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Autore: LeoniaD    01/09/2021    1 recensioni
Sirius non aveva idea di quanto Rosalynne tenesse a lui. Non era neppure consapevole che avrebbe fatto di tutto pur di proteggerlo, anche cambiare l’evolversi degli eventi. Ad ogni costo. D’altronde era a quello che serviva il suo dono: vedere le cose prima che avvenissero, in modo da poterle modificare. E lo avrebbe fatto. Da lei adesso dipendevano decine e decine di vite, nonché un’infanzia diversa per Harry. Da lei, adesso, dipendeva la salvezza del ragazzo che amava.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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9.

copertina

Capitolo Nove

 

24 Dicembre 1977, Salone di Lestrange Manor    

 

Ludmilla Lestrange era una vera esperta nell’organizzare feste e ricevimenti, ma quell’anno si era nettamente superata. In effetti il salone principale di Lestrange Manor non era mai stato così riccamente addobbato: molteplici vassoi di puro oro zecchino – sui quali erano adagiati a loro volta numerosi flûte di cristallo, riempiti con il miglior vino magico – fluttuavano nell’aria, ghirlande variopinte decoravano le pareti già adorne con una gran quantità di quadri raffiguranti illustri antenati della famiglia e un enorme abete ornato con lunghe candele bianche al profumo di gelsomino occupava maestosamente il centro della sala. Sul camino di marmo, sormontato da uno specchio con una cornice dorata, erano stati disposti antichi cimeli di famiglia che era stati lucidati più volte dagli elfi domestici appositamente per l’occasione.

Era la sera della vigilia di Natale e tutto doveva essere perfetto, soprattutto considerati gli ospiti che avrebbero preso parte ai festeggiamenti: non solo l’èlite purosangue del mondo dei maghi insieme alle famiglie più prestigiose che rappresentavano appunto la massima espressione della purezza del sangue, ma anche i nuovi esponenti politici che seguivano le ideologie dell’Oscuro Signore e facevano quindi parte della sua ristretta cerchia. Cornelius era stato orgoglioso di ospitare una tale celebrazione, specialmente per dimostrare lo stretto rapporto che si era creato proprio con Lord Voldemort e sottolineare come i Lestrange si considerassero i suoi più fedeli sostenitori. Era fiero dei suoi figli, che erano riusciti ad attirare l’attenzione del potente mago e adesso si trovavano nella posizione di venire reputati i suoi principali adepti. Le loro opinioni dunque erano tenute sempre in considerazione, entrambi si trovavano in prima linea durante le battaglie a dimostrazione della loro forza e perfino sua nuora Bellatrix era stata accettata tra i Mangiamorte. Era l’unica donna a cui era stato permesso di avere un tale privilegio, ma aveva già dato prova di essere più che degna di quella concessione. Era spietata, estremamente dotata ed impavida. Il fiore all’occhiello della guardia di Lord Voldemort. Una perla rara.

Quella sera quindi la villa dei Lestrange sarebbe stato il luogo in cui si sarebbero riuniti i futuri leader della nuova società, fondata sul principio della superiorità dei purosangue, che si sarebbe imposta nel mondo magico dopo l’ascesa definitiva dell’Oscuro Signore. Una volta che i tempi fossero stati maturi e tutti gli opponenti neutralizzati. Per questo sarebbero stati serviti il miglior cibo e le migliori bevande, per questo erano stati scelti gli addobbi più preziosi e lussuosi. Nulla era stato dato al caso, al contrario ogni singolo dettaglio era stato studiato da Ludmilla nei minimi particolari.  

Rosalynne non condivideva l’esaltazione dei suoi genitori e non era entusiasta di partecipare a quella festa, in cui si sarebbe dibattuto essenzialmente di politica e folli strategie di predominazione. La sua unica consolazione era rappresentata dalla presenza di Regulus, che ovviamente avrebbe partecipato alla cena insieme alla sua famiglia, e dalla consapevolezza che appena scoccata la mezzanotte si sarebbe potuta rifugiare nuovamente nella sua camera in modo da dare la giusta intimità agli adulti. D’altronde nessuno avrebbe sentito la sua mancanza, ma per una volta non era dispiaciuta per la freddezza con cui la trattava la sua famiglia. In quel caso era una vera fortuna. Non le interessavano le elaborate pietanze che gli elfi domestici stavano preparando in pratica da quella mattina, seguendo un ritmo serrato per garantire la perfetta riuscita della banchetto serale e mostrandosi particolarmente meticolosi per non irritare la loro padrona. Non le importava della torta a dieci strati che era stata progettata dal migliore magipasticcere di Londra espressamente per il party, così come non provava la minima simpatica per i poveri musicisti che avrebbero rigorosamente suonato vecchie melodie per tutta la notte con un sorriso finto stampato sul volto. Non era nemmeno elettrizzata dai numerosi pacchetti sistemati sotto l’albero di Natale. Doni messi lì più per apparenza, che per reale spirito di festa e condivisione. 

Se avesse potuto scegliere, quell’anno sarebbe rimasta volentieri ad Hogwarts per godersi quelle brevi vacanze. Sì, sarebbe rimasta a scuola. In quel posto che considerava davvero una casa. Ma era stata costretta ad obbedire, come sempre. Perché non poteva mancare a quella assurda cena e riempire di vergogna i suoi parenti. Allora aveva indossato la maschera di figlia devota e non si era opposta al volere dei suoi genitori, ma adesso non poteva fare a meno di pentirsi della sua condiscendenza considerato anche il mancato calore che Ludmilla e Cornelius avevano mostrato in seguito al suo ritorno al maniero. Non si era aspettata certo un bentornato condito da abbracci e chiacchiere allegre quando aveva messo piede nel salone, in fin dei conti in quel gelido palazzo era sempre stato vietato esprimere sentimenti, ma il gelo e il silenzio con cui era stata accolta l’avevano destabilizzata. Di solito sua madre preparava almeno la sua cena preferita quando lasciava il castello per tornare a Lestrange Manor, giusto per mantenere le apparenze di essere una famiglia solida e illuderla di ricevere qualche accortezza, invece quella volta era stata trattata quasi come un’estranea. Un’ospite indesiderata. Aveva capito il motivo di quella freddezza solo quando suo padre aveva commentato l’attacco ad Hogsmeade, mentre tagliava il suo filetto e si godeva il suo vino. Non si era mostrato preoccupato o allarmato dall’accaduto, al contrario sembrava addirittura annoiato da tutta la vicenda che aveva occupato per giorni le prime pagine della Gazzetta del Profeta. Poi le aveva lanciato un’occhiata così carica di significato che non era stato difficile per Ros capire come stavano davvero le cose: Rodolphus aveva riferito a loro padre come si fossero incontrati nel bel mezzo del villaggio, mentre lui indossava la maschera che lo identificava come Mangiamorte e lei invece cercava di salvare due studentesse innocenti. In quegli attimi erano stati nemici. Cornelius però non poteva accettare che sua figlia si schierasse dalla parte sbagliata, sarebbe stata una vergogna se si fosse dimostrata una simpatizzante dei sanguesporco e dell’altra feccia che popolava ingiustamente il mondo magico. Doveva ricevere una lezione, in fretta. Per avere un quadro chiaro della situazione, per capire meglio quale fosse il suo ruolo. Senza fraintendimenti, senza errori. Per questo non aveva ricevuto alcun bentornato quando aveva messo piede nel maniero, per questo non era stato servito lo stufato di manzo a cena e per il medesimo motivo le era stato imposto di restare nella sua stanza per tutta la durata della sua permanenza a Lestrange Manor. Era una punizione. Un modo per farle comprendere che se la prossima volta non avesse obbedito ai loro ordini, anche quelli inespressi, avrebbe perso il supporto della sua famiglia. Le avrebbero voltato le spalle. Sarebbe stata tagliata fuori da tutto e lei non aveva la forza di affrontare quella battaglia, come aveva fatto Sirius nel momento in cui era scappato da Grimmauld Place.  

In realtà Rosalynne non riteneva un castigo rimanere isolata nella sua camera. Ad essere onesti venire confinata tra quelle quattro mura, con la possibilità di uscire solo su esplicito desiderio di suo padre per adempiere ai suoi doveri di figlia, le concedeva più libertà del previsto. Sicuramente più di quella che avrebbe avuto se le fosse stato concesso di girovagare in piena autonomia per il maniero.

Sembrava assurdo, eppure era la verità. Nella sua stanza poteva leggere senza distrazioni, poteva studiare senza venire considerata un topo di biblioteca e senza ricevere continui riferimenti sulla sua indegna natura di Corvonero. Poteva inoltre perdersi nei suoi pensieri e magari fantasticare ancora sul bacio di Sirius, senza dover stare necessariamente in allerta. Senza dover nascondere il rossore del suo viso appena riviveva nella sua mente quel magico momento, soffermandosi su ogni sensazione che aveva provato. Certo, non si trovava al massimo della sua forma in quel preciso istante. Però era stato magnifico percepire l’odore di Sirius avvolgerla e le sue braccia stringerla forte contro il suo petto, mentre sentiva le sue morbide labbra sigillare le sue con passione. Era stato surreale, quasi un sogno. Eppure era successo davvero: lì, in infermeria, con addosso un vecchio pigiama e i capelli scompigliati.

Nei giorni successivi si erano evitati, anche se quando si incrociavano in corridoio o si trovavano in Sala Comune si rivolgevano sguardi complici. Tuttavia la stessa sera in cui si erano scambiato quel bacio appassionato avevano fatto un patto: avrebbero condiviso solo quei brevi istanti e poi ognuno sarebbe tornato alla propria vita, perché era impossibile per loro agognare qualcosa di più. Desiderare di stare insieme, come due normali adolescenti che si piacevano. C’erano troppi ostacoli da superare per aspettarsi un lieto fine, Rosalynne e Sirius ne erano fin troppo consapevoli per sperare nell’irrealizzabile. Loro conoscevano la realtà dei fatti. Si sarebbero accontentati quindi di quel momento breve e fugace, che avrebbero comunque conservato in eterno nei loro cuori. Doveva essere abbastanza, anche se entrambi si erano dovuti sforzare più del dovuto una volta che il momento di allontanarsi era giunto. Anche se Sirius non voleva lasciarla andare, anche se continuava a darle l'ultimo bacio di addio. Ancora e ancora.       

Nessuno comunque avrebbe dovuto saperlo, sarebbe rimasto il loro segreto. Ros perciò era felice di non dover affrontare ogni giorno i suoi genitori, che l’avrebbero studiata con attenzione al suo minimo cenno di debolezza o stravaganza. Non voleva correre il rischio di suscitare in loro dei sospetti, perché era consapevole che nel caso in cui Cornelius avesse fiutato quella scintilla che aveva rinvigorito il suo cuore e avesse avuto dei dubbi sul suo comportamento le avrebbe rivolto diverse domande scomode alle quali avrebbe obbligatoriamente dovuto rispondere per evitare che usasse su di lei la Legilimanzia. Pertanto restare chiusa nella sua camera la rassicurava. Tra quelle mura poteva comportarsi con naturalezza, tenere bassa la guardia e non doversi preoccupare costantemente per il suo sguardo sognante. Quello sguardo che valeva più di mille parole. Non doveva sforzarsi di apparire tranquilla, in modo da evitare le occhiate curiose di sua madre e quelle invadenti di suo padre. Avrebbe fatto di tutto per proteggere i suoi ricordi, soprattutto quelli che condivideva con Sirius, e non voleva far capire alla sua famiglia quanto si fosse esercitata con l’Occlumanzia proprio per difendersi dai loro attacchi mentali. Se avessero capito che aveva qualcosa da nascondere, l’avrebbero torturata pur di scoprire ogni suo segreto. Di sicuro Rodolphus e Rabastan avrebbero partecipato attivamente al suo supplizio, risparmiando a Cornelius la noia di avere a che fare con lei, e avrebbero estorto i suoi pensieri più intimi anche con una certa soddisfazione. Erano fin troppo bravi in quello. Rosalynne sapeva che avrebbero scavto nella sua testa fino a quando non fossero stati pienamente soddisfatti, era già successo una volta. Quando aveva quattordici anni e aveva capito che l’amicizia che provava per Sirius si era trasformata in qualcosa di diverso. Qualcosa di più profondo. Quando, dopo la visita a Grimmauld Place, con le guance ancora rosse per l'imbarazzo causatole dai suoi stessi sentimenti era stata chiamata nell'ufficio di suo padre. Perché loro l'aveva vista ridere quel giorno e dovevano capirne il motivo. Era stata l’esperienza più brutta nonché umiliante della sua vita e non avrebbe mai dimenticato le risate dei suoi fratelli, che l’avevano spezzata senza mostrare alcun senso di colpa e dopo – quando era riuscita a riprendersi, nonché a trovare le forze per guadagnare una certa distanza dalla loro cattiveria gratuita – si erano divertiti a sottolineare la sua debolezza.

Quindi sì, preferiva di gran lunga godersi un po’ di pace nella sua camera piuttosto che trascorrere il tempo con la sua famiglia. Per lei era più che sufficiente dover condividere con i suoi genitori il momento dei pasti, considerato che non poteva sottrarsi anche a quell’onere. Ma fortunatamente la maggior parte delle volte venivano trascorsi nel più completo silenzio, intervallato solo dalle stupide chiacchiere superficiali di Ludmilla.

Ad ogni modo quelle vacanze stavano passando meglio del previsto, peccato però che Ros non potesse sottrarsi per sempre agli obblighi di essere una Lestrange e fosse stata dunque costretta a partecipare alla lussuosa cena di Natale organizzata nel maniero. Avrebbe evitato volentieri di prender parte a quel party, ma il suo status sociale le impediva di mancare a quell’evento. Per l’occasione sua madre le aveva imposto di indossare un vestito nero lungo fino al ginocchio, con le maniche a sbuffo ed eccessivamente pompose che comunque nascondevano in maniera strategica le sue nuove cicatrici. Quelle ferite che lei non aveva nemmeno nominato, perché sapeva che i suoi genitori le avrebbero considerate solo un suo ennesimo affronto. Ludmilla d'altronde le aveva palesemente ignorate, durante le prove dell'abito. Rosa sapeva che dire ai suoi genitori che aveva rischiato di morire non li avrebbe sconvolti, ma la verità era che aveva mantenuto il silenzio per paura di vedere la delusione stampata sui loro volti. Non era un mistero che era stata un semplice incidente di percorso e non sarebbe mai dovuto nascere, sua madre e Cornelius in fondo avevano già due eredi maschi. La sua presenza in quella casa non era necessaria. Ad ogni modo ignorò quella consapevolezza e Rosalynne tornò ad analizzare il suo aspetto. Le sue scarpe avevano un tacco modesto e i suoi capelli erano stati acconciati in uno chignon elegante. Non indossava gioielli, a parte la collana con l’anello di Sirius che nascondeva sotto lo scollo dell’abito.  

Non si sentiva elegante con quel modello di alta sartoria, al contrario le sembrava quasi di dover partecipare ad un funerale. Ma la sua famiglia prediligeva i colori scuri. Per loro erano segno di raffinatezza, autorità e prestigio.  

Anche gli altri ospiti tuttavia avevano optato per colori poco sgargianti, in effetti il massimo della vivacità era rappresentato dal vestito argentato scelto da Narcissa Black che avvolgeva la sua figura con estrema precisione. Per il resto le donne avevano prediletto il blu zaffiro, il verde intenso e altre tonalità simili che quasi si confondevano tra di loro a causa della monotonia. Gli uomini invece indossavano completi di diverse sfumature di nero, che tutto sommato potevano essere colte soltanto dagli osservatori più attenti.

Rosalynne, una volta arrivati i primi ospiti e dato di conseguenza il via ai festeggiamenti, si era rifugiata in un angolo dell’enorme salone. Teneva in mano un calice riempito con dell’acquaviola, mentre cercava di fondersi con le pareti e passare inosservata. In quel momento invidiava i fantasmi di Hogwarts, che potevano scomparire quando più desideravano e riuscivano a passare tra i muri. Ros i effetti avrebbe voluto trovarsi dappertutto tranne che in quel luogo, circondata da persone che non sopportava a causa delle loro ideologie razziste ed inoltre erano anche potenzialmente pericolose. Odiava quell’atmosfera fintamente rilassata, perché non era reale e faceva soltanto parte di uno studiato quadretto idilliaco. Nessuno in quella sala aveva abbassato la guardia da quando era iniziata la festa, tutti stavano semplicemente recitando. Mentre sorridevano, mentre sorseggiavano in modo tranquillo i loro drink, mentre si godevano le tartine preparate dalla servitù. Ogni gesto era calcolato e non spontaneo, perché in fondo le famiglie purosangue erano competitive e oltretutto non si fidavano le une delle altre. Ognuna di loro bramava il potere e desiderava sempre trovarsi un gradino al di sopra degli altri, perfino sui loro simili. Soprattutto sui loro simili.

Era una questione di supremazia, qualcosa che andava oltre il semplice diritto di sangue. Per questo le famiglie più antiche venivano considerate più influenti. Suo padre ne era la classica dimostrazione, difatti si aggirava per la sala come un pavone altezzoso. Amava quello sfarzo eccessivo e il rispetto che gli altri maghi erano tenuti a portargli, specialmente adesso che i suoi figli avevano guadagnato la stima dell’Oscuro Signore ed erano diventati i suoi Mangiamorte più fidati.

Rosalynne detestava quelle insulse dimostrazioni di superiorità, che servivano solo a ribadire quanto i suoi genitori fossero superbi e altezzosi. Allo stesso modo di Rodolphus e Rabastan. Ma non poteva aspettarsi niente di diverso, d’altronde quelli erano stati gli insegnamenti con i quali erano cresciuti. Tutti e tre. Peccato che lei anche in quello fosse stata una completa delusione, per tutta la famiglia.

«Ehi» si risvegliò dai suoi pensieri quando avvertì la voce di Regulus, che si stavano avvicinando alla sua postazione con un’espressione apparentemente serena stampata sul volto. Tutto per amore di quella recita. «Stai facendo da tappezzeria?» le domandò, indicando la sua schiena appoggiata contro la parete rivestita con un’elaborata carta da parati composta da ghirigori dorati. Sembrava quasi che si stesse inglobando nel muro, entrando a far parte di uno dei quadri appesi in alto.

«Sarei adatta come nuovo elemento di arredo?» scherzò Rosalynne, cercando di sdrammatizzare la situazione e rilassarsi. Ma non riusciva ad allentare la tensione, soprattutto da quando aveva fatto il suo ingresso nel salone Anton Dolohov. Il diretto interessato le aveva rivolto a malapena un’occhiata prima di concentrarsi sulla festa, al punto che Ros non sapeva se il mago si fosse reso conto di averla ferita durante l’attacco ad Hogsmeade. D'altronde c’era una tale confusione al villaggio proprio a causa della battaglia che era alquanto difficile stabilire chi fosse chi, soprattutto considerato che i Mangiamorte indossavano appunto delle maschere per rendersi irriconoscibili. Ma una parte di lei era convinta che in realtà Dolohov fosse del tutto consapevole di chi avesse colpito quel giorno con la sua maledizione, per questo l’aveva guardata – anche se solo per una frazione di secondo – in quel modo criptico. Probabilmente anche i suoi fratelli avevano saputo che era stata vittima di quel terribile incantesimo, eppure non le avevano fatto alcuna domanda in quei giorni. Forse non avevano alcun interesse per la sua salute e di conseguenza non avevano informato nemmeno i loro genitori, senza sapere però di averle fatto un immenso favore. Ludmilla non si era comunque mostrata preoccupata la prima volta che aveva visto le sue ferite, dubitava che suo padre si sarebbe comportato in modo diverso. Ma era sempre meglio non farglielo sapere, perché Cornelius era strano a volte.

«In realtà sei troppo carina per essere considerata un semplice suppellettile» rispose con prontezza Regulus, facendola arrossire. Non era abituata a ricevere complimenti.

«Anche con questo vestito?» si interessò, prendendo tra le mani la pensante stoffa nera che non rendeva per nulla giustizia alla sua figura. Sembrava una bambola demoniaca.   

«Lo ha scelto tua madre, vero?» le domandò con divertimento, bevendo un sorso del suo bicchiere per concentrarsi poi nuovamente sulla sua interlocutrice. «Consolati, a me è andata peggio» la informò, riferendosi al completo elegante che Walburga gli aveva commissionato appositamente per la serata da uno dei sarti più in voga in quel momento a Diagon Alley. All’apparenza sembrava uno smoking raffinato e prezioso, ma in realtà la stoffa del pantalone gli dava prurito e la giacca coordinata – che era stata impreziosita con dettagli luccicanti per simulare le stelle in un cielo notturno – lo faceva sentire in imbarazzo. Inoltre la camicia era talmente inamidata da impedirgli quasi di muovere gli arti superiori, rendendolo goffo ed impacciato. Regulus tuttavia era fin troppo ben educato per mostrare il suo disagio, anche se si trovava in seria difficoltà.

«Dipende dai punti di vista» commentò Ros, pensando che entrambi quella sera avrebbero dovuto affrontare i propri problemi e disagi. Mai come in quel momento tutti e due sentivano la mancanza di Sirius, sebbene cercassero di non darlo a vedere. Eppure la sua assenza era un peso che condividevano. In effetti, durante quei ricevimenti, era lui quello che sdrammatizzava e riusciva a trovare sempre una via di fuga.

Se ne fregava delle buone maniere, teneva i capelli sciolti con l’apposito obiettivo di far imbestialire sua madre e ad una certa ora si rifugiava puntualmente in cucina – se la festa si svolgeva a Grimmauld Place – per rubare i dolcetti preparati da Willa. L’elfa allora si tirava le orecchie e piagnucolava, sentendosi in colpa perché permetteva al Padrone di mangiare i pasticcini riservati agli ospiti. Tuttavia non poteva comunque fermarlo, considerato che lei si trovava in quella casa appositamente per servirlo. Ma il ragazzo l’avrebbe rassicurata, con la sua voce dolce e allo stesso autorevole, promettendole che la spaventosa Walburga non sarebbe mai venuta a conoscenza di quella sua piccola trasgressione. Lui in effetti era un esperto nell’infrangere le regole senza venire beccato, quindi Willa poteva stare tranquilla. Non le sarebbe successo nulla. Non sarebbe finita impagliata come gli altri elfi, per poi essere esposta con macabro compiacimento lungo le scale che conducevano ai piani superiori.

Se Sirius fosse stato lì, con loro, tutto sarebbe stato diverso: avrebbe espresso il suo parere riguardo a tutto quel lusso con la sua solita ironia pungente, avrebbe commentato con altrettanto sarcasmo le piume che adornavano i corpetti delle streghe e avrebbe rubato qualche bicchiere di vino dai vassoi fluttuanti senza attirare l’attenzione giusto per rendere quel ricevimento più facile da sopportare. Avrebbe cercato di corrompere anche suo fratello a bere qualcosa di più forte rispetto all’acquaviola, ottenendo come risposta da parte di Regulus un’occhiata impassibile e un commento sulla sua malsana predilezione per gli alcolici. Rosalynne allora avrebbe assistito ai loro scambi di battute con interesse, cercando allo stesso tempo di trattenere le risate e non farsi notare dai suoi genitori mentre si comportava in maniera non proprio consona manifestando così apertamente la sua ilarità. Ma si sarebbe divertita e non avrebbe avuto paura, perché Sirius sarebbe rimasto tutta la notte al suo fianco. Come al solito. Invece adesso era sola, per la prima volta.      

«Come stai?» le chiese Regulus dopo quel breve momento di silenzio, studiandola con attenzione.

«Bene» dichiarò, evitando di metterlo al corrente dei suoi veri pensieri.

«Come stai davvero?» insistette lui, capendo tuttavia il suo stato d’animo. La conosceva troppo bene per credere alla sua bugia. In effetti era ovvio che stesse mentendo, considerato il modo in cui stringeva il suo calice. Sembrava quasi si stesse aggrappando a quel fragile oggetto di cristallo come fosse un’ancora, che le permetteva di restare concentrata sul presente. «Da quando c’è stato l’attacco ad Hogsmeade sembri diversa».

Rosalynne, in seguito all’affermazione del suo amico, alzò istintivamente la mano e toccò il suo braccio destro. Sapeva tuttavia che Regulus non si stava riferendo con le sue parole ad una stranezza fisica, eppure era stato più forte di lei sfiorare con delicatezza le linee nere che bruciavano sotto la manica dell’abito. In realtà era vero che si sentiva cambiata, però tutto era dipeso dal bacio che si era scambiata con Sirius. Quel bacio che le aveva aperto altre prospettive. Ciò nonostante non poteva confidare a Reg quello che era accaduto quel pomeriggio e tutti i pensieri che subito dopo si erano formati nella sua mente, perché era troppo pericoloso. La verità era che aveva sognato un futuro diverso e per un attimo – subito dopo che Sirius aveva lasciato l’infermeria, rivolgendole un ultimo sguardo carico di rimpianto – aveva pensato di scappare, lasciandosi alle spalle quella vita e fidandosi del suo cuore. Ma in fin dei conti sapeva che la sua era solo un’utopia, perché non poteva abbandonare tutto senza aspettarsi delle ripercussioni. Non poteva convivere con la consapevolezza che avrebbe messo Sirius in pericolo, in serio pericolo, solo per cercare di concretizzare una relazione che già partiva svantaggiata. I suoi fratelli e suo padre non l’avrebbero mai perdonata se fosse fuggita, avrebbero fatto di tutto per trovarla e ucciderla. Per trovare anche Sirius e fargli del male. Li avrebbero seguiti fino in capo al mondo per vendicare il torto subito e risanare il loro orgoglio. Dunque i pochi momenti felici che avrebbero vissuto insieme non sarebbero valsi l’ansia, il timore e la preoccupazione che avrebbero inevitabilmente provato ogni singolo istante della loro esistenza.

Per questo avevano trovato conforto in quel bacio.

«È stato solo uno shock» mormorò Ros, cercando di giustificarsi. «Avrei dovuto ascoltarti e restare al castello quel giorno».

«Adularmi non ti servirà a placare la mia curiosità» l’avvertì il mago, capendo che l’ultima frase della ragazza serviva soltanto a rabbonirlo. Rosalynne non si era pentita di essere andata al villaggio, perché le sue decisioni erano sempre ben ponderate e mai lasciate al caso. Era la sua indole da Corvonero che esigeva pianificazione e ordine. «È accaduto qualcosa di importante, ma non vuoi dirmelo» continuò, comprendendo il motivo del suo silenzio.

«Non posso» ammise Rosalynne, arrossendo per il disagio di essere stata scoperta.

«Il tuo imbarazzo è già una risposta sufficiente» commentò Regulus, sapendo che solo una persona avrebbe potuto causarle quella reazione. Suo fratello. «Ma non darlo troppo a vedere, altrimenti qualcuno potrebbe farsi delle domande» la avvertì, rivolgendo lo sguardo al resto della sala.

Era chiaro il riferimento alla sua famiglia. Effettivamente se Rodolphus o Rabastan si fossero resi conto del suo stato d’animo, accorgendosi di quanto fosse felice senza avere in apparenza alcun motivo concreto, si sarebbero di sicuro insospettiti. E quando volevano sapere qualcosa diventavano davvero insistenti, al punto che avrebbero fatto di tutto pur di ottenere delle risposte. Tuttavia Ros non voleva dare loro la soddisfazione di sottrarle quella gioia inaspettata, perciò doveva abituarsi a tenere sotto controllo le sue emozioni. Non sarebbe stato facile, ma si sarebbe sforzata. In pratica avrebbe dovuto comportarsi come una Serpeverde: fredda, distaccata e indifferente.

«Devi insegnarmi ad essere come te» affermò allora Rosalynne, esprimendo ad alta voce le sue intenzioni e chiedendo l’aiuto del suo amico.  

«Tu sei perfetta esattamente così come sei» la contraddisse il diretto interessato, scuotendo il capo con disapprovazione per la sua pazza idea. Non voleva che Ros cambiasse per adattarsi a quella società arida, non voleva che perdesse la sua unicità e quella luce che le illuminava gli occhi. Non voleva che diventasse come lui, cinica e insensibile. 

«Non per questo mondo» continuò lei, facendogli comprendere la sua logica. «Per il nostro mondo» precisò, ammettendo la sua debolezza. Non poteva rischiare che le sue capacità venissero scoperte, ancora più dei sui sentimenti per Sirius. Perché per quell’amore sarebbe stata punita, ma per il suo potere sarebbe stata sfruttata.

«Avrai sempre qualcuno pronto a proteggerti» la rassicurò Regulus, riferendosi a se stesso e perfino a suo fratello. Era consapevole infatti che quest’ultimo l’avrebbe sempre tenuta d’occhio, in un modo o nell’altro, perché quel giorno in infermeria aveva capito quanto ci tenesse davvero a Rosalynne.

L’avrebbe difesa, anche da lontano. Trovandosi dalla parte giusta, quella che probabilmente alla fine avrebbe vinto. Di solito i cattivi, nelle storie, non trionfavano mai.

«Ma devo imparare a cavarmela da sola» insistette Ros, consapevole che prima o poi si sarebbe trovata nella condizione di fare affidamento soltanto sulle sue abilità. Era già successo in effetti, aveva delle cicatrici per dimostrare quel punto. Non era stata capace di combattere e contrastare Dolohov, come poteva riuscire a lottare contro gli altri nemici?

Contro i suoi fratelli.

Contro Bellatrix.

Contro il Signore Oscuro.

«Regulus» la loro discussione venne interrotta dall’arrivo di Orion Black, che dopo essersi avvicinato al figlio gli mise una mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione.

Orion era un uomo alto e robusto, ma nonostante la sua statura e il suo fisico massiccio emanava un’aura di estrema eleganza. Aveva lunghi capelli neri, che teneva legati in un codino, e gli occhi di una tonalità di grigio ghiaccio che li facevano sembrare quasi trasparenti. Erano inquietanti. Quegli occhi erano stati ereditati anche da Reg e Sirius, come un marchio, però i loro erano diversi. Più caldi, più… vivi. Ad ogni modo quella sera il Signor Black indossava un completo scuro come la sua anima, impreziosita da bottoni d’oro.

«Padre» rispose prontamente il ragazzo, chinando il capo in avanti in segno di rispetto e stringendo allo stesso tempo il suo bicchiere con eccessiva forza. Era nervoso e teso, perché quando Orion lo chiamava c’era sempre una ragione. Un dovere da portare a termine. Inoltre quella mano che gli artigliava la spalla, per definire il suo controllo, lo infastidiva.     

«Vieni con me, figliolo» affermò con un tono deciso, facendogli capire che la sua non era una richiesta ma un ordine.

Regulus allora fissò Rosalynne, comunicandole con quel semplice sguardo tutto ciò che non poteva dire: la sua voglia di ribellarsi, di restare là con lei e non essere invischiato in affari che non lo interessavano. Non voleva mescolarsi a quella gente, ai Mangiamorte, ed entrare a far parte del loro gruppo. Però adesso era lui l’erede dei Black, quindi il compito di rendere orgogliosa la famiglia e tenere alto il loro nome era una sua responsabilità. 

«Se mi vuoi scusare, Ros» si congedò comunque con educazione, trattenendo a freno il suo dissenso.

«Certo» replicò lei, cercando di sorridere con tranquillità. «Signor Black» salutò subito dopo, rivolgendosi al mago senza aspettarsi nulla in cambio. Sapeva infatti che non avrebbe ricevuto nemmeno un cenno da parte di Orion, ma le andava più che bene quell’indifferenza. Essere ignorata, in quei casi, era meglio dell’alternativa. Lo conosceva da quando era appena una bambina, ma non c’era mai stata molta confidenza tra di loro. Per lei era sempre stato semplicemente il Signor Black, così come sua moglie Walburga era la Signora Black. Era una questione di rispetto, considerato che erano persone adulte, ma anche un modo per prendere le distanze.  

Il resto della serata trascorse tra cibo e musica, ma Rosalynne non si divertì neanche per un secondo. Fingere di essere calma e rilassata le costò uno sforzo enorme, tuttavia per fortuna non fu costretta a mischiarsi al resto degli ospiti e mostrarsi socievole. Passò la maggior parte del suo tempo nascosta in quell’angolo che ormai considerava il suo porto sicuro, osservando quello che accadeva nel salone con sguardo vigile e attento. Per non perdersi niente, neppure il minimo movimento.

Regulus non ebbe più l’opportunità di avvicinarsi a lei e passò tutta le festa al fianco di suo padre, in silenzio. Ogni tanto stringeva la mano a qualcuno e annuiva con accondiscendenza, per poi riprendere a sorseggiare il suo drink alla ricerca di uno stordimento che l’acquaviola non poteva di certo assicurargli. Eppure beveva fino a svuotare il calice, che nonostante tutto grazie all’incantesimo con il quale era stato stregato si riempiva in automatico.

Ros non mangiò nemmeno la torta a tema natalizio che venne servita a fine serata, nonostante la sua farcitura al cioccolato. Era troppo in ansia per godersi il dolce, per quanto potesse sembrare sfizioso e goloso. Anche il suo ingresso era stato trionfante: l’enorme torta a dieci strati infatti era stata trasportata nella stanza con l’incantesimo Wingardium Leviosa, grazie al quale aveva raggiunto levitando l’abete posizionato al centro della sala. Diverse statuine animate di Santa Claus, raffigurato in sella alla sua slitta, volavano intorno al suddetto dolce seguendo le note di Jingle Bells.

In quel momento, tra i commenti entusiasti dei presenti e la leggerezza che si respirava al maniero, non sembrava di trovarsi in un covo di Mangiamorte. Eppure tutti gli ospiti erano legati in qualche modo al Signore Oscuro e quel pensiero bastava affinché lo stomaco di Rosalynne si chiudesse, rifiutando qualsiasi cibo. Stava trascorrendo quella festa con maghi spietati e malvagi, aveva brindato con degli assassini e augurato un buon natale perfino ad Anton Dolohov. Inoltre dai sussurri eccitati che si stavano rapidamente diffondendo nel salone, Ros sospettava con gelido terrore che quando il party si sarebbe concluso – almeno per i più giovani – Lord Voldemort avrebbe deliziato gli invitati con l’onore della sua presenza.  Era troppo da sopportare, per questo appena possibile chiese il permesso a sua madre di tornare nella sua stanza.

Si congedò dal ricevimento senza guardarsi indietro, sospirando di sollievo nel momento in cui si chiuse la porta della sua camera alle spalle.

Era da poco passata la mezzanotte e l’unica luce che rischiarava l’ambiente era data dal fuoco che scoppiettava nel camino, ma Rosalynne non aveva paura del buio e delle ombre proiettate sul muro. Lì, circondata dalle sue cose e senza nessuno che la osservava, si sentiva al sicuro.

Non perse tempo quindi nel cambiarsi e indossare il suo pigiama, composto da una lunga veste celeste, per poi rifugiarsi sotto le pesanti coltri del suo letto. Si tirò le lenzuola fino a sotto al mento, rannicchiandosi su se stessa e provando ad ignorare l’irrequietezza che le scorreva nelle vene. Quello strano senso di presagio che le intorpidiva le membra.   

Forse avrebbe sognato, quella notte. O almeno, lei credeva che quelle sensazioni fossero collegabili al suo dono di veggente.

Sobbalzò quando avvertì un ticchettio contro il vetro della sua finestra e di conseguenza trattenne il fiato, affinando i suoi sensi per cercare di capire da cosa potesse essere dipeso quel rumore. Il ramo di un albero? La pioggia che stava sciogliendo i residui di neve sul suo davanzale?  

Quando percepì di nuovo quello stesso suono, che sembrava quasi aumentato di intensità, recuperò la sua bacchetta dal comodino e togliendosi di dosso le coperte si avvicinò alla finestra. Non poteva usare la magia, ma per difendersi da un potenziale pericolo avrebbe rischiato senza alcuna esitazione di essere espulsa da Hogwarts. Ma quella sera non sarebbe stato necessario. Infatti, una volta scostate le tende per svelare i segreti che si celavano in quella fredda notte di inizio inverno, Ros ebbe ben chiaro cosa – o meglio chi – avesse prodotto quel rumore: era un gufo.         

Un gufo con le piume nere petrolio e gli occhietti gialli, con sfumature d’ambra.

Il gufo di Sirius.  

Rosalynne si ritrovò allora ad aprire la finestra senza più timore, ignorando il gelo che filtrò nella camera una volta spalancati i battenti e la fece inevitabilmente rabbrividire. Il rapace le consegnò quindi un pacchetto, accompagnato da una lettera, e subito dopo volò via. 

Con il cuore a mille e il respiro affannato, Ros tornò sul suo letto e fissò con interesse il regalo che le era stato recapitato. Era avvolto in una carta rossa e chiuso con un fiocco dorato, per richiamare i colori così cari a Sirius, mentre il biglietto che era stato allegato alla scatola era stato sicuramente ritagliato da una vecchia pergamena. Eppure aveva il suo odore.

Rosalynne non perse tempo e lo lesse con trepidazione, soffermandosi sulla calligrafia ordinata e accurata del ragazzo.

 

Per essere vicini, anche quando saremo lontani.

Perché ti basterà pronunciare il mio nome e io ti sentirò.

Sempre.

S.

 

Incuriosita da quello strano messaggio, la giovane strega si affrettò a scartare con cura il pacco e alla fine si ritrovò a stringere tra le mani un piccolo specchio quadrato. Lo osservò con attenzione, aggrottando le sopracciglia quando non notò nulla di particolare, e successivamente se lo portò davanti al viso. Ma il vetro non stava riflettendo la sua immagina: no, era vuoto.

Ripensò alle parole scritte nel biglietto e in un attimo di pura follia pronunciò a bassa voce il nome di Sirius, senza sapere cosa avrebbe dovuto aspettarsi. Però, dopo pochi minuti, il suo volto comparve nello specchio. Le stava sorridendo in modo dolce, guardandola con altrettanta tenerezza.

E allora Rosalynne capì: erano specchi comunicanti.  

 

 

 

Precisazioni:

- Nel capitolo Rosalynne trascorse le vacanze natalizie a Lestrange Manor, avendo la conferma definitiva che la sua famiglia è coinvolta con Lord Voldemort

- La descrizione del salone del maniero è ispirata a quella di Villa Malfoy

- Qui si fanno i primi riferimenti al coinvolgimento di Regulus con i Mangiamorte, che secondo il mio punto di vista è stato forzato dalla sua famiglia. Ho infatti presupposto che Reg non fosse poi tanto entusiasta di entrare nella guardia di Voldemort, sebbene ne condividesse in parte le ideologie. Non credo comunque che il suo atteggiamento sia proprio in linea con il personaggio descritto dalla Rowling. È vero che Regulus, una volta scoperto il segreto del Signore Oscuro e il reale motivo delle sue azioni, lo tradì. Ma sicuramente era più propenso all’inizio a seguire Voldemort, invece secondo la mia interpretazione è reticente

- Gli specchi comunicanti venivano usati da James e Sirius per tenersi in contatto, soprattutto durante le loro punizioni. Vengono usati anche da Harry, sia per poter comunicare con il suo padrino durante il periodo che ha succeduto la sua fuga da Azkaban sia per entrare in contatto con il misterioso Aberforth Silente nel libro dei Doni della Morte. Ho pensato quindi fosse logico che Sirius creasse questo tipo di legame anche con Ros

   
 
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