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Autore: Ale Villain    29/06/2021    1 recensioni
AGGIORNATA CON IL CAPITOLO 26 - MARZO 2024
Era così lei: niente di più che una studentessa dalla vita semplice, circondata da pochi affetti e con un passato misterioso, ma che ormai per lei non rappresentava che un mero ricordo. Era così lei, da quando era in quel mondo: ma per quanto ancora le sarebbe andato bene?
---
I.V era stranamente agitato. Non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva nemmeno come approcciarsi e che motivazione dare a questa sua “visita” inaspettata.
[...]
Stava per muovere un altro passo quando sentì un rumore veloce, alla sua sinistra, proprio dove si trovava il soggiorno.
Si bloccò e si girò piano.
Finalmente la vide.
Era a pochi passi da lui.
E gli stava puntando contro una pistola.

---
Sospirò nervosa e fece per chiudere la porta; I.V, però, non glielo permise e posizionò con uno scatto il piede tra la porta e lo stipite.
Mise una mano sulla porta, spingendola fino ad aprirla nuovamente.
"Non costringermi a usare questi metodi" sussurrò, guardandola intensamente negli occhi.
Ambra deglutì. Quel timbro di voce l’avrebbe fatta impazzire, prima o poi.
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo XIX: Veritas II
 











 
 
 
 
Era rimasta per minuti interi in quella posizione; seduta davanti alla porta della stanza. Non sapeva più cosa pensare, cosa fare, cosa dire. Anche gridare aiuto probabilmente sarebbe stato inutile. Non ne aveva neanche più la forza: sentiva ancora di avere la febbre, anche se il mal di testa pareva averle dato finalmente un po’ di tregua.
Era rimasta per minuti interi con lo sguardo perso nel vuoto. Non riusciva più nemmeno a sentire le voci di Jeim o di Hoseok, segno che si erano allontanati da lì piuttosto velocemente.
Era rimasta per minuti interi in attesa che arrivasse qualcuno. Si ripeteva che sarebbe bastata una persona a caso, anche solo per farle sapere che non era stata abbandonata del tutto. Ma in cuor suo sapeva che era solo una la persona che sperava di vedere spuntare alla porta.
Solo in quei momenti si rendeva veramente conto di quanto la presenza di I.V la tranquillizzasse. Sarà stato anche stato il fatto che l’aveva protetta, ma era sicura non si trattasse solo di quello: era proprio la sua vicinanza che le trasmetteva calma, forse proprio perché lui stesso era così. Fermo, tranquillo, controllato.
Era per quello che, quando si era presentato a casa sua sotto quella forma, lei si era parecchio spaventata. Per una volta, sembrava aver perduto il controllo.
Alzò la testa verso il soffitto e chiuse gli occhi, rimanendo in attesa e in ascolto. E fu proprio in quel modo che riuscì a percepire dei rumori strani, in lontananza.
E poi lo sentì forte e chiaro. Un urlo, ma la voce era inconfondibilmente femminile.
“Jeim!”
Ambra corrugò le sopracciglia. Una voce femminile e per di più che gridava in modo disperato il nome del più antipatico e irascibile di tutti quelli che vivevano lì?
Si ricordò cosa le aveva detto Hoseok poco prima di lanciarla in quella stanza buia:
Ma tu e l’altra vi siete messe d’accordo?
Allora c’era veramente un’altra ragazza lì nel covo.
Riaprì gli occhi e si tirò su in piedi. Appoggiò l’orecchio alla porta, ma la situazione non migliorò più di tanto. Da quello che poteva tastare, erano fatte in legno piuttosto spesso e duro.
Non sentì più la voce femminile, solo qualcuno che urlava “Vai!”
Sbuffò sonoramente. Ma cosa caspita stava succedendo di sotto?
Fece per ritornare nella posizione di prima, quando sentì dei passi veloci ma leggeri. Sentì il cigolio dei gradini, per cui la persona che stava arrivando stava salendo le scale.
Il cuore cominciò a batterle un po’ più rapidamente. Chi poteva essere?
Per una frazione di secondo, sperò fosse I.V. Ma qualcosa le suggeriva che la persona misteriosa che saliva i gradini con passo svelto non fosse lui.
I passi si interruppero. La persona sembrava essersi fermata proprio alla fine delle scale.
E se stesse cercando proprio lei?
Si allontanò di qualche passò dalla porta, per poi sentire i passi riprendere nuovamente. Stranamente, però, la persona non si fermò davanti alla porta in cui c’era Ambra, ma tirò dritto. La rossa la sentì anche aprire una porta a richiuderla con forza.
Ambra corrugò la fronte pensierosa. Chi diavolo poteva essere? E perché era salita lì?
Di tutta quella storia, però, una cosa era rimasta: la paura che quello sconosciuto – o quella sconosciuta, a quel punto – fosse arrivato lì per lei. Il fatto che poi le cose fossero andate diversamente era stata solo fortuna, pensò.
Decise che era giunto il momento di farsi un giro per la stanza. Non tanto per la curiosità di sapere che cosa ci potesse trovare all’interno, ma per cercare un qualcosa per difendersi. Non poteva mai sapere chi avrebbe potuto riaprirle la porta.
Si avvicinò lentamente al centro della stanza, scoprendo che si trattava di un altro piccolo studio. C’era una bellissima scrivania in vetro, sotto il quale si intravedevano un sacco di fogli e scartoffie varie. Sopra vi era appoggiata una semplice lampada e quello che sembrava un mazzo di carte da gioco.
Si avvicinò incuriosita e, come per paura che la stessero spiando, si diede una rapida occhiata intorno, confermando a sé stessa di essere completamente sola.
Sollevò la prima carta del mazzo e la girò:
 

 
Tecnica 1: Fuoco vs Acqua. Quando vince il primo.
 

Continuò a guardare la scritta rossa con fare incuriosito, ma ci riuscì ancora per poco: le scritte cominciarono a roteare su stesse, fino ad essere come inghiottite da un vortice formatosi al centro della carta; apparve, quindi, una fiammella al posto della scritta.
Spaventata, Ambra rimise subito la carta sul mazzo, girata verso il basso.
Che diavolo di carte erano? Sembravano dei suggerimenti per vincere contro gli elementi avversari. 
Era in quel modo, quindi, che i cacciatori cercavano di avere sempre la meglio. La sua totale ignoranza di quei mondi – che in teoria dovevano essere così vicini a lei – l’avevano portata a non conoscere l’esistenza di un sacco di segreti che avevano a che fare con gli elementi stessi.
Lasciò perdere le carte, pensando che ancora non aveva visto qualcosa che potesse tornarle utile per difendersi. Decise quindi di aprire il primo cassetto dei tre che c’erano sotto la scrivania.
Strabuzzò gli occhi.
“I miei documenti!” esclamò a voce alta.
Prese subito tra le mani la sua carta d’identità, rigirandosela tra le mani e verificando che fosse ancora perfettamente integra. Se la mise velocemente in tasca.
Si era completamente dimenticata che non era mai riuscita a farseli riportare, nemmeno da I.V. Finalmente ne era ritornata in possesso e pensò, un po’ più sollevata, che forse poteva anche ritrovare il suo amato zaino. Magari era anch’esso lì da qualche parte.
Frugò ancora nel cassetto, ma non trovò niente che potesse tornarle utile. Lo richiuse con forza e aprì quello sotto.
Una pistola.
Quella poteva decisamente essere utile per difendersi. Il problema era diventato un altro, però: ora che se la ritrovava davanti, avrebbe davvero avuto il coraggio di impugnarla e di sparare, se fosse stato realmente necessario?
Ambra rimirò l’arma qualche secondo. Si avvicinò lentamente con le dita e la sfiorò appena. Era fredda, molto.
Ritrasse immediatamente la mano. Ma chi pensava di prendere in giro? Di sicuro non sé stessa. Non aveva tutto quel coraggio, lo sapeva benissimo.
Chiuse anche quel cassetto, un secondo prima di sentire dei passi veloci lungo le scale. Di nuovo.
Stavolta non poteva essere la stessa persona di prima: non aveva sentito nessuna porta aprirsi e nessuno passare nel corridoio. Inoltre, le sembrava che i passi fossero più pesanti e anche un pelo più lenti rispetto a quelli di prima. Probabilmente la persona aveva saltato anche qualche gradino.
Rimase immobilizzata quando sentì, esattamente come prima, i passi bloccarsi.
“Ambra? Dove sei, Ambra?”
Ambra trattenne il respiro. Non sapeva minimamente a chi appartenesse la voce, non l’aveva mai sentita in vita sua.
Riprese a respirare, più velocemente e con ansia. E adesso cosa diavolo faceva? Perché nessuno era ancora venuta a prenderla per liberarla?
“Su, Ambra, salta fuori”
La voce stava continuando a chiamarla e il rumore di passi aveva ripreso a riecheggiare all’interno del piano.
Ambra stava andando letteralmente nel panico. Si guardò intorno per qualche istante, guardando di nuovo la scrivania. No, per quanto potesse tenerla in mano per sentirsi più sicura, non la voleva prendere la pistola, era troppo anche per una situazione come quella.
Non aveva neanche senso andare a controllare che la porta fosse chiusa bene; era certa che colui che la stava chiamando con quel tono poco rassicurante fosse un cacciatore, perciò sarebbe stato facile per lui sfondare la porta a forza.
Era ancora intenta a capire cosa fare, quando sentì la porta di una stanza aprirsi. Probabilmente stava aprendo le varie porte per capire dove si fosse nascosta e scovarla.
Si avvicinò molto lentamente, cercando di non fare alcun rumore, alla porta della camera. Vi si fermò precisamente davanti e tese le orecchie.
Stranamente non aveva ancora sentito la porta dell’altra stanza richiudersi. Poggiò piano una guancia alla porta.
Pessima idea, Ambra.
Non fece in tempo ad allontanarsi, che la porta si aprì di scatto, scardinandosi con violenza e colpendola in pieno viso. Per via del contraccolpo, indietreggiò fino a cadere per terra. Si portò una mano in automatico sullo zigomo dolorante, sentendo un dolore lancinante, quasi un bruciore.
Tastò velocemente trovando la scheggia che le si era infilata sottopelle e la tolse alla bell’è meglio.
Alzò lo sguardo e si ritrovò davanti, in piedi davanti a lei, un ragazzo dai capelli biondi e la barba incolta, gli occhi azzurri e un fisico prorompente. Non gli sembrava, però, in ottima forma. Aveva dei lividi sul viso e dei segni strani su uno dei polsi, c’era anche del sangue raffermo. Quasi sicuramente aveva combattuto con qualcuno.
La cosa che la fece preoccupare maggiormente era, però, un dettaglio che aveva notato non appena lo aveva guardato in viso: non aveva gli occhi a mandorla. Questo voleva dire che era italiano.
E che forse…
“Cazzo, sei proprio uguale a lei” commentò lui, studiandola.
Ambra lo guardò con espressione preoccupata. Quella frase confermava a pieno la sua teoria.
“C-Cosa vuoi da me?” farfugliò, deglutendo.
Il ragazzo sospirò.
“Io da te? Un bel niente” rispose con sincerità “È il mio capo che ti vuole”
“Il tuo capo…?” ripeté lei con calma, indietreggiando appena.
Il tizio annuì vagamente.
“Sì, ma ora basta perdere tempo”
Allungò il palmo aperto di una mano verso di lei. Dal nulla si formarono delle spine, che poi fece partire con tutta velocità verso di lei.
Ambra spalancò gli occhi e si buttò da un lato. Riuscì a non farsi beccare dalle spine, ma una di queste gli attraversò la felpa che indossava, bucandola.
Si rialzò in piedi in fretta e furia, mentre le spine invertivano la rotta e tornavano a puntare nella sua direzione.
Ambra agì d’istinto: si lanciò contro il fondo della stanza, verso il muro e quando fu ad un passo da esso si abbassò di scatto. Le spine si conficcarono nel muro e lì parvero rimanere.
“Fanculo” sibilò tra i denti il biondo. Rimase lì, fumante di rabbia ancora per qualche istante.
Fabian glielo aveva sempre detto: era lento e non pensava troppo a quello che andava fatto. Ma lui agiva come meglio poteva, non aveva mai avuto un vero addestramento, Fabian avrebbe dovuto tenerlo in conto.
Ambra era ancora bloccata sul fondo della stanza, in attesa di sapere quale sarebbe stato il suo destino. Non le sembrava che il tizio davanti a lui fosse particolarmente forte, ma non voleva comunque rischiare e fare movimenti azzardati.
Col senno di poi, la pistola avrebbe dovuto prenderla con sé.
Il biondino strinse in pugni, ma non sembrava più avercela con lei: il suo sguardo era vuoto, perso. Sembrava avere la mente da tutt’altra parte, lontano dalla ragazza e da quella stanza.
Non ci mise molto a ritornare alla realtà: dal piano di sotto, sentirono altre urla e rumori strani. Ci fu un tonfo sordo e qualcuno che urlava il nome di Won Hu. La voce le sembrava quella di Yunho.
Sospirò preoccupata. Perché ancora nessuno aveva nominato I.V? E perché, tra tutte le voci, la sua era l’unica che ancora non aveva sentito?
Cominciò a pensare che potesse essergli successo qualcosa. Ma no, I.V era forte, sicuramente non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa facilmente. Però…
Pensandoci bene, Ambra non sapeva nemmeno che potere avesse. Sapeva che Hoseok aveva il potere dell’aria come lei, Jeim era ovviamente del fuoco e Won Hu aveva constatato che era della terra. Yunho probabilmente era dell’acqua, visto che sotto casa sua aveva creato un disco d’acqua dal nulla per colpire Fabian.
Ad I.V non riusciva ad associare un potere in particolare. Non era come Jeim, non era come Hoseok, non era come Yunho e ancora meno come Won Hu. I.V era a sé. Pensò potesse avere un potere intermedio, ma non gliene riusciva ad attribuire nessuno.
I poteri intermedi… Come il ghiaccio. O come la luce. Il potere di sua sorella.
Giusto, arrivati a quel punto ormai tutti e cinque sapevano di Selene; di sicuro Won Hu l’aveva drogata per estrapolarle quelle informazioni che poi sarebbe andato a rivelare a Yunho e agli altri.
Ripensando a quella scena, le balenò un’idea nella mente.
Cercando di non farsi vedere, infilò la mano destra nella tasca della felpa. Aveva ancora con sé quella strana medicina che le aveva dato Won Hu; lei era svenuta solo annusandola, per cui…
Rialzò gli occhi verso il cacciatore: quest’ultimo stava armeggiando con qualcosa nella tasca. Guardò le sue mani e vide che aveva tirato fuori un piccolo taglierino.
Ambra spalancò le palpebre.
Cosa aveva intenzione di fare?
Il ragazzo ghignò.
“Mh” fece poi, rigirandosi per qualche secondo l’attrezzo tra le mani “Vediamo se sono ancora in grado di usarlo”
Ambra non ebbe nemmeno il tempo di realizzare cosa stesse succedendo, che lo vide caricare il taglierino e lanciarlo nella sua direzione. Corse velocemente verso sinistra, letteralmente buttandosi contro l’armadio.
Perché, cazzo, perché non so usare il mio potere?
Il taglierino, dopo essersi conficcato contro il muro, ritornò di scatto nella mano del biondino. Quest’ultimo ringhiò di rabbia, mentre guardava la ragazza ancora ferma contro il muro, con espressione preoccupata ed occhi lucidi.
“Mi sono stancato di prendere il muro!” esclamò con rabbia.
Ambra deglutì e mise una mano in tasca, stringendo con le dita la boccetta del medicinale di Won Hu.
“Stai ferma e dammi una soddisfazione, cazzo! Se no è la volta buona che Fabian mi fa dormire sotto i ponti…”
Ambra corrugò le sopracciglia.
“Fabian…?” sussurrò, con voce flebile.
“Sì!” urlò di rimando, muovendo un piede nella sua direzione.
Ambra strinse più forte la boccetta. La estrasse con estrema lentezza dalla tasca, chiudendo la mano a pugno per non farla vedere e mise velocemente la mano dietro la schiena. Fece lo stesso movimento anche con l’altra. Si schiacciò con la schiena contro il lato dell’armadio appoggiato al muro, di modo da essere contro l’angolo.
Il biondo si passò una mano sulla faccia. Osservò per qualche istante il taglierino e aumentò la lunghezza della lama, premendo sul meccanismo.
“Adesso vedrai come ti colpisco!”
Il ragazzo si scagliò nella sua direzione.
Ambra armeggiò qualche istante con il tappo della medicina e poi, una volta aperto, rovesciò il liquido con forza contro di lui. Il ragazzo si distrasse, sentendo il viso completamente fradicio.
Si bloccò, con ancora la mano che impugnava il taglierino in aria. Ambra ne approfittò e gli girò intorno, dando le spalle alla porta, pronta a scappare non appena poteva.
“Ma cosa diavolo pensavi di fare?” sibilò lui, girando il viso verso di lei “Volevi fermarmi con dell’acqua?”
Si asciugò le labbra con il dorso di una mano.
“Ha un saporaccio…” commentò poi.
Ambra non rispose. Doveva fargli perdere ancora un po’ di tempo, non sapeva quando sarebbe iniziato l’effetto ad un cacciatore, il cui fisico era più forte e resistente di quello di un umano o di un elemento.
“Bene” fece ancora lui, togliendosi ancora del liquido dalla faccia “Dopo questo spettacolino posso anche riprendere da dov’ero rimasto”
Ambra indietreggiò di qualche passo, con calma.
Il ragazzo mosse il braccio nella sua direzione, pronto a scagliare nuovamente il taglierino. Quando fece per lanciarlo, però il braccio non rispose come avrebbe dovuto: rimpiombò al suo fianco con fatica, come fosse diventato incredibilmente pesante. Il cacciatore emise un verso di frustrazione.
“E adesso cosa c’è?!”
Mosse un passo verso di lei, ma si rese conto che stava facendo una gran fatica a fare qualsiasi movimento. Alzò piano lo sguardo verso la ragazza.
“Dannata… Sei stata tu, vero?” domandò, portandosi poi una mano sul petto “Che cazzo era quella roba?”
Ambra non rispose, strinse la boccetta tra le dita, osservandola qualche istante, per poi stringerla al petto.
“Non lo so…” deglutì, riuscendo però a trovare il coraggio per rispondergli ancora “Ma so quali effetti può dare”
Il ragazzo la guardò senza capire, ma riabbassò lo sguardo in fretta: si piegò in avanti, finendo sulle ginocchia. Poggiò le mani in avanti, per evitare di finire con la faccia a terra.
“Dimmi… Dimmi subito cosa mi hai dato…” le disse ancora, la voce un po’ più flebile.
Ambra fece dei respiri profondi, sentendo che finalmente aveva il controllo della situazione.
“Sono sincera quando dico che non lo so”
Le venne in mente che, in quelle condizioni, Won Hu l’aveva riempita di domande a cui lei non si era astenuta dal rispondere. Per cui, perché non provare anche con lui?
“S-Senti” cominciò a dire, con ben poca sicurezza rispetto a quella che aveva avuto Won Hu con lei “Tu… Hai combattuto con qualcuno mentre eri giù?”
Il ragazzo respirò più velocemente di prima.
“Sì… Certo…”
“Con chi?” gli domandò ancora.
“Che ne so… Ma Fabian ci ha detto… Ci ha detto che non doveva riuscire a venire qua… dov’eri te”
Il biondo si stava muovendo con la testa e il collo in modo strano. Come era successo ad Ambra, sentiva di non riuscire a controllare le parole, anche se erano cose che probabilmente non avrebbe dovuto dire.
Ambra lo osservò con sguardo più serio, ed uno strano presentimento.
“Perché?”
Il biondo emise un gemito di frustrazione.
“Perché… Ha detto che questo tizio si è innamorato di te… Non avrebbe mai lasciato che tu venissi presa da noi…” farfugliò lui.
Il cuore di Ambra perse un battito. La mente sembrava essersi svuotata all’improvviso. Sentiva tepore e gelo allo stesso tempo. Sentiva rabbia e felicità. Sentiva il respiro mancarle e i polmoni pieni.
Sentiva troppo e sentiva nulla.
Si sforzò di rimanere calma.
“S-Sai come si chiama?”
Il biondo parve trattenere il respiro per qualche istante, per poi esalare un flebile sospiro.
La ragazza strinse ancora di più le dita che tenevano la boccetta.
“Non so chi cazzo fosse… Solo che…”
Ambra strinse le labbra, avvicinandosi di un passo a lui.
Resisti. Non svenire ora. Resisti ancora un secondo.
“Aveva un piercing… Al sopracciglio…”
Ambra spalancò le palpebre, un secondo prima che il ragazzo si lasciasse completamente andare a terra e la boccetta di vetro cadesse al suolo con lui, rompendosi in mille pezzi.
 












 
Angolo Autrice
Boom. Così, all'improvviso. Capitolo con solo il punto di vista di Ambra, un'unica scena lunga e colpo di scena finale. Ce lo si poteva immaginare, d'altronde. Ma ve lo sareste aspettato che a rivelare questo "dettaglio" sia stato un nemico di Ambra? Eheh.
Inutile dire che sono veramente soddisfatta di come sia uscito questa scena. Penso che per ora sia uno dei capitoli migliori che ho scritto riguardo a questa long-fic, se non il migliore.
Spero voi abbiate apprezzato almeno la metà di quanto sono riuscita a compiacermene io mentre lo scrivevo!
Grazie ancora per le numerose letture.
Un bacione e alla prossima.
  
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