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Autore: VaniaMajor    20/07/2021    6 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Author’s note: i personaggi mi stanno dando delle preoccupazioni, ma ho in mente parecchie scene interessanti per i capitoli a venire, quindi…”Hoshisaki” non va in vacanza!
 
CAPITOLO 16
SENTIMENTI SENZA VOCE
 
La pioggia continuava a schiaffeggiarle il volto e il fango le scivolava sotto i piedi, mentre correva nel tardo pomeriggio che si faceva sempre più buio. Ansimava appena, conscia che in quel momento doveva ringraziare la sua nuova natura di yokai se la fatica non l’aveva ancora portata alla resa o a gettarsi in un angolo a vomitare tutto ciò che il suo stomaco conteneva. Correva veloce, cercando di non badare alla sensazione di freddo che si stava facendo strada dentro di lei. Non era solo un effetto della pioggia battente e nemmeno l’energia rubata che la stava lasciando col prolungarsi degli sforzi. Era paura per la sorte di Kagome, anche se il fatto che quel Principe burbero si fosse gettato senza esitazione insieme a lei le dava una speranza. Era il gelido terrore che aveva in corpo fin dalla notte in cui quel mostro chiamato Naraku aveva cercato di ucciderla e l’Hoshisaki sulla sua fronte l’aveva trasformata, distruggendole la vita.
“Dovresti esserci abituata” le disse una vocina sarcastica, e Anna strinse i denti. Aveva sempre combattuto. Ogni volta che era stata abbandonata, ogni volta che la sua persona e i suoi sogni erano stati negati, aveva lottato per riemergere, per affermarsi e costruirsi un po’ di felicità. Kagome e la sua famiglia l’avevano aiutata e di recente, per quanto vivere sola le facesse paura, aveva pensato di essere sulla strada giusta verso un’esistenza serena. L’immagine del suo piccolo appartamento, degli oggetti cari, dei suoi libri, dei fiori di cui si occupava al negozio, fece capolino per tormentarla.
Aveva perso tutto, lo sapeva. La sua nuova forma non le concedeva di tornare indietro, era ormai obbligata a vivere in quel mondo estraneo e pericoloso. Non aveva fatto scenate, al suo risveglio tra i monaci di Ojohi: per una volta, aveva deciso di non combattere. Si era arresa all’evidenza. La sua voce aveva gettato la spugna a sua volta, scomparsa come se non avesse mai imparato a parlare. Aveva accettato passivamente il suo nuovo ruolo e atteso l’arrivo del tanto stimato Imperatore di En, imparando a memoria la storia delle Hoshisaki e ciò che ci si aspettava che facesse. Forse, qualcuno poteva aver bisogno di lei, in questo strano mondo. Forse, qualcuno avrebbe accolto quella nuova Anna e le avrebbe dato un posto dove stare.
Invece, un altro rifiuto. Netto, reciso, senza appello. Se quella mattina Anna non fosse stata piena di gioia per aver potuto riabbracciare Kagome e aver saputo che stava bene, forse sarebbe crollata sotto lo sguardo gelido e sprezzante di quegli occhi d’ambra. Nessun posto per Anna, nemmeno da yokai. L’Imperatore di En, la cui straordinaria bellezza e la cui personalità imponente erano riusciti per un attimo a incantarla, non la voleva, nemmeno in nome di quell’Hoshisaki che portava sulla fronte. Più tardi aveva colto certe conversazioni e ne aveva intuito il motivo, ma questo non cambiava la situazione. Anzi, la peggiorava. Non sapeva nemmeno lei come le fosse passato per la mente di sfidarlo, ma non aveva saputo trattenersi. D’improvviso, la rabbia e il senso di impotenza avevano scoperchiato in lei l’istinto alla ribellione. Ancora non conosceva la reazione di lui alla sua presa di posizione di quella mattina e all’offerta dei propri servigi simboleggiata dal fiore che aveva scelto.
Anna saltò un albero caduto sul sentiero, poi si voltò verso sinistra, sospettosa. Aveva l’impressione di essere seguita, ma non avvertiva alcun odore. L’attacco precedente era stato coperto da yokai in grado di cancellare la propria presenza e quella altrui, quindi forse…La yokai bionda strinse i denti e alzò gli occhi al cielo che andava facendosi sempre più scuro per la sera imminente. Lo vedeva, una minuscola forma bianca in lontananza. Era fermo, in piedi sulle alte rocce di una montagna dall’altra parte del corso d’acqua, un paio di cime più in là. Era troppo lontano perché Anna riuscisse a capire da che parte stesse guardando.
“Accorgiti di me, per favore! Dobbiamo aiutare Kagome e Inuyasha-sama!” pensò. Solo un mugolio informe le uscì di bocca, riempiendola di una frustrazione tale da farle stringere i pugni e ferirsi i palmi con le lunghe unghie. Doveva parlare! Doveva chiamarlo! Perché quella maledetta voce non voleva uscirle di bocca?! Eppure era così facile: Sesshomaru-sama. Sesshomaru-sama! Un nome non comune ma che, lo sentiva, si sarebbe adattato perfettamente alle sue labbra.
Il pensiero le fece fare una smorfia e Anna si fermò un istante, barcollando per la brusca carenza di energia, una mano sulla fronte. Non voleva credere di essere la reincarnazione di qualcuno. Non si sarebbe arresa a questo genere di sensazioni, ma restava che doveva trovare il modo di comunicare. Altrimenti, come far capire al gelido Imperatore di En che suo fratello e Kagome erano caduti nel fiume e dispersi più a valle? Voleva scrivere nel fango un’altra volta?
Rimase per un attimo ferma nella pioggia, gli occhi fissi sulla sagoma bianca, sperando con tutto il suo cuore di essere notata. Per quanto poteva giudicare, non avvenne. Avvertì una sorda ira nel ventre. Possibile che non fosse minimamente preoccupato per il suo seguito?! Era così cocciuto nel guardare di fronte a sé da non accorgersi nemmeno di chi aveva attorno? Davvero una bella persona, il grande Imperatore di En! Un cafone testardo, un ghiacciolo anaffettivo!
«Mmmnnhhh…» mugolò Anna, stringendo i denti e riprendendo a correre. Era davvero inseguita. Stavolta era riuscita a sentirli riprendere a correre nel bosco non appena si era mossa. Gli alberi in cima alla collina non oscillavano a ritmo con le folate di vento, ma sotto la spinta di qualcosa che scendeva verso di lei. Altre creature dovevano essere state in agguato. Saltò un punto in cui il terreno smosso era franato, interrompendo la via. Accolse l’improvvisa rabbia verso il demone bianco come un’amica, se ne riempì, lasciò che bruciasse le energie che le erano rimaste e le inondasse la mente. Non si accorse della distorta luce viola che iniziò a illuminare la sua Hoshisaki, né del fatto che i suoi tratti si andavano facendo più ferini, come se stesse per trasformarsi di nuovo nella belva che non ricordava di aver incarnato per qualche giorno, nella sua fuga disperata dagli yokai che cercavano di ucciderla.
«S…S…» sibilò, sentendo che il nome continuava a fermarsi in gola come un boccone che non voleva andare né su né giù. Non si accorse di avere le lacrime agli occhi. Sapeva solo due cose: doveva chiamare l’Imperatore di En e non aveva molto tempo, perché una nuova squadra di nemici stava per convergere su di lei e attaccarla. Da sola, non aveva alcuna certezza di farcela.
Alzò di nuovo lo sguardo. Voleva raggiungerlo. Voleva disperatamente che si voltasse verso di lei.
«Se…sa…ma» riuscì ad articolare. La sua vista fu per un attimo piena di fiori di ciliegio, di una luce viola e arcana. Il suo cuore perse un battito, afflitto da una mancanza indicibile. Avvertì qualcosa rompersi dentro di lei, una specie di resistenza. L’energia fluì nel suo corpo senza ostacoli, come un fiume in piena, riempiendole il petto e sgorgando dalla sua bocca, sonora come un tuono, come il rombo di una cascata.
«SESSHOMARU-SAMA!» gridò, nello stesso momento in cui gli scagnozzi di Naraku uscivano allo scoperto per fermarla. Avevano atteso che si stancasse, ma nessuno si era aspettato che potesse attirare l’attenzione del ben più temibile Imperatore di En e non c’era stato bisogno di consultarsi per decidere di farla fuori prima che l’inu-yokai tornasse sui suoi passi. Quella che si voltò verso di loro non era più una donna bionda e stanca, ma una neko-yokai semi-trasformata con un'immensa fame di energia.
Era rallentata dalla debolezza, ancora goffa nei movimenti che fino a qualche giorno prima le erano estranei, ma la guidavano l’istinto e la terribile necessità di nuova energia, perciò diede loro filo da torcere. Qualcuno riuscì a colpirla, anche a ferirla, ma coloro che ci provarono pagarono con la perdita di gran parte della propria energia o della vita. Si risolsero ad attaccarla tutti insieme, prima che potesse usare di nuovo il trucchetto con cui aveva sbaragliato i precedenti agguati, ma quando si avventarono come un’unica massa mortale su di lei una sagoma bianca si stagliò nella penombra della sera incombente e piombò in mezzo a loro, facendo strage.
Stravolta, con il sangue che le pulsava nelle membra per il desiderio di altra energia, Anna rimase a guardare la carneficina operata dall’Imperatore di En con il solo uso delle sue unghie micidiali, mentre un ansimante Jaken si piazzava di fronte a lei alzando il suo particolare bastone con fare protettivo.
«Si può sapere che è successo?» le chiese, voltandosi a metà «Ti abbiamo sentito sgolarti sul nome di Sesshomaru-sama, quando in teoria fino a stamattina non riuscivi a parlare, e adesso ti troviamo sola e attaccata da…»
Anna non fece in tempo a rispondere. Sesshomaru aveva ucciso o messo in fuga tutti gli assalitori e ora si era voltato verso di loro, le mani lorde di sangue. Il suo sguardo duro zittì Jaken e si appuntò sul volto pallido di Anna.
«Cosa sta succedendo, donna?» chiese, brusco. Anna aprì la bocca e per un attimo fu certa di aver perso di nuovo la voce, di non poter parlare in alcun modo finché stava sotto il gelido esame di quegli occhi d’ambra, ma il suo redivivo spirito si ribellò e riuscì a spremersi di bocca le parole fondamentali.
«Kagome e…Inuyasha…sama» disse, con una voce che, seppur rauca e incerta, li stupì per la sua bellezza «Sono…caduti nel…fiume. Sono…dispersi».
***
Nell'antro in cui erano riuniti vigeva un silenzio assoluto.
Kagura era seduta su una roccia, il ventaglio appoggiato sulle labbra. Sul suo volto non si leggeva alcuna espressione, ma bruciava dal desiderio di capire quanto stesse accadendo dai suoni ovattati che giungevano dal fondo della grotta. Bankotsu schiacciava un pisolino o quantomeno fingeva di dormire. Secondo Kagura, era ben poco probabile che si disinteressasse tanto alla situazione, soprattutto contando quanto ancora gli seccava non essere riuscito a portare a termine la missione assegnatagli. Lui e il suo insopportabile compare erano stati puniti, anche se non con la severità che Kagura si sarebbe attesa. Jakotsu, che fino a qualche momento prima aveva tentato di esercitarsi con la Jakotsuha anche solo per passare il tempo e sfogare il nervosismo, era stato ridotto a più miti consigli dall'occhiata terribile che Naraku gli aveva scoccato dall'alone di luce che avvolgeva lo specchio di Kanna.
Nessuno dei presenti osava fare domande al loro signore e padrone, i cui occhi rossi erano fissi sulle immagini che Kanna gli stava mostrando dalla cima di una collina su cui era stata fatta scattare una trappola di grandi dimensioni.
“Mi scoccia ammetterlo, ma stavolta Sesshomaru si è fatto infinocchiare” pensò la yokai del vento, senza che il suo dispetto trasparisse sui tratti del volto. Naraku aveva fretta di liberarsi della nuova portatrice di Junan prima che venisse addestrata all'uso del proprio potere o che potesse allacciare il legame con le Hoshisaki di Sesshomaru, perciò, pur essendo stato costretto a ritirare Bankotsu e Jakotsu per non giocarseli inutilmente, aveva sguinzagliato un'armata di considerevole dimensione sulla via che avrebbe condotto i suoi nemici dal possessore dell'ultima Hoshisaki di Gake. Naraku aveva puntato sull'indipendenza cocciuta di Sesshomaru per attaccare tutti gli altri seccatori, approfittando del fatto che Inuyasha, a quanto pareva, non era più in grado di usare la sua Tessaiga.
I suoni provenienti dallo specchio e una brevissima parvenza di sorriso sul volto diabolico dell'hanyo avevano fatto intuire a Kagura che almeno una parte del piano era andata a buon fine, ma lo spettacolo stava andando avanti più del previsto e iniziava a chiedersi se qualcosa non fosse andato storto. Naraku non sembrava contrariato, ma l'operazione stava durando troppo. Anche Kanna iniziava a essere stanca, Kagura lo capiva anche senza che la bambina albina lo manifestasse.
In quel momento, si udì il nome di Sesshomaru gridato da una voce di donna. Se Kagura avesse avuto in petto un cuore vero e proprio e non una maledetta Hoshisaki, probabilmente lo avrebbe sentito sobbalzare. Così, l'Imperatore di En era stato chiamato in causa, alla fine, quindi il piano non si era realizzato proprio alla perfezione. Inoltre, se non si sbagliava quella era la voce della testarda umana che aveva rubato il potere di Naraku. Non le piacque che avesse ritrovato la voce, né che chiamasse il suo nuovo padrone con tanta appassionata veemenza.
“Gelosa, Kagura? Sei patetica” si disse. Le sue labbra dipinte di rosso ebbero un guizzo, ma nessuno se ne accorse. Quella donna era legata a Sesshomaru, Kagura lo sapeva, ma il pensiero le faceva maledire tutta quella storia delle Hoshisaki con odio ancora maggiore.
«Per ora basta così, Kanna» disse Naraku, e la bambina albina abbassò lo specchio e si mise da parte, senza un lamento. Naraku si fece avanti nella luce incerta delle torce, un corpo ancora instabile e orribile a vedersi.
«Allora? Sono riusciti a far fuori qualcuno?» chiese Kagura, sollevando un sopracciglio.
«Il monaco sta tirando le cuoia. La Cacciatrice l’ha portato in un tempio in rovina, ma sono circondati e non verranno aiutati in tempo. Inuyasha si è buttato nel fiume per salvare la reincarnazione di Kikyo, al momento non hanno saputo dirmi se sia vivo o morto.» riassunse Naraku, corrucciandosi lievemente «Quella piattola che non vuole morire ha seguito Sesshomaru ed è riuscita a farsi salvare un’altra volta».
«È proprio aggrappata alla vita, eh?» fu il sarcastico commento di Kagura. Naraku non le diede attenzione.
«Bankotsu, Jakotsu.» chiamò, ottenendo subito l’attenzione di entrambi e svelando la falsità del sonno di Bankotsu «Andate a trovare la tribù di Koga. È ora di sistemare questa faccenda una volta per tutte».
«Pensavo ci avresti mandato a cercare il cadavere di Inuyasha» disse Bankotsu.
«O a renderlo tale nel caso sia ancora vivo» aggiunse Jakotsu, con un fremito di piacere. Quel poco che aveva potuto vedere del Principe di En lo aveva acceso più di tutte le sue passioni precedenti.
«Ho già sguinzagliato i Saimyosho per questa ricerca, saranno certo più efficaci di voi» li censurò Naraku «Ammazzate Koga e portatemi la sua Hoshisaki. Non abbiamo più tempo da sprecare con quell’ookami-yokai. In quanto a te, Kagura…»
«Sì?» chiese lei, imbronciata. Non le piaceva lo sguardo di Naraku su di lei. Celava troppi pensieri. Il Signore di Gake era preoccupato, la demone del vento ne era certa. Troppe coincidenze stavano facendo pendere la bilancia a favore di En e Naraku non aveva intenzione di attendere che Sesshomaru e Inuyasha attivassero tutte le loro Hoshisaki e lo fregassero sul tempo.
«Vai a finire il tuo lavoro. Uccidi quella donna.» le ordinò. Kagura spalancò appena gli occhi.
«Ma…è con Sesshomaru.» quasi balbettò. Naraku la teneva il più lontano possibile da lui da un sacco di tempo.
«Lo so. Mi stai dicendo che non puoi farlo? Proprio tu, che hai la possibilità di colpirla senza farti toccare? Hai forse paura di rivedere l’Imperatore di En?» la schernì Naraku. Kagura si alzò, furibonda, sentendosi addosso lo sguardo derisorio di Jakotsu.
«Valutavo soltanto la tua improvvisa inversione di condotta.» disse, aspra, voltandogli le spalle «Certo che ci vado. Se credi che io abbia paura di quella tizia, ti sbagli di grosso!»
Naraku osservò Kagura uscire dalla grotta a passo di marcia, con un sorrisetto micidiale.
«E con questa azione ti guadagnerai l’odio imperituro di Sesshomaru, mia cara Kagura, così da cancellarti ogni grillo da quella testa vuota.» sussurrò, poi i suoi occhi si spostarono sui due Shichinin-Tai «Ancora qui? Mi sembra di avervi dato un ordine».
Bankotsu e Jakotsu se ne andarono senza fiatare. Kanna rimase nell’ombra e, se anche la sfiorò un pensiero su quanto stava accadendo, nulla sul suo piccolo viso lo manifestò.
***
Kagome si svegliò a fatica, avvertendo dolore in tutto il corpo e un peso opprimente sul petto, che le faceva mancare il respiro. Gemette, poi fu scossa da un brivido dalla testa ai piedi. Aveva freddo. Non si sentiva le dita delle mani né dei piedi. Le sue palpebre tentarono un paio di volte di aprirsi, mentre la mente confusa cercava di riannodare i fili della memoria e capire cosa fosse successo.
I suoi occhi risposero allo stimolo prima della mente. Quando si aprirono, il buio completo continuò a farla da padrone, trasmettendole un’ondata di panico. Soffocò un singhiozzo, tentando di alzarsi, impossibilitata a farlo dal peso che le gravava addosso. Il movimento, però, spostò appena quel peso alla sua destra. Qualcosa le sfiorò il mento e le labbra: capelli umidi. La sua mente si sbloccò.
Era caduta nel fiume. Una marea di scagnozzi di Naraku li aveva attaccati ed era iniziata una battaglia sotto la pioggia scrosciante. Poi, il sentiero era crollato, trascinandola con sé e facendola precipitare. Inuyasha si era lanciato verso di lei, prendendola tra le braccia. Ricordava il lampo di luce del nuovo potere di Anna, il movimento del Principe di En che si interponeva tra lei e la superficie turbolenta del fiume, un’ultima immagine del suo volto concentrato e dell’acqua minacciosa a cui andavano incontro. Poi, una botta fragorosa, la corrente che li trascinava via tra corpi e detriti. L’incoscienza.
«Inu…yasha…» balbettò, usando tutte le forze che riuscì a racimolare per alzarsi sui gomiti. Lo sentì scivolare al suo fianco, liberandole il petto, ma non ottenne risposta. La cosa la terrorizzò. Era notte, quindi dovevano essere passate ore dalla loro caduta. Il fiume era poco distante, lo sentiva, perciò Inuyasha era riuscito a trascinarla fuori dalla corrente e a metterla in salvo poco distante. Ma lui? Perché ora non rispondeva?
«Inuyasha! Inuyasha?!» lo chiamò ancora, febbrile, allungando le mani per cercare il suo viso. Lo trovò e si spaventò per quanto era caldo, in contrasto con i capelli bagnati. Avvertiva il suo respiro sulla pelle, quindi era vivo, ma di certo non stava bene. Anche gli hanyo potevano ammalarsi? Pareva di sì.
«Inuyasha, ti prego, dimmi che cos’hai…» gemette. Le sue mani gli toccarono la nuca, il collo, il petto, cercando eventuali ferite nel buio. Quando gli sfiorò la schiena, Inuyasha lanciò un gemito che la fece rabbrividire. Ma certo…era caduto nell’acqua di schiena, doveva essere stato ferito dalle rocce sul fondo oppure da qualche nemico sopravvissuto. Kagome cercò con movimenti goffi e frenetici l’Hoshisaki che portava al collo.
«Guariscilo! Shinsetsu, per favore, fai qualcosa!» gemette, disperata. Non si era mai sentita così colpevole, anche se sapeva di essere vittima della situazione quanto Inuyasha. Non si aspettava che lui rischiasse tanto per salvarla e non si sarebbe mai perdonata se gli fosse accaduta una tragedia. La Punta di Stella tra le sue dita reagì immediatamente alla profondità del suo desiderio. Si illuminò di una gentile luce viola, permettendole di vedere il corpo sdraiato di Inuyasha e le ferite che aveva sulla schiena, dove la leggera stoffa bianca della veste era stata lacerata. Si tolse il pendente dal collo e lo avvicinò a quelle ferite, pregando con tutto il cuore di poterlo guarire. Lentamente, gli squarci iniziarono a chiudersi e il respiro del Principe di En divenne meno rarefatto e faticoso. Solo quando avvertì un capogiro tale da doversi reggere con entrambe le mani, Kagome smise di usare il potere dell’Hoshisaki. Non lo aveva guarito del tutto, ma lo aveva salvato. Poteva continuare più tardi, dopo aver riposato ancora un po’.
«Inuyasha, svegliati.» mormorò con un sorriso tremante, allungando il pendente verso il viso dell’hanyo per fargli luce «Ora va tutto bene, sei…»
Le parole le morirono in gola. La sua mente aveva registrato con forte ritardo un paio di dettagli fondamentali. Il volto di Inuyasha era incorniciato da capelli di un nero puro, perfetto, che giacevano arruffati oltre la sua spalla, sull’erba. In cima alla sua testa, erano scomparse le orecchie canine, sostituite da normali e proporzionate orecchie umane.
“Questo non è Inuyasha!” pensò Kagome, pietrificata “Questo è…il ragazzo del pozzo!”
Come poteva essere? Da dove era arrivato e perché era ferito? Ma allora…Inuyasha che fine aveva fatto? Stava bene oppure era in pericolo? Forse era morto! Tutti questi pensieri le sfrecciarono nel cervello come farfalle impazzite, poi il giovane misterioso gemette e aprì gli occhi con una smorfia, mostrandole iridi di un viola molto simile a quello della luna di En.
«Kagome…sei viva» sospirò, poi strinse i denti quando tentò di muoversi, pieno di dolori in ogni parte del corpo «Dannazione, c’è mancato un pelo. Ci hanno quasi ammazzati, quei luridi figli di…» Quando si accorse che Kagome lo fissava con occhi grandi come piattini, portandosi le mani alla bocca, tacque. «Che c’è? Cos’hai da guardarmi così?!» le chiese, sospettoso, poi anche lui sgranò gli occhi.
La voce di lui aveva cancellato ogni domanda di Kagome, che finalmente capiva il mistero legato alla sua chiamata su En. La luce di Shinsetsu nel buio più profondo aveva intanto ricordato a lui che quella era l’ultima notte al mondo in cui avrebbe voluto mostrarsi a chicchessia.
Era luna nuova. Inuyasha, nella forma umana che era la sua mensile maledizione, masticò un’imprecazione che avrebbe scandalizzato perfino Miroku.
   
 
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