Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Greenleaf    06/08/2021    3 recensioni
Sotto l’ombra degli alberi di Amon Hen giace il corpo di una ragazza di nome Eldihen. Quando riapre gli occhi ed incrocia lo sguardo di Legolas, entrambi avvertono una sensazione intensa, qualcosa di inspiegabile e ancestrale.
La storia di Eldihen però, prenderà forma attraverso delle scoperte che le indicheranno il percorso giusto da seguire e, tra intrighi e falsi nemici da combattere, si ritroverà a vivere momenti mai pensati. Stregata da parole, sguardi e mostri che in realtà non sono poi così crudeli come lei temeva.
Vivrà l’incanto di un amore minacciato dalla guerra. Sarà vittima di un nemico tanto incantevole quanto misterioso. La sua storia inizia ad occhi chiusi, e per giungere alla fine Eldihen dovrà imparare a camminare nel buio.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eowyn, Gandalf, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 21
 

Gondor era magnifica. Statue dei grandi re del passato troneggiavano nel largo piazzale della cittadella, ricordando vagamente le decorazioni sull’isola di Numenor. Eldihen aveva letto della maestosità di quella terra e quando era entrata a Gondor le sembrò che le descrizioni lette sui libri, coincidessero con l’aspetto della città, dalle colonne ai palazzi. Per non parlare dell’albero bianco. L’albero che gli elfi avevano regalato ad Isildur.
 
Era stato difficile convincere Madeos, ma alla fine era riuscita a trascinarlo in quella città, sorbendosi per i giorni a seguire i suoi rimproveri.
 
Si sedettero su delle panche bianche, osservando le colonne impetuose, dove avevano legato i loro cavalli.
 
“Sei pazza. Completamente pazza” Madeos camminava nervosamente lungo il piazzale in pietra, con le braccia incrociate dietro la schiena ed un’espressione ansiosa. Eldihen, che a sua differenza si era accomodata sulla panca, scrutò distrattamente il suo mantello rosso ondeggiare avanti e indietro.
 
“In questi giorni me l’hai detto minimo ottanta volte, non pensi sia sufficiente?” chiese sospirando. Era provata dal lungo viaggio, completamente ricoperta di polvere, con i capelli arruffati e la mente occupata da mille pensieri.
 
“Sire Elrond avrà di sicuro avvisato Legolas. Saremmo già dovuti arrivare, o essere vicini a Gran Burrone. Sarai la causa dei miei guai!” si fermò vicino alle scalinate che conducevano al giardino del palazzo di Gondor, osservando le guardie immobili vicino all’albero bianco. Abbassò il suo volto delicato, storcendo le labbra carnose.
 
“Non ti preoccupare, anche Legolas sarà furioso con me, ma era una cosa che andava fatta. Non mi sarei mai nascosta, non stavolta. I miei amici hanno bisogno di aiuto e, se tutto andrà bene, metterò una buona parola con re Elrond, promesso”
 
“Sei una sconsiderata” si voltò. Era alto e muscoloso, ed i suoi occhi scuri lo facevano apparire intrigante e privo di qualsiasi difetto.
 
“Madeos…” adagiò la testa su una colonna bianca, sollevando i piedi sulla panca. Respirò profondamente, sentendo le palpebre farsi pesanti.
 
“Il ragazzo non ha tutti i torti”
 
Aprì gli occhi udendo quella voce, una voce a lei nota. Si compose subito, alzandosi per salutare i due amici “Gandalf!” rimase a fissare il mantello chiaro dello stregone che si appoggiava al bastone, con i suoi occhi azzurri dallo sguardo assente.
 
“Mithrandir!” esclamò Madeos fermandosi vicino alle scale.
 
Pipino guardò con interesse lo sconosciuto, sbattendo le palpebre più volte per capire chi fosse. Il piccolo della contea dopo un’attenta analisi si voltò verso Eldihen che stava camminando nella loro direzione “Che bello ehehe” i suoi occhi si illuminarono. Iniziò a saltellare vivacemente coni riccioli biondi che si muovevano come molle davanti agli occhi ”Non pensavo di rivederti. Finalmente non sono più solo”
 
“Peregrino Tuc” il richiamo di Gandalf stroncò la sua allegria “Eldihen, cosa ci fai qui? E’ pericoloso” si rivolse alla ragazza con tono grave, aggrottando le sopracciglia bianche.
 
“Gandalf ascoltami, non c’è tempo da perdere, specie per preoccuparsi di me” Il volto di Eldihen si rabbuiò, sembrava che fosse calata un’ombra nei suoi pensieri “Sono stata da Nihil qualche giorno fa” confessò stupendolo completamente.
 
“E come mai?” chiese Gandalf curioso di scoprire ogni cosa.
 
“Rohan aveva bisogno di armi, gli ho chiesto di scendere in guerra e soccorrere re Thèoden. Inoltre vi è anche una faccenda personale, legata alla spada, ma ne parleremo in un altro momento” parlò frettolosamente, agitando le mani sotto gli occhi attenti di Gandalf, Madeos e Pipino che colsero immediatamente la sua agitazione, tutti e tre riuniti vicino ai cavalli legati al fusto della colona “Gandalf” Eldihen con un’espressione grave afferrò il braccio dello stregone, incrociando i suoi occhi. Si scambiarono uno sguardo carico di preoccupazione e, senza che lei aggiungesse null’altro Gandalf intuì le sue prossime parole.
 
“Cosa ti ha detto Nihil?”
 
“Mordor attaccherà prestissimo. Dovete chiedere immediatamente aiuto. Nihil mi ha detto che una legione di Haradrim sta arrivando da sud… questo probabilmente lo sapevi, ma sono certa che non potrai mai immaginare contro cosa dovrete combattere. Arriveranno tutti armati, in groppa a degli orripilanti olifanti che schiacceranno tutto e tutti. Non possiamo farcela Gandalf, bisogna chiedere immediatamente aiuto e riunire un esercito in grado di  contrastare questo nemico. Nihil ha già provveduto a mandare alcune lettere da Orthanc. Non tutti sono a conoscenza della morte di Saruman e credono Nihil il loro capitano, per cui parte dell’esercito è bloccato nell’estremo sud, ma gli altri, che prendono gli ordini direttamente da Mordor non tarderanno ad attaccare” si agitò parlando velocemente. Mosse il suo sguardo sul volto di Gandalf che ad ogni parola cambiava espressione, passandosi il bastone tra le mani.
 
“Eldihen se ciò che dici è vero bisogna sbrigarsi al più presto” lanciò un’occhiata a Madeos vedendolo confermare silenziosamente le parole dell’elfa “Il sovrintendente non si cura di questa minaccia. Là, chiuso nel suo palazzo occupa un trono che non è suo di diritto, disinteressandosi dei bisogni della gente” sospirò pesantemente, chinando il capo “Ma c’è da dire che Nihil è furbo e potrebbe averti ingannata, anche se…”
 
In quel momento i presenti voltarono lo sguardo in direzione di Epon che, con le ali aperte ondeggiò sulle loro teste, posandosi infine sulla spalla di Eldihen. Gandalf scrutò le piume scure dell’animale che pareva avere una certa confidenza con la ragazza.
 
“Come mai Epon è con te?” chiese conoscendo bene l’importanza che il falco aveva per Nihil.
 
“Diciamo che è una specie di garanzia” sorrise Eldihen incrociando le braccia, soddisfatta dell’espressione di stupore dipinta sul volto dello stregone.
 
“Ragazza mia” le si avvicino sorridendole “Dovresti essere fiera di te stessa. Sei stata coraggiosa, anche se rischi molto a rimanere a Gondor”
 
“Mithrandir dice giusto. Ma sembra che Eldihen non ne voglia sapere di tornare indietro. Io avrei dovuto portarla a Gran Burrone, è stato Legolas ad ordinarmelo e sicuramente sarà furioso, sia con me che con lei. Ma questo pare non interessarle” si fece avanti Madeos, con un’espressione saccente e gli occhi rivolti a Gandalf.
 
“Io comprendo la preoccupazione di Legolas, ma lui già conosceva il mio pensiero. Non sarei mai voluta andarmene da Rohan e gliel’ho detto più volte, però un bel giorno mi sono ritrovata te a palazzo. Se lui va in guerra perché io non posso dare il mio contributo?” adagiò le mani sui fianchi facendo agitare la testa a Madeos.
 
“Per i Valar!”
 
“Sei cambiata Eldihen” Gandalf sorrise scaldando il cuore della ragazza “Prima eri più… tranquilla, e so bene che questo cambiamento è avvenuto in parte a causa mia”
 
“Tranquilla?” Madeos alzò le sopracciglia, non riuscendo ad immaginare la ragazza diversamente da come l’aveva trovata “Avrei tanto voluta conoscerla prima”
 
 
 
 
 
La stanza che le avevano offerto a palazzo era diversa da quella di Rohan. Più grande, con un armadio a quattro ante, un letto dalla testiera in ferro battuto e una vasca colma di  acqua. Eldihen si fermò gettando la valigia a terra esausta. Si sporse dal balconcino che affacciava sulla città. Rimase stupita nell’osservare le case in marmo, illuminate a festa. Così in contrasto rispetto l’oscuro monte che svettava su un ampia coltre di nube nera come il carbone. Si appoggiò al davanzale, ricoperto di gerani profumatissimi, attorcigliati in mezzo all’edera rampicante che si estendeva sui muri esterni.
 
Dovette ammettere che nel silenzio della notte, Legolas le mancò moltissimo e più osservava le stelle brillare in cielo, più pensava a lui ed ai suoi occhi che ogni sera la consolavano. Ma quella sera non ci sarebbe stato a sostenerla. Si trovava lontano, dentro la sua nuova camera. Sospirando si chiese cosa stesse facendo Legolas in quel momento, lo immaginava impensierito, fermo sullo spiazzo fuori del palazzo d’oro a guardare il cielo come lei. Le si strinse il cuore ed il suo volto si rabbuiò, nonostante l’ebbrezza che avvertita nel trovarsi nella città dei re.
 
“Ehi tu, alza le mani o ti ucciderò. Mi hai sentita? Ehi, guarda che parlò con te. Ehi, ehi!”
 
Eldihen spostò il suo sguardo dentro la stanza, trovando nell’ombra un piccolo bambino che stringeva le manine su una spada di legno e la puntava contro di lei con aria minacciosa, o meglio, l’intenzione era quella, ma Eldihen sorrise dinanzi al piccolo sconosciuto. Era troppo tenero, con una casacca azzurrina addosso, le manine piccine e gli occhioni verdi, incorniciati da dei riccioli biondi.
 
“Non mi attaccare per favore, sono dalla tua parte io!” alzò le braccia vedendo il piccolo sorridere. Le guancie paffute si tinsero di rosa e dalle sue labbra spuntarono fuori dei dentini. Quelli davanti gli mancavano, ma il ragazzino era tenero ugualmente.
 
“Io non ti conosco, chi sei?” domandò a voce bassa, con una nota di curiosità.
 
“Il mio nome è Eldihen e tu come ti chiami piccolino?” si piegò sulle ginocchia, vedendo il ragazzino abbassare la spada di legno.
 
“Mi chiamo Draghetto!”  strofinò la manina sulla fronte per allontanare una ciocca ribelle.            
 
“Mhh, sicuro di chiamarti Draghetto? Io so che i draghi sono degli animali, invece tu sei un bambino!” si abbassò, sedendosi con le gambe incrociate e le mani sugli stivali in pelle.
 
“Io non sono un bambino. Io sono un drago sputa fuoco” inspirò profondamente gonfiando il petto, la sua tunica si sollevò lasciando scoperto il pancino bianco. Draghetto trattenne il respiro ed alzò le mani, per simulare le ali di un vero drago, fino a far diventare le guanciotte rosse, poi soffio sui capelli di Eldihen, che divertita sorrise, osservando il suo visetto angelico.
 
“Oh ma che paura!” allungò le dita sulla pancia scoperta del bambino, muovendole delicatamente per fargli il solletico.
“Ahahah, così ahaha non vale ahahaha!” il piccolo agitò le manine cercando di allontanare quelle di Eldihen che divertita ascoltava la sua risata cristallina, rincuorandosi. Ogni preoccupazione era svanita, il bambino era riuscito a distrarla dai suoi pensieri. Le sembrò di trovarsi lontano dalle minacce di Mordor, anche se il monte Fato era dietro di lei.
 
“Va bene adesso basta, mi sa che ho vinto io!” lasciò che il bambino si ricomponesse, prima di porgli un’altra domanda. “Come sei arrivato in camera mia? Non ti ho sentito” confessò guardandolo negli occhi, sotto la luce della luna che rischiarava le tenebre dentro la stanza.
 
 “Ma volando, in che altro modo sarei potuto venire sennò? Io sono Draghetto, il mitico, l’indistruttibile Draghetto” alzò le braccia e corse intorno ad Eldihen muovendosi come un falco. Non contento della sua esibizione, si aggrappò al materasso e si issò in piedi sul letto, saltando allegramente. I suoi piedi scompigliarono le coperte di lana, producendo un rumore di molle ad ogni balzo”Io… sono… un Drago” rise guardando l’espressione di Eldihen che si era alzata dal pavimento, raggiungendo il capezzale per gustarsi meglio la scena.
 
“L’ho capito che sei un Drago, ma scendi dal letto o finirai per farti male, su vieni in braccio a me” aprì le sue braccia per prendere la piccola furia che, vedendola avvicinarsi emise un urletto, scivolando via con una coperta attaccata al piede.
 
“Tanto non mi prendi!” corse lungo il perimetro della stanza. Era tutto sudato e rosso come un peperone, ma nonostante ciò, continuò a roteare intorno alle mattonelle a terra, lasciando Eldihen di stucco.
 
“E va bene” lo lasciò giocare allegramente, raccogliendo la spada di legno che aveva lasciato a terra. Chissà quanto doveva essere stata distratta per non essersi accorta di quel bambino, eppure era cosi chiassoso. Si sedette sul letto, in attesa che il piccolo si decidesse a fermarsi. Non voleva fermarlo perché era troppo bello osservarlo mentre si agitava come un uragano, in più sentiva i muscoli del suo corpo indolenzirsi, alla sola idea di corrergli dietro.
 
“Ehi restituiscimi la mia spada” si avvicinò con quell’espressione minacciosa e buffa allo stesso tempo, camminando a grandi passi verso il letto, con le manine strette e i capelli intrisi di sudore. “All’attacco” si scagliò sul petto di Eldihen, facendola cadere sul materasso alle sue spalle.
 
“Che paura. Mi hai uccisa, sono morta” chiuse gli occhi leccandosi le labbra, fino a sentire il palmo della manina sulla sua guancia.
 
“Sì ho vinto io!” felice come se avesse ricevuto chissà quale premio, Draghetto salterellò sul letto, facendo finire il cuscino a terra. Eldihen si lasciò trasportare dai movimenti che provocava il bambino, fino a che anche lui si accasciò, sbadigliando debolmente.
 
“Sei stanco vedi? Forse sarà meglio tornare a casa tua dalla tua mamma, che dici, ti accompagno?” chiese piegandosi su un fianco.  I capelli ondulati le ricaddero sulle coperte, si appoggiò ad un gomito, osservando il bambino che asciugava il sudore dal visetto imperlato.
 
“Io non ho una casa e non ho una mamma” disse con una vocina dolcissima, senza alcuna nota triste, come se fosse normale per lui. Ciò procurò dei brividi sulla schiena di Eldihen che rimase colpita da quella rivelazione, rabbuiandosi di colpo.
 
 
 
 
“Oh, non pensavo fossi in compagnia!” Gandalf era entrato in camera, dopo aver discusso con Madeos riguardo la guerra. Si ritrovò ad ammirare una scena inaspettata e tenera. Eldihen abbracciava un bambino di circa sei anni che, con gli occhi chiusi dormiva tranquillamente nel suo letto, con le coperte attorcigliate attorno al piedino, un ditino dentro la bocca che succhiava nel sonno, muovendo ritmicamente le labbra sottili e rosate.
 
“Si chiama Draghetto” si rialzò dal giaciglio, attenta a non procurare rumori per paura di disturbare il piccolo. Gli posò una coperta sul corpicino tremante, accarezzandogli i capelli con una mano.
 
“Dov’è Epon?” chiese Gandalf guardando nella stanza, in mezzo agli oggetti sparsi sui pochi mobili che vi erano.
 
“Dorme su una pianta fuori dal balcone”
 
“E tu Eldihen? Come va con la spada?” chiese intuendo le sue preoccupazioni. Aveva fatto centro Gandalf, infatti sul volto di Eldihen comparve un broncio che non prometteva nulla di buono.
 
Si avvicinò a Gandalf, massaggiandosi le braccia.
 
“Pare che tu avessi ragione. La spada nei giorni a venire mi ha mostrato molte cose, tra cui un incantesimo nascosto dentro il mio corpo” si bloccò dinanzi il bastone dello stregone, sentendosi trafitta dai suoi occhi saggi.
 
 Gli raccontò di Nihil e della lacrima che era scivolata sulla sua mano, spiegandogli per filo e per segno il sogno avuto a Rohan, del bambino che era morto a causa di quel  maleficio che gravava dentro di lei, non esitando a commentare l’accaduto, attraverso riflessioni e pensieri non detti “Nihil ha detto che avrebbe sciolto il maleficio, ma non so che intenzioni abbia” rivelò prima di avvicinarsi silenziosamente alla veranda, per contemplare i tetti della città, con i gomiti appoggiati alla ringhiera.
 
“Mhh, ti ha detto che se ne sarebbe occupato? Era serio?”nella sua mente balenò un pensiero poco piacevole. Gandalf lisciò la superficie del suo bastone, passandosi una mano sulla barba raggrinzita. Se ciò che diceva Eldihen era vero, soltanto una cosa avrebbe potuto annullare il male che minacciava la sua vita, ma dubitava che Nihil l’avrebbe aiutata senza chiedere nulla in cambio.
 
“Sì era serio. In questo momento io mi sento sconvolta e preoccupata. Il sogno mi ha destabilizzata parecchio, anche se sono molto impaurita per via di Legolas. Non prenderà molto bene la mia decisione, lo so. Ma non ho intenzione di scappare ed attendere che tutto sia finito. Se posso fare qualcosa, qualsiasi cosa, sono disposta a mettermi in primo piano per aiutare i miei amici. Anche se mi rendo conto di non poter fare chissà che. I miei sono solo piccoli tentativi, che probabilmente non cambieranno nulla in questa guerra” sbuffò giocherellando con i fiori che ricadevano sul balcone, evitando di guardare la nube che si allargava su Mordor.
 
“Spesso nei piccoli gesti si nascondono grandi sentimenti!” Gandalf l’affiancò, guardandola di sottecchi “Hai aiutato molto Eldihen” ricacciò la sua pipa, riepiendola di una sostanza sconosciuta “Hai spezzato l’incantesimo di Nihil e, invece di startene al sicuro ad Imladris ti sei spinta ad Isengard per richiamarlo, strappandogli alcune informazioni indispensabili. Non so se aiuterà Rohan, ma il tuo è stato un gesto ammirabile e …” si fermò, ricercando il suo sguardo “coraggioso”
 
“Tu non pensi che io sia una sciocca? Non riesco a comprendere la spada. La temevo, anche se mi è stata sempre d’aiuto e mi ha avvertito di alcune cose importanti. Il merito non è mio Gandalf, ma tuo. Ed io non sono riuscita a comprendere la grandezza del tuo dono: la spada nasconde molte cose e brilla nell’oscurità, infondendomi forza e coraggio”
 
“La spada è solo un oggetto Eldihen. Ciò che vedi e senti è la magia che si nasconde in essa e che è in te, perché in qualche modo la percepisci e sai comprenderla. Siamo sicuri che tu sia giunta qui per la spada?” domandò muovendo il collo.
 
Eldihen non ci aveva mai riflettuto e guardando la torre vedetta dietro le spalle di Gandalf pensò a Legolas, a Gimli e Eowyn. No, non era stata la spada a farla cambiare, ma gli insegnamenti che aveva ricevuto dalle persone che amava “Se sono giunta qui, nonostante le mie paure, è per l’amore che provo per i miei compagni. Loro sono stati sempre pronti a difendermi ed io ho imparato molto. Mi sento cambiata, non penso più a me, ma guardo prima agli altri”
 
“Io ti ho semplicemente dato una spintarella. Ma ciò che risveglia la spada è già dentro di te. Preparati Eldihen e stringi i denti perché dovrai essere forte, per combattere la battaglia decisiva, e la spada sarà una compagna fidata nel tuo ultimo scontro!”
 
 
 
 
 
“Mi sono arrampicato sul muro ed ho acceso i fuochi Eldihen. I nostri amici a quest’ora avranno già ricevuto la nostra richiesta d’aiuto, ne sono sicuro. Spero tanto che Merry stia bene, noi non ci siamo mai separati, abbiamo vissuto quest’avventura insieme ed adesso… siamo divisi” Pipino era triste, seduto su una panca in marmo, muoveva i piedi distrattamente, lanciando qualche sguardo veloce alla sala del trono, tutta nera e bianca, decorata da stendardi che raffiguravano l’albero bianco del re.
 
“Ti capisco” Eldihen posò la sua mano su quella del piccolo compagno, sorridendogli. Lo aveva raggiunto con molta fatica. Il palazzo di Minas Tirith era pieno di corridoi e colonne imponenti  “Anch’io sono in pensiero per i nostri amici. Specie per Legolas. Immagino che sia lo stesso per te. Ma dobbiamo farci forza a vicenda. Ce la faremo vedrai”
 
Le colonne si susseguivano una dietro l’altra, incorniciando il luminoso corridoio bianco e le statue nascoste dentro degli archi rotondi. Draghetto si trovava steso a terra, a giocare con la sua spada di legno, in silenzio, con gli occhi fissi sui candelabri dorati. Allargò le mani prima di voltarsi verso Eldihen. L’aveva seguita aggrappandosi al suo piede. Non si sarebbe separato facilmente dalla sua nuova amica.
 
“Quali servigi può un hobbit offrire ad un così grande signore degli uomini” Pipino rimuginando sulle sue azioni chiuse gli occhi. Eldihen pensò a come poterlo consolare, ma una voce in lontananza arrivò prima che lei si pronunciasse.
 
“Un bel gesto…” un giovane ragazzo dai capelli biondi e gli occhi chiari camminava nella loro direzione, sorridendo a Pipino ed Eldihen. Draghetto sollevò il viso, facendo leva sulle manine per alzarsi da terra e correre velocemente in direzione dello sconosciuto.
 
“Faramir” esultò il bambino girandogli intorno tutto pimpante. Un sorriso si allargò sul suo visetto bianco. Faramir lo prese in braccio camminando in direzione dello hobbit, con le manine di Draghetto tra i lunghi capelli mossi.
 
“Un’azione generosa non va esaminata a freddo. Ti unirai alla guardia nella torre” sorrise accarezzando i capelli riccioli del piccolo. Pipino si alzò, completamente sorpreso ed agitato, mentre Eldihen, si limitò ad alzare il viso, incrociando lo sguardo dell’uomo che, anche se non lo conosceva, le trasmise fiducia. Poi se Draghetto sorrideva in quel modo, doveva trattarsi per forza di un bravo ragazzo.
 
“Non pensavo che avrebbero trovato una tenuta che mi andasse” disse lo hobbit per smorzare la tensione, sfregandosi i piedi.
 
“Apparteneva ad un bambino della città. Uno molto sciocco, che spendeva molte ore ad ammazzare i draghi invece di frequentare gli studi” si mostrò gentile, concedendo la sua attenzione al piccolo della contea. Comprendeva perfettamente il suo disagio.
 
“Però non hai mai pensato di ammazzare me. Perché sai che questo drago è invincibile vero Faramir?” domandò il bimbo agitandosi in braccio all’uomo che lo tratteneva con molta fatica, aumentando la sua presa per non farlo cadere.
 
“Eh già. Draghetto è l’unico drago che non ho mai cacciato. E’ molto pericoloso sapete?” per accontentare il bambino Faramir si finse impaurito, altalenando il suo sguardo da Pipino ad Eldihen che aveva sorriso a quelle parole.
 
“Loro sono i miei amici”  tirò la sua tunica indicando con il dito l’elfa “Lei è Eldihen e lui è Pipino” spiegò brevemente con la sua vocina tenera.
 
 
“Molto piacere. Io sono Faramir e sono lieto di accogliervi a palazzo” chinò il capo in segno di rispetto guardando con curiosità la spada che portava la fanciulla. Un’arma assai particolare per una ragazza come Eldihen. Rimase qualche istante a fissare la sua figura, lasciando il piccolo a terra “Spero che Draghetto non vi abbia infastiditi. Sa essere molto insistente” scompigliò i capelli del bambino che, seccato ricacciò la mano.
 
“Ehi come puoi dire questo di me” si lamentò mettendo un broncio adorabile che deturpò i suoi lineamenti delicati.
 
“No, il bambino è adorabile” chiarì Eldihen schiarendosi la voce.
 
Strinse le dita intorno la panca. Si sentiva un po’ a disagio, anche se l’espressione gentile dell’uomo riuscì a metterla di buon umore.
 
“Andiamo a tirare la cresta alle galline?” il bimbo giocherellò con le maniche della sua tunica, con gli occhioni limpidi puntati su Eldihen e Pipino, speranzoso che accettassero la sua proposta.
 
Eldihen sorrise involontariamente, passandosi una mano tra i capelli. In cuor suo provava un’angoscia inarrestabile, che saliva minuto dopo minuto. Si chiedeva di Legolas, pensandolo in ogni istante, e rivedendolo in ogni parte di quel palazzo. Lui viveva dentro i suoi ricordi ed ogni volta che evocava i suoi occhi azzurri, il cuore riprendeva a battere fortemente.
 
 
 
 
Quando Aragorn informò il re dei fuochi accesi nelle montagne, Eomer si occupò di radunare i Rohirrim, svuotando completamente Edoras. I cavalli nitrivano e gli uomini erano pronti a combattere per la Terra di Mezzo correndo in aiuto di Minas Tirith. I cittadini guardarono i soldati prepararsi alla guerra, pregando silenziosamente per i loro destini.
 
Eowyn era particolarmente triste poiché in quell’occasione le mancava Eldihen. Avrebbe voluto recarsi insieme a lei a Dunclivo, per godere dell’ultimo momento di serenità che  precedeva alla grande guerra. Sapeva di non essere la sola ad avvertire la mancanza dell’amica, Legolas come lei si era fatto silenzioso in quei giorni, incupendosi ogni qual volta la sentiva menzionare o semplicemente quando camminava lungo i corridoi che di solito percorreva insieme alla ragazza. Lo aveva visto più volte fissare la porta di camera sua con aria nostalgica, con gli occhi distanti e tra le dita la collana che Eldihen gli aveva lasciato. Di certo Rohan non era più la stessa, da che lei se ne era andata.
 
Il sole le picchiava forte sulla testa, ma nonostante ciò, la bianca dama di Rohan allontanò il suo cavallo dalla scuderia sistemandolo in fretta per seguire i soldati fino all’accampamento. Si muoveva velocemente, quasi con paura. In effetti era preoccupata per l’amica. Sapeva del suo piano e si stava chiedendo se fosse andato tutto bene, trattenendosi nel precipitarsi da Legolas per confidargli le proprie ansie. Se l’avrebbe fatto Eldihen sarebbe rimasta delusa.
 
“Cavalcherai con noi?” la voce di Aragorn le suscitò un turbine di emozioni che Eowyn difficilmente trattene. Serrò le palpebre, per poi girarsi in direzione dell’uomo che l’aveva affiancata.
 
“Solo fino all’accampamento. E’ tradizione che le donne della corte  salutino gli uomini” si girò, lasciando i capelli ondeggiare al vento, ammirando gli occhi di Aragorn. Dovette abbassare lo sguardo sentendo il cuore battere troppo velocemente. Era sempre così.
 
Il ramingo scostò con una mano la spada stretta alla sella del cavallo, che la donna aveva nascosto sotto una stola, storcendo le labbra. Eowyn velocemente coprì l’arma. Non si sarebbe tirata indietro, lei stessa aveva incitato Eldihen a combattere, a non mollare la presa, di certo anche lei avrebbe contribuito.
 
Qualche metro più avanti, vicino alle larghe scalinate si trovavano Legolas e Gimli, in groppa al loro fedelissimo cavallo bianco. Entrambi erano tesi, per motivi differenti e fissavano distrattamente gli uomini del re muoversi sulle stradine di Edoras. L’esercito era stato riunito, i soldati stavano approfittando degli ultimi minuti per salutare le proprie famiglie prima di lasciare la città.
 
“Cavalieri ah… vorrei radunare una legione di nani, completamente armati e ripugnanti”si lamentò Gimli, aggrappandosi alla tunica di Legolas, con l’ascia dietro le spalle. I suoi occhi si fermarono su una coppia in lontananza che l’amico stava guardando come lui, anche se con distacco.
 
“Forse i tuoi non dovranno andare in guerra. Temo che la guerra marci già sul loro territorio” Legolas era molto serio e la sua voce profonda. Gimli non replicò, attendendo il momento opportuno per chiedergli una certa cosa prima di partire. Si espose solo quando vide l’amico meno concentrato, usando una buona dose di tatto.
 
“So che sei in pensiero giovanotto, ma devi stare tranquillo, anche se non hai ricevuto nessuna lettera”dall’espressione grave che si dipinse sul volto di Legolas, Gimli intuì che aveva colto nel segno.
 
“In realtà sono parecchio preoccupato. L’unica cosa che mi consola è che Eldihen con Madeos è al sicuro essendo lui un’abile soldato… anche se inizio a sospettare che sia accaduto qualcosa, altrimenti avrei ricevuto notizie. Ed invece niente” abbassò le palpebre sulla criniera di Adolf sentendosi pervaso da una strana sensazione che preferì non ascoltare.
 
“La ragazza è stata sempre una testa calda, ma c’è da dire che ha un grande cuore. Non ti crucciare, vedrai che sta bene” si trovò in difficoltà vista l’espressione sul volto dell’elfo. Cos’avrebbe potuto dirgli se non di stare tranquillo? In realtà anche lui era allarmato, ma non poteva confidarsi con Legolas, temendo di accrescere i suoi dubbi.
 
Legolas non rispose, assorto dai mille pensieri che gli frullavano in testa. Aveva fatto di tutto, impegnandosi a contattare Elrond, affidandola al suo miglior soldato, eppure non riusciva a darsi pace, a tranquillizzarsi appieno. Non era sicuro che la ragazza stesse bene e il pensiero di saperla in pericolo lo agitava parecchio. Ma perché quella strana sensazione? Fortunatamente portava al petto la collana che le aveva lasciato,  ed era come se lei fosse lì con lui, a rassicurarlo.
 
 
 
 
Le ombre crescevano sotto la montagna, anche se i soldati evitavano di guardarla. I più vigili, i più prudenti ed i più anziani sentivano la paura annidarsi intorno a loro. Una paura mascherata e silenziosa. I soldati che erano giunti a Dunclivo non avevano perso tempo, preparando le tende per trascorrere la notte, in mezzo al groviglio di vegetazione scoscesa. Accesero dei fuochi, disponendo i cavalli dentro le recinzioni.  L’esercito si era disperso, prendendo posto sulla pianura, fino alla più alta sporgenza della montagna.
 
Re Thèoden guardò i suoi uomini nella penombra della sera che stava giungendo velocemente. Non avrebbero potuto sconfiggere Mordor. Sarebbe stato un suicidio e più guardava i soldati dall’altura in cui era, più l’angoscia saliva dentro il suo cuore, fino a togliergli il respiro.
 
“Sire” un soldato si accostò al re, stringendo la sua lancia con incertezza.
 
“Dimmi” re Thèoden si voltò, esitando a guardare il cunicolo della montagna. Soffermò il suo sguardo sulle tende bianche ed i cavalli rinchiusi in delle recinzioni costruite sul posto. Era difficile sostenere la presenza del monte, persino l’uomo si sentì minacciato da una presenza macabra.
 
“Poco fa è giunto un tale, trainando dei carri pieni di armi e corazze. Dice che sono doni a te. Dice di volerti sostenere. L’abbiamo accolto nella tua tenda. Vorrebbe parlarti” il cavaliere levò l’elmo di metallo dalla sua testa, chinando il capo in segno di rispetto.
 
“Ma come? Da dov’è venuto?” Senza esitazioni camminò lungo il sentiero dissodato, con le mani dietro la schiena, schivando con prontezza i soldati che incrociavano il suo percorso.
 
“Non ci ha rivelato nulla mio signore. Vuole parlare con te” l’uomo lo seguì, vedendo il volto di  Thèoden incupirsi. Superarono la schiera di soldati a sinistra, scrutando le tende che si susseguivano tra di loro, i fuochi accesi, ascoltando passivamente le lamentele degli uomini che, con difficoltà stavano traendo i cavalli al sicuro.
 
“Vai pure” si bloccò dinanzi alla tenda più sontuosa con dei ricami scuri. Scostò la stoffa intagliata, giungendo all’interno con sguardo curioso. Vicino al suo trono, illuminato dalle  luce fioca delle candele, vi era un uomo incappucciato girato di spalle. Thèoden non lo raggiunse, chiedendosi chi fosse, indugiando con lo sguardo sul mantello scuro, fino a che, non fu lo sconosciuto a voltarsi.
 
“Sire” quegli occhi azzurri e freddi incuriosirono Thèoden che, nel guardarlo bene ricordò il suo volto. Corrugò la fronte, rendendosi conto che l’uomo che gli stava parlando, altri non era che l’elfo incontrato ad Isengard. Storse le labbra, chinando di poco il capo.
 
“A cosa devo questa visita?” Parlò profondamente, avvicinandosi al tavolino a grandi passi.
 
“Ho saputo che eravate sprovvisti di armi, per questo sono giunto qui, trainando tre carri carichi di ogni bene. Spero che sarai contento del mio dono” Nihil sollevò il cappuccio dalla testa, facendosi vedere meglio dal re. Lo affiancò, rimanendo impassibile, con gli occhi distanti e le braccia lungo i fianchi.
 
“Non nego che ci siamo trovati in difficoltà. Non eravamo pronti a scontrarci contro Mordor e, giorni fa ho chiesto ad altri villaggi di donarci il loro aiuto, ricevendo armi di ogni tipo. Il tuo è stato un gesto ammirabile ed anche se ad oggi il problema non si presenta, accetto volentieri il tuo dono. Meglio avere di più che rimanere senza niente o quasi” il sovrano di Edoras rimase impressionato da quella rivelazione. In realtà era un bene ricevere aiuto in un momento così critico. L’aria fredda proveniente dalla montagna lo costrinse a sfregarsi le mani.
 
“Sono lieto mio signore. Adesso che ti ho incontrato vorrei chiederti un favore che non ti costerà nulla” camminò lentamente sul tappeto di pelliccia bianco e panna, fino a raggiungere il re. Il suo volto era austero, di  una bellezza fredda ed intramontabile, incorniciato dai capelli scuri.
 
“Dimmi”
 
“Vorrei parlare con Legolas Thranduilion, l’elfo che vi ha seguiti fin qui” disse con voce distante, guardando il cielo blu che si affacciava da dietro la tenda semiaperta.
 
“Come ti devo annunciare?” il re si voltò nella sua direzione, aggrottando le sopracciglia, in attesa che il suo interlocutore si presentasse.
 
“Nihil di Bosco Atro”
 
 
 
Gimli con la sua ascia si muoveva lungo le vie dell’accampamento, seguendo Legolas che si spostava senza preavviso, superando con sguardo indecifrabile i tendaggi e gli uomini dinanzi a sé. Era teso e camminava velocemente, con l’arco stretto tra le dita e gli occhi che correvano dappertutto, senza soffermarsi sull’esercito del re. La notte era calata, trasportando un vento gelido e freddo. Gli uomini avevano acceso dei fuochi, illuminando l’accampamento con delle torce ai lati di ogni singola tenda.
 
“Rallenta giovanotto” la voce di Gimli era rotta e stanca, si fermò qualche  istante per riprendere fiato, senza staccare gli occhi dall’elfo biondo.
 
“Nihil era obbligato a rimanere ad Isengard, perché ci ha raggiunto alla vigilia della battaglia? Con delle armi poi” Legolas deviò a destra, arrivando finalmente all’ultima tenda, la più grande e luminosa del campo “Forza Gimli” si era allontanato con il suo amico, apprendendo che anche Aragorn quella sera aveva ricevuto una visita inaspettata.
 
“Ma che diamine sta succedendo stasera?” corse dietro l’elfo biondo, annusando il profumino di carne arrostita che permeava nell’aria.
 
Legolas entrò senza preamboli, piombando nella penombra della tenda con una postura rigida, gli occhi attenti a ricercare Nihil e le labbra serrate. Rimase fermo vicino all’entrata, anche quando Gimli sbucò dietro lui, con il fiato corto e le mani appoggiate sulle ginocchia.
 
Nihil si voltò, lasciando il bicchiere di vino che gli aveva offerto il re sul tavolo. Era sollevato di rivedere Legolas, rimase serio dinanzi la sua espressione autoritaria, restando vicino al seggio del re, per guardare minuziosamente il volto del suo principe. Calò un silenzio imbarazzante, pieno di sguardi colmi di rimprovero e d’ira. Le fiamme delle candele si agitarono. Gimli scrutò i due elfi senza proferire parola, timoroso di provocare anche il più minimo rumore.
 
“Perché sei qui?” chiese Legolas, sforzandosi  di mantenere un tono di voce pacato. In realtà era piuttosto risoluto, nonostante lo stupore e l’irritazione che gli montava dentro.
 
“Perché una certa ragazza di tua conoscenza mi ha chiesto di soccorrervi e di scendere in guerra”confessò muovendo dei passi nella sua direzione. Indossava un’uniforme blu notte, con un mantello scuro. Il suo viso era tranquillo, nemmeno una nota di panico deformò le sue labbra, anzi, Nihil riuscì a sostenere lo sguardo deciso di Legolas, senza mai abbassare le palpebre “In realtà ho detto ad Eldihen che avrei voluto combattere. L’avrei fatto se non fossi stato rinchiuso ad Orthanc, fortunatamente,  con la sua benedizione sono riuscito a raggiungerti mio principe” si sforzò a sorridere, senza però sentirsi in vena di scherzare o infastidire l’elfo che lo stava esaminando con aria attenta.
 
Quando udì il nome di Eldihen, Legolas si sentì colto dalla sorpresa e non avendo il tempo necessario per elaborare ciò che aveva appena detto Nihil si limitò a lanciare uno sguardo veloce a Gimli che, aveva sgranato gli occhi, intuendo per primo le parole dell’altro elfo “Eldihen?” la sua voce era bassa e dai suoi occhi trapelava molto stupore.
 
“Ti vedo turbato” Nihil si fermò a metà percorso tra lui ed il nano, vedendo gli occhi di Legolas divenire spenti e delusi.
 
“Non dargli retta” Gimli con sguardo minaccioso esaminò Nihil, avvicinandosi maggiormente all’amico che silenzioso stava riflettendo sull’accaduto, senza badare ai due che lo fissavano. In realtà in cuor suo sapeva che Nihil stava dicendo il vero, altrimenti non sarebbe mai andato via da Isengard. Quella strana sensazione che avvertiva da giorni pareva concretizzarsi e le sue profonde paure stavano prendendo forma. Respirò pesantemente, alzando ed abbassando lo sguardo, senza pronunciarsi. Ora si spiegava perché non aveva ricevuto nessuna lettera.
 
“E quando sarebbe venuta da te?” si voltò di spalle, camminando lentamente fino a raggiungere uno dei bastoni che sosteneva il tendaggio, girandosi angosciato verso Nihil.
 
“Giorni fa insieme ad un soldato”
 
“Perché?” chiese con voce sommessa, non riusciva a capacitarsi del gesto di Eldihen. Si sentì frastornato, l’arrivo di Nihil passò in secondo piano. Come poteva esser andata da lui? Perché Eldihen aveva lasciato la strada della salvezza, per dirigersi da Nihil?
 
“Era molto preoccupata … a quanto pare, parte del mio vecchio incantesimo è dentro il suo corpo. L’ho vista molto turbata ma ti assicuro che non accadrà nulla” Nihil lo vide alterarsi, come se gli avesse detto di aver visto Eldihen in fin di vita.
 
“La lacrima” sussurrò attirando l’attenzione di Gimli. Ancora ricordava del sogno che gli aveva raccontato “L’hai fatto apposta” la sua non era una domanda, ma una sottile accusa.
 
“No. Stavolta no” smentì prontamente, muovendo qualche passo nella sua direzione.
 
“E tu pensi che io ti creda?” anche Legolas si avvicinò, con gli occhi minacciosi. Era agitato per via di Nihil e della notizia ricevuta, specie dopo aver fatto di tutto per mettere al sicuro Eldihen. Sentiva il nervoso aggrovigliargli le budella, diverse situazioni stavano iniziando a pesargli troppo. La guerra di per sé non lo faceva stare tranquillo, in aggiunta  la nuova preoccupazione non gli facilitava le cose.
 
“E’ la verità!” alzò il timbro della voce, sostenendo lo sguardo indagatore di Legolas a pochi centimetri dal suo volto impassibile e rigido. Si studiarono per diversi attimi, trattenendosi dall’urlare, guardandosi negli occhi fino a che Gimli si frappose fra di loro, allontanando l’amico con una mano.
 
“Lascialo stare” lo spostò dal busto, lanciando uno sguardo all’altro elfo, senza però ricevere l’attenzione di Legolas, che era tutta per Nihil. Lo rimproverò con gli occhi senza aprire bocca, fino a che lo vide abbassare lo sguardo ripreso dal suo amico nano.
 
“Pretendi che lui ti creda dopo il pasticcio che hai combinato?” la voce di Gimli era roca, puntò i suoi occhi su Nihil, vedendolo irrigidirsi ancora di più.
 
“Credete a ciò che vi pare” guardò Gimli e la sua barba ramata, in seguito mosse la sua occhiata su Legolas, trovando i suoi occhi su di sé. In realtà non aveva mai smesso di osservarlo “Ma io non ho fatto nulla ad Eldihen, ma questo è un altro discorso. Se sono qui è perché voglio combattere, dare il mio contributo”
 
“Nessuno l’ha chiesto” la freddezza di Legolas era insolita, Gimli alzò un sopracciglio, rimanendo in mezzo a loro due.
 
“Eldihen l’ha chiesto. E se sono qua è per lei” precisò sorbendosi le occhiate dei due.
 
Storcendo le labbra Legolas gli voltò le spalle, fissando la tenda bianca per distrarsi un attimo ed assopire l’agitazione che stava aumentando. Si sentì trafitto dalle occhiate di Nihil, ma non parlò, riflettendo in silenzio prima di giungere alle sue conclusioni. Era difficile ragionare a sangue freddo, pensare alla guerra ed a Nihil, inoltre stava iniziando a metabolizzare il comportamento di Eldihen, cosa che non era riuscito a fare lucidamente poco fa. Respirò, percorrendo con le dita la curva dell’arco, fino a sentirsi in balia di un’altra sgradevole sensazione. Dov’era Eldihen in quel momento? Si voltò lentamente e, quando Nihil allacciò uno sguardo con lui, sembrò leggergli dentro “Ti ha detto di scendere in guerra e poi se n’è andata?” chiese mutando tono di voce, fino a rabbuiarsi completamente.
 
“Sì” Nihil avvertendo l’ansia nello sguardo di Legolas addolcì i suoi lineamenti, sperando di tranquillizzarlo.
 
“Dove?”
 
“Non saprei. Era con un soldato, ha lasciato Orthanc quella stessa sera” abbassò le palpebre, puntando lo sguardo sul pavimento.
 
“Dove Nihil?” insisté avanzando sotto lo sguardo di Gimli. Era duro ed estremamente serio, con i muscoli rigidi e la vena del collo che pulsava sotto la pelle sottile. Attese diversi secondi, studiando il volto di Nihil, tentato a riprenderlo nuovamente per estrapolare le informazioni che desiderava conoscere.
 
“A Gondor”
 
Gli sembrò di venir trafitto da una lama nel petto. Con le labbra aperte e gli occhi che si muovevano lentamente sulle spalle di Nihil, l’elfo abbassò il capo attonito, fino a sentire i commenti di Gimli che tentò di smentire le parole dello sconosciuto per risollevare il suo amico, senza successo. Legolas era rimasto spiazzato, svuotato nel profondo. Tutte le sue certezze si frantumarono come un vaso di vetro e nuove paure si insediarono lentamente nel suo cuore, paure che trasparirono dal suo sguardo “Tu menti” la una voce tagliente spezzò il silenzio pesante che si era creato.
 
“Perché dovrei?” rimase spiazzato dall’espressione inasprita di Legolas, fissando la mascella serrata e gli occhi di un azzurro freddo “Io ho parlato ad Eldihen e per rassicurarla le ho dato persino Epon, non mi merito il tuo sguardo di rimprovero. Ho fatto il possibile per lei e sarò pronto a soccorrerla anche per la lacrima c…”
 
“Non ti crede nessuno, uccellaccio del malaugurio. Tu hai sempre procurato guai ad Eldihen e hai sempre fatto di tutto per allontanarla da Legolas. Non capisci quanto sia grave il fatto che lei si trovi a Gondor, vieni a prenderci in giro? Come se io non l’avessi vista soffrire a causa delle tue stregonerie. Sei irrispettoso” Gimli  imbronciato fulminò l’elfo con uno sguardo truce, sostenendosi alla sua fedele ascia. Aveva spiazzato Legolas togliendogli le parole di bocca.
 
“Che audacia Naugrim”usò un tono astioso nel pronunciare l’ultima parola, offendendo Gimli senza però scalfirlo, poiché il nano lo guardò con maggiore profondità, per fargli capire, che non si sentiva minacciato né tantomeno ferito.
 
“Non osare  parlare in questo modo” Legolas che aveva assorbito fin troppo, si sentì scoppiare dal nervoso. Afferrò Nihil dal colletto della tunica, strattonandolo bruscamente. Una sola occhiata bastò ad incenerirlo, lasciandolo sbigottito dalla veemenza con cui il suo principe gli si era scagliato contro. Si fissarono come due leoni inferociti. Gli occhi di Legolas erano infiammati dall’ira ed i suoi denti stretti “Non venire a dirmi di essere preoccupato per Eldihen. Io non  ti ho punito adeguatamente per ciò che le hai fatto, ma sappi che stavolta non la passerai liscia. Non saresti mai dovuto venire qua Nihil” suonò come una minaccia, ma l’elfo che era irritato quanto Legolas con un veloce movimento delle mani allontanò le dita del principe dal suo collo, facendolo indietreggiare.
 
“Non hai mai apprezzato nulla, per questo ho lanciato un maleficio ad Eldihen. Tutto a causa tua e della tua ostilità. Volevo farti soffrire, come io ho sofferto a causa tua. Mi hai cacciato dal regno ingiustamente, senza alcuna riconoscenza, né alcuna pietà” si guardarono respirando profondamente. Legolas con gli occhi sgranati e Nihil con i denti serrati. Gimli indietreggiò, avvertendo tutto il risentimento dentro le parole di Nihil e l’espressione contrariata di Legolas che, nonostante la rabbia stava apparendo serio e composto, come un vero principe “Sai che ti dico?” continuò Nihil accecato completamente dall’ira recondita che covava da anni dentro il suo cuore addolorato “Eldihen a tua differenza è stata caritatevole, comprendendo le mie pene, ma nonostante ciò, credo che se le succedesse qualcosa sarebbe un dolore che tu meriteresti Legolas, e lo penso veramente” il quel momento il suo cuore bruciava, tanto quanto le parole che aveva osato  dire apertamente, lasciando meravigliato Gimli.
 
Legolas chiuse gli occhi sdegnato. Era tremendamente difficile placare il fremito che gli infiammava il petto. Sgranò gli occhi e, senza dare il tempo a Gimli di fermarlo, si scagliò con forza contro Nihil, stringendo un pugno, scaraventandolo sulla sua guancia, con tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo. Digrignò i denti completamente accecato dalle sue emozioni. Non gli importava di discutere con lui di questioni passate, ma non avrebbe mai dovuto menzionare Eldihen augurandole del male “Bada a come parli. Tu Eldihen non la devi mai più nominare. Lei non c’entra nulla, sei hai dei problemi con me risolviamoli, ma non osare mai più, dire una cosa del genere, o ti farò pentire di essere arrivato fino a qui” lo afferrò dal mantello parlando a pochi centimetri dal suo volto, con il respiro tagliato e gli occhi vibranti. Lo vide storcere le labbra e riprendersi dal trauma.
 
Nihil, Sentì un dolore alla guancia che gli provocò un improvviso mal di testa. Ma riprendendosi dallo stato confusionale, con ancora un fischio tremendo alle orecchie, raccolse le forze che aveva in corpo per ripagare Legolas con la stessa moneta, conficcando le unghie nel palmo della mano, l’elfo scagliò un pugno sul mento del principe, ma prima che lui lo raggiungesse, Legolas abilmente parò il colpo, anche se con difficoltà. Si guardarono, entrambi infastiditi “Io mi sto rivolgendo a te…” il suo braccio tremò, come la sua voce “Ho aiutato Eldihen stavolta, ma ancora non comprendi. Non hai mai compreso Legolas”
 
“Cosa dovrei comprendere? Hai usato una ragazza per vendicarti di me, manipolandola. Sei venuto qua e hai iniziato ad offendere un mio compagno, augurando del male alla stessa persona che ti ha salvato e che sta patendo a causa di un altro tuo incantesimo” parlò a bassa voce, risultando pungente, anche se tremendamente risoluto, con le labbra tirate in una smorfia e gli occhi limpidi.
 
“Io non volevo questo” puntualizzò vedendo il suo pugno stretto nelle dita di Legolas.
 
“E cos’avresti desiderato?” assottigliò le palpebre, incurvando le sopracciglia.
 
“Comprensione. Quando sono stato male Legolas” ringhiò mostrandosi profondamente ferito e disarmato, con gli occhi leggermente imperlati, dettaglio che Legolas colse immediatamente. Dallo stupore diminuì la presa sulla sua mano “Quando ho perso mio padre avrei voluto che tu mi accogliessi, come tuo suddito… come un tuo fratello” confessò incupendosi “Perché io sono stato logorato ed ho sofferto molto” disse con una sincerità tale da toccare il cuore del principe che, ascoltando le parole pregne di tristezza sciolse completamente la presa alla sua mano, abbassando il braccio sui fianchi, con uno sguardo serio.
 
Rimase in silenzio, toccato da quelle parole così sentite. Guardò i suoi occhi che per un momento avevano perso la loro malevolenza, mostrandosi fragili e profondamente addolorati.
 
“Resta il fatto che la ragazza si trova in gran pericolo. Mettete da parte i dissapori e cercate di aiutarla” Gimli che era rimasto muto fino a quel momento ruppe il silenzio, facendo voltare la faccia a Legolas.
 
“Ha sbagliato ad andare a Gondor. La guerra partirà proprio da lì e lei non sa cosa  la aspetta” annunciò Nihil facendo incupire i due amici che, dopo essersi scambiati un lungo sguardo abbassarono il capo. Legolas girò le spalle, camminò lentamente bloccandosi dinanzi l’uscita.
 
“Beh con la ragazza c’è l’elfo e penso che se la caverà. Lei non voleva lasciare Edoras, c’era d’aspettarselo”
 
“Rischia molto” riprese Nihil.
 
“Non dire così” Gimli preoccupato guardò il mantello di Legolas, fino a che si voltò, con un’espressione rigida e irritata.
 
“Ha ragione Nihil” ammise infastidito Legolas stupendoli completamente “Eldihen ha sbagliato”
 
“Legolas” Nihil avanzò estraendo dalla tunica la lettera che gli aveva dato Eldihen. Allungò un braccio, porgendola all’elfo che guardò il foglio senza muovere un dito “Lei mi ha detto di consegnartela”
 
Si soffermò a fissare la cera rossa, sentendo il profumo che proveniva dalla busta. Il profumo di Eldihen.
 
Serrò le palpebre e guardò la mano di Nihil, ma invece di prendere la lettera si girò di scatto,  uscendo fuori dalla tenda, sotto lo sguardo meravigliato di Nihil e di Gimli.
 
 
 
“Fermati giovanotto” Gimli aveva preso la lettera al posto di Legolas per poi precipitarsi da lui. Correva per le vie dell’accampamento, tra l’erbetta profumata ed il fumo dei fuochi accesi. Lo seguiva da un paio di minuti senza ricevere risposta, nemmeno uno sguardo “Prendi questa lettera”.
 
“Non ne voglio sapere nulla” rispose stizzito bloccandosi dinanzi ad un capanno, vicino ai piedi della montagna. I cavalli dentro la recinzione nitrirono e delle nuvolette bianche uscirono dalle loro narici. Legolas li guardò, per poi girarsi in direzione dell’amico.
 
“Ma che ti prende?”
 
“Ho fatto di tutto per lei. Ho inviato messaggeri e chiesto l’aiuto di un soldato per proteggerla, ma i miei sforzi sono stati inutili. Eldihen agisce sempre di testa sua ed io non posso fare nulla stavolta. Non so che le è saltato in testa, ma stavolta ha fatto il passo più lungo della gamba. Lei non resisterà … non comprendo il suo comportamento … e pensare che mi sono prodigato. La lascio fare di testa sua. Sono esausto” confessò con voce bassa, colma di delusione. Si guardò intorno, con i capelli arruffati che fuoriuscivano dalle trecce raccolte dietro la testa. Imboccò una stradina sconnessa, dirigendosi alla tenda che gli era stata assegnata.
 
“Aspetta. Legolas” Gimli lo rincorse con la lettera in mano “Apri la busta, dai” lo supplicò con voce affaticata. Non ne poteva più di corrergli dietro, anche se lo capiva perfettamente. In realtà era stato già tanto ricevere una spiegazione da parte sua, solitamente Legolas non parlava molto, era più propenso a chiudersi in sé stesso, ed anche se era agitato, Gimli comprendeva appieno il suo stato d’animo, era ovvio che fosse molto preoccupato “Se vuoi te la leggo io… solo che non ci vedo tanto bene” si affrettò ad entrare nella loro tenda, la prima a destra.
 
“No” Legolas si fermò. Non aveva proprio voglia di leggere la lettera di Eldihen, né di pianificare il suo salvataggio. Ma come le era saltato in mente di andarsene? Forse si era dimenticata dell’attacco? Della sua paura. Possibile che non comprendeva la gravità della situazione? Lei fino a quel momento aveva ucciso solo due orchi, nulla di più. Come avrebbe affrontato una guerra?
 
Mille domande afflissero la sua mente, dentro la fredda tenda, illuminata dalla debole luce proveniente dal falò che gli uomini avevano acceso fuori.
 
“La lascio su questa sedia” Gimli superò le coperte rosse a terra, poggiando la busta su uno sgabello. Vide Legolas annuire e lo considerò un buon segno. Si avvicinò, ma prima che aprisse bocca, entrambi furono sorpresi da un veloce movimento proveniente dall’entrata.
 
Aragorn era giunto con una camicia rossa, completamente sudato e con il fiatone. Respirava velocemente, alzando ed abbassando il petto con forza “Vi ho cercato dappertutto. Ho saputo di Nihil” disse senza tanti giri di parole guardando Legolas “Elrond è qui. Vuole parlarti, urgentemente”
 
L’elfo guardò il ramingo chiedendosi che cosa fosse accaduto, mentre Gimli si asciugava il sudore dalla fronte. Stavolta non avrebbe corso dietro a nessuno.
 
 
Note autrice:
Lo so. Sempre in ritardo, scusatemi è che ho avuto una settimana piena e solo adesso sono riuscita a pubblicare. Spero che l’attesa sia stata ripagata e che il capitolo vi sia piaciuto. Che ne dite di Draghetto?<3 io lo adoro, e più avanti andiamo più sarà adorabile promesso. Fatevi sentire perché ci sono molte novità nel capitolo ed io voglio sentirvi.
Grazie come sempre a coloro che commentano e mi seguono <3 siete speciali<3 e avete tanta pazienza con me
Riguardo gli aggiornamenti: farò il possibile per venerdì. Un bacione, alla prossima
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Greenleaf