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Autore: sweetlove    28/06/2021    8 recensioni
Anno 815, Trunks è solo nel suo ufficio, beve whiskey cercando consolazione nel periodo più buio della sua vita.
Ripercorre a ritroso i momenti vissuti, gli sbagli commessi. Rivive ciò che ha portato la sua famiglia a sgretolarsi. Riuscirà a tirare le somme e risalire a galla?
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NUOVI PG - NUOVE SHIP
I personaggi inseriti saranno quelli che interagiranno maggiormente nel corso dei capitoli, così come le coppie, anche se le principali saranno 'altre'.
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NOTE a inizio e fine del prologo. Illustrazioni all'interno dei capitoli.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Altri, Bulma, Trunks, Vegeta | Coppie: Bra/Goten, Bulma/Vegeta, Marron/Trunks
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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C R E E P
capitolo 4

 

 

 

«Ti prego nonno, aspetta!»

Boxer Son-Brief era allo stremo. Due ore d’intenso allenamento con il Principe Vegeta, che a ottant’anni suonati mostrava di averne sì e no quaranta. É proprio ad ottant’anni che i saiyan iniziano a invecchiare, come da lui stesso spiegato anni e anni prima a coloro che si erano posti il problema, ma per lui le lancette dell’orologio sembravano essersi fermate.

«Vedi cosa succede ad abbandonare gli allenamenti da un giorno all’altro?»

La grinta di sempre che lo contraddistingueva, così come l’essere spietato sul campo di battaglia, o in quel caso la gravity room, e soprattutto l’indifferenza verso chi aveva davanti, fosse un nipote o meno. Pretendeva che l’ultima generazione saiyan fosse degna di appartenere a quella razza, e soprattutto quel ragazzo, diciassette anni appena compiuti, doveva portare alta la barriera, poiché aveva ereditato ben il cinquanta per cento di sangue alieno. Unione di due mezzosangue, nascita di altri mezzosangue. Ovviamente non gli voleva più bene rispetto agli altri nipoti, questo era scontato. Ma Hami e Nina avevano ormai perso interesse per la lotta da anni e Bulma Jr non l’aveva mai avuto. Tutta sua madre e sua nonna, come il nome suggeriva.

«Ho capito, ma non è il motivo adatto per pestarmi così!» Boxer incrocio le braccia davanti al volto appena in tempo, parando quel destro micidiale che l’avrebbe altrimenti sfigurato.

«È sempre un buon motivo per pestarti, lavativo!» Vegeta indietreggiò appena, osservandolo. Aveva attaccato pochissimo, segno inequivocabile della mancanza d’esercizio, e i suoi riflessi erano lenti, troppo lenti. La stessa cosa che era accaduta più di trent’anni prima a Trunks, quando aveva smesso di frequentare quella stanza per dar maggiore spazio alla sua vita di adolescente.

«Mi arrendo…» Il Moro sospirò, affannato per nulla, sollevando le braccia in segno di resa e smettendo di levitare per finire accasciato sul pavimento di metallo indistruttibile realizzato da sua nonna Bulma ormai decenni prima.

«Quella mocciosa di tua sorella saprebbe fare meglio.» Lo schernì Vegeta, disgustato, disattivando il congegno di gravitá e afferrando la bottiglia d’acqua adagiata lì accanto per tracannarla in poche sorsate.

«Adesso che inizia a montarsi la testa figurati se pensa ancora a mostrarsi interessata solo per compiacerti…» Boxer ridacchiò, asciugandosi il petto madido e nudo con l’asciugamano finito chissà come lì per terra, forse volato via grazie alla forza degli attacchi di suo nonno.

«Femmine…» Un grugnito, non troppo convinto. Perché se si parlava di Bulma Jr, Vegeta diventava un agnello… e tutti sapevano il perché. Era la fotocopia di Bulma e sin da quando era venuta al mondo aveva rapito il cuore del piú anziano dei saiyan, così come era accaduto quando a nascere per mezzo di un incantesimo di Whis era stata la stessa Bra.

Boxer sospirò, improvvisamente affranto, guardando l’impiantito lucido e indugiando prima di prendere parola.

«Nonno, a proposito di femmine… c’è una tipa che viene a scuola con me. Mi piace un casino, ma non saprei come farmi avanti. Tu cosa faresti?»

Se Vegeta avesse saputo che un domani un moccioso di diciassette anni si sarebbe permesso di chiedergli consigli sull’amore… chissà cosa avrebbe fatto. Il killer spietato che era stato si sarebbe incenerito, o avrebbe maledetto la sua stessa progenie. Adesso invece non gli restava che sgranare gli occhi e guardare suo nipote sconvolto.

«Io?!»

Boxer sollevò il capo e con la stessa innocenza che contraddistingueva non tanto il padre Goten, quanto il nonno paterno Kakaroth, fissó il nonno senza timore.

«Sì, tu! Come hai conquistato la nonna?» Domandò, innocentemente.

Vegeta grugní ancora, stavolta più seriamente, prima di avanzare verso l’ingresso pronto ad andarsene.

«Boxer, innanzitutto non sono affari tuoi…» Borbottò, poco convincente e rosso come al solito. Conquistato… oltre che pianeti, non aveva mai conquistato nulla. Era stata Bulma, con la sua schiettezza e la sua genuinità, a prendere a poco a poco un posto sempre più grande nel suo cuore nero come la pece e duro come il marmo. Quel cuore che si era rivelato ben presto più grande di quel che avrebbe mai immaginato e ammesso, ma a nulla sarebbe servito se non ci fosse stata lei nei dintorni.

Lei, che seppur fuori di testa, ora nel senso letterale del termine, lo amava alla follia, come lui amava lei.

«E poi é lei ad aver conquistato me.» Aggiunse, sottovoce, quasi senza rendersene conto, mentre già apriva il pesante portellone di titanio pronto a tornare in casa e assicurarsi che proprio Bulma non si fosse messa in qualche pasticcio.

 

 

 

«Ma dove diavolo si sarà cacciato?» Diciotto scrutò ancora una volta l’esterno attraverso il vetro della finestra del soggiorno, iniziando ad essere infastidita. Si che suo genero non era mai stato un tipo troppo puntuale, ma erano quasi le dieci e così facendo rischiava di mandare a monte tutti i suoi piani.

«Non posso dormire qui, domani ho scuola!» Mirai, che lottava contro il sonno ormai da una buona mezz’ora sul divano preferito del nonno Crillin, sbadigliò sonoramente per l’ennesima volta.

«Non ho intenzione di farti dormire qui, infatti. Mi chiedo soltanto dove sia finito tuo padre. É tardi e…» La donna s’interruppe quando nei giardino vide comparire un’ombra. E a piovere dal cielo a quell’ora poteva essere solo Trunks. Questo infatti apri la porta di casa senza suonare il campanello, senza troppe cerimonie, ed entrò grattandosi la nuca in soggezione. Perche lo sguardo di Diciotto gli incuteva ancora timore dopo una vita intera.

«Scusatemi!» Esclamò, prima ancora di salutare.

«É successo qualcosa?» l’androide lo scrutò con le braccia incrociate sotto il seno ed un sopracciglio alzato, in attesa di spiegazioni, che non tardarono ad arrivare.

«Riunione fino a tardi…»

«Non dovrebbe essere compito di Hami?» Indagò ancora, come se quel mezzosangue dai bizzarri capelli lilla volesse nascondere qualcosa.

«Cosa credevate tutti, che l’avrei buttata in pasto ai leoni? Odierebbe da subito il suo lavoro, poverina…» Trunks s’infiammava ogni volta che gli veniva toccata Hami. Il suo punto debole da sempre, dal giorno in cui l’aveva vista per la prima volta. Fosse stato per lui, per condannarla alla sua stessa vita stressante avrebbe atteso ancora qualche anno.

«E dov’é ora?»

«Cena con Taki.» Rispose e concluse velocemente, Trunks, guardando in direzione di suo figlio e rendendosi conti fosse abbastanza contrariato… come Marron. Lei lo guardava sempre così quando tardava.

«Papá! Muoio di sonno! Possiamo tornare a casa?» Infatti lo vide infiammarsi e alzarsi dal divano ciondolando, senza però perdere la sua grinta da piccolo leone.

Piccola Marron…

«Certo piccolo… scusa se ho tardato.» Gli disse, dispiaciuto poiché di sicuro l’indomani avrebbe dovuto lottare non poco per tirarlo giù dal letto e farlo andare a scuola con gli occhi aperti. Sorrise, vedendolo uscire di casa a passo lento e trascinato, con la mente già sotto le lenzuola, e rivolse uno sguardo pacifico verso Diciotto, che tuttavia ricambiò con freddezza, come di consueto.

«Domani non contare su di me, Trunks. Devo uscire.» Disse, senza troppe cerimonie, appoggiando una mano sulla porta pronta ad accompagnarla per richiuderla alle spalle dei due lilla.

Trunks sollevò un sopracciglio, squadrandola d’istinto.

«E per andare dove?»

«Sono affari miei.» La risposta ancor più gelida di Diciotto, che stavolta non indugiò e chiuse l’uscio con stizza. E a suo genero non rimaste altro da fare che sorridere tra sé, maledicendosi per quella domanda di troppo e ritrovandosi a parlare ad una porta.

«Buonanotte Diciotto…».

 

 

«Sono un po’ preoccupata per mia nonna…»

Due ragazze. Una bionda, esile, l’altra scura di pelle dai foltissimi capelli ricci. Entrambe sedute a un tavolo del loro ristorante preferito, ma stavolta in una sala diversa. Già… una delle due, adesso, doveva avere ancora più discrezione nel presentarsi in pubblico. Personaggio noto… una noia mortale.

«Bulma é una roccia. Un po’ svampita ma chi l’ammazza?»

La più scura rispose alla riflessione dell’altra, che sembrava pensierosa mentre sorseggiava il suo rosato. Hami corrugò la fronte, tornando nella stessa dimensione dell’amica Taki, che la guardava come in attesa.

«Parlavo dell’altra.»

«Oh… e perché?» Domandò la ragazza, convinta fosse proprio la ormai anziana Bulma Brief a destare preoccupazione, come spesso accadeva di recente, e meravigliandosi di dover spostare l’attenzione sull’irreprensibile e apparentemente invulnerabile Diciotto.

Hami sorseggió ancora il vino, come per prendere tempo, insicura sul rivelare o meno ciò che aveva visto solo poche sere addietro e che tanto adesso la preoccupava. Eppure alla sua amica Taki aveva sempre detto tutto, senza preoccuparsi… perché tenere per sè quell’angoscia, adesso? E fu così che decise di confidarsi.

«Alla mia festa…l’altra sera. Quando tutti sono andati via, e noi siamo andate in quel locale…» Iniziò, sottovoce, come se orecchie indiscrete non aspettassero altro che avere scoop sulla sua famiglia.

«E allora?» Incalzò l’altra, cacciandosi in bocca un altro pezzo di bistecca.

«L’ho vista uscire da lì!»

A quella rivelazione, Taki smise per qualche istante di masticare. La sua amica iniziava sicuramente ad avere i primi accenni di esaurimento nervoso… e dire che era in azienda da pochi giorni!

«Ti sarai sbagliata, Hami!» Provò a dire, pacatamente, ma lo sguardo accigliato della biondina la trapassò istantaneamente.

«So riconoscere mia nonna, Taki. Ma la cosa peggiore é che l’ho vista allontanarsi con un ragazzo!»

Hami abbassò ancor di più in tono di voce, come se si vergognasse di ciò che stava raccontando… già sicura di ciò che Taki avrebbe replicato.

«Secondo me avevi bevuto troppo.»

Forse confidarsi non era stato il massimo. Si, aveva bevuto. No, non aveva avuto le traveggole… quella che aveva visto salire su quell’auto sportiva insieme a quel giovane era proprio Diciotto, sua nonna, anche se di una nonna aveva ben poco. Prima che Marron morisse, madre e figlia sembravano coetanee… sapeva bene il perché, che Diciotto era un cyborg e che sarebbe invecchiata poco e molto lentamente, ma aveva sempre pensato sarebbe rimasta fedele al nonno Crillin per sempre, anche dopo la sua morte.

Non sapeva perché, ma tutto questo la disturbava. Anzi, il perché lo sapeva, ma riconoscerlo era un'altra cosa. Sapeva bene che a darle fastidio non era tanto che la nonna avesse un nuovo giovane compagno, quanto che la stessa cosa sarebbe potuta accadere a suo padre Trunks… lui, rimasto vedovo così giovane, ancora bisognoso di amore e attenzioni. Adesso era adulta, sapeva quanto certi bisogni andassero soddisfatti. Ma avrebbe mai potuto accettare di sapere sua madre “rimpiazzata” tanto facilmente?

«Scusi, é sua questa?»

Tornò di nuovo al presente grazie ad una voce maschile e un leggero tocco alla spalla, quasi impercettibile. Si volse, stralunata, trovandosi faccia a faccia con un ragazzo dalla pelle ambrata e folti capelli mogano tirati indietro, ma ciò che la colpí maggiormente furono i suoi occhi. Castani e intensi, nonché gentili. Le porgeva un’agenda tascabile. Di carta… un oggetto che la dirigente dell’azienda tecnologica più importante del pianeta non avrebbe dovuto possedere, non cartacea… ma sentiva di averne bisogno. Anche Marron ne aveva sempre una, malgrado le prese in giro di Trunks, che invece si affidava alla segretaria e allo smartphone sul quale riceveva tutti i promemoria.

«G-grazie. Deve essermi caduta prima, quando ho aperto la borsa…» Hami afferrò l’agenda, cacciandosela velocemente nella borsa appesa alla sedia e sorridendo cordialmente ma senza riuscire a celare la soggezione. Le succedeva sempre con i ragazzi…

«É un piacere avergliela riportata, signorina.»

Il giovane, galante nel suo completo antracite, ricambiò il sorriso, ma una strana luce negli occhi tradiva la sua compostezza.

«Hami. Mi chiamo Hami…» Disse lei, con un filo di voce, porgendogli la mano per stringergliela ma si ritrovò a guardare quel ragazzo afferrarla delicatamente e portarsela alle labbra, come fosse un suddito con una principessa.

«Piacere, Hami. Lars Aito.»

 

 

Nota dell’autrice


Dunque… ho da dirvi un paio di cosette stavolta.

La prima, riguardo la lunghezza dei capitoli. Siete abituati a quaresime senza fine, lo so, e per chi amava i capitoli lunghi mi scuso, ma stavolta la scelta ricade su un numero di parole più ristretto. Preferisco pubblicare in più parti, ma elaborare paragrafo per paragrafo, e da lettrice posso dire che sicuramente sarà meno impegnativo anche per voi, perché a volte bisogna fare delle pause mentre si legge, invece con capitoli più corti c’è maggiore possibilità di mandare tutto giù in una botta sola.

Va beh, lasciate perdere ‘questo’ capitolo, che mi è venuto più lungo di quel che avrebbe dovuto. E considerate che l’ho scritto con l’Ipad perché il pc mi era andato in blocco.

E poi niente, Aito vi ricorda qualcosa? Chi sarà questo giovanotto? Aspetto le vostre previsioni, così come aspetto mi diciate cosa ne pensate di Diciotto e del ragazzo misterioso! ;-)

Io vi saluto come sempre, augurandovi buona settimana in questo lunedì che definirlo afoso è un complimento. Sto morendo. Vi lascio come al solito un disegnino, che sicuro avrete già visto su IG.

Un abbraccio e grazie infinite a tutti voi!

Sweetlove

 

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