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Autore: ChrisAndreini    30/08/2021    1 recensioni
Cinque coppie, cinque cliché, tropes letterari e delle fanfiction ovunque, e un narratore esterno e allo stesso tempo interno che sembra attirare a sé le più assurde coincidenze e situazioni da soap opera.
Un gruppo di amici si ritrova a passare l'anno più movimentato della loro vita guidati dai propositi, dall'amore, e da una matchmaker che non accetta un no come risposta.
Tra relazioni false, scommesse, amici che sono segretamente innamorati da anni, identità segrete e una dose di stalking che non incoraggio a ripetere, seguite le avventure della Corona Crew nella fittizia e decisamente irrealistica città di Harriswood.
Se cercate una storia piena di fluff, di amicizia, amore, e una sana dose di “personaggi che sembra abbiano due prosciutti negli occhi ma che alla fine riescono comunque a risolvere la situazione e ottenere il proprio lieto fine”, allora questa è la storia che fa per voi.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Corona Crew'
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Soluzioni intelligenti

 

Domenica 8 Dicembre

Max aveva pianto tutta la notte, parlato con Clover ore al telefono, ricevuto la promessa che una volta a casa sarebbero andati al lido, nonostante sapessero entrambi che con quel freddo e dopo il lungo viaggio sarebbe stato infattibile, e aveva dormito la bellezza di trenta minuti scarsi.

Ma gli era capitato di peggio, quindi era ancora in uno stato accettabile quando aveva fatto il check out dall’albergo e aveva preso un autobus per dirigersi elegantemente in anticipo, come sempre, all’aeroporto.

Elegantemente in anticipo significava la bellezza di tre ore prima della partenza.

O almeno, il programma era di arrivare all’aeroporto, che distava venti minuti in autobus dall’albergo, tre ore prima della partenza.

Purtroppo non aveva fatto i conti con gli imprevisti.

O meglio, aveva messo in conto eventuali imprevisti, ma non credeva che sarebbero stati così tanti.

Era tutto partito con un messaggio di Norman sul gruppo della Crew dove annunciava la data della discussione della sua tesi, che sarebbe stata il 20 Dicembre.

Max l’aveva letto mentre faceva colazione, e da lì in poi le cose erano precipitate.

Prima l’avevano trattenuto per troppo tempo quelli dell’hotel per ringraziarlo di come aveva tenuto bene la camera.

Max era in anticipo, quindi li aveva lasciati fare.

Poi era stato fermato nella strada per dirigersi alla fermata dell’autobus da una coppia di turisti francesi che si erano persi. Max teoricamente era più perso di loro, ma era riuscito a dare indicazioni verso il luogo che volevano raggiungere, in un francese molto americano, dato che venerdì aveva fatto un tour molto approfondito della città.

Purtroppo lo scambio di informazioni gli aveva fatto perdere il primo autobus.

Niente di preoccupante, ne passava un altro in mezzora, e aveva tutto il tempo di entrare in aeroporto, fare il check in, e aspettare altre due ore il proprio volo che l’avrebbe portato con due cambi a casa.

Se non fosse che il secondo autobus non era passato, e quando era finalmente riuscito a prendere il terzo, aveva forato una ruota a metà tragitto, e l’autobus sostitutivo aveva posti molto limitati.

Max non era in ritardo, quindi aveva lasciato il proprio posto ad una madre e un bambino che dovevano raggiungere l’aeroporto più in fretta di lui.

E nell’attesa del nuovo autobus sostitutivo, aveva aiutato il conducente dell’autobus appiedato a cambiare la gomma dell’auto.

Alla fine si era diretto in aeroporto con l’autobus dalla gomma cambiata, e tutto sembrava risolto.

Era comunque tre quarti d’ora in anticipo, poteva benissimo farcela.

Ma purtroppo l’autobus l’aveva portato a venti minuti di distanza dall’entrata che avrebbe dovuto prendere, la navetta era fuori uso, quindi si era dovuto fare quella strada a piedi con la valigia, lo zaino pesante, e una stanchezza che sempre di più iniziava a sentirsi addosso.

E quando arrivò in aeroporto, aveva giusto il tempo di fare velocemente il check in, entrare nell’aereo, e pregare che non gli facessero buttare la torta caramello e cannella avanzata che si era portato per fare uno spuntino. 

E ovviamente, un ennesimo imprevisto gli si parò davanti.

-Ah, eccoti! Sapevo che prima o poi ti avrei trovato qui!- lo accolse una voce con marcato accento tedesco che in tutta franchezza Max non avrebbe mai più voluto sentire in tutta la sua vita.

-Duca Bastien Borshe- lo riconobbe, e mentirei se dicessi che Max non si sentì terribilmente in colpa e allo stesso tempo decisamente geloso nel ritrovarsi davanti l’uomo che di lì a poche settimane avrebbe sposato l’amore della sua vita.

-Vedo che ti ricordi della mia esistenza. Pensavo che fossi troppo occupato a cercare di conquistare la mia promessa sposa!- si indignò lui, gridando nel bel mezzo dell’ingresso gremito di gente.

Tutti si girarono a fissare i due, e il cuore di Max fece parecchie capriole nel petto.

In parte per il terrore di essere esposto così, in pubblico, ma per buona parte a causa dei terribili rumors che avrebbero di lì a poco colpito Veronika se quell’accusa fondamentalmente falsa fosse finita all’orecchio della stampa.

-La prego abbassi la voce, duca. Qualsiasi cosa lei pensi, non è assolutamente vera- Max gli si avvicinò in tono conciliante, anche se dentro di sé stava ribollendo di rabbia, e cercò di essere il più diplomatico possibile.

-Mi potrai anche credere uno stolto, ma non provare a dubitare della mia vista! Non c’è molto da fraintendere in ciò che ho visto ieri. O vuoi forse negare che fossi tu sulla torre insieme a lei?- continuò a provocarlo Bastien, senza abbassare la voce.

Max avrebbe voluto ribattere, ma non poteva permettersi di dare troppe informazioni.

E non voleva mentire.

Mentire avrebbe sicuramente portato il duca a credere maggiormente all’idea che si era fatto della situazione, e di certo non lo avrebbe incoraggiato a smettere di urlare nel mezzo di un aeroporto, forse uno dei luoghi più problematici dove far partire uno scandalo, dato che era frequentato da persone di tutto il mondo.

Max cercò di prenderla larga.

-Sono soltanto in vacanza, e ho pensato di salutarla. Tutto qui, sto per tornare a casa… per sempre- non era una bugia, dopotutto. Era in vacanza, l’aveva salutata, e sarebbe tornato a casa per sempre. Certo, era in vacanza proprio con l’intenzione di salutarla, ma di certo non era lì per detronare nessuno, o interrompere il matrimonio.

…l’avrebbe fatto con piacere, ma non ne aveva il potere. 

-Certo, come no! Una vacanza in pieno inverno, con il giardino nella sua fase peggiore. Non sapevo che la gita del castello comprendesse anche la torre della regina- Bastien però non demorse, e continuò ad urlare.

Il tempo per arrivare all’aereo iniziava ad essere sempre meno, e se c’era una cosa che Max voleva evitare, era di essere costretto a restare lì più del previsto e finire trascinato al cospetto del re da un duca arrabbiato che chiaramente voleva la sua testa.

Non credeva che sarebbe mai stato pronto ad incontrare il padre di Veronika… sarebbe stato non poco imbarazzante.

-La mia migliore amica ha trovato un’occasione, e ho sempre voluto visitare Eugenie Garten. Mio padre è architetto paesaggista. Sono un fan dei giardini- Max cercò di risultare credibile con la propria scusa, e iniziò lentamente ad avviarsi in direzione del gate dal quale sarebbe dovuto partire.

Nel frattempo adocchiò il tabellone che mostrava le partenze, e purtroppo il suo volo era perfettamente in orario.

Tutti i voli erano perfettamente in orario. Era proprio un paese ben organizzato.

Max sicuramente si sarebbe trovato bene a vivere in un posto simile.

Ma non era il momento di pensarci.

-Lo sapevo quando ti ho visto la prima volta che tra te e Veronika c’era qualcosa in sospeso. Non riesco a credere che invece di restartene nel tuo buco americano tu sia venuto fin qui cercando di rovinare tutto- Bastien ignorò completamente ciò che Max aveva appena detto e iniziò a snocciolare congetture mentre lo seguiva.

-Non ho cercato di…- Max strinse i denti e si costrinse a non dire altro. Non poteva perdere la calma e il sangue freddo, ma spiegare la verità dei fatti.

-Io e Sonja eravamo colleghi… tutto qui. Abbiamo solo chiarito il malinteso circa la sua identità. Non devi temere che io provi a rovinare il vostro matrimonio- disse a voce molto bassa, evitando di farsi sentire dai curiosi che continuavano ad osservarli curiosi, anche se cercavano di non darlo a vedere.

Non era una bugia. Lui e Sonja erano davvero solo colleghi. Certo, con Manny era stato in una relazione, ma non c’era bisogno di dirlo al duca, soprattutto visto che il segreto che la principessa si fosse travestita da uomo era riuscito a rimanere segreto anche a lui, oltre che alla stampa.

-E c’era bisogno di venire fin qui per chiarire?- Bastien non lo mollava, e Max decise di provare ad ignorarlo e affrettare il passo.

Tanto parlare non sembrava servire a nulla, con lui.

-Ah, non sai come ribattere, eh?- Bastien prese il suo silenzio come una vittoria personale, e lo prese per un braccio, nel tentativo di fermarlo.

Max si scansò, non con violenza, ma con fermezza.

-Senta, sto per perdere l’aereo, e se perdo l’aereo rimarrò nello stato ancora di più. Lei non vuole che io rimanga nello stato, giusto? Quindi se mi permette di prendere l’aereo non tornerò mai più qui e tutti i suoi problemi saranno risolti- Max non amava particolarmente fare il sarcastico e l’acido, ma iniziava davvero tanto ad irritarsi con quel damerino che gli stava per portare via l’amore della sua vita.

Aveva quasi voglia di interrompere il matrimonio solo per evitare a Veronika la sofferenza di passare il resto della sua vita con quel tizio.

… in effetti forse avrebbe dovuto farlo davvero.

Nella sua fuga sempre più veloce verso il gate, nel tentativo di non cadere alla tentazione di perdere l’aereo di proposito per darsi ulteriore falsa speranza, venne distratto e rallentato quando notò un anziano signore in abiti logori che si aggirava per l’aeroporto chiedendo spicci e tenendosi a malapena in piedi con un bastone.

Era una visione molto strana. Max non aveva visto neanche un senzatetto ad Agaliria, in quei giorni, ed era peculiare che ce ne fosse uno in aeroporto e che nessuno l’avesse cacciato via.

Visto il freddo invernale, era una cosa buona, ma comunque attirò l’attenzione di Max, che si distrasse dalla discussione con Bastien e iniziò ad armeggiare nello zaino per cercare il poco della torta caramello e cannella che non aveva dato a Veronika il giorno precedente.

-Forse il mio primo atto da re dovrebbe essere bandirti da ogni aereo diretto qui ad Agaliria. Anzi, dovrei proprio bandirti da Agaliria- Bastien però continuò lo sfogo, ignorando completamente i gesti di Max e le sue parole.

-Ottimo primo atto da re abusare del potere da re- borbottò Max, molto tra sé, chiudendo lo zaino e iniziando ad avvicinarsi al senzatetto con la busta del dolce in mano.

Probabilmente fu molto meno tra sé di quanto avrebbe voluto, perché Bastien l’aveva sentito, e lo prese nuovamente per un braccio, con più veemenza.

-Come, scusa?!- si irritò, girandolo verso di sé.

Ma prima che Max potesse obiettare, come aveva davvero tanto intenzione di fare, sentì un tonfo alle sue spalle, e con la coda dell’occhio notò che il senzatetto era appena caduto a terra.

Non perse neanche un secondo, dimenticò completamente il duca, e si precipitò verso l’uomo per provare ad aiutarlo.

Era più giovane di quanto sembrasse, anche se i lunghi capelli sporchi e la barba bianca celavano completamente il suo volto.

-Sta bene, signore?- Max lo controllò senza toccarlo, e da un’occhiata preliminare sembrava che non si fosse sentito male, né ferito. Forse un calo di zuccheri. Chiaramente non poteva essere un ondata di calore con quel freddo invernale. Ma magari aveva una febbre.

Controllò la fronte.

-Oh, stia tranquillo, giovanotto, sto bene, sono solo inciampato- lo rassicurò il senzatetto, con voce arzilla.

Max sospirò, rasserenato.

-Sono felice che stia bene. Non ha storto la caviglia, o altro, giusto? Posso offrirle una bottiglietta d’acqua? Ho del cibo con me- Max gli offrì la busta con il dolce, e si guardò intorno per cercare un distributore che offrisse bottigliette d’acqua.

La sua ricerca venne interrotta dall’arrivo di Bastien.

Ah, bene, finalmente faceva qualcosa per il prossimo. Sicuramente aveva visto la scena e si era precipitato ad aiutare il povero senzatetto che era cadu…

-Non ho ancora finito di parlare con te! Che stai facendo?!- no… invece no. Si rivolse a Max come se l’uomo che aveva appena aiutato non fosse esistesse.

Max dovette recuperare tutto il proprio autocontrollo per non far uscire la Clover celata in lui che gli stava urlando nelle orecchie di tirargli un pugno, o quantomeno urlargli contro.

Invece si limitò ad alzarsi e ignorarlo, porgendo poi una mano all’uomo per aiutarlo ad alzarsi.

-Posso offrirle altra assistenza?- chiese, accennando un sorriso e facendo come se Bastien non esistesse.

Avevano priorità molto diverse, bisognava dirlo.

-Oh, non ti preoccupare. Non voglio interrompere la vostra conversazione, o farti perdere il volo- l’uomo rinunciò all’aiuto, ma mentre provava ad alzarsi sembrava ancora piuttosto tremante e incerto sulle gambe.

Max lo afferrò per le braccia e lo aiutò a reggersi in piedi, porgendogli il bastone che nel frattempo aveva recuperato da terra.

-Vuole che chiami qualcuno, o che la accompagni alla postazione di primo soccorso dell’aeroporto?- si offrì Max.

-Mi stai ignorando?!- esclamò Bastien, estremamente offeso.

Max si girò verso di lui e sorrise, anche se molto freddamente.

-Sì, ti sto ignorando- abbandonò le formalità. Quel tipo non meritava il suo rispetto -E ti sto ignorando perché non ho niente da dirti, sto aiutando una persona, e tra pochi minuti parte il mio aereo, quindi ti consiglio di lasciarmi perdere- lo congedò, e Bastien era talmente scioccato che rimase completamente immobile sul posto mentre Max accompagnava il senzatetto nel posto a sedere più vicino.

-Se… se ti rivedo ti faccio arrestare!- fu l’ultima minaccia del duca, prima che facesse dietro front e se ne andasse tutto impettito dall’aeroporto.

Max sospirò, e tutta la sua attenzione si concentrò nuovamente sull’uomo, che lo guardava con una certa curiosità.

Aveva qualcosa di estremamente familiare, ma Max non seppe dire cosa, e non aveva tempo di interrogarsi troppo.

Ricordiamo che aveva anche dormito trenta minuti scarsi.

-Mi dispiace molto per lo sfogo. Le giuro che di solito sono molto più educato- si scusò Max, sedendosi accanto a lui per assicurarsi che stesse bene. Non aveva tempo da perdere, ma fare la cosa giusta sarebbe stato sempre al primo posto, per lui, ed era sempre il caso di controllare qualcuno che era caduto per almeno qualche minuto prima di allontanarsi. Qualche trauma e ferita poteva mostrarsi in ritardo, magari a causa dell’adrenalina, o di altri fattori.

Max non studiava medicina, ma aveva seguito qualche corso di primo soccorso per il lavoro, quindi tendeva a non lasciare i pazienti soli a sé stessi.

Anche se l’uomo sembrava davvero molto tranquillo.

Aprì la busta, e osservò con attenzione il contenuto.

-Se il futuro re dello stato non è capace di essere educato, mi sembra naturale che neanche i sudditi seguano l’esempio- lo giustificò, con un occhiolino.

Max scosse la testa.

-No, bisognerebbe guardare a noi stessi, e diventare l’esempio che vogliamo seguire… sa, tipo trattare gli altri come vogliamo essere trattati, e non agire male con la giustificazione che qualcuno sta agendo male con noi- lo contraddisse, con un grande sorriso.

-Sarebbe stato facile per te annuire e basta. Cercavo di farti stare meglio- borbottò l’uomo.

Max ridacchiò. 

-Sì, e la ringrazio per averci provato, ma sono comunque stato un po’ rude e devo prenderne atto e migliorare. Solo che ha messo a dura prova la mia pazienza- ammise, grattandosi il retro del collo.

-Quanti anni hai?- chiese l’uomo.

-Venticinque- rispose Max, un po’ confuso dalla domanda, ma dubitando fortemente che rivelare la propria età potesse essere un problema.

Certo, se gli avesse chiesto nome, cognome, data di nascita e numero fiscale si sarebbe preoccupato, ma l’età non era niente di che.

-Così giovane e già così saggio- sorrise il senzatetto, prendendo un morso della torta, e abbandonando il sorriso subito dopo.

-Non è di suo gradimento? Mi scusi, suppongo che l’accostamento caramello e cannella sia un po’ inusuale. Mi dispiace. Le porto qualcosa dal distributore?- Max mise subito le mani avanti, ma l’uomo gliele prese, letteralmente.

-No, no, non preoccuparti. È solo… era da tanto che non mangiavo una cosa del genere. È… deliziosa- l’uomo sembrava quasi commosso, e continuava a fissare la torta come se fosse il tesoro più prezioso del mondo.

Poveretto, così affamato da guardare con tale affetto una semplice torta sbriciolata.

Ma era davvero solo affamato?

Perché il suo sguardo era davvero molto simile a… 

Il cuore di Max saltò un battito, la sua mente iniziò a fare qualche collegamento.

Forse se avesse continuato la conversazione, avrebbe capito qualcosa di più.

Ma l’uomo lo anticipò indicando il tabellone con tutti gli orari.

-Dovresti sbrigarti se non vuoi perdere l’aereo- gli suggerì, facendolo alzare di scatto.

In effetti iniziava ad essere davvero in ritardo, se doveva fare il check-in, superare i controlli, e raggiungere il gate giusto.

-Sì… dovrei andare. Mi dispiace lasciarla così… di solito sono in anticipo per questo genere di cose- in tutto, in realtà.

Sarebbe dovuto correre via, ma per qualche motivo continuò la conversazione.

Forse inconsciamente non voleva ripartire, forse aveva già capito che l’uomo davanti a lui era più importante di quanto pensasse, e forse anche la sua ultima chance.

-Beh, la puntualità è dei gentiluomini, l’anticipo…- l’uomo cominciò il motto. Max lo finì.

-Dei re, sì lo so. Un famoso motto agaliriano, giusto?- chiese, lanciandogli un’ultima occhiata prima di rassegnarsi ad andarsene da lì per sempre.

-Più un motto della famiglia reale, direi- lo corresse lui, osservandolo con sempre maggiore curiosità.

Max si preparò a salutarlo, ma le parole gli morirono in gola.

Perché quando lo guardò nuovamente negli occhi, questa volta limpidi, e non coperti dai ruvidi capelli, Max notò che erano azzurri, con sfumature più chiare vicino all’iride.

Erano gli occhi di Veronika.

Ma l’uomo davanti a lui chiaramente non era Veronika travestita.

E questo lasciava una sola altra opzione.

Il cervello di Max fece tutti i collegamenti, arrivando alla soluzione che cercava dall’inizio della sua conversazione con il senzatetto.

E impallidì, facendo un passo indietro e portandosi una mano alla bocca, sconvolto.

Distolse lo sguardo da quello del re, e abbassò la testa, in segno di rispetto.

Forse avrebbe dovuto inchinarsi? No, c’erano persone accanto a loro, e il re era chiaramente in incognito. Avrebbe potuto metterlo in una cattiva posizione. Ma non poteva continuare a trattarlo come un semplice senzatetto.

Cosa ci faceva il re di Agaliria lì vestito da senzatetto?!

Era una prova? Aveva scoperto del suo incontro con Veronika e voleva capire che tipo fosse per poi arrestarlo?

Perché nella famiglia reale c’era questa passione per i travestimenti?!

Max esitò parecchio su cosa fosse più giusto fare, senza trovare una risposta, e il re si alzò, sospirando.

All’improvviso era completamente sicuro sulle gambe, dritto e austero.

-Come l’hai capito?- chiese, intuendo almeno una parte dei drammi interiori di Max, che non osò sollevare lo sguardo.

Quello era un re! Non un duca che poteva ignorare.

…oh cavolo! Il re l’aveva visto trattare così il duca! Si poteva fare una pubblicità peggiore?!

(Max, lo hai aiutato, hai intrattenuto una conversazione filosofica con lui e gli hai offerto un dolce della ricetta della sua defunta moglie, facendogliela ricordare. Il peggio che può succedere è che sia lui a chiederti la mano in questo momento, facendoti diventare il nuovo patrigno di Veronika).

-I vostri occhi- rispose Max, in un sussurro.

-La conosci molto meglio di quanto pensassi, e sei molto più sveglio, gentile e attento di quanto mi aspettassi. Speravo solo di osservarti da lontano per capire che tipo fossi, ma mi trovo mio malgrado in un enorme dilemma in questo momento- il re si portò una mano sulla fronte, pensieroso.

Max non aprì bocca, perché sapeva che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe stata sbagliata, e sapeva che in quei casi era meglio tacere.

Il re lo osservò qualche secondo, immobile ad aspettare qualsiasi verdetto il re avrebbe emesso.

-Non hai niente da dire?- chiese pertanto, chiamandolo in causa e facendolo sobbalzare.

-Non so cosa dire, e non voglio rischiare di rendere la situazione maggiormente complicata, quindi preferisco tacere- Max spiegò il suo punto di vista, a testa bassa.

Il re seppellì il volto tra le mani, con uno sbuffo seccato.

-Perché devi essere così estremamente… ugh… va bene. Hai due possibili opzioni davanti a te: prendi l’aereo e continui nel binario programmato. Farò in modo che tu riesca a prenderlo come dovresti anche se sei un po’ in ritardo- il re gli diede una scelta.

Max sentiva il cuore che cominciava a battere molto più forte nel petto.

Aspettò la seconda opzione.

-Oppure mi segui, e fai un salto della fede. Non posso darti alcuna assicurazione o speranza sul tuo futuro. Per quanto ne sai, potrei anche decidere di arrestarti per violazione di domicilio- okay… la seconda opzione era alquanto preoccupante.

Sicuramente Denny non l’avrebbe mai accettata… almeno non il Denny pre-character development.

Ma Max non era Denny.

E lui sapeva quando era il caso di lottare per difendere anche la minima speranza rimasta.

Lanciò una brevissima occhiata verso i voli in partenza, poi sospirò, e strinse lo zaino in spalla.

-La seguo- scelse la seconda opzione con ben poche esitazioni.

Certo, avrebbe dovuto chiedere a Clover un biglietto di ritorno alternativo che con difficoltà sarebbe riuscito a ripagare, ma avrebbe trovato un modo per tornare a Harriswood… e pagare un’eventuale cauzione nel caso venisse arrestato per violazione di domicilio.

Ma ehi, se un re, che è anche il padre della ragazza che ami, ti offre una possibilità, solo un idiota sarebbe così stupido da non coglierla!

Max sapeva che probabilmente il suo cuore sarebbe stato spezzato in mille pezzi, ma sapeva anche, in cuor suo, che se il suo ritardo, la seconda volta in tutta la sua vita, significava qualcosa, era che non aveva la minima voglia di andarsene senza lottare per la donna che amava.

Era il suo momento di fare sacrifici.

E di rischiare!

Seguì Re Manfred fuori dall’aeroporto.

 

Veronika aveva passato la mattinata chiusa in camera, con del ghiaccio sugli occhi per non far notare quanto fossero rossi per il pianto e la notte in bianco, e con il desiderio bruciante di creare una corda di coperte e calarsi giù dalla camera da letto, darsi alla macchia, e raggiungere Max in aereo.

Ma sapeva di non poterlo fare.

Ormai era finita definitivamente, e sicuramente in quel momento Max era su un aereo, diretto a Harriswood, e pronto a lasciarsi alle spalle, letteralmente e metaforicamente, tutto quello che lui e Veronika avevano passato insieme.

Un bussare alla porta interruppe i suoi depressi pensieri.

-Che c’è?- chiese, seccata, senza aprire.

-Veronika, tuo padre ti chiama per pranzare insieme- le rispose la voce, alquanto allarmata, di Gerda.

Veronika era troppo occupata a deprimersi per notare l’agitazione.

Si mise il cuscino in faccia, drammaticamente.

-Digli che non mi sento bene e non ho fame- inventò al volo una scusa, che non era neanche una menzogna vera e propria. Aveva male al cuore spezzato! E non aveva fame. E se anche le fosse venuta fame avrebbe mangiato il dolce che Max le aveva fatto con tanto amore e che non riusciva ancora a capacitarsi di quanto fosse simile a quello di sua madre.

-Veronika… devi venire. C’è un ospite…- provò a convincerla Gerda, sempre più allarmata.

-Dì a Bastien che può andare a quel…- Veronika la interruppe, ma Gerda la interruppe a sua volta, alzando la voce.

-Non è Bastien… Veronika meglio se vieni, fidati- la incoraggiò, e finalmente Veronika si rese conto della gravità della situazione.

Non era vestita secondo protocollo, ma era comunque presentabile, e chiunque fosse l’ospite, dubitava sarebbe stato qualcuno la cui opinione sarebbe valsa qualcosa, per la principessa, quindi si limitò a mettere le scarpe e uscì dalla stanza senza neanche truccarsi o sistemarsi i capelli.

-Va bene, arrivo. Ma non prometto di trattenermi più del necessario- si lamentò, sbuffando sonoramente. Gerda osservò un po’ stranita il suo aspetto trasandato, ma non commentò nulla e la scortò verso la sala da pranzo. Sembrava avere fretta di portarla lì, come se temesse che l’ospite sarebbe potuto essere mangiato da un momento all’altro.

Veronika sapeva di essere molto fuori dall’etichetta, ma non era nell’umore di interagire con un qualche nobile sconosciuto, qualche ministro, o qualche lontano parente.

L’unica persona che avrebbe voluto vedere a pranzo era Max, ed era senz’altro l’ultima che si sarebbe aspettata di trovare seduta al tavolo.

Quando entrò in sala da pranzo, suo padre era a capotavola, e parlava con Max, seduto al tavolo accanto a lui, che si alzò nel momento in cui la vide, per accoglierla con rispetto.

-Oh, Veronika, sei arrivata. Prego, sie…- il saluto di suo padre venne interrotto quando Veronika richiuse la porta appena aperta, togliendosi dalla vista dei due uomini.

A sua discolpa, era appena andata nel totale panico.

Cosa diamine ci faceva Max in compagnia di suo padre?! Suo padre sapeva chi fosse Max? Come l’aveva trovato? Li aveva visti? Lo voleva arrestare? Ma perché Max l’aveva seguito?! Max non era stupido, non avrebbe mai rischiato solo per una flebilissima speranza impossibile di stare con lei!

…o forse… forse l’avrebbe fatto?

Veronika l’avrebbe fatto.

Aspetta… c’era una speranza di stare con Max?!

Dopo pochissimi secondi nei quali Veronika elaborò tutte le informazioni, e si rese appena più presentabile sistemando i capelli e pulendo il trucco sbafato, riaprì la porta e rientrò nella stanza con il massimo contegno.

I due uomini la guardarono senza parlare per tutto il tragitto fino al suo posto, e fece un cenno a Max di risedersi.

Lui eseguì, e si alternò tra il guardare il padre e la figlia senza sapere bene che fare.

Veronika si rivolse a suo padre.

-Qual è lo scopo di questo pranzo?- chiese senza mezzi termini e con sguardo di sfida.

Re Manfred sorrise amabilmente. Veronika diffidava dei suoi sorrisi.

Quello era l’uomo che non aveva parlato a sua sorella per anni dopo che lei aveva seguito l’amore al posto della corona.

Era assolutamente impossibile che avesse delle buone intenzioni nei confronti di Max.

-Non ha uno scopo specifico. So che è molto inusuale in questo castello, ma è un po’ un’improvvisata. Ho fatto preparare allo chef l’escargot. Max, è un piatto che gradisci?- quella frase estremamente affabile fece scattare un centinaio di campanelli d’allarme nella mente di Veronika.

Escargot… il suo piatto preferito. Aveva parlato dell’escargot con Max il giorno prima. Suo padre glielo aveva preparato a sorpresa… non poteva essere una coincidenza.

-Non ho mai avuto occasione di assaggiarlo, ma sono felice di provare- rispose Max, educato come sempre.

-Hai piazzato telecamere sulla torre della mamma?!- indagò al contrario Veronika, in tedesco. Non voleva turbare Max con la consapevolezza che aveva appena raggiunto, e risolverla direttamente con suo padre.

L’uomo alzò le mani in segno di resa.

-Ci sono telecamere in ogni angolo del palazzo, cara- rispose, ovvio.

-Perché Max è qui?! Cosa vuoi fare? Stava andando via! Non c’era bisogno di trascinarlo qui solo per punirmi!- si lamentò Veronika, sulla difensiva.

Max faceva passare lo sguardo tre i due come seguendo una partita di ping pong. Una partita dove temeva che una pallina gli sarebbe finita in faccia, a giudicare dalla preoccupazione e ansia evidenti sul suo volto.

-Hai frainteso, Veronika. Non ho intenzione di punire nessuno. Ero semplicemente curioso di conoscere meglio il ragazzo che ha messo seriamente in pericolo la famiglia reale- Manfred abbandonò il tedesco e si rivolse direttamente a Max, che sobbalzò, come colpito dalla metaforica pallina.

-Non ho mai avuto alcuna intenzione di…- iniziò a giustificarsi e scusare il proprio comportamento.

Veronika si alzò in piedi.

-Max non è responsabile dei miei capricci! Piuttosto è la vera vittima della situazione- ci tenne a difendere l’onore del suo amato.

Anche Max si alzò per difendere lei.

-Veronika, er, la principessa, ha sempre cercato di fare il meglio per il suo popolo- 

-Max, sei troppo buono con me!-

-Sei tu che non ti dai abbastanza credito-

-Basta!- la voce imponente del re interruppe il bisticcio tra innamorati, che si irrigidirono e lo guardarono preoccupati.

Veronika conosceva bene il tono che non ammetteva repliche di suo padre, e non insistette, anche se di cose da dire ne avrebbe avute a bizzeffe.

Si risedette, e Max la seguì a ruota.

L’atmosfera era ghiacciata.

-Bene, cominciamo con l’antipasto- Manfred fece un cenno ad un membro della servitù che sparì in cucina, per poi ritornare poco dopo con le prime pietanze del pranzo.

Da lì in poi, fu tutto molto, molto strano.

Beh, era stato strano anche fino a lì, ma fu molto più strano.

Perché erano secoli che Veronika non vedeva suo padre così… normale.

Era sempre molto formale, molto distaccato, e l’ultima volta che lui e Veronika avevano passato del tempo insieme come una famiglia era stato quando la regina era ancora viva, prima ancora che si ammalasse.

Dopo la sua morte, il rapporto era diventato freddo e conflittuale. Ultimamente, poi, non riuscivano a passare cinque minuti insieme senza discutere, anche per delle sciocchezze.

In quel momento, Re Manfred Eustace Krone di Agaliria era piuttosto rilassato, e faceva domande a Max come se fosse a cena con gli amici. 

…e allo stesso tempo, chiaramente con l’intento di interrogarlo.

Ma sembrò molto più una chiacchierata che altro, perché dopo l’iniziale imbarazzo, Max divenne molto più sicuro di sé, e rispondeva ad ogni domanda in maniera del tutto impeccabile, con onestà, sicurezza, e non dicendo assolutamente nulla che potesse essere usato contro di lui.

Non aveva niente che potesse essere usato contro di lui. Perché era lui stesso una persona impeccabile. 

Ma più la situazione procedeva bene, meno Veronika si sentiva tranquilla, e non riusciva neanche a godersi la cucina stellata.

-Veronika, non hai quasi toccato cibo, stai bene?- chiese il re ad un certo punto, osservando il piatto quasi pieno della figlia.

-Non capisco… non capisco cosa vuoi fare- ammise Veronika per tutta risposta, con voce tremante. Aveva un enorme blocco allo stomaco, e non sapeva, davvero non aveva idea di come sentirsi.

Davanti a lei c’era l’uomo che amava, insieme a suo padre che lo interrogava stile “a pranzo con i suoceri”, eppure lei di lì ad un mese avrebbe dovuto sposare un’altra persona.

Che senso aveva quel pranzo se alla fine di esso Max se ne sarebbe andato per sempre?! Se era solo un modo di riaccendere la speranza per poi affogarla nella disperazione, non era un gesto affatto carino da parte di suo padre.

Re Manfred sembrò rendersi conto del conflitto interiore della figlia, perché sospirò, e si pulì il viso con il tovagliolo, cercando le parole più giuste da dire.

-Sarò onesto con voi, ragazzi. Non ho intenzione di fare favoritismi, o infrangere la centenaria legge e la tradizione di Agaliria per semplice amore paterno. Il dovere di un re è verso il suo popolo prima che verso il proprio tornaconto personale, e alla guida dello stato servono persone preparate e adatte a governarlo al meglio- cominciò, assumendo il suo tono da monarca.

Ora Veronika lo riconosceva. Era professionale, deciso, impossibile da non ascoltare rapito.

Come padre e fratello forse lasciava un po’ a desiderare, ma Manfred era un bravissimo re.

I suoi interlocutori lo lasciarono parlare, intuendo che quella fosse solo la premessa.

Mai prima di allora Veronika aveva sperato di sentire un “ma” dopo una premessa.

Di solito i “ma” erano sempre negativi, ma in quel caso la premessa era stata priva di speranza, quindi il “ma” non poteva che essere positivo… giusto?

-Detto questo… non avevo neanche programmato di invitare Maximilian a palazzo per pranzo, né di intervenire nella sua discussione con il duca Borsche. Tutto ciò che volevo era osservarlo da lontano, controllare come reagisse agli imprevisti, e capire semplicemente che tipo mia figlia e mia sorella avessero tanto a cuore. E prima che tu chieda, Veronika, Rosalie mi ha parlato molto di lui- Manfred anticipò una domanda che Veronika effettivamente voleva fargli.

Sapeva che aveva ripreso a parlare con Roelke, ex principessa Rosalie, per chi avesse dimenticato il suo vero nome, ma non credeva si sentissero con estrema frequenza. 

Forse… stava iniziando a capire l’errore di averla allontanata per tutta la vita a causa del suo desiderio di scegliere l’amore ai doveri reali?

Manfred continuò a parlare, e si rivolse direttamente a Veronika.

-Ho sempre sperato che un giorno ti saresti innamorata di Bastien, come io ho avuto la fortuna di amare Cosette con tutto il mio cuore. Ma mi rendo conto che il vero amore, nei matrimoni combinati, è più unico che raro. Abbiamo un forte debito nei confronti dei Borsche, dato che Rosalie si è rifiutata di sposare un loro cugino, e far saltare il matrimonio adesso potrebbe metterci in una terribile situazione politica e sociale. D’altra parte il comportamento che ha dimostrato, sia a Harriswood mesi fa che all’aeroporto stamattina, denota una profonda incapacità di valutare la situazione e agire di conseguenza in maniera discreta. Ha studiato tutta la vita per diventare re, ma ho notato più spirito da monarca in questo ragazzo di paese piuttosto che in quel duca- Manfred sembrava estremamente combattuto, e riflessivo. Era chiaro che più che parlare a loro, stava valutando ad alta voce la situazione, e fece anche un buon riassunto della stessa.

-Max è molto principesco- borbottò Veronika, senza sapere neanche cosa stesse dicendo, ma con il desiderio bruciante di parlare bene dell’uomo che amava.

La speranza che aveva cercato in tutti i modi di tenere a freno iniziava ad uscire dalla gabbia che circondava il suo cuore.

Come tutti i “ma”, anche questo sembrava cancellare completamente la premessa fatta all’inizio.

-Chiaramente è una persona con forti valori morali, con un enorme senso civico, e disposto a sacrificarsi per il bene comune. Caratteristiche fondamentali per un futuro re. Tenendo in conto che non ho ancora intenzione di cambiare idea, ipotizzando che tu avessi la possibilità… credi che riusciresti ad essere un buon re?- Manfred questa volta si rivolse direttamente a Max, guardandolo con i suoi occhi di ghiaccio.

Il ragazzo era immobile, congelato sul posto. Distolse in fretta lo sguardo, e rifletté attentamente sulla domanda.

Veronika avrebbe volentieri risposto al posto suo, avrebbe esaltato ogni singola qualità di Max, e tutto ciò che lei aveva visto che lo avrebbero classificato come ottimo re, ma sapeva che rispondere per lui in questo momento avrebbe reso la situazione più difficile per loro. Doveva assistere, da spettatrice, e sperare che Max rispondesse bene a quella che, sebbene mascherata da domanda cordiale, era una chiara provocazione, e forse addirittura una sfida.

Dopo numerosi secondi di attenta riflessione, Max sollevò nuovamente lo sguardo sul re.

-No- rispose con semplicità, facendo sprofondare il cuore di Veronika nel petto.

-Max…- provò ad intervenire, con voce tremante.

Il ragazzo le fece un dolce sorriso, e un piccolo cenno per chiederle di farlo parlare. La principessa si morse il labbro e lo lasciò fare. Quel pranzo le stava togliendo parecchi anni di vita.

-Non ancora, almeno. Per diventare re bisogna studiare anni, essere versati in politica, economia, lingue, cultura ed etichetta. Non so se potrò raggiungere il livello del duca Borsche o della principessa Veronika senza aver studiato fin dalla mia nascita. Ma non nego che lotterei con tutte le mie forze per provarci- Max elaborò meglio la sua risposta.

Manfred non trattenne un sorrisetto soddisfatto. 

Non esistevano risposte giuste o sbagliate a quella domanda, ma se fossero esistite, Max avrebbe appena dato la risposta perfetta.

-Temevo fossi troppo arrendevole per una cosa del genere, ma vedo che sei disposto a lottare per ciò che vuoi. Posso chiedere cosa è cambiato da quando assicuravi a gran voce a Bastien che non avevi intenzione di cambiare nulla ad adesso?- Manfred continuò l’interrogatorio, incalzandolo.

Veronika era semplice spettatrice. Ora era il suo turno di osservare la scena come una partita di ping pong con il rischio che la pallina la colpisse in faccia.

Era talmente tesa che non ebbe neanche la forza di chiedere quando e come Max e Bastien avessero parlato.

-Due cose: ho avuto l’occasione di parlare con il re della faccenda; e francamente, non ho affatto apprezzato il comportamento del duca nei confronti della principessa. Non mi illudo di poter diventare re. Ma se potessi impedire a Veronika di sposare una persona che non ama e che non la rispetta, sarebbe già un risultato soddisfacente- Max rispose senza esitazioni. Le sue mani tremavano, ma stava cercando in tutti i modi di apparire sicuro.

Veronika avrebbe voluto prendergli una mano per mostrargli il suo sostegno, ma era troppo distante, quindi si limitò ad incoraggiarlo con un sorriso rassicurante.

-Belle parole… sul serio, sollevi un grande punto, ma non una soluzione. Quindi, almeno che uno di voi non abbia una soluzione da proporre al re per ignorare la legge dei matrimoni combinati che segue questa famiglia da generazioni, non posso concedere alcun cambiamento a ciò che è già stato stabilito- Manfred sollevò le spalle e diede spazio a Veronika di entrare nella conversazione.

-Io ho un’idea per una soluzione!- Veronika si appropriò immediatamente di quello spazio, anche se non aveva una soluzione vera e propria.

E non fu l’unica, perché Max disse la stessa cosa nello stesso esatto istante.

Si guardarono entrambi, sorpresi.

Quando si erano detti addio, il giorno precedente, nessuno dei due sembrava avere in mente una qualche soluzione ai loro problemi.

Veronika aveva evitato di condividere la propria idea per non dare a Max e a se stessa false speranze, ma se Max aveva avuto la stessa intuizione, magari discutendone insieme sarebbero riusciti a trovare una soluzione.

Beh, non era ancora troppo tardi!

-Avete entrambi delle idee?- Manfred sembrava sorpreso a sua volta, e interessato.

Li incoraggiò a parlare, assumendo le sue vesti da re che ascolta una lamentela da parte del popolo.

-Beh… ehm… è più un concept, il mio- Max continuava a guardare Veronika, e prese un po’ della sua sicurezza.

-Anche il mio… ma… stavo ragionando sul motivo per il quale la legge è stata istituita in primo luogo- Veronika cominciò ad illustrare.

Max annuì.

-Ho controllato anche io le leggi di Agaliria, e c’è scritto che il motivo del matrimonio combinato è solo ed unicamente per avere la certezza che i regnanti siano preparati fin dalla nascita ad assumere il ruolo di re, quindi è una questione di educazione, e non una questione di classi sociali- Max aveva fatto i compiti. Veronika era commossa che si fosse messo a studiare la legge di Agaliria cercando una soluzione per impedirle di sposarsi con Bastien. Era davvero un ragazzo ammirevole e pieno di risorse. 

-Educazione, eh?- Manfred era intrigato.

-Esatto, quindi la mia idea era che, magari, per scegliere il prossimo re si potesse istituire una specie di test, o di esame… o un corso, non lo so, per…-

-…per selezionare il candidato più idoneo! Avevo pensato ad una cosa del genere, ma mi era venuto in mente di istituire una scuola- Veronika prese le redini della conversazione.

Lei e Max erano davvero sulla stessa lunghezza d’onda.

-Una scuola?- Manfred era sorpreso.

-Sì, una specie di università per istruire determinate persone in modo da insegnare loro come essere bravi re e regine- provò a spiegarsi Veronika. Era l’unica idea che le fosse venuta in mente, e sapeva che c’erano davvero tanti problemi da risolvere, ma era fattibile.

-Non saprei, Veronika. Istituire una scuola per principi e principesse sembra un’idea uscita fuori da un romanzo young adult, poco fattibile quando solo una persona per generazione finirebbe per diventare re o regina, e si rischierebbe di scatenare rivolte da chi non verrebbe preso per il ruolo, senza contare che solo i più ricchi e abbienti, pertanto i nobili, potrebbero accedere ad una scuola così prestigiosa- Manfred illustrò alcuni dei problemi più gravi.

Veronika provò a pensare a delle soluzioni, ma non le venne in mente nulla di primo acchito.

-Più che una scuola per principi e principesse, potrebbe essere un’accademia di élite sponsorizzata dalla famiglia reale, e renderebbe Agaliria una città universitaria. Una laurea lì potrebbe rendere eleggibili a principi o principesse, ma in generale sarebbe un’ottimo titolo di studio per chiunque voglia studiare politica. Potrebbe istruire ministri, presidenti, deputati, o diplomatici. E per la questione della retta, si potrebbero istituire delle borse di studio al merito, che la famiglia reale elargisce a chi si distingue in eventuali test d’ingresso, o a persone che considera meritevoli- propose Max, pensieroso.

Era… un’ottima idea, in effetti.

-Potremmo ampliare l’università della capitale, aggiungere corsi, e aumentare i fondi. Sarebbe un approccio moderno che non scenderebbe nella democrazia vera e propria. E i nobili sarebbero accontentati perché sentirebbero comunque di avere una marcia in più- rifletté il re, seriamente interessato alla proposta.

-Sarebbe anche un’ottima occasione per incoraggiare il turismo ad Agaliria. Diventando uno stato dall’ottima università, verrebbero persone da tutto il mondo, e alcune delle menti più brillanti, oltretutto- insistette Veronika, mostrando di avere davvero a cuore l’interesse del suo paese.

-La scenata in aeroporto di oggi potrebbe essere un buon motivo per cancellare il matrimonio, o quantomeno posticiparlo per il momento. Francamente, non ho molto piacere all’idea che mia figlia sposi un uomo del genere. Proporrò l’idea dell’accademia al consiglio durante la prossima riunione…- ancora pensieroso, re Manfred si alzò dal tavolo.

Veronika e Max fecero altrettanto, increduli.

Veronika non riusciva a credere alle sue orecchie, era convinta di aver capito male.

-Papà… non sposerò Bastien?- chiese con un filo di voce, temendo la risposta ma desiderando allo stesso tempo di sentirla.

Suo padre le sorrise, e le fece una carezza sul capo.

-No. Non posso ancora darti conferma, ma farò di tutto per impedirlo- le promise.

Veronika sentì come un peso che si levava dalle sue spalle.

Non trattenne le lacrime, e crollò nuovamente seduta. Le sue ginocchia erano incapaci di sostenerla ulteriormente.

Non avrebbe sposato Bastien! Non avrebbe sposato Bastien!! Non significava che avrebbe sposato Max, ma era il primo passo verso una vita meno triste, questo era certo.

Max le fu subito accanto, e le strinse le spalle, confortante.

Veronika lo abbracciò senza potersi trattenere. Sapeva fosse poco consono, soprattutto davanti a suo padre, ma Manfred si limitò a sorridere.

-Ragazzo, preparati a lavorare sodo se vuoi stare con mia figlia- gli lanciò un guanto di sfida.

Max non fece altro che sorridergli sinceramente in risposta.

-Darò il massimo- promise, stringendo forte la principessa, che si abbandonò al suo abbraccio come fosse un’ancora vitale.

-E sebbene io sia felice di vedervi così affiatati, cercate di non dare nell’occhio questo primo… anno, direi. Bisogna finalizzare la questione, e non voglio ulteriori scandali- li consigliò.

Era un buon punto di partenza. Ormai avevano entrambi una certa esperienza sull’essere discreti.

-Grazie papà… grazie di cuore!- Veronika si allontanò da Max per buttarsi su suo padre, che rimase sorpreso dal suo gesto d’affetto, ma la strinse con forza.

-Ho rischiato di perdere una sorella per questa stupida storia dei matrimoni combinati. Non volevo perdere anche una figlia, soprattutto dopo aver visto quanto sei felice con Max- diede ai due ragazzi la sua benedizione, prima di separarsi dalla figlia, darle un’ultima carezza sul capo, e andare via dalla sala.

Veronika e Max rimasero soli, e si guardarono, ancora incapaci di elaborare appieno ciò che era appena successo.

-Quindi… possiamo sperare?- chiese infine Max, in un sussurro.

Veronika annuì lentamente, poi sempre più forte, poi iniziò a ridere tra sé, sentendosi leggera come una piuma.

Max la seguì a ruota, ridendo un po’ più istericamente, e poi entrambi scoppiarono a piangere, si abbracciarono nuovamente, e si scambiarono un improvviso bacio sulle labbra, per niente programmato ma che era stato ritardato troppe volte, ormai, e che avevano bisogno di scambiarsi.

Era il primo bacio che Veronika dava a Max con la sua vera identità, ma fu come tornare ad essere Manny, forse anche meglio.

Perché era lei, era Veronika, e Max l’amava comunque, nonostante tutto.

Una volta che si furono separati, Max la prese per la vita e le fece fare un giro della vittoria, facendola ridacchiare ancora di più, tra le lacrime di gioia.

-Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!- esclamavano insieme, felici come non lo erano ormai da mesi.

Da lì in poi, le cose sarebbero solo migliorate.

 

Sabato 14 Dicembre 

Clover e Diego stavano molto a posto.

Tipo, davvero molto più di quanto Clover si sarebbe aspettata.

Una volta che la comunicazione™ era entrata in gioco nella loro relazione, tutto era andato parecchio a gonfie vele.

Insomma, se la vita di Clover fosse stata una commedia romantica, a questo punto il film sarebbe finito con una favolistica scritta “e vissero per sempre felici e contenti”. 

Purtroppo, la vita di una persona non è una commedia romantica, e dopo il “per sempre felici e contenti”, viene sempre una vagonata di altri eventi che sebbene si speri possa essere una linea dritta e sempre positiva, somiglia più ad una montagna russa piena di salite e discese.

E in quel preciso momento, Clover era in una terrificante discesa.

Letteralmente.

Nel senso che era appena scesa da una montagna russa che le aveva procurato un attacco di panico, ed ora era seduta su un muretto cercando di respirare, sudata nonostante fossero sette gradi, e con Diego che le faceva aria e le teneva una bottiglietta d’acqua nel caso avesse avuto bisogno di bere.

Non parlava, e non sembrava volerla pressare per spiegazioni circa il motivo di tale crisi. Era davvero un santo!

E Clover si sentiva davvero un’idiota!

Sapeva che le montagne russe la triggeravano.

Ma sperava, con forse un po’ troppo ottimismo, che dato che erano passati dieci anni, e la sua vita stava procedendo da favola, magari il trauma si era allentato e poteva permettersi di ritornare sulle giostre.

…purtroppo i traumi non funzionano così.

-Le commedie romantiche sono fuorvianti!- borbottò come prima cosa mentre ricominciava a respirare normalmente.

-Cosa?- Diego le si avvicinò appena, lasciandole i suoi spazi ma cercando al tempo stesso di mostrarle di esserci per qualsiasi cosa.

Un SANTO!

Clover era chiaramente quella fortunata dei due.

-Niente… sono stata ingenua- sospirò, e prese la bottiglietta d’acqua che Diego le aveva offerto, iniziando a berla a piccoli sorsi.

Il ragazzo le si avvicinò, e le lanciò un’occhiata rassicurante.

-Essere ottimisti non è una brutta cosa- la incoraggiò, dimostrando di aver capito il motivo della crisi senza che Clover specificasse. Iniziava ad essere più percettivo, ora che la frequentava.

Clover sbuffò, e seppellì il volto sulla sua spalla.

-L’ottimismo e l’amore non curano i traumi- gli fece notare, stringendosi a lui come un gatto in cerca di carezze.

Diego la strinse a sé, offrendole le coccole che richiedeva.

-In effetti no… ma di certo aiutano, e un passo dietro l’altro alla fine riuscirai a fare questa montagna russa. La fiera c’è ogni anno, ci saranno altre occasioni- le promise.

Clover grugnì, ma non negò.

Si staccò per prendere un altro sorso d’acqua, anche se il profumo di Diego aveva agito come ottima aromaterapia, e si sentiva già molto meglio.

-E solo che sono irritata! Sono quindici anni che aspettiamo di fare la montagna russa più tosta insieme! E ora che finalmente abbiamo l’occasione… oh no, Clover! Hai i traumi e ti viene la claustrofobia perché dieci anni fa hai avuto un incidente!- si lamentò, Diego ridacchiò alla sua enfasi.

Al momento, infatti, erano alla fiera invernale di Harriswood, dove allestivano giostre che sarebbero rimaste lì tutto il mese, fino alla fine delle vacanze natalizie. Quando erano piccoli, ci erano andati un sacco di volte, e si erano ripromessi che un giorno avrebbero fatto insieme la montagna russa più pericolosa, che ovviamente da piccoli non avevano potuto provare a causa dell’età.

-Dai, ci sono un sacco di altre cose che possiamo fare. Da piccoli adoravamo gli autos…- Diego si interruppe in tempo, ma Clover lo guardò comunque in tono eloquente.

Davvero stava per proporre l’autoscontro ad una ragazza che non riusciva a fare una montagna russa perché era traumatizzata da un incidente d’auto?!

-Okay… ehm… il laser tag?- provò a recuperarsi il ragazzo.

-Non lo fanno più- Clover gli mostrò la mappa, e Diego controllò.

Effettivamente non c’era.

-Cavolo! Ci divertivamo un modo al laser tag-

-Però hanno messo il pattinaggio sul ghiaccio- osservò Clover, con un sorriso.

-Oh, no, ti prego! Sai che sono pessimo sul ghiaccio- Diego ricordò la settimana in montagna offerta da Clover, e quanto difficile fosse stato starle appresso mentre si esibiva come una campionessa olimpionica.

-Okay… uff… la sala giochi te la boccio di default! Posso provare a vincerti un premio, però- Clover indicò una macchinetta poco distante.

-Ehi! C’è il tunnel dell’amore!- Diego indicò un’attrazione sulla mappa, con occhi brillanti.

Per mezzo secondo, Clover si chiese cosa c’entrasse il tunnel dell’amore con il loro voler rivivere i tempi di quando erano bambini.

Per fortuna si ricordò presto che lei e Diego erano una coppia.

Attribuì la sua dimenticanza all’attacco di panico di prima. Come poteva dimenticarsi di stare insieme a Diego?! Soprattutto dopo essersi dannati tanto!

-Va bene… mi sembra una buona idea- acconsentì, alzandosi in piedi e sistemandosi la giacca.

-Davvero?- Diego sembrava sorpreso.

-Sono o non sono la tua ragazza?- Clover gli fece una linguaccia.

Diego le prese una mano, sorridendo a tutto denti.

-Sono passati quasi due mesi ma ancora non riesco ad abituarmi!- ammise, mentre si avviavano in direzione del tunnel dell’amore.

-Diego, posso chiederti un favore?- Clover cercò di apparire rilassata e sicura di sé, ma la voce le uscì un po’ tremante.

-Certo, dimmi tutto- Diego non sembrò rendersi conto dell’improvvisa serietà della sua accompagnatrice.

-Mi prometti che prima o poi faremo insieme la montagna russa?- la voce le uscì quasi un sussurro, e chiaramente vulnerabile. Diego si fermò, e la guardò sorpreso.

Clover strinse i denti, ma cercò di non sollevare muri atti a proteggersi. Quello era Diego, era il suo ragazzo, e andava bene apparire vulnerabile a lui, non l’avrebbe giudicata, o presa in giro, o…

-Certo. E faremo insieme anche montagne russe peggiori- le promise, senza la minima traccia di giudizio, o commiserazione. Rispose semplicemente alla domanda, con un grande sorriso.

Clover ritornò a respirare prima ancora di rendersi conto di aver trattenuto il respiro.

-Infatti! Faremo le montagne russe più alte e pericolose del mondo!- cavalcò l’onda dell’entusiasmo di Diego, e gli strinse più forte la mano pronta a dirigersi al tunnel dell’amore.

Il sottotesto era chiaro, non stavano parlando di montagne russe in sé. Era più una muta promessa di stare insieme, affrontare i problemi insieme, e un passo alla volta arrivare alla soluzione e in cima a quella montagna russa.

Non sarebbe stato facile, Clover lo sapeva.

Ci sarebbero voluti ancora molti anni, ma sapeva che con Diego, Max e l’intera Corona Crew al suo fianco, alla fine ci sarebbe riuscita.

-Grazie di avermi proposto di venire qui- sorrise a Diego, mentre si mettevano in fila.

-Grazie di essere venuta con me- Diego le diede un bacio sulla fronte, facendola ridacchiare.

-Ehi, voi due! Aspettate di entrare nella giostra prima di dare spettacolo!- li riprese una coppia lì vicino.

Diego e Clover scoppiarono a ridere, e si allontanarono.

Le cose procedevano davvero tanto bene.

-Sai, Diego… non pensi che questo posto sia perfetto per unire una coppia?- osservò Clover, guardandosi intorno.

Il tunnel dell’amore non era l’unica giostra dal potenziale romantico, dopotutto.

-In effetti… dovremmo dirlo a Norman- Diego annuì sorridendo a sua volta sotto i baffi.

Ormai non era rimasto troppo tempo per l’OMM, dopotutto.

E Diego e Clover erano tra i più attivi nel cercare di unire Petra e Amabelle.

Ma per il momento, meglio pensare al loro appuntamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

SIAMO A QUATTRO COPPIE SU CINQUE CANON, SÌ!!!

Ormai mancano solo le nostre due matchmaker preferite, eheh.

La scena di Max che incontra il padre di Veronika aiutandolo mentre lo crede un senzatetto in difficoltà è una di quelle scene della fanfiction che ho in mente dall’inizio inizio. Mi piaceva il parallelismo con Veronika che si fingeva Sonja e Manny, e mi piaceva anche il parallelismo con San Valentino e il senzatetto che Max ha aiutato comprando i fiori. Insomma, Max è così, è una brava persona, dall’inizio alla fine.

Insomma, adoro quella scena, e poi trovo sia una bella introduzione per il personaggio di Manfred… il vero Manfred, non Manny.

Che ne pensate del padre di Veronika? È un bravo re, alla fine, e sente la ragione. E poi ha già preso Max sotto la sua ala protettiva, lol. Vabbè che Max è un grande, nessuno può odiarlo (tranne Bastien, evidentemente, ma dettagli). Che ve ne pare della soluzione che hanno trovato? Vi sembra decente? O uscita da un romanzo young adult?

È il meglio che sono riuscita ad escogitare ^^’ Mi sembra una buona idea, però.

Fatemi sapere che ne pensate voi.

Clover e Diego sono lì solo perché sennò era troppo Veromax, praticamente, lol. Sì, è un paragrafo breve, ma spero che il discorso sul trauma sia stato decente, sebbene abbia cercato di essere leggera. È che voglio gettarmi l’angst alle spalle, ma spero che il messaggio sia passato comunque.

E volevo informarvi che ora che mancano quattro capitoli + l’epilogo (che è piuttosto breve quindi suppongo uscirà tipo subito dopo l’ultimo capitolo), pensavo di fare che Settembre sarà il mese CC, quindi entro la fine di Settembre conto di concludere la storia una volta per tutte.

Incrocio le dita!

(E questo significa che per tutto Settembre non aggiornerò nessun’altra storia, probabilmente).

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacione e alla prossima! :-*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Le cose si fanno interessanti quando Amabelle e Petra si ritrovano al parco divertimenti da sole… ma sono davvero sole?

   
 
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