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Autore: robyzn7d    12/08/2021    2 recensioni
“Quante assurdità in questa storia.”
Nami, seduta sul letto, ancora quello dell’infermeria, aveva ascoltato tutto il racconto informativo di quella mattina narrato da Robin, sulle vicende bizzarre della misteriosa bambina apparsa per caso nelle loro vite.
“Come al solito a quel testone di Rufy non interessa indagare” strinse i pugni “io voglio sapere tutto, invece.”
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STORIA REVISIONATA
Datele una seconda possibilità, chissà che non ve ne pentirete!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo IV
Ondata tropicale 

 
 
 
 
 
“Va bene Nami, ma promettimi di non esagerare con gli sforzi, evita di usare il braccio quando non é necessario.” 
Sul ponte, Chopper dava i suoi avvertimenti alla navigatrice che, sollevata, stava nuovamente respirando aria fresca. 
“Promesso. Mi farò assistere da ognuno di loro.” 
Indicò i suoi compagni, passandosi poi una mano tra i capelli, contenta di essere tornata alla vita, ma anche un pelo dispiaciuta, ricordando le attenzioni che aveva ricevuto straordinariamente da una certa persona che in quel momento se la stava dormendo beatamente, appoggiato alla balaustra della nave, proprio davanti a lei. 
Vide Sanji avvicinarsi e colpire il legno con un calcio. “Ma guarda questo idiota che non fa altro che poltrire!” 
Era ovvio che nessuno, o almeno sicuramente non Sanji, sapeva che era rimasto a badare a lei tutta la notte. 
“Lascialo dormire” diede allora ordine al cuoco, che, di reazione, la osservò stupito e dispiaciuto.
“Ma mia adorata…” si avvicinò a lei quasi disperato, “perché ti prodighi per difenderlo?” 
In quel momento vennero raggiunti da una Rin sbadigliante. Aveva indosso una maglietta nera di Robin che le faceva da vestito, e sempre quella dannata e immancabile strana arma in mano. “Buongiorno” bofonchiò, divorando un cornetto farcito di marmellata che aveva sgraffignato dalla cucina. 
“Bisogna trovarti dei vestiti adatti” le disse Nami, ignorando Sanji, e osservandola attenta, catturata del tutto da lei. 
Quella alzò le spalle disinteressata “che c’è che non va in questa maglietta?”
Nami alzò un sopracciglio, si sentiva sconcertata, ricordando che a lei la moda interessava anche da bambina. 
“Questo tuo disinteresse é così…” stava per dire “familiare” quando venne interrotta dall’intervento del capitano che si era intromesso come suo solito senza aspettare. 
“Hei, ma perché tieni sempre quell’affare in mano?” Rufy, parato davanti alla bambina, si stava piegando sui polpacci per arrivare alla sua statura “…é  la tua arma?” 
“L’ho rubata in realtà.” 
“Sei davvero sincera!”
In quei modi bizzarri aveva sicuramente catturato l’attenzione di Rufy, che sorrideva interessato e colpito. “C’è una spada là dentro, vero?” 
Sanji lo ammonì con un colpo in testa - aveva i denti aguzzi, ancora irritato per la storia di Zoro. “Ma una bambina così piccola non può usare una spada, idiota!” 
“Ancora con questa storia della bambina?” 
Rin era nuovamente adirata per quell’etichetta antipatica che pensava la sminuisse. “Certo che so combattere con la spada!”aveva sospirato, ma non si sentiva per nulla arresa dal doverlo ripetere ancora più volte “Io sono una guerriera, volete capirlo sì o no?” 
Con ‘quella cosa’ sempre coperta da un sacchetto che faceva da rivestimento, colpì sulle gambe sia Sanji, che Rufy, che Usop che passava lì per caso, che ovviamente si lamentò. “HEII!!!”
Nami rise di gusto, le piaceva davvero tanto quel modo di fare che le ricordava assolutamente il suo caraterrino acceso e un po’ violento. 
“Hai imparato in fretta come gestire questi tipi qua.” Indicò nuovamente gli amici, accompagnando la voce con un tono arreso, sapendo perfettamente che era necessario avere polso e autorità per mandare avanti quella baracca fatta per la maggioranza di uomini, ma soprattutto bambini.
“Non complimentarti con questa teppista, Nami! Io che cosa C’ENTRO, ME LO SPIEGHI!” Per il cecchino non c’era mai giustizia, soprattutto quando veniva anche ignorato. Aveva infatti avuto un pessimo inizio mattinata, ancora assonnato per il turno di vedetta, e sazio per la colazione che aveva appena divorato, ora doveva pure farsi colpire da una mocciosetta armata di uno sguardo truce e accettarlo. 
“Ho imparato da mia madre a gestire gli uomini.” 
Rispose ad Usop, facendo la linguaccia. E si poteva avvertire una certa fierezza, mentre lo diceva. 
“Dev’essere una donna in gamba!” Nami le sorrise con le stelle agli occhi. 
“Ne dubito!”
Il loro entusiasmo venne ancora una volta spento dal cecchino, che continuava a infierire col suo essere pessimista.
“Una che insegna a una bambina a comportarsi così non dev’essere proprio un buon esempio di genitore!” 
Incrociò le braccia al petto, sicuro di sé, sedendosi sulla scalinata che dava sul ponte. 
“Scommetto che è una tipa focosa…” Sanji aveva la bava alla bocca, mentre si avvicinava di più a Nami e Rin “dimmi, che tipo è tua madre? È bella?” Aveva gli occhi a forma di cuore con lo spirito che aveva già oltrepassato i confini della decenza. 
Le due mossero la testa, arrese, almeno finché la bimba non venne catturata da un profondo senso di orgoglio, “certo! Mia mamma è una tra le donne più belle del mondo.” Era fiera, sì, ma mentre il suo tono era sicuro, deciso, orgoglioso, nel suo sguardo c’era anche un’accennata lontanissima tristezza. 
“Lo dicono tutti dei propri genitori.” 
Spense ancora l’entusiasmo un Usop doppiamente cinico. 
“Ma è vero!” i suoi denti diventarono aguzzi come quegli umidi uno squalo! “Non sto affatto mentendo.” 
Dopo aver gonfiato le guance gonfie e paffute, sopraffatta da quelle accuse per lei del tutto infauste, aggiunge un ulteriore dettaglio. “Lei è piuttosto famosa!”
Con lo sguardo puntato all’orizzonte, sembrava ricordare qualcosa d’importante e complicato. 
“E faccela vedere allora! Sta sul giornale? Hai una foto? Chi è?” Sanji si strofinava le mani in attesa, eccitatissimo, mentre saltellava. 
“Non posso dirtelo, diamine!” Puntava il piede sul pavimento nervosa e agitata. “Non posso dirvi questo per niente al mondo.” Aveva ingurgitato l’ultimo pezzo di cornetto e non curante stava ripulendosi sulla maglietta dallo zucchero a velo. 
“Lasciatela in pace, adesso.” 
Nami intervenne in sua difesa, non aveva più voglia di stare a sentire le chiacchiere degli amici, voleva indagare meglio per conto suo. 
“Aiutami ad innaffiare i mandarini. Ti va?” 
Senza aver bisogno di una riposta, despota come al solito, la prese per il polso e la trascinò al piano di su, sotto lo sguardo confuso dei compagni, uno dei quali rimasto a bocca asciutta. 
 
 
“Ehi, ma lo sai che ci metti proprio la giusta cura?” Si complimentò con lei. 
Quella arrossì. “Beh si, so farlo.” 
“Sei proprio piena di sorprese.”
Nami era seduta sul pavimento in legno e la guardava fare, così manteneva la promessa fatta a Chopper, di non sforzarsi e non lavorare. 
“Da chi hai preso questi capelli corvini?” 
Le chiese d’improvviso. Era chiaro che quella ragazzina avesse incuriosito Nami a tal punto da proteggerla e volerla conoscere meglio. 
La bambina sbiancò. 
La rossa sembrava ci stesse macinando sopra un po’ troppo.
“Sono belli, eh, però scuriscono il tuo bel viso.”
Sorrise, portandosi la mano sotto al mento come per reggerlo, pensosa. “Ah, giusto, non puoi dirmi niente. Nemmeno questo.” 
Finito di innaffiare, Rin andò a sedersi accanto a lei. Una vicinanza che sembrava così abituale per la morettina. Nessun indugio, nessuna paura, nessuna esitazione, eppure di trattava pur sempre di pirati. 
“Vorrei dirvi tutto, davvero.” Muoveva i piedini, e solo quella corta statura ricordava alla navigatrice che era solo una bambina di dieci anni (…e mezzo). “Mi renderebbe le cose molto più semplici parlarvene. Ma non posso proprio farlo, non é ancora tempo.” 
Nami l’ascoltava attenta e, non sapeva come e perché, sentiva che nonostante tutti quei misteri poteva fidarsi. Anche se questa cosa ‘del tempo’ era difficile da digerire e comprendere. 
“Posso chiederti solo una cosa? Vorrei che mi rispondessi.” Tolse la mano dal mento, portandosi poi i capelli dietro alle spalle come gesto preparatorio a una domanda probabilmente scabrosa. “Perché ti sei rattristata quando parlavi della tua mamma?” 
A Rin mancò un battito. 
Si è accorta di questo? 
“È piuttosto semplice…” allontanò dal viso i ciuffi che le solleticavano la guancia “perché io…non sarò mai bella e forte quanto lei. E quando ci penso…mi sento sopraffatta, a volte un po’ triste.” 
Continuava a guardarsi i piedini scalzi. 
Nami era accigliata è tanto incuriosita. 
“Ma sei ancora una bam…” si fermò in tempo, “una ragazzina…hai tempo di crescere. E sei già così carina.” 
Le sorrise gentile. 
Rin ricambiò lo sguardo con quei suoi occhi grandi e ramati, ma era comunque un po’ incerta. “Io sono una guerriera, come il mio papà. E penso di aver preso tutto da lui. Lo dice sempre anche la mamma.” 
Nami non poté fare a meno di farsi sfuggire una risatina sincera. 
“Allora vedi che sei forte!? Che altro vuoi?”
Ma Rin aveva di nuovo lo sguardo abbassato, concentrata nel fissare il pavimento in legno sotto ai suoi piedi scalzi. “Non intendevo forza fisica.” 
Quegli occhi le ricordavano tanto i suoi, se non fosse che erano leggermente più scuri. 
La navigatrice continuava a guardarla seria. Il loro temporaneo silenzio era accompagnato dal rumore dei piedi di Rin che sbattevano sul legno. 
Finché Nami le sorrise ancora.
“Secondo me sei una bambina molto fortunata.”
Le mise una mano sulla testa in un’altra carezza che le nasceva dal cuore, in maniera naturale e sentita. “È chiaro che i tuoi genitori ti insegnano a sopravvivere, e visto come sei, hanno fatto un ottimo lavoro. Sei da sola su una nave pirata, dopotutto.” 
Rin continuava a guardarla, con gli occhi colmi di uno strano luccichio, con la bramosia di ascoltarla parlarle.
“Davvero?” 
“Certamente. Sei intelligente, coraggiosa, affettuosa, sincera.” Le puntò il dito contro la fronte “…ribelle!” Non riusciva a fermarsi dal sorridere, compiaciuta. “E ancora nemmeno ti conosco.” 
Gli occhi di Rin brillavano ancora, e anche stavolta non riusciva a trattenere le sue emozioni interiori che le uscivano dal petto come a voler esplodere e scappare da una prigione, e l’abbracciò ancora, dal fianco. Era già la seconda volta che la navigatrice si trovava in quella situazione così strana per lei. Stava ricambiando certamente quell’affetto, ma era lo stesso sorpresa da quella dolcezza che arrivava a ondate, prendendola sempre in contropiede. 
“Anche tu sei bella. Come la mia mamma.” 
Le sue manine erano capaci di donarle una sensazione di pace e dolcezza che non aveva mai avuto veramente. Nami era stupita di sé stessa, nel provare piacere al sentirsi così coccolata da quella ingenuità. 
“L’ho detto io, che sei intelligente.” 
 
 
                                                        
 
 
 
Ora che Nami stava meglio, la normale navigazione aveva ripreso. Avevano provato a chiedere a Rin di dir loro su che isola fare rotta per riaccompagnarla a casa, ma lei dava sempre la stessa risposta, “nessuna”, oppure, “non è ancora tempo”, perciò lasciarono perdere e proseguirono il viaggio secondo le loro esigenze. 
Sanji stava servendo la merenda all’esterno, torta gelato e succhi alla frutta, per combattere quel caldo, in quella morsa tropicale, su un tratto di mare spento e deserto. L’acqua era così calma, sembrava olio, e la Sunny l’intruso che stava disturbando la quiete col suo passaggio. 
“Dovremmo gettare l’ancora e fare un bagno al mare.”
Propose Usop, con la lingua di fuori, mentre si sventolava con la mano. 
“Non è giusto!” Furono le risposte immediate di Rufy, Chopper e Brook che, saltati in piedi, protestarono sonoramente. “E NOI?” 
“E devo risolvervi io questo problema?” Ma Usop non aveva la forza di urlare, era troppo abbattuto dal caldo. 
“Dopo la merenda posso mettere in piedi una piscina gonfiabile sull’acqua e ancorarla alla Sunny! Che ne dite?” Naturalmente il cyborg aveva sempre un’idea pronta. E naturalmente era palese che i tre seguaci avessero le stelline negli occhi e urlassero già di gioia, incoronando Franky re dell’estate. 
Nami tirò giù una bretella della sua canotta provocando una certa reazione nel cuoco, a cui non era sfuggito nulla. 
“Chopper queste bende mi fanno sudare. Dici che posso toglierle per fare il bagno?” 
“Puoi togliere tutto Nami-Swaaaaaaaaan…” mentre parlava, perdeva sangue dal naso, come al suo solito in queste “delicate” circostanze.
“Ma non ti stanchi mai di essere un pervertito?!” Zoro, che nonostante il caldo aveva comunque optato per il sakè al posto del succo di frutta, non perse occasione per attaccarlo. E mentre iniziarono a litigare, Chopper pensò alla risposta. “Puoi toglierle, ma la ferita in acqua salata ti brucerà moltissimo, Nami.” 
Quella ci pensò su, poco convinta. 
Robin stava sorseggiando il suo succo alla frutta con eleganza e portamento, e affianco a lei c’era seduta Rin, che diventava così calma e composta quando stava con lei. 
“Come hai passato la nottata?” chiese poi a Nami, dal momento che ancora non aveva avuto con lei un confronto privato. 
La navigatrice ebbe un brivido, ogni volta che pensava alla notte passata, e a quello strano avvicinamento con Zoro, si sentiva così…diversa. 
“È passata” le disse solo. 
Rin diventò subito rossa in volto, qualcosa che Nami notò subito, sgranando gli occhi di conseguenza. 
“RIN!” 
L’ammonì sconvolta. Mentre si chiedeva se una bambina avesse il consenso di immaginare certe cose.
“Non penserai ancora a quello!” 
Mentre Zoro e Sanji stavano ancora insultandosi, gli altri compagni si erano appena interessati alla nuova conversazione.
“Quello cosa? Che é successo?” Chiese Franky immediatamente interessato. 
La rossa si era appena resa conto che quella era diventata improvvisamente una conversazione pubblica. “Niente, niente.” Incrociò le braccia terrorizzata dalla strada che stava prendendo quella semplice puntualizzazione. 
“Beh, ma quando due adulti sono soli in camera, sul letto, è normale pensare a…”
Usop aveva appena sputato tutto il succo di frutta all’albicocca sul pavimento. 
“Piantala!” 
Ora era Nami ad essere diventata bordeaux. Non era successo niente quella sera ma ogni dettaglio di quella notte doveva appartenere solo a lei. Gli altri non avrebbero capito ma solo che frainteso. 
“Yo-ho…di cosa sta parlando, Nami cara?” Brook era ovviamente stato catturato dal discorso che si rivelava essere abbastanza peccaminoso. 
“Chi c’era con te ieri notte?” Usop, ripreso dallo shock, era tornato il solito indagatore di sempre. 
Ma non aveva caldo? 
“Smettetela subito. Sono solo fantasie di una bambina.” 
Doveva già sopportare abbastanza problemi, tra il caldo e l'esser ferita, ci mancavano anche le insinuazioni sessuali. 
Rin mise il broncio. Aveva gli sguardi di tutti addosso, ma fece capire che non avrebbe detto niente al riguardo. 
“Hai detto che non sai mentire!” 
Usop la indicò con il dito imitandola in una voce da bambina. “Era quindi una bugia?” 
Quella non poteva sopportare un’accusa simile, scattando in piedi in un movimento impacciato ma rapido, regalando al cecchino la sua peggiore espressione. “NON STO MENTENDO.” Diede fiato ai polmoni. “Sto solo rispettando il volere altrui non spiattellando gli affari di altri!” 
“Si, si…ma che onorevole…” 
 
 
 
La piscina promessa da Franky con acqua dolce era stata piazzata con successo sul mare, accontentando i pirati “bambini”, ma tra questi non era compresa Rin. 
I tre compañeros incapaci di nuotare ci si erano fiondati immediatamente dentro, non sentendosi più esclusi. 
Robin era rimasta direttamente sul ponte, in costume, a prendere il sole sulla sdraio, con tanto di cappello nero, crema solare, libro e drink.
“Tu non lo fai il bagno?” chiese a Rin, seduta accanto a lei. 
“Non posso” rispose, portando le ginocchia al petto “però mi piacerebbe tanto.” 
Sembrava così abbattuta che a Robin dispiacque particolarmente. “Capisco. È legato a quello che non puoi dirci...” 
La bambina annuì. 
Franky e Usop avevano appena fatto una gara a chi riusciva a fare il tuffo migliore, con i tre della piscina che davano i voti. Sanji era già in mare e chiamava Nami che, affacciata al parapetto, era ancora poco sicura di voler sopportare quell'ulteriore dolore. 
“Buttati mia dea. Ti prendo io!” Teneva le braccia lunghe fuori dall’acqua verso la nave. 
Per sfregio, Zoro, ancora sul ponte, anziché usare la scaletta optò per fare un tuffo, buttandosi proprio sopra il cuoco, che lo schivò per un pelo. 
“Ha quasi preso in pieno Sanji. Voto dieci!” Biascicò Rufy entusiasta. 
“Ma era privo di stile. Io direi 7 e mezzo!” Brook dava peso a tutto nei suoi voti. 
Sanji tirò fuori la testa dall’acqua riprendendo a respirare.“MALEDETTO!”, aveva ricaricato i polmoni, “Volevi forse affogarmi?”. 
“Fosse facile.” 
Zoro si allontanò, facendo una nuotata in solitaria. 
 
“Hei, sei sicura Rin?” Nami ci riprovò, allontanandosi dal parapetto e raggiungendola. “Se non puoi fare il bagno, allora rimango qua con voi.” 
Ma la bambina, alzata in piedi, la spinse fino alla scaletta che portava alla piscina gonfiabile. “No-no…tu vai.”
Era così determinata e testarda. Nami pensava a quale potesse essere questa verità così difficile che teneva nascosta. Era il suo pensiero fisso ormai. E più vedeva questi limiti e più voleva sapere. Ma torturare una bambina per avere informazioni non le sembrava la scelta più giusta da prendere. 
“Ok, ok! Se sei così sicura.” 
Si tolse il copricostume e scese per la scala. Rin la osservò, per poi tornare da Robin con il broncio. 
“Vuoi fare qualcosa?” 
Le chiese allora l’archeologa alzando la testa dal suo libro prezioso. 
“Non importa.” 
Poco elegantemente quella si era seduta sul pavimento con le gambe incrociate. 
“Farò un po’ di sana meditazione.” 
 
 
Nami era arrivata nella piscina improvvisata e si era seduta su quel bordo che non sembrava così stabile. Proprio in quel momento, Sanji era tornato a galla da una esplorazione subacquea e appena la vide, in costume, sorridente, con una mano tra i capelli, svenne perdendo fiumi di sangue. 
“I miei occhi non reggono a cotanta bellezza…” 
“FRANKY RECUPERA SANJI O AFFOGHERÀ!” 
Chopper, affacciato al bordo della piscina, si preoccupava disperato per la sorte del cuoco che non era riuscito a sopravvivere a quella visione. “Deve rifare terapia con le foto.”  
“Beh capisco la sua reazione…” Brook si era avvicinato a Nami con nonchalance “gioisco anche io, per una volta posso vedere le tue mutandine…anche se è un bikini.” Brook era piuttosto stordito, ma si dovette riprendere al volo quando il pugno della navigatrice lo spedì dritto in acqua…nel mare. 
“FRANKY RECUPERA BROOK O AFFOGHERÀ!” 
Ancora una volta, Chopper perdeva preziosi anni di vita. 
“Ma insomma Nami, ne hai già stesi due e sei appena arrivata!” Franky li aveva entrambi sulle spalle, e lì gettò in piscina. Rufy se la rideva a crepapelle, schizzando Usop, salito sulla piscina per la paura dell’acqua del mare troppo scura, facendo finta di buttarlo fuori bordo, con lui che urlava terrorizzato rispondendo con la forza e cercando di affogare lui, in risposta tragica a quell’agguato, sott’acqua. 
“La colpa non è certo mia!” 
Aveva immerso i piedi nell’acqua di mare, Nami. Doveva prendere coraggio, buttarsi, soffrire per un po’, ma poi sarebbe passato tutto. Ma decise di aspettare ancora e bagnarsi per gradi. 
Sentì qualcosa sfiorarle i piedi sotto di sé e si terrorizzò a morte. “Aiutoooo!” li tolse immediatamente dal mare, spostandosi e piegando le gambe sul bordo. Ma in quel momento Zoro sbucò dall’acqua sogghignando. 
“Maledetto!” Nami recuperò i dieci anni di vita che aveva appena perso. “MI VUOI FAR VENIRE UN INFARTO?!” 
Lo vide buttarsi nuovamente di sotto e rispuntare fuori qualche metro più in là. “Appena ti prendo ti affogo, hai capito?” 
“Fallo nero, Nami-San.” Sanji era ancora stravolto dalle troppe emozioni, stravaccato sul bordo piscina mentre cercava di riprendersi, con il medico che gli mostrava fotografie varie di Nami e Robin vestite. 
La rossa continuava a guardare l’acqua invitante, ma proprio non se la sentiva di soffrire. “Credo che rimarrò qua con voi.” Indicò la piscina d’acqua dolce.
Sanji perse ancora sangue quando il suo sguardo si posò sulle sue forme. 
“Ma sei proprio una fifona.” 
Zoro, era tornato nei paraggi, lasciandosi trasportare dall’acqua dell’oceano. “Guarda qua”, alzò il suo braccio, “questa ferita si è già cicatrizzata.” 
Lei sbuffò contrariata. “Non abbiamo la stessa soglia di sopportazione del dolore, Zoro!” 
Sanji, sentite quelle parole, si riprese in fretta dalla batosta, rituffato svelto in mare per ‘cantarne quattro’ allo spadaccino rozzo e incivile. “Razza di idiota!”aveva tolto la testa fuori dall’acqua e, voltandosi, si focalizzò sul compagno, “ma è così difficile per te capire che il corpo di Nami-san è delicato come un fiorellino…non di certo come il tuo!” 
Lo spadaccino l’avrebbe volentieri affogato adesso.
 “Ma sta zitto!” 
“Stai zitto, tu!” Lo beccò, muovendo le gambe a mo di attacco, schizzandogli l’acqua addosso in un movimento troppo irruente. 
Zoro, naturalmente, non se ne stava certo fermo, rispondendo all’attacco usando però le braccia. Peccato che quella guerra di schizzi (o meglio cicloni) d’acqua, era arrivata a coinvolgere anche Nami. 
“AAH” era praticamente fradicia ormai, “vi ammazzo entrambi, dannazione!” 
I due gelarono, fermandosi all’istante. 
La ragazza aveva portato la mano sulla ferita riuscendo quasi del tutto a proteggersi. 
“Ma dai Nami, tanto ti devi fare il bagno, no?” Rufy stava per gettarle addosso anche l’acqua dolce, ma lei lo fulminò appena in tempo, con quello sguardo indiavolato che li terrorizzava tutti. Quello sguardo truce che lo fece sudare seduta stante. 
“Fossi in te non lo farei, Rufy.” 
Gli suggerì Chopper, dietro di lui, terrorizzato da quell’aurea nera. 
“Scusaci Nami-san!” Sanji era rammaricato! "É sempre colpa di questo idiota!" Indicò Zoro che stava già ringhiando come un cane. 
“Siete idioti tutte due!” L’altra mano chiusa in un pugno che stringeva forte. “Siete fortunati che non posso colpirvi!” 
 Ci fu una strana situazione a un certo punto, poiché la piscina gonfiabile di Franky aveva emesso uno stranissimo rumore simile a uno scoppio. Ci fu solo il tempo di rispecchiarsi ognuno nello sguardo dell'altro, prima di realizzare che si era appena bucata per il troppo peso o forse per colpa di un pesce con le spine. Lo ricordarono tutti lo sguardo di Franky, con i suoi occhi fuori dalle orbite, così, all’improvviso. “Oh No” aveva urlato Nami, o almeno, ci aveva provato, con la voce che le moriva in gola. Ci fu uno spostamento d’aria, in cui ognuno di loro sembrava aver pensato cosa fare e dove andare. Tutti tranne lei, che aveva in mente solo il dolore che avrebbe provato da lì a qualche secondo. Si era fossilizzata come una statua, senza sapere come cavarsela. 
E quella fu l’ultima cosa a cui Nami stava pensando, il dolore, prima di sentirsi cadere in acqua…o quasi, per metà…la sua testa non era immersa in mare...stava respirando ancora, si era aggrappata a qualcosa di duro…ma era pelle, erano spalle…due spalle solide. Zoro l’aveva raggiunta per tempo, evitandole di finire immersa fino alla testa. Appena appoggiata sulla sua schiena, si era aggrappata al suo collo istintivamente, e con tutta la forza che aveva. 
Lo sentiva afferrarla saldamente sotto l’acqua, per le gambe. Con una spinta la tenne il più possibile in superficie, per non farle immergere la ferita alla spalla nell’acqua. 
“Stai bene? L’acqua ti é arrivata lì?”. 
Era sconvolta dalla sua prontezza ma anche da quel pensiero. Era chiaro che con 'lì’ intendeva la ferita. Altrimenti mai si sarebbe premurato di non farla cadere in acqua. E lui lo sapeva molto bene dalla notte prima quanto le facesse male. 
“S-sto bene." 
Era riuscita a rispondere, stringendo ancora più la presa al suo collo senza farci caso. Con la testa poco sopra a quella verde. Quella posizione non era nuova, la ricordava bene…l’aveva già vissuta anni prima. 
Lo vide controllare gli altri e appurare sollevato che Sanji aveva salvato Rufy, e Franky aveva acciuffato Chopper e Brook. 
Il cuoco non aveva perso di vista però quel salvataggio dell’amico, contradetto dal volerlo ringraziare o trucidare. I due, comunque, dopo l’urlo del cyborg, affranto per quel piccolo fallimento, e svenimenti vari, riportarono tutti i membri sul ponte, seguiti da Usop che ancora urlava, per la paura dell’acqua scura. 
Nami era così grata al compagno, ma non riusciva a dirgli niente, nemmeno ‘un grazie per esserti preoccupato per me’, poiché nemmeno riusciva a realizzarlo per davvero. Era scossa. E sempre lui riusciva a farle provare questo tipo di sensazione.
 “Questa Franky dovrà spiegarcela.” 
Aveva detto lei, a bassa voce per smorzare lo spavento.
Lui non aveva ribattuto su nulla, talmente era concentrato per non cadere all’indietro. La rossa sentì però nuovamente uno sfioramento al suo piede, e si gelò all’istante.
“Sei stato di nuovo tu?”
“A fare cosa?” 
“Zoro, sono seria. Mi hai toccato il piede?” 
“No!” disse a denti stretti, “se noti mi è impossibile.” 
S’imbarazzò per un attimo lei, sentendo le mani di lui quasi sulle sue natiche, ma poi sgranò gli occhi pensando immediatamente ai feroci mostri marini che abitano il mare. “AAAAH che schifo” svelta e terrorizzata si aggrappò a lui ancora di più. “Torniamo subito sul ponte.” 
“Ma sei davvero una piantagrane”. 
“Zoro, ti giuro che ho sentito qualcosa.” 
“Sarà stato un pesce, stupida!” 
“Questo dannato caldo mi ha fatto dimenticare i pericoli dell’oceano.” 
Stava tremando come una foglia sotto la tempesta. 
“Ma quali pericoli!” Sbuffò scocciato, "EH NON TIRARMI COSÌ FORTE!" 
Si accorse solo in quel momento di quanto era azzardata quella posizione. Le goccioline le scendevano dai capelli e andavano a finire sul viso del compagno. Lo aveva stretto così tanto, che il petto era schiacciato alla sua schiena, le mani gli sfioravano la pelle, e la bocca era quasi appoggiata sulla sua tempia. Per non parlare delle gambe, attorcigliate a lui, senza un minimo di indugio. Si, si era resa conto di essere finita in una strana situazione e non sapeva davvero come uscirne. Nemmeno lui, probabilmente, dal momento che era diventato così silenzioso d'improvviso. Provò a muovere le labbra per parlare, ma fu stupido, poiché gli solleticò la pelle. 
“Sono davvero spaventata” provò a giustificarsi. Non sapendo se lo fosse davvero per i mostri marini o per quello che stava provando. 
“Ti isso sulla scaletta” le disse solo, in risposta. 
Aveva spostato un po’ il viso dai suoi capelli per poter parlare. Sembrava abbastanza calmo, ma nascondeva ancora quell'accenno di stranezza nella voce. 
“Ok” rispose Nami, ringraziandolo con la mente. 
 
 
 
E così aveva fatto. 
L’aveva accompagnata e issata sulla scaletta, per poi tornare a immergersi da solo nell’acqua dell’oceano. Nami si era appena sporta, guardandolo allontanarsi. 
Perché si stava sentendo così? 
Era agitata. 
Quella vicinanza era stata davvero sconveniente. In qualche modo era riuscita a scombussolare pure lui, che aveva preferito continuare a nuotare piuttosto che tornare sulla Sunny con lei. Lui, sempre così maestoso e fiero, che non si agitava certo per stupidaggini simili. 
Eppure, quando le sue mani l’avevano toccata, sotto l’acqua, aveva nuovamente provato quella stessa sensazione della sera prima. Con nessuno aveva mai provato un brivido come quello. Era la prima volta nella vita e, dunque, non aveva idea cosa significasse. 
E lui? Era stato ancora una volta il numero uno in prontezza. E anche contraddittorio, però. Insintesi, prima le aveva detto di cicatrizzare la ferita nell’acqua di mare, e poi l’aveva ascoltata veramente nella sua pura, fino ad evitare che si bagnasse seguendo la sua volontà? Era una persona così semplice a volte, ma allo stesso tempo così enigmatica altrettante.
Si allontanò dal parapetto e si diresse al centro del ponte per prendere un asciugamano. 
 
“Ho sentito che urlavi prima.” 
Robin si posò il libro aperto sul petto. “Ti hanno fatta dannare anche oggi?” 
Nami vide che tutti i suoi compagni fruttati stavano recuperando le forze, seduti a terra esausti. 
“Tutto bene.” Sentiva di essere vaga. “Ma lei che fa?”
Si accorse di Rin e la indicò con un cenno della testa. 
“Ah.” Robin sorrise. “Sta meditando.” 
 
 
La navigatrice si era seduta sull’erba, con l’asciugamano che la copriva solo a metà, aspettando di asciugarsi al sole. Era diventata all’improvviso così pensierosa, con un’ombra che le era come caduta addosso. 
Era tutto come sempre: lo cercava, ci litigava, ci passava del tempo. Forse era questo il problema, il tempo. Forse ne avevano passato così tanto insieme ormai da diventare tutto così monotono, e quindi qualcosa di diverso o strano si stava scatenando, qualcosa che non poteva rimanere nel fondo di un barile per sempre. 
 
Vide Sanji davanti a Robin, la stava riempiendo di moine. Mentre Franky era tornato in acqua per recuperare il resto della sua ‘opera’ finita male. 
Dopo un po’, lo adocchiò, Zoro, salire anche lui per la scaletta e sgocciolare tutto sul pavimento. Silenzioso e imponente. Era salito con un gesto deciso, stringendo con forza i manici della scala in legno, facendole provare un’altra strana sensazione che l’aveva ipnotizzata. 
Era stupita di sé, per essersi soffermata su qualcosa di così piccolo e stupido. Soprattutto quando lo sguardo le cadde su quel torace, che aveva stretto e toccato con le mani poco prima. 
Ci stava riflettendo così attentamente solo adesso: era duro, e dava una bella sensazione di protezione. Lei aveva sempre apprezzato gli uomini muscolosi, ma non aveva fatto caso che Zoro potesse essere uno di quelli che avrebbero potuto affascinarla. O forse sì. 
In quel momento lui si voltò nella sua direzione, si guardarono negli occhi per svariati secondi, finché lei non spezzò il contatto, voltandosi nuovamente verso l’oceano. 
I colori nel cielo stavano cambiando, non si era resa conto che era passato così tanto tempo da quando si era seduta lì ad asciugarsi. 
Prima aveva slacciato il pezzo di sopra del costume, che teneva infatti nella mano sinistra. L’asciugamano era ben stretto sotto le braccia, e la ferita stava prendendo aria. Avrebbe dovuto farsi fare un nuovo bendaggio. 
“Non sarai ancora spaventata?” la schernì, avvicinandosi per prendere un asciugamano pulito. 
“Piantala.” 
Rispose lei, continuando a non guardarlo. 
 
Lui andò a sciacquarsi con l’acqua dolce della pompa che Franky aveva messo fuori sul prato. Nami sentiva ogni passo volutamente pesante di lui. Tese l’orecchio, aspettò il momento in cui azionava il rubinetto e faceva fuoriuscire l’acqua. 
Fu più forte di lei, ad un certo punto, si voltò a guardarlo. 
No. No. No. 
Con tutto l’autocontrollo che poteva accumulare riuscì a voltarsi nuovamente dall’altra parte. Era agitata. 
Quel tocco, quel torace, quel gesto a modo suo premuroso. 
Doveva smetterla. Si stava comportando come una ragazzina con gli ormoni in subbuglio. Con la coda dell’occhio lo vedeva, e scorgeva l’acqua cadere dai suoi capelli corti al corpo scolpito. Quei gesti veloci, decisi, controllati. Come era lui. 
Concentrati sull’oceano, Nami. 
Si era così tanto oppressa di non fissarlo, che non l’aveva nemmeno sentito chiudere l’acqua. Se ne accorse che era ormai troppo tardi, quando le si era seduto accanto, bagnato, con l’asciugamano in vita e le spade in mano, appena recuperate dalla parete vicina alla scala. 
Perché é venuto qua? 
Si sente in colpa per la questione degli schizzi? 
Il sole stava iniziando a calare, e Nami non voleva perderselo, godendosi gli ultimi respiri di quella strana, ma in fondo, bella giornata. Anche se stava iniziando a calar di molto pure la temperatura. 
“Dovresti coprirti, stai tremando.” 
Ma perché nota sempre tutto?
"Voglio veder tramontare."
Lui era abbastanza calmo, non doveva essergli troppo difficile evidentemente. Non sapendo che lei aveva dei forti dubbi sul motivo per cui avesse iniziato a tremare. 
 
Così come Nami non sapeva che, per lo spadaccino, quella posizione compromettente di poco prima era stata un severo ostacolo da superare. Il mondo lo aveva messo tremendamente alla prova. 
 
E seppur era coperta dall’asciugamano, il sapere che aveva tolto il costume lì fuori, lo aveva condotto a pensare solo a quello. Questo perché lo aveva avuto un incontro prima col suo petto abbondante, ne aveva potuto cogliere una morbidezza che lo aveva mandato in tilt. E una volta assaggiato quell’incontro, era difficile smettere di pensarci. 
Era stupito da sé stesso. C’era voluta una bella nuotata per farlo tornare alla realtà. 
Perché mi sono seduto qui?
Era rimasto in silenzio. Come lei. 
E si, i colori del cielo stavano davvero cambiando. Oppure erano sempre gli stessi, con diverse sfumature ogni giorno che si aggiungevano o si sottraevano. 
 
Nessuno dei due aveva proferito più parola. 
 
 
   
 
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