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Autore: _Lightning_    29/09/2021    2 recensioni
Dopo aver lasciato Nevarro, Din Djarin ha ormai poche certezze: è ancora un Mandaloriano, deve trovare il pianeta natale del Bambino, e i compagni sfuggiti al massacro di Gideon sono vivi, da qualche parte nella Galassia. Quest'ultima è più una speranza, e lui non ha idea di come si viva di speranza. Soprattutto quando tutte le altre certezze, quelle che ha sempre custodito tra cuore e beskar, sembrano sgretolarsi con ogni passo che compie.
Non tutti i suoi fantasmi sono marciati via.
Dall'ultimo capitolo: Il Moff lo conosceva – sapeva il suo nome, da dove veniva, chi fosse la sua famiglia.
Anche Din lo conosceva. Ricordava il suo nome sussurrato di elmo in elmo come quello di un demone durante le serate attorno al fuoco della sala comune, l’unica luce che potessero concedersi in quegli anni di persecuzione. Ricordava il Mandaloriano mutilato e con la corazza deforme che narrava singhiozzando della Notte delle Mille Lacrime, quando interi squadroni d’assalto erano stati vaporizzati a Keldabe dalle truppe imperiali.

[The Mandalorian // Missing Moments // Avventura&Azione // Din&Grogu // Post-S1 alternativo]
Genere: Avventura, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Baby Yoda/Il Bambino, Carasynthia Dune, Din Djarin, Jango e Boba Fett, Yoda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Episodio 4
LA TRAPPOLA

Parte VII



 

“Smantellare la rete di Fulcrum e informatori solo perché l’Impero è "scomparso"?
Assolutamente no.
Conosco l’Impero, e vorrebbe dire lasciare loro campo libero nell’ombra.
Siamo già stati ciechi e sordi in passato: stavolta, rimarremo con occhi e orecchie bene aperti.”

— Iden Versio, Comandante dello Squadrone Danger, in risposta a un Generale della Nuova Repubblica.

 

 

 

Cal aveva quasi dimenticato il suono stridente dei blaster che venivano respinti da una spada laser. Erano passati anni dall’ultimo scontro a fuoco a cui aveva preso parte; quasi si stupì dell’agilità con cui si ritrovò a schivare e parare, generando ventagli di scintille a ogni impatto della lama col plasma.

Alzò la spada per parare un colpo diretto alla sua testa, avvertendone un altro in arrivo dal suo angolo cieco. Portò la mano libera all’elsa e la ruotò lungo la linea di giunzione, sdoppiando la spada. Piegò poi il polso all’indietro per intercettare il colpo alle sue spalle con la seconda lama, più corta e maneggevole.

Una pressione nella Forza guidò la sua mossa successiva: balzò lateralmente con una mezza capriola, frapponendosi tra un’altra scarica di blaster e Syn. Ricompose l’elsa, lasciando attive entrambe le lame e mulinando rapidamente la doppia spada in una girandola azzurrina che fece loro da scudo. Uno dei colpi respinti andò a impattare ai piedi di Zetz, sollevando frammenti affilati di ossidiana.

Il Rodiano riparò dietro una roccia aguzza e lucida come uno specchio nero, intimando ai suoi di fare lo stesso. Antenne di Verpine e lucide canne di blaster sbucavano dietro alle sporgenze simili a zanne di Krayt che costellavano quel crinale vulcanico.

Cal ne approfittò per riprendere brevemente fiato, avvertendo i trilli allarmati di BD direttamente nell’orecchio. Non erano in una bella situazione: Zetz e i suoi scagnozzi li avevano accerchiati a una buona distanza dall’uscita della miniera, tagliando loro ogni via di fuga. Se fosse stato da solo, li avrebbe sbaragliati senza un secondo pensiero – ma, di fatto, non lo era.

Syn, o qualunque fosse il suo nome, cercava come poteva di creare un fuoco di copertura col suo unico blaster, tenendo stretto il piccolo tra il braccio e la corazza, ma non era comunque del tutto al sicuro. Cal non poteva allontanarsi da loro e ingaggiare in prima persona la banda senza il rischio che venisse colpito fatalmente o catturato.

Un ennesimo blaster lampeggiò dinanzi a lui: lo intercettò a mezz’aria con la punta della spada e lo direzionò contro l’aggressore, che crollò a terra con un buco fumante nel torace da insetto.

«Notizie da Mando?» chiese, celando l’affanno mentre schivava un’altra scarica di colpi, che si schiantarono dietro di loro.

«Negativo. Il suo comlink deve essersi danneggiato» disse lei, rispondendo al fuoco in modo preciso, ma troppo rarefatto per tenere a bada i trafficanti. «Adesso sì che mi pento di non aver portato uno Z-6 a ripetizione» sbuffò poi, guardando storto il proprio blaster, più adatto a una missione sotto copertura che a uno scontro aperto.

Cal si concesse un sorrisetto di solidarietà, adocchiando l’ennesimo proiettile diretto verso di loro. Spostò in automatico la spada per pararlo, imprimendo già la rotazione necessaria per rispedirlo al mittente. Invece del familiare rintocco che accompagnava quella manovra, però, udì un crepitio acuto, seguito da una fitta al volto.

Non trattenne un’esclamazione sorpresa e scartò di lato, avvertendo rivoli di sangue che prendevano a scorrere lungo la tempia e lo zigomo. BD lanciò un lungo squittio allarmato, agitandosi sulle sue spalle.

«Per Dathomir, ma che–»

Si tamponò il viso con una manica, avvertendo dei microscopici frammenti metallici sottopelle. E quello che kriff era? Quando vide il secondo proiettile in arrivo, identico al primo, incanalò ogni fibra attiva del suo corpo nel flusso di Forza, riuscendo a visualizzare quellistante come al rallentatore.

Quello che si dirigeva verso di loro non era un agglomerato di plasma ed energia, come quello di ogni blaster, ma un vero e proprio proiettile fisico, simile a una pallina da biglie Wuur infuocata.

Scartò prontamente di lato, scansando anche Syn e il piccolo. Intercettare un colpo del genere con una spada laser significava disintegrarlo in migliaia di frammenti più piccoli e potenzialmente letali, con un raggio molto più ampio dei semplici blaster.

Seguì la direzione da cui proveniva il proiettile, identificando subito la testa blu di Kobal, il braccio destro di Zetz. Scorse il suo sogghigno nel realizzare di averlo messo in difficoltà. Abbaiò un singolo ordine ai suoi, che riecheggiò nella calma dellalba:

«Armi Verpine!»

Vi fu un sommovimento generale tra i trafficanti, accompagnato dal distinto suono di armi che venivano riposte nella fondina e altre che venivano sfoderate e poi caricate con scatti secchi.

Cal avvertì il tempo dilatarsi, come sempre quando attingeva dal flusso di Forza. Il Maestro Tapal lavrebbe rimproverato per quel pensiero: non era il tempo a rallentare, ma lui a sfruttare limpasse del flusso a suo vantaggio, inserendosi nella rapida corrente che circondava ogni vita.

Ritrasse la spada laser, ignorando lo sguardo sconcertato di Syn, poi tese entrambi i palmi davanti a sè. Avvertì come sottacqua le detonazioni dei blaster Verpine, e le visualizzò come piccoli lumicini sul radar di una nave. Si avvicinavano rapidi, dorati nel buio. Cal contrasse appena le dita sentendo lenergia che ne scaturiva, solida e calma come un respiro.

Riaprì gli occhi, trovandosi di fronte alle sagome tremolanti dei proiettili sospesi a mezzaria, vibranti denergia repressa e pronta a esplodere. Colse la meraviglia tinta di paura negli occhi di Zetz e Kobal e, con uno scatto dei polsi, li rispedì indietro. La gragnola letale impattò contro le formazioni dossidiana, creando una fitta pioggia di schegge e frammenti. Un paio di grida gli dissero che alcuni erano andati a segno.

Syn non esitò: colsero lattimo e si mossero in sincrono lungo il versante scosceso che conduceva a Kaha. Le luci notturne della città cominciavano a spegnersi una ad una, accogliendo un mattino reso limpido dalla burrasca. Il sole lottava per sbucare oltre lorizzonte segnato da una linea doro pallido, a bordare nuvole ancora cariche di pioggia. La tenue luce si rifletteva in nastri argentei sullacqua residua che serpeggiava lungo i pendii scuri e le strade di basalto in lontananza, guidandoli verso la meta.

In quel mondo quasi monocromatico, punteggiato da formazioni laviche e speroni aguzzi, Cal fece appello ad ogni briciolo dagilità per non mettere un piede in fallo e ruzzolare rovinosamente a valle, trascinando con sé Syn e il piccolo che procedevano davanti a lui. Di tanto in tanto, faceva oscillare la spada per parare un blaster, o tagliava laria col palmo deviando e bloccando i proiettili a frammentazione che ancora li inseguivano.

Il loro vantaggio era minimo e il confine dello spazioporto, a ridosso della costa, sembrava fin troppo lontano.

«Cal, prendilo tu» gli arrivò allimprovviso, e vide Syn che, senza rallentare, faceva per tendergli il fagotto verde e beige del piccolo.

Cal scosse solo la testa, a tempo con un fendente della spada. Ciò che lex-assaltatrice diceva era logico, ma lui non era fatto per lasciare indietro qualcuno. E poi, limpronta che avvertì nella Forza lo indusse ad aspettare, così come il pigolio speranzoso di BD.

«Ti sto solo rallentando» obiettò di nuovo Syn, sparando un paio di colpi alle sue spalle e azzoppando un Verpine troppo audace. «Prendilo e vai alla Crest, prima che–»

Fu costretta a interrompersi, coperta da un rombo improvviso di propulsori. Cal modellò un sorrisetto appena accennato, trovando conferma del suo presentimento nella saetta lucida e argentea che sfrecciò sopra di loro, scagliando una raffica di blaster verso i loro inseguitori. Qualcosa di tondo e metallico rimbalzò ai loro piedi, detonando con un boato e rilasciando getti di fumo.

Mando atterrò di fronte a loro, sdrucciolando sul terreno franabile. Larmatura era ancora inzaccherata di sangue, ma il grigio del beskar faceva capolino in più punti, come se fosse stato lavato dallacqua.

Il piccolo emise un versetto acuto e drizzò le orecchie. Il Mandaloriano inclinò appena il capo nella sua direzione.

«Scusate il ritardo» si limitò a dire, in un tono indecifrabile e venato daffanno. «Ho avuto un contrattempo.»

«Si vede» commentò Syn, accennando a una scalfittura biancastra che risaltava sul suo elmo, vicino al segno annerito di un blaster.

Mando scrollò le spalle in risposta e frammenti di durasteel tintinnarono a terra, staccandosi dalla placca protettiva semidistrutta sulla coscia. Dietro di loro, la voce stridula di Zetz lanciò un ordine incomprensibile, spingendoli a voltarsi: oltre la nuvola di fumo e detriti provocati dalla bomba fumogena, sagome minacciose barcollavano verso di loro.

«Prendo io il Bambino» dichiarò il Mandaloriano, porgendo già il braccio libero dal blaster. «Sono quasi a secco, ma posso raggiungere la Crest

Cal vide la perplessità di Syn, nel modo in cui non eseguì subito quella richiesta. Lui stesso fu colto di sorpresa: Mando non sembrava il tipo di persona che avrebbe lasciato a cuor leggero i suoi compagni in una situazione di pericolo. Cera una nota tesa, nella sua voce, e la sua impressione nella Forza sembrava girare su se stessa in circoli viziosi, come mulinelli che vorticavano attorno a qualcosa di pesante.

Lo scontro con laltro Mandaloriano doveva averlo provato, non solo fisicamente. Cal sospettò che quella minaccia non fosse affatto passata, anche se non avvertiva alcun segnale allarmante nelle vicinanze. La sua lettura della Forza non era infallibile, però, e sapeva di dover chiudere al più presto quello scontro impari.

«Vai» lo incitò, quando vide che il guerriero, nonostante avesse ora il piccolo sottobraccio, ora esitava a decollare. «Qui ci pensiamo noi.»

Mando annuì, attivando il jetpack. Ne scaturì un suono affatto pieno e un po sputacchiante, come se stesse ormai grattando il fondo del serbatoio.

«Torno a prendervi con la Crest» si limitò ad annunciare già a mezzaria, balzando nel vuoto e verso lo spazioporto.

La sua sagoma grigiastra si confuse ben presto col panorama brullo, inseguita da un paio di blaster che si persero nel vuoto.

Cal scambiò un cenno dintesa con Syn e attivò di nuovo la doppia spada, assumendo la posizione di combattimento con entrambe le lame. Adesso, potevano muoversi e agire senza la preoccupazione di dover difendere qualcuno di inerme.

BD, captando le sue intenzioni, saltò giù dalle sue spalle per agevolargli i movimenti. Cal non attese oltre: spiccò un balzo e atterrò dinanzi al Verpine più vicino, scagliandolo da parte con un calcio nel ventre. Fece perno sul piede, parò un blaster e schivò un proiettile con una mezza piroetta, ricongiungendo le spade e respingendo una raffica. 

Avvertì le schegge di qualche proiettile invisibile che gli sfiorarono il braccio, ma non vi badò. Si accucciò, per poi schizzare via, in alto, e si elevò proprio al centro dello schieramento nemico.

I trafficanti si strinsero distinto attorno a lui, pronti a crivellarlo a mezzaria o non appena avesse toccato il suolo. Come previsto.

Cal raccolse appena il corpo, aumentando la velocità dimpatto, e atterrò concentrando tutto il peso e lenergia sul palmo, la spada sollevata a intercettare ogni attacco. La potente onda di Forza che scaturì dallimpatto generò un boato soffuso: tutti gli avversari e i proiettili nel raggio di due metri furono sbalzati via, fornendogli campo libero.

Un Verpine temerario si riprese abbastanza in fretta da tentare di attaccarlo, ma fu abbattuto da un colpo di Syn e stramazzò a terra senza un grido.

Cal guizzò qua e là con lo sguardo, individuando lobiettivo: Zetz, riparato dietro un masso, bofonchiava qualcosa in un comlink da polso. Un istante dopo, il dispositivo cadde a terra assieme alla sua mano, accompagnato dal suo urlo mentre si stringeva il moncherino, le antenne ritorte per il dolore. Crollò in ginocchio, la spada laser puntata alla gola.

«Di ai tuoi di ritirarsi» gli intimò Cal, pestando col piede il comlink dellImperiale.

Dietro di lui colse Syn che, approfittando della confusione, era riuscita a mettere sotto tiro Kobal, rannicchiato al suolo con un suo stesso proiettile conficcato nella caviglia.

Il resto dei Verpine si tenne a distanza, confuso e impaurito di fronte alla possibile perdita dei loro capi.

«Feccia Jedi» sputacchiò Zetz, serrando le labbra sino a renderle di un rosa pallido, livido rispetto alle sfumature violacee della sua pelle. Fissò con sfida la lama sfrigolante denergia a pochi centimetri dal suo collo. «Non lo faresti mai. Voi siete i "Guardiani della Pace"» lo stuzzicò in un sibilo.

Cal si limitò a sollevare le sopracciglia, senza allontanare larma.

«Io non faccio più parte dellOrdine» replicò freddo, avvicinando di qualche millimetro la spada al suo mento.

Ovvio, che non lavrebbe mai fatto... ma Zetz non lo sapeva per certo.

Laltro, però, dovette leggere lesitazione nei suoi occhi o nella sua voce: invece di arrendersi, la sua mano scattò al petto, sotto alla giacca, e impugnò un blaster-derringer.

Fece appena in tempo a puntarglielo contro, che sirrigidì in preda agli spasmi, attraversato da unimprovvisa scarica elettrica. Crollò a terra svenuto. BD balzò allegro sulla sua schiena, molleggiando compiaciuto sulle zampe, col fulminatore che ancora sprizzava scintille.

«Ben fatto, BD. Rischiava di diventare una conversazione terribilmente noiosa» sorrise Cal, invitando il piccolo droide ad agganciarsi di nuovo alle sue spalle.

«Hai intenzione di opporre resistenza anche tu?» sentì chiedere Syn.

Cal si voltò per vedere Kobal che, da terra, ridusse gli occhi scarlatti a due fessure, una mano serrata attorno alla caviglia sanguinante. Si limitò a scuotere lentamente la testa e a far cenno ai suoi di non intervenire. I Verpine rimasti, poco più di mezza dozzina, si ritrassero cauti, poggiando a terra le armi.

«Ottimo, perché abbiamo qualche domanda per te» continuò Cal, ritraendo la spada e agganciandola alla cintura. «Per esempio, chi è che dà davvero gli ordini qui.»

Il Duros fece scattare le pupille orizzontali da lui a Syn, digrignando i denti. Cal capì che non avrebbero cavato un wyyyschock dal buco: Kobal era un semplice secondo in comando, subordinato a Zetz e a chiunque stesse dirigendo loperazione mineraria di kyber su Awath.

«Perché non lo chiedete allaltra testa di beskar?» ringhiò infatti lui, scoprendo i denti consunti.

Syn inarcò un sopracciglio, incalzando il resto con un movimento secco del blaster.

«Al cacciatore di taglie Imperiale? Cosa dovrebbe saperne lui?»

Kobal strinse la bocca sottile, come pentendosi di essersi lasciato sfuggire quel commento. Scoccò unocchiata alla bocca dellarma puntata su di lui, come intuendo che unex-assaltatrice Ribelle avrebbe avuto molte meno remore di uno Jedi nelluccidere un Imperiale.

«È lunico ad avere contatto diretto con chi comanda. Noi eseguiamo solo gli ordini.»

«Ovvero?» intervenne Cal, avvicinandosi di un passo.

«Dovresti già saperlo, in quanto spia,» quasi ringhiò Kobal, stringendo la presa sulla ferita.

«So che state cercando i cristalli kyber, ma non so ancora perché. Anche se posso intuirlo.»

«Allora ne sai quanto noi.»

«E anche quanto Zetz?» aggiunse Syn.

«Sì» rispose laltro, troppo in fretta per essere credibile.

I suoi occhi rossi corsero fulminei alla sagoma scomposta del Rodiano, ancora immobile a terra. Cal meditò un istante sul da farsi, senza riuscire a collegare i puntini nella sua testa – o meglio, collegandoli in modo fin troppo allarmante per volercisi soffermare.

Quella scoperta puntava in ununica direzione: lImpero stava cercando di riassemblare una flotta. Uno Star Destroyer aveva bisogno di cristalli kyber, per le sue armi laser. Dovera, però, quella flotta? Iden non avrebbe accolto bene la notizia, soprattutto se così fumosa.

Così come Scorch non avrebbe preso bene il fatto che il Mandaloriano in verde fosse davvero affiliato con lImpero.

«Ci sono un paio di posti in più, sulla vostra Crest?» chiese infine, accennando a se stesso e a Zetz.

Syn alzò le spalle, sembrando divertita.

«Mando ha una politica piuttosto liberale sui passeggeri extra... sempre che a uno dei due non dispiaccia dormire in una lastra di carbonio.»

«Non credo che Zetz abbia più voce in capitolo» ridacchiò Cal, scuotendo la testa e spostando per un istante da parte le cupe rivelazioni della giornata.

Un rombo lontano attirò il loro sguardo verso lalto: nel cielo ormai schiarito da tinte rosate, si intravedeva una tozza astronave argentea in avvicinamento.

«Tra poco potrai discuterne direttamente con lui» commentò lei, con un cenno del mento.

Cal strizzò gli occhi, mettendo a fuoco il velivolo: la Razor Crest era un vecchio modello di cannoniera della Repubblica, di quelle usate come navi-vedetta nei settori limitrofi dellOrlo Esterno. Non sembrava affatto comoda come lo yatch Mantis a cui era abituato, ma avrebbe dovuto accontentarsi.

Rilassò i muscoli, determinando chiuso lo scontro, quando un secondo rombo colpì i suoi timpani, più basso e cupo. 

La sagoma massiccia di una bizzarra nave verde e rossa si sollevò alle spalle della Crest, mentre decollava dai campi lavici attorno alla città. Rimase sospesa lì per un istante, apparentemente in stallo, per poi inclinarsi di scatto in avanti, abbandonando la posizione orizzontale e rivelando la sua forma a T.

Si scagliò poi allinseguimento della Crest, coi cannoni blaster che squarciarono il cielo di lampi rossi.
 


 

Din tirò di scatto a sé la barra di comando e azionò gli alettoni direzionali: la Crest s’impennò con un sobbalzo, schivando il fuoco nemico. Il rivestimento metallico sbatacchiò, rumoroso, ma la nave resse la pressione dell’aria, subendo solo un breve rollio.

Riportò la nave in posizione orizzontale, con la prua orientata verso luscita della miniera appena visibile nel grigio dei pendii vulcanici. Inutile compiere manovre diversive adesso: laltro Mandaloriano – perché di lui doveva trattarsi – sapeva benissimo dovera diretto. Allontanarsi da Cal e Cara li avrebbe solo esposti al rischio di un fuoco aereo.

Si gettò unocchiata alle spalle, verso il retro della cabina: contrariamente a quanto accadeva di solito durante gli scontri aerei o spaziali, il piccolo non stava esultando a tempo con le manovre, rischiando di cadere dal sedile a forza di agitare le mani. Stavolta, se ne stava rannicchiato nella sua scatola che fungeva da seggiolino, ignorando ciò che accadeva e voltandogli le spalle.

Din trattenne un sospiro, interrotto da un brutto scossone che lo distolse immediatamente: non aveva tempo per riflettere su quello strano atteggiamento, con una Firespray armata fino ai denti alle calcagna che guadagnava terreno.

Cabrò di colpo, innescò i postbruciatori e virò con un dietrofront per tenersi fuori dal mirino dellaltra astronave e tentare di arrivarle alle spalle. Di nuovo, Din non riuscì a scollarsi di coda i cannoni nemici. A dispetto della stazza, laltro mezzo era sorprendentemente agile: era in grado di invertire la rotta con un raggio di virata strettissimo, quasi ruotando sul posto – come ora.

Din rinunciò alla manovra offensiva e riprese ad avanzare, zigzagando in ogni direzione e sfiorando i costoni rocciosi sottostanti: vedeva ormai i suoi compagni, che stavano apparentemente tenendo sotto tiro alcuni trafficanti. Il terreno accidentato non offriva alcuna opportunità di atterraggio: avrebbe dovuto accostarsi in volo e abbassare la rampa per permettere loro di salire a bordo.

Una manovra di per sé rischiosa; ancor di più sotto il fuoco di un cacciatore di taglie.

Il comlink, forse danneggiato dal colpo di blaster, si ostinava a inviare solo un crepitio statico, così sperò che gli altri capissero il suo intento, quando rallentò di colpo di fronte alla nave nemica, ostruendo la sua visuale. La sua forma allungata e la posizione di volo verticale le offrivano una linea di tiro piuttosto scomoda a corto raggio: così non avrebbe potuto colpire né la Crest, né i suoi compagni.

Superò Cara e Cal a rotta di collo, con lombra delle due navi che si proiettò su di loro. Rallentò ancora, aprendo i flap datterraggio: la Firespray fu costretta a scartare bruscamente di lato per non schiantarglisi addosso, e Din ne approfittò per invertire la rotta a velocità minima, calando al contempo la rampa datterraggio.

La Crest gemette per lo sforzo di rimanere sospesa a mezzaria, ma resistette il tempo necessario: non dovette abbassarsi tanto quanto aveva previsto, perché Cal afferrò di peso Cara per la corazza e spiccò un salto di quasi cinque metri, atterrando leggero sulla pedana.

«Recupero gli altri!» gli arrivò ovattata la voce di Cal, attraverso la stiva subito seguita da quella più alta di Cara, indistinguibile.

Non lo vide però saltare di nuovo a terra, e un istante dopo capì perché: attraverso labitacolo, scorse una forma cilindrica e lampeggiante di blu che precipitava a siluro verso il suolo. Non aspettò conferme dal basso e richiuse alla svelta la pedana, invertendo i rotori al massimo per riprendere quota.

Intravide per un attimo delle sagome in corsa sotto di loro – i Verpine in fuga, Kobal che si caricava sulle spalle Zetz per portarlo via – ma non si arrestò, attivando ogni singolo interruttore di potenza a portata di mano sulla plancia di comando.

Il proiettile impattò a terra. Un istante di silenzio opprimente sembrò risucchiare ogni suono attorno a loro.

Din riuscì a contare fino a tre, il muso della Crest saldamente puntato verso il cielo, prima che il fragore metallico di una carica sismica detonasse alle loro spalle, disegnando un anello azzurrino denergia sonica attorno al punto dimpatto. Disintegrò tutto attorno a sé, inclusi i trafficanti.

Londa durto li raggiunse in coda, facendo beccheggiare la nave. Din scorse la forma a T della Firespray che tentava di riprendere la loro scia, e attivò i propulsori supplementari, incurante della protesta gemente della Crest.

Dank farrik. Qualcuno non aveva letto a fondo il Codice dei Cacciatori di Taglie e non sapeva quando mollare losso.

Tentò di anticipare la mossa avversaria: schivò un colpo a ioni paralizzante, ma rollò poi nella direzione sbagliata e ne incassò uno al plasma sullala destra. Il motore perse dei giri, facendo sbandare la nave. Una spia in alto lampeggiò frenetica segnalando un incendio, ma erano ormai quasi fuori dallatmosfera.

Din impostò alla cieca la rotta delliperguida, dirigendosi verso il punto di salto ormai vicinissimo. A malapena si accorse che Cal e Cara lavevano raggiunto nella cabina.

La Firespray guadagnò terreno con uno scatto insospettabile, volando a spirale dietro di loro; un colpo a ioni fece sfrigolare unala, frenandoli. Li superò, lasciando sulla propria scia una seconda carica sismica a mo di mina, poi si ritirò con una brusca virata, liberando la traiettoria di salto.

Il silenzio innaturale avviluppò di nuovo la nave. Era troppo tardi per evitare lesplosione: Din tirò in anticipo la leva con tutta la forza che gli rimaneva, passando attraverso alle prime onde soniche con un boato. La Crest fu scossa violentemente, mandandoli quasi a gambe all’aria .

Poi, le stelle si sfilacciarono attorno a loro in scie luminose, accogliendoli nella salvezza delliperspazio.

Iperspazio, Rotta di Hydian, poche ore dopo.

Il Bambino dormiva profondamente, col viso imbronciato e il piccolo pugno stretto attorno al ciondolo del mitosauro. Din si trattenne dal far oscillare come al solito la sua amaca, intuendo che non sarebbe stato un gesto gradito, stavolta. Si limitò a chiudere il suo scompartimento, senza trattenere un sospiro esausto che si confuse coi sibili dell’aria compressa.

Prese poi a liberarsi dellarmatura, ancora inzaccherata di sangue, cenere e sale. Agognava il getto della doccia e confidava nel fatto di aver bandito Cara e Cal dalla stiva per le successive due ore, così da potersi muovere in libertà.

Ammonticchiò il beskar in un angolo, mise la placca in durasteel danneggiata sul piccolo piano di lavoro e ripose le armi nella rastrelliera, concentrandosi su quei gesti abituali che accompagnavano il suo respiro costretto. Appese la baionetta dellAmban sui supporti un tempo occupati dal fucile. Una premura inutile, per unarma ormai distrutta.

Si sedette infine per terra, la schiena addossata alla parete. Gli pulsava ogni singolo muscolo e osso, a ricordargli gli scossoni della giornata. La vibrazione sottile e acuta che attraversava il metallo, facendogli vibrare appena le vene, confermava che fossero ancora nelliperspazio.

Per la prima volta in vita sua, Din trasse un sospiro di sollievo nel togliersi lelmo. Lo posò sulle ginocchia per un istante, col visore rivolto verso di sé. Scrutò il vetracciaio nero, che rifletteva appena il suo volto, e strinse la presa sul metallo, fino a sentire il bordo imprimersi sui palmi.

Sullo zigomo dellelmo, bianca sul grigio, spiccava la sottile scalfittura di una lama.

 

FINE EPISODIO IV

 


 

Note dell’Autrice

Ehm. Salve? *fugge*
Non avete idea della serie di coincidenze nefaste che hanno ostacolato questo capitolo, MA finalmente siamo qui. Alla fine dell’episodio interminabile, esatto! :D

Spero che questa parte più adrenalinica vi sia piaciuta... e no, non l’ho scritta solo perché volevo uno scontro aereo con le bombe sismiche e la Slave I. No, figuratevi, pff.
Dal prossimo capitolo, torneremo in lidi più calmi... ma non troppo ;)

Vi ricordo che le citazioni introduttive sono sempre più o meno rilevanti, o offrono chicche e retroscena sulla storia/lore. Iden Versio è un personaggio del videogioco Battlefront II che non ha particolare rilievo in questa storia... ma mi piace sempre fornire agganci ed easter egg carini a voi fan, tanto per stimolare le vostre teorie del complotto <3

Ringrazio tutti voi che leggete, seguite e commentate per la pazienza (sapete chi siete, vode e cyar’ike e Jawa e bella gente spaziale). Non faccio promesse sul prossimo capitolo, ma non sarà un’attesa così lunga come queste ultime ♥

Alla prossima,

-Light-

   
 
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