Capitolo Nove
24 Dicembre 1977, Salone di Lestrange Manor
Ludmilla Lestrange era una vera esperta nell’organizzare feste e
ricevimenti, ma quell’anno si era nettamente superata. In effetti il salone
principale di Lestrange Manor non era mai stato così riccamente
addobbato: molteplici vassoi di puro oro zecchino – sui quali erano adagiati a
loro volta numerosi flûte di cristallo, riempiti con il miglior vino magico –
fluttuavano nell’aria, ghirlande variopinte decoravano le pareti già adorne con
una gran quantità di quadri raffiguranti illustri antenati della famiglia e un enorme abete ornato con lunghe candele bianche
al profumo di gelsomino occupava maestosamente il centro della sala. Sul camino di marmo, sormontato da uno specchio
con una cornice dorata, erano stati disposti antichi cimeli di famiglia che era
stati lucidati più volte dagli elfi domestici appositamente per l’occasione.
Era la sera della vigilia di Natale e tutto doveva essere
perfetto, soprattutto considerati gli ospiti che avrebbero preso parte ai
festeggiamenti: non solo l’èlite purosangue del mondo dei maghi insieme alle
famiglie più prestigiose che rappresentavano appunto la massima espressione
della purezza del sangue, ma anche i nuovi esponenti politici che seguivano le
ideologie dell’Oscuro Signore e facevano quindi parte della sua ristretta
cerchia. Cornelius era stato orgoglioso di ospitare una tale
celebrazione, specialmente per dimostrare lo stretto rapporto che si era creato
proprio con Lord Voldemort e sottolineare come i Lestrange si considerassero i suoi
più fedeli sostenitori. Era fiero dei suoi figli, che erano riusciti ad
attirare l’attenzione del potente mago e adesso si trovavano nella posizione di
venire reputati i suoi principali adepti. Le loro opinioni dunque erano tenute
sempre in considerazione, entrambi si trovavano in prima linea durante le
battaglie a dimostrazione della loro forza e perfino sua nuora Bellatrix era
stata accettata tra i Mangiamorte. Era l’unica donna a cui era stato permesso
di avere un tale privilegio, ma aveva già dato prova di essere più che degna di
quella concessione. Era spietata, estremamente dotata ed impavida. Il fiore
all’occhiello della guardia di Lord Voldemort. Una perla rara.
Quella sera quindi la villa dei Lestrange sarebbe stato il luogo
in cui si sarebbero riuniti i futuri leader della nuova società, fondata sul
principio della superiorità dei purosangue, che si sarebbe imposta nel mondo
magico dopo l’ascesa definitiva dell’Oscuro Signore. Una volta che i tempi
fossero stati maturi e tutti gli opponenti neutralizzati. Per questo
sarebbero stati serviti il miglior cibo e le migliori bevande, per questo erano
stati scelti gli addobbi più preziosi e lussuosi. Nulla era stato dato al caso,
al contrario ogni singolo dettaglio era stato studiato da Ludmilla nei minimi
particolari.
Rosalynne non condivideva l’esaltazione dei suoi genitori e non
era entusiasta di partecipare a quella festa, in cui si sarebbe dibattuto
essenzialmente di politica e folli strategie di predominazione. La sua unica
consolazione era rappresentata dalla presenza di Regulus, che ovviamente
avrebbe partecipato alla cena insieme alla sua famiglia, e dalla consapevolezza
che appena scoccata la mezzanotte si sarebbe potuta rifugiare nuovamente nella
sua camera in modo da dare la giusta intimità agli adulti. D’altronde nessuno
avrebbe sentito la sua mancanza, ma per una volta non era dispiaciuta per la
freddezza con cui la trattava la sua famiglia. In quel caso era una vera
fortuna. Non le interessavano le elaborate pietanze che gli elfi domestici
stavano preparando in pratica da quella mattina, seguendo un ritmo serrato per
garantire la perfetta riuscita della banchetto serale e mostrandosi
particolarmente meticolosi per non irritare la loro padrona. Non le importava
della torta a dieci strati che era stata progettata dal migliore magipasticcere
di Londra espressamente per il party, così come non provava la minima simpatica
per i poveri musicisti che avrebbero rigorosamente suonato vecchie melodie per
tutta la notte con un sorriso finto stampato sul volto. Non era nemmeno
elettrizzata dai numerosi pacchetti sistemati sotto l’albero di Natale. Doni
messi lì più per apparenza, che per reale spirito di festa e
condivisione.
Se avesse potuto scegliere, quell’anno sarebbe rimasta volentieri
ad Hogwarts per godersi quelle brevi vacanze. Sì, sarebbe rimasta a scuola. In
quel posto che considerava davvero una casa. Ma era stata costretta ad
obbedire, come sempre. Perché non poteva mancare a quella assurda cena e
riempire di vergogna i suoi parenti. Allora aveva indossato la maschera di
figlia devota e non si era opposta al volere dei suoi genitori, ma adesso non
poteva fare a meno di pentirsi della sua condiscendenza considerato anche il
mancato calore che Ludmilla e Cornelius avevano mostrato in seguito al suo
ritorno al maniero. Non si era aspettata certo un bentornato condito da
abbracci e chiacchiere allegre quando aveva messo piede nel salone, in fin dei
conti in quel gelido palazzo era sempre stato vietato esprimere sentimenti, ma
il gelo e il silenzio con cui era stata accolta l’avevano destabilizzata. Di
solito sua madre preparava almeno la sua cena preferita quando lasciava il
castello per tornare a Lestrange Manor, giusto per mantenere le
apparenze di essere una famiglia solida e illuderla di ricevere qualche
accortezza, invece quella volta era stata trattata quasi come un’estranea.
Un’ospite indesiderata. Aveva capito il motivo di quella freddezza solo quando
suo padre aveva commentato l’attacco ad Hogsmeade, mentre tagliava il suo
filetto e si godeva il suo vino. Non si era mostrato preoccupato o allarmato
dall’accaduto, al contrario sembrava addirittura annoiato da tutta la vicenda
che aveva occupato per giorni le prime pagine della Gazzetta del Profeta. Poi
le aveva lanciato un’occhiata così carica di significato che non era stato
difficile per Ros capire come stavano davvero le cose: Rodolphus aveva riferito
a loro padre come si fossero incontrati nel bel mezzo del villaggio, mentre lui
indossava la maschera che lo identificava come Mangiamorte e lei invece cercava
di salvare due studentesse innocenti. In quegli attimi erano stati nemici.
Cornelius però non poteva accettare che sua figlia si schierasse dalla parte
sbagliata, sarebbe stata una vergogna se si fosse dimostrata una simpatizzante
dei sanguesporco e dell’altra feccia che popolava ingiustamente il mondo
magico. Doveva ricevere una lezione, in fretta. Per avere un quadro chiaro
della situazione, per capire meglio quale fosse il suo ruolo. Senza fraintendimenti,
senza errori. Per questo non aveva ricevuto alcun bentornato quando aveva messo
piede nel maniero, per questo non era stato servito lo stufato di manzo a cena
e per il medesimo motivo le era stato imposto di restare nella sua stanza per
tutta la durata della sua permanenza a Lestrange Manor. Era una
punizione. Un modo per farle comprendere che se la prossima volta non avesse
obbedito ai loro ordini, anche quelli inespressi, avrebbe perso il supporto
della sua famiglia. Le avrebbero voltato le spalle. Sarebbe stata tagliata fuori da tutto e lei non aveva la
forza di affrontare quella battaglia, come aveva fatto Sirius nel momento in
cui era scappato da Grimmauld Place.
In realtà Rosalynne non riteneva un castigo rimanere isolata nella
sua camera. Ad essere onesti venire confinata tra quelle quattro mura, con la
possibilità di uscire solo su esplicito desiderio di suo padre per adempiere ai
suoi doveri di figlia, le concedeva più libertà del previsto. Sicuramente più
di quella che avrebbe avuto se le fosse stato concesso di girovagare in piena
autonomia per il maniero.
Sembrava assurdo, eppure era la verità. Nella sua stanza poteva
leggere senza distrazioni, poteva studiare senza venire considerata un topo di
biblioteca e senza ricevere continui riferimenti sulla sua indegna natura di Corvonero.
Poteva inoltre perdersi nei suoi pensieri e magari fantasticare ancora sul
bacio di Sirius, senza dover stare necessariamente in allerta. Senza dover
nascondere il rossore del suo viso appena riviveva nella sua mente quel magico
momento, soffermandosi su ogni sensazione che aveva provato. Certo, non si
trovava al massimo della sua forma in quel preciso istante. Però era stato
magnifico percepire l’odore di Sirius avvolgerla e le sue braccia stringerla
forte contro il suo petto, mentre sentiva le sue morbide labbra sigillare le
sue con passione. Era stato surreale, quasi un sogno. Eppure era successo
davvero: lì, in infermeria, con addosso un vecchio pigiama e i capelli
scompigliati.
Nei giorni successivi si erano evitati, anche se quando si incrociavano
in corridoio o si trovavano in Sala Comune si rivolgevano sguardi complici.
Tuttavia la stessa sera in cui si erano scambiato quel bacio appassionato avevano fatto un patto: avrebbero condiviso solo quei
brevi istanti e poi ognuno sarebbe tornato alla propria vita, perché era
impossibile per loro agognare qualcosa di più. Desiderare di stare insieme,
come due normali adolescenti che si piacevano. C’erano troppi ostacoli da
superare per aspettarsi un lieto fine, Rosalynne e Sirius ne erano fin troppo
consapevoli per sperare nell’irrealizzabile. Loro conoscevano la realtà dei
fatti. Si sarebbero accontentati quindi di quel momento breve e fugace, che
avrebbero comunque conservato in eterno nei loro cuori. Doveva essere abbastanza, anche se entrambi si erano dovuti sforzare più del dovuto una volta che il momento di allontanarsi era giunto. Anche se Sirius non voleva lasciarla andare, anche se continuava a darle l'ultimo bacio di addio. Ancora e ancora.
Nessuno comunque avrebbe dovuto saperlo, sarebbe rimasto il loro segreto.
Ros perciò era felice di non dover affrontare ogni giorno i suoi genitori, che
l’avrebbero studiata con attenzione al suo minimo cenno di debolezza o
stravaganza. Non voleva correre il rischio di suscitare in loro dei sospetti,
perché era consapevole che nel caso in cui Cornelius avesse fiutato quella scintilla che aveva rinvigorito il suo cuore e avesse avuto dei dubbi sul suo comportamento le avrebbe rivolto
diverse domande scomode alle quali avrebbe obbligatoriamente dovuto rispondere
per evitare che usasse su di lei la Legilimanzia. Pertanto restare chiusa nella
sua camera la rassicurava. Tra quelle mura poteva comportarsi con naturalezza,
tenere bassa la guardia e non doversi preoccupare costantemente per il suo
sguardo sognante. Quello sguardo che valeva più di mille parole. Non doveva
sforzarsi di apparire tranquilla, in modo da evitare le occhiate curiose di sua
madre e quelle invadenti di suo padre. Avrebbe fatto di tutto per proteggere i
suoi ricordi, soprattutto quelli che condivideva con Sirius, e non voleva far
capire alla sua famiglia quanto si fosse esercitata con l’Occlumanzia proprio
per difendersi dai loro attacchi mentali. Se avessero capito che aveva qualcosa
da nascondere, l’avrebbero torturata pur di scoprire ogni suo segreto. Di
sicuro Rodolphus e Rabastan avrebbero partecipato attivamente al suo supplizio,
risparmiando a Cornelius la noia di avere a che fare con lei, e avrebbero
estorto i suoi pensieri più intimi anche con una certa soddisfazione. Erano fin
troppo bravi in quello. Rosalynne sapeva che avrebbero scavto nella sua testa
fino a quando non fossero stati pienamente soddisfatti, era già successo una
volta. Quando aveva quattordici anni e aveva capito che l’amicizia che provava
per Sirius si era trasformata in qualcosa di diverso. Qualcosa di più profondo. Quando, dopo la visita a Grimmauld Place, con le guance ancora rosse per l'imbarazzo causatole dai suoi stessi sentimenti era stata chiamata nell'ufficio di suo padre. Perché loro l'aveva vista ridere quel giorno e dovevano capirne il motivo.
Era stata l’esperienza più brutta nonché umiliante della sua vita e non avrebbe
mai dimenticato le risate dei suoi fratelli, che l’avevano spezzata senza
mostrare alcun senso di colpa e dopo – quando era riuscita a riprendersi,
nonché a trovare le forze per guadagnare una certa distanza dalla loro cattiveria
gratuita – si erano divertiti a sottolineare la sua debolezza.
Quindi sì, preferiva di gran lunga godersi un po’ di pace nella
sua camera piuttosto che trascorrere il tempo con la sua famiglia. Per lei era
più che sufficiente dover condividere con i suoi genitori il momento dei pasti,
considerato che non poteva sottrarsi anche a quell’onere. Ma fortunatamente la
maggior parte delle volte venivano trascorsi nel più completo silenzio,
intervallato solo dalle stupide chiacchiere superficiali di Ludmilla.
Ad ogni modo quelle vacanze stavano passando meglio del previsto,
peccato però che Ros non potesse sottrarsi per sempre agli obblighi di essere
una Lestrange e fosse stata dunque costretta a partecipare alla lussuosa cena
di Natale organizzata nel maniero. Avrebbe evitato volentieri di prender parte
a quel party, ma il suo status sociale le impediva di mancare a quell’evento.
Per l’occasione sua madre le aveva imposto di indossare un vestito nero lungo
fino al ginocchio, con le maniche a sbuffo ed eccessivamente pompose che
comunque nascondevano in maniera strategica le sue nuove cicatrici. Quelle
ferite che lei non aveva nemmeno nominato, perché sapeva che i suoi genitori le
avrebbero considerate solo un suo ennesimo affronto. Ludmilla d'altronde le aveva palesemente ignorate, durante le prove dell'abito. Rosa sapeva che dire ai suoi genitori che aveva rischiato
di morire non li avrebbe sconvolti, ma la verità era che aveva mantenuto il
silenzio per paura di vedere la delusione stampata sui loro volti. Non era un
mistero che era stata un semplice incidente di percorso e non sarebbe mai
dovuto nascere, sua madre e Cornelius in fondo avevano già due eredi maschi. La
sua presenza in quella casa non era necessaria. Ad ogni modo ignorò quella
consapevolezza e Rosalynne tornò ad analizzare il suo aspetto. Le sue scarpe avevano un
tacco modesto e i suoi capelli erano stati acconciati in uno chignon elegante.
Non indossava gioielli, a parte la collana con l’anello di Sirius che
nascondeva sotto lo scollo dell’abito.
Non si sentiva elegante con quel modello di alta sartoria, al
contrario le sembrava quasi di dover partecipare ad un funerale. Ma la sua
famiglia prediligeva i colori scuri. Per loro erano segno di raffinatezza,
autorità e prestigio.
Anche gli altri ospiti tuttavia avevano optato per colori poco
sgargianti, in effetti il massimo della vivacità era rappresentato dal vestito
argentato scelto da Narcissa Black che avvolgeva la sua figura con estrema
precisione. Per il resto le donne avevano prediletto il blu zaffiro, il verde
intenso e altre tonalità simili che quasi si confondevano tra di loro a causa
della monotonia. Gli uomini invece indossavano completi di diverse sfumature di
nero, che tutto sommato potevano essere colte soltanto dagli osservatori più
attenti.
Rosalynne, una volta arrivati i primi ospiti e dato di conseguenza
il via ai festeggiamenti, si era rifugiata in un angolo dell’enorme salone.
Teneva in mano un calice riempito con dell’acquaviola, mentre cercava di
fondersi con le pareti e passare inosservata. In quel momento invidiava i
fantasmi di Hogwarts, che potevano scomparire quando più desideravano e
riuscivano a passare tra i muri. Ros i effetti avrebbe voluto trovarsi
dappertutto tranne che in quel luogo, circondata da persone che non sopportava
a causa delle loro ideologie razziste ed inoltre erano anche potenzialmente
pericolose. Odiava quell’atmosfera fintamente rilassata, perché non era reale e
faceva soltanto parte di uno studiato quadretto idilliaco. Nessuno in quella
sala aveva abbassato la guardia da quando era iniziata la festa, tutti stavano
semplicemente recitando. Mentre sorridevano, mentre sorseggiavano in modo
tranquillo i loro drink, mentre si godevano le tartine preparate dalla servitù.
Ogni gesto era calcolato e non spontaneo, perché in fondo le famiglie
purosangue erano competitive e oltretutto non si fidavano le une delle altre.
Ognuna di loro bramava il potere e desiderava sempre trovarsi un gradino al di
sopra degli altri, perfino sui loro simili. Soprattutto sui loro simili.
Era una questione di supremazia, qualcosa che andava oltre il
semplice diritto di sangue. Per questo le famiglie più antiche venivano
considerate più influenti. Suo padre ne era la classica dimostrazione, difatti
si aggirava per la sala come un pavone altezzoso. Amava quello sfarzo eccessivo
e il rispetto che gli altri maghi erano tenuti a portargli, specialmente adesso
che i suoi figli avevano guadagnato la stima dell’Oscuro Signore ed erano
diventati i suoi Mangiamorte più fidati.
Rosalynne detestava quelle insulse dimostrazioni di superiorità,
che servivano solo a ribadire quanto i suoi genitori fossero superbi e
altezzosi. Allo stesso modo di Rodolphus e Rabastan. Ma non poteva aspettarsi
niente di diverso, d’altronde quelli erano stati gli insegnamenti con i quali
erano cresciuti. Tutti e tre. Peccato che lei anche in quello fosse stata una
completa delusione, per tutta la famiglia.
«Ehi» si risvegliò dai suoi pensieri quando avvertì la voce di
Regulus, che si stavano avvicinando alla sua postazione con un’espressione
apparentemente serena stampata sul volto. Tutto per amore di quella recita. «Stai
facendo da tappezzeria?» le domandò, indicando la sua schiena appoggiata contro
la parete rivestita con un’elaborata carta da parati composta da ghirigori
dorati. Sembrava quasi che si stesse inglobando nel muro, entrando a far parte
di uno dei quadri appesi in alto.
«Sarei adatta come nuovo elemento di arredo?» scherzò Rosalynne,
cercando di sdrammatizzare la situazione e rilassarsi. Ma non riusciva ad
allentare la tensione, soprattutto da quando aveva fatto il suo ingresso nel
salone Anton Dolohov. Il diretto interessato le aveva rivolto a malapena
un’occhiata prima di concentrarsi sulla festa, al punto che Ros non sapeva se il
mago si fosse reso conto di averla ferita durante l’attacco ad Hogsmeade.
D'altronde c’era una tale confusione al villaggio proprio a causa della
battaglia che era alquanto difficile stabilire chi fosse chi, soprattutto
considerato che i Mangiamorte indossavano appunto delle maschere per rendersi
irriconoscibili. Ma una parte di lei era convinta che in realtà Dolohov fosse
del tutto consapevole di chi avesse colpito quel giorno con la sua maledizione,
per questo l’aveva guardata – anche se solo per una frazione di secondo – in
quel modo criptico. Probabilmente anche i suoi fratelli avevano saputo che era
stata vittima di quel terribile incantesimo, eppure non le avevano fatto alcuna
domanda in quei giorni. Forse non avevano alcun interesse per la sua salute e
di conseguenza non avevano informato nemmeno i loro genitori, senza sapere però di
averle fatto un immenso favore. Ludmilla non si era comunque mostrata preoccupata la prima volta che aveva visto le sue ferite, dubitava che suo padre si sarebbe comportato in modo diverso. Ma era sempre meglio non farglielo sapere, perché Cornelius era strano a volte.
«In realtà sei troppo carina per essere considerata un semplice
suppellettile» rispose con prontezza Regulus, facendola arrossire. Non era
abituata a ricevere complimenti.
«Anche con questo vestito?» si interessò, prendendo tra le mani la
pensante stoffa nera che non rendeva per nulla giustizia alla sua figura.
Sembrava una bambola demoniaca.
«Lo ha scelto tua madre, vero?» le domandò con divertimento,
bevendo un sorso del suo bicchiere per concentrarsi poi nuovamente sulla sua
interlocutrice. «Consolati, a me è andata peggio» la informò, riferendosi al
completo elegante che Walburga gli aveva commissionato appositamente per la
serata da uno dei sarti più in voga in quel momento a Diagon Alley.
All’apparenza sembrava uno smoking raffinato e prezioso, ma in realtà la stoffa
del pantalone gli dava prurito e la giacca coordinata – che era stata
impreziosita con dettagli luccicanti per simulare le stelle in un cielo
notturno – lo faceva sentire in imbarazzo. Inoltre la camicia era talmente
inamidata da impedirgli quasi di muovere gli arti superiori, rendendolo goffo
ed impacciato. Regulus tuttavia era fin troppo ben educato per mostrare il suo
disagio, anche se si trovava in seria difficoltà.
«Dipende dai punti di vista» commentò Ros, pensando che entrambi
quella sera avrebbero dovuto affrontare i propri problemi e disagi. Mai come in
quel momento tutti e due sentivano la mancanza di Sirius, sebbene cercassero di
non darlo a vedere. Eppure la sua assenza era un peso che condividevano. In
effetti, durante quei ricevimenti, era lui quello che sdrammatizzava e riusciva
a trovare sempre una via di fuga.
Se ne fregava delle buone maniere, teneva i capelli sciolti con
l’apposito obiettivo di far imbestialire sua madre e ad una certa ora si
rifugiava puntualmente in cucina – se la festa si svolgeva a Grimmauld Place –
per rubare i dolcetti preparati da Willa. L’elfa allora si tirava le orecchie e
piagnucolava, sentendosi in colpa perché permetteva al Padrone di mangiare i
pasticcini riservati agli ospiti. Tuttavia non poteva comunque fermarlo,
considerato che lei si trovava in quella casa appositamente per servirlo. Ma il
ragazzo l’avrebbe rassicurata, con la sua voce dolce e allo stesso autorevole,
promettendole che la spaventosa Walburga non sarebbe mai venuta a conoscenza di
quella sua piccola trasgressione. Lui in effetti era un esperto nell’infrangere
le regole senza venire beccato, quindi Willa poteva stare tranquilla. Non le
sarebbe successo nulla. Non sarebbe finita impagliata come gli altri elfi, per
poi essere esposta con macabro compiacimento lungo le scale che conducevano ai
piani superiori.
Se Sirius fosse stato lì, con loro, tutto sarebbe stato diverso:
avrebbe espresso il suo parere riguardo a tutto quel lusso con la sua solita
ironia pungente, avrebbe commentato con altrettanto sarcasmo le piume che
adornavano i corpetti delle streghe e avrebbe rubato qualche bicchiere di vino
dai vassoi fluttuanti senza attirare l’attenzione giusto per rendere quel
ricevimento più facile da sopportare. Avrebbe cercato di corrompere anche suo
fratello a bere qualcosa di più forte rispetto all’acquaviola, ottenendo come
risposta da parte di Regulus un’occhiata impassibile e un commento sulla sua
malsana predilezione per gli alcolici. Rosalynne allora avrebbe assistito ai loro
scambi di battute con interesse, cercando allo stesso tempo di trattenere le
risate e non farsi notare dai suoi genitori mentre si comportava in maniera non
proprio consona manifestando così apertamente la sua ilarità. Ma si sarebbe
divertita e non avrebbe avuto paura, perché Sirius sarebbe rimasto tutta la
notte al suo fianco. Come al solito. Invece adesso era sola, per la prima
volta.
«Come stai?» le chiese Regulus dopo quel breve momento di
silenzio, studiandola con attenzione.
«Bene» dichiarò, evitando di metterlo al corrente dei suoi veri
pensieri.
«Come stai davvero?» insistette lui, capendo tuttavia il
suo stato d’animo. La conosceva troppo bene per credere alla sua bugia. In
effetti era ovvio che stesse mentendo, considerato il modo in cui stringeva il
suo calice. Sembrava quasi si stesse aggrappando a quel fragile oggetto di
cristallo come fosse un’ancora, che le permetteva di restare concentrata sul
presente. «Da quando c’è stato l’attacco ad Hogsmeade sembri diversa».
Rosalynne, in seguito all’affermazione del suo amico, alzò
istintivamente la mano e toccò il suo braccio destro. Sapeva tuttavia che
Regulus non si stava riferendo con le sue parole ad una stranezza fisica,
eppure era stato più forte di lei sfiorare con delicatezza le linee nere che
bruciavano sotto la manica dell’abito. In realtà era vero che si sentiva
cambiata, però tutto era dipeso dal bacio che si era scambiata con Sirius. Quel
bacio che le aveva aperto altre prospettive. Ciò nonostante non poteva
confidare a Reg quello che era accaduto quel pomeriggio e tutti i pensieri che
subito dopo si erano formati nella sua mente, perché era troppo pericoloso. La
verità era che aveva sognato un futuro diverso e per un attimo – subito dopo
che Sirius aveva lasciato l’infermeria, rivolgendole un ultimo sguardo carico
di rimpianto – aveva pensato di scappare, lasciandosi alle spalle quella vita e
fidandosi del suo cuore. Ma in fin dei conti sapeva che la sua era solo
un’utopia, perché non poteva abbandonare tutto senza aspettarsi delle ripercussioni.
Non poteva convivere con la consapevolezza che avrebbe messo Sirius in
pericolo, in serio pericolo, solo per cercare di concretizzare una relazione
che già partiva svantaggiata. I suoi fratelli e suo padre non l’avrebbero mai
perdonata se fosse fuggita, avrebbero fatto di tutto per trovarla e ucciderla.
Per trovare anche Sirius e fargli del male. Li avrebbero seguiti fino in capo
al mondo per vendicare il torto subito e risanare il loro orgoglio. Dunque i
pochi momenti felici che avrebbero vissuto insieme non sarebbero valsi l’ansia,
il timore e la preoccupazione che avrebbero inevitabilmente provato ogni
singolo istante della loro esistenza.
Per questo avevano trovato conforto in quel bacio.
«È stato solo uno shock» mormorò Ros, cercando di giustificarsi.
«Avrei dovuto ascoltarti e restare al castello quel giorno».
«Adularmi non ti servirà a placare la mia curiosità» l’avvertì il
mago, capendo che l’ultima frase della ragazza serviva soltanto a rabbonirlo.
Rosalynne non si era pentita di essere andata al villaggio, perché le sue
decisioni erano sempre ben ponderate e mai lasciate al caso. Era la sua indole
da Corvonero che esigeva pianificazione e ordine. «È accaduto qualcosa di
importante, ma non vuoi dirmelo» continuò, comprendendo il motivo del suo
silenzio.
«Non posso» ammise Rosalynne, arrossendo per il disagio di essere
stata scoperta.
«Il tuo imbarazzo è già una risposta sufficiente» commentò
Regulus, sapendo che solo una persona avrebbe potuto causarle quella reazione.
Suo fratello. «Ma non darlo troppo a vedere, altrimenti qualcuno potrebbe farsi
delle domande» la avvertì, rivolgendo lo sguardo al resto della sala.
Era chiaro il riferimento alla sua famiglia. Effettivamente se
Rodolphus o Rabastan si fossero resi conto del suo stato d’animo, accorgendosi
di quanto fosse felice senza avere in apparenza alcun motivo concreto, si
sarebbero di sicuro insospettiti. E quando volevano sapere qualcosa diventavano
davvero insistenti, al punto che avrebbero fatto di tutto pur di ottenere delle
risposte. Tuttavia Ros non voleva dare loro la soddisfazione di sottrarle
quella gioia inaspettata, perciò doveva abituarsi a tenere sotto controllo le
sue emozioni. Non sarebbe stato facile, ma si sarebbe sforzata. In pratica
avrebbe dovuto comportarsi come una Serpeverde: fredda, distaccata e
indifferente.
«Devi insegnarmi ad essere come te» affermò allora Rosalynne,
esprimendo ad alta voce le sue intenzioni e chiedendo l’aiuto del suo amico.
«Tu sei perfetta esattamente così come sei» la contraddisse il
diretto interessato, scuotendo il capo con disapprovazione per la sua pazza
idea. Non voleva che Ros cambiasse per adattarsi a quella società arida, non
voleva che perdesse la sua unicità e quella luce che le illuminava gli occhi.
Non voleva che diventasse come lui, cinica e insensibile.
«Non per questo mondo» continuò lei, facendogli comprendere la sua
logica. «Per il nostro mondo» precisò, ammettendo la sua debolezza. Non
poteva rischiare che le sue capacità venissero scoperte, ancora più dei sui
sentimenti per Sirius. Perché per quell’amore sarebbe stata punita, ma per il
suo potere sarebbe stata sfruttata.
«Avrai sempre qualcuno pronto a proteggerti» la rassicurò Regulus,
riferendosi a se stesso e perfino a suo fratello. Era consapevole infatti che
quest’ultimo l’avrebbe sempre tenuta d’occhio, in un modo o nell’altro, perché
quel giorno in infermeria aveva capito quanto ci tenesse davvero a Rosalynne.
L’avrebbe difesa, anche da lontano. Trovandosi dalla parte giusta,
quella che probabilmente alla fine avrebbe vinto. Di solito i cattivi, nelle
storie, non trionfavano mai.
«Ma devo imparare a cavarmela da sola» insistette Ros, consapevole
che prima o poi si sarebbe trovata nella condizione di fare affidamento
soltanto sulle sue abilità. Era già successo in effetti, aveva delle cicatrici
per dimostrare quel punto. Non era stata capace di combattere e contrastare
Dolohov, come poteva riuscire a lottare contro gli altri nemici?
Contro i suoi fratelli.
Contro Bellatrix.
Contro il Signore Oscuro.
«Regulus» la loro discussione venne interrotta dall’arrivo di
Orion Black, che dopo essersi avvicinato al figlio gli mise una mano sulla
spalla per richiamare la sua attenzione.
Orion era un uomo alto e robusto, ma nonostante la sua statura e
il suo fisico massiccio emanava un’aura di estrema eleganza. Aveva lunghi
capelli neri, che teneva legati in un codino, e gli occhi di una tonalità di
grigio ghiaccio che li facevano sembrare quasi trasparenti. Erano inquietanti.
Quegli occhi erano stati ereditati anche da Reg e Sirius, come un marchio, però
i loro erano diversi. Più caldi, più… vivi. Ad ogni modo quella sera il Signor
Black indossava un completo scuro come la sua anima, impreziosita da bottoni
d’oro.
«Padre» rispose prontamente il ragazzo, chinando il capo in avanti
in segno di rispetto e stringendo allo stesso tempo il suo bicchiere con
eccessiva forza. Era nervoso e teso, perché quando Orion lo chiamava c’era
sempre una ragione. Un dovere da portare a termine. Inoltre quella mano che gli
artigliava la spalla, per definire il suo controllo, lo infastidiva.
«Vieni con me, figliolo» affermò con un tono deciso, facendogli
capire che la sua non era una richiesta ma un ordine.
Regulus allora fissò Rosalynne, comunicandole con quel semplice
sguardo tutto ciò che non poteva dire: la sua voglia di ribellarsi, di restare
là con lei e non essere invischiato in affari che non lo interessavano. Non
voleva mescolarsi a quella gente, ai Mangiamorte, ed entrare a far parte del
loro gruppo. Però adesso era lui l’erede dei Black, quindi il compito di
rendere orgogliosa la famiglia e tenere alto il loro nome era una sua
responsabilità.
«Se mi vuoi scusare, Ros» si congedò comunque con educazione,
trattenendo a freno il suo dissenso.
«Certo» replicò lei, cercando di sorridere con tranquillità.
«Signor Black» salutò subito dopo, rivolgendosi al mago senza aspettarsi nulla
in cambio. Sapeva infatti che non avrebbe ricevuto nemmeno un cenno da parte di
Orion, ma le andava più che bene quell’indifferenza. Essere ignorata, in quei
casi, era meglio dell’alternativa. Lo conosceva da quando era appena una
bambina, ma non c’era mai stata molta confidenza tra di loro. Per lei era
sempre stato semplicemente il Signor Black, così come sua moglie
Walburga era la Signora Black. Era una questione di rispetto,
considerato che erano persone adulte, ma anche un modo per prendere le
distanze.
Il resto della serata trascorse tra cibo e musica, ma Rosalynne
non si divertì neanche per un secondo. Fingere di essere calma e rilassata le costò
uno sforzo enorme, tuttavia per fortuna non fu costretta a mischiarsi al resto
degli ospiti e mostrarsi socievole. Passò la maggior parte del suo tempo
nascosta in quell’angolo che ormai considerava il suo porto sicuro, osservando
quello che accadeva nel salone con sguardo vigile e attento. Per non perdersi
niente, neppure il minimo movimento.
Regulus non ebbe più l’opportunità di avvicinarsi a lei e passò
tutta le festa al fianco di suo padre, in silenzio. Ogni tanto stringeva la
mano a qualcuno e annuiva con accondiscendenza, per poi riprendere a
sorseggiare il suo drink alla ricerca di uno stordimento che l’acquaviola non
poteva di certo assicurargli. Eppure beveva fino a svuotare il calice, che
nonostante tutto grazie all’incantesimo con il quale era stato stregato si
riempiva in automatico.
Ros non mangiò nemmeno la torta a tema natalizio che venne servita
a fine serata, nonostante la sua farcitura al cioccolato. Era troppo in ansia
per godersi il dolce, per quanto potesse sembrare sfizioso e goloso. Anche il
suo ingresso era stato trionfante: l’enorme torta a dieci strati infatti era
stata trasportata nella stanza con l’incantesimo Wingardium Leviosa,
grazie al quale aveva raggiunto levitando l’abete posizionato al centro della
sala. Diverse statuine animate di Santa Claus, raffigurato in sella alla sua
slitta, volavano intorno al suddetto dolce seguendo le note di Jingle Bells.
In quel momento, tra i commenti entusiasti dei presenti e la
leggerezza che si respirava al maniero, non sembrava di trovarsi in un
covo di Mangiamorte. Eppure tutti gli ospiti erano legati in qualche modo al
Signore Oscuro e quel pensiero bastava affinché lo stomaco di Rosalynne si
chiudesse, rifiutando qualsiasi cibo. Stava trascorrendo quella festa con maghi
spietati e malvagi, aveva brindato con degli assassini e augurato un buon
natale perfino ad Anton Dolohov. Inoltre dai sussurri eccitati che si stavano
rapidamente diffondendo nel salone, Ros sospettava con gelido terrore che
quando il party si sarebbe concluso – almeno per i più giovani – Lord Voldemort
avrebbe deliziato gli invitati con l’onore della sua presenza. Era
troppo da sopportare, per questo appena possibile chiese il permesso a sua
madre di tornare nella sua stanza.
Si congedò dal ricevimento senza guardarsi indietro, sospirando di
sollievo nel momento in cui si chiuse la porta della sua camera alle spalle.
Era da poco passata la mezzanotte e l’unica luce che rischiarava
l’ambiente era data dal fuoco che scoppiettava nel camino, ma Rosalynne non
aveva paura del buio e delle ombre proiettate sul muro. Lì, circondata dalle
sue cose e senza nessuno che la osservava, si sentiva al sicuro.
Non perse tempo quindi nel cambiarsi e indossare il suo pigiama,
composto da una lunga veste celeste, per poi rifugiarsi sotto le pesanti coltri
del suo letto. Si tirò le lenzuola fino a sotto al mento, rannicchiandosi su se
stessa e provando ad ignorare l’irrequietezza che le scorreva nelle vene.
Quello strano senso di presagio che le intorpidiva le membra.
Forse avrebbe sognato, quella notte. O almeno, lei credeva che
quelle sensazioni fossero collegabili al suo dono di veggente.
Sobbalzò quando avvertì un ticchettio contro il vetro della sua
finestra e di conseguenza trattenne il fiato, affinando i suoi sensi per cercare
di capire da cosa potesse essere dipeso quel rumore. Il ramo di un albero? La
pioggia che stava sciogliendo i residui di neve sul suo davanzale?
Quando percepì di nuovo quello stesso suono, che sembrava quasi
aumentato di intensità, recuperò la sua bacchetta dal comodino e togliendosi di
dosso le coperte si avvicinò alla finestra. Non poteva usare la magia, ma per
difendersi da un potenziale pericolo avrebbe rischiato senza alcuna esitazione
di essere espulsa da Hogwarts. Ma quella sera non sarebbe stato necessario.
Infatti, una volta scostate le tende per svelare i segreti che si celavano in
quella fredda notte di inizio inverno, Ros ebbe ben chiaro cosa – o meglio
chi – avesse prodotto quel rumore: era un gufo.
Un gufo con le piume nere petrolio e gli occhietti gialli, con
sfumature d’ambra.
Il gufo di Sirius.
Rosalynne si ritrovò allora ad aprire la finestra senza più
timore, ignorando il gelo che filtrò nella camera una volta spalancati i
battenti e la fece inevitabilmente rabbrividire. Il rapace le consegnò quindi
un pacchetto, accompagnato da una lettera, e subito dopo volò via.
Con il cuore a mille e il respiro affannato, Ros tornò sul suo
letto e fissò con interesse il regalo che le era stato recapitato. Era avvolto
in una carta rossa e chiuso con un fiocco dorato, per richiamare i colori così
cari a Sirius, mentre il biglietto che era stato allegato alla scatola era
stato sicuramente ritagliato da una vecchia pergamena. Eppure aveva il suo
odore.
Rosalynne non perse tempo e lo lesse con trepidazione,
soffermandosi sulla calligrafia ordinata e accurata del ragazzo.
Per essere vicini, anche quando saremo lontani.
Perché ti basterà pronunciare il mio nome e io ti sentirò.
Sempre.
S.
Incuriosita da quello strano messaggio, la giovane strega si
affrettò a scartare con cura il pacco e alla fine si ritrovò a stringere tra le
mani un piccolo specchio quadrato. Lo osservò con attenzione, aggrottando le
sopracciglia quando non notò nulla di particolare, e successivamente se lo portò
davanti al viso. Ma il vetro non stava riflettendo la sua immagina: no, era
vuoto.
Ripensò alle parole scritte nel biglietto e in un attimo di pura
follia pronunciò a bassa voce il nome di Sirius, senza sapere cosa avrebbe
dovuto aspettarsi. Però, dopo pochi minuti, il suo volto comparve nello
specchio. Le stava sorridendo in modo dolce, guardandola con altrettanta
tenerezza.
E allora Rosalynne capì: erano specchi comunicanti.
Precisazioni:
- Nel capitolo
Rosalynne trascorse le vacanze natalizie a Lestrange Manor, avendo la conferma
definitiva che la sua famiglia è coinvolta con Lord Voldemort
- La descrizione del
salone del maniero è ispirata a quella di Villa Malfoy
- Qui si fanno i primi
riferimenti al coinvolgimento di Regulus con i Mangiamorte, che secondo il mio
punto di vista è stato forzato dalla sua famiglia. Ho infatti presupposto che
Reg non fosse poi tanto entusiasta di entrare nella guardia di Voldemort,
sebbene ne condividesse in parte le ideologie. Non credo comunque che il suo
atteggiamento sia proprio in linea con il personaggio descritto dalla Rowling.
È vero che Regulus, una volta scoperto il segreto del Signore Oscuro e il reale
motivo delle sue azioni, lo tradì. Ma sicuramente era più propenso all’inizio a
seguire Voldemort, invece secondo la mia interpretazione è reticente
- Gli specchi
comunicanti venivano usati da James e Sirius per tenersi in contatto,
soprattutto durante le loro punizioni. Vengono usati anche da Harry, sia per
poter comunicare con il suo padrino durante il periodo che ha succeduto la sua
fuga da Azkaban sia per entrare in contatto con il misterioso Aberforth Silente
nel libro dei Doni della Morte. Ho pensato quindi fosse logico che Sirius
creasse questo tipo di legame anche con Ros