Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Kimando714    06/10/2021    1 recensioni
La vita da ventenni è tutt’altro che semplice, parola di sei amici che nei venti ormai ci sguazzano da un po’.
Giulia, che ha fin troppi sogni nel cassetto ma che se vuole realizzarli deve fare un passo alla volta (per prima cosa laurearsi)
Filippo, che deve tenere a freno Giulia, ma è una complicazione che è più che disposto a sopportare
Caterina, e gli inghippi che la vita ti mette davanti quando meno te lo aspetti
Nicola, che deve imparare a non ripetere gli stessi errori del passato
Alessio, e la scelta tra una grande carriera e le persone che gli stanno accanto
Pietro, che ormai ha imparato a nascondere i suoi tormenti sotto una corazza di ironia
Tra qualche imprevisto di troppo e molte emozioni diverse, a volte però si può anche imparare qualcosa. D’altro canto, è questo che vuol dire crescere, no?
“È molto meglio sentirsi un uccello libero di volare, di raggiungere i propri sogni con le proprie forze, piuttosto che rinchiudersi in una gabbia che, per quanto sicura, sarà sempre troppo stretta.
Ricordati che ne sarà sempre valsa la pena.”
[Sequel di "Walk of Life - Youth"]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 3 - DO I WANNA KNOW?



 

L’aria gelida di inizio gennaio non se ne andò nemmeno nei giorni a venire. Il sabato pomeriggio di quel weekend invernale si presentava grigio e monotono esattamente come le giornate che lo avevano preceduto, il cielo nuvoloso e spento intervallato solo dalla pioggia.
Quell’atmosfera non faceva altro che ricordarle l’Inghilterra: puntando gli occhi in alto, in quel freddo pungente, ad Alice poteva quasi sembrare di ammirare il cielo di casa sua. Tornando con lo sguardo a terra, però, riusciva a cogliere ogni differenza che poteva esserci tra il paesaggio di Venezia e quello di Liverpool. L’inverno le faceva sempre tornare quella nostalgia dolce e struggente per la città in cui era nata e in cui aveva passato l’infanzia, pochi anni rispetto a quelli passati poi a Londra. In mezzo a tutto quel grigiore poteva fare finta, almeno per qualche secondo, di essere tornata in Gran Bretagna, di star calpestando il suolo inglese che, in certi momenti, le mancava quasi quanto l’aria. E poi si guardava intorno, e le calli e i vaporetti del porto di San Marco le ricordavano inevitabilmente che quello dove si trovava non era l’Albert Dock di Liverpool. Si sentiva disorientata e confusa, come un viandante perso in mezzo ad un bosco di montagna, ma era un sensazione che durava poco: dopo anni che viveva in Italia ci aveva fatto l’abitudine, e sapeva come gestire quell’ansia e la malinconia tipiche di quel periodo.
Alice tirò un sospiro profondo, lanciando velocemente un’occhiata verso Alessio: sembrava non averlo destato minimamente, non rischiando così domande riguardanti quel suo sospiro sconsolato.
Non sapeva bene che le stava prendendo in quel periodo. Alla nostalgia di casa si era aggiunta l’agitazione per la convivenza – più si avvicinava la data prevista per il trasferimento definitivo di Alessio, più si sentiva euforica e ansiosa allo stesso tempo-, e mille altri dubbi e insicurezze che mai prima di quel momento le erano parsi degni di attenzione.
E – doveva ammetterlo, per quanto la facesse sentire inquieta- l’umore di Alessio non la aiutava. Forse perché nell’ultima settimana, e soprattutto negli ultimi tre giorni, era più irritabile, nervoso, scostante e chiuso in se stesso.
Alessio non lo aveva ammesso apertamente, e probabilmente non lo avrebbe mai fatto, ma ad Alice erano bastati tre secondi per collegare quel suo umore nero a Pietro. L’aveva capito subito dopo che Alessio le aveva detto di avergli parlato del suo trasferimento, e del litigio che ne era conseguito. Era talmente evidente che non servivano altre spiegazioni. Lo era dalla telefonata di due settimane prima, quando l’aveva a malapena ascoltata.
D’altro canto, era sempre stato così: Pietro rimaneva sempre l’unico a tirar fuori il meglio e il peggio di Alessio,  a farlo arrabbiare fino a scoppiare, a farlo riflettere e fargli capire i suoi errori. A farlo soffrire silenziosamente, lontano da tutti e tenendosi dentro tutto.
Alice si guardò intorno, cercando di distogliere la mente da quelle considerazioni; le luci dei negozi la abbagliavano, costringendola a strizzare gli occhi per non rimanere accecata.
Era stato quasi un miracolo essere riuscita a trascinare Alessio fuori dall’appartamento: erano tre giorni che si rifiutava categoricamente di uscire, se non per andare a lezione, rimanendo solo in casa con Pietro. E alla fine, quando Pietro stesso quel pomeriggio era uscito con Giada, Alessio aveva finalmente accettato la proposta di Alice. Forse un po’ controvoglia, ma l’aveva fatto.
In quel centro commerciale di Mestre erano sempre andati spesso, negli ultimi due anni. Era il posto ideale per passare qualche ora insieme, stando al caldo in un posto chiuso ed evitando l’aria gelida tipica di quelle giornate invernali.
Alessio non aveva quasi spiccicato parola da quando erano usciti di casa: in auto si era limitato ad accendere la radio per rendere il silenzio meno pesante, e anche una volta arrivati, nonostante tutti gli sforzi di Alice, non aveva parlato più di tanto. Sembrava perso in un altro mondo, distante da chiunque e impossibile da raggiungere.
-Hai già iniziato a sistemare le tue cose per preparare le valigie?- Alice riprovò ancora una volta, mentre svoltavano un angolo del centro commerciale, sbucando fuori nell’ennesimo corridoio identico al precedente.
-Inizierò tra qualche giorno-.
La voce di Alessio era parsa ancora una volta distante e fredda, a malapena distratto solo per pochi secondi prima di tornare nel guscio in cui si era rifugiato da settimane. Alice trattenne un altro sospiro sconsolato: avrebbe solamente voluto capire cosa gli stesse passando per la testa, intuire cosa ci fosse che non andasse, cercare di risollevare la situazione in un qualche modo. C’era come un muro che glielo impediva, un sottile velo trasparente che la teneva divisa da Alessio. A breve distanza con le mani che quasi si sfioravano, ma in due mondi diversi e che non riuscivano ad entrare in contatto.
Si sforzò ancora una volta per trovare qualcosa d’interessante da dire: continuavano a vorticarle mille pensieri in testa, ma nessuno sembrava abbastanza buono per provarci. Vedeva Alessio fermarsi ogni tanto davanti ad una vetrina di un negozio, osservando gli oggetti esposti in silenzio, ed ogni volta si lasciava scappare quell’attimo perfetto per cercare di attirare nuovamente la sua attenzione. Non riuscì nemmeno a riprendere il discorso, lasciando cadere le mille parole che avrebbero potuto seguire quelle poche frasi dette a mezza voce.
Non si era mai sentita così in crisi come in quella giornata.
Lanciò uno sguardo in giro, come per trovare un appiglio a cui aggrapparsi per salvarsi: in fondo al corridoio, tra due negozi, la porta bianca del bagno appariva come un possibile rifugio. Le sarebbe servita dell’acqua fredda da passarsi sul viso per svegliarsi da quel torpore d’insicurezza in cui si trovava, e per passare anche solo pochi attimi con la sola compagnia di se stessa. Avrebbe lasciato dietro la porta chiusa tutti i dubbi e i pensieri solo per alcuni secondi, ma le sarebbero bastati: doveva solo ritrovare la determinazione che le stava venendo a mancare.
Prese a camminare un po’ più velocemente, seguita silenziosamente da Alessio accanto a sé. Gli lanciò un’occhiata veloce, quando si ritrovò a pochi metri dalla toilette, prima di voltarsi definitivamente verso di lui:
-Puoi aspettarmi qui? Vado un attimo in bagno-.
Vide con la coda dell’occhio Alessio annuire arrestandosi davanti alla porta, prima che Alice scomparisse velocemente all’interno della toilette.
Non era particolarmente affollata, nonostante l’enorme quantità di persone che si stavano aggirando per i corridoi del centro commerciale a quell’ora: lì dentro, tra quelle pareti candide e asettiche, rimbombavano pochi passi, accompagnati saltuariamente dallo sciacquio dell’acqua che cadeva giù nei lavandini.
Alice si diresse proprio lì, davanti alla lunga fila di lavabi. C’era qualche donna intenta a sciacquarsi le mani, ma non vi fece molto caso: si appoggiò al primo lavandino libero che trovò, prima di aprire il getto d’acqua e raccoglierla tra le mani. Il contatto dell’acqua fredda con la pelle accaldata del viso la fece trasalire, come se si fosse appena svegliata da un lungo incubo.
Alzò lo sguardo verso lo specchio attaccato alla parete davanti a sé, incontrando subito i suoi occhi verdi e le guance arrossate del viso: il riflesso dello specchio le rimandava indietro l’immagine di una donna ancora giovane ma troppo stanca, troppo influenzata dalle preoccupazioni e dai tormenti di chi le stava accanto.
Le balenò davanti agli occhi il viso di Alessio, l’espressione tirata e assente che aveva nel momento in cui, qualche giorno prima, le aveva raccontato per la prima volta del suo litigio con Pietro di settimane prima. Non era entrato nei dettagli – a malapena era riuscito a dire che era successo-, ma ad Alice sarebbe bastato anche solo guardarlo in faccia per capire ogni cosa. Era pur sempre la stessa storia che si ripeteva da due anni continui, ed a cambiare erano solamente i motivi per quelle liti inevitabili.
Sapeva che lui e Pietro avevano già chiarito – non aveva idea in che modo ci fossero riusciti-, ma il viso teso e rabbuiato di Alessio era rimasto esattamente lo stesso. E per quanto si sforzasse, per quanto ci stesse provando, non sembrava riuscire in alcun modo ad allontanare anche solo per poco quelle ombre.
Da quel punto di vista aveva sempre invidiato Pietro. Lui era sempre riuscito a buttare giù e risollevare Alessio allo stesso tempo, a volte con una semplicità che ad Alice sembrava perfino disarmante. E lo invidiava per quello, lo invidiava ogni volta che era lui a ridare luminosità agli occhi chiari di Alessio, non riuscendo mai a capire cosa Pietro avesse più di lei e di chiunque altro.
Non avrebbe saputo definire una tale situazione, e forse farlo la spaventava un po’. Doveva cercare di essere come Pietro, cercare di risollevare Alessio alla cieca, senza sapere né cosa gli sarebbe servito davvero e senza nemmeno sapere davvero cosa lo facesse andare così in crisi.
Brancolava nel buio, e non poteva fare a meno di chiedersi come avrebbe potuto salvare Alessio, se lei per prima si stava perdendo in quell’oscurità che non le lasciava nemmeno uno spiraglio di luce.
Si risciacquò nuovamente il viso, rimanendo per alcuni attimi con gli occhi chiusi, mentre le gocce d’acqua le scivolavano lungo la pelle.
Doveva cercare di lasciare alle spalle certi pensieri che non facevano altro che scoraggiarla. Sarebbe dovuta uscire da quel bagno sforzandosi di essere più serena e sorridente. Solo così, forse, le cose sarebbero potute migliorare pian piano. Non doveva cedere e lasciarsi andare a quella malinconia a cui si era lasciato andare Alessio, non anche lei.
Si asciugò il viso e le mani afferrando un pezzo di carta dal distributore affisso alla parete, prima di riprendere la via verso l’uscita dalla toilette con passi meno incerti. Quell’attimo di riflessione sembrava averle giovato, ridato la forza necessaria per poter ancora capovolgere quella giornata.
Tirò giù la maniglia della porta con una mano, uscendo velocemente e bloccandosi subito dopo sulla soglia, gli occhi spalancati per la sorpresa. Per i primi secondi sbatté le ciglia freneticamente, quasi sicura che la sua fosse solamente un’allucinazione visiva. Solo quando si accorse definitivamente che l’immagine che le si presentava davanti non se ne voleva andare, capì che non stava affatto sognando, che non era la sua mente a rendere materiali i suoi pensieri di poco prima.
Era una coincidenza senza ombra di dubbio, per quanto strana ed inaspettata potesse risultare, quella di incrociare Pietro e Giada proprio in quel posto, in quel momento. Accanto ad Alessio erano fermi entrambi, Giada un po’ più isolata e  ben attenta a non spostare lo sguardo sugli altri due; Pietro sembrava essere del tutto intento a parlare sottovoce con Alessio, fermandosi non appena si accorse della presenza di Alice davanti a loro.
Alice fece ancora qualche passo in avanti, sforzandosi di abbozzare un sorriso, nonostante il senso di sorpresa ancora grande. Sapeva che anche Giada e Pietro frequentavano spesso quel centro commerciale – spesso Pietro si era addirittura aggregato a lei ed Alessio, in uscite pomeridiane che Alice ricordava con malinconico piacere-, ma non si sarebbe aspettata di trovarseli davanti lì, nell’esatto momento in cui i suoi pensieri oscillavano da un estremo all’altro.
-Che ci fate qui?- esclamò Alice, dopo aver rivolto un cenno di saluto sia a Giada che a Pietro, e venendo ricambiata con un cenno caloroso dalla prima e da un sorriso esitante dal secondo – Anche voi cercavate un posto tranquillo dove passare la giornata?-.
-Stavamo passeggiando nei dintorni, ma ha iniziato a tempestare venti minuti fa. Abbiamo trovato rifugio qui dentro, fortunatamente- le spiegò velocemente Giada, continuando a sorriderle. Ad Alice sembrava perfino strano essere stata presa così in simpatia proprio da lei, nonostante fosse la ragazza di Alessio. Eppure Giada le aveva sempre dato l’impressione di esserle particolarmente affezionata, probabilmente quella con cui si relazionava meglio tra tutte le amicizie di Pietro.
-Comunque ti stavamo aspettando qui fuori- aggiunse Pietro, la voce bassa che sembrava più roca del solito – Volevamo salutare anche te, oltre ... Oltre ad Alessio. Non sapevamo foste qua anche voi-.
-Beh, here I am- rispose Alice, scostandosi una ciocca di capelli rossi dal viso.
Cercava di apparire il più naturale possibile, e in una qualsiasi altra situazione, in una qualsiasi altra giornata, probabilmente ce l’avrebbe fatta. In quegli istanti, invece, riusciva a malapena a prestare attenzione a Giada, che le si era rivolta nuovamente, forse per sopperire al disagio che doveva provare per la presenza di Alessio.
Alice si sforzava di ascoltare, di annuire mentre le parlava velocemente di qualcosa che era riuscita a cogliere a fatica. Cercava di non perdere il filo, di trovare delle risposte sensate e coerenti per non farle capire che la stava ascoltando a malapena, ma gli occhi andavano inevitabilmente altrove, puntati nella direzione di Pietro e Alessio.
Aveva notato subito che si erano spostati un altro po’, quasi a volersi staccare da loro e rimanere più isolati, quasi alla ricerca di un po’ di solitudine da condividere solo tra loro due. Parlavano anche loro, e per quanto non fossero poi così distanti, Alice non riusciva a cogliere nulla di ciò che si stavano dicendo. Riusciva a notare solamente le iridi di Alessio che sembravano aver recuperato un po’ di quel calore che avevano perso negli ultimi giorni, quella luminosità che rendevano i suoi occhi di quell’azzurro limpido che li caratterizzava.
Tutto come previsto, tutto come al solito.
Cercò di non fissarli troppo, ma la tentazione era troppo forte, mischiata ad una sorta di curiosità che non riusciva ad ignorare del tutto.
Seguiva lo sguardo di Pietro dardeggiare sulla figura di Alessio, gli occhi scuri posati su di lui come se non esistesse altro intorno a loro.
Se l’era sempre chiesto, in tutti quegli anni, come facesse Pietro a guardare Alessio, e solo Alessio, in quel modo che nemmeno lei avrebbe saputo descrivere.
E si era sempre domandata, in tutto quel tempo, come sarebbe stato più giusto definire il loro rapporto.
Aveva sempre notato quegli sguardi, certi gesti e molte parole, alcune dette ed altre lasciate al silenzio soffocante. E si era sempre chiesta se fosse lei a vedere fin troppe cose, ad equivocare tutto, o se davvero non tutto era come poteva sembrare.
Li guardò ancora una volta di sottecchi, e l’impressione che da un momento all’altro potessero finire per abbracciarsi, o anche solo scambiarsi una carezza, la colse sin da subito. C’era tensione, talmente tanta che perfino lei poteva sentirsela addosso.
Cercò di ignorare quei pensieri, ancora una volta. In fin dei conti Alessio e Pietro erano amici da anni, da ancor prima che lei li conoscesse. Come poteva essere sicura, o anche solo pensare, che tra di loro potesse esserci qualcosa che andasse oltre la ben semplice amicizia? E anche in quel caso, inevitabilmente, non avrebbe saputo classificare quel genere di relazione.
Cercava di convincersi che, in fin dei conti, Alessio stesse con lei per sentimenti sinceri, e non certo per usarla come rimpiazzo. E lo stesso sperava per Pietro, anche se i mille dubbi che l’avevano accompagnata per tutto quel tempo non sembravano volersene andare affatto. D’un tratto le sembrava di non avere più alcuna certezza, che la realtà non fosse del tutto tangibile o comprensibile a colpo d’occhio.
-In ogni caso, l’inizio della convivenza è sempre uno dei momenti più difficili ed emozionanti della vita. Anche se non sempre finisce nel modo sperato- sembrò concludere Giada, dopo un discorso che Alice aveva ascoltato solo per metà e piuttosto distrattamente.
Si voltò verso di lei, annuendo e sorridendo, non trovando alcuna risposta sensata che potesse risultarle comoda sul momento.
Aveva spostato gli occhi da loro, ma nella sua mente era ancora fissa l’immagine di Alessio e Pietro, a parlare e guardarsi tra di loro come se intorno non fosse mai esistito altro.
Alice si morse il labbro inferiore, e non poté fare a meno di domandarsi se anche lei e Giada, ai loro occhi, non esistevano come tutto il resto. Cercò di allontanare quella domanda a cui non era sicura di voler dare una risposta, ma servì a poco: quell’immagine continuò a ronzarle in testa, il dubbio che tornava ad insinuarsi in lei per l’ennesima volta.
 
*
 
Alice arrivò in cima al pianerottolo con il fiato un po’ corto, le guance arrossate per lo sforzo appena fatto. Aveva corso velocemente le scale fino a raggiungere in pochi secondi il piano dove si trovava l’appartamento di Alessio e Pietro, controllando l’orologio da polso e accorgendosi che, in fin dei conti, era riuscita a ridurre il ritardo di un bel po’ di minuti.
La sera prima, dopo aver lasciato Pietro e Giada, non aveva dovuto insistere molto per convincere Alessio ad uscire anche quella domenica pomeriggio. Dopo quell’incontro casuale sembrava essere più sereno, o perlomeno tormentato in maniera decisamente minore. Aveva accettato di buon grado la sua proposta, pur non dimostrando troppo entusiasmo. Ma ad Alice era bastato quello: rivedere Alessio sorridere di più, anche se poco convinto e timidamente, l’aveva fatta stare più tranquilla. Era quasi riuscita ad ignorare ulteriori pensieri su di lui e Pietro.
Suonò al campanello, sperando che Alessio avesse già finito di prepararsi e fosse pronto per uscire di casa. In fin dei conti era lei ad essere in ritardo, e sperò che almeno lui non avesse problemi di puntualità.
Tirò un ultimo sospiro, cercando di regolarizzare il respiro e il battito del cuore, rimanendo in attesa davanti alla porta scura ancora chiusa. Aspettò ancora pochi secondi, prima che questa venisse aperta e che Alice si ritrovasse di fronte a Pietro. Sbatté le ciglia con fare sorpreso, facendo un cenno di saluto all’altro:
-Sono un po’ in ritardo, ho corso il più possibile per arrivare prima-.
-In realtà saresti anche potuta andare con calma. Qualcuno è ancora più in ritardo di te- ribatté Pietro, vagamente divertito dall’espressione esasperata che si dipinse in viso ad Alice – Ti conviene entrare. Avrai un po’ da attendere-.
-E per fortuna che dicono che sono le donne a metterci tanto, nel prepararsi per uscire- sbottò fintamente annoiata Alice, cercando di smorzare l’imbarazzo di quei primi secondi. Sentì Pietro ridere appena, mentre si scostava per farla passare e richiuderle la porta alle spalle, facendole poi strada verso il salotto.
Ormai conosceva quell’appartamento in ogni suo particolare. Posando gli occhi su ogni dettaglio della stanza in cui si trovava, poteva riportare alla mente mille ricordi in pochi secondi. Ricordava le serate passate sul divano stretta ad Alessio, quando erano lì da soli e l’unica cosa che importava era stare insieme e il più vicino possibile; ricordava anche una sera di un anno prima, quando Pietro aveva avuto l’influenza e lei ed Alessio si erano messi d’impegno per distrarlo il più possibile cercando di divertirlo senza farlo stancare troppo.
E poi ricordava anche le giornate in cui, ancora da soli, Alessio si sfogava con lei, parlandole di tutti i suoi dubbi su Giada. Le diceva sempre che Pietro non se la meritava una così, che aveva fatto un errore e che, purtroppo, se ne sarebbe accorto troppo tardi. Ne era così convinto, Alessio, che ad Alice il più delle volte non rimaneva altro che annuire in silenzio, rinunciando perfino a farlo ragionare.
Sembrava così convinto che, in alcuni momenti, perfino lei cominciava a credere che avesse ragione. Ma poi recuperava il senno, e cercava nuovamente di calmarlo, di dirgli che non poteva sempre prevedere tutto, che Pietro non era né un ingenuo né uno sprovveduto.
E falliva puntualmente ogni volta.
Ricordava anche una sera di qualche mese prima, ancora impressa nella sua mente. Si era addormentata sul divano, Alessio e Pietro accanto a lei, nel tentativo di guardare un film; si era sentita troppo stanca, dopo una settimana lunga e faticosa, e alla fine aveva ceduto al sonno. Non sapeva quanto aveva dormito, sarebbero potuti essere pochi minuti come un’ora intera. Ricordava soltanto che aveva socchiuso gli occhi non appena la sonnolenza se ne era andata quasi del tutto, ma rimanendo immobile e silenziosa come se stesse ancora dormendo. Aveva mosso appena il capo verso gli altri due, che non si erano accorti di nulla: Alessio era voltato verso Pietro, che sembrava ricambiare lo sguardo riluttante. Parlavano sottovoce, e Alice non era riuscita a cogliere il senso del discorso. Era riuscita ad udire solo poche parole, e il sonno appena andatosene non l’aveva aiutata ad essere più lucida e vigile.
Aveva solamente visto, dopo alcuni secondi, Alessio allungare una mano al viso di Pietro, in una carezza che sembrava quasi immaginaria da quanto leggera era stata. Si era soffermato per pochissimo sulla pelle dell’altro, e poi quella stessa mano era scivolata via, come se sul viso di Pietro non ci fosse mai passata. Aveva sentito Alessio dire qualcos’altro, ancor più a bassa voce, prima di vederlo alzarsi velocemente dal divano e sparire verso il corridoio.
Pur con gli occhi socchiusi, Alice aveva seguito lo sguardo di Pietro posarsi sulla figura dell’altro, fino a quando non l’ebbe perso di vista definitivamente.
Forse quella era stata la prima volta in cui si era accorta consapevolmente di certi sguardi, certi gesti tra di loro. Si era sforzata di pensare di aver visto male, aver travisato tutto per la troppa sonnolenza del momento, ma aveva dovuto ammettere almeno a se stessa che quella non era affatto la prima volta in cui succedeva, né sarebbe stata l’ultima.
-Avete già sistemato l’appartamento?- Pietro riprese a parlare con aria fintamente vaga, facendo quasi sobbalzare Alice – Per il trasferimento di Alessio, intendo. Ormai ... Beh, manca poco-.
-Oh, sì, dobbiamo sistemare solo alcune cose, ma per ora dovrebbe già andare bene così- rispose velocemente lei, faticando a pronunciare alcune parole e lasciando che il suo accento inglese emergesse più del solito – Devo preparargli lo spazio nell’armadio per le sue cose, svuotare alcuni cassetti. Cercare di trasformare gli spazi per due persone-.
-Già- Pietro annuì pensieroso, abbassando per pochi attimi il capo. Sembrava essersi rabbuiato, rispetto a qualche momento prima, ed Alice non poté fare a meno di sentirsi in colpa, pur non conoscendone nemmeno il reale motivo. Lo osservò sedersi sul bordo del divano, torturandosi le mani e spostando gli occhi neri da una direzione all’altra, evitando attentamente il contatto con quelli di Alice.
-Non è mai semplice iniziare una convivenza- mormorò infine, alzando lo sguardo – Ma tu devi esserci già abituata. Nel vecchio appartamento a Mestre vivevi con diverse ragazze, sbaglio?-.
-Sì, è vero, ho fatto un po’ di esperienza. Ma una convivenza in due è ... Diversa, credo. Più intima- Alice si morse il labbro inferiore, insicura se continuare o meno – Anche se immagino, per certi versi, possa essere anche più difficile-.
-Lo è, inevitabilmente- Pietro sospirò a fondo, ed Alice fu quasi sicura di notare un sorriso appena abbozzato a disegnargli le labbra – Ma se trovi la persona giusta ne verrà sempre la pena, no?-.
“E tu l’hai già trovata quella persona?”.
Alice annuì silenziosamente, cercando di sorridere di rimando, ma fallendo in ogni suo tentativo.
“Stiamo parlando della stessa persona, Pietro?”.
Non le ci sarebbe voluto molto per trasformare quei pensieri silenti in parole che avrebbero spezzato quel silenzio appena calato. Sarebbero bastati pochi secondi, e forse avrebbe avuto anche la risposta che cercava. Le sarebbe bastato vedere il viso stupito e terrorizzato di Pietro per capire, e le sarebbe bastato solo quello. Non avrebbe indagato oltre.
-Pietro- lo chiamò piano, esitante, per costringerlo a voltarsi verso di lei. Lo vide portare gli occhi scuri nella sua direzione, in attesa e incuriosito. Le sarebbero serviti solo pochi attimi, nulla di più.
Incrociò i suoi occhi per pochi attimi, e in quel momento capì.
-So che non dev’essere stato semplice venire a sapere così tardi e all’improvviso del trasferimento di Alessio, e hai avuto tutte le ragioni per arrabbiarti con lui. Ma sono contenta che vi siate chiariti- gli disse, con sincerità – È molto importante per Alessio. Ti vuole bene, anche se a volte lo dimostra pessimamente-.
Vide Pietro accennare un sorriso malinconico, triste e spento, e Alice si rese conto di aver fatto la scelta migliore.
Qualunque fosse il legame vero tra Pietro ed Alessio – sempre che non fosse solamente una sua impressione- non era una questione che la riguardava. Non era una questione in cui sarebbe dovuta entrare a forza, con poche e pallide impressioni che potevano rivelarsi altrettanto false.
A che le sarebbe servito mettere a disagio Pietro e sembrare troppo apprensiva e morbosa? Non sarebbe stato giusto nei confronti di nessuno, non in quel momento e in quel modo. Non era nemmeno sicura di voler conoscere davvero quella risposta; forse, in fin dei conti, la strada del dubbio era l’unica percorribile nel presente.
Non era qualcosa che avrebbe affrontato ora, ormai ne era quasi sicura.  Ma era altrettanto convinta che, se mai ci fosse stato un fondo di verità, prima o poi tutto sarebbe venuto a galla.
Prima o poi sarebbe accaduto.
 
*
 
-Spingi un po’ più forte-.
Pietro fece come gli venne detto, stringendo i denti per lo sforzo e le imprecazioni che stava cercando di trattenere a stento.
-Sì, ma non così forte o finirai per rompere tutto- lo corresse di nuovo Giulia, in tono perentorio – Poi ci torni tu all’Ikea a farti dare un pezzo di ricambio-.
-Temo dovremmo ricomprare direttamente tutto, nel caso si spaccasse qualcosa per colpa nostra- obiettò Filippo, con sguardo grave.
Giulia lo guardò con un sopracciglio arcuato:
-Per colpa di Pietro, specifichiamo-.
Stavolta il diretto interessato non riuscì a stare zitto:
-Perché non ci vieni tu a montare questo fottutissimo mobile?-. Guardò Giulia con aria torva, ma non ebbe alcun risultato: lei si limitò a ricambiare lo sguardo con aria di sufficienza, l’aria calma per niente scalfita.
-Sei tu che ti sei offerto per darci una mano- gli ricordò, puntandogli un dito contro, seduta ancora comodamente sul divano del salotto – E in fin dei conti hai tinteggiato parecchio bene quella parete. Che sarà mai montare una piccola libreria?-.
“Che sarà mai” sbuffò Pietro tra sé e sé, “Se almeno le istruzioni fossero comprensibili”.
Di certo i mobili dell’Ikea erano abbordabili economicamente, sufficientemente carini per arredare qualche stanza, ma era altrettanto vero che i soldi risparmiati si vedevano soprattutto nella qualità dei libretti delle istruzioni – e nell’assemblaggio dei pezzi. Non poteva essere del tutto ed unicamente colpa sua se una delle mensole stava storta per un aggancio andato male.
-Una piccola libreria che stiamo cercando di montare da più di un’ora- commentò a mezza voce Filippo, appoggiando cautamente a terra il lato della libreria di cui si era occupato fino a quel momento. Era evidentemente rassegnato al fatto che, ormai, non sarebbero mai riusciti a sistemarla a dovere.
Pietro lo imitò, scuotendo il capo:
-Era meglio dover tinteggiare tutte le pareti della casa-.
Non poteva davvero dirsi entusiasta di avere a che fare con pennelli, rulli e tinture – anche se lo era decisamente di più che con i mobili Ikea-, ma aveva funzionato bene come diversivo per uscire di casa.
Quando Filippo gli aveva scritto quella mattina per chiedergli se gli andasse di dare una mano, Pietro non ci aveva pensato due volte: tanto valeva accettare, distrarsi per un bel po’ di ore, e sperare che all’ora del rientro Alessio se ne fosse uscito a sua volta con Alice, o con chiunque altro.
Poteva anche fingere con lui che le cose si fossero pian piano stabilizzate nelle ultime settimane, ma Pietro dentro di sé aveva solo un disperato bisogno di non pensare ad Alessio e a quello che sarebbe successo di lì a poco.
Forse scappare e sperare di ritrovare l’appartamento vuoto era solo un metodo di difesa per abituarsi più velocemente a come sarebbe stato per davvero entro poco tempo. Doveva farci il callo di dover tornare in una casa sola e silenziosa.
-Concordo- borbottò Filippo, stiracchiandosi la schiena.
Giulia sembrava concentrata su qualcos’altro, perché quando rise sommessamente qualche secondo dopo, facendo girare entrambi nella sua direzione, era ovvio che non li stesse più calcolando: teneva il telefono in mano, gli occhi diretti rigorosamente sullo schermo, mentre sghignazzava tra sé e sé.
Filippo la guardò con un sopracciglio alzato:
-Che hai da ridere?-.
-No, niente- Giulia alzò brevemente gli occhi verso di lui – Alcuni messaggi del gruppo di studio di inglese-.
-Oh, anziché darci una mano stai chattando?- Pietro lo disse con offesa evidente nella voce, anche se in realtà non poteva dirsi davvero stupito di quel risvolto – Sul serio?-.
Giulia lo guardò del tutto impassibile, un ghigno astuto stampato in viso:
-Sono cose importanti. Dobbiamo organizzarci per fare una sessione di studio prima dell’esame-.
Si sedette più comodamente sul divano, le gambe incrociate e gli occhi vispi mentre spostava lo sguardo da Pietro a Filippo.
-Che, tra parentesi, devo assolutamente passare al prossimo appello, visto che è uno degli ultimi che mi rimangono- aggiunse subito dopo, annuendo tra sé e sé.
Pietro continuò a guardarla con lo stesso scetticismo:
-Deve essere estremamente divertente parlare di esami e sessioni di studio, visto come sghignazzavi-.
Filippo fece un mugugno che doveva dimostrare il suo essere d’accordo con lui, ma nonostante tutto Giulia non tradiva alcun segno di colpevolezza.
-È per quello che ha scritto un mio amico. Fernando, te lo ricordi?- stavolta si rivolse unicamente a Filippo, speranzosa che ricordasse – Te l’ho anche presentato-.
-Il ragazzo spagnolo, no?- le chiese lui di rimando, con la fronte aggrottata come se stesse cercando di riportare alla mente un nome o una faccia seppelliti tra i ricordi.
-Esatto- confermò Giulia – Beh, Fernando più che convincerci a organizzare questa sessione di studio, sta cercando di convincerci a uscire per fare serata, andare per bar a cercare bei ragazzi con cui provarci-.
Pietro si sentì come raggelare nell’immediato.
“Bei ragazzi con cui provarci”.
Qualcosa gli diceva che Giulia non si fosse affatto sbagliata, e che avesse voluto proprio dire ragazzi.
“E così ha un amico non proprio etero” si ritrovò a pensare, molto più amareggiato di quel che si sarebbe aspettato, “Più di uno, anche se non lo sa”.
Gli venne quasi da ridere, ma sapeva che sarebbe stata solo una risata amara. Colma solo di delusione verso se stesso – forse anche di odio, ma quello dipendeva dai giorni. Quel giorno era già troppo impegnato a stare male per altre cose: poteva permettersi di odiarsi un po’ meno.
Pietro abbassò consapevolmente gli occhi, probabilmente facendosi scorgere a malapena da Filippo e Giulia impegnati ancora a parlare, ma non gliene importò. Sentiva lo sconforto farsi sempre più presente, impossibile da ignorare.
“Chissà se verrai mai il giorno”.
Si chiedeva, a volte, se il giorno in cui avrebbe pensato a se stesso non in quei termini di avversione ci sarebbe mai stato. L’amico di Giulia palesemente non si faceva alcun problema verso il suo stesso orientamento, né se ne faceva a renderlo palese anche a chi gli stava attorno.
Pietro non aveva idea se sarebbe mai riuscito ad agire allo stesso identico modo.
Forse avrebbe passato il resto della sua vita a fingere. A ignorare il fatto che Giada, per quanto bene le volesse, era solo uno dei tanti diversivi. Una distrazione.
“Forse non arriverà mai”.
-Scommetto che tu gli stai dando man forte- Filippo puntò un dito accusatore verso Giulia, e Pietro stavolta alzò sufficientemente gli occhi per vederla rispondere con un sorriso malizioso.
-Potrei-.
Risero entrambi, e Pietro si sforzò di farlo a sua volta, per non mostrarsi turbato, per non dare adito a domande a cui non avrebbe voluto – e neanche saputo- rispondere. C’era già troppo che avrebbe dovuto spiegare, e non avrebbe saputo neanche lontanamente come farlo.
Non riusciva a farlo nemmeno con se stesso.
-Finiamo questa libreria, va’- tagliò corto, dopo qualche secondo, tornando a chinarsi sulla libreria ancora da finire di sistemare.
“Cambieranno mai le cose?”.
Se doveva essere sincero, aveva persino paura nello scoprire la possibile risposta a quella domanda.
 
 
 


 
NOTE DELLE AUTRICI
Nuovo mercoledì, nuovo capitolo (un po’ di passaggio)... E nuovo pov! Ebbene sì, avete capito bene. È finalmente giunta l'ora di analizzare i pensieri di qualcuno di diverso dai "magnifici 6"! Scherzi a parte, tramite Alice scopriamo che Alessio, nonostante il passare del tempo, non è ancora sereno. Questo nuovo pov, però, permette anche di mettere in luce la grande intuitività e le spiccate doti da osservatrice della ragazza, tutte caratteristiche che torneranno a galla prima o poi. Alice, infatti, sembra aver notato qualcosa tra Alessio e Pietro, ma potrebbe avere ragione come potrebbe non averne, ma sembra che alla fine abbia capito che saziare certe curiosità è solo un modo per complicare le cose e ferire gli altri, spingendoli a dire cose che non sono pronti ad ammettere. Ed è così che, per il momento, i suoi dubbi su Pietro non troveranno risposta!
E spostandoci proprio su Pietro, anche lui è come sempre tormentato da mille dubbi ... Non certo come Giulia, che invece si sta facendo trascinare dal suo amico Fernando a passare le serate in modo alternativo 😂
Cosa ci riserverà il futuro, e quindi il prossimo capitolo la cui pubblicazione sarà mercoledì 20 ottobre? Lo scopriremo solo leggendo!
Kiara & Greyjoy
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Kimando714