Nairobi
si è isolata dal gruppo, per fumare.
Non vuole pensare a cosa sta succedendo adesso che i figli di
Bogotá, insieme ad
Axel, sono in aeroporto, per di più con Alba e
Sebastìan.
È
terrorizzata dal pensiero che i suoi
bambini siano a rischio… e, nonostante Stoccolma e Lisbona
siano state le prime
a rassicurarla che nulla ai piccoli sarebbe accaduto, grazie alla
presenza dei
fratelli maggiori, la Jimenez non sembra darsi pace.
E
mentre consuma la sigaretta, offertale da
Denver pochi minuti prima, Agata viene raggiunta da un caro amico. Un
amico che
tiene a lei come fosse sua sorella.
“Hai
ricominciato a fumare?”
La
Jimenez riconosce la voce e annuisce.
Di
fianco a lei si posiziona Helsinki.
Il
serbo, appoggiandosi al balcone che
affaccia sul retro della villa, cerca le parole giuste per parlare al
cuore
ferito della sua compagna di squadra.
“Avevi
promesso che mai più…”
“Lo
so, lo so. E’ che in momenti come questi,
ne sento l’esigenza”
“Nairo,
devi pensare a tua salute. Ti abbiamo
operata ad un polmone, ricordi?”
La
donna rammenta, eccome se rammenta, quella
drammatica esperienza di vita e ringrazia quotidianamente per il
miracolo
ricevuto.
Ravvedendosi,
spegne la sigaretta, per poi
rivolgere all’amico lo sguardo di chi ha ceduto al rimprovero
e ha eseguito
l’ordine impostole.
“Io
voglio solo tuo bene! Non arrabbiarti”
“Sei la mia ragione, ogni volta! E te ne sono grata. Solo che
sono tesa come
mai prima nella vita. I miei quattro figli sono di fronte ad un
pericolo più
grande di loro e io sono la responsabile di tutto”
“Non
dire cazzate” – aggiunge il serbo –
“Tu
sei loro madre. Hai dato loro la vita”
“Probabilmente
non sono degna di essere
chiamata mamma” – le parole di Nairobi arrivano
forti a Helsinki, come un pugno
allo stomaco.
“Sei
una grande donna, una grande madre, non
mettere mai in dubbio questo”
“E
una pessima moglie…” – aggiunge la
gitana,
abbassando lo sguardo.
“Posso
fare a te una domanda scomoda?” –
timidamente, l’uomo pone un quesito all’amica,
desideroso di sapere, per poter
dare una mano, a modo suo.
Agata
non risponde, si limita ad attendere di
udire la curiosa richiesta.
“Prima,
ero in giardino, ho sentito Bogotà
parlare con Palermo.
Tu…ecco…insomma….tu hai…
tradito lui?”
Argomento
che tocca profondamente la donna,
la quale è cosciente di non aver mai anche solo pensato di
poter tradire suo
marito.
“Non
l’avrei mai fatto”
“Bene,
questo mi rasserena Nairobi” -
Helsinki tira un sospiro di sollievo.
Poi
è la precisazione della gitana ad
agitarlo.
“Però…
sono stata baciata… lui ha visto la
scena…e….”
“Cazzo”
– esclama il serbo – “Si tratta di
Emilio,
giusto?”
“Quindi
è di questo che parlavano mio marito
e Palermo, di me ed Emilio?!” – quasi disturbata
dalle confidenze del consorte
con l’uomo del Boom Boom Ciao, Agata cambia tono di voce.
“Non
ti alterare, per favore. Voglio solo
aiutarti” – e il serbo ovviamente tenta di placare
subito quella tensione.
“Questa
situazione diventa ogni giorno sempre
più insostenibile. Non oso immaginare se dovesse accadere
qualcosa di peggio,
cosa dovrei fare…” – puntualizza la
gitana, generalizzando la discussione.
Neanche
a dirlo… i due vengono raggiunti da
una Tokyo con il cuore a mille.
“Che
succede?” - domanda la Jimenez
all’amica, guardando lo shock sul volto di lei.
“C’è
qualcuno per te”
“Per
me?”
“Si,
Nairo” – Silene evita di specificare le
identità, non volendo la chiusura di Agata di fronte ad un
possibile confronto
costruttivo.
Così,
seguita dai suoi due migliori amici, la
zingara raggiunge l’ingresso della villa.
Mette
a fuoco due figure, difficili da non
riconoscere e, non appena incrocia gli occhi neri di sua madre, grandi
e
profondi, esattamente come i suoi, la Jimenez si pietrifica.
“Ciao,
Agata” – la saluta Carmen, con un filo
di voce, mentre cerca di trattenere l’emozione nel rivedere
sua figlia.
Jorge,
di fianco alla consorte, la osserva in
silenzio, fortemente in colpa per il male recatole anni addietro.
“Come
vi permettete di venire fino a qui?” –
la reazione di Nairobi non tarda ad arrivare.
Il
rancore e la rabbia covati per anni e
messi a tacere per questioni di serenità interiore,
riesplodono con
immediatezza.
“Fuori
da casa mia, maledetti” – ordina,
volgendo lo sguardo ai Dalì in cerca di supporto.
Supporto
che, purtroppo, viene meno.
“Noi
siamo qui per aiutare, vogliamo
denunciare la sparizione di Ginevra, raccontarvi ciò che
sappiamo…” – spiega la
settantenne.
“Zitta! Tu mia figlia non la devi neanche nominare hai
capito?” – tuona
Nairobi, dirigendosi verso le scale, pronta ad evitare il confronto.
La
discussione si protrae per alcuni minuti,
durante i quali Bogotá, rincasato dall’ingresso
secondario, intuisce che
qualcosa non va.
Si
unisce al gruppo chiedendo spiegazioni a
Rio.
E
proprio Anibal gli sussurra all’orecchio –
“La mamma di Nairo è qui e dice di sapere cose su
Ginny”
A
quel punto, il viso del saldatore s’illumina.
Vive
un miscuglio di emozioni legate alla
figura di una persona che non conosce e che ha recato, però,
tanto male a sua
moglie. Eppure avverte la necessità di capirne di
più.
“Cosa
volete voi due?” – e così interviene.
“Dare
una mano! Dovete sapere cosa sta
accadendo e quali sono le intenzioni di Teresa”
“Chi
cazzo è
Teresa adesso? Volete depistarci?” –
si infervora la gitana.
“No,
tutto il contrario” – aggiunge Jorge –
“Dimenticate Caroline Jones”
“Ma
per favore…” – Agata alza gli occhi al
cielo, lamentandosi di essere costretta a dover sentire parole
fuoriuscire
dalla bocca dell’uomo che per placare il pianto di un bambino
di tre anni gli
dava del liquore all’anice.
“Fossi
in te, tacerei, signor Gonzales” –
precisa lei, lanciandogli uno sguardo carico di disprezzo.
“Mi
odi, lo so, hai ragione. Ho sbagliato,
erano gli anni in cui vivevo solo di denaro e lavori sporchi.
Però sono
cambiato, mi sono affezionato a Ginny e per me è una
nipote”
La
risata nervosa di Nairobi riecheggia nella
stanza, lì dove tutti i Dalì, in assoluto
silenzio, ascoltano la discussione
tra parenti.
Tokyo
percepisce sulla sua pelle il dolore
della migliore amica e si sente impotente, non potendo agire per
risollevarla
da qualcosa che sta lentamente riaffiorando e che le sta offuscando la
ragione
– “ Dobbiamo intervenire!” –
chiede a Rio, il quale, al contrario, le consiglia
di non intromettersi in faccende di famiglia.
“Da
voi non voglio nulla, ripeto, nulla” –
intanto Agata continua a restare ferma sulla sua posizione.
Finalmente
prende parola il Professore,
stimolato anche da Lisbona, certo di riuscire a placare i comportamenti
della
sua compagna di squadra.
“Nairo..ascoltami…so
che sei arrabbiata…però
potrebbero rivelarci davvero dettagli utili…”
“Prof,
non ci credo! Mi stai dicendo che vuoi
credere a due farabutti?” – chiede, spiazzata, la
Jimenez.
“Agata,
per l’amor del cielo, non immagini
minimamente quanto ci sia costato venire fin qui, con il rischio di
essere
scoperti” – riprende Carmen.
“Da
chi? Dalla maestrina?” – domanda,
perplesso, Helsinki.
“Non
è una semplice maestrina” – precisa
Jorge.
“Io
non mi fido” – sostiene Denver,
schierandosi definitivamente dalla parte di Nairobi.
“Grazie,
ecco un amico che mi sostiene
finalmente” – la gitana lo ringrazia con lo sguardo.
“Io
vorrei ascoltarli, invece. Poi prenderemo
le giuste misure” – comunica Sergio, avvertendo il
peso degli occhi di Nairobi,
delusi e frustrati da tali decisioni.
“Fate
come volete, io non voglio neanche
respirare la stessa aria di questi due pagliacci” –
così dicendo si allontana,
sbattendo con forza la porta.
Ed
è la Oliveira a volerla seguire
prontamente.
“Aspetta,
vado io” – incredula, Tokyo sente
la voce di Bogotá e si trattiene. Guardarli isolarsi, fa ben
sperare - “Chissà
che non sia la volta buona” – pensa Silene,
incrociando le dita.
Poi
Marquina fa accomodare i due sul divano e
si pone in ascolto.
“Allora,
diteci tutto. Parlavate di una certa
Teresa. Di chi si tratta?”
“La
realtà non è quella che voi conoscete, le
cose non sono così come appaiono… e dietro a
tutto questo c’è una mente che
trama, da tempo, ormai. Una mente che sa bene come muovere i
fili…”
“Cazzo,
ho la pelle d’oca. Ma si parla di
Psyco?” – l’esternazione di Denver
sdrammatizza i toni.
Eppure
la serietà dipinta sul viso di Carmen
parla chiaro: ciò che sta rivelando è qualcosa di
estremamente serio e
delicato. E il prof capisce, dal suo volto cupo, quanto le costa
parlare, e che
ciò che racconterà da lì ai prossimi
minuti potrà essere decisiva per la
situazione che stanno vivendo.
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Il
saldatore segue Nairobi fino alla cucina
dove la osserva, in silenzio, senza farsi notare.
La
gitana prende da bere.
Apre
una birra e la posiziona sul tavolo.
Nel
farlo, le mani cominciano a tremarle.
Cerca
di placare il nervosismo, respirando
profondamente.
Alza
il capo e sbuffa.
Tenta
di bloccare le lacrime ma queste
scivolano violente sulle sue guance, inumidendole il viso. Su quel
volto, il
pianto è qualcosa di fin troppo abituale…
specialmente negli ultimi giorni.
“Cazzo,
cazzo, cazzo” – improvvisamente
esplode, battendo con forza un pugno sul tavolo.
E
a quel gesto, la birra cade a terra,
frantumando anche la bottiglietta.
E’
solo allora che Bogotá sente di dover
intervenire.
“Aspetta,
fermati, ci penso io” – le dice,
invitandola a sedersi.
Agata,
spiazzata di trovare lì suo marito, si
limita ad eseguire quando ordinatole.
Prende
posto e guarda, impassibile, il
consorte sistemare il casino creatosi.
Solo
qualche minuto dopo, anche l’uomo segue
la moglie e si avvicina a lei con due bicchieri e un’altra
Estrella.
“Faccio
pena!” – commenta Nairobi,
sorseggiando la bevanda.
Bogotá
non replica.
“Queste
persone sono tornate per distruggermi
definitivamente”
“Ne
sei convinta?”
“Gente
così non cambia! Ferendo mio figlio,
hanno ferito me. Mia madre mi ha sempre usata per i suoi comodi. Mi ha
organizzato la vita, rovinandola come meglio ha
potuto…”
“Altrimenti
a quest’ora saresti sposata con
il tuo primo amore, vero?” – chiede
Bogotà, con estrema freddezza. Tra le righe
si legge chiaramente che il saldatore intende dire “Se avessi
sposato il primo
amore, non avresti sposato me. Non ci saremmo mai innamorati. E a te
sta bene
così”. Questa interpretazione di Bogotà
non viene invece letta da Nairobi,
troppo presa dai pensieri cattivi su Carmen e Jorge.
E
infatti, senza cattiveria alcuna, risponde
con fermezza alla constatazione del consorte – “Mai
dire mai! Magari ci saremmo
lasciati due giorni dopo, però sarei stata io a volerlo. Non
lei, per me”
Cade
il silenzio per alcuni minuti.
È
l’uomo, sempre, a riprendere parola - “Io
ascolterei quello che hanno da dire”
“Parli sul serio?” – esclama, spiazzata,
la donna.
“Abbiamo
troppo da perdere…non possiamo
permetterci di sorvolare su nulla!” – aggiunge
l’altro, consumando la birra
lentamente.
Agata
si zittisce, riflettendo su quanto
udito.
Lei
dentro di se, è cosciente di quanto
sarebbe utile raccogliere notizie, però al contempo, non
vuole inganni né doppi
giochi.
“Se
dovessero denunciarci alla polizia?” –
ipotizza la Jimenez.
“Non
gli conviene, e lo sai anche tu! Hanno
troppi lavori sporchi alle spalle. Per di più, sono
minacciati da questa
presunta Teresa”
“Possibile
che adesso sbuchi dal nulla una
Teresa, e guarda caso proprio quando noi abbiamo scoperto che miss
Honey si
chiama Caroline Jones?”
Il
saldatore fa spallucce, poi, terminata la
bibita, si alza dalla sua postazione.
“Metti
da parte il rancore, per il bene di
Ginevra… io ci sto provando…”
Ecco,
nuovamente, Nairobi tornare a colpevolizzarsi
vedendo Bogotà in quello stato emotivo deprimente.
“Mi dispiace, amore! Io non avrei mai dovuto
allontanarmi”
L’appellativo
“amore” alimenta l’amarezza del
capofamiglia – “Prima risolviamo la faccenda, prima
Ginny tornerà a casa, e
prima metteremo in chiaro tutto”
Con
tali parole, zittisce la moglie,
dirigendosi verso la sala dove tutti i Dalì sono alle prese
con rivelazioni
shock.
Prima
di raggiungerli, Bogotá viene spinto
dal cuore a chiedere a Nairobi qualcosa che lo turba enormemente
– “Dimmi solo
se te ne sei innamorata!”
“Cosa?
Che cazzo dici? Tra me ed Emilio non è
successo nulla! Perché ti ostini a crederlo?”
“Sono
quattro giorni che non ti riconosco
più…dimmi tu, a cosa dovrei credere!”
– conclude e si congeda.
Tokyo
lo nota riunirsi alla Banda e spera che
qualcosa possa essere accaduto tra lui e la Jimenez.
Eppure
lo sguardo del saldatore dice poco e
nulla.
A
quel punto è Silene a recarsi in cucina.
La
sua migliore amica è intenta ad asciugarsi
il viso con un tovagliolino di stoffa.
“Ehi,
tesoro, vieni qui” – le dice,
abbracciandola.
Stavolta
niente domande, niente consigli,
niente ramanzine…solo la sua vicinanza!
E
quando la gitana si tranquillizza, prende
la Oliveira per mano e le dice - “Basta fragilità!
Voglio riprendere in mano la
mia vita! E come prima cosa, devo affrontare chi mi ha recato
più male di tutti…mia
madre!” – mano nella mano le due si dirigono verso
la sala principale.
Vedere
seduti sul divano Carmen e Jorge
Gonzales è un tonfo al cuore e un immediato tuffo nel
passato per Nairobi.
“Respira,
stai calma, andrà tutto bene… sii
forte” – le sussurra Tokyo.
“Grazie,
sei la sorella che ho sempre
sognato” – la maggiore le sorride e segue il suo
consiglio.
Forza
e coraggio, e soprattutto, mantenere la
calma!
In
tale istante, il Professore prende parola.
“Nairo,
abbiamo ascoltato queste persone.
Vorremmo ascoltassi anche tu cosa hanno da dirti. È
importante”
“Ok”
– cede Agata, sedendosi di fronte alla
madre.
Alza
lo sguardo, mostrandosi tenace come
sempre – “Sono pronta. Ditemi, chi è
questa Teresa Perez? E soprattutto, cosa
vuole da mia figlia!”
Basta
poco per creare lo scompiglio più
totale.
Una
serie di parole che ti cambiano la vita,
te la stravolgono e ti rendono consapevole che le tue certezze non sono
mai
state certezze.
“Teresa
Perez è … tua sorella, la figlia di
tuo padre!”
“Che
cosa?!”
Ennesimo
colpo al cuore.
Ennesima
sconfitta subita per una donna che
sente il destino
accanirsi contro i suoi
sentimenti e giocarci costantemente.
Battito
accelerato.
Mancanza
di respiro.
Perdita
di coscienza.
Attacco
di panico.
Poi
il buio.
Agata
perde i sensi.
È
bello sapere di aver sconnesso con la
realtà per dei minuti. Tutto si spegne e ti porta in luoghi
distanti…
Chissà
se, una volta riaperti gli occhi, Agata
Jimenez riuscirà a concretizzare quanto appena udito?
Ha
davvero una sorella? Carmen avrà davvero
raccontato il vero?