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Autore: Urban BlackWolf    04/09/2021    2 recensioni
Possono i desideri personali, l’ambizione insita in ognuno di noi, la latente frustrazione che comporta il ritrovarsi a tirare parzialmente le somme della propria vita vedendo quanto si è dovuto rinunciare per aver fatto scelte diverse, oscurare l’amore che fino a pochi istanti prima si considerava il punto di forza di tutta la propria esistenza?
Questo Michiru non lo sa, ma lo scoprirà presto.
Sequel dei racconti:
”l'Atto più grande”
“Il viaggio di una sirena”
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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La vita che ho scelto

 

Sequel dei racconti:

l'Atto più grande”

Il viaggio di una sirena”

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

Aprire gli occhi

 

 

Michiru rimase sorpresa quando eludendo il centro storico, il taxi si diresse verso la periferia occidentale della città. Si era sempre chiesta perché Kristen pur avendo la residenza a Stoccolma, non fosse mai rientrata nella sua villa scegliendo invece di pernottare nel suo stesso albergo nel Gamla Stan, ma aveva soprasseduto alla cosa pensando ad una pura questione di comodità logistica. Ora che aveva invece scoperto la loro nuova destinazione, si ritrovava a dare alla magnificenza di quella villa in riva alle correnti più calde del mar Baltico, una collocazione del tutto nuova.

A circa una mezz’ora di macchina dalla parte più periferica della capitale svedese, la casa che l’artista aveva fatto costruire vent’anni prima, si apriva alla strada quasi con violenta provocazione.

In mancanza di traffico arrivarono proprio in tempo per vedere il servizio catering scaricare frettolosamente le ultime cibarie da un paio di furgoni.

“Siamo un po’ in anticipo.” Commentò la padrona di casa attendendo che il guardiano aprisse al mezzo.

In quel gesto Michiru rivide la sua giovinezza, quando sempre in giro per il lavoro di suo padre, si era spesso ritrovata a vivere in abitazioni di un certo livello, come in Grecia, ad Atene, dove la famiglia Mizuno per più di due anni, le aveva fatto dimenticare quanto potesse essere duro non riuscire mai a mettere radici. Quella sensazione di dejavu proseguì anche quando il mezzo arrivò a fermarsi davanti al piccolo spiazzo sul fronte principale, lasciandola concentrare sullo studio dell’architettura moderna della villa.

Le sue murature bianchissime intervallate da piccole cascate di roccia ormai ricoperte da un sottile strato di muschio, aiutavano le alte vetrate a catturare la luce in tutte le stagione, sia in estate che nella lunga parentesi invernale, ricordando molto lo stile architettonico dei paesi nordici e dello stesso Moderna Museet. Questo gioco di trasparenze permetteva all’interno sobriamente scandinavo, di dialogare senza soluzione di continuità con il verde dei faggi che cingevano la villa tutta intorno e con il mare sul retro. La voce del mare; la cosa che naturalmente catturò l’attenzione di Kaiou non appena il taxi li lasciò davanti al portone d’ingresso.

“Eccoci qui. Vi prego di non accedere al lato meridionale del giardino, perché deve essere ancora ripulito dalla forte mareggiata della settimana scorsa.” Disse l’artista precedendo i suoi primi ospiti nel grande living che si apriva loro con una poderosa stufa a goccia posta proprio al centro dell’ambiente.

“Bella, non trovi?” Chiese Philip avvicinandosi all’orecchio di Michiru.

“Ci sei già stato?”

“Un paio di volte. Quando è in Svezia, Kristen è solita dare feste o cene di un certo livello.”

Un brivido gelato formicolò lungo la schiena della donna. Si era forzata e non poco per partecipare al meglio all’ennesima cena in un ristorante, figuriamoci allungare quel supplizio di un’intera serata che sicuramente si sarebbe trascinata fino all’alba.

Sospirando Michiru iniziò a pentirsi della sua buona educazione. Avrebbe fatto meglio a declinare quello stupidissimo invito invece di mantenersi sui suoi soliti binari di rispettoso savuarfer. Spostando lo sguardo da Philip, lo rivolse ai sofà di pelle scura posti tutti intorno alla stufa ramata dove un signor Johansson, molto più a suo agio di lei, stava continuando con Kristen una conversazione iniziata sul taxi.

“A cosa stai pensando?” Chiese il curatore toccandole il braccio coperto dallo scialle di seta chiara che aveva deciso di usare per proteggersi dalle correnti fresche della sera.

“Che sono una stupida.” Disse lei di rimando senza neanche pensarci su.

“Scusami?”

Allora posando a sua volta una mano sulla giacca del collega, la donna sorrise scuotendo la testa cambiando rapidamente argomento. Michiru gli chiese dove fosse il compagno e con grande enfasi Philip le annunciò che sarebbe arrivato da li a breve.

“Non vedo l’ora di fartelo conoscere. Era molto eccitato all’idea di questa cena.”

Beato lui, si ritrovò a pensare mentre Kristen li chiamava per far fare loro un rapido tour della villa.

Tralasciando naturalmente la parte superiore delle camere da letto dalle quali si accedeva da una grande scala aperta, l’artista li condusse all’esterno, dove il crepuscolo stava cedendo rapidamente il posto allo scuro della sera, maggiormente enfatizzata dalla quasi completa assenza di luci esterne. Una scelta che per lei era risultata obbligata proprio per non intaccare con la mano dell’uomo la bellezza della foresta che ammantava tutta la parte non esposta al mare. I viottoli guidati da grandi vasche in pietra stracolmi di mirtillo rosso, li portarono a ridosso della spiaggia e da li al giardino d’inverno, unico punto di riparo per potersi permettere di vivere all’esterno la stagione fredda. Poi, vista l’ora, decisero di rientrare per attendere gli altri ospiti.

Per primo li raggiunse il maestro Marinof, seguito dal Sindaco, da qualche politico con signora al seguito e parecchi artisti amici di Kristen. Michiru ritrovò con piacere Andrei Polarovic e Marian Sartò, conosciuti al vernissage di Castel Grande e con i quali s’intrattenne a parlare praticamente per gran parte della sera. Simon Ghallakan arrivò subito dopo, appena in tempo per l’inizio della cena in piedi.

Passando praticamente inosservato, entrò accompagnato da un cameriere montando su una faccia da schiaffi che fece immediatamente sorridere Kaiou. Nel suo completo scuro quel fare sicuro ed un bel po’ strafottente le ricordò la sua donna, anche se il velo opaco presente nei suoi occhi chiari non aveva nulla a che vedere con la limpida armonia dello sguardo smeraldino di Haruka.

Michiru lo salutò lasciandosi baciare la mano e capì perché Philip fosse tanto innamorato da non riuscire a svincolarsi dalle catene che lui stesso si era legato ai polsi. Simon ci sapeva fare e la sua nordica avvenenza compensava il fatto che si trovasse mal volentieri in mezzo alle persone, ma mentre lei pur avendo un carattere introverso cercava sempre di forzarsi nel socializzare, l’uomo non sembrava essere in grado di farlo senza l’aiuto di un qualche mezzo esterno. Così, intuito ciò che sarebbe potuto succedere da li a breve e complice un gran mal di testa, dopo la cena ed interminabili discussioni sul potere dell’arte nella storia dell’ultimo ventennio, Michiru decise di svicolare dalle ossessive grinfie di Kristen per dirigersi li dove avrebbe voluto essere da tutta la sera, ovvero la spiaggia.

Facendosi indirizzare da un domestico ritrovò la strada che avevano seguito con l’artista e dopo un paio di porte finalmente posò i tacchi sulla passerella in doghe di abete che portava in spiaggia. Fu un attimo e nonostante l’aria pungente, la dottoressa Kaiou si lasciò trasportare dalla sirena che viveva da sempre nel suo cuore e togliendosi le scarpe affondò i piedi nell’umido della sabbia provando un indicibile senso di piacere. Fredda e dura riuscì lo stesso a scaldarla nel profondo ravvivando tutti i ricordi ad essa connessi, come la spiaggia di Kamakura a Tokyo o quella di Ellinicò ad Atene. Chiudendo gli occhi e respirando forte l’odore di quel mare così tanto diverso da quelli che aveva conosciuto ed amato da ragazza, Michiru si lasciò trasportare in un mondo fatto di odori e suoni. I licheni abbandonati sul bagnasciuga, il sottobosco odoroso, le bacche di mirtillo rosso disseminate lungo tutte le fioriere del giardino e poi la voce del vento che tanto le faceva pensare alla sua bionda, la risacca asincrona e i piccoli molluschi striscianti tra la sabbia.

La pace e l’armonia, in altre parole la felicità, profonda ed improvvisa, che la cullarono avvolgendola in quella sera di fine estate grazie a quello scrigno marino che Kristen usava sfruttare per il relax, ma anche e soprattutto come fucina artistica raccogliendo legni di risulta per le sue istallazioni più ardite. Ad occhi chiusi Michiru si strinse nello scialle, il vestito ormai permanentemente aderente al seno, al ventre ed alla curva dei fianchi, squassato dalle folate, a volte leggere, altre meno, i capelli lasciati parzialmente sciolti ad ondeggiarle incontrollati sulle spalle e l’anima finalmente libera di librarsi fuori da una situazione nella quale non riusciva più a stare. Tutto fino a quando una voce convulsa distorta dal rombo delle onde non la raggiunse dalla porta a vetri che immetteva al giardino d’inverno.

“Dottoressa Kaiou!” Urlò raggiungendola per costringerla a voltarsi di scatto.

Il maitre, uomo attempato sulla sessantina che Michiru aveva già avuto modo di vedere declinando con gentilezza una coppa di champagne, alzò il braccio guantato nel disperato tentativo di farsi notare nella semi oscurità.

“Signora, prego…” Continuò arpionando lo stipite della porta con l’altra mano.

Scuotendo la testa disorientata, Michiru ritornò sui suoi passi aumentando l’andatura una volta raggiunta la passerella e rinfilate le scarpe.

“Che cosa è successo?” Chiese quasi ansante.

“”Il signor Marson chiede di lei!”

“Philip?!”

“Si, signora. Pare che il signor Ghallakan abbia esagerato.”

Simon, pensò seguendolo all’interno maledicendo il suo intuito e la scarsa attenzione che aveva rivolto ai due pensando solamente a se stessa.

“Presto, venga.”

E non avvertendo nessun suono anomalo proveniente dal soggiorno, Michiru non riuscì ad afferrare. “Ma cosa è successo? In che senso ha esagerato?!”

“E’ collassato nella toilette degli uomini.”

“Cosa?”

“Venga, il signor Marson è parecchio agitato.”

“Dobbiamo avvertire Kristen!” Consigliò lei, ma appena lo fece l’uomo s’impuntò bloccandole il corridoio.

“No! E’ meglio che la signora non lo venga a sapere. Sa, non è la prima volta che succede e non gradirebbe affatto dare spettacolo davanti al sindaco e al resto degli invitati.”

“Ma non ha senso!” Cercò di opporsi mentre l’altro tornava a camminare a passo svelto per gli ambienti della villa.

Passando per la cucina arrivarono ai bagni evitando gli altri invitati e quello che Michiru vide fu Simon seduto a terra con le spalle poggiate alle piastrelle del muro e Philip accovacciato al suo fianco con le mani fra i capelli.

“Philip!”

“O Michiru… aiutalo.” Mugolò guardandola come un cucciolo spaventato.

Solo allora, allo spostarsi del collega, la donna riuscì a vedere Simon a figura intera. Il corpo mollemente adagiato, gli occhi chiusi ed un allarmante rivolo di saliva biancastra ad un lato delle labbra.

“Che cos’ha preso?!” Chiese afferrando una delle tante salviette dimenticate al lato del grande lavandino prima d’inginocchiarsi accanto ai due ed iniziare a pulire il viso inerme di Simon.

“Non lo so!”

“Si che lo sai!” Rispose dura mantenendo un sangue freddo che stupì persino lei.

“Davvero… non saprei…”

Non volendo insistere, Michiru iniziò allora a frugare le tasche della giacca del biondo spostando la sua personalissima inquisizione al maitre. “Alcolici?”

“Un paio di whisky.” Rispose lui guardando alternativamente la donna e la porta con la paura che qualche ospite potesse entrare.

“La faccia finita! Non pensa che sarebbe oltremodo più sconveniente per la signora Kocc, se domani sui giornali di mezzo paese uscisse la notizia della morte di un suo ospite per overdose da barbiturici?!” Ringhiò estraendo dalla tasca interna un flaconcino di plastica arancione scuro.

“Michiru!” Squittì Philip sull’orlo di una crisi isterica.

“Stai calmo! E lei vada a chiamare Kristen. Qui c’è bisogno di un’ambulanza! Non so quante questo idiota ne abbia prese, ma il tubetto è mezzo vuoto e se accoppiate all’alcool queste pasticche sono molto pericolose.” E non fece in tempo a terminare la frase che Simon iniziò a tremare fino al culmine di una crisi convulsiva.

Dannazione, pensò Michiru prendendolo per le spalle e spingendolo a terra. “Philip dammi una mano! Dobbiamo metterlo su un fianco.”

“C’è il rischio che si morda la lingua!” Disse il maitre avvicinandosi mentre preso dal panico, Philip portava d’istinto due dita della mano destra alle labbra del compagno.

Risoluta Michiru gliele afferrò quasi con rabbia. “Ma che fai!? Vuoi che te le stacchi?! Usa un lembo della salviette!”

“Sss si…”

Con l’aiuto del maitre, che facendo leva sulla mascella con una poderosa stretta di mano fu subito in grado di aprire la bocca di Simon, Philip riuscì ad inserire un lembo di cotone evitando così il peggio.

“Che possiamo fare ora?” Chiese bloccando la testa del compagno.

“Nulla. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva. - Sospirò Kaiou rivolgendo lo sguardo all’uomo più maturo. - Adesso vada a chiamare la signora ed un’ambulanza. Per favore!” Un ordine, un consiglio, una preghiera. Michiru non seppe dare al timbro usato una giusta collocazione, sapeva solo che scemata l’adrenalina avrebbe avuto tutti i muscoli del corpo doloranti.

Lei ed il maitre si alzarono dal piastrellato quasi all’unisono, ma mentre lui stava per imboccare la porta del corridoio Kristen fece capolino dallo stipite con gli occhi più freddi del ghiaccio. L’uomo abbassò immediatamente lo sguardo mentre Michiru aggrottando la fronte pensò di non aver mai visto l’artista tanto gelida.

“Signora…”
“Vada immediatamente a prendere l’auto e lo porti all’Aleris Hospital e… DISCREZIONE!” Ordinò con voce baritonale.

“Si signora.” E scomparve dietro le spalle della donna.

“E’ meglio un’ambulanza!”

“No, Kaiou - san. Il signorino qui, ha già fatto abbastanza danno.”

“Ma…”

“Michiru… - Ringhiò avvicinandosi afferrandole il polso destro. - Non puoi salvare chi non vuol’essere salvato!”

Facendo forza l’altra riuscì a liberarsi della stretta fissandola con sfida. “Ma cosa stai dicendo!”

“Andiamo di la!” Ordinò mentre Kaiou tornava ad accovacciarsi accanto ai due.

“Sei tu la padrona di casa, ma sappi che questo comportamento non ti fa onore.”

“Onore! Sai quanti grattacapi mi abbia già dato questo piccolo imbecille?! Su, forza. Torniamo prima che qualcuno si accorga della mia assenza.”

“E’ questa la tua premura?! Pensi forse che i tuoi gentilissimi ospiti siano immuni a questo genere di cose?!”

“Possono fare ciò che vogliono e giudicarmi se credono, senza però cadere nell’esagerazione dell’indecenza!”

“Vai tu, se vuoi! Io non mi muovo di qui.” Prendendo la salviette che poco prima Philip aveva estratto dalla bocca del compagno ormai definitivamente svenuto, la portò sotto il rubinetto bagnandola.

“Michiru!”

“Credo non serva affatto la mia presenza!” Tagliò corto sfoderando anche lei uno sguardo duro che, anche se mal volentieri, convinse Kristen.

“Fai come credi!” Ed uscì come una furia.

Michiru non si fece domande mentre dava refrigerio alla fronte del biondo, ma era chiaro che pur se impegnata nell’intrattenere i suoi ospiti, l’artista fosse riuscita a notare sia la sua scappatella in spiaggia, sia il comportamento da scolaretto di Philip nei confronti del suo uomo, sia la smaniosa necessità di Simon nel cercare in un tubetto arancione la risoluzione a tutti i suoi problemi esistenziali.

“La colpa è di Simon e gli errori si pagano.” Se ne uscì pianissimo Philip una volta rimasti da soli.

“Ne abbiamo già parlato; certi caratteri sono meno forti di altri ed in un mondo come questo capita spesso di venire risucchiati nel vortice di un qualsiasi vizio.”

“No Michiru, non intendo questo. - Disse desolato iniziando ad accarezzare teneramente il viso del compagno. - Quando qualche anno fa Simon conobbe Kristen, avrebbe dovuto intuire che tipo di persona sia.”

“Spiegati. Non capisco.”

“Vedi, Kristen ha il vizio di mettere gli occhi addosso alle persone giovani e talentuose e più sono affascinanti e più lei si prodiga per farle emergere. Lo ha sempre fatto e nel nostro mondo è famosa anche per questo. Ma non è mecenatismo o bontà d’animo, è solo un sistema per manovrare a suo piacimento le persone.”

“Vuoi dirmi che conosceva Simon da molto più tempo di quel che credessi?”

“Si. Circa sei anni fa hanno avuto una relazione, fugace, ma intensissima. Poi, una volta passato il prurito, Kristen ha comunque tenuto Simon stretto a lei aiutandolo nella sua carriera e grazie ad una serie di agganci, lo ha fatto emergere. Lui è un bravo scrittore, ma non così brillante da potercela fare da solo e lo ha sempre saputo, ed è questa consapevolezza ad averlo affossato. Quando ci siamo innamorati ha provato a staccarsi dalla rete di protezione che lei aveva tessuto e di rimpetto la grande artista ha smesso di aiutarlo. Ecco perché la seconda pubblicazione è stata un flop. Non che non fosse buona quanto la prima, ma senza una forte spinta pubblicitaria e qualche telefonata qui e la, Simon non è riuscito a ripetersi.”

Ora era tutto chiaro; Kristen era una mantide religiosa che dava tutta se stessa, ma con la stessa intensità era pronta, se contrariata, a tagliare la testa del pupillo di turno.

“Michiru, stai attenta. - Se ne uscì Simon guardandola dritta negli occhi. - Sei molto brava e Dio solo sa quanto tu sia incantevole in ogni tuo aspetto, ma è lei ad avere il coltello dalla parte del manico. Se vuoi sfidarla sappi che stai giocando su un terreno molto pericoloso.”

 

 

Per assurdo che fosse, nessuno degli ospiti si accorse dell’accaduto. Il maitre caricò Simon in una delle auto della villa ed assieme a Philip partì per il centro di Stoccolma che erano le ventiquattro. Ritornata dai suoi ospiti Kristen continuò a fare gli onori di casa, passando di gruppo in gruppo come un’ape su un giardino fiorito, fredda, tutta d’un pezzo, senza manifestare alcun tipo d’emozione tanto che la stessa Michiru, abituata all’austerità della madre, se ne stupì negativamente.

Con il racconto di Philip a ronzarle nelle orecchie, la dottoressa Kaiou sfoderò con gli ospiti tutta se stessa, conscia di essere osservata e perché no, anche ammirata dall’altra. Lo fece quasi apposta, come a volerla stuzzicare, come a volerle lanciare un guanto di sfida. Sapeva combattere Michiru, lo sapeva fare ed anche molto bene. In gioventù se n'era spesso servita ed anche se da quando aveva incontrato la sua donna aveva scientemente abbandonato le armi in un cantuccio del suo coriaceo orgoglio, non voleva dire che avesse dimenticato come muoversi nella complicata arte della guerra. Il fisico, le movenze aggraziate, lo sguardo intelligente, il sorriso accattivante; tutto. Michiru usò tutto e lo fece fino alla fine della serata.

Non c’era la sua Haruka a guardarla, a spogliarla con gli occhi morendo dentro per l’impossibilità di poterla toccare in pubblico, ma comunque lo fece; per Simon e Philip e per ribadire a Kristen Kocc che nonostante l’incredibile possibilità che le stava regalando, era ancora padrona di se stessa. Improvvisamente il collega le aveva aperto gli occhi ed ora che conosceva la situazione sapeva anche come muoversi. L’indomani avrebbe messo con l’artista le carte in tavola e nonostante fosse imbestialita con la donna, l’avrebbe ringraziata per averle fatto finalmente comprendere cosa realmente Michiru Kaiou, Dottoressa in Conservazione dei Beni Culturali, girovaga del mondo, sognatrice, pittrice, donna innamorata e talentuosa amante, volesse realmente dalla vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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