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Autore: Mixxo    09/09/2021    1 recensioni
"Passare dalla sala del trono le gelava il sangue ogni volta. Lo sguardo penetrante di suo zio si era spostato su di lei, lo sentiva sulla pelle, abbassò lo sguardo. Yaroi era figura capace di incutere timore solo guardandoti."
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Darkraria Cap4 Sumire si guardò attorno. La luce proveniente dalla lampada sopra di lei la accecava. Era legata ad una sedia. Si divincolò, ma le corde la tenevano attaccata allo schienale. All’improvviso sentì una risata per lei inconfondibile.

«Hihihi! Che c’è Sumire? Non c’è più qualcuno a proteggerti?»
Sumire strinse gli occhi per un istante, girò lo sguardo verso la voce. Dalla penombra uscì Clare rigirandosi uno di quei pugnali di cristallo che ultimamente si trovavano spesso nel suo camice. Deglutì.
«Cos’hai intenzione di fare?»
Clare tastò la punta del pugnale con i polpastrelli mentre guardava Sumire. «Cosa pensi voglia farti con un pugnale mentre sei legata, sciocca!?»
Si avvicinò con un sorriso minaccioso sul volto. Sumire iniziò a tremare. «F-fermati...»
Clare alzò il pugnale, la lama rivolta verso il basso offuscava l’unica fonte di luce della stanza. Sumire alternò lo sguardo tra il pugnale ed il volto di Clare, la quale aveva i tratti delicati sfigurati da un ghigno assassino.
«Sei troppo fastidiosa per mantenerti in vita, hihihi!»
«C-Clare... ti prego...» Le lacrime scorrevano sul volto di Sumire senza che potesse controllarle.
«Smetti di frignare e comportati da darkrariana per una volta nella tua vita!»
Clare calò il pugnale. La lama affondò nel suo petto, sfondò lo sterno e raggiunse il cuore.
Il sangue usciva copioso, l’urlo di dolore, la risata maniacale della cugina.

«NO!»
Sumire alzò di scatto. Aveva la pelle madida di sudore, il respiro affannato. Si guardò attorno. Riconoscendo le pareti della sua stanza, si mise una mano sul petto e regolarizzò il respiro.
“Un brutto sogno...”
La testa di Tenya spuntò dalla pediera del letto.
«Lady Sumire, va tutto bene?» chiese sfregandosi gli occhi.
Sumire mise la mano su quella ancora tremante. «Si. Scusa per averti svegliato.» Allargò le labbra in un sorriso.
Tenya prese il cuscino dal letto di fortuna fatto con delle coperte dategli e camminò fino al lato di Sumire. «Vuoi che dormo con te?»
Sumire scosse la testa, come intontita. «Come?»
Tenya strinse il cuscino tra le braccia. «Al villaggio dormivo con mia sorella quando faceva brutti sogni. Così vedeva che ero accanto a lei e si tranquillizzava.»
Sumire sorrise al bambino ed alzò le coperte. «Va bene. Vieni su, piccolo paladino dei sogni.»
Tenya piazzò il cuscino accanto a quello di Sumire e si mise tra le coperte.
Sumire si stese nuovamente. «Buonanotte Tenya.»
«Notte notte.»
Sumire lo trovava adorabile. Era un bambino dolce e premuroso nonostante ciò che stava passando. Aveva perso tutto in poco tempo, era stato maltrattato e picchiato. Eppure nulla di tutto questo sembrava averlo turbato.

«Tenya.» lo chiamò piano. Il bambino aprì un occhio.
«Tua sorella l’hai più vista da quando sei qui?»
Tenya scosse la testa. «Quando mi hanno catturato ho fatto da esca per far scappare i bambini dal villaggio. Tenevamo una barca pronta per le emergenze. Ed il vecchio Caleb stava tutto il tempo sulla nave. Saranno da qualche parte al sicuro.»
Sumire allungò la mano sulla testa di Tenya, gli passò lentamente la mano tra i capelli. «Sei un bambino coraggioso. Vorrei essere come te.»
Tenya apriva e chiudeva gli occhi, forse avrebbe dovuto lasciarlo riposare. «Papà diceva che se vuoi essere forte non basta avere il coraggio di fare qualcosa, devi essere pronto ad accettare che le tue azioni possano fallire nel loro intento.»
Sumire rimase a fissare Tenya mentre chiudeva gli occhi.
«Fare qualcosa...»  ripeté Sumire. La principessa debole, poco tenuta in considerazione. Forse avrebbe dovuto fare qualcosa su cosa la gente pensava di lei?
Sumire rimase a fissare Tenya riflettendo sulle sue parole, finché il sonno fece calare il buio sulla sua vista.

§§§

Come ultimo membro del ramo principale della famiglia, era compito di Sumire quello di promuovere i soldati migliori per le loro imprese. Non le piaceva mettere l’armatura, ma quelle situazioni lo richiedevano per etichetta. Non erano comuni le occasioni come quella ma nemmeno troppo rare. Sumire ricordava ancora quando Kama era stata promossa a élite. Una campagna militare dura contro un altro pianeta belligerante, dopo aver perso molto terreno Kama era stata mandata come rinforzo insieme alla sua generazione. Grazie alle sue doti di stratega e di combattente ripresero il pianeta con perdite quasi inesistenti.
Kama l’aveva vista come una quattordicenne sua coetanea, nonostante la voce della “principessa debole” l’aveva trattata con rispetto. Nei giorni a seguire iniziarono a coltivare la loro amicizia che a dieci anni di distanza era minore per contatto ma non per legame.

Anche la ragazza che si trovava ora davanti probabilmente aveva quattordici anni, forse anche meno. Si trovava al centro della stanza illuminata, davanti al trono, ai lati e dietro di lei altri membri d’élite che prima di lei erano stati al centro dell’attenzione. Seduto sul trono Yaroi fissava con occhi fiammeggianti la ragazzina, la quale teneva lo sguardo basso.
«Kagami Yumemiru.» esordì Yaroi. «Entrata a Darkraria come serva, ultima conosciuta della razza dei Riflessi, divenuta recluta ed in seguito nominata élite, dopo essersi occupata di un incarico molto delicato e confidenziale. Dopo le recenti azioni, svolte non solo al di fuori del nostro regno con valorosi atti in battaglia, ma anche salvando la vita di altri tuoi compagni e di mia figlia Clare quando un esperimento dei laboratori di ricerca ha messo in pericolo tutta la città, il titolo di élite non è più sufficiente per farti onore.»
Yaroi si voltò verso Sumire. La principessa si alzò in piedi. «Sei un esempio per tutti noi. Valore, coraggio, intraprendenza e fratellanza verso i tuoi compagni. Qualità necessarie per essere un leader» Si avvicinò con una spilla in ossidiana raffigurante la testa di un drago. «Qualità che ti rendono onore.»
Kagami alzò la testa per farsi mettere la spilla ma rimase ad occhi chiusi. Sumire poté guardarla meglio: lunghi capelli rosa scuro raccolti in due code morbide, un viso innocente circondato da due ciuffi lunghi laterali pelle lucida e molto chiara. Kagami aprì leggermente gli occhi, il color ametista incantò per un istante Sumire, che esitò qualche istante a metterle la spilla e indietreggiare. Tornò accanto allo zio.
«Da adesso sei un generale di Darkraria.» disse Yaroi. La gente, che attorno a Kagami aveva iniziato ad applaudire, smise ad un cenno di Yaroi. «Dunque, cosa desideri come premio per la tua promozione?»
Kagami abbassò lo sguardo. Mise la mano in avanti e fece un inchino. «Non mi necessita nulla, mio signore.»
Yaroi annuì. «E sia. Tornate tutti alle vostre mansioni. Sumire, istruisci il nuovo generale.»
Sumire si alzò dal piccolo trono accanto a quello dello zio. «Certamente, mio signore.» Si diresse a passi spediti verso il nuovo generale. «Seguimi, Kagami.»


§§§

Quello che per tutta la vita Kagami aveva provato era paura.
Paura di affrontare i suoi compagni di classe quando andava a scuola, paura del grosso cane del vicino quando abbaiava, paura della velocità dello scivolo o della sensazione che le altalene le davano nel loro dondolare. Paura di non poter più uscire dagli specchi quando entrava, paura di rimanere per sempre bloccata dentro lo specchio nascosto dietro l’armadio, paura delle grida e del suono dell’acciaio che lacerava le carni. Paura di quelle persone che le sorridevano con un ghigno terrificante, sporche di sangue, mentre afferravano lo specchio in cui era nascosta, paura di quel rumore assordante dei propulsori delle loro navi, paura della terra buia in cui l’avevano portata insieme a pochi superstiti della sua città.
Ebbe paura di quella bambina la quale abitava nella casa dove avevano messo lo specchio che la conteneva, temeva che da un momento all’altro anche lei potesse fare quel ghigno. Un giorno la trovò a piangere, sola, in attesa di qualcuno che non era mai arrivato. Non ricordava come era uscita dallo specchio, ricordava solo di voler consolare quella bambina seppur facesse parte della terra di quei mostri. Ricordava l’addestramento come milizia per quei mostri, come “carne da macello della prima linea”. Ricordava come pur di non morire ha iniziato ad uccidere, non importava sesso, età, razza, senziente o meno. Importava sopravvivere.
Kagami ricordava come in mezzo a quei mostri iniziò a vedere volti con zanne celate che venivano tirate fuori durante le battaglie. Sa tutt’ora che quelle zanne sono lì, e che basti abbassare la guardia perché escano da quei volti e affondino nella sua carne.
Davanti alla principessa Sumire, per la prima volta, Kagami non vide zanne. Vide lunghi capelli lilla che raggiungevano la schiena, forme esili di giovane donna strette in un’armatura nera. E vide da vicino occhi azzurri che mostravano gentilezza ma nascondevano ansia.

Kagami camminava accanto a lei, mentre Sumire le dava indicazioni sui privilegi che possiede un generale ed i doveri a cui deve rispondere. Non un movimento sospetto, o un segno che potesse allarmarla. “Potrei ucciderla in questo istante.” Si trovò a pensare per un momento. Scosse la testa. “Ho passato troppo tempo tra i soldati.”
«Kagami, tutto bene? Vuoi che mi fermi un attimo?»
Kagami si voltò, l’espressione di Sumire era genuinamente preoccupata per lei. Scosse la testa. «Vi prego, andate avanti.»
Sumire riprese a camminare con passi più corti e lenti, lanciando occhiate fugaci verso Kagami.
«Posso chiederti una cosa?»
Kagami annuì. «Sono al vostro servizio, chiedete ciò che volete.»
Sumire si fermò davanti ad una delle finestre aperte del palazzo, lo sguardo rivolto verso le stelle. «Che rapporti hai con Kama Darkeeper? Vi conoscete? O avete solo lavorato assieme?»
Kagami si gelò per un istante. Aveva letto il suo rapporto? Pensava che fosse stata lei la causa dello stato di Kama? Deglutì. «Darkeeper mi ha addestrata dopo la mia prima promozione. Abbiamo preso parte a delle operazioni insieme. Non posso dire di averla mai conosciuta davvero.»
“O che avessi un motivo per farla finire all’ospedale.”
«Capisco.» Sumire si avvicinò alla finestra. «Hai scritto nel rapporto la dinamica della vostra ultima missione insieme.»
Kagami spalancò leggermente gli occhi quando la vide girarsi verso di lei. “Sto per vedere le sue zanne?” Esitò, avrebbe voluto fare un passo indietro quando la figura della principessa si tese verso di lei. Strinse gli occhi.

Una sensazione di calore, le mani guantate della principessa avevano un tocco leggiadro dietro la sua schiena.
«Grazie per averla portata in salvo.» Disse con voce calma.
Kagami rimase pietrificata. «D-dovere...»
Quando Sumire si staccò Kagami fece un paio di passi indietro.
La principessa alzò un po’ le spalle, girò il voltò e guardò di lato. «Perdonami, è stato istintivo.»
Kagami annuì a scatti. «F-figur-» tossicchiò per riprendere il controllo. «Potete fare ciò che volete con i vostri sottoposti, principessa. Ora devo andare.» Fece un veloce inchino e corse verso l’uscita prima che potesse aggiungere altro.


Kagami si fermò solo una volta raggiunto il giardino, appoggiò la mano al petto e prese a respirare affannata.
“Quel tocco...” si sentì tremare, la vista appannata dalle lacrime.
Si passò il braccio sugli occhi. Era impossibile vero? Era la principessa di quei mostri, non poteva avere un tocco così dolce. “Mi avrebbe uccisa... mi avrebbe uccisa?” Alzò lo sguardo verso il piano dove aveva lasciato Sumire. «È... davvero gentile?»
«Eccessivamente, fastidiosamente ed inutilmente.»
Kagami trasalì ed emise un urletto quando si sentì mettere una mano sulla spalla.
Appoggiata alla base di una statua del giardino, Clare ritrasse la mano che aveva allungato per portarla davanti alla bocca ed emettere una risatina, il movimento fece dondolare una tracolla che indossava. Con l’altra teneva la stampella con cui supportava la gamba sinistra fasciata interamente.
«Lady Clare...» mormorò Kagami.
La bionda si avvicinò a lei con passo impacciato. «Stavi tornando a casa immagino. Ottimo, mi farai da scorta dato che devo andare lì.»
Kagami la fissò titubante. Gli occhi di Clare erano un elemento di Darkraria di cui aveva imparato ad avere sempre paura, ma quando ti fissano non bisognava mai mostrarla. Annuì.
«Prima di me, prego.» Disse Clare facendo un cenno con la mano verso la strada.
Kagami deglutì, si mise in marcia.

Le vie erano poco attive. Probabilmente la maggior parte della gente era al porto, pronti a partire per la prossima conquista o a cercare di ottenere all’asta gli schiavi del giorno. Se Clare non fosse apparsa dal nulla, probabilmente Kagami sarebbe andata da Kama. Se la principessa Sumire aveva davvero un rapporto di amicizia con lei, avrebbe dovuto farle visita e mettere in chiaro l’accaduto. “Non voglio vedere le sue zanne.”
«Hai già ricevuto ordini, Kagami?» Chiese a bruciapelo Clare.
Kagami scosse la testa. «No, nessuno. Attendevo indicazioni.»
Clare fece un sorriso compiaciuto. «Un ottimo soldato, senza dubbio... Potresti diventare la prossima Kama, sai?»
“Sostituire una persona che ha rapporti stretti con la principessa? Così sembrerebbe davvero che abbia cospirato contro di lei.” Kagami scosse la testa. «Il mio posto è quello che deciderete.»
Clare fece una risatina. «Umile, o consapevole di essere più fragile delle tue armi.»
Kagami deglutì, fissò la strada davanti a sé, tenendo le mani strette davanti al ventre. “Se vede che ho paura è finita.”


La dimora assegnata a Kagami era distante dal resto della città. Una casa abbastanza grande, con un piccolo giardino ben curato e chiuso in una recinzione. La struttura era imponente, due piani con due finestre ciascuno nella facciata principale. La porta in ossidiana era lavorata con minuziosità. Le decorazioni in rilievo erano come una cornice attorno all’ingresso. Kagami si fermò davanti ad essa, si guardò alle spalle. Clare stretta alla sua stampella fece un cenno con la mano libera, esortandola ad entrare.
“...Potrei aver dimenticato le chiavi.”
Kagami si voltò verso Clare. «Arrivo subito.» Girato l’angolo della casa si fermò di fronte una delle finestre di quella facciata. Fece due passi rapidi e si tuffò verso la finestra.

Atterrò con una capriola. L’impatto con la finestra fu come tuffarsi in acqua. Una sensazione di gelo la colse mentre atterrava.
Silenzio.
La stanza si presentava come una copia buia e completamente nera della stessa. Tavoli, sedie, quadri appesi erano a malapena distinguibili per le fonti di luce che la scena presentava: Le finestre che emettevano una tenue luce violacea.
Si guardò attorno. I suoi movimenti erano come frenati da una forza esterna, col tempo aveva fatto l’abitudine alla resistenza, ma quel senso di pesantezza e lentezza che quel mondo la gelava sempre.
“Fa paura, il nostro mondo...” Kagami si spostò nell’altra stanza. La luce abbagliante della nuova stanza proveniva da una forma rettangolare e lunga che partiva da terra e raggiungeva circa due metri di altezza. Deglutì, si portò in avanti. “...Forse ora è solo mio.” Entrò a contatto con una superficie fredda, si spinse in avanti, la luce la accecò.

Si trovò nella sua stanza. Appoggiò una mano alle sue spalle. La cornice dorata dello specchio era rovinata in quel punto. Kagami si guardò attorno. La sua stanza era normale. Un letto, un mobiletto, un piccolo archivio accanto alla porta. Rimase a fissarla, prima di emettere un sospiro. «Ne sono uscita di nuovo.»
Scosse la testa ed abbandonò dalla stanza.
Mentre si dirigeva verso la porta sentì qualcuno scendere le scale, fermò con la mano sulla maniglia e si voltò: una figura esile di bambina correva giù per la rampa. Aveva i capelli lunghi fin poco sotto le spalle, occhi arancioni, un vestito smanicato leggero di colore indaco, con un velo viola che rimaneva aperto davanti senza modificarne il colore alla vista, gambe coperte da collant grigi.
La bambina aveva che massimo dodici anni si fermò davanti a Kagami. «Sei tornata.» disse sorridendo.
Kagami annuì timorosa. Girò la maniglia e aprì la porta.
«Ahhh, il tuo giochino da Riflessa. Così affascinante» disse Clare mentre entrava dalla porta con passo spedito supportato dalla stampella. Si fermò davanti all’altra bambina con un sorriso inquietante e lo sguardo fisso su di lei. «Allora Hotaru, hai fatto quello che ti ho chiesto?»
La gioia dagli occhi della bambina si spense, annuì piano e si diresse verso la scrivania per sfuggire a quello sguardo. Aperti un paio di cassetti tirò fuori alcuni cristalli dalle forme e colori più disparate ma tutti con una parte acuminata.
«Perfetto!» Clare si avvicinò ed allungò la mano libera verso i cristalli, ma Hotaru mise la mano sopra per prima.
La bionda fece una smorfia mentre fissava la bambina. «Quando posso rivedere mio fratello?» disse quest’ultima.
Clare piegò le dita lentamente stringendo il pugno. «A tempo debito, ma abbiamo un patto, ricordi? Tu fai il tuo dovere ed io farò il mio.»
Hotaru alzò la mano dai cristalli e fece un passo indietro.
«Brava bambina.» disse Clare mentre prendeva i cristalli e li infilava nella tracolla.
«Arriveranno indicazioni per i nuovi lavori.» disse facendo forza sulla stampella e girandosi. «Vedi di non deludermi, dopotutto lui è vivo grazie a me, hihihi.»
Clare si fermò davanti alla porta tenuta aperta da Kagami, si voltò verso di lei. «Domani sveglia presto. Dovremo fare nuovi test e mi servirai presente.»

Quando Kagami chiuse la porta alle spalle di Clare, Hotaru strinse le mani al petto. Lentamente camminò verso la sua stanza. Il singhiozzo non sfuggì alle orecchie di Kagami.




Note di Mixxo:
Meno di due mesi, good.
Nel giorno attuale abbiamo 36 visite sul capitolo precedente, è consolante sapere che forse sono 36 persone che stanno seguendo questa storia. Spero di essere all'altezza di eventuali aspettative.
Alla prossima!
  
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