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Autore: Urban BlackWolf    25/09/2021    3 recensioni
Possono i desideri personali, l’ambizione insita in ognuno di noi, la latente frustrazione che comporta il ritrovarsi a tirare parzialmente le somme della propria vita vedendo quanto si è dovuto rinunciare per aver fatto scelte diverse, oscurare l’amore che fino a pochi istanti prima si considerava il punto di forza di tutta la propria esistenza?
Questo Michiru non lo sa, ma lo scoprirà presto.
Sequel dei racconti:
”l'Atto più grande”
“Il viaggio di una sirena”
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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La vita che ho scelto

 

Sequel dei racconti:

l'Atto più grande”

Il viaggio di una sirena”

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

Progetto di autodistruzione

 

 

Uscì dal Moderna Museet invasa da un turbinio di sentimenti contrastanti; libera da una parte e profondamente triste dall’altra. Prima di andare all’appuntamento che la mattina di buon ora era riuscita a prendere con l’amministrazione del museo, Michiru era passata all’Aleris Hospital per sincerarsi sulle condizioni di Simon Ghallakan. Lo aveva trovato addormentato con Philip al suo capezzale, definitivamente fuori pericolo dopo il buon esito di una lavanda gastrica, ignaro di tutto quello che aveva fatto passare al compagno e sicuramente poco propenso ad uscire dal vortice di autodistruzione nel quale, per un motivo o un altro, si era gettato. Nel vederlo adagiato in quel letto d’ospedale, Michiru aveva ripensato ad Haruka, alle sere nelle quali aveva dovuto portarla di peso al San Giovanni, a Zurigo, alle lotte per convincerla a tirare fuori le unghie per cercare di farcela e la cosa l’aveva talmente tanto angosciata da farla trattenere con i ragazzi solamente lo stretto necessario. Se n’era dispiaciuta, ma in tutta franchezza in quella situazione non si sentiva di dare a Philip molto di più.

Così una volta fuori dalla grande struttura ospedaliera, a passo svelto aveva puntato all’isola di Skeppsholmen pronta a realizzare il suo progetto.

Il mio progetto di autodistruzione, se la rise pensando alla faccia che Kristen avrebbe fatto quando sarebbe stata messa a conoscenza di tutto. Michiru era contenta della scelta che aveva fatto, certo da una come lei poteva considerarsi una sconfitta, ma alla luce di tutto quello che aveva visto negli ultimi giorni e a mente lucida, non aveva trovato alternative migliori. Così con l’aiuto di due comode stickers bianche, attraversò la ciclabile che circumnavigava l’isola per fermarsi qualche istante ad osservare il blu intenso del mare poco oltre. Le sarebbe mancato, come in ogni suo viaggio dove si sentiva avvolta dalla sua fragranza e della sua voce.

Poggiando gli avambracci al corrimano zincato incurvò le spalle in avanti stirando le labbra. Con molta probabilità farò un piacere a tutti, pensò rabbrividendo ad una folata di salsedine.

 

 

“Yes, of course. See you soon.” Kristen chiuse l’I phon allacciandosi la camicia di lino blu tornando poi a sorseggiare la tazza di caffè nero in pieno stile newyorchese che si era fatta portare dal servizio in camera. Grazie al cielo non era una donna che necessitava di grandi porzioni di sonno per ricaricarsi, anche se quella mattina si sarebbe cullata volentieri fra le lenzuola per un’altra ora buona. La sera precedente aveva dovuto tenere testa ad una serie d’imprevisti per niente piacevoli ed anche se la cena aveva soddisfatto praticamente tutti, l’essere stata costretta a quel tour de force l’aveva parecchio stancata. Soprattutto psicologicamente.

Visto quello che era successo a Simon, Philip non sarebbe stato operativo per almeno gran parte della giornata, così sarebbe toccato a lei gestire la situazione; gli sponsor, un’intervista e il maestro Marinof in testa. Quante idee aveva quell’uomo e quanto poco propenso era a metterle realmente in pratica. Il tempo era scarso e due temporanee come le loro avevano bisogno di un progetto che avesse dei punti fermi. E poi c’era Kaiou che non aveva ancora firmato ne il contratto, ne l’assicurazione chiodo a chiodo che avrebbe permesso ai suoi quadri di partire da Berna.

Fra le tre, la temporanea di Michiru era quella che la preoccupava di meno, soprattutto perché aveva notato nella donna più giovane una certa affinità con le idee e la personalità di Philip. Quello che invece l’impensieriva era il carattere ostinato della bernese. La determinazione con la quale la sera precedente le si era opposta poteva diventare un problema, in particolar modo perché Kristen non era affatto abituata ad essere contraddetta o messa in discussione da nessuno.

Sedendosi in una poltrona che dava sull’unica finestra della sua camera d’albergo, accavallò le gambe guardando il mare poco oltre. Forse era la prima volta in tutta la sua vita che incontrava una persona capace di tenerle testa senza che si fosse tra le lenzuola di un letto e a dirla tutta, nel profondo, la cosa le piaceva. Michiru aveva un carattere gentile e propositivo, ma guai ad andare contro i suoi principi.

“Mia cara Kaiou-san, nel mondo dell’arte i principi non vanno assolutamente d’accordo con la carriera.” Ed improvvisamente curiosa, si chiese come potesse essere il rapporto tra lei e la donna bionda che l’era stata presentata al vernissage di castel Grande.

A prima vista Haruka Tenou era sembrata una donna strafottente e molto sicura di se, taciturna, ma al contempo capacissima di sostenere una conversazione pungente. Un carattere forte insomma, che l’artista poco riusciva a vedere unito a quello altrettanto guerriero di Kaiou. Evidentemente era proprio quest’ultima a saper guidare la coppia, tanto è vero che nonostante il pochissimo preavviso e con un lavoro già avviato, Michiru era riuscita a partire per Stoccolma senza nessunissimo problema.

Stirando le labbra in una posa sardonica, Kristen continuò ad assaporare il denso liquido scuro fino a quando due tocchi bene assestati alla porta dell’anticamera non la fecero voltare di scatto. Corrugando la fronte domandò chi fosse.

“Michiru.”

Michiru? Pensò alzandosi piano per andare ad aprire.

Mani nelle mani liberamente appoggiate al grembo, Michiru le appari come la più classica delle liceali in gita scolastica. Kristen sbatté le palpebre ai jeans ed alla camicetta bianca dalle maniche corte leggermente sblusate che mai le aveva visto in quei giorni. Senza un filo di trucco. Senza sul viso la traccia di una qualche minima preoccupazione lavorativa.

“Kaiou-san?!” Si ritrovò a farfugliare non riuscendo a sovrapporre la donna sexy della sera precedente con la semplice creatura che le stava ora davanti.

“Ti disturbo?” Chiese l’altra notando i capelli argentati dell’artista ancora bagnati e completamente tirati all’indietro.

“No, ma… Non ricordi che alle dodici e trenta abbiamo un’intervista?”

“Tu e il maestro Marinof l’avete. - Puntualizzò sorridendo sicura. - Hai cinque minuti? Dovrei parlarti.”

Quella richiesta portò Kristen completamente fuori strada. Facendole spazio la lasciò passare richiudendo la porta.

“Immagino si tratti di quello che è accaduto ieri sera.”

“In realtà… , no.”

“No?”

“In verità sono rimasta sveglia per tutta la restante notte a chiedermi perché tu possa esserti comportata tanto freddamente, giungendo alla conclusione che prima di tutto non sono cose che mi riguardano e secondo, non conoscendo praticamente nulla del tuo rapporto con Simon non ho basi per capirti.”

Stranamente più sollevata, l’artista posò la tazza sul tavolino accanto alla finestra. “Mi stupisci sai!?”

“Perchè?”

“Ti facevo un tipo abbastanza elastico, ma non credevo che arrivassi addirittura a non giudicarmi.” Disse invitandola a servirsi della caraffa di spremuta d’arancia che Michiru però declinò scuotendo la testa.

“Credi forse che non l’abbia fatto? Non sono tanto nobile. - Puntando lo sguardo alla finestra semi aperta perse lo sguardo al mare. - Ho detto di non poterti capire, non che non ti abbia giudicata e credimi, l’ho fatto anche abbastanza ferocemente, perché qualsiasi cosa possa averti fatto Simon, o per giunta Philip, non meritavano la totale mancanza d’empatia che hai avuto questa notte. Ma comunque ti ripeto…; non sono venuta qui per parlare di loro.”

Quelle parole furono per l’artista come un coltello sulla pelle, ma cercando di soprassedere iniziò ad infilarsi la giacca del tailleur guardando poi l’orologio. “Sarebbe cosa gradita che anche tu presenziassi all’intervista.”

“Non ne vedo il motivo…”

“Perché anche se la tua sezione sarà marginale, è bene che tu venga. Tanto più che visto la latitanza del curatore…”

“E’ per una giusta causa.”

“Immagino.”
“Non vuoi neanche sapere come stia Simon?”

Kristen ebbe un moto di stizza. “Kaiou-san, i tuoi splendidi occhi sono asciutti e vispi come sempre, dunque arguisco che sia andato tutto bene.”

Nell’ascoltarla Michiru ebbe la riprova che la scelta che aveva fatto durante quella notte insonne era giusta e sacrosanta, così parlò tutto d’un fiato e senza lasciare all’altra una possibilità d’interromperla.

“Sai, ci sono persone che ricordano il proprio passato lo fanno tenendo bene a mente solo le cose negative, altre invece, tutto l’opposto. Io sono di quest’ultima categoria ed infatti mi ero completamente dimenticata perché anni addietro rinunciai a questa carriera. Mi ero convinta che fosse solo per la fatica con la quale sarei potuta emergere, ma in realtà lo feci per il disagio di avere a fianco artisti come te. Non che tu sia una cattiva persona, altrimenti non riusciresti a creare cose tanto belle, ma il menefreghismo con il quale tratti tutti coloro che tu reputi inferiori, mi lascia totalmente senza parole.”

“Non parlare così solo per aver sentito la campana di un artistoide fallito.”

“Philip mi ha detto di come hai aiutato Simon, come sia stata generosa con lui, ma ha anche specificato quanto tu sia stata altrettanto rapida nel togliergli ogni forma di aiuto. E questo è un fatto, visto che ridendone perfino sopra, ieri sera alcuni tuoi amici mi hanno confermato la cosa.”

Colpita a freddo l’altra stava per controbattere, ma Michiru fu più veloce e facendo un passo verso di lei continuò senza esitazioni. “Ne ho conosciute di persone come te. Li chiamano mecenati guida; artisti di fama internazionale che hanno come hobby lo scegliersi degli adepti da seguire e far crescere. In alcuni casi la cosa può anche risultare vincente, una buona opportunità per entrambi, ma in altri il tutto può diventare alquanto squallido.” Michiru lasciò volontariamente cadere la frase attirandosi contro lo sguardo glaciale di Kristen.

“Hai finito?! Mi sembrava avessi detto di non essere venuta qui per parlare di quei due.”

“Esattamente. Era solo un preambolo.”

“Per cosa?” Chiese sarcastica avvicinandosi talmente alla più giovane da sentirne in calore del viso sul proprio.

“Te lo dico schiettamente; io non sono Simon.”

“A si? Ne sei proprio sicura Kaiou.san? Perché mi sembra che tu non abbia battuto ciglio nell’accettare il mio invito ad esporre a Stoccolma.”

Sostenendone lo sguardo, Michiru ammise di aver peccato di superbia nel credere che le sue opere giovanili fossero tanto valide da potere essere paragonate a quelle di due artisti come lei ed il maestro Marinof.

“Tanto bella quanto intelligente. E in cosa saresti diversa da Simon?” Sfidò Kristen afferrandole improvvisamente il mento con pollice ed indice.

“Lasciami!” Facendo due passi indietro l’altra si liberò di quel tocco ricordando le parole di Philip.

Michiru, stai attenta. Sei molto brava, ma è lei ad avere il coltello dalla parte del manico, e forte della sua scelta si sentì un gigante.

“Devi scegliere Kaiou-san! O i tuoi principi…, o l’arte.”

Allora disegnando un sorriso sempre più marcato che spiazzò non poco l’artista, Michiru respirò a pieni polmoni il leggero odore di salsedine unito a quello del bagnoschiuma ancora proveniente dal bagno.

“C’è solo una persona che possa farmi scendere a compromessi e non sei tu.”

Scoppiando in una fragorosa risata Kristen si avvicinò nuovamente e questa volta lo fece con tutte le intenzioni del caso. Michiru l’aveva sempre attratta, ma da quando aveva iniziato a scorgere il fuoco che le ardeva dentro e complice il fatto di aver saputo della sua omosessualità, la cosa aveva preso la piega di una vera e propria ossessione.

“Cosa ci sarebbe tanto da ridere?!”

“O mia cara Kaiou-san, davvero non capisci?”

Non indietreggiando più di un centimetro, Michiru rese gli occhi simili a due fessure. “Illuminami…”

”La questione è semplice…; se vuoi continuare quest’avventura artistica, come ti ho spesso sentito chiamarla, non devi far altro che assecondarmi. Sono una mecenate guida che spesso pecca di superbia, è vero, ma non mi si può addossare una croce solo perché desidero circondarmi di belle persone.”

“Vuoi dire persone che t’idolatrino.” Puntualizzò avvertendo le dita della sinistra dell’artista all’altezza del fianco.

“Proviamo a metterla sotto una luce diversa; non potrei essere io la vittima? L’artista sfruttata per il suo talento e le sue conoscenze?”

Il tocco si fece più intenso provocando in Michiru un senso di disagio misto a piacere, ma continuò comunque a mantenersi fredda. Esclusa la sua donna, era tanto che non si sentiva desiderata in quel modo e in un cantuccio del suo orgoglio femminile la cosa le fece dannatamente piacere.

“Non asseconderò le tue voglie solo per un lavoro. Se pensi questo di me allora non hai assolutamente capito come sono fatta.”

“Si dice che tutti abbiano un prezzo. - Soffiò provocandone un leggerissimo brivido.- Sentiamo Kaiou-san, tu in cosa saresti diversa da Simon Ghallakan?”

Scattando la sinistra al polso destro dell’altra per bloccarne qualsiasi altro movimento e consapevole del non voler più tornare indietro, Michiru parlò con voce calma. “La differenza tra noi sta nel fatto che io non sono assolutamente disposta a rinunciare alla mia famiglia per il successo, mentre lui si.”

L’artista sbatté le palpebre spiazzata mentre la più giovane continuava. “Questa mattina ho presentato ufficialmente il mio ritiro e non c’è nulla che tu possa offrirmi perche possa cambiare questa decisione.”

“Vuoi lasciare tutto?!”

“L’ho già fatto.”

“Staresti rinunciando all’opportunità di una vita,… per lei?”

“Sto rinunciando ad una temporanea,… per NOI.” E quel pronome non racchiudeva solo la sua donna, ma anche la sua stessa vita.

“Questa temporanea, come la stai semplicemente chiamando, potrebbe aprirti le porte del successo. L’amore è una cosa effimera. La carriera no!”

Michiru non aveva fatto quella scelta solo perché con molta probabilità il suo rapporto con Haruka ne avrebbe risentito forse in maniera irrimediabile. Era la sua quotidianità a mancarle, il suo essere riuscita, dopo una vita di ricerca, a trovare una sua dimensione in un posto da poter finalmente chiamare casa e non ci avrebbe rinunciato per lo schiribizzo di un momento.

“Non credere che presentare la mia rinuncia non mi sia costato, sbaglieresti, perché come hai detto sono sufficientemente intelligente per capire che un’opportunità del genere non capita spesso. Quello che però mi lascerei alle spalle non ha prezzo. E poi… - Lasciando il polso di Kristen, Michiru fece per tornare verso l’uscita. - … anche se non avessi una compagna che mi aspetta, non accetterei mai di sottostare ai tuoi voleri per emergere. Forse è vero che tutti hanno un prezzo…, ma questo non è il mio.”

“Metti orgoglio e cuore da parte e ripensaci! Perché così agiscono solo gli idioti!”

“Arrivederci Kristen.”

“Kaiou! - Imperò la svedese facendola bloccare sulla porta. - Se hai parlato tanto con Philip saprai che se voglio posso anche essere molto vendicativa. Se esci da questa stanza posso garantirti che come curatrice, il nome di Michiru Kaiou non comparirà mai più in una mostra di una qualsiasi struttura museale europea!”

“Scusami?! Cosa sarebbe questa, una minaccia?”

“Un avvertimento…”

Ci fu un momento di stallo in quella camera d’albergo nel Gamla Stan di Stoccolma, un momento nel quale l’aria sembrò rarefarsi, i suoni esterni smorzarsi e i movimenti azzerarsi. Poi, senza quasi batter ciglio, Michiru schiuse le labbra in un sorriso tronfio incredibilmente simile a quelli che la sua donna faceva prima di tirar fuori qualche sfondone.

“Kristen…, te lo dico di tutto cuore… Ma vai allegramente a farti fottere!” E forzando il palmo sulla maniglia la dottoressa Kaiou uscì finalmente rivestita della sua dignità intellettuale.

 

 

Il giorno dopo, di buon ora ed ignara di tutto, nel suo ufficio al centro Ducati di Bellinzona, Haruka stava scrivendo una relazione al computer quando il cellulare le squillò sulla scrivania. Aggrottando le sopracciglia riconobbe la suoneria da cartone animato che aveva affibbiato alla sorella e di malavoglia rispose senza staccare gli occhi dal monitor.

“Giovanna, che c’è? Lo sai che sono impegnata…” Disse rileggendo le ultime due righe battute velocemente.

Una decina di secondi e partì la prima imprecazione agli dei della velocità. “Ma come rotta?! Hai chiamato un carro attrezzi? Ecco, bene… E allora cosa vuoi da me?”

Altri dieci secondi di spiegazione sul perché e per come dovesse scomodarsi nell’andare a prendere la maggiore bloccata in una stradina vicino il bel vedere di Montebello e la bionda cedette sospirando pesantemente.

“E va bene, rompi palle! Stai ferma li. Vedo di staccarmi e arrivo.” Garantì riattaccando.

Ma guarda che rottura, pensò alzandosi dalla sua scrivania per andare a prendere il giubbotto abbandonato sulla poltrona di fronte a lei. Quel giorno Haruka avrebbe tanto voluto essere figlia unica.

   
 
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