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Autore: My Pride    04/10/2021    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Father's desire Titolo: Father's desire
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 2132 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne, Jonathan Samuel Kent

Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Malinconico, Fluff

Avvertimenti: What if?, Slash
Solo i fiori sanno: 26. Mughetto: felicità ritrovata


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Damian se ne stava in disparte, la schiena poggiata contro il muro e le braccia incrociate al petto mentre osservava Barbara da una certa distanza, senza perdere di vista il sorriso dolce dipinto sulle sue labbra. Non aveva smesso di sorridere sin dal primo momento in cui gli invitati li avevano raggiunti all’appartamento che lei e Grayson condividevano, e ancor più l’aveva fatto quando lo stesso Grayson le si avvicinava per baciarle il collo o sfiorarle il pancione.
    Era felice per loro. Dopo anni passati a rincorrersi, a lasciarsi, ad essere solo amici e poi nuovamente compagni, alla fine avevano lasciato che i loro sentimenti prendessero il sopravvento e si erano sposati, smettendola di giocare al gatto col topo. Quella gravidanza era stata l’ovvia conseguenza del loro amore, e non era di certo a causa di quel baby shower se Damian se ne stava un po’ sulle sue. Era stato il primo a congratularsi con loro quando l’aveva saputo, si era persino reso disponibile se avessero avuto bisogno di qualcosa, e quegli otto mesi erano passati così in fretta che aveva avuto il timore che Grayson si lasciasse prendere dal panico a ridosso di un mese dalla nascita. Vederlo invece così sorridente, più di quanto lo fosse di solito, aveva fatto sorridere anche Damian, per quanto adesso avesse cominciato a sentirsi un po’ a disagio tra tutte quelle decorazioni a forma di farfalla, i regali e le chiacchiere degli invitati.
    Negli anni, Damian aveva imparato a rilassarsi e a fare buon viso a cattivo gioco agli eventi che organizzava suo padre, ma non poteva comunque dire di sentirsi ancora molto a proprio agio in tutta quella spontaneità. Se non fosse stato il baby shower di Barbara, probabilmente se ne sarebbe andato. Persino suo padre sembrava al settimo cielo e gli era parso di vedere una lacrima di commozione, ma Damian l’aveva imputata semplicemente al fatto che con l’avanzare dell’età si fosse ammorbidito. E che tutto sommato non avrebbe potuto far finta di essere il solito Bruce Wayne anche quando la sua figlioccia aspettava di mettere al mondo un bambino che lui avrebbe potuto, in un modo o nell’altro, chiamare nipote. Ma era proprio lì che cadeva il cruccio di Damian.
    Era stato cresciuto con un saldo principio e una ferma convinzione: dare un erede agli Al Ghul e continuarne la stirpe, così che potessero prosperare nei secoli come avevano sempre fatto. Il sangue del pipistrello avrebbe fatto il resto e sarebbero stati invincibili. Una volta cresciuto e diventato un uomo, avrebbe dovuto trovare una donna che sarebbe stata alla sua altezza e che avrebbe portato in grembo suo figlio, mandando avanti l’eredità millenaria della sua famiglia. E lui ne era stato convinto fin quando non aveva scoperto, all’età di quindici anni, di non provare la giusta attrazione per le ragazze.
    Fare i conti con la cosa era stato difficile. Il solo pensiero l’aveva fatto star male e gli aveva fatto credere di essere sbagliato, rotto, un fallimento che sua madre avrebbe ripudiato e che non avrebbe più considerato come figlio, poiché non se ne sarebbe fatta nulla di qualcuno che non avrebbe portato avanti la dinastia. Aveva finito col reprimere i suoi sentimenti, convincendosi di dover seppellire ciò che aveva cominciato a provare e nascondendo al di sotto della sua solita facciata scontrosa, mostrando altezzoso disprezzo quando si sollevava l’argomento “omosessualità” anche solo per sbaglio durante qualche evento. Anche se si comportava in quel modo, però, abbandonava le conversazioni più accese per evitare di rifilare qualche pugno in faccia a qualche imprenditore che si spingeva troppo oltre con parole come “frocio”, o azzardavano un “non dovrebbero avere i nostri stessi diritti”. Spesso venivano allontanati quando i toni si facevano troppo alti e soprattutto se era suo padre a sentirli, ma Damian se ne andava sempre prima che ciò accadesse per chiudersi in bagno a vomitare.
    Si era sentito sporco, inadeguato, col peso opprimente di quel segreto che gli artigliava il cuore con dita velenose fino a strapparglielo, costringendolo a reprimersi anche a sé stesso. Aveva ingoiato ogni parola per un anno intero, convincendosi che avrebbe smesso di sentirsi in quel modo... finché alla fine non era esploso proprio davanti a Jon, dopo una missione in cui erano stati costretti a seguire un sospetto fino ad un gay bar. Damian aveva sentito quel peso bloccargli il respiro, ma aveva concluso la missione senza battere ciglio, e solo una volta tornati alla Fortezza aveva sussurrato un “Disgustoso” in tono talmente basso che nessuno sarebbe riuscito a sentirlo... a parte un tredicenne kryptoniano che gli aveva chiesto perché l’avesse detto e che gli aveva in seguito urlato a squarciagola, mentre si scagliavano l’uno contro l’altro, che era solo uno “schifoso omofobo”.
    Era stato a quel punto che Damian aveva sentito le sue convinzioni sgretolarsi ed era crollato. Era caduto in ginocchio, le mani guantate a nascondere il viso mentre le lacrime avevano cominciato a solcare le sue guance al di sotto della maschera, lasciando Jon interdetto e senza parole. L’aveva guardato mentre il suo corpo sussultava e piangeva, scosso dai singhiozzi, e quando si era avvicinato, provando a mettere una mano su una spalla di Damian, era rimasto ancora più scioccato nel sentirsi abbracciare prima che l’amico artigliasse il mantello dietro la sua schiena e affondasse il viso nel suo petto. Quel giorno Damian aveva capito di non poter più mentire a sé stesso e si era aperto con Jon, biascicando delle scuse mentre il cuore gli esplodeva nel petto, e Jon aveva capito che era sincero anche solo ascoltando il suo battito cardiaco… dicendogli che lo capiva. Che persino lui si era sentito così, ma che aveva potuto parlarne con suo padre e sua madre e che non avrebbe dovuto tenersi tutto dentro solo per come era stato cresciuto.
    Da quel momento, sapendo che anche il suo migliore amico provava sentimenti che lui aveva sempre considerato sbagliati, ma che aveva scoperto essere solo parte di lui, le cose erano andate un po’ meglio. Seppur tacendolo a sua madre, Damian aveva avuto il coraggio di parlarne con suo padre e i suoi fratelli, venendo accolto da un calore che non si era aspettato. Per quanto Kate fosse dichiaratamente lesbica e Timothy bisessuale, e pur sapendo che suo padre non aveva mai avuto problemi con la cosa, il fatto di essere il suo unico figlio biologico l’aveva bloccato fino a quel momento, complici anche gli insegnamenti con cui era stato cresciuto.
    Un anno dopo, col cuore più leggero e il supporto della famiglia, Damian aveva capito che, dietro a tutta quella rabbia e quella ritrosia, aveva sempre provato qualcosa per Jon, scoprendo di essere sempre stato ricambiato. Ma non erano mai andati oltre il platonico, o oltre a qualche sfiorarsi di mani. A quel tempo, Jon aveva quattordici anni e lui diciassette, e Damian gli aveva sempre detto di aspettare. E avevano aspettato davvero fin quando Jon, a ventuno anni suonati e fresco di laurea, non gli aveva fatto formalmente richiesta di sposarlo proprio durante una delle solite cene di famiglia a villa Wayne. Lui l’aveva guardato interdetto, con le palpitazioni a mille, e Jon aveva sorriso prima ancora che lui dicesse il proverbiale “Sì “, essendo stato fregato dal proprio battito cardiaco.
    Quattro anni e cinque mesi dopo, con un matrimonio ben consolidato alle spalle e l’arrivo della prima figlia di Richard, il pensiero di un erede era tornato ad affacciarsi prepotentemente nella mente di Damian, ed era proprio per quel motivo che cercava di starsene in disparte e di concentrarsi su tutt’altro. Amava Jon, era il suo mondo, non avrebbe potuto sperare di avere persona migliore al proprio fianco… ma l’educazione che gli era stata inculcata non smetteva mai di infastidirlo nei momenti meno opportuni, e aveva sempre avuto il timore di chiedere a Jon se volesse dei figli. Perché, a quel punto, non avrebbe più saputo come gestire la cosa.
    «Che ci fai qui tutto solo?»
    La voce di Jon fu così improvvisa che Damian per poco non sussultò, irrigidendosi contro il muro. Non l’aveva nemmeno sentito avvicinarsi, e lui di solito era molto bravo a sentire ulteriori presenze intorno a sé. Era stato addestrato per questo.
    «Stavo pensando», rispose semplicemente, rilassando un po’ le spalle. Gettò uno sguardo a Jon, vedendolo con due bicchieri in mano finché non gliene porse uno, e lui accettò di buon grado.
    «D, ne abbiamo già parlato. Quando rimugini tutto da solo, non è mai un buon segno». Jon lo disse in tono scherzoso, ma il suo sguardo appariva preoccupato. «Sul serio», esordì difatti qualche attimo dopo, poggiandosi con la schiena contro il muro accanto a lui. «Stai bene?»
    Damian annuì, anche se si prese un secondo per farlo, rimirando lo champagne nel flute. Forse era il momento giusto. Forse le carte dovevano essere scoperte. «Hai mai voluto dei figli?» chiese senza tanti peli sulla lingua, al che Jon lo guardò come se gli avesse appena detto che in quel drink c’era della kryptonite.
    «Oh, wow, mi… mi prendi alla sprovvista», ammise. «Sinceramente non ci ho mai… pensato».
    «Io ci ho pensato», replicò Damian, e nell’incontrare lo sguardo stranito del compagno, si affrettò a continuare. «Mi è stato… imposto come pensiero. Il mio sangue è la perfetta combinazione genetica di due grandi famiglie, sin da quando avevo sette anni mi è stato detto che avrei dovuto portare avanti il nome di entrambe».
    Jon schioccò la lingua sotto al palato. «È tanta roba per un bambino di sette anni», rimbeccò, guardandolo di sottecchi. «Perché me lo stai dicendo adesso? In tutti questi anni, non me ne hai mai parlato».
    «Forse perché non ho mai trovato il momento giusto per farlo. E non volevo che potessi sentirti oppresso dalla cosa».
    «Ehi». Jon allungò una mano verso il suo viso, sfiorandogli una guancia con due dita. «Ho ventisei anni e ti conosco da quando ne avevo dieci... avrei dovuto sentirmi oppresso tanto tempo fa», provò a metterla sul ridere, ma l’espressione che Damian gli rivolse fu tutt’altro che divertita.
    «La nostra stirpe morirebbe con noi», disse lapidario. «Io non posso darteli, e tu non puoi di certo darli a me. La cosa non ti infastidisce?»
    Per un lungo momento, Jon non disse assolutamente nulla. Si limitò ad osservare con estrema attenzione ogni lineamento del viso di Damian, il più piccolo e impercettibilmente movimento, il modo in cui il suo cuore aveva cominciato a palpitare. Poi sospirò. «È questo che ti preoccupa?»
    «Non dovrebbe?»
    «No». Jon scosse il capo. «Ho aspettato dodici anni per poter stare liberamente con te, Damian. Il nostro percorso non è stato esattamente rose e fiori, e ne abbiamo passate più di quante ne vorremmo ricordare. Certo, un giorno sarebbe bello avere dei figli e sentirmi chiamare “papà”, ma questo non andrebbe mai a discapito di ciò che abbiamo lottato così tanto per avere». Fece scivolare una mano lungo il braccio di Damian, arrivando al polso per sfiorandogli la mano prima di stringerla nella propria, intrecciando le loro dita. «I trascorsi di tuo padre dovrebbero averti insegnato che non è il sangue a fare la famiglia».
    Damian lo ascoltò attentamente, abbassando il viso sulle loro dita prima di intensificare il contatto, quasi non avendo intenzione di lasciarlo andare. «...sono un idiota, non è così?»
    «L’hai detto tu, ma visto che siamo in argomento...» cominciò divertito, venendo fulminato seduta stante da uno sguardo smeraldino ben poco concorde.
    «Ti odio».
    «Felice di sentirlo», canticchiò divertito, abbassando il viso verso il suo per sfiorargli la punta del naso col proprio. «Ora vedi di far sparire quel muso lungo prima che ti veda Dick, neanche i miei poteri possono nulla contro di lui».
    Damian sorrise un po’, più rasserenato. «Grayson è la kryptonite di tutti», la mise sull’ironico, azzardandosi a poggiare il capo contro la spalla dell’altro. Da ragazzino aveva sempre trovato irritante che fosse più alto di lui, ma da anni aveva ormai cominciato ad apprezzare quella sua altezza in quei particolari momenti. «Jon?»
    «Mhn?»
    «Forse un giorno, quando saremo entrambi pronti... potremmo... potremmo prendere in considerazione l’adozione?» azzardò timidamente, e il sorriso radioso che si dipinse sulle labbra di Jon fu come il sole appena sorto che baciava i campi di grano.
    «Sarebbe bellissimo», ammise, stringendolo a sé.
    Nonostante il passato turbolento che aveva avuto, le cose orribili che aveva fatto e tutti gli orrori che aveva visto, Jon sapeva che Damian aveva lottato per la propria redenzione e per trovare il suo posto nel mondo, anteponendo la felicità altrui alla propria, lottando sempre per ciò che era giusto e per proteggere gli innocenti. Sarebbe stato un ottimo padre
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Bene, partiamo dall'inizio. Il background di Damian offre diverse possibilità proprio in relazione a questa omofobia interiorizzata che lui può avere o non avere, forse senza nemmeno rendersene pienamente conto, così ho cercato di concentrarmi sul modo in cui lui si reprime fino ad esplodere e far uscire i suoi sentimenti
Ignorare il fatto che Damian fosse preoccupato per la linea di sangue sarebbe stato come perdere qualcosa dalla storia, quindi eccolo lì con i suoi dubbi che ritornano, ma Jon sa che alla fine la famiglia è amore e non solo sangue e lo rassicura
Un giorno scriverò anche qualcosa su loro due come genitori! :D

Commenti e critiche, comunque sia, son sempre accetti
A presto! ♥



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