezzi. Lui e Radish, però, non si erano scomposti. Avevano continuato a conquistare come gli era stato ordinato, avevano manifestato indifferenza.
Solo... in quel momento, in quella notte buia, il volto di Radish era molto più contratto, molto più cupo di ciò che aveva millantato il pomeriggio. Era un debole.
Vegeta soffiò e incrociò le braccia al petto.

«Non mi importa. Te l'ho detto, l'unico motivo per cui me ne dispiaccio è che non potrò diventare re» borbottò.
Chissà come, però, le sue parole uscirono meno indifferenti di ciò che avrebbe voluto. Non era debole come Radish, non doveva cedere a quella che era a tutti gli effetti una sorta di nostalgia.
Tuttavia gli sarebbe mancato il suo palazzo, le notti stellate su Vegeta-Sei, i combattimenti sfrenati nella corte... lo sguardo fiero di suo padre.
Vegeta strinse i pugni e si voltò dall'altra parte. Non voleva essere debole come Radish.

«Tecnicamente lo sei. Ci sono ancora dei Saiyan in giro, tuo padre è morto, il re sei tu» fece presente quest'ultimo. Un ottimo punto a favore, certo.
Eppure si sentiva tutto tranne che re. Non aveva più un popolo vero da governare, non avrebbe più avuto un castello, non avrebbe più avuto una stirpe. Non avrebbe avuto una cerimonia di incoronazione, non avrebbe avuto una folla ad attenderlo dalle proprie missioni.
Non avrebbe più avuto un pianeta sul quale tornare.
Aveva sei anni, aveva appena perso tutto. E ancora non sapeva a che destino da schiavo sarebbe andato incontro.

«No. Rimarrò per sempre principe» si impuntò duramente. La voce traballò fin troppo, gli occhi pizzicarono.
Avrebbe ucciso Radish se gli avesse dimostrato compassione, l'avrebbe fatto fuori seduta stante.
Invece Radish fece finta di niente. Forse non era così sciocco.

«Qualunque cosa, la nostra devozione verso di te rimarrà la stessa. Sei il maggiore esponente di ciò che resta di noi. Re o principe, ti rispetterò e combatterò per te fino alla morte» disse.
Sicuramente Radish aveva capito cosa stesse succedendo, ma aveva fatto finta di niente e aveva optato per essere pragmatico.
Vegeta scrollò le spalle. Non avrebbe dimostrato gratitudine, ma si sentiva rinvigorito da quella devozione.
Soffiò annoiato, poi non ne parlarono più.




Quando Radish smise di respirare, Vegeta non capì più niente. Rimase bloccato, lì, con il sacchetto dei Senzu in mano e gli occhi spalancati dal terrore.
Anni e anni prima, la notizia che fosse morto sulla Terra, l'aveva scosso poco, per pochi istanti e poi si era fatto pervadere dalla rabbia e dal disgusto. Gli era dispiaciuto perdere uno dei pochi alleati che erano rimasti, perdere un Saiyan. Ma aveva ben imparato a tenere celata dentro di sé ogni emozione di dispiacere, da quella lontanissima notte su quel pianeta buio. A sei anni aveva imparato a non mostrare dispiacere per niente e per nessuno.
In quel momento, invece, il pensiero che Radish potesse morire lo rendeva catatonico. Forse perché, per la seconda volta, era morto mantenendo la promessa che si erano fatti quando erano bambini.
“Combatterò per te fino alla morte”, lo aveva fatto davvero. Lo aveva fatto per andare sulla Terra e potare via Kakaroth, lo aveva fatto per aiutarlo a riprendersi Kakaroth da Morvir. Sotto suo ordine.
Ed erano oramai diversi anni che Vegeta era riuscito – seppur fosse sempre emotivamente incapace – ad accettare il dispiacere, ad accettare di provare sentimenti umani.
Quindi, quando Radish smise di respirare, il primo pensiero di Vegeta non fu che avesse perso solo un alleato importante.
Aveva perso un compagno di viaggio, una persona che si stava impegnando davvero per diventare migliore, una persona disposta a combattere per lui fino alla morte. Un amico.
Vegeta ringhiò di frustrazione, incapace di sostenere quel peso sulle spalle, incapace di affrontare le conseguenze di un viaggio di ritorno con un Kakaroth smemorato da solo, incapace di tornare sulla Terra e voler riportare Radish in vita non più perché gli serviva, ma ammettere di volerlo fare per riaverlo indietro e basta.
Troppa confusione emotiva, troppo peso. Decisamente troppo.
Ma, quando fu sul punto di implodere sotto quel peso, Radish tossì di nuovo. Vegeta spalancò gli occhi e riprese coscienza di sé. Non era troppo tardi.
Si avvicinò al lettino medico e, con le ultime forze che gli rimanevano, sbriciolò il Senzu tra le mani e glielo cacciò brutalmente in gola – oh, si sarebbe rifiutato di fare ciò che aveva fatto Mirai Trunks con Mai. Non con Radish. Il solo pensiero gli provocò il vomito.
Attese per qualche secondo nella speranza che non fosse davvero troppo tardi e poi, finalmente, il buco al centro del petto del deficiente iniziò a rimarginarsi.

Ci vollero parecchi secondi eppure, con grande sollievo di Vegeta, Radish aprì gli occhi a fatica. Sua Maestà sospirò e si lasciò cadere all'indietro contro gli armadietti medici, esausto.
Radish ci impiegò qualche istante a capire dove si trovasse ma, dopo aver lanciato uno sguardo confuso a Vegeta – spalmato scomposto contro un'antina, ansante e visibilmente sollevato - elargì un gran sorriso beffardo.
«Ehi, ehi... allora un po' ti sei affezionato a me» disse, ammiccante.
Il sollievo di Vegeta si trasformò immediatamente in un sentimento di repulsione. Si era affezionato a lui? Sì. Gliel'avrebbe mai dimostrato? Neanche per idea.
«Taci, coglione» replicò il Principe, riprendendo un colorito normale e un respiro degno di una persona sana.
Radish ridacchiò e si alzò dal lettino. Era sporco di sangue, ma come nuovo.
«Giusto, non vorrei mai che il mio fratellino si ingelosisse» ghignò Radish e, di tutta risposta, Vegeta gli tirò un pugno in piena pancia. Non letale, ma abbastanza forte da farlo piegare in due.
«Ouch! Cazzo, sono appena guarito!» si lagnò.
Vegeta sorrise, soddisfatto. E sì, forse anche parecchio sollevato.
«Ehi, ad ogni modo, missione compiuta!» trillò poi Radish, entusiasta, nel vedere che appena fuori dal medbay ci fosse un dormiente Kakaroth svenuto per terra.
Ce l'avevano fatta davvero, avevano compiuto la loro missione. Avevano trovato Kakaroth e lo avevano portato via di lì. Il piano B era stato piuttosto fallimentare per diversi aspetti, ma almeno erano vivi ed erano riusciti a prendersi Kakaroth con la forza. Ed erano sopravvissuti tutti e tre.
Certo, il problema di Kakaroth rimaneva, ma almeno Vegeta aveva la consapevolezza che non avrebbe dovuto affrontare un viaggio di ritorno solo con una persona che non ricordava nulla di lui.
«Già...» soffiò Vegeta.
Guardò Kakaroth riverso nel corridoio, svenuto, senza alcuna memoria di chi fosse e di cosa fossero stati. Si incupì di nuovo, il momento di entusiasmo per il salvataggio di Radish era durato troppo poco.
«E ora che abbiamo compiuto la nostra missione, hai il mio permesso di tornare lo schifo di sentimentale che eri due giorni fa» disse Radish.
Sua Maestà assottigliò lo sguardo.
«Mh, da quando sei tu a darmi il permesso per fare le cose?»
«Ah, già, giusto. Anche perché, a giudicare dalla tua faccia, ci sei già completamente dentro» ribatté Radish, storcendo le labbra.
Vegeta sbuffò.
«Oh, perdonami se il...» “il mio amico”? “La persona per cui ho attraversato l'universo”? «... il deficiente che c'è lì non ha la minima idea di chi io sia, dato il suo danno cerebrale. Permanente, oltretutto» disse infine Sua Maestà.
Radish non gli aveva mai mostrato compassione, forse non lo avrebbe mai fatto. Era una persona pragmatica, ed era ciò che Vegeta apprezzava di lui. Sin da quando erano due scimmiette di sei anni alle quali era appena esplosa la casa.
«Beh, così come hai raccontato a me gli ultimi cinquant'anni con estrema minuzia, forse è giunto il momento di raccontare una bella storiella al mio fratellino. Lo farei io ma, beh, lo sai che sono ben noto per le mie capacità di sintesi» spiegò Radish, e Vegeta grugnì. Non che raccontare la storia a Kakaroth sarebbe servito a fargli riacquistare la memoria, ma se proprio dovevano farlo, di sicuro non avrebbe lasciato che fosse Radish a spiegargliela. «Prima di tutto, però, dobbiamo convincerlo di non essere degli impostori. Sarà divertente!» concluse quest'ultimo, con tanto di spallucce.
«Sul serio, Radish, possiamo rivedere il tuo concetto di divertimento?» borbottò Vegeta. In nessuna dimensione alternativa avere a che fare con una persona senza memoria sarebbe stato divertente. «Ma... prima di tutto... cosa diamine è questo rumore infernale?»
Tra tutto quel trambusto non avevano ancora fatto caso a quel ronzio non proprio confortante che proveniva dalla coda dell'astronave. Un ronzio che non prometteva assolutamente nulla di buono, a giudicare dal volto di Radish che si fece d'improvviso più pallido.
«Merda».

 


Ovviamente, tra gli strascichi disastrosi di quello che era stato un piano B molto fallimentare, c'era anche un danno al sistema di filtraggio dell'aria di Caps12.
Perché era stato troppo sperare che uno dei blaster che li avevano sfiorati durante la rocambolesca uscita dall'atmosfera avesse solo portato via un'antenna o qualcosa di superficiale.
No, aveva dovuto per forza colpire il sistema di filtraggio. Risultato? Senza il pezzo di ricambio sarebbero morti asfissiati in meno di dodici ore. Molto promettente, dato che il pianeta più vicino in quel quadrante infernale dell'Universo Otto distasse un giorno e mezzo di rotta. E il carburante per i salti iperspaziali era finito. Ovvio.
Il salto nell'Iperspazio casuale li aveva catapultati per direttissima in un altro universo, nel quale il sistema di comunicazione era molto diverso e, a quanto pareva, erano in pochissimi a parlare lo standard intergalattico.
Motivo per il quale alla loro richiesta SOS non avevano capito assolutamente niente di ciò che gli era stato risposto. Il che poteva significare tre cose: o li avevano ignorati e mandati al diavolo, o qualcuno stava arrivando per attaccarli e distruggerli, o qualcuno stava arrivando per salvarli.
Non era però dato sapere quale fosse l'opzione anche se, naturalmente, la speranza era che fosse l'ultima delle tre.
Eppure, incredibile ma vero, ciò che preoccupava di più Vegeta era il momento in cui Kakaroth si sarebbe risvegliato. Più della morte stessa. E, quando giunse il fatidico momento, Sua Maestà provò come il forte desiderio che il sistema dell'aria raggiungesse una saturazione proprio in quell'istante, uccidendoli tutti. Un pensiero catastrofico ma, se tanto erano destinati a fare quella fine, sarebbe forse valsa la pena morire con la speranza che Kakaroth fosse tornato in sé.

Invece, quando riprese coscienza, non passò molto tempo prima che lanciasse loro uno degli sguardi più carichi d'odio che avesse mai visto. Era stato troppo sperare che qualcosa fosse cambiato, un miracolo divino, un colpo di fortuna.
Kakaroth balzò dal lettino medico, puntò loro gli occhi addosso e iniziò a ringhiare gutturalmente. Poi, furioso, iniziò a caricarsi per iniziare un combattimento.
«Calma, calma! Sei su un'astronave. Rischi di ucciderci tutti!» si prodigò a parlare Radish. Anche perché Sua Maestà era troppo impegnato a mantenere la sua disperazione in una soglia socialmente bassa per poter anche solo provare a parlare.
Kakaroth si guardò intorno, spaesato e furente. L'oblò dell'ala medica gli mostrò ben presto che quanto avesse detto Radish non fosse una bugia. Ci guardò attraverso, disgustato, poi si rivolse di nuovo a loro.
«Riportatemi immediatamente a casa, su Morvir!» tuonò, faticando a mantenere il potere a livelli accettabili per quell'area dell'astronave.
Se si fosse lasciato andare in un'esplosione incontrollata sarebbero saltati tutti in aria. Non che sarebbe cambiato qualcosa, a quel punto.
«Sì, e no. Ti stiamo riportando a casa, ma la tua casa è il pianeta Terra, Galassia del Nord» spiegò Radish.
Kakaroth scosse la testa, iracondo.
«Cazzate!»
Vegeta strinse le labbra. Non era abituato a quel tipo di linguaggio da parte di Kakaroth.
«Sì... e no, di nuovo. Nel senso che l'intento sarebbe stato quello, ma i tuoi amichetti su Morvir hanno ben pensato di danneggiare la nostra astronave e, secondo i miei calcoli, se nessuno viene a salvarci ci restano circa dieci ora di vita» dichiarò Radish, annoiato come se stesse stilando una lista della spesa.
«CHE COSA?!» sbottò Kakaroth, nel panico. E come non capirlo, in quel caso!
Radish aveva davvero il tatto di un brontosauro.
«Senti... Kakaroth, Goku, quello che è... so di per certo che tu hai il potere di utilizzare il teletrasporto. Puoi farlo?» gli domandò questi.
Vegeta per un attimo si illuminò, poi si ricordò che le uniche fottute persone che Kakaroth conosceva erano su Morvir. Non era molto conveniente tornare su quel pianeta, date le circostanze, ma sempre meglio che crepare su quel catorcio di astronave.
Un vero peccato che le vane speranze si volatilizzarono subito.
«Non ho idea di cosa tu stia parlando. Io non so usare il teletrasporto» rispose Kakaroth, depennando dalla lista una delle poche possibilità di uscire vivi da lì. «E non mi chiamo Kakaroth!» puntualizzò infine.
Vegeta provò un forte impulso di spaccargli il setto nasale con un pugno. Ciò gli diede però l'impulso di parlare.
«Avrei da dissentire, ma sono abituato al fatto che tutti ti chiamino Goku. Sulla Terra ti chiamavano tutti così, a parte me» gli disse.
«Beh, e me» si intromise Radish. «Solo che quando io ti ho chiamato Kakaroth, quando ci siamo conosciuti, ti sei arrabbiato da morire. Chissà perché poi quando ha iniziato a farlo lui non hai avuto nulla da dire».
«Ha avuto da dire eccome, i primi tempi» specificò Vegeta. Il ricordo di ciò gli causò una fitta al petto.
E Kakaroth non comprese una singola sillaba di quanto pronunciato.
«Ne ho abbastanza di queste sciocchezze e, visto che dobbiamo morire, allora forse vale la pena non trattenermi, no?!» dichiarò, iniziando di nuovo a espandere la propria energia.
Era un vero osso duro. Per non dire "testa di cazzo".
«Andiamo, amico... ci hai visto! Siamo uguali a te. Su Morvir erano tutti diversi. Non eri un nativo, non sei nato lì! Noi siamo della tua stessa specie. Hai visto anche la trasformazione: siamo Saiyan» tentò di spiegare Radish, in un vano sforzo di fargli mantenere la calma.
«Saiyan?! Ma avete detto che venite dalla Terra! E i Saiyan sono estinti, grazie al cielo! Un popolo di assassini!» ringhiò Kakaroth.
Quello era decisamente troppo.
«Oh, no, non di nuovo con questa storia!» sbuffò Radish, alzando gli occhi al cielo.
Vegeta si portò una mano sulla fronte, esasperato. Sembrava sul serio di essere tornati indietro di cinquanta fottutissimi anni, quando Kakaroth era convinto di essere un terrestre e disdegnava le proprie origini. Solo che in quel momento era convinto di essere Morviriano.
Peggio ancora.
«Zeno... da dove inizio?!» si domandò Vegeta, in un verso di esasperazione.
«Sarà un viaggio lunghissimo. Ah no, per fortuna tra poco saremo morti!» disse Radish, cinico.
Kakaroth strinse gli occhi e li guardò come se fossero pazzi. Forse lo erano sul serio, ma era lui che li stava conducendo inesorabilmente alla follia.
Non c'era alcun modo di spiegargli tutto quello che era accaduto – forse non sarebbero bastate nemmeno le dieci ore che rimanevano prima di finire all'altro mondo – e per un attimo Vegeta desiderò possedere le capacità di sintesi di Radish. Ma, almeno per riuscire a calmarlo e fargli capire alcuni concetti di base, avrebbe dovuto impegnarsi.
Anche perché in quel momento quell'idiota neanche conosceva i loro nomi.

«Senti, Kakaroth... te la farò molto breve, per il momento. Sei scomparso dal pianeta Terra dieci anni fa. Non ho idea di come tu sia finito su Morvir, ma per dieci anni la tua memoria è stata manipolata dai Saggi, che ti volevano lì come combattente. Hai subito dei danni permanenti, per questo non ti ricordi di noi, è stato l'Imperatore Zinnĩr in persona a dirmi ciò. Tu non appartieni a quel pianeta... tu sei un Saiyan cresciuto sulla Terra sin da quando eri bambino, ma le circostanze te le racconterò in un secondo momento. Il tuo nome terrestre è Goku, quello Saiyan è Kakaroth. Hai due figli: Gohan e Goten. Hai anche una nipote, che si chiama Pan. Lui è Radish, tuo fratello maggiore. Io sono Vegeta... sono... io sono...» Vegeta si interruppe. Cos'era per lui?
Non sarebbe bastato un riassunto per spiegare quello che fossero l'uno per l'altro. Come avrebbe potuto dirglielo? “Sono un tuo amico”? Riduttivo. “Sono il tuo rivale”? Inaccurato. “Ero un tuo nemico poi ci siamo alleati”? Approssimativo. 
Kakaroth, il quale aveva ascoltato quella breve spiegazione con la bocca spalancata, la chiuse e digrignò i denti. Incapace per lui accettare tutto quello, incapace di ricordare.
Avrebbe davvero avuto senso perdere del tempo per raccontargli la storia? Si sarebbe mai fidato delle sue parole?
«Io non ti credo! Voi mi state ingannando, riportatemi su Morvir!» berciò, illuminandosi di luce dorata.
«KAKAROTH, CHE CAZZO!» urlò Radish, esacerbato. Di quel passo sarebbero davvero morti in un'esplosione prima del tempo. «Calmati. Prova a ragionare: non hai ricordi certi su Morvir prima di questi dieci fantomatici anni. O sbaglio?»
Il volto di Kakaroth si contrasse in una strana smorfia, come se davvero stesse tentando di ricordare qualcosa di troppo, troppo offuscato.
«Io... io non...» balbettò con rabbia.
Ma non fece in tempo a concludere la frase, perché un rombo sordo proveniente dall'esterno li colse alla sprovvista e, dopo pochi secondi, udirono un trillo acuto e intermittente in cabina di pilotaggio.
«Oh, merda, sono arrivati» sbottò Radish, incredulo, poi si mise a correre.
«E adesso chi diavolo è arrivato?» domandò Kakaroth, confuso, seguendo Vegeta in direzione della cabina di pilotaggio.
«Abbiamo mandato un SOS per farci salvare da qualcuno. Non sappiamo però se questi siano esseri ostili o siano venuti davvero ad aiutarci» borbottò Vegeta.
Era strano parlare con lui. Era strano averlo vicino dopo dieci anni, vestito e pettinato in quel modo ridicolo. Eppure qualcosa dentro al petto gli intimava di essere sollevato di averlo lì, almeno.


Quando raggiunsero Radish, egli si stava già mettendo in comunicazione con la grande nave spaziale che stava galleggiando di fronte a loro. Perlomeno non sembrava avere i blaster spiegati in posizione di attacco.
«Saluti a voi. Abbiamo ricevuto il vostro messaggio» annunciò una voce dall'altra parte del sistema di comunicazione.
«Lei parla lo standard?!» trillò Radish, un poco più entusiasta.
«Sì, sono un interprete intergalattico, sono riuscito a decifrare il messaggio. La vostra astronave necessita di una manutenzione straordinaria, vi porteremo sulla piattaforma Niwre per poter procedere alle riparazioni, se siete d'accordo» spiegò l'interprete.
Tutti e tre, loro malgrado, tirarono un sospiro di sollievo. Certo, avrebbe anche potuto essere una trappola, ma non avevano molte alternative.
«Non che abbiamo scelta» borbottò Radish, poi si rivolse al microfono. «Certo! Siamo d'accordo!»

 


Fortunatamente coloro che li avevano salvati sembravano nient'altro che l'equivalente della Pattuglia Galattica del loro universo. "Corpo di Salvataggio", così si definivano.
Li avevano agganciati e avevano controllato le loro identità – essendosi tolti dal quadrante del Sud che li vedeva come nemici numeri uno, Radish e Vegeta avevano potuto tornare alle loro identità originali.
La scheda identificativa di Kakaroth, invece, dichiarava qualcosa di falso. O meglio, inesatto. “Goku, razza guerriera, residenza sul pianeta Morvir”. Non specificava la razza veritiera e, sebbene fosse esatto che la sua residenza fosse stata su Morvir, non era lì che avrebbe dovuto essere.
In qualche modo ciò diede molto da pensare al Corpo di Salvataggio, e Vegeta si domandò il perché. In fin dei conti loro non potevano sapere chi fosse in realtà.
Il viaggio verso Niwre durò poco più di un'ora grazie al salto iperspaziale, ma durante tutto il tempo gli alieni che li avevano recuperati non avevano fatto altro che parlottare e borbottare qualcosa rivolti verso Kakaroth. Il che era molto strano.
«Perché mi guardano tutti così?» aveva domandato Kakaroth a Sua Maestà, snervato dalla situazione.
«Non ne ho idea» gli aveva risposto, sincero.
Non riusciva proprio a comprendere dove fosse il problema. La scheda identificativa falsa? Non era poi così falsa, era solamente inesatta, niente per il quale nell'Universo Sette sarebbe potuto finire nei guai.


Quando giunsero su Niwre ciò che spiccò ai loro occhi era l'assoluta modernità di quel luogo. Era una piattaforma planetaria molto piccola, forse poco più grande di Vortax, ma che con Vortax non aveva assolutamente nulla a che vedere. Tutto era moderno, bianco ottico e metallo cromato, ben illuminato, ben attrezzato, iper-tecnologico.
Coloro che ci lavoravano – perché era evidente fosse una semplice piattaforma adibita al lavoro, più che all'abitazione – erano una grande aggregazione di alieni multi-specie, tutti molto abili, svegli e scattanti.
Non particolarmente loquaci, soprattutto con Kakaroth e Vegeta. Con Radish, invece, nessuno sembrava avere particolari problemi di socialità e anzi - non appena giunti alla loro piattaforma - lui e il meccanico si erano lasciati andare in una lunga serie di chiacchiere in una lingua che era un ibrido tra lo standard e qualcos'altro. La conversazione era parsa più una serie di gesti e parole dette a caso, ma Radish aveva la particolare abilità di riuscire a comunicare pure con i tronchi degli alberi. Specialmente se ubriaco.
Vegeta aveva atteso con pazienza in un angolo della piattaforma – per nulla incline a partecipare al connubio multi-linguistico sopracitato – e aveva tenuto d'occhio Kakaroth per tutto il tempo. Questi era rimasto fermo, immobile, in soggezione a causa di quella lunga sfilza di occhiatacce che i lavoratori di quel luogo gli riservavano. Questo fino a che Radish non aveva coinvolto Sua Maestà in una conversazione illogica sui tipi di materiali che utilizzavano sulla Terra per costruire quelle navi. Qualcosa di assolutamente poco interessante e, soprattutto, deleterio: quel minuto di discorso era stato sufficiente per far perdere loro Kakaroth di vista. Vegeta era andato prima nel panico, poi su tutte le furie.

Tuttavia quel particolare attracco era talmente piccolo che non fu difficile raggiungerlo.
Lo scorse dopo soli dieci minuti di ricerca, intento a gesticolare insieme a un interprete e un meccanico dall'aria scorbutica.
Vegeta si avvicinò a passi furenti, fino a quando riuscì a udire la conversazione.
«Le dico che ho assoluto bisogno un'astronave, su Morvir troveranno il modo di ripagarvela!» disse Kakaroth, mentre l'interprete traduceva quanto detto al meccanico, il quale rispose con gesti poco amichevoli.
«Si sta rifiutando categoricamente di darvela, signore» rispose l'interprete.
«Ma perché nessuno mi vuole aiutare!?» ringhiò Kakaroth, frustrato. E si mostrò ancora più frustrato quando Vegeta gli si posizionò di fianco, con gli occhi stretti dal disappunto.
«Stavi davvero pensando di svignartela?!» sibilò Sua Maestà.
Dopo tutta la fatica che avevano fatto per trascinarlo via di lì, non avrebbe accettato di vederlo andare via di nuovo. Non prima di aver provato quantomeno a convincerlo della loro onestà.
«Io voglio tornare sul mio pianeta, non voglio stare qui con voi» gli rispose Kakaroth, piccato, poi si rivolse di nuovo al meccanico con tono supplichevole. «Posso avere almeno un passaggio su Morvir? La prego, la pagheranno profumatamente».
Il meccanico, dopo aver ascoltato la richiesta, gli ringhiò in faccia qualcosa e tornò a lavorare senza più concedere lui neanche un ascolto.
L'interprete si rivolse a Kakaorth con tanto di spallucce, poi spiegò. «Dice che sei un pazzo e un bugiardo, che non sei chi dici di essere. E che si rifiuta di fare favori a un distruttore di universi».
Vegeta spalancò gli occhi, esterrefatto. Non poteva aver capito bene.
Anche Kakaroth, dal canto suo, sembrò sconvolto da ciò che si era sentito dire.
«Un distruttore di... che cosa?!» soffiò, pallido.
«Son Goku, diciamo che lei non è molto ben visto qui nell'Universo Otto» spiegò finalmente l'interprete.
Vegeta chiuse gli occhi per un istante. Ma certo! Tutto si era fatto d'improvviso più chiaro. Non lo stavano guardando male per la scheda identificativa inesatta, ma perché l'avevano riconosciuto. Nonostante il look diverso, l'avevano riconosciuto.
«Son? Che cos'è? Ma poi... di cosa diavolo state parlando? Io non sono certo famoso, qui» farneticò Kakaroth, sconvolto.
Non che non fosse comprensibile. Vegeta per la prima volta provò un po' di compassione per lui. Non doveva essere una situazione facile. Quel giorno non solo gli era stato detto che non era colui che pensava di essere, ma era stato anche accusato di qualcosa di cui non aveva nemmeno idea di avere fatto.
E, peraltro, Vegeta trovava la situazione parecchio ridicola.
«Son è il tuo cognome. Sulla Terra distinguono gli umani con un nome di nascita e uno di famiglia» gli spiegò Vegeta, paziente. «E credo di sapere a cosa si riferiscano».
Kakaroth gli riservò uno sguardo d'odio.
«No, tu non sai niente di me. Nessuno qui sa niente di me, vi state sbagliando».
«Dopo che hai tentato di mandare a morire gli universi nel Torneo del Potere, non sei figura ben gradita qui, Son Goku. Una vera grazia che l'Universo Otto sia stato risparmiato da quel losco affare, ma comunque non sei ben visto. Siete fortunati che non siamo persone che rifiutano l'aiuto a chi è in difficoltà. Ma, appena la nave sarà riparata, vi chiederemo di andarvene» spiegò l'interprete.
Esattamente ciò che aveva temuto Vegeta. Gli era giunta voce che in alcuni universi la figura di Son Goku non fosse ben vista, in alcuni anche messa al bando dopo il Torneo del Potere, ma mai avrebbe pensato che anche dei semplici civili lo potessero riconoscere. Evidente che lì fosse davvero persona sgradita.
Una vera fortuna, davvero, che non gli avessero negato l'aiuto con l'astronave. Forse perché era in compagnia di altre persone innocenti, forse perché era deontologia del luogo soccorrere chi fosse in difficoltà.
Un colpo di fortuna tra le mille sfighe, insomma.
«Ma io non ho fatto... non ho fatto nulla di tutto ciò» il tono di Kakaroth si fece più cupo, disperato. Sembrava nel panico, quasi.
Il sentimento di compassione nei suoi confronti crebbe, e Vegeta quasi si maledisse per quell'impulso 
di doverlo difendere che avvertì in fondo allo stomaco.
«Sì, Kakaroth, l'hai fatto» gli disse, poi non resistette e si rivolse all'interprete. «Anche se lo trovo parecchio ingiusto questo astio, onestamente. Sì, lui sarà anche stato sciocco a proporre quel gioco a Zeno-sama, ma vorrei ricordarvi che alla fine è stato il nostro universo a salvare tutti gli altri. Lui ha combattuto fino alla fine e, se non fosse caduto, sono pronto a scommettere che avrebbe espresso il desiderio di ripristinare gli universi scomparsi» disse. Si morse la lingua e si maledisse di nuovo per quell'impulso.
L'interprete storse le labbra violacee e fece spallucce.
«Il minimo, direi, per il disagio causato» concluse, poi se ne andò a passi veloci.

Kakaroth si portò le mani tra i capelli raccolti in quel ridicolo chignon, tremando.
«Non capisco. Davvero, non capisco...» soffiò. «Perché pensano che io sia una persona tremenda?» si domandò.
Sembrava davvero, davvero disperato.
Vegeta odiava vederlo in quel modo. Non gli piaceva. Si sentiva in difetto, i sensi di colpa per non averlo salvato prima erano sempre più opprimenti.
Se non altro quello era un buon motivo per raccontargli tutta la storia. Anche solo per non lasciargli credere di essere stato una persona tremenda.
«Come vedi non siamo gli unici a conoscerti, e questa può essere una riprova del fatto che non stiamo mentendo. Solo che... chi ti conosce davvero sa che non sei come ti descrivono loro. Non eri una cattiva persona, Kakaroth. Non di certo un distruttore di universi» borbottò Vegeta. Era difficile parlargli in quel modo, ma era qualcosa che avrebbe dovuto imparare a fare, se voleva davvero convincerlo. «
Non sei cresciuto su Morvir, ma forse questo dovrebbe esserti oramai chiaro. E sì, è orribile che tu abbia dovuto saperlo in questo modo, sono spiacente di aver dovuto uccidere tutte quelle persone, l'Imperatore, i Saggi. Avrei voluto portarti via di lì senza trovarmi costretto a compiere quei crimini, ma ho dovuto farlo. Perché ti stavano ingannando, manipolando, e non potevo permettere che continuassero a farlo, a tenere nascoste le tue vere origini. Io... ho delle prove concrete che ti faranno capire chi sei, fidati di me».
«Come faccio a fidarmi di te, non ti conosco neanche!» mormorò, affranto.
Vegeta strinse i pugni. Quello fece male.
Mi fido di te, Vegeta” gli aveva detto, più di una volta.
E invece in quel momento non si ricordava neanche di lui.
Fece un gran male al petto e Sua Maestà si sentì completamente svuotato. Ma, ben lo sapeva, per riuscire a ottenere qualcosa – anche un minimo, un minimo di fiducia, una minima speranza di fargli ricordare – avrebbe dovuto portare pazienza.
Kakaroth era diverso? Avrebbe dovuto provare a essere un poco diverso anche lui, magari più comprensivo, magari più umano. Non aveva niente da perdere. Nessuna dignità da mantenere.
«Per favore» gli disse quindi, tendendogli una mano. «Ti spiegherò tutto quanto ma, per favore, accetta il mio aiuto».
Per favore, torna a casa.



 
Continua...

Riferimenti:
-Pianeta Niwre: è un omaggio al mio personaggio preferito di Attack on Titan, Erwin (letto al contrario Niwre), comandante del Corpo di Ricerca. Che qui è stato trasformato in Corpo di Salvataggio.
-Il fatto che Goku sia mal visto in alcuni universi era già ben noto ai tempi del Torneo del Potere, ma che fosse stato quasi bandito in alcuni di essi è puramente inventato per scopi di trama.

ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno pirati spaziali!
Ma che pensavate davvero che facessi morire Radish in questa maniera?! Suvvia, è uno dei miei personaggi preferiti nonché importantissimo co-protagonista della storia! Mica potevamo perderlo così. Ho grandi piani per lui nei prossimi capitoli. Mwhuhahahah!
E ovviamente la fuga da Morvir ha avuto delle conseguenze tecniche, ma non tutto il male viene per nuocere: ritrovandosi casualmente in un altro Universo dove Goku è stato quasi bandito, il ragazzo ha realizzato davvero di essere qualcun altro e non un semplice guerriero di Morvir. Che dite... accetterà l'aiuto di Vegeta? Ma soprattutto Vegeta riuscirà a sostenere questa situazione?
Lo scopriremo nella prossima puntata!
Un grazie gigantesco come sempre a tutti voi che mi state sostenendo da oramai dodici capitoli. Che dire... ne abbiamo ancora ben nove davanti! Riuscirete a sopportarmi fino alla fine? :D
Un abbraccio,
Eevaa


 
Nel prossimo capitolo!
«Kakaroth... devo farti una domanda, prima di tutto» disse, senza voltarsi verso di lui. Una domanda, una tra le tante.
«In realtà speravo rispondessi ad alcune delle mie» rispose lui, piatto.
Vegeta avrebbe tanto voluto prenderlo a pugni.
Era come parlare con se stesso, e Kakaroth non era così. Lui non rispondeva male, non era sarcastico, non era cinico.
  
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