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Autore: LadyBlueSky    30/06/2021    1 recensioni
Roy e Riza. Ripercorriamo insieme scorci di loro, di quello che sono, di quello che sono stati e di quello che saranno. Ripercorriamo la strada, con gli occhi degli altri...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang, Sorpresa | Coppie: Roy/Riza
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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3. Natali

 

 

Non so quanti anni io abbia. Non li ho mai davvero contati.

Non mi è mai importato di contarli, forse per il semplice fatto che il conteggio in sé lo si esegue nell’ottica di un qualcosa che finirà, di un qualcosa di conclusivo.

Gli esseri umani, ad esempio, contano i propri anni e festeggiano gli stessi perché sono creature finite per natura intrinseca. O forse semplicemente perché sono così ossessivi da dover tenere tutto sotto controllo e avere una spiegazione ad ogni cosa. Più o meno

Io non ho mai sofferto di queste paranoie, di queste ridicole psicosi.

Il tempo, a me, non da noie. Il suo scorrere non intacca quello che è il mio compito e la mia natura.

Pensavo sarebbe stato così per sempre.

Ora so che nulla è eterno, a questo mondo. Nulla è immutabile. Credo che sia quello che gli esseri umani chiamano il senno di poi. O forse evoluzione

Hanno iniziato a contare per me più di 400 anni fa, più o meno. Non lo so. Non ricordo. All’epoca non m’interessava.

Mi hanno dato un nome, mi hanno dato un’età. E li ho lasciati fare. Ricordate? Le stupide paranoie umane.

Ho dato loro ciò che chiedevano, ciò di cui necessitavano. Li ho lasciati proliferare con disinteresse.

A pensarci ora forse non avrei dovuto essere così ospitale. Forse le cose si sarebbero risolte prima, o forse addirittura non sarebbero mai nemmeno iniziate.

Non so se esista un modo per spiegarla a parole: la viscida sensazione di migliaia di persone che ti scorrono dentro, occupando tutto lo spazio possibile, esistente, con grida e lamenti incomprensibili. E sai che non sono tue, che non ti appartengono, che appartengono a qualcun altro, ma di te hanno fatto una dimora non voluta e non scelta.

È qualcosa di destabilizzante, una volta che se ne prende coscienza. Ingloba ogni cosa, toglie ogni cosa, inibisce ogni altra cosa. Potrei dare la definizione di rivoltante.

Non ho avuto modo di scamparvi, a questo destino.

 

Mi hanno dato un’età.

Mi hanno dato un nome.

Mi hanno dato uno scopo.

 

Allora ho capito che non avrei dovuto essere così ospitale.

E ho provato disgusto.

Tutte quelle persone… Tutte quelle nuove vite che erano germogliate e che crescevano anche grazie a me… Tutto quello che ogni giorno potevo osservare…

Tutto sarebbe finito. Tutti sarebbero diventati un fiume di anime senza più un’esistenza propria, una coscienza singola, un’identità a cui aggrapparsi.

Non so se sia questo ciò che gli esseri umani chiamano amore materno, ma non mi viene in mente paragone più calzante per descrivere la disperazione della comprensione e il rimorso per la mancata protezione.

Avrei voluto fare qualcosa, in un raptus momentaneo. Avrei voluto cambiare qualcosa.

Ma non sapevo cosa. E ho stretto le redini della mia natura ipocrita: immobilità.

Poi, chissà quando e quanto tempo dopo la mia presa di coscienza, sono arrivati loro.

Come fiori spuntati dal cemento, prima Lui e poi Lei.

Esistente al limite, provate fin dall’infanzia dalle regole impietose della vita, che si sono trovate e allacciate.

Cresciuti insieme, tra sogni e disillusioni, tra affetto nascosto e un acerbo amore poi sbocciato.

Li ho seguiti, con avidità. Anche loro come tutti quelli che li avevano preceduti si sono nutriti di quanto avevo da offrire. Ma invece si sorpassare questo dono con disinteresse ne hanno fatto una ragione per vivere e un sogno per poter morire.

Invece di dare a me uno scopo, hanno fatto di me e delle mie genti il loro scopo.

E grazie a loro ho capito che la mia natura non era l’immobilità. No, non c’era mai stata immobilità.

Ho dato loro i natali.

E un giorno, piccoli esseri umani, quando giungerà la vostra ora, vi riaccoglierò nel mio grembo.

Insieme.

Così come da quando avete camminato su di me, così come quando vi stenderete dentro di me.

Gli esseri umani dicono “che la terra ti sia lieve” quando perdono qualcuno. E io voglio essere la più lieve delle terre.

Prima che quel giorno avvenga, tuttavia, voglio dare i natali anche a ciò che genererete.

 

 

 

 

 

 

Angolino dell’Autrice (più o meno):

Ok… Ehm Ehm… Diciamo che mi rendo perfettamente conto della necessità di dare spiegazioni. Vi racconto solo questo piccolo aneddoto prima, perché secondo me rende bene l’idea di COSA mi sono imbarcata a fare xD Il mio migliore amico, il primo a leggere sempre ciò che scrivo, un po’ per affetto un po’ perché non me le manda a dire e quindi mi fido ciecamente del suo giudizio, mi ha detto questo: “se scrivessi sotto effetto di LSD forse, forse, potrei giustificare cosa ti frulla nella testa!”.

Ora spiegazioni. Questa one-shot è assurda, astrusa e incomprensibile per molti versi. Volevo che lo fosse, in realtà, ma allo stesso tempo mi sono divertita a spargere indizi sul/sulla protagonista che è (rullo di tamburi grazie): AMESTRIS!

Vabbè, finisco le spiegazioni e poi mi vado a rintanare nel mio angolino. Promesso xD

I 400 anni sono ovviamente indicativi. Sappiamo, da fonti ufficiali (sempre sia lodata Wikipedia), che la data di nascita di Hohemhein è il 17 settembre 1464, per cui se i conti sono esatti dovrebbe avere 450/451 anni quando Bortherhood si ambienta. Sappiamo inoltre (episodio 35 dell’anime) che il primo grosso spargimento di sangue ad Amestris risale al 1588. I conti più o meno tornano insomma.

La “viscida sensazione di migliaia di persone che ti scorrono dentro” è ovviamente un riferimento alla Pietra Filosofale che viene fatta appunto scorrere sotto la terra, e che di fondo non sono che le anime degli abitanti di Xerxes. Il termine inibisce fa anche riferimento a questo concetto, che è spiegato dallo stesso Hohemhein all’interno dell’anime a Mei.

Precisazione forse inutile: ovviamente NATALI non è inteso come la festa, ma come la terra che da i natali (bello che mi ricordo ancora qualcosa di letteratura dopo tutti questi anni xD).

L’ultima frase può essere intesa a piacimento. Ho lasciato spazio alla fantasia. Potete prenderla come dare i natali ad uno Stato diverso, a nuove idee o magari anche a qualcuno.

Roy e Riza in questa one-shot non vengono propriamente intesi come coppia, passatemi il termine dai. Ho voluto puntare su un aspetto diverso, romantico ma non romantico. Vabbè, se non lo so spiegare nemmeno io siamo proprio in regola dai xD

Prima di chiudere il papiro (ancora un po’ più lungo della storia in sé) un ringraziamento speciale a RedLolly, i cui commenti e messaggi leggo davvero volentieri dato che non ti fermi mai alla superficie ma riesci a scavare proprio nei punti che cerco di mettere in evidenza e mi dai anche nuovi spunti di riflessione.

Ora me la filo che sennò mi trucidate qui xD

A presto.

 

ByeBye

LadyBlueSky

  
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