Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: Eevaa    12/09/2021    7 recensioni
L'aura di Kakaroth si era dissolta lentamente nel nulla. Non da un momento all'altro - il che avrebbe potuto farne presagire la morte - ma lentamente. Sempre più flebile, sempre più lontana, fino a che Vegeta non l'aveva più percepita. Mai più.
«Cosa hai capito di tutto quello che ti ho detto?» urlò Vegeta. Poi il prigioniero sbuffò, annoiato.
«Che in cinquant'anni hai stipulato un'alleanza bizzarra con gli abitanti di questo pianeta, che avete sconfitto nemici dai nomi improbabili, che non solo esiste il leggendario Super Saiyan, ma ne esistono con diverse tinte per capelli; che ti sei riprodotto e, per tutte le galassie, se ce l'ha fatta uno come te persino Dodoria avrebbe avuto delle speranze; che siete invecchiati terribilmente mentre io sono un fiore, e che ora dobbiamo salire su quel catorcio di astronave per andare in giro per dodici universi alla ricerca dello squinternato che se l'è data a gambe dieci anni fa e che, con tutta la probabilità, ora è solo un mucchio d'ossa o polvere interstellare ma oh, guai a dirlo, perché mi pare che siate molto amici».
Inaccurato, ma tutto vero.

[Post-Dragon Ball Super] [Slowburn]
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Across the universe - La serie'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.

 
 
- ACROSS THE UNIVERSE -


Capitolo 20
La parte razionale



 
Aveva giurato.
Si era ripromesso di non cadere nella trappola. Tutto vano, tutto inutile.
Eppure non era l'orgoglio quello che bruciava, non era la dignità a essersi spezzata. Lo strato spinoso di ghiaccio intorno al suo cuore, quello sì. Quello si era spezzato, si era sciolto.
Kakaroth l'aveva preso a mani nude, con quelle dita piene di sole.
Come il giorno che spinge via la notte, come il vento che scaccia la tempesta.
Era una bella sensazione scoprire di essere ancora in grado di amare. Uno come lui, la quale esistenza era stata programmata per tutto fuorché dare e ricevere amore, aveva invece ricevuto la benedizione due volte. Due volte in una vita sola.
Non era sicuro di meritarlo. Anzi, era sicuro di non meritarlo affatto, ma avrebbe fatto del suo meglio per esserne all'altezza. E in quel momento, forse, essere all'altezza voleva dire porre un freno.
Sarebbe rimasto volentieri, si sarebbe dissetato ancora un po' da quella sorgente di sorrisi e occhi vivaci, ma lui era la parte razionale. Avrebbe dovuto essere razionale per entrambi.

«Kakaroth» gli sussurrò a fior di labbra, sotto l'oblò a cupola con vista sull'universo.
Con poca sorpresa, questi lo ignorò. Sorrise e lo cercò di nuovo, con le mani incastrate tra le ciocche dei suoi capelli e la bocca umida, seduto appena davanti a lui.
Inizialmente era stato un bacio casto, quasi imbarazzato, impaurito. Si erano guardati terrorizzati, ma avevano bellamente ignorato il terrore e se ne erano dati un altro. E un altro ancora, sempre meno casti, sempre meno imbarazzati. Ed era stato allora che il cervello di Vegeta aveva iniziato a macchinare e riflettere, sebbene fosse il momento meno opportuno per farlo.
Perché la parte razionale di Vegeta era bipolare almeno quanto i suoi istinti.
Si stava lasciando baciare da Kakaroth e si domandò come mai non l'avesse ancora spedito nell'iperuranio con un un Ki-blast. Si stava lasciando baciare da Kakaroth e si domandò come diavolo avesse fatto a resistere per tutto quel tempo. Antitetico in tutto e per tutto.
«Kakaroth, fermati...» mugugnò e, quando Kakaroth scelse deliberatamente di ignorare il suo avvertimento e osare addirittura mettergli una mano sotto la maglia, l'ipotesi dell'iperuranio si fece più concreta. Eppure fu molto complesso mettergli le mani sul petto e allontanarlo anche solo di pochi centimetri. E dire che aveva sempre detestato il contatto fisico con lui! O forse non l'aveva detestato, ma aveva sempre avvertito che quel contatto fosse molto pericoloso. Dettagli.
«Fermati, non... non possiamo». Beh, tecnicamente potevano. Potevano eccome, visto che lo stavano facendo.
Kakaroth spalancò gli occhi e il suo volto parve più confuso. Sempre meravigliosamente arruffato, con quelle stupide guance rosse e lo sguardo corrucciato.
Vegeta respirò a fondo per calmarsi. Razionalità e autocontrollo un paio di palle.
«Tu non... non sei veramente tu» balbettò. E tanti cari saluti anche alla sintassi.
In quel momento poteva chiaramente immaginarsi un Radish seduto in un angoletto comodo dell'Inferno a mangiare pop-corn e farsi quattro risate. E bere Rokk. 
«Eh?» domandò Kakaroth, sbattendo un paio di volte le palpebre. L'espressione meno intelligente che ricordò tanto a Vegeta quelle sciocche esternazioni di stupidità di un tempo. «Sono io».
Sì, decisamente era lui. E ciò rendeva davvero difficile il perseguire dei buoni propositi.
«Non hai i tuoi ricordi. Non sono certo che lo faresti, se fossi nel pieno delle tue facoltà mentali» sospirò Vegeta.

Razionalmente la testa gli suggeriva che accettare quel contatto sarebbe stato come approfittare di una persona ubriaca, o drogata. Un tempo se ne sarebbe fregato ma... era Kakaroth. Era una delle persone più importanti della sua vita a prescindere, e ciò gli imponeva di non fare niente che potesse arrecare un danno.
Anche se tutte le cellule del suo corpo gli stavano suggerendo di fiondarsi addosso a lui.
«Perché? Mi hai appena detto che provavamo entrambi questa cosa» rispose Kakaroth, con tanto di spallucce. Tipico di lui rendere semplici le situazioni complesse.
«Sì, ma... prima di tutto penso che tu non abbia avuto abbastanza tempo per elaborare il lutto per la morte di Chichi, prima di finire su Morvir. E anche se tu avessi superato quel trauma, onestamente, non c'è nulla che mi garantisca che avresti davvero fatto quello che abbiamo appena fatto, o se avresti preferito lasciare le cose com'erano. Non ne avevamo mai parlato. Non so niente! Capisci quello che intendo?»
Forse detta in quel modo sembrava più una sagra della paranoia - perché era invece tipico di Sua Maestà rendere ancora più complesse le situazioni già complesse.
Eppure era convinto di essere dalla parte della ragione. E se Kakaroth, una volta ottenuti i suoi ricordi, fosse tornato al punto di partenza? Con un lutto da affrontare e persino con i sensi di colpa per essersi rotolato tra le lenzuola con qualcun altro? E se, memore di tutto, Kakaroth non fosse stato davvero dell'idea di oltrepassare il limite?
Neppure Vegeta ne era stato mai certo, fino a quel momento. Se dieci anni prima gli avessero detto “tu e Kakaroth finirete a letto insieme” sarebbe scoppiato in una fragorosa risata e avrebbe ucciso il portavoce. C'erano voluti dieci anni di mancanza dei quali cinque da vedovo, quattro mesi in giro per lo spazio e un mezzo aneurisma cerebrale per convincersi di ciò che provava e accettare un semplice bacio. Sarebbe stato poco corretto approfittare delle ombre mentali di Kakaroth in quel modo. Sebbene fosse difficile.
Si sentiva già troppo in colpa per altri motivi nei suoi confronti – tipo che aveva atteso dieci anni per salvargli le chiappe – non voleva avere sulle spalle anche il peso di essersene approfittato. Perché, suo malgrado, ci teneva troppo a quell'imbecille. In qualsiasi modo possibile.

«Io so quello che sento ora» insistette lui.
«Non puoi agire sempre d'istinto, Kakaroth» lo redarguì Vegeta, ma sembrava proprio che quel deficiente fosse ben propenso a ignorare la situazione.
«Posso» confermò, poi si avvicinò di nuovo a lui con insistenza, sfiorandogli la punta del naso col suo. Giusto perché a quanto pare era divertente rendere le cose difficili a Sua Maestà. In quel momento avrebbe tanto, tanto voluto tornare a essere un grandissimo menefreghista come in passato. Una persona meno corretta.
Quell'idiota di Kakaroth gli stava offrendo l'opportunità di approfittarsene su un piatto d'argento, con quel sorriso ammaliante e i muscoli tesi sotto quell'armatura dannatamente stretta.
Vegeta gli ringhiò contro le labbra e lo allontanò di nuovo.
«Sei un testone».
«Senti chi parla!» gli rispose Kakaroth, con uno sbuffo. Incrociò le braccia al petto come un bambino, con le guance gonfie e le labbra strette.
E Vegeta dovette lottare ancor più duramente contro quell'insensata voglia di tirargli un pugno in piena faccia oppure, solo ipoteticamente, strappargli di dosso il pigiama. Ipoteticamente.
«Senti... una volta mi hai detto “mi piace quello che abbiamo così com'è”Devo essere sicuro che tu abbia cambiato idea. Quando avrai recuperato i tuoi ricordi, ti prometto che ci possiamo pensare, ok?»
Odiava essere la parte razionale. Ma con Kakaroth lo era sempre stato, quindi avrebbe dovuto esserne abituato.
Il buffone alzò gli occhi al cielo e poi sorrise.
«E poi mi dici che non dovrei ammirarti...» disse Kakaroth, più dolcemente. Fu il turno di Vegeta quello di accigliarsi.
«Che intendi dire?»
«Scommetto che non molte persone avrebbero avuto questa premura. E questo mi rende davvero, davvero difficile dirti...» Kakaroth sospirò «... che va bene. Se ci tieni, attenderò» concluse.
Vegeta spalancò gli occhi. Non si aspettava di vederlo arrendersi così facilmente, ricordava alla perfezione che quando Kakaroth si intestardiva su qualcosa non voleva sentire ragioni – e combinava anche dei gran guai. Era sollevato che fosse un poco cambiato, da quel punto di vista.
Vegeta non avrebbe saputo resistere a lungo a tutte quelle avances e quel naso ancora troppo vicino al suo e quello sguardo allegro nascosto da un ciuffo di stupidissimi capelli.
Si allontanò a fatica e incrociò le braccia al petto. «Bene».
«Ma sappi che la trovo una cosa insensata» aggiunse Kakaroth, puntandogli un dito contro.
«Oh, sai quante volte ho trovato insensate le tue idee e non ti ho detto niente?!» sbottò, e Kakaroth esplose in una risatina impertinente.
«Sì che lo so: zero. Mi hai sempre fatto notare ogni singola dannata esternazione di stupidità».
Un altro punto a suo favore. Non aveva tutti i torti.
«Ah, giusto» bofonchiò Vegeta e, tirando un lembo della coperta sulla quale erano seduti, gli diede le spalle e si gettò rannicchiato sul materasso cigolante di quel rottame di astronave. «Adesso però vai in cabina di pilotaggio, che è il mio turno per dormire».
«Allora dormi bene, Vegeta. Ti aspetto per la colazione» lo sentì mormorare, poi spostarsi con attenzione e scendere dalle scale a pioli.
Il sussurro di Kakaroth fu condito da talmente tanta tenerezza da mettergli i brividi. Brividi positivi che si trasformarono in brividi molto negativi quando si scoprì a sorridere come un deficiente. Era diventato davvero un patetico sentimentale.
Vegeta si trascinò la coperta fin sopra alla fronte e ci grugnì dentro frustrazione. Oltre al cuore che batteva all'impazzata, aveva anche un problema non sottovalutabile lì sotto le lenzuola.
Non sarebbe mai riuscito a dormire.


 


La settimana di viaggio per raggiungere Neo Namek era stata senza dubbio una delle più piacevoli.
Un po' perché la fine del viaggio era alle porte, un po' perché presto sarebbero tornati dalle loro famiglie e, tacitamente, non vedevano anche l'ora di riavere Radish indietro.
Vegeta non avrebbe mai pensato di ammetterlo, ma quell'ebete senza cervello gli mancava. Lui e la sua risata da maniaco. Forse, però, era stato un bene non averlo intorno per quel periodo di stallo tra lui e Kakaroth, oppure li avrebbe tormentati con le più volgari battute e li avrebbe spinti uno contro l'altro con le peggiori virate cosmiche. Poco ma sicuro.
Era stato già fin troppo difficile stare l'uno accanto all'altro. Non erano stati molto bravi a fare finta di nulla.
Anzi, erano stati pessimi.
Non erano mancati gli allenamenti, i battibecchi, le solite scenate iraconde da parte di Vegeta ed esternazioni di allegria da parte di Kakaroth. Quello non era cambiato, ma i momenti di silenzio erano stati molto più densi, e anche gli sguardi. A volte si erano sorpresi a orbitare uno intorno all'altro senza rendersene nemmeno conto, a volte a ricercare un contatto più vicino di quello opportuno e avevano entrambi rischiato il cedimento.
Non erano mancati momenti in cui Sua Maestà si era sentito tremendamente in difetto. I suoi sensi di colpa non si erano mai attenuati del tutto, così come la convinzione di non meritarsi quegli sguardi colmi di ammirazione. Sentiva di non meritare l'affetto di Kakaroth, esattamente come non si era mai convinto di meritare l'amore di Bulma. Ma, lo sapeva bene, quello era un suo problema irrisolto. Il suo passato da assassino pesava ancora troppo sulle sue spalle e se lo sarebbe trascinato dietro per sempre, ma ciò non gli aveva impedito di amare. Spesso gli aveva impedito di dimostrarlo, ma lui era in grado di farlo.
E l'unico modo che aveva in quel momento di dimostrare a Kakartoh quel sentimento improbabile e incredibilmente forte, era portare pazienza e avere rispetto di quello che erano stati in passato.
Quindi, ogni volta che in quella lunga settimana si era ritrovato a voler mandare i suoi propositi a puttane, si era morso la lingua. E si era fatto più che qualche doccia fredda.
Nonostante ciò, il viaggio era stato tranquillo e piacevolmente placido. Niente inseguitori, niente tracce da seguire, niente pianeti sui quali indagare, niente problemi di natura tecnica. Anche Gr06U, sebbene fosse un camper con le ali e due motori attaccati, aveva resistito persino a un paio di piogge di asteroidi.
Non avevano trovato nessun attracco mercantile con astronavi migliori, ma almeno avevano recuperato delle armature galattiche più decenti e, per grande gioia del contegno di Vegeta, meno attillate. Non vedeva davvero l'ora che Kakaroth si rimettesse la sua fottuta divisa arancione e larga. E mai avrebbe immaginato di poterlo pensare.


«Vegeta! Vegeta, vieni qui!»
Una voce squillante lo colse appena uscì da quel cubicolo strettissimo che avevano il coraggio di chiamare doccia. La cabina di pilotaggio era aperta, e il sorriso di Kakaroth lo illuminò come un faro.
«Che c'è?»
«Ci siamo! Guarda!» annunciò, indicando dritto di fronte all'astronave. Vegeta spalancò gli occhi e lo raggiunse di corsa e, finalmente, eccolo lì.
Neo Namek. Il primo dannatissimo pianeta famigliare e sicuramente amico dopo mesi e mesi. La prima tappa verso la conclusione del loro viaggio.
«Non mi sembra vero» sussurrò Vegeta, quasi esterrefatto. Ce l'aveva fatta, sebbene in quei quattro mesi gli era sembrato più volte impossibile. Aveva trovato Kakaroth e l'aveva riportato indietro. Quasi a casa. Neo Namek era stata la prima tappa del suo viaggio e sarebbe stata anche l'ultima prima di tornare sulla Terra.
Si lanciarono uno sguardo vittorioso, poi tornarono a osservare quel minuscolo puntino verde farsi sempre più grande, più vicino. E con lui la speranza di far tornare tutto esattamente com'era.
Atterrarono al centro del villaggio principale, quello del vecchio Moori il quale, vedendoli scendere insieme dall'astronave, li accolse a braccia aperte. Molto di più di quando aveva visto scendere Vegeta e Radish quattro mesi prima. Inizialmente avevano avuto da ben sospettare – come biasimarli! – ma nel venire a conoscenza del motivo della loro visita si erano dimostrati gentili come loro solito.
«Lo hai ritrovato! Che sollievo!» esclamò l'anziano saggio rivolto a Sua Maestà, zoppicando poi verso la sua vecchia conoscenza. «Goku, che piacere rivederti!» trillò, entusiasta.
Kakaroth sorrise nervoso e si portò una mano dietro la nuca. Non lo riconosceva, ed era piuttosto ovvio.
«Ehm, grazie...» balbettò questi, ridacchiando nel vedersi piombare addosso tanti piccoli e allegri bambini namecciani.
La folla di curiosi si avvicinò loro, compreso qualche volto noto seppur invecchiato.
«Dove sei stato? Il tuo amico sembrava parecchio preoccupato per te!» domandò Moori, allegro, quasi come in una raccomandazione paterna.
Vegeta si irrigidì d'imbarazzo e, dopo aver incrociato le braccia al petto, distolse lo sguardo. Kakaroth ridacchiò e gli rivolse un'occhiata tra il divertito e l'intenerito che gli fece quasi saltare i nervi.
«Ma davvero?» chiese retorico in una risatina, poi si rivolse con gentilezza all'anziano saggio. «Ehm... io, mi perdoni signore, ma io sono un poco smemorato. So che siete degli amici, ma non vi riconosco» confessò.
Il mormorio dei namecciani si interruppe, lasciando spazio a espressioni confuse.
«Cosa!? Come sarebbe a dire?» domandò l'anziano saggio, e il Principe fece un passo in avanti.
«Lo abbiamo ritrovato su un pianeta lontano ai confini con l'Universo Otto, non ha idea di come sia finito lì, ma la sua memoria è stata molto compromessa dalla manipolazione mentale degli abitanti del pianeta. Ed è... è per questo che siamo venuti qui» ammise Vegeta. «Vorremmo chiedere il permesso di poter utilizzare le Sfere del Drago Polunga così da aiutare Ka-Goku a recuperare i ricordi».
Troppi sguardi sorpresi rivolti verso di lui. Era comprensibile: una volta lui non si era fatto alcun problema a rubare con la forza le loro Sfere del Drago per intenti poco condivisibili e, anche se era passato tanto tempo, era normale che una richiesta così gentile da parte sua potesse arrecare stupore.

Moori lo guardò con discreto interesse per qualche secondo, poi si rivolse agli altri namecciani con segni di assenso.
«Oh. Ma certo, certo. Siamo sempre debitori verso voi gente della Terra, è un piacere aiutarvi in caso di bisogno! Le sfere sono anche già radunate nella mia casa, seguitemi!» disse infine.
Kakaroth sorrise, entusiasta, mentre Vegeta si limitò a un segno di ringraziamento con il capo. Non che avesse avuto qualche dubbio: i namecciani erano sempre stati dalla loro parte.
Lo seguirono fino alla dimora tondeggiante al centro del villaggio, nella quale trovarono le grandi sfere radunate in uno scantinato sotto una coperta di seta verde.
Insieme ad altri giovani namecciani le trasportarono fino al cielo aperto, poi le posarono ordinatamente in cerchio sull'erba umida.
«Ma... ma dov'è il vostro amico capellone?» domandò Moori, ed entrambi i Saiyan si irrigidirono per un secondo.
«Ehm... signore, lui... lui era mio fratello» confessò Kakaroth, gentile. «È morto nell'esplosione della nostra vecchia astronave. Potremmo approfittarne per riportarlo in vita, visto che già dobbiamo invocare il drago?»
Moori sembrò cogliere al volo la tristezza negli occhi di Kakaroth, tuttavia Vegeta non si lasciò sfuggire lo sguardo teso tra i namecciani.
Non avevano mai negato ai Terrestri di riportare in vita qualcuno, ma qualcosa non andava.
«Sono... sono spiacente per la tua perdita, Goku. Vedi... c'è solo un problema in tutto questo» mormorò, poi deglutì. Sì, qualcosa non andava. «Noi abbiamo di recente utilizzato uno dei tre desideri di Polunga per poter riportare in vita uno dei nostri piccoli, morto in un incidente alla scogliera».
Vegeta spalancò gli occhi a quella notizia e perse il fiato. Ovviamente era stato troppo chiedere che tutto andasse come previsto. Il cielo li aveva già graziati con tre settimane di tranquillità.
«Uh... ma... non vedo il problema, ci sono altri due desideri, no?» chiese Kakaroth. Ovvio che non cogliesse il nesso, lui non si ricordava niente di come funzionassero le sfere, i desideri. Tuttavia Vegeta aveva colto.
«Kakaroth... il corpo di Radish si è dissolto nello spazio. Dovremmo utilizzare un desiderio per portare il suo spirito qui, e un altro per resuscitarlo» spiegò calmo mentre dentro di lui sentiva montare rabbia, ansia e frustrazione.
La presa di consapevolezza di Kakaroth fu percettibile in un tremolio dell'Aura.
«Questo vuol dire che...» balbettò questi, ma non riuscì a terminare la frase. Fu Vegeta a farsi carico di dare voce a quella sentenza.
«Dobbiamo scegliere. O riportiamo in vita Radish, o riportiamo a galla i tuoi ricordi».

Kakaroth strinse i pugni e digrignò i denti.
«Mi dispiace, Goku» sussurrò Moori ma, prima che potesse avvicinarsi per mettergli una mano sulla spalla, Kakaroth si allontanò dalla folla diretto verso un luogo più appartato, lontano dal brusio e da occhi indiscreti.
Nello stesso momento un bambinetto namecciano abbassò il capo, con le lacrime agli occhi e le labbra strette per trattenere un singhiozzo. Probabilmente si trattava del piccoletto che era stato resuscitato. Vegeta riconobbe in lui quella sensazione: il senso di colpa.
«Ehi, moccioso» le parole gli uscirono di bocca prima ancor di poter riflettere.
I duri sguardi dei namecciani lo trafissero, ma non vi badò. Si inginocchiò invece al terreno, con gli occhi rivolti al ragazzino dalla pelle verde che, terrorizzato, lo fissava come se stesse per ucciderlo.
«Mi... mi dispi-» balbettò il piccoletto. Sua Maestà ignorò la tremenda sensazione di essere ancora considerato come un assassino e lo interruppe.
«Non è niente di grave, risolveremo comunque tutto tra qualche mese» disse Vegeta, e gli occhi del piccolo si spalancarono.
«Ma io-»
«Non è colpa tua» sussurrò il Principe, perentorio, duro. «Toglitelo dalla testa, intesi?»
Il bambino strinse i pugni e cacciò indietro le lacrime, poi annuì. E i namecciani, per la prima volta da quando Vegeta ne aveva memoria, iniziarono a guardare il Principe in modo molto diverso.
Un sorriso si fece largo sul volto di Moori quando Sua Maestà si rialzò in piedi, un sorriso di ringraziamento. Vegeta rispose con un solo cenno del mento. Di certo non avrebbe mai espiato le sue colpe con il popolo namecciano, ma era comunque piacevole non essere più guardato come un criminale.
Tuttavia non era più tempo di pensare a sé, ai propri sensi di colpa o a quelli di un moccioso che nemmeno conosceva. L'unico suo pensiero volò poco più lontano, dietro al muro di una casa bianca e tondeggiante. Era il momento di aiutare qualcuno a prendere una decisione.


Quando voltò l'angolo, trovò Kakaroth con le spalle al muro e lo sguardo rivolto verso il cielo verdognolo di Neo Namek.
«Kakaroth...» sussurrò, avvicinandosi a lui.
«E adesso che si fa?» gli rispose questi.
Sapeva che non sarebbe stato semplice ma, per fortuna, non era nulla che non avrebbero comunque potuto risolvere nel giro di poco. Anche se le aspettative e l'attesa li avevano fatti illudere che quel giorno avrebbero fatto tornare tutto come prima.
Vegeta gli si posizionò accanto, spalla contro spalla, nella stessa identica posizione. Poi sospirò.
«Se adesso non ripristiniamo la tua memoria, dovremmo aspettare un anno, sulla Terra. Oppure tornare qui tra quattro mesi. Se invece la ripristiniamo ora, dovremmo comunque tornare qui per resuscitare Radish. Shenron non può farlo».
Mise tutto sul piatto. Non si sarebbe trattato di attese troppo lunghe, ma comunque di attese. Dopo tutto quel tempo trascorso in giro per lo spazio avrebbe tanto gradito tornare a casa e mettere la parola fine a tutto, e sapeva che per Kakaroth era lo stesso.
«Cosa dobbiamo fare?» domandò egli, voltando il capo. Vegeta fece lo stesso e si guardarono negli occhi. C'era tanta stanchezza in quello sguardo ma, Sua Maestà ne era convinto, sarebbero stati in grado di gestire anche quella cosa.
Ne avevano passate di peggiori.
«Penso che sia più giusto che sia tu a prendere questa decisione» disse infine Vegeta, convinto. Non perché volesse lavarsene le mani, sfuggire a una responsabilità o lasciarlo solo a scegliere.
Ma perché si trattava dei suoi ricordi, della sua memoria.
Quello che non gli disse ma che Kakaroth capì senza bisogno di alcune parole, però, fu che l'avrebbe supportato in qualsiasi decisione.
Vegeta sarebbe stato con lui, vicino a lui. In ogni caso, in ogni possibile scenario.
Sempre.


 
Continua...

Riferimenti:
-Nella serie canonica è necessario ripristinare prima l'anima dei morti (se sono morti da troppo tempo o se il loro corpo è andato distrutto o se è troppo lontano dal pianeta), quindi è per questo motivo che è necessario utilizzare due desideri per riportare in vita Radish.
Anche quando Vegeta lo ha riprotato in vita la prima volta è accaduto così ed è per questo che col desiderio di mandare ai ragazzi un tablet Shenron ha esaudito i desideri. 
-La questione del perdono dei namecciani prende spunto da Dragon Ball Super (per chi segue il manga e ha letto la saga di Moro penso sia chiaro).

ANGOLO DI EEVAA:
Ed eccoci qui, giunti quasi al gran finale di questa storia, quasi al termine di questo lungo viaggio attraverso l'universo.
Che pensavate che le cose sarebbero filate tutte liscie fino alla fine?! Oramai mi conoscete, suvvia. Però, come dice Vegeta, non è nulla di irresolvibile. Però bisogna prendere una decisione, la cosa più intelligente è una, penso che la possiate intuire. Ma come agirà Goku? È tutto nelle sue mani. 
Avete apprezzato il comportamento molto nobile di Vegeta o avreste preferito grandi squilli di trombe e tromboni? (cit.Teo5Astor) XD

Che dire... manca solo l'epilogo, ma come già avevo anticipato ho una nuovissima storia in canna, una storia a cui sono affezionatissima. Il mio caro amico Giosuè Graci si sta persino occupando della fanart di copertina *_* non vedo l'ora di mostrarvela e pubblicare. Sarà una storia molto particolare, una long di 30 capitoli. Vi dirò di più settimana prossima, ma vi anticipo già che ci sarà di mezzo il pianeta Vegeta, ma in un contesto un po'... particolare. 

Nel frattempo vi aspetto domenica prossima qui per l'epilogo :) Grazie di cuore a tutti, come sempre, e grazie infinite alla mia cara Nemesis01 che mi aiuta con la traduzione!
Un abbraccio,
Eevaa


 
Nell'ultimo capitolo!
«Che succede, Kakaroth? Sei triste?» gli domandò, duramente, quasi fosse un interrogatorio.
Non era decisamente bravo a fare quella... cosa.
«No... no, affatto» scosse la testa lui. «Sono contento. Solo ancora un po' confuso, ma contento».

 
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Eevaa