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Autore: ferao    08/10/2021    6 recensioni
Prima di diventare Lucretia Prewett, Lucretia Black era fortemente contraria al matrimonio.
Scritta per l'iniziativa "Caffè sospeso" del gruppo "L'angolo di Madama Rosmerta"
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black, Molly Weasley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Duuuunque. Lo so che dovrei lavorare al capitolo 17 di "Omne Trinum" (e lo sto facendo! Davvero! Sono già a 4k parole! E sarà un bellissimo capitolo! Punti esclamativi!), e che di solito non ho l'abitudine di lavorare a più long/minilong contemporaneamente, ma la stesura di questa storia mi ha provocato un insolito sentimento di gioia e in tutta onestà non riesco a tenerla per me ancora a lungo, quindi eccola qua. Sarà una minilong di tre capitoli che aggiornerò appena possibile, con l'assicurazione che non trascorreranno mesi tra un capitolo e l'altro; se vorrete farmi compagnia per questo breve viaggio, ne sarò felicissima ^_^
Ci vediamo in fondo per le altre note!
(E tanti auguri a me per i miei 14 anni su EFP! :D)



 

Qualcosa in cui sei brava

Capitolo 1



 

Prima di diventare Lucretia Prewett, Lucretia Black era fortemente contraria al matrimonio. Non in generale, per carità: da strega nata e cresciuta in un ambiente conservatore, era ben consapevole dei numerosi vantaggi che un contratto matrimoniale — con gli annessi e connessi economici — potesse arrecare a tutte le parti coinvolte. Il matrimonio e la famiglia erano le fondamenta su cui qualsiasi società si basava, financo quella Babbana, pertanto no, non era contraria.

Ciò a cui era contraria era il proprio matrimonio. Perché mai lei avrebbe dovuto sposarsi? Non era mai stata adatta alla vita casalinga, né a quella sociale; aveva un vero e proprio talento nel farsi disobbedire persino dagli elfi domestici, sotto le sue cure i delicati fiori di sua madre Melania deperivano irreparabilmente, e quando si trattava di intrattenere gli ospiti durante i ricevimenti… quello non era un problema, a patto che fossero interessati ai romanzi auroreschi, alla cronaca nera, alle leggende metropolitane e a qualsiasi strano argomento catturasse la sua attenzione in quel periodo — e che di norma i rispettabili Purosangue londinesi non amavano sentirsi raccontare da una signorina di buona famiglia, costringendola dunque al silenzio. Come se non bastasse, non c’era una delle tradizionali arti femminili che le si addicesse: cucito? Pittura? Musica? Cucina? Le aveva provate tutte, e in tutte aveva fallito.

«Come possiamo procurarti un buon matrimonio se non sai neppure ricamarti le iniziali sulle lenzuola?» lamentava sempre Melania Black.

«Vi basterà non procurarmelo, madre,» ribatteva immancabilmente Lucretia, facendo ridacchiare Orion e sogghignare sotto i baffi il loro padre Arcturus. Loro lo trovavano buffo, ma che altro avrebbe dovuto dire? Se non era adatta alla vita domestica, la vita domestica non era adatta a lei, checché ne dicesse Madre.

«E i figli? Non vorresti dei figli tutti tuoi?» era in genere l’argomento che Madre tirava fuori in quei frangenti. Ah, i figli. Possibilmente la cosa che Lucretia meno bramava dalla propria esistenza. Il solo pensiero di espellere dal proprio corpo degli esserini completamente dipendenti da lei a cui avrebbe poi dovuto dedicare buona parte del suo tempo, e che avrebbe potuto danneggiare con la stessa facilità con cui spazzava via le piante, la riempiva di ribrezzo misto a terrore.

«Dici così perché non ti abbiamo ancora presentato il mago giusto, sono certa che un giorno cambierai idea,» usava concludere Melania, con un sospiro rassegnato. Povera, povera Madre; in momenti del genere Lucretia aveva quasi pietà per lei, costretta a convincere se stessa che prima o poi sua figlia avrebbe trovato un partito che passasse sopra alla sua inettitudine e la sposasse così com’era. Sembrava quasi non avesse trascorso nemmeno un minuto nella società Purosangue, eppure anche lei come sua figlia era cresciuta respirando quella medesima aria: i maghi volevano donne docili, mansuete, capaci di governare una casa, figurare in società e sfornare eredi senza dare troppo disturbo, appagate dai loro lavoretti manuali e dall’abbinare perfettamente tende e tappezzeria. Se anche Lucretia si fosse invaghita di uno qualunque di quegli intollerabili bellimbusti, era a dir poco improbabile che avvenisse il contrario, visto che lei era quanto di più distante dall’immaginario della Perfetta Moglie Proseguitrice di Linee Genealogiche.

Perciò no, non aveva mai pensato che il matrimonio potesse essere la sua strada. Si rendeva conto di essere piuttosto fortunata a non avere un obbligo in tal senso — visto che la loro linea di sangue sarebbe comunque proseguita grazie a Orion, come ripeteva Padre — ma avendo la possibilità di scegliere, preferiva scegliere qualcos’altro.

Poteva fare come zia Lycoris, che si era ritirata a vivere in una sontuosa villa in Belgio circondata da libri e con la sola compagnia di una vecchia amica di scuola — un’amica molto intima, soleva dire zio Regulus con un ghigno sornione, ma Lucretia non aveva mai capito cosa intendesse; oppure come Matilda McMillan, cugina di sua madre, che un giorno era salita su un bastimento babbano e da allora, narravano le leggende familiari, faceva la bella vita in America tra un casinò e l’altro a spese degli incauti uomini che seduceva con la sua travolgente bellezza. Sì, quelle erano esistenze che Lucretia Black avrebbe potuto condurre. Vivere tra i romanzi e le fantasie, o girare da un luogo all’altro senza sosta, l’importante era non doversi mai occupare né di un uomo, né di una casa, né di marmocchi. Mai.

Ma quella incrollabile certezza andò in frantumi nel momento in cui posò gli occhi per la prima volta su Ignatius Prewett. Aveva accompagnato i suoi genitori a visitare la cugina Callidora, che insieme al marito Harfang e i figli viveva in una tenuta immersa nel verde tra i monti del Galles. Per lei, strega di città a tutti gli effetti il cui circolo sociale era sempre stato limitato a Londra e dintorni, quel viaggio fu a dir poco rivelatorio: scoprì non solo che la società Purosangue campagnola possedeva abitudini e ritmi completamente diversi da quelli cui era avvezza, ma che era anche — se le si poteva passare il termine — simpatica

Passato il primo momento di shock nell’essere accolti da una padrona di casa con addosso un grembiule sporco di terra — «Scusate, il Crup ha sfondato l’aia e ho dovuto inseguire le galline per tutta la tenuta!» si era allegramente giustificata la cugina Callidora — e l’imbarazzo nello scoprire che i cinque bauli di vestiti che Madre aveva insistito a farle portare sarebbero stati del tutto inutili — «Ma a Londra indossate sempre tutti questi merletti? Quaggiù te li rovineresti e basta, ti presterò io qualcosa di adatto,» aveva commentato Cressida, la figlia quattordicenne di Callidora, abbigliata con un paio di pantaloni e una camicetta che Melania, con un tremolio di orrore nella voce, aveva definito “quasi Babbani” — adattarsi ai loro modi di fare fu relativamente facile. I Longbottom erano educati ma non rigidi, pieni di aneddoti buffi e mai volgari, e già dopo due o tre giorni si potevano notare gli effetti della loro compagnia sui Black di città: l’abbottonatissimo Arcturus era arrivato a ridere apertamente alle facezie del cugino acquisito, e persino Melania aveva smesso di ostentare un’infastidita superiorità per ascoltare con interesse i resoconti di Callidora sui proprietari dei terreni confinanti.

«I Greengrass, te li raccomando!» esclamò la strega dopo la loro terza cena insieme, mentre concludevano la serata trangugiando lo sherry di prammatica. «Abbiamo ancora un contenzioso aperto per il nostro bosco a nord — sostengono di avere una servitù di passaggio risalente ai tempi di Eldritch Diggory, ma non hanno mai e poi mai prodotto una pergamena che lo testimoniasse! Eppure continuano a girare nel nostro territorio come se niente fosse, e con l’occasione raccolgono la nostra legna e cacciano le nostre lepri! Ma ti pare giusto?!»

«È scandaloso!» confermò Melania, con lo stesso tono con cui avrebbe reagito a un succoso pettegolezzo su una nobildonna del suo circolo. «E non c’è modo di risolverlo?»

«Stiamo aspettando che il nostro patrocinatore ci dia un parere sull’opportunità di intentare causa, ma siamo quasi tentati di accettare il consiglio di Ignatius e lasciar perdere. Perlomeno il viavai dei Greengrass tiene lontani i Babbani, e Salazar solo sa quanto fastidio ci risparmiano…»

«Ignatius? Chi sarebbe?»

«Oh, non ve ne ho parlato?» Callidora sbirciò nell’angolo del salotto dove Harfang e Arcturus commentavano i risultati delle corse di Abraxan di quel pomeriggio, poi tornò a guardare Melania e Lucretia con un sorriso sghembo. «È il nostro vicino del lato est, Ignatius Prewett dei Prewett di Llanymynech. Un uomo molto interessante.»

«Oh? Quanto interessante?»

«Economicamente non molto, la sua tenuta non vale nemmeno un quarto della nostra. Ma ha… altre doti, diciamo.» Ridacchiò in maniera eloquente. «Ah, avessi qualche anno di meno…»

Melania ridacchiò a sua volta, guadagnandosi un’occhiata di sbieco da Lucretia. Madre che rideva di un’insinuazione sconcia? Cosa c’era in quello sherry?

«E scommetto che è sposato, vero? I migliori sono sempre già occupati…»         

«Oh, no, poveretto,» Callidora perse l’aria fatua e tornò seria, «è rimasto vedovo un paio di anni fa.»

«Vedovo? Come è…»

«Una lunga malattia. Povera Euterpe. A vederla la si sarebbe detta perfettamente sana, era sempre così piena di energie, e invece se lo è trascinato per anni…»

«Oh, che triste storia.»  

«Già. Una donna deliziosa, così gentile… e i poveri figli. Ne ha lasciati tre.»

«Tre?!»

«Due gemelli e una bambina, assolutamente adorabili. I più grandi dovrebbero iniziare Hogwarts quest’anno o il prossimo, la piccolina invece non ha nemmeno nove anni…»

«Che disgrazia.» Era un’impressione di Lucretia, o sua madre la stava occhieggiando in modo sospetto? «E chi si prende cura della casa?»

«Lo stesso Ignatius. Da quando Euterpe è morta si è assunto tutta la cura dei ragazzi e della tenuta, pensa che non hanno nemmeno un elfo ad aiutarli…»

«Un uomo che fa tutto da solo? Salazar, che tempi.»           

«Mi hai tolto le parole di bocca, cugina.»

«E… non ha mai pensato di risposarsi?»  

«Oh, credo che il lutto sia ancora troppo fresco per tutti e quattro, ma sarebbe certamente la soluzione più adeguata. Alla casa serve una donna e ai bambini serve una madre, soprattutto alla femmina: non si può pretendere che un mago per bene si assuma doveri che non gli competono.»

Stavolta Lucretia non poteva sbagliare: Madre la stava davvero squadrando con quel brillio negli occhi che indicava una pianificazione in corso. Per impedirsi di lanciarle la frecciata che già avvertiva sulla punta della lingua, strinse i denti e pensò con tutte le forze a un passaggio particolarmente avvincente de L’Auror Smith contro i Sette Ghoul che aveva letto quel pomeriggio.

«Sono d’accordo. Se iniziassimo ad assegnare agli uomini i ruoli delle donne e viceversa, tanto varrebbe spezzare le nostre bacchette e vivere nell’inciviltà come i Babbani.» Melania fece roteare lo sherry nel bicchiere. «E avremo la possibilità di conoscere questa bella famigliola, o…» 

«Oh, sicuro! Saranno nostri ospiti domani sera, assieme al figlio maggiore dei Greengrass e ai Burke del confine sud.» 

«Splendido.» Terminò lo sherry e schioccò la lingua, evitando di guardare Lucretia. «Cugina, il vostro liquore fatto in casa è squisito. Posso osare chiedertene un altro po’?» 

La sera successiva, Lucretia considerò seriamente l’idea di trasfigurarsi in un vaso di peonie e restarsene lì, sul balconcino della sua stanza, ad aspettare che gli ospiti del cugino Harfang si togliessero dai piedi. Non sapeva se l’indisponesse di più l’idea di passare l’ennesima serata muta e in disparte — perché le brave signorine non turbano i commensali con racconti macabri e fantasticherie da due zellini, Cretia! — o la consapevolezza che Madre avrebbe fatto i salti mortali per dar seguito alle proprie bieche macchinazioni. Per tutto il giorno si era prodigata a porre domande casualissime a Callidora sulla tenuta al confine est, sulla personalità di questo famigerato Ignatius, sul numero di stanze della dimora dei Prewett e sul loro peso nella società locale; non era chiaro se la cugina avesse colto il sottinteso di quell’interrogatorio, tuttavia Lucretia era certa di aver notato nel suo sguardo il medesimo brillio calcolatore di Madre mentre la guardava.

Sospirò e si diede l’ultima rassettata allo specchio della toilette. Peccato non ci fosse Orion: il fortunello era impegnato a ridecorare il numero 12 di Grimmauld Place con la sua signora Walburga, ma se fosse stato lì avrebbe reso la serata meno difficile da affrontare. Le sue pungenti battute non avrebbero risparmiato nessuno dei presenti e, soprattutto, l’attenzione di Madre si sarebbe concentrata interamente su di lui lasciando libera Lucretia di farsi gli affari propri nel più remoto angolo della sala.

Beh, inutile piangere sulla sfera di cristallo rotta. Se Melania Black avesse provato a combinarle un matrimonio, quella sera, lei lo avrebbe agevolmente evitato comportandosi da se stessa. Ignatius Prewett dei Prewett di Llanymynech non poteva essere tanto diverso da qualunque mago Purosangue avesse incontrato nei suoi… più di venti anni di vita; non appena l’avesse sentita parlare dell’ibrido uomo-Acromantula che si diceva vivesse sotto il Big Ben, o l’avesse udita strimpellare al povero pianoforte a coda di Callidora, si sarebbe Smaterializzato altrove a cercare una moglie più adatta al ruolo. 

«Perché non hai messo l’abito verde, Cretia?» la rimbrottò Madre non appena ebbe disceso l’ultimo gradino della scala a chiocciola. «Lo sai che ti sta molto meglio di questo.» 

«Questo è più comodo,» rispose laconica. La risposta più esaustiva sarebbe stata perché l’abito verde ha una scollatura davanti e dietro che sarebbe più adatta agli ambienti frequentati dalla cugina Matilda che a una casa rispettabile, e tu lo sai dato che mi costringi a metterlo ogni volta che abbiamo potenziali corteggiatori in visita, ma non vi era nessuna utilità pratica nel pronunciarla ad alta voce. Si limitò quindi a lisciare una piega della semplice veste di velluto blu e, assieme a Melania e Arcturus, si dispose ad attendere gli ospiti.

Il primo a presentarsi fu il giovane Greengrass, un ragazzo alto e brufoloso che si scusò balbettando per l’assenza dei suoi genitori impegnati in altre faccende — «Si staranno affrettando a spogliarvi il bosco di tutte le lepri,» commentò caustica Melania, in un sussurro che udirono solo Callidora e Lucretia —  e fu presto attirato via da una Cressida più allegra del solito; i Burke del confine sud giunsero poco dopo, un ometto pelato accompagnato da una moglie più alta di lui di diversi centimetri e cinque figlie in diverse gradazioni di bellezza mozzafiato — «Devono aver saputo che verrà anche Ignatius, quelle vipere,» sibilò Callidora alla cugina.

«E il signor Prewett?» domandò infatti la signora Burke quando gli elfi domestici iniziarono a portare i flûte. «Non sarà dei nostri, stasera?»

«Arriverà,» rispose Callidora. «Suppongo porti ritardo a causa dei bambini, sai com’è…»

«Oh, eccome se lo so.» C’era una nota arcigna nella voce della signora Burke. «Se solo non insistesse a portarseli appresso tutte le volte…»

«Sono una famiglia molto unita, sì,» commentò benevolo Harfang.

«Fin troppo! Noi non ci siamo mai permessi di portare le nostre figlie a serate tra maghi adulti finché non hanno raggiunto un’età adeguata, vero, Orestes?»

«Vero, Berenice.»

«A Londra invece incoraggiamo i nostri figli a partecipare in società il prima possibile,» si inserì Melania con fare innocente. «Riteniamo sia il miglior modo per insegnare loro a comportarsi. Ma immagino che qui in campagna abbiate costumi diversi.»

Seduta sul divanetto accanto a lei, Lucretia dovette mordersi forte la lingua per non ridere. Lo strale di Madre aveva colpito nel segno: le guance olivastre di Berenice Burke assunsero una sfumatura grigiastra e il suo sguardo si spostò sulle figlie, che erano già brille dopo un solo bicchiere e ridacchiavano scompostamente in un angolo. La strega arricciò le labbra per un istante, prima di distenderle in una smorfia velenosissima.

«In effetti, sua figlia è un modello di portamento ed eleganza.» Guardò Lucretia e scoprì i denti nell’esatto opposto di un sorriso. «E immagino avrà moltissimi ammiratori, a Londra. Dimmi, cara, quanti anni hai? Mi sembri più che matura per un matrimonio… o c’è un motivo per cui sei qui a tenere compagnia ai tuoi genitori invece che a badare a una famiglia tutta tua?»

Con la coda dell’occhio Lucretia vide Melania diventare verde in viso, e per un attimo provò l’impulso di alzarsi in piedi e rispondere per le rime a quella testa di mandragola che non era altro. Come si permetteva di insultare Madre attraverso di lei? C’erano miriadi di argomenti che poteva usare senza mettere di mezzo la sua indisposizione al matrimonio, per Salazar!

«Oh… ecco…» incominciò il più lentamente possibile, ma un bussare alla porta e lo scalpiccio di un elfo la salvarono dal dover replicare.

«Ah!» Harfang poggiò il flûte e si sfregò le mani. «Finalmente. Ehilà, vicini!»

«Buonasera. Perdonate il ritardo,» rispose una voce calma e baritonale.

Melania drizzò il collo e puntò lo sguardo verso l’ingresso come un cane da caccia. Lucretia avrebbe voluto aspettare qualche secondo, giusto per non darle soddisfazione, ma la sua naturale curiosità prevalse e la spinse a voltarsi subito a guardare questo famoso Ignatius Prewett dei Prewett di Llanymynech. Harfang lo stava presentando ad Arcturus proprio in quel momento: oltre la sagoma alta e un po’ curva di suo padre si intravedeva una gran chioma di ricci rosso cupo, un bel volto dai lineamenti virili incorniciato da una barba rossa come i capelli, spalle robuste che tendevano un soprabito dal taglio semplice ed elegante e un paio di occhi verde scuro. 

Ignatius Prewett strinse la mano a Padre con un sorriso gentile ma tirato, poi si guardò attorno per salutare gli altri presenti. Fece vagare lo sguardo senza soffermarsi su nessuno in particolare; passò oltre Lucretia come se non l’avesse vista affatto, poi di scatto tornò indietro e guardò dritto verso di lei. 

Il suo sorriso stanco raggiunse gli occhi, circondandoli di piccole rughe che lo resero ancora più bello.

E in quel preciso istante, per la prima volta in più di venti anni di vita, Lucretia Black sentì vacillare le proprie idee sul matrimonio.

 





Note:

Questa fanfiction è stata scritta in risposta al prompt "Il primo maglione ai ferri di Molly Weasley", offerto da SeveraCrouch all'interno dell'iniziativa "Caffè sospeso" nel gruppo "L'angolo di Madama Rosmerta". Avrete notato che il prompt non è ancora apparso nemmeno per sbaglio, ma non temete, ci arriveremo.

Tutti i personaggi di questa storia, a eccezione della formidabile Matilda McMillan e di alcune comparse come Cressida Longbottom, vengono dritti dall'albero genealogico dei Black; di originale c'è solo la caratterizzazione di ciascuno di loro. Parlando dell'albero genealogico, la presenza di Lucretia e Ignatius Prewett lì in basso a sinistra mi ha sempre creato dei grandi grattacapi a livello di headcanon: da un lato ho sempre voluto considerarli i genitori di Molly, Gideon e Fabian (anche per legarci il secondo nome di Percy, che come sa chi legge le altre mie storie è un dettaglio abbastanza importante), dall'altro questo andava in conflitto sia con l'albero genealogico - in esso infatti i due non hanno figli - sia con quanto affermato da Sirius nell'Ordine della Fenice sul fatto che lui e Molly siano "cousins by marriage": se Molly fosse stata figlia di Lucretia, sorella di Orion, lei e Sirius sarebbero stati cugini primi. Per non perdere il mio headcanon e al contempo soddisfare il mio bisogno ossessivo di far tornare tutti i dettagli, ho cercato un compromesso: Ignatius è effettivamente il padre di Molly, ma Lucretia non è la madre, bensì una seconda moglie che col suo matrimonio ha appunto creato il vincolo di parentela tra i Prewett e Sirius. Una soluzione banale, ma ne sono molto orgogliosa ù_ù

Per quanto riguarda età e date di nascita/morte presenti sull'albero genealogico, in corso di stesura non ne ho tenuto troppo conto per non complicarmi la vita e perché anche la mia ossessione per i dettagli ha un limite; se l'avessi fatto, avrei avuto una Lucretia sui trentaquattro anni (perché Molly è nata intorno al 1950, e questa storia si svolge intorno al 1959-1960) e sarebbe stata un po' troppo, uhm, matura per giustificare la sua permanenza sotto l'ala dei genitori, nubile o meno. Ho preferito quindi ignorare la sua data di nascita e restare vaga sulla sua effettiva età, per lasciare intendere che non sia ancora trentenne e anche perché, insomma, non rivelare quanti anni abbia è una dovuta cortesia nei confronti di una signorina di buona società.

Dovrebbe essere superfluo, ma preferisco metterlo in chiaro: i vari discorsi sessisti, come pure quelli in cui si insiste che un uomo da solo non possa badare ai figli in assenza di una moglie, sono propri dei personaggi che li pronunciano e non riflettono in alcun modo il mio pensiero, che anzi è diametralmente opposto.

Grazie di aver letto e alla prossima!

 

 

   
 
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