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Autore: robyzn7d    11/08/2021    4 recensioni
“Quante assurdità in questa storia.”
Nami, seduta sul letto, ancora quello dell’infermeria, aveva ascoltato tutto il racconto informativo di quella mattina narrato da Robin, sulle vicende bizzarre della misteriosa bambina apparsa per caso nelle loro vite.
“Come al solito a quel testone di Rufy non interessa indagare” strinse i pugni “io voglio sapere tutto, invece.”
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STORIA REVISIONATA
Datele una seconda possibilità, chissà che non ve ne pentirete!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III
Leggerezza impulsiva 

 
 
 
 
“Quante assurdità in questa storia.” 
Nami, seduta sul letto, ancora quello dell’infermeria, aveva ascoltato tutto il racconto informativo di quella mattina narrato da Robin sulle vicende bizzarre della misteriosa bambina apparsa per caso nelle loro vite. 
“Come al solito a quel testone di Rufy non interessa indagare”, strinse i pugni innalzandoli verso l’aria davanti al suo viso, “io voglio sapere tutto, invece.” 
Robin rise, notando poi, accanto al letto, il piatto con i resti della torta di Sanji. 
“Sono passati tutti a trovarti?” 
“Si, tutti. Anzi no, tutti tranne quel maleducato di Zoro” fece l'indifferente, come se fosse un dettaglio banale su cui non soffermarsi troppo “che starà sonnecchiando da qualche parte, disinteressato come al suo solito.” 
Robin alzò un sopracciglio incuriosita da quella puntualizzazione, senza però rendere noto il suo non essere d’accordo, dal momento che ricordava molto bene come la sera prima lo spadaccino fosse rimasto in attesa di ricevere notizie sullo stato di salute di lei proprio fuori dall’infermeria. Decise di preservare l’orgoglio del compagno, e tenersi il segreto per sé. 
Vide Nami rigettare le braccia sul letto, accanto ai fianchi, senza più fare parola sull’argomento, constatando che quella puntualizzazione fosse solo per punzecchiare il verde, seppur assente, in ogni modo possibile, o, per lo meno, tirarlo sempre in ballo. 
“Comunque mi sento ancora così debole” aggiunse, mentre rialzava il braccio e si toccava la fronte accaldata con il dorso della mano. 
“Chopper ha detto che più dormirai e più sarà facile la convalescenza.” 
L’archeologa le mise accanto un libro, per ogni precauzione, non che Nami avrebbe avuto poi molto tempo per dedicarsi alla lettura; e dell’acqua in una bottiglia di vetro con a fianco due pastiglie dal colore giallo limone che avrebbe dovuto assumere al prossimo risveglio, ma non senza prima avvisarla delle precauzioni.
“Sono antidolorifici forti questi, se riesci a sopportare il dolore, puoi dosarli, perché potresti andare un po’, come dire, su di giri…”
“Ma che strazio. È solo una stupida ferita!” 
Nami ignorò l’avvertimento sadico della compagna, continuando a lamentarsi, mentre quella, estremamente paziente, faceva il possibile per renderle quella convalescenza più veloce. Le sistemò le coperte, gentilmente, sopportando quelle lamentele con la sua solita normale serenità.
“Se dovesse infettarsi rischieresti di perdere il braccio!” 
Secondo la mora quello era un modo diretto di tranquillizzarla! E infatti la rossa la fissò sconsolata e inquietata, per poi sospirare arresa, cambiando discorso. “Là fuori” se ne accertò prima di richiudere gli occhi, “è sicuro che vada tutto bene?”
“Puoi stare tranquilla. Siamo nascosti e ci resteremo. Non viaggeremo senza di te.” 
Ancora una volta, la navigatrice, s’addormentò seduta stante, dopo aver udito le ultime parole di Robin, che erano state rassicuranti. 
 
 
 
 
 
 
La testa le scoppiava anche nel sonno, questo perché, e ne era sicura, stava dormendo veramente in modo eccessivo. Dal cambio di illuminazione poteva ipotizzare che fosse ormai notte, con la consapevolezza di aver davvero sprecato tutta un’altra serata della sua vita a dormire. 
Aprì gli occhi lentamente, aspettando di abituarsi alla luce fiocca e gialla della stanza. Con un verso un po’ dolorante cercò di mettersi seduta, probabilmente facendo uno sforzo che avrebbe dovuto evitare. L’antidolorifico aveva già smesso di fare il suo lavoro, lo sapeva…era forte, si, ma quell’effetto durava veramente troppo poco per i suoi gusti, oppure aveva davvero dormito un’infinità di ore, più di quelle che pensava, e l’effetto aveva semplicemente fatto il suo corso. 
“Ti fa male?” 
Una voce troppo vicina la fece sussultare. Una voce che poteva distinguere senza problemi tra un centinaio, con quel tono sempre troppo severo. 
Trovò l’energia per mettersi seduta, poggiando la schiena alla spalliera del letto, guardando nella direzione da dove era provenuto quel suono: dal suo fianco. Magari la stava solo immaginando, magari era solo delirio dal dolore. 
“Zoro?” 
Era allibita di vederlo lì, seduto rozzamente sulla sedia di Chopper - veramente un po’ troppo scomoda per lui - con le gambe stravaccate. 
“Allora?” Continuò a chiederle lui, indifferente al suo tono fintamente stupito. 
Ma quella fitta dolorosa alla spalla, che poi scendeva su tutto il corpo, la prese nuovamente alla sprovvista. Provò a nasconderla, ma senza il minimo successo. 
Fece in tempo a scorgere Zoro scomodarsi dalla sua posizione, avvicinandosi di più al letto. “Chiamo Chopper!” 
Ma lei fu decisa nella sua risposta visibile dalla sua espressione facciale contrariata e con la mano gli indicò il barile avvicinato appositamente per lei al letto “devo solo prendere quelle. Dammele entrambe.” 
Con un gesto impacciato lui le passò le due pillole gialle - quelle lasciate con cura da Robin - e versò l’acqua nel bicchiere, assicurandosi di riempirlo tutto, passandole poi anche quello. 
“Due faranno effetto immediato” lo rassicurò, restituendogli il bicchiere e lasciandosi scivolare nuovamente di schiena sulla spalliera, ansimante e con gli occhi chiusi. 
“Ti serve altro?” le chiese ancora, non perdendosi nessun suo movimento. 
“Se devi andare via, vai pure, Zoro. Non ti obbligo a stare qua a farmi da balia.” 
“Ma cosa hai capito, stupida.” 
Ringhiò immediatamente, molto infastidito, incrociando le braccia al petto e ritornando seduto nella postazione precedente facendo dondolare la sedia con il suo corpo. 
Rimasero in silenzio, non sapevano nemmeno loro per quanto tempo esattamente. Nami sentiva finalmente il dolore abbandonarla, potendo finalmente riprendere a respirare e pretendere più lucidità da sé stessa. 
“Allora, ti fa male o no?” ci riprovò un’altra volta lui, ammorbidendo di più il tono, ma senza riuscirci troppo bene. 
Sospirò pesantemente, facendosi volutamente sentire dal compagno che voleva tremendamente avere una risposta. 
“Adesso non più.” 
 
Aprì nuovamente gli occhi, scontrandosi con quello di lui fisso sopra il suo volto.
“Sei ancora qua?” 
Zoro lo sapeva bene che lei era proprio testarda quando si impuntava nelle sue ragioni. 
“Smettila!” Ringhiò ancora una volta, offeso, sempre tenendo le braccia incrociate. “Sono qua, e qua rimango!” 
E in quella risposta data in un grugnito che risiedeva il sorriso di Nami, mentre stringeva il lenzuolo tra le dita di una mano, consapevole di provare un sentimento simile alla gioia, senza nemmeno capirlo, tanto l’aveva stupita quella puntualizzazione. 
“Sei sicura avresti dovuto assumerle entrambe nello stesso momento?” Con una mano si stava grattando dietro alla testa, confuso e assolutamente impacciato. 
“In effetti penso che Robin mi abbia detto di dosarle per evitare mi stordiscano…” tentò di rammentare la conversazione con poco successo, “ma il dolore era troppo forte per resisterlo.” 
L’ascoltò attento, ma senza più proferire parola. 
 
 
 
Sentì qualcosa di umido sulla fronte, delle goccioline d’acqua fredda stavano scivolando sulla sua guancia, in un contatto che sicuramente l’aveva risvegliata. 
“C-che è successo?” 
Aprì gli occhi di scatto e vide Zoro vicinissimo al suo viso. Una sorpresa improvvisa che la stranì parecchio, se avesse avuto più forza forse avrebbe sicuramente indietreggiato. 
“Ti sei addormentata” disse lui, togliendo un panno fradicio dalla sua fronte “…e poi hai iniziato a sudare.” 
Si guardò intorno muovendo solo le pupille scure, e, proprio come pensava, constatò che fosse ancora notte, quella stessa notte, e infatti ora ricordava: si era davvero riaddormentata dopo aver preso i due farmaci insieme, per poi essersi risvegliata dopo davvero troppo poco tempo. 
Zoro stava nuovamente inzuppando il panno sotto l’acqua fredda; lei lo notò tardi, ed ebbe una stranissima sensazione allo stomaco nel pensare a quella mano che le avrebbe nuovamente sfiorato la pelle. 
“Sarà per questo caldo insopportabile che non ci lascia da giorni.” 
Forse era febbricitante, o forse stordita, o forse era davvero solo il caldo, ma perché quel tocco doveva farla sentire così strana? 
Ecco, infatti, che quel pensiero l’aveva distratta, rendendosi conto che era troppo tardi per fermare quel contatto dal momento che il panno freddo le si era nuovamente posato sulla fronte. Nel togliere la mano da esso, le dita di lui le avevano sfiorato una guancia e lei non era riuscita a trattenere un brivido, che era così dannatamente inspiegabile. 
“Non è solo il caldo” lui era piuttosto sicuro e imperscrutabile come sempre “…é il tuo corpo che cerca di difendersi.” 
Lei sospirò rassegnata, sapeva che lui aveva dannatamente ragione, e dunque quei brividi potevano essere benissimo legati alla febbre. 
Quanto si sentiva debole. Doveva pensarlo anche lui, era ovvio che era così, vista quella preoccupazione eccessiva nei suoi confronti. 
“Va meglio adesso?” 
A sentirlo leggermente più calmo e vederlo appena interessato le aveva fatto aumentare il respiro, e sicuramente lui lo stava notando già da un po’, da qui quella sua continua apprensione. Provò a rispondergli, biascicando qualcosa d’incomprensibile, perciò risultando ancora più accaldata e fragile. 
Lui le si avvicinò ancora, riprese il panno e lo fece scivolare leggermente sulla guancia destra e poi quella sinistra. Lei aveva sempre gli occhi chiusi e il respiro affannato. Cercava di immaginarne quel volto mentre compiva quei gesti gentili. Le veniva naturale pensare a quanto potesse essere serio in viso.  
Zoro era ignaro che quei sintomi si erano amplificati anche per un altro motivo, che era proprio quel suo tocco e vicinanza inconsueta. 
Nami alzò d’istinto la sua mano appoggiandola sul panno umido, tra acqua fredda e contatti così intimi, non poteva più resistere; ma facendolo, aveva sfiorando quella dello spadaccino, che le stava ancora tamponando il viso. 
Aprì gli occhi che aveva chiuso solo per un istante e finalmente lo guardò dritta in volto. Era il suo sguardo di sempre, concentrato, con sfumature tra la rabbia e la preoccupazione, due sentimenti che in Zoro si gemellavano. Però c’era anche qualcosa di più, aveva scorto una certa apprensione in lui. 
“Chopper ha detto di fare così in questi casi.” 
Era un po’ imbarazzato, e giustificandosi, lasciò cadere immediatamente il panno che finì sopra la mano di Nami, ritornando a sedersi sulla sedia senza più guardarla in viso. 
“Grazie”
riuscì a dirgli, tenendo quella stoffa preziosa stretta tra le dita. 
Lui fece spallucce. 
“Torna a dormire.” 
 
 
 
E si era addormentata davvero, Nami, senza farselo ripetere due volte. Si sentiva così inutile in questi momenti. Forse erano quelli stessi antidolorifici potenti, sedativi per cavallo, a stenderla. O forse era davvero così debole da crollare per una ferita così banale. 
Si era risvegliata confusa, ma con la testa un po’ più leggera. Sentiva sotto di sé tutto strano, il lenzuolo che toccava con le dita aveva una diversa consistenza, la stanza attorno la vedeva quasi girare, i suoi pensieri erano così stupidi ad un certo punto. Poi ebbe una strana sensazione, una brutta sensazione anzi, che le arrivava tramite una stretta nel torace. 
“Zoro?” 
Sicuramente era andato via e lei si era addormentata, perdendo quell’occasione rara di quella sua premura nei suoi confronti. 
lo aveva urlato di soprassalto, pur sapendo benissimo che non era lì. Fu come una pressione interiore, sapeva che era troppo tardi, che lui si era già liberato di lei. 
“Sta calma” lo sentì poi avvicinarsi al letto - no al suo viso - “che ti prende?” 
Era così sorpresa. Lui era ancora lì. Lei non faceva che addormentarsi, e lui aspettava silenzioso.
“Pensavo fossi andato via.” 
Nami lo guardava con occhi spaventati. Ma perché stava provando questa sensazione di panico? Aveva forse fatto un brutto sogno che non riusciva a ricordare? Domande che però non trovavano risposta nella mente della rossa. 
“Che cosa ti prende adesso?” continuava lui, insistente e confuso, facendosi più avanti spingendo il torace e arrivando così con la testa sopra al viso di lei. 
Ma è dannatamente vicino. 
“Pensavo fossi andato via” 
Ma lo aveva ripetuto davvero? 
“Tutto qua?”
Allontanò appena il viso da lei, stralunato. 
“È tutto così strano.” 
Nami si guardò le mani allungandole sopra il suo viso, le sembrava quasi di vederci attraverso; allungò un braccio e le cinque dita si posarono sulla faccia di Zoro. Nami rise. Era passata dal panico alla risata in un batter di ciglia. 
Zoro si allontanò svelto, liberandosi da quel contatto, ma qualcosa si era appena aggrappata alla manica del suo yukata, che venne tirato delicatamente. Ora era ampiamente confuso: prima voleva mandarlo via, ora voleva che fosse lì. 
“Sei ancora in balia dei farmaci che hai preso.” 
Cercava di allontanarsi, ma lei lo tirava ancora insistente. 
“Può darsi” continuò a ridacchiare, ma senza mollare quella presa che divenne più forte. 
Sospirò quello, costretto a sedersi sul letto, cancellando ogni distanza tra loro. “Ma insomma, cosa c’è?” 
Sorrise ancora lei, improvvisamente divertita, girandosi di fianco verso di lui con la mano stretta ancora allo yukata: era piuttosto su di giri. Proprio come le aveva detto Robin, in effetti. 
“Non pensavo che saresti venuto a trovarmi.” 
Lui sospirò.
“Sono i farmaci che ti fanno farneticare” fu costretto a ripeterle, senza però allontanarle il braccio “…te l’ho già detto.” 
Zoro si era dovuto appoggiare per metà allo schienale del letto, dal momento che era davvero piccolo per entrambi. Non riusciva a liberarsi da quella stretta, e non tanto fisicamente, quanto che si sentiva di tradire la sua fiducia, se ora si fosse allontanato. 
Perciò, si mise comodo, più che poté almeno, rimanendo lì, sul letto, al suo fianco. Mentre lei, sempre aggrappata al suo polso, era caduta nuovamente in un sonno profondo. 
Anche lui poteva riuscire a sonnecchiare un po’, senza però addormentarsi per davvero: mai veramente distratto e sempre costantemente vigile. Sentì la compagna muoversi appena, aggrappata del tutto al suo braccio, poggiandoci la testa sopra, estremamente rilassata. 
 
 
 
 
Nami stava iniziando a muoversi un po’ troppo, forse si stava svegliando per l’ennesima volta. Aveva dormito così tanto che stava riacquistando energia, finché, pian piano, riacquistò anche la lucidità necessaria con l’effetto del farmaco che svaniva. 
Aprì gli occhi, riabituandosi faticosamente alla luce: era già mattina, lo vedeva da come filtrava all’interno. Mosse appena la testa, vide davanti ai suoi occhi lo yukata verde di Zoro e si rese conto che si era sdraiata su di lui, con una stretta sul suo polso, e il tutto senza farsi troppi problemi. Sentiva il cuore batterle veloce, ma non ne capiva davvero il motivo. Forse aveva esagerato, oppure era solo soggiogata da ricordi falsati. Le aveva fatto così tanto piacere quella premura, tanto da permettere alle emozioni di colpirla.
Si mise seduta e, per uscire da quella situazione, decise di giocare la sua unica carta di salvataggio, guardandolo confusa. “Ma che ci fai qua sul letto?” 
Zoro, che aveva l’occhio chiuso ma era sveglio, sudò freddo; lo aprì e la guardò immediatamente in cagnesco. “Sei diventata matta? Mi ci hai trascinato tu!” 
Osservò tutta la situazione intorno: ma lui era davvero rimasto così appiccicato a lei? E perché non si era staccato mai, nemmeno quando si era addormentata? 
Una strana stretta nostalgica le stava avvolgendo il cuore. 
“Sarei io che ti ho fatto sdraiare qua di fianco a me?” 
In realtà lo ricordava molto bene questo dettaglio, ma non voleva ammetterlo per nessun motivo al mondo. I farmaci l’avevano resa più leggera, ma non priva di ricordi. 
“Piantala subito con i tuoi giochetti!” 
Ringhiava, ma comunque sempre senza schiodarsi da lì. 
Lei mosse le mani verso il cielo, facendo la sua scenata drammatica, avvicinando poi il viso a quello di lui senza far trapelare debolezza. “In questa stanza ci siamo solo noi due, la parola tua contro la mia!” 
“É da un po’ che non siamo più soli, in realtà!” 
Tornò ad incrociare le braccia e stendersi meglio sulla spalliera. 
“Ehm?” Nami era confusa. 
“Hai visite”, con lo sguardo indicò il pavimento di fronte a lei, in cui vi trovò seduta la bambina che aveva salvato il giorno prima. 
“L’ho sentita fuori dalla porta che origliava.” 
La rossa guardò in direzione della ragazzina, che si era appena alzata in piedi e stava guardando verso di loro. 
Zoro continuò severo, “lo sai che origliare é per i codardi?”
“Mi spiace.” 
Era un poco imbarazzata, ma non sembrava affatto ammutolita dal tono dello spadaccino e nemmeno da lui.
“Ma piantala!” 
Nami tirò uno scappellotto in testa al compagno.
“Parla lui che ascolta sempre ogni cosa senza farsi notare da nessuno!” Sorrise alla ragazzina e indicò Zoro, che a sua volta la guardò malissimo. 
“Pensavo… ecco…che voi”
“Cosa pensavi?” le chiese Nami con fare dolce, incuriosita da quel volto così familiare, sotto lo sguardo sempre severo dello spadaccino che rimaneva in silenzio. 
“Beh, pensavo che steste facendo le vostre cose.” 
Distolse immediatamente lo sguardo, cercando un punto qualunque nella stanza su cui soffermarsi. 
“Quali cose?” Nami proprio non capiva, e il compagno la pensava allo stesso modo, poiché la sua espressione mostrava solo un punto interrogativo.
“Ma si dai, le VOSTRE COSE.” 
Accompagnò le parole con le mani, aveva la faccia tutta rossa. 
Quelli si guardarono, non la stavano davvero seguendo nel suo discorso molto strano. 
“Ma di che parla?” 
Nami cercò risposta in Zoro, alzando la testa e guardandolo, sperando che magari ne sapesse qualcosa di più. Ma lui fece spallucce, ricambiando l’occhiata confusa. 
“Oh, andiamo!!! Quelle losche faccende…” La ragazzina stava puntando il piede in avanti muovendolo ossessivamente, le guance accaldate, lo sguardo imbarazzato. 
“Ancora niente…” Zoro, scuoteva la testa. 
“MA INSOMMA! SESSO!” 
Ora aveva raggiunto un tono rossastro davvero non indifferente ai due, ed era allibita che non riuscissero a capire certe allusioni. 
Allo spadaccino rimase la saliva incastrata in gola per non sapeva dire quanti secondi. La navigatrice era sbiancata, per poi farsi possedere da una risata isterica che non lasciava presagire nulla di buono. “Che diavolo ne sa una bambinetta del sesso?” 
“Ho dieci anni e mezzo, diavolo! Perché è così difficile da imparare!”
Nami poté constatare che quella aveva proprio un caratterino appena irascibile. “Si, si certo!” mosse una mano in aria per sdrammatizzare quell’improvviso senso di claustrofobia e ansia. Diede un’occhiata rapida a Zoro, che, ancora non proprio ripreso, aveva sul viso un’espressione difficile da ignorare. In un attimo si era messo seduto, e aveva bevuto tutta l’acqua lasciata da Robin la sera prima bella bottiglia di vetro. 
“Tutto bene?” Nami lo schernì, ridendo del suo imbarazzo. 
“Umh”, mugugnò quello, in risposta, evitando di guardarla in faccia. 
La navigatrice ritornò a concentrarsi sulla bambina osservandola da capo a piedi, che a sua volta stava ricambiando l’occhiata in un modo strano, come se stesse fremendo. “Ti chiami Rin, giusto?” 
Quella asserì con il capo. “Sai che é davvero un bel nome?” 
Si sì. Lo so. 
“Allora, perché sei qui?” Continuò l’adulta, altra investigatrice della nave subito dopo o alla pari di Usop. 
“Rufy ha detto che posso restare e…” si scaldò subito, in preda all’agitazione più nera.
“Intendo qui in questa stanza, stolta!” 
Nami la fermò prima che esplodesse di emozioni, con il lenzuolo che le scivolava via mentre con un dito indicava l’infermeria tutt’intorno.
“Aaaah” in risposta la bambina gonfiò le guance per un attimo, per poi riacquistare immediatamente la sua fierezza facendo un inchino rispettoso. “Sono qui per ringraziarti di avermi salvata.”
“Di nulla.” 
A Nami parve di vedere gli occhi di quella ragazzina brillare mentre la guardava a sua volta, provocandole un senso di pace. 
Fu così veloce, con un salto la vide gettarsi su di lei e abbracciarla, scacciando in un attimo tutta quella sua compostezza e fierezza. La rossa non se l’aspettava questo ringraziamento speciale e così affettuoso, e anche se inizialmente rimase immobile, senza sapere cosa fare, poi cedette e come gesto involontario le mise una mano sulla testa, lasciandole una leggera carezza sui capelli. Sgranò gli occhi, quando sentì il suo profumo invaderla. Lo conosceva? 
Ma quell’abbraccio era così dolce, sembrava così importante, che lo dimenticò. 
“Va tutto bene, piccola” le disse quasi all’orecchio quando la sentì piangere. “Non é successo niente.” 
Rin si staccò subito, e senza guardare più nessuno dei due, volò via dalla stanza. 
“Vado…tornate pure a fare le vostre cose!”
Corse via alla velocità della luce, chiudendo - anzi, sbattendo - la porta alle sue spalle. 
Zoro strinse i denti, quell’insinuazione lo destabilizzava, aveva mandato in tilt il suo cervello in pochissimo tempo. Ancora un po’ imbarazzato - un imbarazzo che cercava di nascondere con il fastidio - guardò Nami di sottecchi, non sapendo che reazione avesse scaturito in lei. Ma la sentì invece ridacchiare allegramente, leggera di tutto, mentre si gettava nuovamente sul letto con la schiena. 
“Che caratterino…mi ricorda qualcuno.”
Sorrise, pensierosa, tra sé. 
“Sai Zoro” stiracchiò le braccia verso l’alto “quella bambina nasconde qualcosa d’importante, l’ho capito subito.” 
Lui abbassò l’occhio su di lei, enigmatico nel pensiero, ma rimanendo in ascolto. 
“E ti dico che dobbiamo assolutamente scoprirla.” Si voltò, mettendosi di fianco e socchiudendo gli occhi. 
“Però, sento di potermi fidare.” 
 
 
 
   
 
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