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Autore: Greenleaf    27/08/2021    3 recensioni
Sotto l’ombra degli alberi di Amon Hen giace il corpo di una ragazza di nome Eldihen. Quando riapre gli occhi ed incrocia lo sguardo di Legolas, entrambi avvertono una sensazione intensa, qualcosa di inspiegabile e ancestrale.
La storia di Eldihen però, prenderà forma attraverso delle scoperte che le indicheranno il percorso giusto da seguire e, tra intrighi e falsi nemici da combattere, si ritroverà a vivere momenti mai pensati. Stregata da parole, sguardi e mostri che in realtà non sono poi così crudeli come lei temeva.
Vivrà l’incanto di un amore minacciato dalla guerra. Sarà vittima di un nemico tanto incantevole quanto misterioso. La sua storia inizia ad occhi chiusi, e per giungere alla fine Eldihen dovrà imparare a camminare nel buio.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eowyn, Gandalf, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 24
 
 
Non riuscì a mascherare la preoccupazione che trapelava dai suoi lineamenti, tamburellando le dita nervosamente sull’arco. Da come lo guardava Gimli era certo che anche lui se ne fosse accorto, ma non alzò lo sguardo per evitare di impensierirlo ulteriormente. Legolas attese di giungere a riva, per poter scendere dalla barca e dar libero sfogo ai suoi nervi che erano tesi come le corde di un violino. Eldihen era stata una sciocca, ma stavolta stava rischiando grosso. Più si concertava a pensar ad altro, più l’ansia saliva ed i problemi riaffioravano e ad essi si susseguivano pensieri macabri.
 
 Perché Eldihen non gli aveva dato ascolto? Come stava? Si trovava con Madeos e Gandalf? Ma anche se fosse, nessuno avrebbe potuto salvarla da un massacro del genere, solo l’esercito sotto la montagna avrebbe presto cambiato le sorti di quella battaglia. Doveva assolutamente rasserenarsi. L’unico e solo pensiero che lo consolò fu pensare che l’elfa si trovasse insieme alle altre donne, al sicuro, all’interno di una fortezza segreta o qualcosa di simile, come quando si era nascosta nelle caverne scintillanti durante la battaglia a Rohan. Avvinghiò il suo arco, ripetendosi che probabilmente Gandalf e Madeos l’avevano protetta come meglio potevano.
 
il nano era leggermente nauseato a causa dei movimenti strani della barca. Era solito viaggiare per terra e seguire il corso del fiume per lui fu una tortura, specie accanto a Legolas silenzioso più del solito e di cattivo umore “Giovanotto” si girò per fissarlo, ma non ricevette l’attenzione desiderata “Legolas” lo richiamò con voce più decisa.
 
“Il viaggio in barca ti sta dando fastidio Gimli?” non si voltò subito, solo quando lo sentì sbuffare decise di guardarlo, con il mantello avvolto sulle ginocchia. Preferì deviare il discorso anche se non era affatto incominciato, intuendo che l’amico presto avrebbe menzionato Eldihen e tutta la faccenda che lo stava facendo angosciare fin troppo.
 
“Non esattamente. Mi dai più fastidio tu che cerchi di evitarmi!” confessò beccandosi un’occhiata da parte di Aragorn che era seduto vicino loro.
 
“Gimli” Legolas sembrò svigorito.
 
“Adesso mi senti: anche noi siamo in pensiero per tutti i nostri compagni, specie per Eldihen che non sa combattere e si trova in un campo di battaglia pieno di orchi. Probabilmente è impaurita, visto il trauma che ha subito, ma c’è d’apprezzarla, sta rischiando la vita per non separarsi da noi ed anche se sarà feri…”
 
 
“Non penso tu stia migliorando la situazione” intervenne prontamente Aragorn frenando Gimli di colpo. Guardò gli occhi di Legolas. Era serio, pronto ad esplodere da un momento all’altro, con il suo classico sguardo maturo, perso nei suoi pensieri, ma attento a ciò che lo circondava “Io so che sei legato alla ragazza” gli posò una mano sulla spalla infondendogli tutto il calore del suo corpo. Incrociò finalmente i suoi occhi “Posso comprendere le tue preoccupazioni, specie in un momento simile in cui dovresti rimanere concentrato ma non puoi, perché c’è lei ne tuoi pensieri, lo so” si scambiarono un occhiata profonda, in cui entrambi sfogarono le proprie ansie, lasciando trasparire i propri sentimenti, quelli reali, senza filtri o inibizioni. Anche Aragorn era turbato per la faccenda di Eowyn e, dopo aver appreso delle condizioni di Arwen non riuscì a darsi pace, i suoi occhi ricadevano sempre sulla stella del vespro.
 
Legolas non rispose, non era necessario, sapeva che Aragorn aveva compreso il suo stato d’animo perfettamente e, per ringraziarlo della sua premura, ricambiò la pacca sulla schiena, dedicandogli dopo diverso tempo, un flebile sorriso, non forzato, ma sincero.
 
“Pensa che tra poco dovremo scontrarci contro un esercito di orchi e che potrai dar libero sfogo a tutta la tua rabbia. Anche se ovviamente ne ucciderò molti di più io” asserì Gimli strisciando le dita sulla lama già sporca.
 
“Ne sei sicuro?” l’espressione dura di Legolas si sciolse improvvisamente. Si girò per rispondere agli sguardi di sfida di Gimli. Forse il nano si comportava in quel modo per distrarlo o per riprendersi la rivincita della battaglia al fosso di Helm, o probabilmente per entrambe le cose.
 
“Certo principino elfico dalle orecchie a punta!”rispose tutto sicuro di sé, con il naso immerso nella folta barba “poi potremmo gareggiare, ma non come è stato l’altra volta quando hai palesemente barato” precisò allontanando le dita dalla parte affilata dell’ascia d’acciaio.
 
“Ce n’è per tutti, vi consiglierei di tenervi pronti perché siamo arrivati a destinazione” Aragorn lanciò uno sguardo veloce all’attracco, impugnando la spada del suo antenato, con un peso insopportabile che gli gravava in petto.
 
Fu in quel momento che Legolas vedendolo comprese perfettamente le profonde paure che si erano destate dal profondo di Aragorn, standogli accanto, senza dir nulla.
 
La barca si fermò sul piazzale, ed i tre si armarono silenziosamente, rimanendo abbassati, con gli occhi ben attenti all’equipe di orchi che  si stava avvicinando, in attesa di  scagliarsi contro di loro. Attendevano il momento opportuno.
 
“In ritardo come al solito feccia dei pirati! Ci aspetta un lavoro di coltello! Forza, topi di fogna! Scendete dalle navi!”sbraitò un orco superando gli altri suoi compagni. Già da lontano si poteva benissimo vedere il feroce scontro che stava distruggendo Minas Tirith. La città che sorgeva infuoca, e la nebbia si confondeva con la fitta rete di nuvole in cielo.
 
 Aragorn accecato dalla rabbia fece un cenno agli amici ed insieme saltarono dall’imbarcazione, atterrando perfettamente a terra, con i volti segnati da determinazioni, gli occhi che si spostavano da una parte all’altra per avere un’inquadratura generale dello scenario, senza però perdere di vista gli orchi  dinanzi a loro.
 
“Ce n’è in abbondanza per tutti e due. Che vinca il nano migliore!” Gimli non perse tempo e si lanciò in una corsa sfrenata con l’ascia in mano, seguito da Legolas che incoccando una freccia lo seguì velocemente. Aragorn sollevò la lama ed urlò prima di partire alla carica. L’esercito di morti sembrò alzarsi dalle acque e, stupendo i nemici si scagliò con veemenza contro loro, massacrandoli senza pietà. Erano dei fantasmi, ma forti come in vita, sembrarono quasi come un soffio di vento dal color verde, un vento purificante che raggiunse il campo di battaglia.
 
“Quindici! Sedici!” Legolas aveva lanciato le sue frecce con una rapidità fuori dal normale, vedendo gli orchi cadere uno a uno, mentre la sua mano era pronta ad incoccare la prossima freccia. Il suo cuore batteva e, nella confusione generale gli occhi ricaddero sulla città di Minas Tirith e un alone di velata preoccupazione tornò a tormentarlo, mentre i suoi colpi si facevano sempre più letali e precisi. Avrebbe ucciso un olifante da solo per smaltire in qualche modo la rabbia cocente che gli ribolliva dentro le vene. Dov’era Eldihen? Perché non riusciva a scansare i suoi pensieri, a domarli come spesso si era trovato a fare. Per ritrovarla avrebbe distrutto l’esercito da solo, anche se l’impresa risultò impossibile anche per lui.
 
“Diciassette!” la voce di Gimli si fece riconoscere anche in quel baccano e tra i movimenti rapidi ed incessanti degli orchi e dei cavalieri, Aragorn scorse arrivare dalle montagne un olifante.
 
“Legolas!” gridò con forza Aragorn dopo aver affondato la spada nel ventre di un nemico, facendo voltare l’elfo.
 
L’aveva pensato pochi secondi fa, ed adesso Legolas si trovava dinanzi a quella creatura. Si aggrappò saldamente dal corno dell’animale, lasciandosi trasportare dai suoi spostamenti, poi quando ebbe la massima sicurezza si lanciò, raggiungendo la zampa e in seguito l’altra, arrampicandosi alle  gambe dell’olifante, fino a raggiungere il suo dorso ed incontrare gli altri avversari nascosti un una specie di capanna. Sconfisse tutti i nemici e tagliò le corde per far precipitare a terra l’impalcatura, guardando dall’alto della nuova postazione, l’esercito dei morti che distintamente si stava scontrando contro quello avversario. Si sentì libero ed anche se era brutto da ammettere, ogni qual volta eliminava un nemico, i pensieri si alleggerivano e quel grido disperato nel petto trovava consolazione. Con due frecce mirate alla testa dell’olifante Legolas completò la sua opera, scivolando con fluidità sulla sua gigantesca coda.
 
Era soddisfatto, ma la stessa cosa non poté dirla Gimli che, rimasto con l’ascia in mano si lamentò “Comunque conta per uno”
 
 
 
 
Rimasta sola Eldihen si ritrovò a piangere la perdita di Nihil e di Epon, rannicchiata a terra, con il volto arrossato e gli occhi gonfi di lacrime. Il maleficio era stato definitivamente spezzato, la lacrima nera era uscita dai suoi occhi e la sua vita non era minacciata da nulla, la spada stessa come aveva probabilmente predetto poco prima Gandalf si era frantumata, divenendo vetro. E allora perché si sentiva svuotata, come se le avessero tolto un pezzo di anima? Nihil era stato sempre il suo peggior incubo fino a che non aveva conosciuto la sua storia, il suo dolore.
 
“Certo che pregherò i Valar” Parlò al suo cadavere mentre il sangue stava asciugando sulle sue mani, in quel campo tinto di rosso “Non doveva finire così. Anche tu meritavi un po’ di felicità” non era quello il momento di piangere i defunti. Eldihen accarezzò le piume di Epon, vedendo il suo becco aperto e le ali stese sul petto di Nihil in uno sconsolato abbraccio.
 
Trovandosi investita improvvisamente dalla ferocia di un orco pallido, Eldihen dovette spostarsi da terra e ricercare velocemente un arma per difendersi, visto che la spada non esisteva più. Afferrò senza pensarci quella di Nihil, ma la paura, l’emozione e la tristezza erano ancora fin troppo fresche, le annebbiarono la mente. Vide l’arma del nemico puntata verso di sé, fino ad avvicinarsi al suo fianco. Eldihen urlò e scivolando scampò dalla morte, anche se ancora era in pericolo. Strisciò sul suo ventre, sentendo i dolori farsi vivi. Si rialzò velocemente barcollante e voltandosi si scagliò contro l’orco, anche se era incapace di contrastarlo, per puro istinto di sopravvivenza. Le lame si incrociarono producendo un rumore stridulo e, sotto il colpo dell’avversario Eldihen si piegò con i denti stretti, fino a trovarsi quasi a terra.
 
 
L’orco però non la uccise, né si scagliò contro lei, perché una lama si era conficcata nel suo ventre. Eldihen sorpresa si ritrasse, ricadendo a terra insieme al cadavere dell’orco. Chiuse gli occhi per poi riaprirli velocemente e, tra la confusione e gli uomini che correvano da ogni parte lo vide. Era stato Madeos a salvarla. La stava fissando con gli occhi pieni di rimprovero, le sembrò pronto a dirle qualcosa ma le parole gli morirono in  bocca e lei non si spiegò il perché.
 
“Non dovevi spingerti fino a qui” le porse la mano e, stringendo velocemente il bracciò dell’elfa la sollevò dal suolo.
 
“Dovevo invece” gli lanciò un lungo e penetrante sguardo, con gli occhi imperlati, il fiato corto e nella mente impressa la scena di Nihil. Abbassò le palpebre solo per guardare Epon ed il suo padrone, vedendo scintillare tra i tanti vetri sparsi tra i fili d’erba, due di colori diversi ma complementari. Si chinò per prendere velocemente i pezzetti di vetro bianco e nero, mentre Madeos la guardava allarmato.
 
“Dobbiamo tornare alla città, presto, qui sei in grave pericolo” l’elfo allarmato si guardò alle spalle, i suoi occhi neri sembravano spingersi oltre, in cerca di qualcosa. Pensava costantemente a ciò che sarebbe potuto accadere, ai rischi che stavano entrambi correndo. Ad un tratto, vide chiaramente l’esercito dei morti in mezzo alla pianura, con le spade alzate. Si stavano scontrando insieme agli altri contro Mordor e, pur rimanendo meravigliato, il suo cuore trovò conforto. Non erano soli.
 
“Andiamocene Madeos” aveva paura e sapendo riconoscere la sua posizione, decise di seguire il consiglio del compagno. Non avrebbe mai compromesso la vita dell’elfo. Vedendolo distratto si voltò in direzione del punto che stava fissando “Madeos” lo richiamò pur capendo la sua meraviglia. In realtà era talmente sconvolta e piena di paura che sentì l’urgente bisogno di andare.
 
“Si…”distolse l’attenzione dal gruppo di soldati, dalle morti dolorose e da quelle spade che si scagliavano con irruenza “Andiamo, seguimi” prese Eldihen dal braccio e facendosi strada nel mucchio riuscì a trovare una via piuttosto isolata, se così si poteva definire, piena di cadaveri ed armi di ogni genere.
 
 Eldihen lo seguì, guardando Madeos scagliare la spada contro i nemici che di tanto in tanto correvano in loro direzione, quasi fosse il suo, un gesto abituale. Tremò distaccandosi dalla mano dell’elfo, camminava distrattamente, portandosi avanti con la sola ed unica forza di volontà, gli occhi velati da lacrime, stanca di vedere solo morti ed orchi, scossa da singhiozzi che con fatica riuscì a trattenere, paure che iniziarono a tormentarla, speranze che poco a poco stavano iniziando a sfiorire e, nella testa un unico e solo pensiero. Legolas.
 
 
“Attenta Eldihen!” gridò Madeos portandosi in avanti, con il mantello che volteggiava all’aria. Tre nemici stavano correndo in loro direzione, Madeos impugnò l’elsa della sua spada, lottando con forza e rapidità. Roteò l’arma con movimenti fluidi, fendendo l’aria e la carne dei suoi avversari, ma essendo in minoranza e già provato dalla battaglia che si era consumata di notte, uno di loro riuscì a colpirlo alla spalla destra, nella parte più debole della sua armatura in acciaio. Il dolore fu talmente forte da togliergli il respiro, facendolo cadere in ginocchio a terra, con gli occhi spalancanti dalla sorpresa e le labbra increspate in un espressione di sgomento.
 
“No Madeos” urlò Eldihen dietro, correndo verso di lui, con la spada sguainata e una tremenda preoccupazione al cuore. No, non poteva perdere anche il compagno, non si sarebbe mai data pace. Provò paura ma ugualmente per avvantaggiarlo si parò davanti agli orchi e li allontanò con la sua lama “Lasciateci in pace” strillò prima di scagliare un colpo ad uno orco che si era avvicinato pericolosamente, con gli occhi sgranati e le fauci aperte. Venne circondata in meno di un minuto dai tre. Non sapeva a chi tener testa, ed essendo lei debole ed inesperta, sentì la presa sulla spada farsi meno salda. Le tremarono le mani, il respiro stroncato di fronte a quella minaccia.
 
Madeos si aggrappò alla sua gamba, respirando malamente, con gli occhi rivolti agli avversari. Era stordito, fece per rimettersi in piedi ma cadde di nuovo a terra “Scappa… ragazza” le ammonì flebilmente.
 
“Non accadrà nulla” disse per dargli conforto, anche se lei sapeva che non sarebbe finita bene, ed infatti le sue idee presero presto forma: gli orchi le diedero un colpo preciso al petto, tracciandole una linea che si stendeva sopra del seno, vicino al collo, senza che Eldihen se ne rendesse minimamente conto. Quando l’avevano ferita? Quando si erano avvicinati? Perché lei non li aveva visti? Non riuscì a riflettere ulteriormente poiché la vista le si annebbiò e tutto intorno a lei divenne scuro, i rumori della battaglia erano lontani e, per ultima cosa vide gli occhi del’orco che l’aveva ferita crudelmente. La testa le faceva troppo male, si sentì bloccata, come se qualcuno la stesse trattenendo. Cadde a terra sfinita schiantandosi contro il terreno.
 
“Legolas” sussurrò prima di chiudere gli occhi.
 
                                                                                                                              
 
La pianura era divenuta un cimitero che si estendeva dal fiume alle mura di Minas Tirith. Il fumo si alzò da terra e l’aria si riempì di grida sconsolate che si alternavano a silenzi troppo  lunghi ed insopportabili. Le lance erano incastrate al terreno e Legolas camminando pregò per i morti, specie per i ragazzi giovani che avevano dato la propria vita in difesa di quelle terre. Il suo sguardo vagò lungo l’intero campo, sugli araldi bruciati, gli olifanti uccisi e le persone che vagavano come anime in pena lungo il perimetro, alla ricerca di superstiti o dei corpi dei propri cari.
 
Una squadra di supporto era giunta in loro aiuto per portare i feriti in un posto sicuro, accudendoli. Ai pianti si unirono delle voci distanti, provenienti da dentro la cittadella. Gimli affiancò l’amico e, dopo esser rimasto a lungo a camminare su quel prato bruciato e rosso di sangue, decise di fermarsi. Era troppo doloroso osservare in silenzio i cadaveri, immersi nella nebbia, come fantasmi. Un pezzo di ognuno dei soldati che avevano combattuto era morto insieme ai compagni, un dolore che difficilmente avrebbero smaltito. Si sentirono consumati, svuotati, incapaci persino di esprimersi, per paura di sbagliare. In fin dei conti non vi erano parole degne per descrivere la paura provata e il supplizio che ognuno nascondeva nel proprio cuore. Anche se tutto era finito Legolas giurò di sentire distintamente le urla della guerra, dei nemici e di coloro che erano morti ancora vivi nella sua testa.
 
“C’è Gandalf” disse Gimli vedendolo giungere dal grande cancello della cittadella, inconfondibile con il suo mantello bianco e le iridi celesti, ma non vivaci come lo erano sempre state. Era triste e sconsolato, come tutti coloro che si trovarono vivi dopo la battaglia.
 
“ Gandalf” Legolas afferrò saldamente il suo arco e lasciando Gimli indietro, si avvicinò allo stregone, con uno sguardo serio. Si fermò e non gli parlò subito, osservando le rughe nel volto del compagno, le palpebre calate e le labbra stese. Fortunatamente stava bene, ma era provato, come tutti d’altronde. Non perse ulteriore tempo e, anche se non si pronunciò subito il vecchio intuì le sue domande “Eldihen dov’è? So che è venuta a Minas Tirith” lanciò uno sguardo alle costruzioni diroccate, ricordando la bellezza originaria della città. Probabilmente la ragazza si trovava dentro una di quelle casa, per tutto il tempo aveva creduto che fosse così ma, vedendo il volto corrucciato di Gandalf, le sue mere speranze crollarono come un castello di sabbia e il dubbio lo strinse in una morsa di preoccupazione “Gandalf” con lo sguardo lo supplicò a rispondere, voleva sapere di lei, anzi, doveva sapere di lei.
 
“Dispersa” riuscì a confessare lo stregone dopo una breve riflessione, sperando che Legolas reagisse bene, per quanto quella notizia potesse essere brusca e sconvolgente.
 
“Dispersa?” Gimli era giunto in ritardo da loro e, appena udita la voce, lanciò uno sguardo a Legolas che in silenzio stava esaminando accuratamente il territorio, senza farsi guardare in faccia.
 
“Cosa vuol dire?” girò infine il volto in direzione di Gandalf, con gli occhi allarmati e i denti stretti “Non era con te?”
 
“Siamo stati insieme in questi giorni ma durante la battaglia l’ho persa di vista. Eldihen non si è ritirata ed ha contribuito nel suo piccolo, donando aiuto alle donne della città” disse nel vano tentativo di sciogliere la morsa che stringeva il cuore di Legolas, ma comprese dagli occhi del principe che avrebbe voluto conoscere il corso degli eventi piuttosto che ascoltare lodi rivolte alla ragazza “Ha costruito un rifugio sicuro ed ha fortificato il cancello”
 
“Ed allora perché non è rimasta con le donne  nel rifugio?” si chiese trattenendo un sospirò. Era teso, molto teso. La preoccupazione si annidò pericolosamente tra i suoi pensieri e dovette trattenersi a forza per rimanere a parlare con Gandalf, senza cedere all’impulso di correre nella città e ricercare Eldihen.
 
“Per Nihil. L’ha visto arrivare ed è andata…” si fermò quando vide Legolas irrigidirsi al punto da diventare cupo in volto “fuori” concluse abbassando le palpebre.
 
“Intendi nel campo da battaglia?” la sua voce era stranamente allarmata e bassa, in contrapposizione al vortice di emozioni nere che si era aperto in petto.
 
“Si. Madeos l’ha seguita ma non ho più notizie, mi spiace” ammise donandogli una leggera pacca sulla spalla, senza però ricevere lo sguardo di Legolas.
 
Sentì come se il cielo all’improvviso lo stesse schiacciando, incapace di immagazzinare le informazioni ricevute. Non poteva essere vero. Guardò la distesa piena di cadaveri e lì, le speranze si cozzarono con la tangibile e cruda realtà. Una vocina dentro di lui gli intimava di cercare Eldihen e di non pensare al peggio. Ma come poteva illudersi di ritrovarla se lei era corsa nel mezzo della battaglia?
 
“Legolas” Gimli tirò un drappo della sua tunica verde. L’aveva osservato per tutto il tempo, mentre Aragorn si era avvicinato all’esercito dei morti per donargli l’ultimo saluto, liberandoli dall’incantesimo.
 
“Io provo a cercarla. Tu rimani con Aragorn” fiero e risoluto come sempre non demorse e non si fece trascinare dalle sensazioni negative, vagando con lo sguardo, con l’arco stretto in un pugno, gli occhi ridotti a due fessure e una determinazione che fece corrugare le sopracciglia al nano.
 
“Vengo anch’io”
 
 
“Stai vicino ad Aragorn” Ordinò senza ammettere repliche. Camminò in direzione del fiume, senza voltarsi, né per guardare Gimli, né l’esercito dei morti che li stava lasciando. Ispezionò la zona, e scrutando i visi dei soldati morti provò ancora più timore, mentre si ripeteva che non doveva abbandonare le speranze, camminando adagio, per timore di perdersi qualsiasi dettaglio. La collana che gli aveva donato Eldihen la teneva gelosamente al collo, celata sotto la camicia, l’unica cosa che aveva di lei. La prese tra le dita e nella mente gli riaffiorò subito il momento in cui l’elfa gliel’aveva regalata dentro la scuderia, un momento bellissimo, ma adesso, contaminato dalle sue preoccupazioni crescenti. Ripose il gioiello al petto e riprese le ricerche da solo, incrociando di tanto in tanto i cavalieri che come lui vagavano nella speranza di reperire i superstiti.
 
Attraversò l’intera pianura, ritrovandosi nel punto in cui era morto Nihil. Quando aveva visto il soldato non si rese conto di chi fosse, ma il falco gli confermò che il cadavere a terra era proprio quello di Nihil. Si abbassò per sfiorare la ferita sul suo ventre, attento ai cocci di vetro sparsi sull’erba.
 
“Cosa sarà successo?” esaminò il terreno sporco di sangue, il volto pallido di Nihil e l’animale accucciato al suo petto. Provò dispiacere e pietà. Posò la sua mano su quella dell’elfo e gli dedicò alcune parole, raccomandandolo ai Valar. Era estremamente meravigliato e, dopo essersi ripreso dallo shock iniziale si rialzò da terra, chiedendosi nuovamente dove fosse Eldihen. Se lei era uscita dalla città per Nihil e lui era morto forse anche lei allora…
 
“Eldihen” gridò il suo nome lasciando il soldato al suolo. Camminò a grandi passi in direzione del centro del campo. La cercò disperatamente in ogni punto, scorgendo in lontananza il compagno Pipino che camminava scoraggiato vicino ad un grosso olifante. Lo guardò con dispiacere ma non gli corse incontro, troppo affaccendato, con la mente rabbuiata e gli occhi che correvano da una parte all’altra della pianura, mentre i pensieri si facevano sempre più cupi.
 
Giunse sera e Legolas era ancora fuori a vagare, anche quando l’oscurità coprì ogni cosa, insieme alla sua determinazione. Camminava senza meta, con le sue domande, gli occhi assenti. Il vento si era alzato e l’odore del sangue sembrò farsi più forte. Forse non l’avrebbe più rivista. Si fermò suoi passi. Perché aveva avuto quel pensiero? Ma perché pensava a certe cose? E perché dopo un’estenuante battaglia non riusciva a trovare pace e conforto? Avrebbe tanto voluto che lei fosse a Gran Burrone, che le cose fossero andate per il verso giusto, di poterla rivedere e di riabbracciarla.
 
“Legolas”
 
Si sentì richiamato da dietro e perdendo il filo dei suoi pensieri si girò quasi spaesato. La ricerca l’aveva isolato completamente da ciò che stava accadendo. Gimli era immobile con il volto illuminato da una strana luce “L’abbiamo trovata!”
 
                      
 
“E allora?”
 
“E’ una ferita molto brutta e profonda”
 
“Lo so. Lo vedo. Vorrei qualcosa per coprirmi”              
 
“Meglio di no”
 
“Devo coprirmi!”
 
“E va bene” la guaritrice porse all’elfa uno scialle nero, guardandola mentre si rivestiva davanti allo specchio, con gli occhi che vagavano sul corpo pieno di ferite e lividi. Eldihen esaminò il taglio sulle labbra, ed altri sparsi sul collo, esitando a soffermarsi sull’orripilante ferita che aveva in petto, un segno marchiato a fuoco sulla pelle, che pulsava e bruciava, come a ricordarle che, per quanto l’avesse nascosto era presente. Lo coprì con la stoffa e si sentì meglio. Il suo corpo non era mai stato così maltrattato e la sua pelle così… brutta, sfregiata, rossa e dolorante. Anche vicino alla fronte aveva un segno, per non parlare delle mani, piene di graffi, in alcuni punti ancora sanguinanti.
 
“Non voglio parlare  di questa ferita” si voltò verso la ragazza che accudiva Madeos disteso su una barella, privo di sensi, a petto nudo e con la spalla fasciata.
 
“Non ne farò parola” la donna di nome Aimi impregnò un panno umido all’interno di una tinozza, posandolo sulla fronte dell’elfo. Era una ragazza  formosa, dai capelli scuri e gli occhi nocciola, un viso molto delicato, femminile, con i ciuffetti che le ricadevano davanti alle guance. Si presentò a Eldihen come guaritrice e l’aiuto a riprendersi, dedicandosi poi all’elfo ferito.
 
“Madeos come sta?”chiese lanciando uno sguardo al ragazzo.
 
“Male” confessò impensierita la ragazza, sedendosi a terra, mentre le altre donne dentro l’ala camminavano per portare medicine ai malati.
 
Aragorn era stato il primo ad incontrarla standole vicino, aiutando sia lei che Eowyn. Senza dire nulla ad Eldihen aveva richiamato Legolas, mentre lei piangendo e tremando si era fatta medicare, senza smettere di disperarsi, scossa dalla guerra e dalle conseguenze di quel massacro.
 
Eldihen guardò un timido raggio che penetrava dalla finestra in alto, osservando la sala in cui erano stati accolti dopo lo scontro: Il pavimento era pieno di barelle e di bottiglie in vetro, con delle fasciature bianche sparse qua e là. Le pareti erano in pietra e sotto delle finestre vi erano delle colonne bianche. Si spostò dal punto in cui si trovava per raggiungere il centro della stanza. Era da un po’ che guardava una barella in particolare.
 
 Lanciò uno sguardo verso Eowyn, ed i suoi occhi si inumidirono nuovamente. Aveva pianto insieme a suo fratello quando l’aveva vista priva di sensi ed in quelle ore, aveva girovagato da una parte all’altra della stanza, per accertarsi delle condizioni dell’amica e di Madeos, disinteressandosi di sé stessa.
 
“Ti senti bene?” domandò l’uomo dagli occhi azzurri stringendo tra le braccia Draghetto, che dormiva ciucciandosi il pollice, ignaro del dolore di Eldihen e delle altre persone chiuse dentro la stanza.
 
“Sto bene, tu Faramir?” chiese la ragazza sedendosi a terra.
 
“Io sto bene, ma credo che tu abbia bisogno di una pausa, perché non ti stendi un attimo sulla barella e cerchi di riposare!” si erano incontrati dentro la casa di guarigione ed Eldihen, appena rivisti gli occhioni di Draghetto, si era sentita pervasa da una gioia infinita, anche se il suo cuore piangeva per Legolas.
 
 “Bisogna più a te che a me…”              
                                                                         
 
“Eldihen” una voce squillante, proveniente dall’accesso, fece voltare Eldihen di scatto. Si era lentamente alzata da terra, con gli occhi umidi di emozione e la pelle percossa da forti brividi. Non poteva crederci, si portò le mani allo scialle, stringendolo bene dietro il collo, mentre Faramir si gustava la scena sdraiato sulla lettiga con il bambino in braccio.
 
“Legolas” sussurrò incapace di muoversi, come se la vista dell’elfo fosse un qualcosa di surreale, un miraggio o un pensiero che da tempo aveva sognato di rivedere. I suoi occhi chiari la spiazzarono completamente e, mentre Legolas si muoveva sui gradini dinanzi la porta, Eldihen sentì il suo cuore scaldarsi ed il gelo della guerra sciogliersi completamente.
 
Era giunto in quella sala grazie all’aiuto di Gimli, spostandosi lungo i corridoi del palazzo. Legolas guardò i feriti e le persone che donavano il loro aiuto, individuando Eldihen subito. Superò le scalinate in pietra, con l’arco dietro le spalle, la cintura della tunica leggermente sciolta ed i capelli biondi sparsi dietro la schiena. Rimase stupito a ritrovarla troppo magra, con i vestiti logori, i capelli macchiati di polvere bianca ed il volto scarnato. Era malconcia ed anche se Eldihen si sforzò a non farsi vedere afflitta, Legolas la vide tremare, come se fosse stata scossa da un vento inaspettato. Immobile. Gli occhi pieni di lacrime, emozionata ed impaurita allo stesso tempo.
 
Eldihen respirò velocemente vedendo le spalle dell’elfo muoversi, prive del suo mantello, fasciate da due spalliere in cuoio. Il suo volto era sporco ma non provato come quello di Eldihen. le sembrò che la guerra non l’avesse affatto scalfito a sua differenza, ma lo trovò rigido, impensierito, a tratti arrabbiato, ma specialmente sollevato.
 
 
“Legolas” ripeté quando lui annullò le distanze, percependone l’odore della pelle. Dovette rialzare il mento per guardarlo bene, ad un millimetro di distanza, con gli occhi inchiodati al suo viso, avvertendo il suo caldo e inconfondibile respiro sulle labbra. Pianse in silenzio e l’elfo nel guardarla si sciolse completamente, tutte le paure provate fin a quel momento, lasciarono spazio alla tenerezza e al sentimento che gli bruciava in petto.
 
“Vieni qua” la prese dal braccio e l’attirò con urgente bisogno al petto, sentendola piangere e tremare sotto il tocco delle sue mani, talmente fragile che avrebbe potuto farle del male, come quando l’aveva vista la prima volta sotto gli alberi ad Amon Hen ”Ti ho cercata dappertutto” confessò perdendosi nei fili di capelli, mentre lei gli sussurrava parole incomprensibili, disegnando linee sul suo petto.
 
Eldihen si sciolse sotto le carezze di Legolas. Dopo una lunga battaglia i suoi muscoli si distesero, le attenzioni dell’elfo erano come un balsamo lenitivo per la fanciulla. Scorse nel viso di lui un rimprovero celato dietro il suo sguardo limpido e fin troppo sincero “Scusami per averti fatto preoccupare. Un’altra volta” disse vedendolo chiudere le labbra, astenendosi dal commentare.
 
“E’ un miracolo che tu sia viva, come stai?” le baciò la fronte, accarezzandole le spalle, respirando sulle sue guancie, stringendola a sé. sentendola vicina i suoi tormenti trovavano pace e, tutta l’angoscia avvertita soccombette, insieme ai dubbi e l’incertezza. Eldihen era viva. Le baciò di nuovo la fronte, sentendo il suo sudore sulle labbra.
 
“Bene” armeggiò con la stoffa che aveva al collo. I due si separarono per scambiarsi un lungo sguardo, felici di rivedersi e mai sazi degli abbracci che si stavano donando. Legolas all’improvviso la prese dal polso ed i suoi occhi mutarono, divenendo seri.
 
“Vieni fuori con me"
 
 Si sistemò velocemente, vedendosi trascinata dalla mano di Legolas che, speditamente raggiunse le scalinate, girandosi solo per vedere Eldihen che lo seguiva.
 
Si ritrovarono fuori dalla sala, in un giardino immerso tra il cemento del castello, al di sotto di alcune balconate che richiudevano l’aria in un quadrato. Probabilmente le scale poste ai lati conducevano a delle camere. Eldihen osservò la gente correre, i malati trasportati nelle lettighe, sotto la fioca luce delle stelle sopra la sua testa. Alzò il volto trovandosi il cielo blu, oltre l’ultima balausta. Abbassò lo sguardo di nuovo su Legolas che aveva sciolto la mano dalla sua, ponendosi davanti a lei, con gli occhi preoccupati, una postura rigida e i linimenti tracciati dalle ombre della notte.
 
 I furbi occhi di Gimli ebbero il potere di distogliere lo sguardo di Eldihen da Legolas. Il nano si era nascosto dietro ad una colonna, con gli occhi buffi li fissava, smanioso di parlare ad Eldihen prima ancora dell’amico. L’elfa nell’osservarlo mentre parlava, riuscì a comprendere solo due parole: è arrabbiato con te. Annuì. Si. sembrava proprio dir quello.
 
“Mi hai sconvolto” ammise dopo averla stretta in precedenza in un abbraccio sconsolato “Ti ho cercata lungo il campo di battaglia, tutta la sera. Ti avevo detto di tornare a Gran Burrone ma non l’hai fatto, spingendoti da Nihil fino a venire a Gondor. Pensi che io meritassi queste preoccupazioni?” domandò leggermente infastidito, mantenendo un tono pacato, spiazzandola completamente quando mosse qualche lento passo in sua direzione. Era scosso da quanto avvenuto, fortunatamente Gimli gli aveva detto di averla rivista, altrimenti sarebbe impazzito a correre dietro i pensieri. Guardò le labbra di lei schiudersi, e il suo viso divenire rosso, era in difficoltà, con gli occhi strabuzzati e le dita attorcigliate.
 
“Mi spiace tanto, ma non avrei mai potuto allontanarmi da te, da voi tutti” passò nervosamente una mano tra i capelli, giusto per sciogliere la tensione, beccandosi le occhiate della gente che camminava lungo il piccolo giardino chiuso dalle mura in pietra bianca “Adesso capisco perfettamente. Ho visto cose che difficilmente dimenticherò!” ripensò alla morte di Nihil e a quella dei soldati, rattristandosi, ritornando a fissare gli occhi di Legolas, l’unica luce che aveva illuminato la sera della fanciulla.
 
“Ci ritroviamo sempre a discutere per questo motivo” si arresto dinanzi a lei, superandola in altezza, con il volto chinato per guardarla bene, in silenzio, dinanzi le sue labbra serrate. Legolas ricevette la  completa attenzione dell’elfa, incrociando i suoi occhi azzurri. Gli sembrò fin troppo scossa, lo leggeva bene nei suoi occhi. Stava soffrendo.
 
“Non mi hai lasciato altra scelta eri molto… insistente” rivelò quando lo vide rabbuiarsi, desiderosa di mettere da parte la discussione e lanciarsi tra le sue braccia ora che gli era davanti. Se avesse allungato una mano avrebbe sicuramente ascoltato il battito del suo cuore e, desiderosa di porre fine a quel dialogo, radunò quel poco coraggio che le era rimasto in corpo, anche se si sentiva svuotata. L’unica cosa che avvertiva oltre il dolore, era il battito del suo cuore che si scaldava ad ogni sguardo o respiro incrociato. Era Legolas la cura che serviva alle sue ferite. Le sue labbra dal gusto fresco, i suoi occhi azzurri, la bellezza del suo volto ed il tocco liscio delle sue dita. Ne aveva estremamente bisogno, la faceva stare bene.
 
“Non c’era alternativa avresti dovuto ascoltarmi” la sua voce era vibrante e marcata, ma Legolas si controllò, vedendola fin troppo  sconvolta, con lo sguardo assente, privo di vitalità, afflitta da un pensiero a lui sconosciuto. Una leggera brezza li colpì ed Eldihen velocemente si coprì per paura che lo scialle le ricadesse e Legolas vedesse quella terribile ferita.
 
 Non era il momento per parlargliene.
 
“Ma perché mi tratti così?” non pianse ma i suoi occhi erano umidi e questo non poté nasconderlo “Mi rimproveri subito… non sei contento di rivedermi? Perché io si, amore mio” ammise spiazzandolo, con una voce talmente profonda e sincera da lasciargli un brivido dentro al petto. Una lacrima solitaria solcò il suo volto, le labbra tremarono, finendo per incresparsi in una smorfia di dispiacere. Stava pensando che l’elfo non la volesse, non si spiegò il motivo, ma era in un momento di totale confusione e, lo sguardo che lui le stava rivolgendo la sconsolò.
 
“Ma certo che sono felice di rivederti” le difese dentro di lui crollarono completamente, non perse tempo. Ma perché gli chiedeva cose simili? Era ovvio che gli mancava da morire e che era seriamente preoccupato per lei. La rigidità del suo volto lasciò spazio ad una espressione carica di sentimento che Eldihen fu felice di rivedere. L’abbracciò disarmandola con il calore del suo corpo, con le mani dietro la schiena, e tra le dita le onde morbide “Non ne dubitare” disse prima di baciarla con dolcezza, incrociando il suo respiro caldo ed irregolare e, premendo sulle sue labbra morbide e tremanti, in un bacio ricco di rivelazioni e conferme. L’amava moltissimo. La sentì piangere e se ne dispiacque, consolandola con le sue carezze, fino ad avvinghiare il suo viso con entrambe le mani, asciugando le lacrime calde che bagnavano la sua pelle. La coccolò, stringendola a sé, come se fosse un tesoro di inestimabile valore, accarezzandola ad ogni brivido, baciandola con dolcezza, lentamente, mentre le sue dita correvano sul suo volto “Ce l’hai sempre vinta tu Eldihen” sorrise, desiderando ardentemente di vederla rallegrarsi, non più afflitta come lo era ora.
 
Eldihen stritolata dalle braccia muscolose dell’elfo sentì ogni ferita farsi viva e dolorante, specie quella al petto. Dovette stringere gli occhi per evitare di gridare e farsi scoprire, ma un gemito strozzato fuoruscì dalle sue labbra e lei fu costretta ad allontanarsi, vedendo sulla tunica di Legolas delle leggere macchie rosse che sicuramente erano filtrate dalla stola nera che la copriva.
 
“Perché quello sguardo?” chiese l’elfo inquietandosi di colpo. La prese dalle braccia e la guardò intensamente, rispecchiandosi nelle sue iridi azzurre, piene di dolore “Mi stai facendo preoccupare” ammise dopo un lungo silenzio vedendola seria “Eldihen” la richiamò stringendo la stoffa della sua blusa scura. Si scambiarono un altro lungo sguardo e Legolas si sentì in bilico. Schiuse le labbra, muovendo i suoi occhi sul viso della ragazza che adesso si era disteso in un’espressione più rilassata “Amore mio” le accarezzò la guancia vedendola scrollarsi dai suoi pensieri. Eldihen gli sorrise, ma Legolas comprese al volo che era per mascherare la sua reazione improvvisa.
 
“La battaglia mi ha destabilizzata… perdonami”  si avvicinò alle sue labbra guardando le piccole chiazze rosse sulla tunica. Lo baciò pur sentendo la ferita pulsare.
 
“Dimmi che hai!” la prese dal polso con estrema preoccupazione, sentendo una forte agitazione dentro al petto. Si guardarono un’altra volta e Legolas con gli occhi la supplicò di parlare, ricevendo un altro sorriso forzato che altro non fece che aumentare le sue angosce.
 
“Sono un po’ indolenzita, nulla di cui preoccuparsi” gli diede un bacio sulle labbra, fino a sentirlo ricambiare.
 
“So bene quando menti Eldihen. Si vede” non le permise di andarsene, intrappolandola nuovamente tra le sue braccia “E’ per la lacrima di Nihil?” chiese non coprendola. Elrond gli aveva parlato di una minaccia nascosta e nella sua mente riaffiorarono nuove preoccupazioni.
 
“No Nihil ha eliminato l’ultimo incantesimo dal mio corpo… non temere. Si è sacrificato, ricacciando la lacrima nera dai miei occhi” lo rassicurò incapace di spiegargli ciò che era successo.
 
Legolas annuì rilassandosi, in effetti lo aveva visto morto nel campo, probabilmente era accaduto qualcosa e se ne dispiacque, ma troppo preoccupato per la ragazza tornò a considerarla “E allora che hai?”
 
Eldihen si morse un labbro trattenendo nuovamente una smorfia di dolore, ma perché il suo Legolas era così perspicace?
 
“Giuro che ne parleremo, ma non è questo il momento. Tranquillo non è nulla di che” sperò di tranquillizzarlo comprendendo tutta l’ansia che lui avvertiva. Lo baciò ancora una volta sulle labbra, vedendolo annuire non molto convinto, dubbioso. Legolas si chinò per assaporare nuovamente le sue labbra, fino a passare la lingua sulla bocca, spostandosi solo per baciarle le guance con amore.
 
“Perché non ne parliamo ora?”
 
“Perché devo fare una cosa!”
 
 
 
Eowyn ancora priva di sensi riposava sulla barella, vicino ad un Eomer preoccupato, con le mani strette alle ginocchia come un bambino triste e sconsolato. Eldihen era seduta di fronte alla donna con in braccio il dolcissimo Draghetto che appena l’aveva vista era corso in suo direzione, saltellando come un coniglietto con i suoi riccioli biondi. Allungò una mano per accarezzare il volto della fanciulla, con amorevolezza, desiderando ardentemente che lei riaprisse gli occhi verdognoli e le sorridesse. Ormai Eowyn era come una sorella, Eldihen sapendola ferita era rimasta a suo fianco in quella sala, passandole un panno umido sulla fronte, fino a che Aragorn si era avvicinato per aiutarla, prendendo il suo posto.
 
Lanciò uno sguardo a Madeos che riposava, mentre Aimi gli sfiorava i capelli con uno sguardo attento. Eldihen corrugò le sopracciglia facendo vagare il suo sguardo nella sala, fino ad incrociare per un fugace momento gli occhi azzurri di Faramir. L’uomo le sorrise in piedi, in mezzo alle altre persone, con la sua tunica chiara e la fasciatura che fuoriusciva dal braccio, lo vide guardare Eowyn, incantato, tanto da stupire Eldihen.
 
“Lei è molto bella” commentò Draghetto appoggiandosi al petto della ragazza, con la spada in legno appoggiata al pavimento.
 
“Tesoro appoggiati meglio alla spalla”
Eldihen pur avvertendo un dolore lancinante non allontanò il bambino, posandogli la testolina sulle braccia. “Hai visto quanto è bella?” sorrise trattenendosi dal piangere quando Eomer le lanciò uno sguardo carico di preoccupazione, accovacciato vicino ad un pilastro.
 
“Si, anche Faramir l’ha detto poco fa” confessò il bambino senza considerare l’effetto che suscitarono quelle semplicissime parole. D’altronde la verità si sapeva dai bambini e dagli ubriachi. Eldihen sorrise, vedendo Aragorn storcere le labbra e cambiare il panno sulla fronte di Eowyn.
 
La bianca dama di Rohan agitò il capo e, lentamente riaprì le palpebre, guardandosi intorno spaesata, come a chiedersi dove si trovasse. Aragorn si fermò ed Eldihen si alzò da terra insieme al bambino. Finalmente i loro sguardi si incrociarono ed anche se Eowyn spalancò le palpebre confusa, Eldihen si inginocchiò vicino a lei, passandole una mano sulla guancia.
 
“Che bello rivederti amica mia!” disse lisciandole in capelli con emozione, felice di rivederla, ricordando i bellissimi momenti passati insieme. Anche se avrebbe tantissimo voluto sfruttare ogni secondo per rimanere in compagnia di Legolas, non riuscì, perché per lei Eowyn era importantissima e l’elfo comprendendola la lasciò, in attesa di rivederla.
 
“Eldihen” boccheggiò meravigliata, per poi spostare gli occhi sul ramingo, ed infine, sul viso di suo fratello che commosso ed agitato pianse in silenzio.
 
“Carissima amica mia” Eldihen le diede un bacio sulla guancia e con delicatezza si chinò per abbracciarla, senza però stringerla, per paura di procurarle dolore.
 
“Si che bello la bimba si è svegliata” saltellò Draghetto ridendo allegramente, tanto forte da beccarsi l’occhiataccia da parte di una donna che lo aveva ripreso, ricordandogli che lì dentro era pieno di malati.
 
                                                                               


 
I corridoi e le scale erano buie. Eldihen ricercò la camera di Legolas e Gimli, perdendosi due volte, poiché a parer suo le porte erano identiche e, dopo esser giunta al terzo piano, lanciando un’occhiata al giardino sottostante, finalmente vide uscire dalla soglia Legolas. Lo prese dal braccio e senza aggiungere spiegazioni lo trascinò lungo il corridoio, raggiungendo la stanza che il sovrintendente le aveva donato. Era felice di non sentirlo lamentare, anzi, le sembrò che Legolas non vedesse l’ora di rincontrarla.
 
“Chiudi la porta” disse quando entrò nella sua stanza, guardando il suo letto e la testiera bianca,  illuminata dalla luce della luna fuori dal suo davanzale.
 
Legolas fece come gli era stato detto, richiudendosi la porta alle spalle, per poi incrociare le braccia come era solito fare, mentre la osservava: tremendamente impacciata e nervosa camminava avanti e indietro lungo il pavimento, con le dita incrociate.
 
“A chiave” aggiunse sentendosi avvampare. L’elfo le lanciò uno sguardo indagatore e, quando Eldihen sospirò pesantemente, in attesa che lui facesse come gli aveva detto, si voltò e girò la chiave dorata. Si scambiarono un lungo sguardo sotto la luce fredda delle stelle, con le tende bianche che si muovevano leggermente, creando un’atmosfera bellissima, che avrebbe segnato per sempre quella notte. Eldihen fece qualche passo in sua direzione e Legolas lo stesso, fermandosi vicino al cassettone. I loro occhi si ricercarono e si scambiarono sguardi carichi di preoccupazione, amore, dispiacere, comunicandosi in silenzio, la voglia di ritrovarsi, finalmente dopo tanto tempo.
 
“Come stai?” la ragazza passò una mano sul suo petto. Legolas l’afferrò dolcemente e, prima di lasciarla la baciò, prendendole l’altra.
 
“Sono sempre preoccupato” ammise sentendo le dita di Eldihen suo torace. Era una sensazione appagante che lo accese dopo un lungo periodo.
 
“Per cosa?” fece finta di non afferrare la frase, anche se già immaginava cosa lo stesse inquietando.
 
“Perché poco fa mentre ti abbracciavo ti sei allontanata con quell’espressione?” domando rabbuiandosi, con le labbra serrate, gli zigomi marcati.
 
“Non voglio che tu ti arrabbi ma è successa una cosa… ed è giusto ch tu lo sappia” deglutì ed i suoi occhi divennero nuovamente pieni di lacrime, cosa che fece alterare Legolas, e non di poco.
 
“Non mi voglio arrabbiare, voglio solamente saperti al sicuro e soprattutto in salute!” le baciò la fronte, concedendole tutte le attenzioni possibili una volta soli, lontano da sguardi indiscreti. Era stato difficile trascorrere un’ora distante da lei. Si era fatto mille pensieri, senza parlare, pensando a quanto l’amasse, a quanto era stato difficile trascorrere il pomeriggio a cercarla, con la costante paura di non rivederla più.
 
“Legolas” il suo tono di voce era basso e tremendamente preoccupante. Si voltò e fece per allontanarsi, ma l’elfo la trattene e, quando la vide piangere abbassò di poco il viso per chiederle cosa avesse, ma quando lei prese le distanze rimase immobile e, un rinnovato dolore colpì il suo cuore “E’ giusto che tu sappia una cosa”
 
“Ti prego parla” non riuscì a starle lontano e con la voce rotta dalla preoccupazione la raggiunse, ma Eldihen alzò una mano per bloccarlo nuovamente.
 
Legolas rimase fermo con il cuore in subbuglio.
 
“E’ più facile mostrarti…” le mani le tremarono e dalle ciglia le caddero delle lacrime di sconforto. Legolas nel guardarla, si sentì affogare dentro il suo pianto e si trattenne dall’abbracciarla. La vide sciogliere il nodo allo scialle che indossava e le copriva le spalle. Lo lanciò a terra e con imbarazzo sciolse i lacci del suo corpetto, lanciandolo a terra, sotto gli occhi dell’elfo che ammutolito fissava le sue dita che adesso indugiavano sui bottoncini della blusa nera. Eldihen rimase con il torace svestito, con solo una fascia a coprirle il seno e, le ferite, i lividi ed i graffi allo scoperto. Nuda sotto gli occhi di Legolas. Si coprì la ferita che l’aveva sconcertata, poi sciolse le mani al petto e si voltò in sua direzione, ma non riuscì a vederlo, perché le lacrime lo impedirono. Aveva riflettuto a lungo e le sembrò giusto affrontare l’argomento.
 
“Eldihen” Legolas rabbrividì alla vista della ferita che si estendeva lungo il petto dell’elfa. Era profonda, lunga  e sanguinante. La pelle era lacerata, come se gliel’avessero strappata a morsi, ed anche se non era l’unico segno evidente, Legolas venne colpito dal rosso vivo della sua carne. Rimase scombussolato, non riuscì a capire se fosse più preoccupato o arrabbiato con colui che gli aveva procurato il taglio e, quando si decise a chiederle come fosse accaduto, la vide rialzare il viso.
 
 
“Io non so se mi vorrai ancora… ma è giusto che tu veda, perché questo segno rimarrà sulla mia pelle e” le parole le morirono in bocca. Prese fiato ricomponendosi, guardando il volto seriamente tormentato di Legolas “non so se ti piacerò più adesso. Adesso che sono sfregiata” una lacrima colò dalle palpebre, a quella se ne aggiunsero altre, e poi dei singhiozzi e dei lamenti che a stento riuscì a trattenere. Dalla vergogna si coprì il volto con entrambe le mani. Era difficile accettarsi e vedersi con quella cicatrice incisa sulla pelle, come se fosse un amaro ed indelebile ricordo della guerra e della sua totale incapacità. Non avrebbe mai accettato la sua nuova immagine, quella cicatrice che sarebbe rimasta lì a sfigurarla. Non poteva negarlo, era a pezzi.
 
Non riuscendo a sostenere quella scena, Legolas le si avvicino, seriamente in pensiero. Era rimasto zitto per tutto il tempo, guardandola, mentre sentiva mille paure affiorare dentro di sé e la sua anima spezzata dal pianto sconsolato dell’elfa “Eldihen” le prese dolcemente le mani e le allontanò dal suo volto. La ragazza oppose resistenza, ma lui non la lasciò a piangere disperatamente e, con maggiore decisione strinse le sue dita, guardandola finalmente in viso. La fece sedere sul letto, aiutandola. Si inginocchiò a terra e le prese il volto tra le mani assicurandosi che lei lo guardasse “Ma secondo te una ferita potrà cancellare tutto l’amore che provo per te? Realmente lo pensi?” le chiese dispiaciuto di vederla piangere come una bambina, con il viso arrossato, senza difese, nuda e tremante dinanzi ai suoi occhi. Una scena che gli spezzò il cuore.
 
Era troppo per Eldihen, tanto che per soffocare le sue emozioni, premette nuovamente le mani in faccia sentendo le dita di Legolas allontanare nuovamente le sue “Non voglio vederti piangere, sai che è una cosa che mi fa soffrire moltissimo” si alzò e con delicatezza l’abbracciò, attento a non procurarle dolore, fino a farla scivolare tra le sue braccia, con le gambe accavallate dietro il suo busto. Iniziò ad accarezzarla lentamente ed a baciarle i capelli, fino a raggiungere i suoi zigomi bagnati. Passò a baciarle il collo, spingendosi giù, sul margine di quella ferita, baciandola con dolcezza, fino a risalire sul mento, lasciandole una scia bollenti di baci, raggiungendo infine le sue labbra. Le morse e le baciò con passione, facendole comprendere quanto era profondo il suo amore e l’ardente desiderio che si accendeva ogni qual volta erano vicini “Io ti voglio Eldihen”disse prendendola dai fianchi, fino a spingersi con la lingua alla ricerca della sua, intensificando il bacio, sentendo le labbra consumate dalla foga e il calore accendere il suo corpo che, a contatto con la ragazza venne scosso da una carica di adrenalina “Per me sei bellissima” si separò per guardare il suo viso bagnato e quel sorriso flebile che desiderò baciare al più presto “Nessuna ferita potrà farmi pensare il contrario” ammise sinceramente placando in fretta il forte bisogno di possedere la sua bocca in un altro urgente bacio, facendola distendere sul pavimento, con le coperte che erano scivolate dal letto e lui sopra di lei.
 
“Ma io non sono perfetta” sapeva che non sarebbe stata la stessa cosa e che Legolas a suo fianco avrebbe probabilmente desiderato una donna aggraziata, bella ed eterea quanto lui. Eldihen era deturpata, anche per lei sarebbe stato difficile convivere con il nuovo segno. Il flusso dei suoi pensieri venne scombussolato da una carezza sul ventre da parte di Legolas che, guardandola languidamente le aveva sfiorato la pancia, con le dita che smaniose si muovevano sui suoi fianchi, lasciando al passaggio dei brividi di piacere.
 
“Dici questo perché non ti vedi con i miei occhi” si sollevò, senza mai urtare contro le ferite e, sotto i raggi argentati della luna piena, contemplò il corpo della fanciulla, i capelli sparsi disordinatamente sul pavimento, gli occhi socchiusi e brillanti, le orecchie appuntite, la pelle ricoperta da segni e rossori e la curva del suo seno, indugiando sulla fascia che lo copriva. Era un incanto “Mi stai facendo impazzire amore mio” la sua voce era seria e fu  difficile per lui trattenersi, tanto che si abbassò nuovamente per baciarle il petto ed il collo, sentendola gemere, intrappolando il suo respiro tra le labbra. La baciò spostandole le braccia di Eldihen dietro la sua testa, sentendola stringere i suoi capelli biondi, fino a percepire le sue labbra inumidite, quasi sciolte dai suoi baci.
 
Eldihen smaniosa si spinse al suo corpo e desiderosa di sentirlo vicino lo avvinghiò, facendogli premere il torace contro il suo, anche se Legolas era attento a non schiacciarla con il suo peso per non procurarle dolore visto le ferite.
 
Lo comprese in quel momento mentre si baciavano. Lei aveva un bisogno disperato di Legolas.
 
 Guardandolo le rivenne in mente una scena già vissuta, precisamente quando lui a Rohan le aveva chiesto di fare l’amore, dicendole che avrebbe aspettato che lei lo desiderasse, ma in quel momento i tempi non erano abbastanza maturi, non come quella sera. Sentiva la sua pelle strusciarsi contro la propria, i loro cuori battere all’unisono, come se si stessero consolando a vicenda dopo la guerra che li aveva minacciati. Lo desiderò ardentemente e, da come lui la baciava e l’accarezzava, passandole la mani tra i capelli con forza, fu certa che non fosse la sola “Lo desidero” ammise nel vortice della passione, ascoltando il fruscio della tenda che si muoveva, stesa sul pavimento, sotto l’avvolgente luce lunare.
 
“Cosa?” Legolas si allontanò, corrugando le sopracciglia.
 
“Desidero fare l’amore con te” confessò con gli occhi languidi, tanto caldi da far bruciare il petto di Legolas che era rimasto con la bocca schiusa da quella rivelazione. Condividendo quel forte desiderio, si abbassò sul suo seno e con le dita fece scivolare la fascia bianca, spogliandola completamente. Prima di fare qualsiasi cosa la guardò e pur sentendosi infuocato si limitò a baciarle la guancia, avvicinandosi all’orecchio “Ne sei sicura?” chiese con una dolcezza disarmante.
 
“Si”
 
Quella notte travolti dalla passione si amarono, stesi a terra, spogliandosi degli indumenti, delle paure, della loro difese ed armi, sotto le stelle, abbagliati dal forte sentimento che faceva battere all’impazzata i loro cuori, divenendo una cosa sola, un cuore solo. L’aria si saturò di respiri e il pavimento divenne l’alcova in cui consumarono il proprio amore, fino al tramonto, quando sorse il sole e loro inebriati dall’emozione si abbracciarono stretti e sudati l’una contro l’altro, tra le coperte a terra, guardando il cielo oltre il balcone.
 
Legolas teneva Eldihen sotto il braccio, non distaccandosi da lei, nemmeno quando la vide sorridere. La fissò, non voleva dimenticare il suo volto quella mattina, il taglio dei suoi occhi sfilati e le labbra turgide, baciandola mentre le accarezzava le braccia e le copriva i fianchi con un lenzuolo, scostando la tunica verde che era finita vicino ai suoi capelli. Eldihen ricambiò, baciandogli un pettorale, sentendo il soffio della sua bocca sui capelli, mentre la stanza si illuminava di mattino. Si alzò di poco sotto gli occhi attenti di Legolas, per afferrare la collana sul suo collo. Si voltò per vedere l’espressione sorridente dipinta sulla sua faccia e posando la mano sulla pelle del + torace lo baciò, sentendo le dita del suo amato correrle lungo la schiena.
 
“La mia collana” si accucciò al suo petto, godendo dei suoi baci e delle innumerevoli carezze che le dedicò senza mai allontanarsi da lei. Eldihen giocherellò distrattamente con la catenina e Legolas le prese le mani “Non te ne sei separato”
 
“No” le spostò un ciuffo ribelle baciandola sulle labbra.
 
Travolti dalla luce del mattino si guardarono con amore ed i capelli di Legolas parvero biondissimi. Lui a petto nudo, con gli addominali scolpiti, lo sguardo distratto, intento ad accarezzare la vita ad Eldihen era uno spettacolo senza precedenti. Il più bel buongiorno che avesse mai ricevuto e l’elfa, con gli occhi finalmente gioiosi ed il sorriso sulle labbra, era più splendente delle stelle che avevano illuminato quell’indimenticabile notte. La loro notte.
 
“Ti amo immensamente” disse Eldihen passando le dita sulle treccine disordinate, scivolando sulle orecchie e sugli zigomi pronunciati, fino a fermarsi sulle labbra, rimarcando i contorni in cui la pelle chiarissima si scontrava contro il rosato della sua bocca.
 
“Ed anch’io ti amo” ammise con la sua voce seria. La spinse contro la sua bocca, erano troppo distanti a parer suo e, solo quando la sentì di nuovo stretta contro di sé, si sentì realmente completo “Anche se mi farai dannare per l’eternità” sorrise beccandosi una gomitata da parte della sua elfa che finalmente, dopo  una giornata trascorsa a piangere, stava sorridendo, nel bianco baglior della mattina nascente, stesa sul pavimento chiaro, tra le sue braccia. Legolas non essendosi saziato a sufficienza posò le sue labbra su quelle di Eldihen.
 
Mentre si baciavano Legolas la sentì ridacchiare, non comprendendo l’abbracciò, sostenendola dai fianchi “Che ti prende?” chiese con un’espressione curiosa e spensierata.
 
 Non sembrava nemmeno vero ciò che aveva vissuto il giorno precedente, nessun altra cosa avrebbe potuto occupare la mente di Legolas, oltre Eldihen. Vedeva solo lei ed avrebbe voluto rimanere a terra insieme all’elfa per sempre, ma non poteva essere così. Mordor ancora non era stata annientata e solo quel pensiero lo rattristò, ma non lo diede a vedere. Quel momento era troppo magico per essere rovinato.
 
“Chissà povero Gimli cosa starà dicendo a quest’ora”
 
“Starà maledicendomi per averlo lasciato solo visto che ero molto agitato” le accarezzò i capelli, spostandoli dietro le spalle, per guardarla in viso, fino a spingerla sulla sue labbra ed avvertirne il sapore, sempre più dolce ad ogni bacio.
 
“Sai” Eldihen stanca posò la testa sul suo petto, guardando oltre la ringhiera ricoperta di fiori di mille colori, ed il cielo azzurro saturo di canti degli uccellini, il monte Fato che svettava nero, in contrapposizione alla luce del sole, sfidando i sentimenti della fanciulla, fino a farla incupire improvvisamente, cosa che Legolas notò subito “Quelle nuvole nere lì mi mettono un sacco di paura” confessò baciandogli il collo.
 
“Non devi averne” lanciò uno sguardo alla montagna senza però soffermarsi a lungo “Non voglio vederti triste” le spostò il mento con due dita, fissandola negli occhi, preoccupato di trovarla angosciata. Le sue guance erano leggermente rosate, come le sue labbra, e gli occhi azzurri parevano gemme incastonate dentro il suo volto.
 
“Ma io temo di perderti” la voce tremò e Legolas si fece serio di colpo, comprendendo perfettamente i suoi timori.
 
Rimase a guardarla senza mai abbassare le palpebre. Nella mente gli passarono mille pensieri, tra cui il discorso di Elrond a Dunclivo. In quel momento di tranquillità gli vennero in mente le informazioni ricevute. Non sapeva come aveva fatto, ma suo padre sapeva di Eldihen e, a quanto diceva Elrond non pareva molto convinto della loro storia, a Legolas questo non interessava ma era anche vero che non avrebbe voluto discutere con il proprio re e padre riguardo i suoi sentimenti, rischiando di essere diviso dalla fanciulla a causa di un pregiudizio infondato. Rovesciò la testa sul pavimento, ritrovandosi a guardare il soffitto nel tentativo di risolvere un problema che molto probabilmente si sarebbe presentato. Di certo non l’avrebbe permesso, specie dopo aver affrontato la guerra, con la speranza di rimanere insieme ad Eldihen alla fine di ogni cosa. Lo desiderava di cuore.
 
“Legolas” lo richiamò l’elfa vedendolo perso nei suoi pensieri. Ovviamente non lo comprese, ma ugualmente si preoccupò, posandogli la mano sul viso, fino a che lui la strinse nuovamente e si voltò per guardarla.
 
“Sposami” disse improvvisamente serio, spiazzandola totalmente.
 
“Sposarti?” chiese corrugando la fronte “Si, quando finirà la guerra ti sposerò” sorrise interpretando quella richiesta a modo suo. Un sorriso le illuminò il volto ma Legolas la spiazzò, alzandosi a metà busto da terra.
 
“Io intendo al più presto Eldihen” disse senza titubanza mentre lei lo imitava guardandolo negli occhi con un sorriso meravigliato tra le labbra.
 
“Al più presto?” le uscì un risolino divertito ma Legolas si fece più serio e, nel passarle le dita tra i capelli lei comprese che non era una battuta la sua.
 
“Si, sposiamoci”           
 
 
 
Note autrice:
Ma dico la sentite la marcia nuziale??? Ahahahaha io non ricordavo che fosse questo il capitolo. E’ lunghissimo ed ho trovato tanti errori, spero che voi non vi siate persi, anche se mi rendo conto che è un bel minestrone di cose. Adesso siamo quasi alla fine ed io sono tristissima, mi mancheranno questi due e mi mancherete voi. Per favore non sparite, scrivetemi per mp!
Che ne dite del capitolo? Ci sono un sacco di cose che vorrei sapere da voi? Non siate timidi, commentate.
Ringrazio sempre chi si è fatto sentire e chi mi segue<3 grazie <3
Riguardo gli aggiornamenti: facciamo di sabato, come all’inizio.
Un abbraccio, alla prossima!
 
 
   
 
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