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Autore: Eevaa    18/07/2021    6 recensioni
L'aura di Kakaroth si era dissolta lentamente nel nulla. Non da un momento all'altro - il che avrebbe potuto farne presagire la morte - ma lentamente. Sempre più flebile, sempre più lontana, fino a che Vegeta non l'aveva più percepita. Mai più.
«Cosa hai capito di tutto quello che ti ho detto?» urlò Vegeta. Poi il prigioniero sbuffò, annoiato.
«Che in cinquant'anni hai stipulato un'alleanza bizzarra con gli abitanti di questo pianeta, che avete sconfitto nemici dai nomi improbabili, che non solo esiste il leggendario Super Saiyan, ma ne esistono con diverse tinte per capelli; che ti sei riprodotto e, per tutte le galassie, se ce l'ha fatta uno come te persino Dodoria avrebbe avuto delle speranze; che siete invecchiati terribilmente mentre io sono un fiore, e che ora dobbiamo salire su quel catorcio di astronave per andare in giro per dodici universi alla ricerca dello squinternato che se l'è data a gambe dieci anni fa e che, con tutta la probabilità, ora è solo un mucchio d'ossa o polvere interstellare ma oh, guai a dirlo, perché mi pare che siate molto amici».
Inaccurato, ma tutto vero.

[Post-Dragon Ball Super] [Slowburn]
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Across the universe - La serie'
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Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.




 
- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 15
Concorso di colpa




 
Radish aprì gli occhi di soprassalto quando udì Vegeta sbattere la porta. Era sveglio oramai da qualche minuto, ma aveva sapientemente finto di non esserlo, dato l'argomento delicato. E dato il gran mal di testa galoppante lungo la cervicale.
Troppo Rokk. Decisamente troppo fottuto Rokk. Amava il Rokk. Odiava il Rokk.
Appena si alzò seduto sul divano, Kakaroth gli rivolse un'occhiata grave, sconsolata. Ovviamente quel grandissimo egocentrico di Vegeta aveva dato sfoggio delle sue incapacità emotive.
«Stavi ascoltando?» domandò suo fratello.
Radish strinse le labbra e annuì. Sì, aveva ascoltato quella conversazione e, quando Kakaroth aveva iniziato a dare sfoggio dei suoi pensieri su quanto fosse stato solo e triste su Morvir, aveva previsto ciò che sarebbe accaduto.
«Io non volevo accusarlo di niente!» tentò di giustificarsi Kakaroth, l'ingenuo Saiyan diventato terrestre e terrestre diventato morviriano. Ma pur sempre ingenuo.
«Ehm... diciamo che è un argomento delicato per Vegeta. Si sente molto in colpa» si apprestò a spiegare Radish.
«Per quale motivo?»
«Pensa che sia solo colpa sua... io penso che non lo sia». Radish fece spallucce. «Voglio dire... tante persone avrebbero potuto venire a cercarti ma non l'hanno fatto. Era evidente che nessuno sospettasse che tu fossi in pericolo. Quando Vegeta ha iniziato a sospettarlo sul serio è venuto a prenderti, fine della storia».
«Eppure lui si sente in colpa lo stesso...» convenne Kakaroth.
Radish ridacchiò e si stiracchiò un poco. Il mal di testa continuò a galoppare, così come la pessima sensazione di aver ingoiato un topo morto. Dannato Rokk.
«Oh, quando il principino decide di prendersela con qualcuno, lui porta avanti la pantomima per tempo immemore. Quando quel qualcuno è lui stesso dura anche tutta la vita, facci l'abitudine» spiegò.

Conosceva Vegeta da quando erano alti un metro e un tappo di sughero e certe cose non sarebbero mai cambiate. Compreso il fatto che Vegeta fosse rimasto alto un metro e un tappo di sughero.
Il primo grande senso di colpa di Vegeta era stato non essere in grado di uccidere Freezer appena appreso che fosse stato lui a far esplodere il loro pianeta. Non si era mai perdonato di non essere abbastanza forte, e aveva per sempre voluto migliorarsi in modo ossessivo anche per quel motivo.
Il secondo senso di colpa - da ciò che Radish aveva appreso in quei mesi - era stato quello di farsi manipolare da un certo mago figlio di puttana che gli aveva stampato una M in fronte e l'aveva fatto tornare stronzo. E ci aveva pure lasciato le penne, pur di rimediare a quel senso di colpa!
Il terzo senso di colpa era quello di non essere andato a prendere il suo adorato Kakaroth con largo anticipo. Zeno solo sapeva cosa sarebbe stato disposto a fare pur di espirare quel peccato.
Forse solo se Kakaroth gli avesse finalmente infilato la lingua in bocca si sarebbe convinto che non ci fosse niente di cui sentirsi in difetto.
«Io e lui eravamo molto amici, vero?» domandò suo fratello, e Radish si strozzò con la sua stessa saliva. Una domanda compromettente, dati i pensieri che stava macchinando.
«Uh... eeeehm» mugugnò Radish, come colto da un'improvvisa incapacità di mettere due vocali e due consonanti insieme.

Erano molto amici? Da quello che Radish aveva potuto intuire, “amici” era forse il termine più verosimile per definirli. Ma soltanto perché erano stati entrambi troppo schifosamente fedeli e monogami per saltarsi addosso a vicenda.
Radish era riuscito ad avvertire quella sdolcinata tensione che andava persino ben oltre ad essere sessuale ancor prima che quei due si re-incontrassero su Morvir. E, dopo aver iniziato a sospettare e vomitare copiosamente al pensiero di Vegeta che si accoppiava con suo fratello, ci aveva iniziato persino a fare l'abitudine.
Quei due erano legati da una corda così spessa che non avrebbe potuto tagliarla nemmeno una cesoia, ma gli unici a non saperlo erano proprio loro due.
Certo, Kakaroth era anche piuttosto giustificato, anche se - pur smemorato e ignorante - si vedeva già lontano un miglio che nutrisse una particolare predilezione per Sua Maestà. Vegeta, invece, avrebbe preferito terminare la propria vita a gran seghe piuttosto che ammettere di volere qualcosa di più da Kakaroth.
E ok a tutto quell'adorabile – per non dire stucchevole, sicuramente vomitevole – discorso sul fatto che il principino volesse il loro rapporto esattamente dal punto in cui l'avevano lasciato.
Un vero peccato che dal punto in cui l'avevano lasciato allo step successivo - ossia scopare come ricci in ogni angolo di quella palla di fango che chiamavano pianeta - ci passasse solamente il fatto che fossero stati sposati.
E, guarda guarda, invece al momento erano entrambi liberi come fringuelli. Lutti superati e accettati, anni a sufficienza per non essere socialmente additati come adulteri ne erano passati. Lo step successivo era così dietro l'angolo che prima o poi ci avrebbero sbattuto le dita dei piedi contro.
Lui ce le aveva già sbattute e aveva invocato santi e santoni ogni volta che Vegeta aveva negato l'evidenza. Come se poi non li avesse visti dalle telecamere di sicurezza come si lanciavano certi sguardi! O come Vegeta avesse sciolto i suoi capelli da quella ridicola acconciatura pochi giorni prima – diamine, Sua Maestà detestava i contatti fisici come quelli!
Ah, però erano amici. Sì.

«Rad?» Kakaroth richiamò la sua attenzione, ed egli balbettò ancora qualcosa di insensato.
“Sì, amici, quand'è che ci mettete anche i benefici?!” non sarebbe stata una frase molto felice dopo un discorso tanto serio. No, non ci avrebbe messo il becco, oppure Vegeta l'avrebbe decapitato.
«Devo andare!» trillò Radish, alzandosi di scatto dal divano. «Devo andare a guidare! A guidare, già. Si parte!» continuò a cinguettare uscendo dalla Living Room a balzi e ignorando lo sguardo confuso di suo fratello.
Due cose erano certe.
La prima è che Radish avrebbe atteso pazientemente il momento in cui avrebbe potuto urlare a gran voce un gigantesco “te l'avevo detto” nell'orecchio di Sua Maestà.
La seconda era che avrebbe festeggiato con del Rokk.


 
•••
 


Goku era terribilmente confuso. Inutile cercare di nasconderlo, e si sentiva anche piuttosto giustificato. In quattro giorni la sua vita era stata capovolta e risvoltata come un calzino.
Aveva iniziato a sentirsi stranito da quando quei due tizi erano giunti su Morvir e avevano iniziato a farneticare cose strane sul suo conto.
Lui era sempre stato convinto di essere cresciuto su quel pianeta, anche se non si ricordava proprio niente del proprio passato. Le sue giornate, da quando ne aveva memoria, erano state scandite solo dal lavoro, gli allenamenti, la disciplina, la guardia a quello che credeva fosse il proprio imperatore. Non aveva amici, le poche volte che aveva provato a parlare con qualcuno lo avevano ritenuto tutti troppo strano. Quindi si era chiuso in se stesso, solo, senza nessuno. E le poche volte che aveva gradito ricevere un contatto vero e proprio, si era rifugiato in uno dei quei locali promiscui per non nativi. Squallido, davvero squallido.
Aveva sempre creduto che quella fosse la propria vita e basta, aveva ignorato il bisogno di contatto umano che avvertiva. Si allenava, allenava i giovani cadetti. Dedito alla disciplina, alla buona condotta.

Poi erano arrivati quei due e gli avevano versato addosso dell'acqua gelida. Li aveva percepiti come una minaccia, soprattutto Vegeta, perché in qualche modo avvertiva che stesse minando ciò che era la sua vita, tutto ciò che gli era stato insegnato. Lo aveva chiamato con un nome strano che riconosceva ma non ricordava come, gli aveva detto che quella vita fosse solo una bugia.
Non ci aveva creduto, aveva provato solo una grande rabbia nei suoi confronti. Goku aveva pensato che fossero solo degli impostori giunti su Morvir solo per comprarlo come combattente.
Poi l'avevano rapito, avevano ucciso l'Imperatore e i Saggi e l'avevano portato via. Si era sentito così arrabbiato dal volerli uccidere ma, suo malgrado, era chiaro che Vegeta fosse più forte di lui.
Si era rifiutato di credere alle loro parole, a ciò che stavano tentando di dirgli. Gli era stato insegnato che i Saiyan fossero solo degli impostori, degli assassini. Aveva persino pensato di tornare su Morvir di nascosto ma, d'improvviso, altre persone l'avevano riconosciuto per qualcosa che lui nemmeno ricordava.
Gli era crollato il mondo addosso, si era sentito impotente, confuso. Aveva tentato di ricordare il proprio passato su Morvir ma si era reso conto di non averne uno. Le coincidenze erano state tante, troppe, poi Vegeta gli aveva porto la mano.
Era stato forse il primo gesto amichevole che qualcuno gli avesse riservato nella vita – beh, nella sua vita da ciò che ricordava.
Vegeta aveva occhi duri nei suoi confronti, ma Goku non si era mai sentito in pericolo in sua presenza. Come se già lo conoscesse, come se sentisse di potersi fidare. Non aveva più niente da perdere.

Quindi aveva accettato quella mano e in quattro giorni si era catapulto in un viale di ricordi di cui non aveva memoria, ma che avevano assunto una sembianza verosimile. Aveva avuto delle prove concrete, tangibili. Su Morvir non aveva avuto un passato, Vegeta gliene aveva appena dato uno.
E non gli dispiaceva, non gli dispiaceva per niente.
Per la prima volta nella propria vita – da quando ricordava di esistere – aveva sentito qualche tassello di se stesso coincidere con ciò che voleva essere. Non uno schiavo, non una marionetta, non una guardia assoggettata al potere di un imperatore.
Alcune cose di quel passato che Vegeta gli aveva narrato avevano dell'incredibile – le Sfere del Drago, ad esempio, o gli Dei della Distruzione, o Zamasu, la Macchina del Tempo – ma ne era rimasto affascinato.
Non ricordava niente di tutto ciò, ma in qualche modo sapeva che fosse vero. Vegeta l'aveva descritto come una persona allegra, solare, buona. Lui non si era mai sentito in quel modo su Morvir, non si era riconosciuto... ma in qualche modo aveva sentito che fosse così che desiderava essere.
Anche se era molto difficile comportarsi come tale, dopo tutti quegli anni trascorsi immerso nelle rigide imposizioni morviriane.
Tuttavia su quell'astronave, per la prima volta, aveva potuto mostrarsi a qualcuno senza tenere la consueta posa rigida, senza disciplina. Aveva scoperto che aveva un sapore dolce parlare con qualcuno che non lo trattasse come un numero, come una mera pedina.
Si era sentito qualcuno. Si era sentito bene, e aveva quindi realizzato come si fosse sentito male su Morvir durante tutti quegli anni.


Goku accigliò lo sguardo e si torturò le mani. Non avrebbe dovuto essere così poco sensibile con Vegeta a fargli presente quella cosa. Non aveva però idea che quell'uomo potesse sentirsi così in colpa nei suoi confronti.
Non aveva idea del perché, ma non gli piaceva l'idea che Vegeta potesse sentirsi in quel modo. Si alzò dal tappeto e decise che avrebbe dovuto far qualcosa a riguardo. Lo cercò in lungo e largo sull'astronave, e lo trovò sul ponte superiore intento a tirare calci e pugni a un robot rinforzato.
Emanava una forza straordinaria, così potente che Goku non si rese nemmeno conto dei minuti che passò solamente a fissarlo mentre combatteva.
«Kakaroth, che vuoi?»
Goku scosse la testa e si sbrogliò dall'incanto, avvicinandosi poi al Principe dei Saiyan.
«Vegeta, non volevo rigirare il coltello nella piaga. Davvero non penso che sia colpa tua» gli disse, e Sua Maestà diede un calcio più forte al robot fino a mandarlo in corto circuito.
Non lo guardò negli occhi, si accigliò e ancorò lo sguardo al terreno.
«Kakaroth, ti prego...»
«Davvero, non lo è» asserì Goku.
Analizzando la questione da esterno gli era stato piuttosto chiaro perché nessuno si fosse mosso prima per cercarlo. Aveva scelto volutamente di rimanere lontano, morto per sette anni, una volta! Non pensava che fosse colpa di Vegeta. Tanto meno era colpa di Vegeta che qualcuno gli avesse manipolato la mente fino a creargli dei danni permanenti.
Goku aveva appreso che il Principe si fosse comportato spesso come uno stronzo, burbero, irresponsabile, assassino. Ma quello era imputabile a un passato davvero, davvero burrascoso. Aveva appreso che fosse cambiato, che si fosse redento nel meglio delle proprie capacità. Trovava davvero ingiusto che si sentisse in colpa semplicemente per non essersi preso la responsabilità di cercare una persona che se ne era andata di spontanea volontà.
Vegeta non rispose. Si limitò a guardare il pavimento, con i pugni e le labbra strette. Goku sospirò. Gli faceva male vederlo così, e proprio non capiva il perché. Non si era sentito allo stesso modo di fronte ai ricordi che egli gli aveva narrato.

«È strano...» si ritrovò a dire, senza neanche accorgersene.
Vegeta sollevò lo sguardo e gli dedicò un'occhiata di traverso.
«Cosa?»
«Mi sento come se mi avessero raccontato una storia della quale sono protagonista, ma non avevo idea di esserlo. Come se fossi il protagonista di un libro, insomma, un libro molto bello, di cui sono felice e soddisfatto. Però tutte queste cose sento che non mi provocano le giuste emozioni» ammise Goku. Era ciò che provava in quel momento. «Non sento... quello che dovrei sentire. Mi dispiace, sento che mi dispiace per la morte dei nostri cari, ma come mi commuoverebbe una storia che leggo, un romanzo». Su Morvir uno dei suoi unici passatemi era leggere dei romanzi in standard intergalattico, e aveva faticato parecchio a imparare a leggere.
Vegeta chiuse gli occhi e sospirò. Era delusione, quella?
«Però in tutto questo c'è una cosa... una cosa strana» si apprestò quindi ad aggiungere Goku. «A differenza di quello che posso provare stando con Radish, immaginandomi i miei figli o qualcuno altro, sento che con te è abbastanza diverso. Sento una strana connessione. È come se davvero già ti conoscessi da una vita» spiegò Goku.
Era la verità, anche se non sapeva spiegarne il perché.
«Beh, forse perché è vero che mi conosci da una vita» borbottò Vegeta.
«Sì, ma... non credo che tu stia capendo cosa intendo» sussurrò Goku. Non sapeva proprio come spiegarsi.
Lo sentiva e basta. Così come aveva ricordato in modo casuale che Vegeta avesse paura dei serpenti, così come il nome Kakaroth pronunciato da lui sapeva di casa. A differenza degli altri, Vegeta non era un altro personaggio di un romanzo. Avvertiva delle corrette seppur velate sensazioni nei suoi confronti, come se la sua memoria esistesse ancora.
«Lo capisco...» sospirò Sua Maestà.
«Ecco, proprio per questo io sono certo, assolutamente certo che non me la sarei presa con te. Non è colpa tua. Hai attraversato l'universo per me, per salvarmi. È tutto ciò che mi importa. Spero solo che nel luogo dove stiamo andando possano davvero fare qualcosa per ripristinarmi la memoria» concluse Goku, sincero.
Vegeta gli lanciò uno sguardo tagliente, poi sbuffò e il suo volto divenne meno duro. Non ne era del tutto convinto, ma Goku gliel'avrebbe ripetuto fino allo sfinimento, se necessario.

Si guardarono negli occhi per qualche secondo, in silenzio.
«Vorrei non essere mai partito» mormorò Goku. Sarebbe stato tutto più semplice se fosse rimasto sulla Terra.
«Vorrei averti impedito di partire» controbatté Vegeta, rigido.
Chissà come, quella cosa fece sorridere Goku in modo sghembo. Vegeta era davvero un gran testardo, nel colpevolizzarsi in quella maniera! Esattamente come aveva detto Radish.
«Sei proprio un grandissimo egocentrico, vero?» ridacchiò Goku.
Il volto di Vegeta si fece meno duro. Scosse la testa e alzò un angolo della bocca, beffardo.
«Oh, vedo che non ci hai messo molto a imparare a conoscermi» ghignò.
Aveva i denti bianchi e gli si arricciava il naso quando provava a sorridere. Un tentativo piuttosto fallimentare, ma che aveva comunque un suo perché. E Goku se lo ricordava. Si ricordava che fosse sempre quello l'angolo della bocca che alzava per i suoi tentativi di nascondere un sorriso vero. Il sinistro.
Così come Goku ricordava una parola in lingua Saiyan, ma non ne ricordava il significato. Baka. E aveva memoria di come fossero le sue mani sotto quei guanti bianchi, e persino di una cicatrice a forma di Y sul pettorale sinistro.
Ricordava delle cose, ricordava delle sensazioni, e proprio non riusciva a collocarle nel modo corretto. Anche perché, di tutti quei gran discorsi e narrazione, non era riuscito davvero a comprendere che rapporto avessero. Da un lato sembrava che Vegeta lo avesse odiato, dall'altro che l'avesse rispettato, in quel momento gli sembrava che si sentisse responsabile nei suoi confronti e Radish non aveva saputo rispondere a una semplicissima domanda.
«Vegeta, ehm... noi... noi eravamo amici, giusto?» domandò infine Goku.

Il sorrisetto impertinente di Vegeta si spense. Strinse le labbra e indurì la mandibola. Perché tutti sembravano restii a rispondere a quella domanda?
«S-Sì. Lo eravamo» balbettò poi il Principe, e le sue guance divennero molto rosse.
Goku sollevò un sopracciglio. Ok, c'era qualcosa di non detto, lì. E in effetti anch'egli sentiva che qualcosa non corrispondesse alla perfezione.
«Uh... ok. Ma... intendo, noi eravamo solam-» tentò di domandare, ma il volto di Vegeta iniziò a contorcersi in espressioni poco consuete, poi lo interruppe.
«Ah, mi sono dimenticato di dirti che forse è il caso di chiamare i tuoi figli» trillò, con un tono di voce fin troppo alto rispetto al solito. «Stavano aspettano che io finissi di raccontare. Abbiamo finito, giusto? Andiamo!»
E, detto ciò, Sua Maestà si avviò verso il piano inferiore senza voltarsi indietro.
Goku corrucciò lo sguardo. Decisamente qualcosa non quadrava.


 
•••
 


No, no, no, assolutamente no.
Non avrebbe fatto quel discorso con Kakaroth neanche se fosse stato costretto con un Ki-blast puntato alla tempia.
Nossignore. Non il momento, non il luogo, non il caso.
Già con Radish gli provocava non poco imbarazzo, figurarsi col diretto interessato! Perché diamine tutti tendevano a travisare quale fosse il loro rapporto?
Ah, giusto, perché forse c'era qualcosa di singolare davvero, nel loro rapporto. Ma non romantico. Né sessuale. Niente di tutto ciò.
Beh, forse perché non c'era mai stata l'occasione. Adesso siete entrambi liberi, no?” la voce irriverente e petulante di Radish gli martellò nella testa e, anche se in quel momento si trovava zitto zitto al proprio posto di guida, Vegeta ebbe la malsana voglia di mettergli le mani al collo e stringere forte.
Tornò con lo sguardo su Kakaroth e provò in tutti i modi di tornare concentrato su ciò che stava accadendo, non su quei ridicoli pensieri fuori luogo e fuori contesto.
Solo che, nel vederlo sorridere di fronte allo schermo e grattarsi la nuca in quel modo sciocco, tenere a bada i pensieri fuori luogo non fu facile. Così come non fu facile trattenere anch'egli un sorriso nel vedere tutte quelle persone dall'altra parte della video-chiamata così felici, così allegre, entusiaste.

«Papà, sul serio, quella battle-suit mi ricorda i tempi del Cell-Game! Quando ci siamo allenati nella stanza dello Spirito e del Tempo!» ridacchiò Gohan.
Kakaroth strinse le labbra e lanciò uno sguardo confuso a Vegeta. Ecco, forse si era dimenticato di menzionargli quella stanza in particolare, non l'aveva ritenuto un dettaglio significativo.
«Ehm, penso di non ricordarmi di questa cosa, ma ti credo sulla parola, Goten» replicò dunque Kakaroth, impacciato. Vegeta si irrigidì e si portò una mano sul volto.
Gohan storse le labbra e si strinse nelle spalle.
«Non importa, papà. Però, ehm... io sono Gohan!» mormorò, imbarazzato.
Vegeta sospirò. Non aveva scelto un bel momento, Gohan, per stare con le lenti a contatto: in tutte le foto Kakaroth lo aveva visto ritratto con gli occhiali. Troppo facile confondere i due ragazzi, dato che con il passare degli anni avevano iniziato ad assomigliarsi parecchio.
«Sono io Goten. Ma non è un problema, l'importante è che tu stia tornando a casa!» cercò di minimizzare il secondogenito.
Una vera fortuna che i ragazzi fossero dotati di grande pazienza e comprensione.
«Scusate io... mi dispiace non ricordarmi bene di voi. Ma ci sto lavorando!» si giustificò Kakaroth, in imbarazzo.
Gohan e Goten si guardarono con un sorriso amaro.
«Papà, scusaci... avremmo dovuto venire a cercarti prima» disse Gohan.
Vegeta si irrigidì di nuovo. Quante volte ancora quel giorno qualcuno avrebbe tirato fuori quell'argomento?
«Capisco perché non l'abbiate fatto» rispose Kakaroth, poi si voltò verso Vegeta. «Non è colpa di nessuno» ribadì ulteriormente.
Il Principe trattenne il fiato. Non importava quanto Kakaroth gliel'avrebbe detto e ridetto, non si sarebbe mai levato dalla testa che avrebbe potuto fare meglio, avrebbe potuto fare di più.
«Non sei deluso?» domandò Goten.
«Ehm... no?» replicò Kakaroth, poi si portò una mano dietro la nuca e iniziò a ridere. «In fin dei conti non mi ricordo niente, eheheh!»

Una risata fin troppo simile a quella da clown che riempiva le loro giornate, un tempo. Solo un accenno, ma ciò che bastò per dare a Sua Maestà il colpo di grazia per quella giornata.
Odiava quella risata.
Chissà come, Radish si voltò verso di lui con aria preoccupata, come se conoscesse ormai a memoria ciò che avrebbe potuto mandarlo in crisi.
Non aveva torto. Gli restituì uno sguardo duro e si rese conto di non riuscire più a far fronte a quella cosa. Ci era riuscito per quei giorni, si era dedicato totalmente a portare a termine la missione, poi a ficcare concetti e nozioni nella testa vuota di Kakaroth. Ma in quel momento non riuscì più a trattenersi dall'essere uno stupido patetico sentimentale.
Si voltò di scatto e si allontanò dalla cabina di pilotaggio. Era il momento di vivere quella crisi, ma nessuno aveva il diritto di poter assistere.
Era bastata una risata per mandare tutto a puttane.



«Smettila di ridere come un cretino!»
«Ehehe! Non ci posso fare niente, sono solo contento!»


«Uh-ahaha!»
«Ti farò sputare tutti i denti, se continui a ridere in quel modo».
«Inizia da ora, se riesci a prendermi!»


«Kakaroth, sei ubriaco?»
«Mi sa che ho bevuto troppo Saké, eheheh!»
«Siamo a posto, già sei scemo da sobrio!»


«Non c'è assolutamente niente da ridere, Kakaroth, stavamo per finire ammazzati!»
«Ma è andato tutto bene, no?! Eheheh!
«Ti odio».


Vegeta premette ancora di più il volto contro il cuscino duro della propria branda e grugnì. Odiava quella risata che continua a risuonargli nella testa.
Odiava che i migliori ricordi che avesse, quelli più felici, spensierati, fossero accompagnati da quel suono irritante.
Odiava quella risata. E in quel momento la odiava di più perché scoprì che gli fosse mancata.
Kakaroth gli era mancato e ammetterlo gli faceva male, ma gli faceva ancora più male sapere che lui si ricordasse poco o niente di quei momenti.
Gli aveva detto che sentiva quella connessione, ma di fatto non ricordava nulla e in quel momento a Vegeta sembrava quasi improbabile che su Dagrabàh avrebbero trovato una soluzione.
In quel momento gli sembrava tutto nero, tutto oscuro.
Grugnì di nuovo contro il cuscino perché non gli piaceva sentirsi così debole.
Si era ripromesso che sarebbe tornato da quel viaggio prendendo Kakaroth a calci nel sedere, insultandolo per essere stato lontano così a lungo per poi tornare alla normalità una volta tornati a casa.
Invece stava tornando con un Kakaroth a metà, che gli causava sensi di colpa ogni volta che apriva bocca e che lo faceva soffrire ogni volta che gli dava qualche illusione che ci fosse ancora il vecchio Kakaroth lì dentro.
Vegeta ringhiò. Si sentiva davvero, davvero un incapace a gestire tutte quelle emozioni. Non riusciva a districarle, non riusciva ad analizzarle con coerenza. Era davvero incapace a livello emotivo. Si sollevò dal materasso e si mise seduto con la testa contro la paratia che affiancava la branda. Ci tirò una craniata contro, ma poi si rese conto che l'avrebbe rotta e non era il caso.


Quando la porta della stanza si aprì Vegeta trattenne il respiro e si affrettò ad asciugarsi il volto con la manica della battle-suit. Dannazione.
«Ehi, ho preparato qualcosa per cen-» Kakaroth si interruppe non appena il fascio di luce del corridoio si posò sul voltò del Principe.
Dannazione a lui. Non si usava bussare, sul fottuto pianeta Morvir?!
«Vegeta, che succede?» domandò preoccupato, avvicinandosi. «Perché stai piangendo?»
«Non sto piangendo, Kakaroth, vai via!» sbottò Sua Maestà, prendendosi la testa tra le mani e ringhiandoci dentro.
Ma Kakaroth non seguì quell'ordine. Si avvicinò ancora di un passo e si sedette vicino a lui sulla branda.
«È per qualcosa che ho detto?» domandò.
Vegeta soffiò di disappunto.
«Non essere tu l'egocentrico, adesso» provò a buttarla sull'ironico.
Negare l'evidenza era sempre stato il suo forte, chissà come in quel momento gli risultava difficile.
Kakaroth non si arrese. E quando mai! Con quella testa dura che si ritrovava!
«Vegeta... cosa c'è che non va?» domandò, e Sua Maestà esplose.
«Ho detto che non c'è nulla che non va, idiota!» abbaiò, esasperato.
Kakaroth sembrò costernato da quella reazione, quasi offeso dall'insulto a lui rivolto.
«Prego?» sibilò a denti stretti.
Vegeta alzò gli occhi al cielo e tirò una nuova testata contro la paratia. Era difficile averci a che fare. Ma evidentemente sarebbe valsa la pena spiegargli quella cosa, o altrimenti non avrebbero concluso mai niente.
Gli rivolse uno sguardo stanco, poi ammorbidì il tono.
«No, Kakaroth... è che... il nostro rapporto era così. Io ti trattavo male, tratto male chiunque, sono uno stronzo scorbutico. Ma tu non ti offendevi e, anzi, ci ridevi sempre sopra ogni volta che ti elargivo gli epiteti più disparati» spiegò Vegeta.
Deficiente, idiota, imbecille, decerebrato, clown, cretino erano solo in cima alla lista degli insulti che gli aveva riservato.
«Oh...» Kakaroth sembrò rilassarsi.
«Era così... eravamo così... ora invece tu non mi conosci, ti offendi... perché non sei più...» qualcosa nella voce di Vegeta si ruppe. Strinse ancor di più i pugni e serrò le labbra.
Non avrebbe pianto di fronte a Kakaroth. Aveva già visto quello spettacolo più di una volta, su Namek in primis.
Nascose il volto tra le mani e ci ringhiò dentro tutta la frustrazione.
«Vegeta...» sospirò Kakaroth, allungando una mano verso di lui.
Sua Maestà alzò un palmo per fermarlo prima che potesse anche solo sfiorarlo.
«Lasciami solo, Kakaroth» soffiò Vegeta. Per favore, avrebbe voluto aggiungere. Ma lui non supplicava nessuno. Anche se il suo tono risultò molto più vicino a una supplica che a una richiesta.
Kakaroth frenò la sua mano e sospirò, però sembrò comprendere. Si alzò dalla brandina e fece per uscire ma, dopo qualche secondo di esitazione, si guardò indietro.
«Vegeta?» lo chiamò, incerto.
Sua Maestà avrebbe voluto polverizzarlo con un Ki-blast, ma non ne ebbe nemmeno le forze.
«Mh» mugugnò, ancora con la faccia tra le mani.
«Se vuoi chiamarmi "idiota"... per me va bene, lo sai?» disse, con un sorrisetto stupido dipinto sul volto.
Vegeta soffocò una risata nel naso.
Dannato Kakaroth. Dannato cuore troppo grande. Dannato... idiota.



 
Continua...

Riferimenti:
-Baka in giapponese significa "idiota". Come forse avevo già spiegato in precedenza, mi piace pensare che i saiyan avessero una lingua tutta loro. E, solo per gradimento personale, ho voluto che suonasse come il giapponese. 


ANGOLO DI EEVAA:
Buongiorno, bellezze!
Siamo giunti al quindicesimo capito e, come avevo già spiegato nello scorso capitolo, ho voluto finalmente dare luce ai pensieri degli altri due protagonisti e non solo a quelli di Vegeta. Radish, giusto per far capire quanto sia stupido e adorabile allo stesso tempo. Ma soprattutto Goku, per tirare le somme di come l'abbia vissuta lui, invece, tutta questa storia. Spero che abbiate gradito.
Che dire... povero Goku! Nessuno sembra in grado di rispondere alla sua semplicissima domanda xD Radish ha saggiamente deciso di lasciare perdere - per la sua incolumità - Vegeta ha deciso di far finta di nulla e cambiare argomento.... e andare in sbattimento. Poraccio.
Ma, si sa, tutti nodi prima o poi vengono al pettine... e noi ci uniremo a Radish a festeggiare con del Rokk quando accadrà.
What to say... nel prossimo capitolo finalmente torneremo su quell'inferno di Dagrabàh. Ce la farà la vecchia strega a far tornare la memoria a Kakaroth?
Sono aperte le scommesse!
Grazie come sempre a tutti e a presto!
Eevaa


 
Nel prossimo capitolo!
«E sì che neanche hai provato la zuppa di fiori» ridacchiò Radish.
«O l'insalata di fiori» aggiunse Vegeta.
«O il pudding di fiori» concluse Radish.
Kakaroth li guardò di sbieco, senza comprendere. «Voi ve li siete fumati, i fiori» convenne, infine.
Radish ridacchiò.
«Non hai idee stupide, fratellino».
 
  
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