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Autore: Milla Chan    24/09/2021    1 recensioni
Aveva maturato uno strano sentimento nei confronti degli umani. Non c’era più paura, ma non c’era nessuna rabbia, solo un misto di disgusto e indifferenza. Quella situazione, però, non gli pesava quanto i suoi genitori pensavano che avrebbe dovuto; o almeno così sembrava. Kenma passava gran parte delle sue giornate a giocare ai videogiochi, e quando sua madre gli chiedeva se avesse qualcosa da raccontarle, passandogli la mano tra i capelli scuri, lui la guardava con una sorta di senso di colpa negli occhi.
[KuroKen + altre coppie secondarie] [Tokyo Ghoul!AU, ma non è necessario seguire l'opera]
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Koutaro Bokuto, Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo, Tooru Oikawa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Sois sage, ô ma Douleur, et tiens-toi plus tranquille
 
Ad un tratto, Kenma sentì la serratura della porta di entrata scattare e la maniglia abbassarsi.
Balzò in piedi senza neanche pensarci. Non appena la porta si aprì del tutto, corse immediatamente ad avvolgere Kuroo tra le sue braccia, il cuore pieno di sollievo e impazienza: voleva essere sicuro che stesse bene, parlargli e, soprattutto, di far finire presto quella giornata.
Inspirò a fondo contro il suo petto. Era a casa, ora, e di certo tutto sarebbe stato più semplice.
-Kenma!- rise il ragazzo ricambiando l’abbraccio, un po’ sorpreso da quello slancio d’affetto inattesso ma decisamente apprezzato.
Kenma fu lieto di sentire quel suono allegro: non poteva significare nulla di male. Si allontanò lentamente e notò che c’era qualcuno, dietro di lui, sul pianerottolo buio.
Kuroo entrò in casa e guardò dietro di sé, poi tese un braccio verso Kenma, come se stesse mostrando qualcosa di incredibilmente prezioso.
-Bokuto, lui è Kenma!- annunciò con un sorriso orgoglioso.
Kenma arretrò di qualche passo e osservò stupefatto l’altro ragazzo varcare la soglia della casa e guardarsi attorno meravigliato, finché non posò lo sguardo su di lui.
Quello era… Bokuto?
Si sentì irrigidire, improvvisamente emozionato di avere davanti a sé una persona che aveva sempre e solo potuto immaginare, ma che in qualche modo aveva sempre avuto un posto nella sua vita, da quando aveva incontrato Kuroo. Era stato prigioniero della CCG per anni, averlo lì in quel momento era una buona idea?
Bokuto sembrava un po’ spaesato, ma c’era anche un’inspiegabile dolcezza sul suo volto. Era poco più basso di Kuroo, i capelli grigi e scombinati, il fisico asciutto. Forse troppo.
-Grazie.- mormorò Bokuto, avvicinandoglisi con le mani sollevate verso di lui e gli occhi spalancati.
Kenma indietreggiò di un altro mezzo passo quando gli fu troppo vicino, ma non poté sfuggire all’abbraccio che lo intrappolò subito dopo.
-Grazie, grazie, grazie.- continuò Bokuto con voce impastata, stringendolo forte.
Kenma guardò Kuroo, allarmato e confuso, sia perché non riusciva a dare un senso a quei ringraziamenti, sia perché quel contatto fisico era del tutto non richiesto ed estraneo -forse avendolo visto abbracciare Kuroo, aveva pensato che fosse lecito?
-Grazie di esserti preso cura di Kuroo in tutti questi anni.- si spiegò l’altro, involontariamente, nella sua cantilena.
Kenma spalancò ancora di più gli occhi e sentì l’aria mancare. Non sapeva se per la presa, inaspettatamente vigorosa vista la sua magrezza, o per cos’altro.
-C’è qualche problema se Bokuto rimane qui per questa notte?- chiese Kuroo, congiungendo le mani davanti al viso con aria supplicante. - Non potevo lasciarlo là… Ti prego.-
Kenma si sentì quasi offeso da quell’atteggiamento e si corrucciò. Credeva forse che non sapesse quanto fosse importante per lui, aver ritrovato Bokuto? Credeva che non capisse che volesse passare del tempo con lui?
Anche se l’appartamento si faceva affollato, non poteva dirgli di no. Aprì la bocca per avvisare della presenza degli altri due ospiti, ma proprio in quel momento la porta del bagno si aprì e sentì, diretta contro il suo timpano, la voce di Bokuto squillare come il trillo di una campana.
-Akaashi!-
Il ragazzo sentì chiamare il suo nome e inchiodò sulla porta, tanto improvvisamente che quasi scivolò indietro, sulle piastrelle.
I suoi occhi caddero su Bokuto e il suo viso si riempì di sincero stupore. Dischiuse le labbra e sollevò le sopracciglia, le guance bianchissime e un occhio nero e gonfio.
-Oh mio dio.- sussurrò, prima di trovarsi stritolato tra le sue braccia. La sua espressione si trasformò in uno strano sorriso incredulo quando fu sollevato da terra.
Kenma tornò a respirare e guardò la scena assieme ad un Kuroo decisamente disorientato, che lanciava occhiate a Kenma in cerca di una spiegazione. Una spiegazione convincente, a giudicare dalla sua faccia.
Kenma prese un lungo respiro stanco. Da dove avrebbe potuto cominciare?
Stava per aprire la bocca e parlare, ma fu anticipato da qualcun altro.
-Kuroo, è lui! È lui il ragazzo che mi ha liberato!- esclamò Bokuto, entusiasta, agitando le braccia, portandosi le mani tra i capelli. -Akaashi, perché sei qui? Come… Cosa? Eh? Non ci credo!-
La mascella di Kuroo cedette. Cercò a tentoni il muro e vi si appoggiò con una mano, portandosi l’altra alla tempia e contemplando il vuoto per qualche secondo. Doveva riorganizzare i pensieri.
Kuroo e Bokuto si erano raccontati -per quanto possibile, con addosso quell’ingombrante sensazione di doversi dire tutto, di doversi ritrovare, di smettere di piangere per articolare un discorso- come avevano passato quegli anni. Dov’erano stati, cosa avevano fatto, cosa era successo. Kuroo aveva sentito il sangue ribollire e lo stomaco bruciare nell’ascoltare cosa gli avevano fatto, dove l’avevano tenuto: avrebbe voluto tornare indietro nel tempo e irrompere in quell’edificio, distruggere tutto quanto.
Effettivamente, gli era sorto il debole dubbio che quel ragazzo, quell’angelo che Bokuto gli aveva descritto con tanta apprensione, potesse essere Akaashi, ma il discorso scorreva così velocemente che era passato oltre e avevano avuto altro a cui pensare. In quel momento, però, averne la conferma fu destabilizzante.
Akaashi. L’aveva visto così spesso, al Nekoma. Lo aveva servito, gli aveva parlato, e non sapeva che facesse parte della CCG, almeno non fino a quella notte. Non sapeva che avesse a che fare con Bokuto così assiduamente. Lo aveva avuto così vicino per così tanto tempo…
-Stai bene?- chiese Akaashi a Bokuto, guardandolo apprensivo, le mani sulle sue braccia, come a volerlo tener fermo per osservarlo meglio.
Il ghoul gli rispose annuendo veementemente, con un sorriso limpido che però si spense un poco non appena si fermò veramente a guardarlo in faccia e si accorse dei lividi sotto gli occhi di Akaashi, di tutte le ferite sul suo viso, della sua aria debole.
-Cosa ti è successo?- chiese preoccupato.
-Niente di grave.- liquidò velocemente la questione l’altro, cambiando immediatamente discorso con aria colpevole. -Bokuto, ascolta… Scusami se ti ho lasciato da solo. Non avrei dovuto. Cinque anni in una gabbia per poi venire sbattuto in mezzo a Tokyo di nuovo, io… Non lo so, credo che sia la cosa peggiore che potessi farti.-
Bokuto scosse lentamente la testa. Lo ascoltava con attenzione e fu difficile trovare una risposta coerente dopo che aveva iniziato a riabituarsi alla sua voce, a immergersi di nuovo nella sensazione di protezione che gli suscitava.
 -Non chiedermi scusa! È andato tutto bene, Kuroo non so come mi ha trovato e ora sono qui e sono… oh, così felice di vederti, Akaashi, credevo che non ti avrei rivisto mai più. Oggi mi sembra tutto così irreale.- rise, tutto tremante per l’emozione e la felicità.
-È grazie ad Akaashi che ti ho trovato.-
Kuroo rivolse ad Akaashi uno sguardo a dir poco abbacchiato, e Akaashi se ne accorse.
Bokuto guardò Kuroo senza capire, ma senza smettere di emanare quell’aura luminosa. -Eh?-
-Mi ha detto lui dov’eri.-
Bokuto continuava a non capire. -Come…? Dove?-
Kuroo si grattò la nuca e distolse lo sguardo, spostando il proprio peso da un piede all’altro.
-Ho sentito il tuo odore addosso a lui.- spiegò cercando di trovare le parole più delicate per dirlo. -Io non…-
Akaashi lo fissava preoccupato e contemporaneamente lapidario, gli occhi attenti e i brividi che gli correvano lungo la spina dorsale, fino alla base del collo. Le ferite pulsavano al ricordo del proprio corpo sulle rotaie, ma non gli sembrava una buona idea annunciarlo a Bokuto.
Bokuto socchiuse gli occhi in uno sforzo per pensare. Guardò Akaashi, poi di nuovo Kuroo, e ancora Akaashi, finché non capì.
-Oh.-
Akaashi, col fiato sospeso, lo scrutò per registrare le sue reazioni.
Bokuto sembrava triste, un po’ deluso, ma non propriamente arrabbiato.
-Kuroo, perch…- iniziò titubante, salvo poi essere subito interrotto
-Akaashi stava cercando di uccidermi.- intervenì Kenma, forse cercando una giustificazione per Kuroo. -Per quello Kuroo si è intromesso.-
Bokuto sussultò, l’espressione degna di un animale selvatico sorpreso in mezzo alla strada dai fari di una macchina.
-Non ci sono motivi validi per voler fare del male a quello scricciolo biondo.- iniziò Kuroo puntando un dito nella direzione di Kenma, che arrossì violentemente. -Tranne per il fatto che è un ghoul, e non voglio sminuire ciò che ha fatto Akaashi ma sono dell’idea che non sia una genialata fidarsi troppo di un umano, figuriamoci tenerlo in casa.- tagliò corto Kuroo, voltando la testa nella direzione indicata dal proprio dito per lanciare uno sguardo leggermente accusatorio a Kenma, la cui bocca tremò di indignazione.
Quasi non riuscì a finire la frase che fu subito incalzato da Akaashi.
-Pensala come vuoi.- asserì infatti quello, deciso, anche se non era del tutto vero. -Ma mi sono mosso solo perché stava facendo del male ad una persona che conosco.-
Kenma assunse un’espressione indignata, ma si ricompose quasi subito.
-Non…- iniziò a parlare, ma la voce assertiva di Kuroo lo sovrastò:
-Ah, quindi è vero che l’hai attaccato perché è un ghoul.-
Akaashi sgranò gli occhi. -E mi biasimeresti?-
Kuroo affilò lo sguardo, e altrettanto fece Akaashi.
-Non gli stavo facendo del male…- continuò Kenma con un mormorio e lo sguardo sfuggente, e Akaashi si sentì in dovere di rispondere per spiegare il proprio punto di vista:
-Hai ragione, scusa, pensavo che stesse facendo del male ad una persona che conosco. Sai, non ispira esattamente fiducia e tranquillità un ghoul seduto su un ragazzo terrorizzato. Ma in realtà sono amici, a quanto pare.-
L’espressione di Bokuto si faceva più confusa ad ogni parola, più contratta e desiderosa di sotterrare tutto quel discorso perché iniziava a non capirci più nulla, i rumori che iniziavano a farsi decisamente troppo insistenti.
-Eh? Aspetta, di chi stai parlando?- chiese Kuroo, allargando le braccia, rendendosi conto di essersi improvvisamente perso. Non aveva prestato attenzione a nessun’altro che non fosse Kenma o Akaashi.
-Eri lì anche tu e non l’hai visto? Eri davvero fuori di te.- sibilò Akaashi con voce sempre più sottile.
-Ma quale amico?- chiese ancora Kuroo, sotto lo sguardo arreso di Kenma.
-Io.-
Tutti e quattro i ragazzi si voltarono in direzione di quella voce e si ritrovarono a fissare il ragazzino dai capelli rossi e scompigliati, fermo contro lo stipite della porta che dava sul salotto.
Hinata aveva ancora gli occhi assonnati e arrossati. Era stato svegliato da tutto quel trambusto e non aveva potuto fare a meno di ascoltare il loro discorso.
Kuroo voltò il capo verso Kenma e abbassò lentamente le palpebre, cercando forse la pace interiore.
-Ci sono altre persone in questa casa di cui non mi hai avvisato, oltre al mio bel cliente che ti stava per sparare il testa e al tuo amico d’infanzia?- chiese sarcastico, con una flemma innaturale.
-Ti ricordi di Shouyou?- Kenma era sinceramente sorpreso e con un’imprevista nota di felicità, ma si limitò a congiungere le mani dietro la schiena ed evitare il suo sguardo. -Comunque, no. Siamo tutti qui.-
Incredibilmente, dopo fu Akaashi il primo a parlare.
-Kenma, hai preso il disinfettante? Questi tagli bruciano un po’. Shouyou, vieni anche tu, già che ti sei svegliato…-
-Sì.- risposero in coro Kenma e Shouyou, ma con toni completamente differenti, seguendolo in cucina sotto gli occhi assorti Bokuto e quelli di Kuroo, più turbati e interrogativi nel vedere Kenma seguire Akaashi in quel modo tranquillo.
-Conoscevi già Akaashi?- chiese Bokuto, incerto, avvicinandosi a lui mentre si toccava nervosamente le dita.
Era davvero strano poter fare domande dopo momenti di confusione. Era strano parlare in generale, esistere, essere in un luogo diverso da una gabbia in una stanza sterile.
Kuroo prese un respiro profondo e si lasciò sciogliere in un sorriso mentre spostava gli occhi su di lui.
-Sì, è una lunga storia.- rispose, facendo scivolare un braccio attorno alle sue spalle mentre lo portava in cucina, assieme agli altri. -Ma c’è tutto il tempo…-

-Shouyou, stai un po’ meglio ora?- chiese Kenma con fare pacato, prima di poggiare il batuffolo di cotone sul palmo della sua mano. Shouyou strizzò gli occhi e strinse i denti, reprimendo un lamento. Annuì e raddrizzò le spalle contro lo schienale della sedia sulla quale era seduto, sperando che non si notassero troppo gli occhi lucidi per il bruciore.
-Kuro.- chiamò poi il ghoul, interrompendo il chiacchierio tra i due ghoul dall’altro lato del tavolo. -Pensavo di andare parlare con Nekomata, domani. Bokuto non ha un posto dove stare, e neanche Akaashi. Forse può aiutarli.-
-Neanche Akaashi?-
Kenma alzò gli occhi su di lui, guardandolo come se stesse scherzando. Forse era solo troppo eccitato di aver ritrovato il suo amico per connettere il cervello. -Bokuto era l’unico ghoul vivo in possesso della CCG, sul quale facevano esperimenti da anni, e lui l’ha fatto evadere.-
-Cosa!?- esclamò Hinata, che si era del tutto perso quel dettaglio. -Lui è il Progetto 150410!?-
-Era.- lo corresse Akaashi.
-Sì, in effetti è piuttosto grave…- rifletté a voce alta Kuroo, impensierito, iniziando anche a pentirsi dell’atteggiamento che gli aveva riservato prima.
decisamente grave. Non sono sicuro che la pena si possa limitare a qualche anno di prigione. Pensa solo alla risonanza mediatica che avrà una notizia del genere.- borbottò Kenma, tutto concentrato col disinfettante, le sopracciglia aggrottate.
Kuroo soppesò le sue parole e sentì il cuore stringersi quando spostò lo sguardo su Akaashi, sui suoi occhi abbassati e un po’ spenti e la sua faccia cupa e contusa, e si ricordò di quanto fosse bello il suo volto quando gli serviva il caffè nei mesi precedenti, pensò che, benché fosse un umano, se in quel momento Bokuto era lì era grazie a lui.
-È una fortuna che non debba andare in ospedale a farsi ricucire la testa.- continuò Kenma a voce bassa, senza alcun tono accusatorio, ma solo per constatare la realtà dei fatti. Guardò la nuca di Akaashi, cercando di capire come fasciarla nel modo giusto.
-Scusami.- mormorò Kuroo a spalle basse. -È che… Ho perso Bokuto cinque anni fa e ho passato così tanto tempo a cercarlo che…-
-Sì, l’ho capito.- lo interruppe gentilmente Akaashi, chiudendo un occhio per lasciarsi tamponare da Kenma l’escoriazione sulla guancia. -Io temevo che Bokuto fosse in pericolo. Devo ammettere che mi sono spaventato quando ho visto che quel ghoul eri… tu.-
-Chiederemo a Nekomata di aiutarvi.- ribadì Kuroo con un cenno del capo.
-E perché il piccoletto è qua?- domandò poi, con tono più acuto, portando una mano a sorreggersi il capo e guardando attentamente Hinata.
-La metro è deragliata, la linea è interrotta e non può tornare a casa. Ha avvisato sua madre che dorme fuori da amici, lo riporteremo a casa domani.- tagliò corto Kenma.
Kuroo assottigliò gli occhi, di nuovo sospettoso, senza distogliere lo sguardo dal ragazzino. Non poteva farci nulla, era così: riporre fiducia negli umani era ai limiti dell’impossibile, e il suo pensiero rispecchiava senza dubbio quello della stragrande maggioranza dei ghoul.
-Non dirò nulla di voi! A nessuno!- esclamò Shouyou, capendo chiaramente i dubbi di Kuroo. -Non potrei mai, davvero. Sono… sono un po’ agitato e, sì, ho paura, ma… Kenma è mio amico e mi fido di lui e se lui è anche vostro amico allora credo di poter stare tranquillo, e forse non mi mangerete. Forse. Per favore. E grazie di avermi salvato da quell’altro ghoul!-
Kuroo stava scherzosamente per rispondergli quanto fosse ingenuo, ma l’ultima frase lo colpì.
-Aspetta, quale altro ghoul?- chiese d’istinto.
-Oikawa.- rispose Kenma, e lo smarrimento di Kuroo divenne stupore.
Kenma aveva affrontato Oikawa? C’erano decisamente troppi fatti che gli sfuggivano, riguardo a quella sera.
-Si può sapere cosa diavolo è successo stanotte?-
-Oikawa ha ucciso un amico di Shouyou, e stava attaccando anche lui quando sono intervenuto.- spiegò Kenma, e Shouyou si rabbuiò immediatamente.
-Allora lo conoscevi.- borbottò Akaashi, e Kenma spostò lo sguardo il più lontano possibile, sentendo un improvviso calore sul viso.
-Comunque sì, sono studenti dell’Accademia della CCG, quindi credo sia legato a quello.- continuò Akaashi, ritornando al discorso con Kuroo.
Shouyou strizzò le labbra, fissando un punto impreciso nello spazio.
Kuroo si allontanò dal tavolo e incrociò le braccia al petto. Aveva tante, troppe domande che gli passavano per la testa, ma vedeva come tutti, compreso lui, fossero troppo stanchi, troppo spossati per affrontare lunghi discorsi in quel momento.
-È tardi, credo sia meglio andare a dormire e riposare.- disse alzandosi in piedi. -Dovremo stringerci un po’, abbiamo solo due letti singoli e un divano.-
-Posso dormire con Kenma?- chiese Shouyou con voce flebile. L’idea di dormire da solo sul divano lo spaventava un po’, dopo tutto quello che era successo quel giorno.
Kenma lo guardò sbalordito, senza capire se ciò che provava fosse disagio o compiacimento.
-A me va bene…- rispose il diretto interessato con falsa indifferenza, ma Kuroo vide bene la felicità mista all’imbarazzo nei suoi occhi.
-Akaashi, preferisci dormire con Bokuto o da solo sul divano? Ti darei anche una terza opzione, ma dubito tu voglia dormire accanto a me.-
-È uguale. Non vuoi stare un po’ con lui?-
Kuroo inclinò appena la testa e gli rivolse un ghigno storto, facendo intuire ad Akaashi che non aveva sbagliato a formulare quel pensiero.
-Mi sembrava maleducato chiederti di andare sul divano, non è molto comodo.-
Akaashi scosse la testa.
-Non importa.- gli disse, intrecciando le dita delle mani. -Grazie di ospitarmi, piuttosto.-
-Se hai freddo ti do il permesso di venire a svegliarmi per chiedere un’altra coperta.- disse girando su se stesso e uscendo dalla stanza.
Akaashi tentò di reprimere un debole sorriso e sentì la garza sulla guancia tendersi.

Bokuto aveva pianto. Aveva pianto perché, affondando le mani nel materasso, non voleva credere che avrebbe dormito su qualcosa di così liscio. Aveva pianto perché le coperte lo tenevano al caldo, ed era tutto così morbido e soffice e accogliente che per un attimo aveva creduto di essere morto, di essere in paradiso. Era la prima volta che si sentiva in quel modo.
Kuroo pensava fossero lacrime di felicità, e forse all’iniziano lo erano davvero, ma dopo pochi minuti il pianto era cambiato: la felicità era diventata in qualche modo senso di colpa. Bokuto aveva detto che non se lo meritava, quel materasso; che gli stavano dando troppo, tutto insieme.
Kuroo era rimasto seduto accanto a lui, a consolarlo con un sorriso malinconico. Gli aveva accarezzato le ciocche grigie e aveva lasciato che Bokuto gli circondasse la vita con un braccio, che affondasse la faccia nel suo fianco con fare infantile finché i singhiozzi non si calmarono e lui non si addormentò, avvolto da un torpore dal quale non poteva sfuggire.
Gli occhi di Kuroo si erano abituati al buio ed era rimasto ad osservare il suo profilo rilassato, le dita tra i suoi capelli. Lo stava toccando, era lì accanto a lui, e il suo profumo gli riempiva i polmoni. L’aveva ritrovato.
Nel silenzio della casa, tra i respiri regolari e leggeri dei ragazzi addormentati, la sua testa esplodeva.
Aveva voltato il capo per essere sicuro che anche Kenma dormisse tranquillamente, ed aveva sorriso nel vedere quel cumulo di coperte che si alzava e si abbassava piano, il viso disteso rivolto verso di lui, quasi completamente nascosto dalle mani appoggiate contro il cuscino.
Kuroo si era poi lasciato scivolare verso il basso, più vicino a Bokuto. Si era chiesto se andasse bene, abbracciarlo e stringerlo. Non c’era mai stata nessuna particolare ricerca di contatto fisico, quando erano bambini, ma in quel momento sembrava una necessità impellente ed era strano ritrovarsi ad avere quel bisogno -e forse, ancor di più, era strano poterlo soddisfare.
Con un sospiro liberatorio, aveva appoggiato la guancia sulla sua testa. Le palpebre si erano fatte pesanti, e lasciarsi abbandonare al sonno non era mai stato così piacevole.

Quella mattina, nastri di luce entravano dalla finestra chiusa.
Bokuto li poteva quasi vedere oltre le palpebre chiuse e sensibili, e sentì le narici pizzicare. Arricciò il naso e strizzò piano gli occhi prima di aprirli: Kuroo era abbandonato contro di lui, scivolato abbastanza in basso da fargli il solletico con i suoi capelli.
Ascoltò i respiri, ascoltò la pace e tutti i suoi muscoli tornarono a rilassarsi dopo un iniziale momento di tensione. Ci aveva messo qualche attimo a capire dove fosse, cosa fosse successo e perché fosse lì.
Le luci non erano artificiali, e lui era così leggero, si sentiva così coccolato e investito da un’onda di sollievo.
Erano passati cinque anni. Era stato Akaashi a dirglielo: là dentro, Bokuto aveva perso la cognizione del tempo. Non credeva di essere cresciuto così tanto, e non riusciva a immaginare quanto fosse cambiato Kuroo.
Kuroo socchiuse le palpebre con un verso basso. Alzò il capo e vide Bokuto rivolgergli un sorriso luminoso e ricambiò con uno simile, solo molto più assonnato.
Si stiracchiò e si rigirò su se stesso per mettersi a fissare il soffitto con un sospiro e un avambraccio sulla fronte.
-Kuroo, è così comodo.- sussurrò Bokuto, ridacchiando entusiasta e avvolgendosi ancora di più tra le coperte, per quanto possibile. -Come si fa a trovare la forza di alzarsi?-
-Quello che avevo nella vecchia casa era ancora più morbido.-
-Non ci credo!-
Kuroo sorrise ancora, sghembo, e si girò su un fianco per guardarlo. Rimase in silenzio qualche attimo, scrutandolo.
-Quand’è stata l’ultima volta che ti hanno dato da mangiare?-
Bokuto non si aspettava quella domanda, non così improvvisamente. Ci pensò su e fissò il vuoto per concentrarsi.
-Non molto, credo... Credo il giorno prima che Akaashi mi liberasse, sì, l’altroieri quindi?-
-Oh.- Kuroo lo scrutò attentamente, assottigliando lo sguardo. In effetti, aveva senso. Probabilmente Akaashi era stato abbastanza intelligente da organizzare la fuga in un momento in cui Bokuto non fosse eccessivamente affamato, onde evitare spiacevoli conclusioni. -Quanto ti lasciavano senza mangiare?-
La risata amara di Bokuto gli suscitò una brutta sensazione al centro del petto.
-Non lo so, ma davvero… tanto. Sembrava un tempo infinito.- mormorò con voce calante e il sorriso che si spegneva. Ripensò a quante volte aveva sentito lo stomaco contrarsi tanto forte da sembrare che si stesse autodigerendo, a quante volte aveva affondato i denti nelle proprie braccia, accecato dalla fame. Quante volte la scossa lo aveva attraversato per fermarlo, e quanto avesse odiato quel dolore, quanto fosse tremendo, quanto lo avesse spaventato ogni volta; ripensò all’acqua ghiacciata che gli veniva buttata addosso per lavarlo.
-Ti sembra di impazzire.- continuò sovrappensiero, la voce flebile.
Kuroo sentiva la rabbia scorrergli addosso. Aveva sentito tante storie su quella fame autodistruttiva, quel limite estremo, e sembravano in tutto e per tutto racconti dell’orrore. Da quando era arrivato nella famiglia Kozume, si era completamente dimenticato di quel tipo di problemi, perché di cibo ce n’era sempre. Nei mesi dopo l’incendio lui e Kenma erano arrivati ad essere parecchio affamati, certo, ma avevano avuto la possibilità di placarla. Bokuto no. Bokuto non aveva potuto.
Già allora, a Kuroo era sembrato insopportabile. Non riusciva ad immaginare qualcosa di peggiore, non riusciva a immaginare come sarebbe potuto essere, stare in una gabbia, confinati, impossibilitati ad uscire e mangiare.
Si alzò in piedi.
-Andiamo a caccia.- asserì scostando le coperte senza delicatezza ma con un grande sorriso. -Non succederà mai più, puoi mangiare quando vuoi. Andiamo a caccia ora!-
Bokuto spalancò gli occhi e lo guardò sorpreso.
-Come facevamo da piccoli.- aggiunse mentre prendeva la testa di Bokuto tra le mani e appoggiava la fronte sulla sua, resistendo all’impulso di stampare un grosso bacio sulla sua guancia. -Voglio vederti mangiare finché non ti senti scoppiare.-
Gli occhi di Bokuto si riempirono di luce e di una felicità spontanea: scoppiò a ridere, e Kuroo dovette tappargli la bocca per evitare che facesse troppo rumore.
Meno mezz’ora dopo, quando chiusero la porta di casa dietro di loro, Kenma poté finalmente aprire gli occhi.
Era già sveglio da un po’. Non aveva potuto fare a meno di origliare il loro discorso, ma di intromettersi non ne aveva avuto proprio il coraggio: sembrava così intimo, così sincero. Così affettuoso.
La sua schiena appoggiava a quella di Shouyou, ancora addormentato, e fece attenzione a non disturbarlo mentre tirava indietro le lenzuola, piano.
Non aveva mai sentito Kuroo parlare così a qualcuno. Non lo intendeva né in senso positivo né in negativo. Semplicemente, era un modo. Un modo speciale, un modo inedito, di un’altra declinazione anche rispetto a quella che usava con lui.
Guardò le lenzuola buttate alla rinfusa sul letto di Kuroo e sentì una debolissima ma fastidiosa sensazione di soffocamento comprimergli i polmoni. Non gli sembrava per niente un bello scenario, quello che si prospettava davanti a loro.
Doveva andare a parlare con Nekomata il prima possibile. Prese un respiro profondo e, con gli occhi ancora socchiusi per il sonno, fece per alzarsi dal materasso, ma si sentì trattenere.
Rimase seduto e guardò dietro di sé: Shouyou, col viso affondato nel cuscino, gli stringeva l’orlo della maglia con la mano chiusa a pugno.
-Non mi mangerete, vero?-
Erano parole ruvide e chiaramente ancora troppo in balia del sonno per essere razionali. Furono così inaspettate e improvvise che Kenma dovette fare mente locale e sforzarsi di far passare in fretta quel rinnovato dolore al petto, perché era come se una freccia gli avesse appena trafitto il cuore. La sua espressione si fece addolorata e si girò fino ad inginocchiarsi davanti a lui.
-Shouyou…- lo chiamò a voce bassa, posandogli incerto una mano sulla spalla per cercare di farlo spostare per guardarlo in faccia. -Come puoi pensarlo?-
Il suo occhio color ambra sbucò dalla stoffa. -È che… Siete ghoul.-
-Sì, ma io…- Kenma lo guardò incredulo. Si chiese da quanto tempo fosse sveglio, forse immobile per la paura.
Deglutì e guardò verso la finestra, la bocca aperta, sconcertato. -Ma io sono tuo amico.-
-Questo ti fermerebbe dal mangiarmi?-
Kenma strabuzzò gli occhi per un breve attimo. Non era sicuro di riuscire ad affrontare una discussione del genere. -Shouyou, hai dormito assieme a me una notte intera e non ti è successo nulla.-
Aveva quasi perso le parole.
-È come… Non lo so, ci sono animali che voi umani non vi sognereste mai di mangiare, e lo stesso vale per me.-
Shouyou si sollevò sugli avambracci e lo guardò turbato.
-Mi consideri come un animale da mangiare o non mangiare?-
-No, non è così che funziona!- si affrettò a rettificare Kenma, portando le mani avanti e cercando le parole giuste per spiegarsi, ma non le trovò in tempo.
-Perché non mi hai chiamato, non mi hai detto che eri vivo?-
-Non potevo spiegarti tutto…-
-I ghoul morti in quell’incendio erano i tuoi genitori, vero?-
Kenma sentì la fitta al petto acuirsi e annuì, la bocca stretta con forza. Lo sguardo di Shouyou si era intristito e calò il silenzio per qualche secondo.
-Credo che abbandonerò la CCG.-
Kenma quasi sussultò.
-Perché?-
I due ragazzi si guardarono dritti in faccia.
-Ho paura, ma non riesco neanche a pensare di uccidere persone come te.- mormorò il più piccolo con voce impastata, abbacchiato.
Kenma emise un sospiro tremante e si guardò attorno mentre si mordeva le labbra. Chiamò ancora il suo nome con tono paziente mentre si chinava ad abbracciarlo, come poteva, da quella posizione.
-Sei troppo buono per questo mondo, Shouyou.-

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Note e chiarimenti
Eccomi! Aggiornamento! Non ho molto da dire se non grazie di leggere ancora questa storia. Spero non ci siano troppi errori, in caso chiedo scusa!
   
 
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