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Autore: Ahiryn    08/07/2021    5 recensioni
Kieran Reed è un soldato con poche certezze nella vita, ma nessuna più ragionevole del: “mai fidarsi di Silas Vaukhram”. Non ha vissuto gli ultimi sette anni della sua vita a dare la caccia a quel bastardo per divertimento personale. Non lo ha trascinato di fronte alla giustizia sperando di cambiare idea. Nossignore. Ha fatto tutto questo per rimediare a un errore, il fatale errore di essersi fidato. Perché Silas è un traditore, un assassino, un bugiardo e la persona di cui più diffida al mondo.
Sfortunatamente è anche la sua unica speranza.

*steampunk / enemies to lovers*
[Rating arancione ma salirà a rosso più avanti]
~ Aggiornamento ogni Domenica - Lunedì ~
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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III


Accademia




 

893 p.U.



– Durante l’Iniziazione verrete mandati sul campo a squadre di cinque, con altri cinque guerrieri dalle Accademie minori e un supervisore. Se credete che sia semplicemente una formalità, allora vi conviene uscire adesso da quest’Accademia. L’Iniziazione può rivelarsi fatale per alcuni cadetti, per quanto il supervisore provvederà a proteggervi, parliamo di fate e non si può mai prevedere come andranno le cose. Sarete tenuti a usare le conoscenze e gli strumenti che vi sono stati forniti in questi primi mesi, ma soprattutto sarete messi alla prova nel seguire gli ordini e nel mantenere il sangue freddo. Ognuno di voi potrà tirarsi indietro prima del giorno, vi avranno indorato la pillola, ma durante l’Iniziazione non si può escludere il rischio di ferimento o morte, benché noi ci occuperemo di evitarlo in ogni modo. Nessuno di voi sarà giudicato per essersi tirato indietro, ci vuole coraggio a sapere quando fermarsi e a riconoscere i propri limiti, ma se deciderete di continuare dovrete essere preparati a quello che vi aspetterà.
La maggior parte di cadetti appariva infiammata dal discorso, alcuni si mostravano preoccupati, pochi del tutto disinteressati. Erano nel campo d’allenamento in piedi e in formazione, sull’attenti in file ordinate, mentre il rettore da una pedana spiegava l’imminente evento che da lì a una settimana si sarebbe svolto. Mancava pochissimo, i cadetti dell’ultimo anno passavano sotto i porticati e li guardavano, alcuni curiosi, altri scuotendo la testa.
Kieran riusciva a malapena a restare sveglio.
Il rettore lo guardava e lui temeva che la sua paura gli affiorasse in viso, era così stanco e debilitato, che anche solo tenere gli occhi aperti gli costava fatica. Erano giorni che dormiva poche ore e si sfiancava, il corpo gli faceva male ovunque ed era troppo esausto per pensare anche alle nozioni più semplici. Si sentiva rallentato e poco lucido, aveva perso due simulazioni negli ultimi giorni, una con Silas e una con un altro ragazzo. Non aveva mai perso con altre persone oltre a Silas, sentiva che tutti lo stessero superando e lasciando indietro, aveva avuto un momento di luce che si era subito offuscato.
Doveva rimanere concentrato. Per la maggior parte di cadetti ci sarebbero state oltre occasioni nella vita, ma non per lui. Se fosse stato scartato o espulso, la sua vita sarebbe finita.
Non aveva niente al di fuori di quella possibilità. William aveva investito su di lui, era stato l’unico a vedere qualcosa in lui quel giorno. Nessun altro ci aveva creduto, gli doveva ogni cosa e non poteva dimostrarsi indegno di quella fiducia. Solo l’idea gli serrava il petto. Non aveva mai avuto tanta paura di fallire, forse perché non aveva mai avuto una possibilità concreta di uscire dal fango.
– Per qualsiasi informazione chiedete a uno dei maestri o usate la biblioteca, a breve riceverete informazioni sui vostri compagni di squadra, conoscetevi e imparate i punti forti di ciascuno. Siete congedati, potete proseguire con i vostri allenamenti. Che il vostro ferro mai si spezzi.
Reagì in modo flemmatico al saluto militare e si passò una mano sul viso. Il rischio maggiore dell’Iniziazione era per la vita, ma si poteva anche essere scartati. Se il maestro avesse reputato il cadetto inadatto o incapace alla vita del Ferro, avrebbe avuto la facoltà di comunicarlo e scartarlo.
Non doveva capitare, non a lui, questo era ciò che importava.
In quei giorni aveva cercato di evitare Silas. Non solo era distratto dalla sua presenza, aveva quest’insana voglia di parlargli, di raccontargli di strategie, mosse e manovre come avevano fatto nelle ultime settimane, senza smettere di battibeccare e fare gli sbruffoni, ma era anche incapace di confrontarsi con lui. Aveva perso due volte e sentiva di aver già perduto il suo ruolo di rivale, per quanto fosse un pensiero sciocco e infantile.
Per Silas era solo un gioco, voler primeggiare ed essere il migliore, un passatempo, mentre per lui era l’unica speranza di farsi notare. Non doveva dimenticarsi che venivano da mondi diversi, per quanto la vita militare gli facesse credere che non era così.
– La manovra che hai usato contro Jeff era ridicola e goffa, ho visto automi meccanici meno rigidi di te.
Ritornò con la testa al presente: era tornato in camera a cambiarsi.
La stanza era ordinata dalla parte di Silas, mentre era piuttosto a soqquadro dal lato di Kieran. Era una stanza molto ampia, con due letti comodi nei lati esterni, due scrivanie di legno, una lampada a gas e un armadio. Doveva sbrigarsi a riordinare, le ispezioni a sorpresa erano sempre più frequenti e il disordine veniva punito.
Non è facile evitarlo.
Pensò irritato. Erano pur sempre compagni di stanza e Silas si era fatto più loquace negli ultimi tempi.
– Vado ad allenarmi – rispose con freddezza dopo aver rifatto il letto.
Silas gli rivolse uno sguardo perplesso, ma non commentò.
Condividendo la stanza si ritrovavano a bisticciare spesso, per il disordine, per i rumori, per le divise che a volte erroneamente scambiavano. Si era dovuto recare agli allenamenti con quella blusa stretta e morbida. Eppure Silas non era uno sgradevole compagno di stanza; era ordinato e tranquillo, non era molto silenzioso, ma quando parlavano di tecniche e allenamenti erano capaci di andare avanti per ore.
– La tua blusa si è scucita.
Kieran guardò ansiosamente il tessuto e notò il grosso buco sfilacciato. Andò alla propria scrivania, rovistando fra gli arnesi di cucito. La situazione sembrava grave.
Silas lo osservava in silenzio, seduto stravaccato alla scrivania, i capelli nerissimi tirati indietro da un laccio.
– Non puoi ricucire quel buco, ti serve una toppa.
– Stai zitto.
Non sarebbe andato in giro con un’altra toppa sulla maglia della divisa, si rifiutava, non voleva sottolineare ancora di più quanto fosse fuori posto.
– Merda.
Silas si alzò in piedi. – Prendine una delle mie. Dopo l’Iniziazione avrai uno stipendio.
Fermò le mani. Si sentiva infuriato per qualche motivo, forse la mancanza di sonno, la stanchezza o la sua insistenza. Non capiva, nessuno lì dentro capiva.
Si alzò e gliela tirò in faccia. Silas agitò le braccia per togliersela dal viso e lo guardò scompigliato. – Che diavolo ti prende?
– Sai dove puoi infilartela la tua carità da quattro soldi. Non ho bisogno della tua pietà.
– Mi fai pena per come combatti, non per i buchi nella divisa, idiota.
In quel momento capì che non avrebbe passato il giorno d’Iniziazione. Quella certezza lo colpì come una bastonata e si sentì sopraffare.
Non ce la avrebbe fatta. Quello non era il suo posto, non lo era mai stato. Tutti erano più qualificati, lui non aveva neanche una divisa di riserva. Sarebbe dovuto tornare a casa, in quella casa. William avrebbe preso il tè con altri nobili, rifuggendo le domande su quel randagio incapace che aveva inserito all’Accademia.
Gli arrivò una sberla che quasi gli rigirò la faccia e il panico s’interruppe. – Datti una calmata e respira.
Si accorse di avere i pugni così serrati che le nocche erano sbiancate e i palmi gli facevano male. Aveva il respiro pesante e stava sudando freddo.
– Dà qua.
Gli strappò la blusa dalla mano e recitò un detto volgare sugli abiti bucati. Silas usava sempre espressioni sconce o popolari per le sue formule magiche, come se lo divertisse. Usò l’ago per pungersi il dito e versò una goccia di sangue fra i fili blu notte della scucitura. Questi si aggrovigliarono fra loro fino a richiudere il buco.
Kieran guardò la piccola magia con un’espressione inebetita. Silas si leccò il dito e gli restituì la blusa, aveva gli occhi stanchi all’improvviso.
– Non vedevo una scena così patetica da quando Parrish si è infilzato il piede da solo. È una stupida divisa, rilassati. Devi stare calmo. Se ti si rompe, rubala a qualcuno.
– Io non posso rubare, se mi beccano mi espellono. Non tutti qui dentro possono fare quello che vogliono senza conseguenze.
Silas s’irrigidì e accennò un sorriso freddo. – Tu pensi…? Vivi davvero in un mondo di fantasia se pensi che io sia libero di fare ciò che voglio.
– Anche se smettessi di allenarti ti farebbero comunque feldmaresciallo, vincerai sempre, al contrario delle persone come me. Sarai sempre un raccomandato del cazzo.
L’espressione di Silas cambiò, per un solo attimo i suoi occhi sembrarono feriti. Quell’emozione si dissipò velocemente dal suo sguardo, sostituta da qualcosa di più duro e ostile.
– Allora è di questo che si tratta. Invidia. Non accetti di aver perso per due volte di fila e devi trovare una scusa con te stesso, sminuire le mie vittorie per sentirti meglio.
Kieran arrossì, furioso, punto sul vivo. – Vuoi negarlo? Anche se io fossi il migliore, non cambierebbe nulla. Sono comunque il povero idiota che non ha una divisa di riserva e non ha i soldi per prendersene un’altra.
Silas gli sorrise, odioso. – Certo che è così, la storia della meritocrazia è una stronzata, conta solo la tua provenienza qui dentro come ovunque. Ma il punto è che tu non sei il migliore a prescindere.
Lo afferrò per la collottola. – Mi fai imbestialire! Sei un presuntuoso e un idiota.
– No, tu mi fai imbestialire. Sei un talento e ti metti a piangere come un moccioso per un buco sulla divisa, stai sempre ad allenarti, hai smesso pure di dormire, lo abbiamo capito, sei il più devoto! Bravo, è questo che vuoi sentirti dire? Che lo meriti più di tutti gli altri? Con quale diritto? Butti giudizi su di me senza sapere nulla della mia situazione, credi di avere il diritto di sminuire gli sforzi degli altri soltanto perché non sei nobile?
Lasciò la presa e si allontanò rabbiosamente.
– Lasciami in pace.
Silas era calmo. – Volentieri.
 
 
 

Quand’era tornato dagli allenamenti, Silas non era in camera. Non era rientrato quella notte, mandando in fumo le buone intenzioni di Kieran che voleva provare a scusarsi. Detestava questo suo atteggiamento, perché spariva? Non gli dava la possibilità di parlare e sì, magari litigare ancora, ma di confrontarsi.
Non che avesse granché desiderio di parlare. Aveva commesso il madornale errore di ascoltare Siegan e consultare i registri degli scorsi anni sull’Iniziazione.
Non aveva mentito, il tasso di mortalità e scarti nei confronti dei cadetti meno agiati era allarmante, se non sistematico. Infortuni, morti ed espulsioni. Un numero troppo alto per essere frutto del caso.
Questo lo metteva in una condizione di svantaggio innegabile. Per essere accettato non sarebbe bastato essere bravo. Avrebbe dovuto essere impeccabile.
Nei due giorni seguenti sgattaiolò ad allenarsi fino a tardi, la mattina saltava le lezioni teoriche se era troppo stanco. Sentiva di non migliorare, il polso era così infiammato e a malapena riusciva a tirare fendenti contro i manichini.
E se fosse stato troppo tardi per lui per imparare?
Non poteva competere davvero con Silas che si addestrava da anni.
William cercava di calmarlo, gli strofinava i capelli e gli aveva anche regalato una divisa nuova, ma non poteva alleviare il peso che Kieran avvertiva.
Non si era mai sentito un fifone o un vigliacco, era sempre stato piuttosto coraggioso fra i suoi amici del Buco. Eppure era come se il suo coraggio fosse evaporato, non aveva le forze di essere intrepido, non aveva abbastanza energie per quella sfida.
La notte crollava esausto e sudato sul letto, gli occhi gli si chiudevano dal sonno e non aveva tempo di studiare gli argomenti teorici e non gli interessava nemmeno.
 La camera vuota gli infondeva sconforto.
Non aveva mai sentito Silas protestare se teneva la lampada a gas accesa fino a tardi per studiare, o se russava o si rigirava nel letto. Silas era molto più silenzioso quando dormiva, ma ogni tanto si agitava appena e la sua magia fuoriusciva da lui, statica, elettrica, svegliando Kieran con una sorta di vibrazione.
Riconoscere la magia fatata era una delle prime abilità che gli venivano insegnate. Ci voleva molta concentrazione ed esercizio, ma tutti i guerrieri di Ferro imparavano a percepire la presenza di fate potenti nei dintorni quando si concentravano. La loro magia si posava sulla pelle dei guerrieri con un fremito, l’aria diventava elettrica e sentivano piccole e impercettibili scosse sulle braccia e sulla schiena.
Silas in quanto Discendente di una fata antica aveva una magia fatata molto potente, il suo sangue era denso della primordiale energia silvana, di notte ogni tanto la rilasciava inconsapevolmente a piccole dosi.
Non quelle notti però. Era solo in stanza, il letto di Silas rifatto e vuoto. Di sicuro era in giro a divertirsi o a qualche festa mondana nella villa di un nobile a giocare a dadi e a spassarsela, mentre lui si corrodeva dall’ansia.
Non erano soltanto i soldi o la posizione il problema, ma il talento. Silas era talentuoso, non sapeva che cosa volesse dire dover faticare più degli altri come Kieran.
Non avrei dovuto reagire così.
Era stato meschino. Silas aveva cercato di aiutarlo e lui si era sfogato contro di lui.
Aveva cercato di avvicinarlo quel terzo giorno, almeno per dirgli di tornare a dormire in camera, ma aveva ricevuto una brusca sorpresa.
Silas era in corridoio a parlare con Siegan e un paio di suoi compari. All’inizio aveva pensato che stessero di nuovo discutendo e aveva valutato se intervenire, ma poi lo aveva visto ridere di gusto e afferrare Siegan sottobraccio. Il gesto familiare gli aveva ricordato quel giorno nelle stalle e aveva distolto lo sguardo, imbambolato.
Erano diventati amici? Forse aveva deciso di frequentare persone del suo ambiente, di accettare la proposta di Siegan.
L’ho trattato peggio io in fondo.
Rendersene conto gli aveva tolto ogni briciolo di buon umore e aveva rinunciato a scusarsi.
Quel giorno aveva storia del Ferro, e per quanto non fosse in alcun modo preparato, era sollevato perché i suoi muscoli non avrebbero retto allenamenti fisici, il polso in particolare.
Era tornato in camera per prendere la sciarpa, le temperature erano scese, ma non la aveva trovata da nessuna parte. Nel panico si era messo a cercare anche fra gli oggetti di Silas, senza successo.
Perché non sono mai ordinato.
Aveva dovuto rinunciare ed era corso in aula, mentre cercava di riflettere su dove la avesse lasciata.
Silas a lezione sembrava del solito umore, composto, elegante, gli occhi distratti.
Voleva parlargli, ma l’orgoglio gli era d’intralcio, soprattutto dopo averlo visto così amichevole con quell’idiota.
– Reed, parliamo dei Valksha, spiegaci cosa sono e perché sono pericolosi.
Kieran strizzò gli occhi e sentì un brivido. Si alzò in piedi dalla tribuna più alta, cercando di mettere insieme alcune delle informazioni che ricordava, il silenzio dell’aula gli sembrava assordante. Si era seduto lontano nella speranza di passare inosservato, ma non era servito.
– I Valksha sono i regnanti fatati delle Terre Spezzate. Le loro corti sono molto diverse da quelle che conosciamo e sappiamo pochissimo su di loro, hanno un sistema di, uhm caste, molto rigido e hanno molti schiavi.
Il maestro fece un gesto seccato. – Elabora, Reed.
Si azzannò la gengiva, cercando disperatamente con gli occhi una via d’uscita. – S-sono molto potenti perché vivono in terre più selvatiche, non civilizzate e con una presenza esigua di ferro sul territorio. Controllano enormi zone che sono impregnate dalla loro magia e l’ambiente e le persone sono mutate proprio a causa di questo, sono luoghi folli che non seguono le leggi della natura, dove la magia astratta ha alterato la realtà. Gli umani che attraversano quei luoghi perdono il senno e vengono mutati dalla magia. Un Valksha è molto più potente di una fata antica del nostro continente, ma rimangono nei loro territori oltre la Costa Bronzea perché la loro sensibilità al ferro è più spiccata.
Il maestro annuì e si sistemò gli occhiali tondi. – E i Discendenti?
– I Discendenti di un Valksha sono più instabili e potenti, hanno un aspetto meno umano e vanno segnalati al Ferro. Ma è difficile che arrivino nel nostro continente perché le fate Valksha non rilasciano quasi mai gli umani che catturano e sono molto gelosi dei loro mezzosangue.
Aveva la voce roca dal sonno e forse il maestro se ne accorse. – Da che cosa viene il termine Valksha?
Esitò. – Ecco… non ricordo.
– Avevate da leggere il diario di Lady Halldora, l’unica guerriera di Ferro che abbatté un Valksha. Puoi spiegare come ci riuscì e quale tattica militare utilizzò con il suo esercito?
– Io non l’ho ancora finito – ammise a voce bassa.
Il maestro gli lanciò un’occhiata per nulla sorpresa. Il maestro Fergus lo aveva trattato come un idiota fin dalla prima lezione, non si accaniva con lui, ma sembrava sempre prevenuto nei suoi confronti, anche quando lo premiava riusciva a offenderlo, trattandolo come un poveretto che aveva raggiunto il massimo dei suoi sforzi.
– Le imprese dei guerrieri di Ferro sono ciò che ci permette di creare nuove strategie. Non vanno accantonati. Essere un soldato si compone anche di molta teoria e studio, non siete semplici guardie, ma guerrieri di Ferro.
– Avete ragione, mi dispiace.
– Vaukhram?
Questo alzò la testa distratto. Si tirò su in piedi. – Halldora bloccò l’avanzata dell’esercito di Hilian lo Spinato, il Valksha folle che provò a marciare sulle nostre terre durante il Consiglio di Ferdinand III. Il principe fatato aveva tenuto in ostaggio la cittadina di Casternia per mesi, rendendo ai guerrieri impossibile il compito di intervenire. A quel tempo le città non erano metropoli di ferro come adesso e le fate a volte riuscivano a conquistarle. I Valksha sono creature molto indecifrabili e al contrario delle normali fate non amano stringere accordi o accettare pagamenti, sono molto più inaffidabili e caotici, ma proprio per questo sono molto meno abili nel nascondere le loro emozioni e nell’aggirare l’incapacità di mentire. Halldora realizzò presto l’arroganza di Hilian e gli propose una resa con l’inganno, offrendo fra i tributi tre fanciulli e tre fanciulle fra i più belli della regione. Si offrì fra i tributi, che erano tutti guerrieri del Ferro, e in questo modo riuscirono a ucciderlo con le prime granate metalliche che vennero create proprio in quest’occasione. Congegni di ferro runico che esplodono in frammenti di metallo affilati e colpiscono tutto ciò che c’è nei dintorni.
Continuò a parlare e ad aggiungere dettagli. Kieran non aveva idea se lo stesse facendo apposta, ma era talmente umiliato che voleva lanciargli lui una bella granata di metallo in faccia.
Si voltò a guardarlo e vide nei suoi occhi una sorta di scintilla.
– Halldora era giovane ed era una delle prime donne ad accedere a una posizione di comando nel Ferro, le avevano dato questo compito impossibile perché era ritenuta sacrificabile in quanto donna – continuò con un certo entusiasmo.
Non poteva neanche detestarlo, perché era evidente l’entusiasmo di Silas mentre ripeteva i fatti. Era un topo da biblioteca quando si trattava di queste faccende, non era spocchia o presunzione, ma genuino interesse.
– Direi che è sufficiente – lo interruppe il maestro Fergus con un sorriso divertito.
– Sì, dacci un taglio, saccente – bofonchiò un cadetto non identificato.
Silas arrossì appena e si sedette.
La lezione proseguì per un’altra ora, Kieran forse si addormentò, perché quando riaprì gli occhi vide i cadetti sciamare dall’aula ad anfiteatro e dirigersi verso i campi d’allenamento.
Si alzò per imitarli, ma la voce del maestro Fergus lo intercettò.
– Reed, una parola.
Iniziò ad agitarsi. Voleva sgridarlo di nuovo? Non aveva alcuna voglia di sentire una ramanzina al momento.
Lo raggiunse alla grossa cattedra di metallo in basso e aspettò che i cadetti uscissero. Silas gli gettò un’occhiata rapida, ma non indugiò oltre e lasciò l’aula.
Kieran si presentò al maestro come un condannato a morte. Avrebbe dovuto saltare la lezione e andarsi ad allenare, così da evitare quest’ulteriore umiliazione.
Il maestro Fergus era un uomo giovane, con una zazzera di capelli ricci castani e due grossi occhiali tondi a fondo di bottiglia. Zoppicava e si muoveva ovunque con un bastone di metallo che aveva un’aria minacciosa.
– Reed, sono più le volte che non ti vedo che quelle dove ti presenti.
Abbassò lo sguardo. – Mi dispiace, mi sono infortunato in uno degli allenamenti – mentì nel tentativo di tirarsene fuori in fretta.
Fergus poggiò il mento sulle mani incrociate, seduto alla cattedra. – Ah sì? – guardò di lato, pensieroso. – So che le cose non sono semplici per quelli come noi.
Kieran alzò gli occhi. – Come noi, signore? – ripeté confuso.
Gli sorrise e sistemò i piccoli occhiali tondi e la montatura dorata. – Sono figlio di un operaio, venni ammesso all’Accademia su intercessione di un sacerdote che avevo salvato da una creatura fatata aggressiva; aveva connessioni all’Accademia e garantì per me.
Sbatté le palpebre, sorpreso. – Non lo sapevo.
– Non vado certo in giro con una targhetta! Ma so quanto l’Iniziazione possa essere pesante per qualcuno come te. Ho notato che sei deconcentrato, hai accantonato gli studi teorici.
Si grattò la nuca. – Non è così, ero solo distratto oggi, ma sto studiando.
Il maestro si esibì in un sorrisetto indulgente. – Inventare scuse è un’arte, Reed, su cui devi ancora lavorare. Posso farti una domanda? Perché vuoi diventare un guerriero di Ferro?
Kieran aveva una risposta pronta e gonfiò il petto. – Per diventare il protettore delle persone e difendere il popolo.
Fergus lasciò uscire una risata. – Intendevo la vera ragione e non quella declamata all’assemblea d’ingresso.
La vera ragione? Per suo fratello e per sé stesso, o almeno credeva. – Perché voglio una vita diversa. Una vita dignitosa – mormorò e la frustrazione colorò appena il suo tono.
Il maestro incrociò le braccia. – Sai, ho molti contatti con le guardie, se l’Iniziazione dovesse andare male o se dovessi voler cambiare strada, potrei raccomandarti per la guardia cittadina. Chi ha frequentato l’Accademia è tenuto in grande considerazione e otterresti una posizione di prestigio.
Kieran aveva la bocca spalancata e non era certo che il suo interlocutore fosse serio. – Non prendetevi gioco di me.
– Non lo farei mai. Potrei contattare un comandante oggi stesso se tu lo volessi.
Sentì una strana rabbia invaderlo. – Perché mi dite questo? Credete che non sia adatto o capace?
Sospirò e prese in mano il bastone. – Sai perché studiamo i guerrieri di Ferro come Halldora?
– Per imparare le loro tattiche e strategie.
– Anche, ma non solo. Halldora fu un’eroina, ma ebbe una vita miserabile. L’uomo che amava era nella città che venne presa in ostaggio dal principe fatato, insieme ad altri suoi compagni di Ferro. Il Valksha li sbaragliò all’arrivo. Li rese schiavi, li torturò, li spezzò e poi se ne liberò. Quando Halldora arrivò, gettò ai suoi piedi i loro occhi, aveva tenuto soltanto quelli che trovava belli. Halldora perse tutto in quella guerra, le persone della zona uscirono a fatica da un anno di orrore nelle mani di un folle, alcuni non si ripresero mai. I guerrieri di Ferro non mettono in gioco solo la vita, ma la loro dignità di esseri umani, la loro libertà. Loro ignorano gli scontri politici e le questioni degli uomini, il nostro nemico è antico e primordiale, non risponde ad alcuna legge. Il nostro compito, il nostro lavoro non finisce mai, e se cadiamo nelle mani del nemico ci aspetta l’inferno. La nostra Gilda è quella con il lavoro più ingrato.
Si ticchettò con il bastone la gamba di metallo. – Questa la persi nello scontro delle Secche, sul mare della Costa Bronzea. Un cavaliere della corte di Aima, una fata selkie me la portò via. Le fate sanno essere crudeli, ma hanno senso dell’umorismo. Mentre ci affrontavamo mi disse che avevo gambe veloci, gli piacevano. Persi i sensi per un colpo di bombarda vagante. Mi svegliai mezzo morto sulla battigia per il dolore atroce, mentre il mio avversario cercava di prendersi le mie gambe. Mi tranciò la prima, gli sparai in testa prima che potesse prendermi la seconda.
Kieran era ammutolito e non riusciva a dire nulla d’intelligente. Si sentiva all’improvviso così stupido per i pensieri di poco prima.
– Perché – riuscì solo a domandare, inorridito.
– Perché le fate giocano e spesso rompono i loro giocattoli. Molti dei membri delle corti fatate non conoscono per niente noi umani, sono incuriositi, come un gatto è incuriosito da una piccola creatura in movimento. Io fui fortunato in fondo, altri vennero trascinati nelle acque e per quanto ne sappiamo sono ancora in mano loro, e soltanto la Dea sa che cosa gli avranno fatto in tutti quegli anni.
– E non si potevano salvare? Non si poteva combattere ancora?
Fergus gli rivolse un sorriso amaro. – Kieran, li respingemmo a malapena per salvare i villaggi delle coste, difendere era il massimo risultato ottenibile. La verità è che siamo in svantaggio contro le fate e tutto ciò che possiamo sperare è di cercare di essere sempre capaci di difendere le persone dalla furia e dal caos delle fate – si inumidì le labbra, facendo una pausa. – Ti racconto questo perché voglio che tu rifletta su cosa significherebbe per te diventare un guerriero di Ferro. Non mi aspetto che tu abbia una risposta alla tua età, ma se quello che cerchi è solo una vita dignitosa, allora forse questa non è la tua strada. Ci saranno momenti in cui il tuo voto ti sembrerà l’inferno. La maggior parte di persone in quest’Accademia ha avuto una scelta, sento che tu sei convinto di non averla. Te la sto dando, sappi che quest’offerta rimarrà valida fino al giorno del Voto, fra due anni.
Kieran non sapeva come rispondere a tutto quello. – Sul libro di Halldora c’è scritto anche delle sue perdite? – domandò, sentendosi in colpa per non averlo ancora iniziato.
– No, quello è un libro di strategia militare.
Prese dalla cattedra un piccolo volume vecchio e rilegato. – Questa è una copia del suo diario, se vuoi leggerlo posso prestartelo, ma debbo avvertirti: è una lettura molto amara.
Lo prese con attenzione. – Perché il Valksha fece qualcosa del genere?
– Sono esseri che vivono per centinaia e centinaia di anni, in luoghi selvaggi, magici e primordiali. Non hanno la nostra concezione etica, le vite umane sono insignificanti ai loro occhi. Alcuni sono così antichi che non ricordano neanche la loro stessa vita. Non puoi sperare di capire la loro mente o i meccanismi che li spingono a volte a essere così crudeli. Un bambino che stacca le ali a una farfalla e la immobilizza con uno spillo si sente pieno di meraviglia a studiarla e anche potente nell’averla sotto il suo controllo.
– Cercate di scoraggiarmi – constatò, ma non era arrabbiato, capiva che era una premura quella che gli stava usando.
– Di farti riflettere. Il tuo compagno di stanza, ad esempio, è un grande appassionato di Halldora, ha letto dalla biblioteca tutto ciò che è stato scritto su di lei, i suoi diari, i suoi appunti, i resoconti dei suoi compagni. È venuto anche a lamentarsi di un’incongruenza storica e a chiedermi spiegazioni. Ha studiato i Valksha per conto suo e le atrocità che hanno commesso. Ma non mi sorprende, un Discendente che sceglie questa strada è soltanto perché lo vuole, perché sa a cosa sta andando incontro, per quanto a volte sia troppo… esuberante. È giusto che lo sappia anche tu.
Quelle parole gli avevano smosso qualcosa, non sapeva se fosse invidia, umiliazione, ammirazione o rabbia, forse tutto insieme, ma strinse la presa sul diario.
– Prometto che ci rifletterò. Ma non ho intenzione di tirarmi indietro.
Era sciocco dirlo, ma farsi da parte a questo punto avrebbe significato essere un codardo e deludere comunque William.
Il maestro annuì. – La mia offerta rimarrà valida fino al Voto, e ora vai, che ti ho già trattenuto troppo a lungo. Sarò clemente fino alla fine dell’Iniziazione, ma dopo non accetterò più le tue assenze. Se hai bisogno di aiuto o hai dei dubbi, puoi venire da me, nessuno si aspetta che tu faccia tutto da solo a sedici anni.
Kieran strinse il diario e si azzannò la gengiva perché sentì la tensione sciogliersi appena dalle sue spalle. Non capiva perché si sentisse a quel modo.
– Grazie – mormorò e forse aveva la voce incrinata. – Io… darò il massimo quando finirà l’Iniziazione.
– Non c’è bisogno di dare il massimo, soltanto il minimo indispensabile per cavarsela là fuori, Kieran.
Annuì frenetico e farneticò altri ringraziamenti e scuse.
 
 
 
 
Quel pomeriggio aveva deciso di riposarsi. Aveva il polso troppo infiammato, le mani sbucciate e si era assentato dalle simulazioni. Avevano un massimo di tre permessi all’anno per assentarsi dalle simulazioni, Kieran aveva dovuto usare il primo.
Non si reggeva in piedi, ma non riusciva neanche a dormire. Dunque si era fermato nella piccola biblioteca a leggere il diario che gli aveva fornito il maestro Fergus.
Era rimasto talmente assorbito dalla lettura, accanto alla piccola lampada a gas, che non si era accorto di come fosse calata la notte.
Decise di interrompere il libro per non rischiare di avere gli incubi, le pagine contenevano descrizioni fin troppo grafiche. Da un lato lo affascinavano, dall’altro lo inorridivano.
Spense la lampada e s’incamminò verso i dormitori nel buio dei corridoi. I suoi passi rimbombavano per gli androni spaziosi dell’Accademia e sperò di non essere sorpreso dalla servitù.
Era vietato oltre una certa ora lasciare i dormitori, escluso il giorno festivo, ma erano clementi se qualcuno si era attardato nella palestra o in biblioteca.
Forse avrebbe potuto iniziare una conversazione con Silas partendo dal diario di Halldora. Per provare a riavvicinarsi. Era stanco di litigare e di tornare in una stanza vuota. Si era comportato in modo immaturo, Silas voleva solo aiutarlo.
– Un po’ tardi per girare, mangialetame.
Kieran venne afferrato da quattro braccia e non riuscì neanche a urlare che un panno gli venne schiaffato in bocca. Si dimenò con tutta la forza possibile, inarcando la schiena fino quasi a spezzarla, scalciando e tirando capocciate. Non riuscì a liberarsi, ma sentì un verso ovattato di dolore quando colpì uno dei suoi aggressori in faccia.
– Porca puttana.
– Fai silenzio.
Venne trascinato dentro un grosso capannone di metallo che riconobbe presto come la stalla. L’odore di fieno e cavalli era inconfondibile, così come il suono dei loro sbuffi e quello delle mosche.
Lo trascinarono a uno dei pali dei divisori e lo legarono con forza, la corda gli morse la carne bloccando la circolazione.
Alzò finalmente lo sguardo, ma ancora prima che potesse mettere a fuoco nel buio gli arrivò un pugno dritto in faccia. Il sapore di sangue gli invase la bocca e rimase frastornato.
– Allora, contadinotto di merda, hai ancora voglia di guardarmi in faccia? Quelli come te devono imparare un po’ di umiltà.
La voce bastò perché capisse di essere assieme ai Barbari, o come caspita si facessero chiamare. Mise presto a fuoco i loro sorrisi sadici e gli occhi pieni di ferocia. Ragazzi nati e cresciuti con uno strapotere, sembravano tutti su di giri per quella spedizione punitiva. Soltanto Thomas si teneva in disparte e appariva riluttante. Puzzavano di alcool in modo nauseabondo, dovevano aver bevuto parecchio.
Ognuno di loro indossava una mantella rosso bordeaux con lo stemma cucito di un’ascia. A quanto pare darsi un nome ridicolo non gli era bastato.
Sputò di lato il sangue e fu sollevato di non aver perso nessun dente. Girò lo sguardo sugli aggressori e li studiò. Decise di urlare aiuto, gonfiò il petto, ma uno di loro tirò fuori un piccolo coltello.
– Oh non ci provare.
– Credete che terrò la bocca chiusa? – ringhiò e agitò i polsi. – Non vi ho fatto niente! Lasciatemi in pace.
– Puoi dirlo a chi vuoi, sai che non verremo espulsi. Non certo per uno come te. Hai alzato troppo la testa e i Barbari ti hanno notato. Siamo molti più di quanto tu creda, è una tradizione che va avanti da decenni. Persino alcuni maestri ne fanno parte. Serve per fare in modo che l’integrità del Ferro non venga mai meno.
– Cosa?
Il più spilungone dei ragazzi rise. – Siamo i protettori del buon nome del Ferro, come lo erano i nostri padri e i nostri nonni. Ci assicuriamo che gente come te non infanghi la nostra Gilda.
Kieran vide Siegan avvicinarsi; fece scorrere le mani legate in alto e si drizzò in piedi, al che gli tirò un calcio dritto in faccia, spaccandogli il naso. Quello si portò le mani in viso e imprecò, mentre il sangue zampillava.
– Figlio di puttana.
Non fece a tempo a sorridere che gli arrivò un colpo in testa, stavolta il dolore si espanse in modo preoccupante e sentì il sangue gocciolargli dalla testa. Ricadde seduto, stordito. Vide in mano a uno dei ragazzi un asse di legno, ma prima di riuscire a riprendersi ricevette un pugno sullo stomaco.
– Questo rottinculo fa il cagnolino del Discendente e pensa di essere qualcuno. È lui che rompe il culo a te o sei tu a farlo? Dicci un po’ di quell’infoiato.
La testa pulsava senza sosta. Sgrullò il viso per rispondere.
Gli sputò il sangue addosso. – Fottiti, Siegan. Valessi un decimo di Silas e forse potresti aspirare a diventare lo spala-letame di un guerriero di Ferro.
Un altro colpo che gli mozzò le ultime sillabe. – Ah sì? Guardate che cane fedele! Ehi, ma si può sapere che gli hai fatto a questo qui?
– Sono solo un ottimo compagno di stanza, perché lo metti in dubbio?
Kieran alzò di scatto la testa e vide emergere dall’ombra della stalla Silas. Vestito così di nero si confondeva nel buio, soltanto i suoi occhi apparivano chiari. Aveva la stessa mantella rossa che indossavano gli altri, la portava sulle spalle con ben più grazia di loro.
– Certo, non voglio dubitare, ma non capisco perché inzuppare il tuo cazzo in questo qui. Chissà che malattie ha preso nei bassifondi – gli disse Siegan.
Rimase immobile, stupito, ma calmo. E pensare che William lo aveva anche avvertito.
Lo osservò per qualche secondo, la bocca appena aperta che colava saliva e sangue. Aveva un’espressione proprio da idiota in quel momento, ma non c’era da stupirsi, si sentiva un vero idiota.
Avrebbe dovuto farsi gli affari propri fin dall’inizio.
– Guarda come c’è rimasto male – commentò uno dei ragazzi. – Ma cosa pensavi?
Uno di loro tirò fuori la sciarpa rossa che gli aveva cucito suo fratello. Se la sfregò fra le gambe e rise.
– L’ha cucita la tua mammina? E io che credevo che fosse una prostituta.
Kieran guardò Silas con occhi fiammeggianti. Doveva averla presa lui.
– Restituiscimela.
Siegan prese il coltello e la squarciò nel mezzo. Poi gliela buttò ai piedi.
– Eccola. Dai non prenderla male, le diamo un po’ di lavoro da fare per distrarsi, che prendere cazzi tutto il giorno nei bassifondi diventa estenuante sennò.
Non disse nulla. Aveva perso la maggior parte del suo spirito combattivo. Doveva ritrovarlo e andarsene da lì. Anche se era già troppo tardi.
Non doveva azzardarsi a piangere. Non se lo sarebbe mai perdonato, non di fronte a quelle bestie. Si azzannò la lingua e respirò profondamente, anche se gli occhi gli pizzicavano. Aveva il volto intorpidito per le botte, ma il voltafaccia di Silas era una secchiata d’acqua gelida molto più dolorosa.
Me lo merito. Stupido, stupido!
Silas lo osservava in silenzio, nei suoi occhi c’era qualcosa d’insistente, ma Kieran girò lo sguardo con sdegno.
– Finiamola dai, domani dobbiamo svegliarci all’alba.
Uno di loro aveva un martello per montare i ferri di cavallo in mano e si fece avanti. – Ci sono tanti altri lavori che si possono fare con le mani spaccate, no?
Kieran ebbe davvero paura in quel momento.
– Hai detto che all’Iniziazione quelli come me vengono scartati o lasciati morire. Quindi perché vuoi farlo? Se pensi che verrò scartato, perché fai questo?
Siegan si strofinò il naso. – Se molti come te vengono scartati, è perché i Barbari gli fanno una visitina qualche giorno prima da più di cinquant’anni. È difficile sopravvivere all’Iniziazione con le dita spaccate o con un trauma cranico. Ma se ce la fate ugualmente allora vi guadagnate li diritto di stare qui, diritto che non vi appartiene altrimenti.
Kieran avvertì il proprio battito accelerare.
Valutò le sue opzioni: implorare di essere perdonato, distruggere il suo orgoglio e sperare di essere risparmiato.
Mentre lo pensava sapeva che non lo avrebbe fatto.
Kieran non era una persona così orgogliosa, ma non poteva implorare quelle bestie. Sarebbe stato come ammettere di essere spazzatura, di non valere nulla, di essere inferiore. Mentiva di continuo per scappare da brutte situazioni, ma c’erano momenti in cui la razionalità andava gettata alle ortiche.
I suoi sforzi sarebbero stati vani, tutto quello per cui aveva lottato e in cui aveva sperato. Tutto alla malora per un picco di orgoglio.
Ma cosa sarebbe rimasto di lui dopo aver implorato? Non era fatto solo di carne e bisogni, non era un animale, ma un essere umano. Se non era importante in quel momento l’orgoglio, cos’era importante allora?
– Sai che in questo modo dimostri di avere paura di lui?
La voce di Silas era calma e controllata, ma fermò la mano di Siegan. – Eh?
– Tutto questo è una perdita di tempo. Non passerà mai l’Iniziazione. Ma se lo saboti, beh, qualcuno potrebbe pensare che tu abbia paura che lui superi la prova. Che lui possa superare te.
Siegan gli afferrò la collottola. – Che fai adesso? Ti tiri indietro?
Silas lo superava in altezza e non si scompose. – Dico soltanto che lo hai già pestato, se infierisci più di così qualcuno potrebbe pensare che tu lo tema.
Thomas prese la parola. – Siegan, andiamo a dormire, cosa ce ne importa di Reed. Si farà uccidere da una fata, è un povero incapace. Non voglio mettermi nei guai.
-A forza di ascoltare le tue lagne da pisciasotto ci spunterà a tutti una figa, Tommy. Stai zitto. Fammi capire perché il nostro nuovo amico all’improvviso prende le difese di questo qua.
Lo spinse indietro e Silas si riaggiustò il colletto. – Sono solo preoccupato per il tuo onore.
– L’onore è proprio ciò che sto difendendo. Quello di tutti noi.
– Lascia fare a me allora, non è giusto che ti diverta solo tu.
Kieran osservò Silas a occhi sbarrati. Non poteva dire sul serio. C’era un limite all’essere dei bugiardi figli di puttana. Avrebbe potuto rovinarlo altre mille volte, perché farlo adesso e a quel modo?
Siegan gli rivolse uno sguardo dubbioso. – Forse dopo.
Tornò a rivolgersi a Kieran e fece un cenno al ragazzo che teneva in mano il martello.
– Sta tremando, fra poco inizierai anche a piangere e a pisciarti sotto?
Tremava davvero e aveva il cuore a mille, ma il sangue gli era defluito tutto al cervello. – Spaccale bene, perché se mi libero ti farò ingoiare i tuoi e i loro denti, Siegan.
La voce gli era uscita roca e spietata come poche altre volte. Non aveva mai voluto così tanto uccidere qualcuno nella sua vita. Non voleva dargli una lezione, voleva ammazzarlo di botte, strangolarlo e spaccargli quel sorriso a pugni.
– Che paura!
Siegan strappò il martello dalle mani dell’amico, dopo aver sentito il tono di sfida di Kieran. Si avvicinò pronto a tirare il primo colpo, quando una mano gli afferrò i capelli e gli sbatté la testa contro il legno con violenza. La fronte prese in pieno un chiodo che sporgeva dal legno e Siegan si accasciò a terra con una traccia di sangue che gli scendeva sul volto.
Silas prese il martelletto dalle sue dita e colpì al viso la seconda persona più vicina; gli spaccò i denti e si udì un’imprecazione.
Poi andò dietro Kieran e iniziò a sciogliere il nodo. Nel frattempo, pronunciò alcune parole sottovoce e l’aria divenne elettrica e statica.
Una scossa e si gonfia di mestizia il cuore cedevole – sussurrò il verso di una poesia e gli occhi viola brillarono appena.
Non fece in tempo a sciogliere il nodo, sei mani lo afferrarono e lo trascinarono indietro, una si serrò sui capelli.
Il primo a toccarlo venne scaraventato contro la parete da una forte scossa elettrica. Ci fu un rumore improvviso che ferì le orecchie dei presenti. Il ragazzo fulminato si accasciò sul pavimento, svenuto, mentre un leggero fumo si alzava dalla sua mano.
Gli altri due non vennero colpiti e lo trascinarono dietro con rabbia cieca. Venne loro in aiuto quello a cui aveva spaccato i denti, che sbatté Silas a terra.
– Bastardo deviato, non ce ne frega niente che sei il Discendente, se ti trasformiamo in uno storpio ti rimanderanno comunque a casa. Prendi uno dei ferri di cavallo, glielo inchiodiamo sullo stomaco, così gli passa la voglia di lanciare magie.
Thomas indietreggiò nel buio. – Ragazzi basta, non possiamo metterci contro i Vaukhram! State esagerando, smettetela!
– Chiudi la bocca fighetta e vai a controllare l’entrata.
Kieran cominciò a strattonare i polsi quando vide Silas a terra. Non era uno scontro alla pari, ma solo un pestaggio violento.
Silas si schermò dietro le braccia per parare i colpi, cercava di rialzarsi, ma glielo impedivano a calci. Menò qualche pugno a sua volta, ma appariva esausto per la magia che aveva usato. Un colpo lo prese in testa e rimase stordito. I due aggressori se ne approfittarono, il primo dei ragazzi gli afferrò la blusa e la strappò con violenza. L’altro aveva preso il ferro di cavallo, ma lo posò e si sporse.
Kieran si rese presto conto che stava diventando qualcosa di peggio di un pestaggio quando vide uno dei ragazzi sfilarsi la cintura dei pantaloni.
– Svegliamo Siegan che è svenuto?
– No, poi vorrebbe scoparselo per primo.
Non sapeva se Silas avesse perso i sensi, era riuscito a mandare al tappeto due di loro, ma altri tre gli stavano addosso come animali famelici.
– Siete disgustosi! Lasciatelo andare – urlò furibondo.
Sentì una risata. – No, lasciali fare – mormorò Silas con voce bassa. – Fagli tirare fuori i loro cazzetti ridicoli, sono solo delle cagne in calore.
Un pugno interruppe l’ultima parola e uno dei ragazzi lo voltò con violenza a pancia sotto e rise. Gli spinse la testa a terra e armeggiò con i suoi pantaloni.
– Se non ti guardo in faccia, sembri davvero una donna, Vaukhram.
– Non toccatelo – gridò Kieran, scioccato.
– Ne vuole anche lui a quanto pare – commentò uno dei ragazzi. – Tranquillo, dopo il Discendente ci divertiremo anche con te, se ne avremo voglia. Anche se con quella faccia non so come potrebbe venirmi duro…
Il nodo si era allentato e iniziò a strattonare le mani con forza fino a scorticarsi i polsi. Non sapeva che cosa stessero facendo, ma iniziava a essere fuori di sé.
Riuscì a sciogliere il nodo con uno strattone, prese l’asse di legno e con un colpo tramortì il primo, che stava a cavalcioni sopra Silas. Inferì con altre tre bastonate prima di passare agli altri.
Silas non era svenuto e approfittò subito dell’esitazione dei suoi aguzzini per assestare una capocciata al più vicino e tirarsi su. Era a torso nudo e gli colava sangue dal collo e dal viso, iniziavano già a comparire lividi sulla pelle scura.
Kieran capì poco di ciò che successe dopo, ma iniziarono a volare pugni e calci in modo erratico. Venne sbattuto contro il pilastro e i cavalli nitrirono spaventati e agitati. Era coperto di fieno e la maglia gli si era slabbrata per quanti strattoni aveva subito. Iniziò a menare pugni alla cieca, privo di qualsiasi lucidità, le nocche spaccate e la bocca un impiastro di sangue e saliva.
A un certo punto ci furono alcune scariche elettriche, deboli, ma rumorose e due degli avversari sussultarono per il dolore.
Si sentì strattonare da dietro e si voltò per dare un altro pugno, ma era Silas, con lo zigomo rotto e il labbro sanguinante, i capelli erano sfatti e appiccicati al viso, il petto si abbassava e si alzava per il fiato corto. Aveva il suo stesso sguardo selvaggio e violento, gli sorrideva. Teneva in mano la sua sciarpa.
– Tagliamo la corda, Siegan si sta svegliando.
Lo tirò indietro e Kieran lo seguì correndo senza voltarsi indietro.
 
 
 
 
Si fermarono a riprendere fiato solo quando la porta della loro stanza si chiuse. Kieran ci sbatté i palmi sopra, il petto che si alzava e abbassava furiosamente. Si voltò e poggiò la schiena contro la porta, al che scese piano a terra, esausto. La testa gli faceva parecchio male, così come il petto. Era da tantissimo tempo che non veniva pestato così forte, forse non era mai accaduto, quand’era piccolo prima o poi un adulto interveniva.
Silas non sembrava stare meglio; si era accasciato sulla poltroncina in modo scomposto, non dopo aver tirato fuori dalla scrivania una fiaschetta di metallo. Aveva grossi lividi sul petto, segni di morsi ed ematomi, i pantaloni erano slacciati e il suo viso aveva ammaccature violacee e sangue incrostato. Le nocche erano sbucciate e aveva almeno un dito rotto.
– Perché… anf… eri con loro? – domandò fra un respiro e un altro.
Silas non alzò neanche il viso a guardarlo. – Non è importante.
Effettivamente non lo era.
Si alzò con uno sforzo e gli venne vicino. Silas spostò gli occhi esausti su di lui. – Ti avevo detto di non metterti contro di loro.
– Sì sì, me lo avevi detto – sbuffò.
Di fronte alla poltroncina si accorse dello stato in cui riversava Silas. Aveva molti più ematomi di lui, lo avevano tramortito e riempito di botte, ma soprattutto avevano provato di peggio.
Alzò una mano. – Come ti senti? Loro… – non riuscì a finire la frase, non sapeva che cosa dire.
Silas distolse lo sguardo. – Sto bene, mi riprenderò. Anche se sono ancora tramortito, domani sarà un brutto risveglio.
La voce cercò di essere ferma, ma uscì tremolante.
Anche Kieran aveva dei leggeri tremiti. – Dobbiamo farli espellere.
Silas socchiuse gli occhi. – Purtroppo, non è possibile.
– Perché no? Dopo quello che ti hanno fatto!
Bevve un sorso dalla fiaschetta e strizzò gli occhi. Gliela offrì e Kieran la prese. – Non puoi sperare di farli espellere, le loro famiglie sono troppo potenti. Ma ci lasceranno in pace, me ne occuperò – mormorò, abbattuto.
– E come?
– Chiederò alla mia famiglia – rispose a voce inudibile. – Per quanto non volevo doverci ricorrere…
Kieran era frustrato e furioso. Voleva… non sapeva cosa, voleva ringraziare Silas, scusarsi, accertarsi che stesse bene. Era scosso e su di giri, non riusciva a ragionare lucidamente, ma sentiva fitte di gratitudine invadergli il petto, insieme a questo forte senso di cameratismo che non aveva mai provato prima.
Silas era scosso da leggeri tremiti e chiuse gli occhi nel tentativo di ritornare in sé. Si portò un ginocchio al petto e cercò di togliersi il sangue dal viso.
– Credi che Siegan si riprenderà?
Gli occhi di Silas apparivano più scuri del solito. – Non sarebbe male se morisse.
Kieran aggrottò le sopracciglia a non cogliere il sarcasmo o l’ironia nel tono, ma non poteva star parlando in modo serio.
– Perché erano così ossessionati da te? Siegan poi, sembrava geloso.
Buttò giù un sorso dopo averlo detto e scrollò il viso, disgustato. – Cos’è questa roba?
Era fortissimo. Non beveva quasi mai, ma quel liquore era imbevibile. Poggiò la fiaschetta con la gola in fiamme.
Silas incrociò le gambe con attenzione e si massaggiò il petto sui lividi, mostrando una smorfia di dolore. – Spirito di Banshee, non l’hai mai bevuto? Si chiama solo così, non fare quella faccia, non è davvero lo spirito di una banshee – e rise. – Lo bevono nel Mirna, lo so, non è il massimo. Comunque… avrai sentito le voci su di me, no?
Sì, le aveva sentite, senza capirne del tutto l’origine. – Qualcosa.
Gli sorrise, dopo aver percepito la bugia. – Non ti preoccupare, non mi offende. So cosa dicono di me, che sono una puttana e un donnaiolo, che partecipo a orge e mi prostituisco nei bordelli, che mi eccito durante gli scontri e faccio sesso negli spogliatoi con la prima persona che entra…
Kieran era imbarazzato. Non aveva sentito tutte quelle voci e non voleva chiedere se fossero vere. Non che fossero affari suoi.
– Pensi che siano vere?
– Non m’interessa.
– Non fare il superiore, rispondi sinceramente – bofonchiò.
Kieran si stava pulendo con un panno il sangue dalla faccia e abbozzò un sorriso. – Sono cresciuto nei bassifondi, fra le prostitute e la spazzatura. Alcune mie amiche della fabbrica guadagnavano soldi così con i ragazzi più grandi. Alle feste del Buco si appartavano tutti, ci si ubriacava e si trovava qualcuno con cui passare la notte. Onestamente non me ne importa nulla di quello che fai nel tuo tempo libero.
Silas lo osservava incuriosito. – Anche tu ti appartavi?
Arrossì appena. – Certo – rispose un po’ sbruffone.
– Non ci credo granché.
– Non m’interessa, come non m’interessa cosa dicono su di te.
– Lo so, l’ho capito, mi hai persino difeso con Siegan! Vale un decimo di me, eh?
Kieran cercò di nascondere il viso in fiamme. Sapeva davvero come pungolarlo.
– Per metà sono fatato, mia madre o mio padre erano una fata antica, non so chi dei due. La gente tende a dare per scontato che io per questo motivo sia costantemente in cerca di compagnia, credono che il sesso per me sia come salutare o sbadigliare e che una violenza mi piacerà comunque. Le fate tendono a essere più… disinibite e quindi vengono considerate promiscue. Inventano storie su di me per questo motivo. Inoltre sono più giustificati se il loro amante è fatato, è molto più tollerato fra la nobiltà anche se sono sposati, credono che il nostro sangue li spinga a volerci avere, come se fosse colpa nostra, un richiamo ancestrale, un ammaliamento inconscio. Forse non sai molto queste cose perché i Discendenti sono rari dalle tue parti, ma è così che veniamo visti.
Kieran era disgustato e furioso. – Io penso che siano solo ripugnanti. È una sciocchezza questa del sangue fatato.
– E come lo sai?
– Lo so e basta, dare la colpa a queste idiozie per la mancanza di autocontrollo. E poi io non mi sento a quel modo quando sono vicino a te.
Silas si grattò la nuca. Non sembrava molto contento. – Per fortuna direi – mugugnò e distolse lo sguardo.
– Ma allora dove te ne vai le notti che non sei qui?
Aprì la bocca e la richiuse. – Beh ho detto che non sono come mi descrivono le calunnie, non che io non mi diverta mai – rispose esitante. – Ogni tanto mi piace, soprattutto con i cadetti più grandi. Sanno molte più cose. Ma non succede così di frequente, molti cadetti non provano alcun interesse verso i maschi. E non è vero che ho messo incinta una serva, non sarei mai così incauto da non farci attenzione! E non andrei neanche con la servitù, non mi sembrerebbe giusto nei loro confronti, e…
Kieran scosse la testa e rise. – Non ti devi giustificare con me. Ma perché non ti trovi qualcuno che ti piaccia tanto e basta? Non è faticoso così?
Silas lo guardò in un modo strano per un attimo, poi spostò lo sguardo. – Che senso avrebbe? La mia famiglia sceglierà la persona che sposerò, e sarà una donna Discendente, come me.
Aggrottò le sopracciglia. – E a te le donne piacciono?
– Sì. Ma mi piacciono più gli uomini e non voglio che siano altri a decidere per me.
La schiettezza lo imbarazzò. Quando parlava a quel modo Silas sembrava più maturo di lui e questo lo irritava.
– E a te?
Aveva temuto quella domanda. – Non lo so, credo mi piacciano le ragazze.
– Credi?
Scrollò le spalle. – Da dove vengo io si sperimenta… insieme. Maschi e femmine. Forse anche i ragazzi. Non lo so, non penso molto a queste cose.
– Non sembri molto sveglio in effetti. Hai mai…?
L’argomento non metteva Kieran di buon umore e cercò di scacciare quei pensieri.
– Quando avevo quattordici anni con una ragazza più grande.
– Ti piaceva?
Scrollò le spalle. – I più grandi mi hanno detto di raggiungerla sotto il canale, che mi avrebbe fatto qualcosa di bello perché lo faceva con tutti. Non mi piaceva così tanto lei, era un po’ manesca quando spiegava.
Silas trattenne una risata. – Spero che tu non la abbia affrontata come affronti l’Iniziazione, altrimenti povera ragazza…
Gli rivolse un gestaccio. – Perché non mi dici tu la tua prima volta visto che ti senti così bravo.
– Con un uomo o con una donna?
La risposta lo prese alla sprovvista. Era curioso su entrambi. – Tutti e due.
– Con una ragazza è stato poco prima che entrassi in Accademia. Lei si chiama Marise e l’ho conosciuta ad alcuni circoli intellettuali che frequentava mia sorella. Ho avuto un’infatuazione per lei che è durata parecchio, forse se n’è accorta a un certo punto.
– E perché non sei rimasto con lei?
Poggiò il viso su una mano. – Ti sorprenderai, ma dopo un po’ non mi volle più. Sul momento ci rimasi molto male, continuavo a pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato.
– Questo non mi sorprenderebbe.
Alzò gli occhi al cielo. – No, ero stato un vero gentiluomo. È solo che non era interessata a me, a volte è soltanto questo.
Kieran aveva abbastanza paura dei rifiuti, di qualsiasi genere fossero; si chiese se la prima volta che Silas si era presentato era ancora malinconico per questa Marise. Non riusciva a ricordarlo.
– E con un uomo?
– Beh non un uomo nel senso canonico del termine; era un cavaliere della corte della Magnolia. Era poco più grande di me.
Sbatté le palpebre, sorpreso. – Una fata purosangue? Non avevi paura?
– No. Gli umani fanno più paura in questo.
Pronunciò la frase con una certa amarezza. Kieran guardò i lividi e la scena di poco prima lo investì in pieno.
– Tu non lo hai mai fatto con un ragazzo?
Drizzò le orecchie. – No! – rispose di getto e mentì. – Non quello.
Silas gli sorrise e ticchettò il bracciolo. – Sai che secoli fa c’era la pena di morte se sorprendevano due uomini o due donne insieme? – e mimò il gesto di un cappio.
Kieran si tenne un panno sulla testa, pigiando la ferita. – Eh? Perché? Ma se lo fa un mucchio di gente. Guarda che ho studiato storia, non ricordo niente del genere.
– Non scrivono queste cose sui libri di storia ormai. Prima della Grande Unione non era accettato. Poi quando le fate si mescolarono agli umani divenne più normale, le fate avevano spesso compagni dello stesso sesso. Uno dei primi re fatati a dialogare con gli umani aveva un amante che lo seguiva ovunque agli incontri diplomatici. Nessuno si sarebbe mai azzardato a dire nulla a una fata antica, soprattutto secoli fa che non avevamo neanche la metà delle conoscenze tecnologiche che abbiamo adesso. Le fate erano potenti, belle e stravaganti, cambiarono profondamente la nostra cultura.
Non sapeva se credergli. – Beh qui dentro avrebbero impiccato tutti allora.
Silas scoppiò a ridere e Kieran lo seguì presto, alternando risate e lamenti. – Aaah, mi fa male tutto.
– Anche a me, domani non riuscirò a muovermi dal letto.
– Grazie… per avermi aiutato.
Silas sprofondò ancora di più nella poltroncina. – Non sarebbe successo se mi avessi ascoltato.
– Non ricominciare.
Si alzò con una smorfia di dolore e si sfilò la maglia appiccicaticcia per il sangue. Voleva lavarsi, ma non aveva il coraggio di lasciare la stanza. Nel buio della camera notò appena gli occhi di Silas che lo osservavano, per poi distogliersi in fretta. Con quei lividi sul viso sembrava quasi che stesse arrossendo, ma dovevano essere gli ematomi che si gonfiavano.
Silas prese dal letto la sciarpa rossa che aveva gettato sopra prima di sedersi sulla poltrona e guardò lo squarcio con aria afflitta.
– Perché hai preso la mia sciarpa – domandò Kieran con aria ferita.
Non voleva suonare accusatorio, ma gli uscì comunque un tono lamentoso.
– Mi hanno detto di rubare qualcosa a cui tenevi, per dimostrare che ero davvero con loro. Scusa, mi serviva per capire che cos’avessero in mente.
Passò una mano sullo squarcio, lo strinse con entrambe le dita e mormorò una melodia. Le maglie rosse si riagganciarono a poco a poco finché lo strappo non si ricucì del tutto. Silas si stravaccò sulla poltroncina, coperto di sudore freddo e gliela restituì.
Kieran la prese, ammutolito. – Non c’era bisogno, vuoi collassare?
– È stata colpa mia, quindi volevo rimediare. Non volevo rubartela.
La prese fra le mani, sentiva in qualche modo la traccia magica di Silas, impercettibile che sfumava via. Gli diede un brivido.
– Perché ti sei fatto picchiare per me? – domandò schietto.
Silas teneva gli occhi ostinatamente lontani da lui. – Che domanda stupida è?
– Non è una domanda stupida! Stai sempre a insultarmi.
– Anche tu se è per questo.
I suoi insulti non erano per ferire, lo divertiva rispondere a tono, certo non sempre, a volte era davvero irritato, ma era come un gioco fra di loro. – Io scherzo. A volte.
– Anche io. Non quando dico che sei un perdente e un idiota però.
Gli tirò una scarpa, stizzito.
– Preferisco te a loro. Semplice.
Iniziava ad avere freddo e raccolse una maglia da terra. – Beh grazie tante, quelli là sono feccia della peggior specie, ci mancherebbe – replicò, offeso.
– E dai Kieran, quante storie. Ormai siamo amici, è normale che sia dalla tua parte.
Si bloccò mentre infilava la maglia slabbrata. – Oh.
Rimase inebetito. Aveva avuto tanti amici nella sua vita, certo, lì dentro aveva solo Dalia, e non era semplice sentirsi sempre isolato e fuori posto, però il calore che avvertiva era inusuale.
C’era qualcosa di davvero piacevole nell’idea che una persona come Silas lo reputasse un amico. Forse perché Silas era un portento, intelligente, furbo ed eccentrico, quindi si sentiva un po’ speciale a essere definito suo amico, come se di riflesso anche lui fosse un portento, intelligente, furbo ed eccentrico.
Non sapeva come replicare. Non era bravo con le parole. – La prossima volta ricambierò il favore.
– Spero non ci sarà una prossima volta – commentò dolorante.
– Mi dispiace per come mi sono comportato in questi giorni, so di essere stato un idiota.
Silas allungò una mano per farsi aiutare. Kieran gliela porse e lo tirò su. – Quello lo sei sempre. Sei stato più uno stronzo.
Incassò l’insulto. – D’accordo, uno stronzo. Ho sfogato le mie frustrazioni su di te, mi dispiace.
Silas andò a prendere altri abiti. Si guardò il corpo con aria disgustata. – Non fa niente, non sono uno che se la prende per queste cose. Mi sento così sporco con la saliva di quelli lì addosso e non voglio sapere cosa sia questo liquido appiccicoso.
Kieran gli passò il panno che usava per gli allenamenti e la fiaschetta d’acqua. – Tieni.
Silas li prese, infiacchito. Gli diede le spalle con un certo impaccio, e iniziò a pulirsi nella penombra.
La schiena non era messa meglio, ma aveva un taglio sotto la scapola che sanguinava. – Stai sanguinando qui, forse un chiodo, aspetta…
Cercò di tamponare, ma Silas si voltò e lo spinse indietro con violenza. – Non toccarmi.
La voce era tesa e turbata. Kieran alzò le mani di scatto. – Ti ho fatto male?
Silas mostrò un’espressione afflitta. Scosse la testa e guardò a terra, mortificato. Stringeva il panno fra le mani e sembrava scosso.
Kieran rifletté che forse non voleva essere toccato dopo quello che era successo. Per la terza volta quel giorno si sentì un idiota. Troppe volte in un giorno solo.
– Scusa. Non volevo spaventarti.
Gli uscì un verso che suonava come un ringhio. – Non mi hai spaventato. Non mi hanno spaventato neanche loro. Mi fanno solo schifo.
Si passò il polso sugli occhi per strofinarli e gli diede di nuovo le spalle. Kieran rimase immobile e gli guardò la schiena un’altra volta. Era scura e ampia, gli ematomi erano più visibili dove le mani lo avevano stretto.
L’idea che lo avessero ferito a tal punto da renderlo così turbato e umiliato gli mandava il sangue al cervello. Mortificare una persona orgogliosa come Silas avrebbe dovuto essere un reato, non sopportava che gli avessero fatto questo. Sperava di avergli rotto almeno un paio di ossa nella scazzottata e che a Siegan rimanesse la cicatrice in fronte per sempre. Magari il chiodo lo aveva reso più intelligente, la speranza era l’ultima a morire.
– Non guardarmi a quel modo, sei inquietante; sto bene.
Distolse lo sguardo, colto in fallo. – Lo so, mi dispiace di averti coinvolto – balbettò.
– Ti dai troppe arie. Non ho bisogno del tuo aiuto per mettermi nei guai.
Vederlo a quel modo gli riaprì una ferita e si sentì sopraffatto.
No. La mia situazione è diversa. Non è la stessa cosa.
Scrollò via quei pensieri spaventosi e si passò le mani fra i capelli. – Silas, ho iniziato a leggere il diario di Halldora, sai?
Si voltò, gli occhi che all’improvviso brillavano. – Sul serio? Te lo potevo prestare io! Lo sai che è la testimonianza più approfondita che abbiamo sui Valksha?
Gli venne da sorridere. – Davvero?
Annuì frenetico. – Aspetta, forse da qualche parte ho il volume enciclopedico sulle Terre Spezzate. L’ho ruba-, preso in prestito da un ragazzo, ha i disegni autentici dello studioso che accompagnò Halldora.
Kieran si sedette, esausto e sbadigliò. La tensione lasciò del tutto il suo corpo e quella notte dormì come non dormiva da settimane.


 
  finito

 

 
Capitolo immenso, perdonatemi, ma almeno è piuttosto dinamico.
Ci sono taaante informazioni qui molto cruciali, ma tanto se ne parlerà anche più avanti.
Potete vedere il disegno completo di Silas e Kieran, che io adoro davvero tanto, spero vi aiuti a visualizzarli meglio (anche se nel disegno sono adulti). Vi metto la fonte dell’autrice che è davvero brava: eteon6,
 
https://twitter.com/Eteon6?s=09&fbclid=IwAR0Fmj6OVlxJn2jk5Icid8uFBirJPbET4ZL0HmxD6lf5uxhXlO_Hsyx_uRE
   
 
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