Capitolo
VII
Il
continuo rollio, alternato al beccheggio della nave, gli avevano
scombussolato
lo stomaco. I primi giorni di navigazione erano stati tranquilli e
ricchi di
emozioni; però, dopo quella burrasca che li aveva colti in
mare aperto, il suo
stomaco aveva accusato il duro colpo. Probabilmente era ancora da
qualche parte
sul ponte del bastimento, dopo quella terribile nottataccia passata in
balia
degli agenti atmosferici. Affermare che fosse stato un evento del tutto
inaspettato, sarebbe stata un’offesa gratuita verso il
nostromo che guidava,
con sapienza e diligenza, la nave. Era stato capace di prevedere quella
terribile tempesta con un grande anticipo, dalla mattina precedente.
Quando il
giorno prima lo aveva visto valutare accigliato le condizioni del
cielo, aveva
pensato che fosse soltanto un tipo ansioso o che il suo stato
d’animo
probabilmente fosse causato dall’avanzare
dell’età; dopotutto, era risaputo che
il periodo estivo fosse il migliore per la navigazione.
Però, il canuto
capitano non sembrava dello stesso avviso; più le alte nubi
avanzavano verso di
loro, più la sua espressione si allarmava. Che pericolo
potevano presentare
delle nuvole così alte nel cielo?
Lo
aveva sentito sbraitare ordini ai marinai come un forsennato; fra un
urlo e
l’altro, aveva udito una parola a lui del tutto sconosciuta
“cumulonembo”. Gli
si era avvicinato per chiedergli di cosa si trattasse, magari era il
nome di
qualche strano mostro marino; per tutta risposta aveva ricevuto un
sorriso tra
il sornione ed il divertito. Archiviò quella frase di
navigazione come “colpo
di sole”, non poteva essere altro, per farlo sragionare in
quel modo. Peccato
che Davven e l’equipaggio lí presente non la
pensassero come lui; lavorarono
solertemente, come se un cataclisma terribile da lì a poco
si sarebbe abbattuto
su di loro. Sciocchi pensò, peccato che l’unico
deficiente in quel gruppo si
sarebbe dimostrato proprio lui. Nel giro di qualche ora
l’aria divenne più
fredda, la calda temperatura della mattina sembrava un lontano ricordo;
inoltre, uno stormo di uccelli che volava in modo disordinato e il cui
stridere
provocava non poco fastidio alle orecchie, rese ancora più
cupa l’espressione
del capitano. Vide i marinai stringere maggiormente i legacci delle
vele e
rinforzare con più cura i punti deboli della nave, nel
mentre Davven si
avvicinó a lui con una robusta corda. Gliela
passó sotto le ascelle e poi fece
alcuni giri intorno alla vita, non aveva mai visto
un’imbracatura di quel
genere. Provò a chiedergli spiegazioni a riguardo, ma
l’unica risposta che
ottenne fu un grugnito ed un invito a mantenersi forte. Gli stava per
chiedere
il senso di quella frase, ma il fulmine che squarciò il
cielo, seguito dal
potente rombo, fu abbastanza eloquente. La nave in poco tempo si
ritrovò in
balia degli eventi; soltanto l’esperta mano del capitano,
aiutato dai suoi
rodati marinai, evitò l’inabissamento. Avevano
ballato per tutta la notte,
correndo da un capo all’altro dell’imbarcazione e
cercando di far fronte a
tutti i pericoli a cui il mare e la tempesta li stavano sottoponendo.
Diverse
volte aveva rischiato di cadere dalla paratia, come preda di quelle
onde irose;
solo la strana imbracatura, i tempestivi interventi
dell’equipaggio e di
Davven, lo avevano salvato da un epilogo terribile. A parte quegli
spiacevoli
episodi di quasi morte, aveva aiutato l’equipaggio a sversare
diverse anfore
d’olio in mare. In un primo momento gli era sembrata una cosa
assurda; però,
aveva potuto constatare con i suoi occhi che quell’azione
permetteva alla nave
di affrontare meglio le onde. Infatti, l’olio creava una
specie di patina
elastica sulla superficie del mare, che ostacolava il vento nel far
presa
sull’acqua e quindi d’innalzarla. Questo utile
espediente, impediva il formarsi
del frangente
pericoloso,
o almeno
così gli era sembrato che il capitano lo avesse chiamato,
fra un urlo e
l’altro. Quel trucco così semplice, ma allo stesso
tempo così ingegnoso,
permetteva al bastimento di cavalcare facilmente le onde, senza il
rischio di
inabissarsi. Sorrise, aveva sbagliato nel giudicare il capitano, era un
tipo in
gamba; decise di trascorrere più tempo possibile vicino a
lui, in modo da poter
imparare qualche stratagemma.
Soltanto
con le prime luci del mattino, quel terribile temporale aveva deciso di
lasciarli in pace, peccato che lo stomaco non fosse più
nella sua sede
naturale, da diverse ore ormai.
Vide
l’anziano capitano avvicinarsi a lui, con passo fermo e
deciso.
«Allora
giovanotto, sei ancora convinto che io sia un vecchio
rincoglionito?»
«No,
penso che lei sia un vecchio stronzo!» Il capitano rise
allegramente a quella
battuta, come se fosse la frase più divertente del mondo.
«Perché
non mi ha detto nulla?»
«Beh
Ioan, anche tu dovevi sottoporti al “battesimo del
mare”.»
«E
questo battesimo non prevede nessun percorso iniziatico?»
«Assolutamente
no!»
«Stronzo!
Come me la sono cavata?»
«Per
essere un pivellino, direi che è andata bene. Sei ancora
vivo e, nonostante tu
non sia capace di fare un nodo decente, ti sei dato da fare per aiutare
l’equipaggio. Hai le palle, ragazzo.»
«Grazie.
Sa dirmi dov’è finito il mio stomaco?»
«Dov’è
sempre stato, ragazzo. Bevi un goccio di questo e poi vai sottocoperta,
ne hai
bisogno.»
Ioan
prese la borraccia che gli aveva dato il vecchio lupo di mare. Beve
tutto d’un
fiato il contenuto. La gola e lo stomaco gli sembrarono andare a fuoco.
Sentì
la testa improvvisamente farsi leggera, contemporaneamente il corpo
farsi
pesante.
«Accidenti
ragazzino, avevo detto un goccio, non di scolare il contenuto.
Poi
il capitano urló: «Sagola! Vieni qui, dammi una
mano. Dobbiamo portare il
pivellino di sotto, ha bevuto tutto d’un fiato il distillato
di uva contenuto
nella fiaschetta.»
Sentì
il marinaio ridere sguaiatamente, poi il buio.
Il
mal di testa era martellante, provò ad alzarsi, ma una forza
misteriosa lo
respinse verso il pagliericcio.
«Non
provare ad alzarti, idiota.»
«Davven?!»
Biascicò.
«Chi
altri?»
«Cosa
mi è successo?»
«Succede
che non reggi l’alcol, pivello.»
«Ma
cosa dici? Nell’arena ci davano sempre del vino.»
«Ah,
ora si chiama vino quella bevanda annacquata che spacciavano come
tale?»
«Ma
cosa stai dicendo?»
«La
verità, saprai anche combattere discretamente, ma per il
resto delle cose sei
un pivellino. Il capitano ha ragione ad apostrofarti in quel
modo.»
«Credo
di essermelo meritato, l’ho sottovalutato. É una
persona abile che conosce
profondamente il suo mestiere, penso che gli debba delle
scuse.»
«Almeno
non sei uno stupido. Riconoscere i propri errori è un segno
di umiltà e di
grande intelligenza. Però, prima di andare, bevi
questa.» Gli porse un
bicchiere.
«Cos’è?»
Chiese sospettoso.
«Una
tisana di mia creazione, ti aiuterà a riprenderti
più velocemente. Quando ti
sentirai meglio raggiungimi sul ponte, dobbiamo fare una bella
chiacchierata.»
Bevve
lentamente quella strana bevanda; il sapore a primo impatto non era dei
migliori però, più la sorseggiava, più
poteva coglierne le varie sfumature:
zenzero, garofano ed una lieve nota di miele. Rimase steso per un altro
po’, il
tempo necessario per recuperare le forze. Si mise a sedere lentamente,
la testa
non gli vorticava più violentemente. Solo un leggero senso
di vertigine che
poteva tranquillamente gestire, d’altronde era abituato a
molto peggio. Fece
attenzione a non inciampare tra le cuciture che univano il pagliolo al
paramezzale, faticava ancora a credere che una nave
“cucita” riuscisse a
navigare tranquillamente in mare aperto. Eppure, filava che era una
meraviglia
e dimostrava una solidità straordinaria; inoltre, era facile
da riparare o da
manutenere, anche un inesperto come lui poteva facilmente apprendere
come
preservarla al meglio. Salì i gradini della scaletta in
legno che l’avrebbe
condotto sul ponte, la luce solare lo colpì in pieno,
rendendolo cieco per
qualche istante. Si portò la mano a coprire gli occhi, in
modo da permettere
alle pupille di adattarsi al nuovo ambiente. Vide il capitano sul
castello
della nave intento a guardare qualcosa in una bacinella, si
avvicinò
incuriosito da quello strano atteggiamento. Vide che, nella piccola
tinozza in
legno, vi era un disco in metallo, per il cui centro passavano tante
linee, in
modo da dividere la superficie in diversi settori. Ogni porzione
presentava un
nome. Sopra vi erano uno gnomone ed una lancetta.
«Cos’è?»
Chiese incuriosito.
«Una
bussola solare.»
«A
cosa serve?»
«Ad
orientarmi in mare aperto, per determinare la posizione della nave
rispetto
alla terra.»
«Ed
è affidabile?»
«Ci
ha sempre condotto a destinazione e lo farà anche questa
volta. Entro mattinata
o al massimo per il primo pomeriggio raggiungeremo la nostra
meta.»
«Riesce
a dire anche questo?!»
«No,
me lo dicono loro.» Indicò degli uccelli che
volteggiavano sulle loro teste.
«Sono volatili di terra, fra un po’ cominceremo a
vedere all’orizzonte il
profilo del nostro obiettivo.»
«Incredibile,
sa un sacco di cose. A proposito, mi scusi per lo scetticismo che ho
mostrato
ad inizio navigazione. É un grande capitano, mi piacerebbe
molto imparare
qualcosa da lei.»
«Non
ti preoccupare pivellino, è una cosa che capita a tutti
quando salgono per la
prima volta su questa nave. Per l’insegnamento, beh, penso
che ci sarà tempo e
modo, Davven è un tipo che tende a formare una persona a
tutto tondo.»
«Cosa
vuole dire?»
«Questo
devi chiederlo a lui. Ora va, la sua pazienza ha un limite molto
ridotto.»
Ioan
si affrettò a raggiungere Davven a prua. Lo vide scrutare
intensamente
l’orizzonte.
«Scusa
per l’attesa.»
«Fai
bene a soddisfare le tue curiosità, è un sinonimo
d’intelligenza.»
«Di
cosa volevi parlarmi?»
«Del
tuo incontro nell’arena.»
«Sono
sei giorni che navighiamo, perché ora?»
«Perché
avevo bisogno di tempo per riflettere.»
«Riflettere
su cosa?»
«Su
quello che ti voglio dire.»
«Non
riesco a capire.»
«Non
capisci…Dimmi, come ti sei ritrovato quella lancia in mano,
quella con cui hai
trapassato il bandito quando eri a terra?»
«Era
sotto lo strato di terra battuta e sabbia, era ben nascosta ma sono
riuscito a
percepire il manico in legno.»
«Cazzate!»
«Cosa
ne sai tu dell’arena? È normale trovare delle armi
sul terreno, specialmente se
prima ci sono stati degli incontri!»
«Quello
che dici è corretto, ma c’è una piccola
cosa che ti sfugge: prima del tuo
ingresso, il campo di battaglia è stato completamente
ripulito. Sai perché? Per
rendere l’incontro che ti vedeva impegnato più
spettacolare, o almeno era
quello che si augurava il governatore della città; peccato
che gli hai rovinato
i piani.»
«Non
l’avranno notata…»
«Certo,
immagino sia usuale non vedere una lancia di quasi due metri nel
terreno.
Perché non mi dici la verità, Ioan?»
«Cosa
dovrei dirti? Me la sono ritrovata tra le mani. Un colpo di fortuna che
mi ha
permesso di sopravvivere, altrimenti ci sarei rimasto secco.»
«Un
colpo di fortuna?»
«Si!»
Davven
lo guardò con aria meditabonda, come se quelle parole non
l’avessero convinto a
fondo. Camminò su e giù per la nave per un
po’, cercando di riflettere su ciò
che aveva visto quel giorno e su quanto il ragazzo gli aveva detto.
Poi,
improvvisamente, si fermò dinanzi a lui, scrutandolo in modo
serio.
«Ioan!»
«Che
c’è Davven?»
«Ho
bisogno che tu ricordi.»
«Cosa?»
«Cosa
hai pensato quando eri a terra? Quando eri quasi sicuro di
morire?»
«Che
non volevo morire, che mi sarebbe bastata un’arma per
infilzare quel bandito.»
«Quindi
hai desiderato di non morire?»
«Con
tutte le mie forze!»
«Capisco…Ioan,
quella lancia non era a terra.»
«Hai
bevuto anche tu quell’intruglio, per caso?» Il
ragazzo lo guardò stupito. Non
era sicuro che la persona che lo aveva salvato qualche giorno addietro
stesse
bene di testa.
«Non
sono ubriaco, anzi, sono più lucido che mai! Ioan, tu quella
lancia l’hai
evocata!»
Il
ragazzo scoppiò a ridere, ma prima che potesse dire qualcosa
l’uomo gli prese
il viso tra le mani e lo costrinse a guardarlo negli occhi.
«Pensaci
bene ragazzo e rispondi con sincerità. Prima di afferrarla,
avevi notato la sua
presenza?»
«No…»
Disse, dopo un lungo silenzio.
«E
ti sembra strano che tu abbia evocato qualcosa?»
«Decisamente,
visto che non so usare la magia, ammesso che questa esista.»
«E
se ti dicessi che non è così?»
«Cosa
vuoi dire?» Il guerriero lo fissò a lungo, una
strana sensazione si fece largo
in lui: gli stava celando qualcosa. «Mi stai nascondendo
qualcosa!?»
«Non
proprio. Voglio essere sicuro di ciò che sospetto. Fino ad
allora non mi
pronuncerò. Fidati di me ragazzo, ok?»
Ioan
lo fissò a lungo, soppesò tutte le azioni di quei
giorni, decise di fidarsi.
«Va
bene. Però, appena sarai sicuro di ciò che pensi
mi informerai, chiaro?»
«Perfetto.»
L’urlo
del capitano li fece ritornare al presente.
«Terra
in vista! A breve sbarcheremo sull’isola di Broken
Henge.»
Ioan
si precipitò a vedere il profilo che si stagliava
all’orizzonte. Sorrise
felice, non vedeva l’ora di visitare quel nuovo luogo.